Italia. ESPLODE RESIDUATO BELLICO

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/veneto/2011/05/04/visualizza_new.html_873872428.html

ESPLODE RESIDUATO BELLICO

Il quattro Maggio 2010 (ANSA) a Castelfranco Veneto (Treviso) un residuato bellico risalente alla Prima Guerra Mondiale, forse una granata di piccolo o medio calibro a causa di un’inopportuna manipolazione esplode ferendo due pensionati del luogo.
I due amici volevano saldare un crocefisso (…) sulla pancia d…el proietto, trovato chissà dove.
“Sicuramente lo pensavano vuoto, ma non lo era”.
Infatti credo d’immaginare una granata priva d’ogiva, in parte colma d’esplosivo celato da uno strato di terreno, perciò i due improvvisati tecnici, scivolano tra le braccia dell’inganno.
Difatti i due, decisi a portare a termine il proprio stravagante progetto, azionano una saldatrice che sviluppa calore sufficiente a far esplodere la piccola bomba.
Quest’ultima proietta sui corpi dei protagonisti roventi schegge ed una forza d’urto ad alta temperatura.
Il tecnico saldatore (…) è ricoverato in rianimazione, il curatore del progetto al contrario è dimesso lo stesso giorno.
L’esplosione spaventa e allerta la comunità, il panico investe Borgo Vicenza, oltre le ambulanze del 118 intervengono Vigili del Fuoco e Forze dell’Ordine.
I Militari dell’Arma accertano che il proprietario del garage è collezionista d’armi da guerra ( regolarmente registrate…? ).
Ancora una volta mi chiedo:
questa granata parzialmente colma d’esplosivo come ha raggiunto la casa del collezionista…?
I residuati bellici, non si toccano, non si spostano, non si portano a spasso per paesi o città. Veramente stanco di ripete ancora una volta questo concetto, non resta che rispondere al mio stesso quesito per mezzo di una notizia datata 5 maggio 2011 che giunge da Gorizia d’Isonzo: “scomparsa una granata da 305 millimetri, la Magistratura indaga…”

Giovanni Lafirenze




Italia. Usarci in Piazza Affari a Milano per la giornata Nazionale della Previdenza

Brunetto Boco Presidente Enasaro  Franco Damiani Vice Presidente Vic. Nazionale Usarci
Brunetto Boco Presidente Enasaro Franco Damiani Vice Presidente Vic. Nazionale Usarci

Usarci in Piazza Affari a Milano

per la giornata Nazionale della Previdenza

L’Usarci  al fine di favorire una maggiore coscienza  sulla previdenza, ha partecipato  insieme all’ENASARCO, ente di previdenza integrativa obbligatoria  per Agenti di Commercio, in piazza affari a Milano alla giornata Nazionale della Previdenza.

Manca la conoscenza, non c’è  né fiducia né consapevolezza di quello che si deve fare per il proprio futuro, soprattutto quando si parla di pensione, afferma Franco Damiani , Vice Presidente Nazionale Usarci, quante volte abbiamo sentito dire “ma io la pensione non l’avrò mai” infatti pochi sanno che oggi lo stato integra 9,2 milioni di pensione, (il 40%  di quelle in pagamento) ma che per coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996  l’integrazione al minimo non ci sarà  più  e che se non avranno versato a sufficienza dovranno lavorare anche da vecchi.

Occorre pensarci in tempo, l’ Usarci esorta di “Costruire il domani a partire da oggi”, la nostra missione, continua Damiani è quella di diffondere la cultura previdenziale, in particolare verso i giovani, dare una maggiore informazione sui meccanismi di funzionamento  della previdenza obbligatoria e quella complementare , un impegno per una formazione etica,  una educazione sociale una vera informazione  che riteniamo fondamentale. Presso tutte le sedi Usarci Provinciali e Regionali tutti gli agenti di commercio  potranno ottenere  l’estratto conto e verificare la propria posizione pensionistica.

Il Presidente dell’Enasarco Brunetto Boco asserisce che bisogna avere una previdenza complementare, versare oggi per avere quando arriverà l’età matura, la nostra Fondazione è stata lungimirante, con decreto del 6 giugno 1939, ha ottenuto il riconoscimento giuridico dell’Enasarco come ente  previdenziale di natura integrativa obbligatoria, unico esempio nella storia del sistema pensionistico Italiano ed oggi la categoria degli Agenti di Commercio è l’unica ad avere due pensioni, quella dell’inps e quella dell’ENASARCO, invidiati da tutto il mondo.




Italia. Psi: Come si fa – prendendo in prestito le parole di Antonio Giolitti – a costruire in Italia una sinistra “credibile, affidabile e praticabile”?

Come si fa – prendendo in prestito le parole di Antonio Giolitti – a costruire in Italia una sinistra “credibile, affidabile e praticabile”?
Io aggiungerei: a chi dar retta, a Veltroni o a Napolitano?
Il primo ripropone dopo il test elettorale di Milano e Napoli la riapertura del confronto interno al Pd, ovvero la messa in discussione del segretario attuale, per ripercorrere la strada fallimentare dell’autosufficienza del Pd, negando l’alleanza elettorale con i riformisti, ma accettando il cappio estremista di Di Pietro.
Il Presidente della Repubblica suggerisce invece un’analisi impietosa degli ultimi quindici anni, che non si limiti al solo Pd, ma a tutti i partiti dell’opposizione che si richiamano alla sinistra.
Inneggiare però all’intervento di Napolitano senza mettere mano a ‘questa’ sinistra sarebbe un comportamento da sciocchi.
La risposta la devono dare per primi i partiti della sinistra riformista, Pd e socialisti, con la mossa del cavallo, da fare subito dopo queste amministrative.
Evitiamo di ricadere nelle polemiche autoreferenziali e passiamo direttamente a dare vita ad un movimento nuovo di zecca che si richiami al socialismo liberale; un “partito per l’Italia” legato al Pse e che si batta per allargare l’Internazionale socialista all’area democratica, dialogando con Obama, ma anche con i leader laici che possono emergere dalla stagione di rivolgimenti che sta interessando alcuni Paesi africani.
Noi siamo pronti a una costituente che riprenda la strada interrotta nel 2005, quella della coalizione riformista, a partire da Pd e socialisti.
Quella coalizione segnò una duplice vittoria, nelle europee del 2004 e nelle regionali del 2005 vinse perché era “credibile, affidabile e praticabile”; e furono le ultime vittorie.
Ci serve un’Epinay italiana.
RICCARDO NENCINI
Segretario nazionale del Psi



Italia. MILITARI/ DI STANISLAO(IDV): O SEI DEL PDL O VAI A CASA

Roma, 5 Maggio 2011

MILITARI/ DI STANISLAO(IDV): O SEI DEL PDL O VAI A CASA

“L’iscrizione dei militari ai partiti politici non è vietata da nessuna legge, ma il Governo  ha ben pensato di fare una piccola distinzione tra i militari del popolo della libertà e coloro che simpatizzano per altri schieramenti. Già il nuovo codice dell’ordinamento militare ha vergognosamente limitato i loro diritti, ma adesso il limite è oltre modo superato.” E’ il commento del capogruppo IdV in Commissione Difesa Augusto Di Stanislao sul caso del Maresciallo Aiutante Vincenzo Bonaccorso che sta subendo un procedimento disciplinare finalizzato ad una eventuale “consegna di rigore” perché libero dal servizio e in abiti civili ha distribuito bandierine con il logo del partito di sicurezza e difesa. “Ho depositato interrogazioni a riguardo nelle quali evidenzio casi in cui appartenenti alle Forze Armate platealmente svolgono attività politica e dichiarano di appartenere al partito Popolo della Libertà, ma solo per  coloro che sono di altri schieramenti vengono presi provvedimenti. E’ vergognoso come questo accanimento venga messo in atto con considerazioni del tutto oggettive e operando una discriminazione significativa tra i militari iscritti ai partiti politici ed i militari iscritti al partito PdL. Depositerò ulteriori atti e metterò in campo un azione forte per far sì che ad onesti cittadini e padri di famiglia non venga impedito di avere altre opinioni e preferenze che non siano il PdL.”




Venezia: Giuramento allievi Scuola Navale Militare Morosini.

Venezia: Giuramento allievi Scuola Navale Militare Morosini.

 

 

 

Il 7 maggio alle 10.00, a Venezia, si terrà il tradizionale giuramento degli allievi della Scuola Navale Militare “Francesco Morosini”.

Quarantotto allievi, di cui tredici donne, del 1° corso Oceanus giureranno fedeltà alla Patria alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Bruno Branciforte, accompagnato dal Comandante dell’Ispettorato Scuole della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra  Giuseppe De Giorgi, e di autorità civili e religiose.

Nel corso della cerimonia il Direttore Marittimo del Veneto e Comandante della Capitaneria di Porto di Venezia, Ammiraglio Tiberio Piattelli, ex allievo del Morosini, consegnerà agli allievi il loro vessillo, simbolo del corso, che li accompagnerà nel loro percorso di formazione e  crescita professionale.

La Scuola Navale Militare “Francesco Morosini”, istituto di formazione d’eccellenza della Marina Militare, ha lo scopo di suscitare nei giovani l’interesse e l’amore per la vita sul mare, preparandoli, con una solida base culturale ed una profonda educazione civica, alle successive scelte della vita.

L’istituto,  al Comando del Capitano di Vascello Enrico Pacioni, ospita più di centocinquanta allievi che frequentano gli ultimi tre anni del liceo classico e scientifico.




Magister. Le Nuove Frontiere dell’Educazione. Istituto di Istruzione Superiore “G. Verga”- Modica (Ragusa)

Magister. Le Nuove Frontiere dell’Educazione.

Istituto di Istruzione Superiore “G. Verga”- Modica (Ragusa)

La Rivista Magister dimostra, con perseveranza, coraggio e abnegazione, un concreto e coerente impegno dal basso, di chi opera nella scuola, nelle associazioni, nei gruppi di solidarietà, ma anche nelle Università, nelle istituzioni, nella Provincia più meridionale d’Italia (Ragusa), ma senza avvertire la marginalizzazione che qualcuno, pregiudizialmente, vorrebbe stigmatizzare.

La Rivista Magister dimostra con umiltà, che la cultura, quella vera, discute e affronta i problemi del vivere quotidiano, del nostro presente e del futuro senza confini, bandiere e barriere, oltre le dimensioni geografiche, politiche e ideologiche…

Direttore: Albero Moltisanti– Dirigente Scolastico dell’Istituto Statale di Istruzione Secondaria “G. Verga” (Ragusa)

Responsabile coordinatore del Progetto: Piergiorgio Barone– Docente di Scienze Sociali

http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/scuola/OpinioniAnalisi_1304429845.htm http://www.peacelink.it/sociale/a/33929.html

IL PENSIERO DELLE DIFFERENZE.

La concezione pedagogica della cittadinanza planetaria.

di Laura Tussi

www.youtube.com/lauratussi

Il difficile problema della contemporaneità consiste nell’assemblare il particolare e l’universale, il locale e il globale, evitando, al contempo, che l’universalità si traduca in omologazione totalitaria, con la conseguente riduzione delle varietà di forme di vita e di cultura, di intelligenze, saperi e linguaggi, dove la legittima difesa della particolarità deve evitare il rischio del localismo, del culto esasperato delle radici, in quella ossessione identitaria, causa di violente divisioni, di conflitti e discriminazioni, in cui l’identità degli altri risulta fissata in stereotipi ai quali si attribuiscono carattere di fissità e negatività, considerando in modo dispregiativo l’immigrato e il “diverso”.

La paura della differenza produce attribuzioni di identità svalutative e negative, creando insormontabili barriere mentali e simboliche, muri, limiti e confini che legittimano e razionalizzano giudizi di inferiorità e pratiche di intolleranza, razzismo, sopraffazione e violazione dei diritti imprescindibili della persona.

Il genere umano possiede risorse e capacità creative inesauribili nella possibilità di una nuova creazione di cittadinanza planetaria, cosmopolita, internazionale attraverso l’educazione della trasmissione del passato, nel recupero della memoria storica e, al contempo, apertura della mente per accogliere il nuovo, il cambiamento, la diversità, l’anormalità, al centro della innovativa missione di una progressiva progettualità interculturale del pensiero delle differenze.

Nessun popolo può arrogarsi il diritto di una priorità cronologica e superiorità qualitativa, perché ogni civiltà si costituisce su un terreno interculturale, ossia come la risultante di interazioni transculturali, in quanto ogni cultura si è sempre formata grazie alla complessiva intermediazione con altri saperi, linguaggi, valori, fedi e culture diversi e differenti da sè.

Ogni specifica cultura non è univoca ed unica, ma plurale, prodotta da una molteplicità dinamica di differenziazioni, scambi, ibridazioni, commistioni, contaminazioni e innesti. L’approccio interculturale si propone come dialogo, ossia come semplice confronto tra opinioni definite e consolidate, dove gli interlocutori sono disposti a mettere in discussione tutti i loro presupposti, gli impliciti preconcetti e persino se stessi.

La globalizzazione, realizzando un unico orizzonte per una molteplicità di realtà locali, potrebbe apparire come la migliore occasione per intendere la cultura a livello interculturale. Al contrario, le tendenze che caratterizzano la globalizzazione conducono all’azzeramento ed all’omologazione delle differenze e quindi all’eliminazione della molteplicità che determina lo sviluppo di ogni singola cultura. Infatti, con l’economia globale, trattare le culture come identiche non significa considerarle uguali sul piano del valore, ma semplicemente equivalenti sul piano di particolari interessi mercantili ed economici. La globalizzazione dei mercati rischia di esasperare l’incidenza del fenomeno migratorio, se non si attua un miglioramento generalizzato della condizione dei lavoratori dei paesi del sud del mondo, costretti comunque ad emigrare alla ricerca di condizioni di vita migliori. L’aumento del divario tra i paesi del nord e del sud del mondo e le nuove condizioni di instabilità e di tensione tra i popoli hanno visto pesantemente compromessa la possibilità di scambio e di dialogo tra versioni del mondo differenti, apparse irriducibilmente contrapposte per certi aspetti.

L’educazione interculturale rappresenta il riconoscimento del valore delle pari dignità e opportunità delle diversità da promuovere, rispettare e valorizzare e per questo costringe a ripensare le molteplici e quotidiane manifestazioni di razzismo, intolleranza, incomprensione intersoggettiva tra individui, contro genti e minoranze, con persistenti azioni di discriminazione, con squilibri evidenti tra gruppi sociali, tra le culture ricche e articolate e le realtà del silenzio, depresse e dimenticate. Oltre il muro del pregiudizio, del limite della discriminazione, del confine intersoggettivo del razzismo occorre costruire un pensiero transculturale che transiti oltre le singole culture, con la sottoscrizione di intenti comuni e valori condivisi per poter pensare e realizzare un progetto di coesistenza pacifica in cui assicurare ai singoli, ai gruppi e ai popoli, i fondamentali diritti alla libertà, alla creatività, alla conoscenza, al rispetto delle proprie differenze di lingua, cultura e religione, per costruire un’autentica inter-trans-cultura, fondata su un grande investimento pedagogico che coinvolga le varie istituzioni educative nell’elaborazione di un progetto formativo finalizzato ad educare nella differenza, al dialogo e al confronto interculturale.

Un pensiero inter-trans-culturale è capace di contrastare l’uniformità, l’omologazione, il conformismo e la chiusura culturale, cause di massificazione, intolleranza e assenza di progettualità per il futuro.

[1]L’intercultura è un modo di essere del pensiero che si conquista a livello di conoscenza, di comprensione e di interpretazione dell’alterità, nella pratica del pensiero plurale, nella relazione creativa, al fine di apprendere e ragionare in forma esplorativa e transitiva, esaltando la propria componente critica e creativa che attiva la propria natura complessa e multiforme.

L’intercultura è un pensiero problematico capace di pensare la complessità e di muoversi dialetticamente e dialogicamente tra i molteplici piani esistenziali e culturali del reale, per educare metacognitivamente in maniera complessa, trasversale, transcognitiva, sviluppando una conoscenza della conoscenza e sapendo gestire i saperi e le informazioni del piano autentico e reale dell’esistenza, in modo da confutare, a livello pratico e dialettico, pregiudizi, dogmi e stereotipi, fonte di vari razzismi e discriminazioni.

Per vincere la sfida dell’intercultura e della transcultura nel realizzare l’autentica democrazia e per costruire una cultura democratica che si espande nell’intero pianeta, occorre dotarsi di alfabeti complessivi, innovativi linguaggi e antichi saperi molteplici e articolati, che riescano ad accomunare e intrecciare dialetticamente e creativamente il vicino e il lontano, la microstoria e la macrostoria nella particolarità e nell’universalità, affinché la valorizzazione della propria identità e della personale autonomia intellettuale riescano a contrastare i meccanismi della dipendenza, dell’omologazione, nella direzione di un comune progetto di liberazione dalle vecchie e nuove forme di esclusione, dipendenza, discriminazione e razzismo.

La donna e l’uomo contemporanei sono obbligati alla convivenza multiculturale e plurale, nell’impegno a ridurre gli aspetti negativi della vicendevole incomprensione e a valorizzare le potenzialità del confronto, dove l’incontro con l’alterità è un problema emergente per l’incombere di possibili conflitti planetari e per l’espandersi della migrazione incontrollata e non tutelata che però consiste in una preziosa occasione per la ricostruzione di un dialogo e di un confronto attualmente compromessi.

La rivoluzione culturale planetaria del dialogo deve partire dal principio che prevede l’altro come donna e uomo nella reciproca diversità dove è possibile scoprire l’uguaglianza civile di pari diritti, dignità e opportunità, riconoscendo se stessi nell’altro e l’altro in sè, in un’inedita idea di cittadinanza che sappia valorizzare la positività delle differenze, senza tralasciare l’importanza della realizzazione di un senso di pluriappartenenza planetaria, oltre i confini non solo geografici, ma anche mentali, esistenziali, intersoggettivi.

L’educazione alle differenze comporta la capacità di oltrepassare i propri confini, i propri particolarismi e di imparare a ricercare e a interconnettere le differenze attraverso un pensiero transitivo, capace di interagire dialetticamente e trasversalmente tra lingue, culture, fedi, valori, riconoscendo la creatività delle differenze, del pluralismo di forme e colori, di suoni e odori, di idee e valori apportati dalle genti che attraversano i nostri territori.

Occorre imparare a riconoscere tali diversità, esercitandosi nella logica dell’intreccio, piuttosto che nella cesura e nello scambio piuttosto che nello scontro.

Donne e uomini provenienti da terre lontane portano la ricchezza di differenze che si esprimono nell’originalità e nella particolarità dei movimenti, dei gesti, dei suoni e degli accenti della lingua, degli ornamenti e degli abiti, dove le diversità si interconnettono e si moltiplicano, facilitando occasioni di scambio e confronto.

Per questi motivi, l’educazione alle differenze e al pluralismo comporta una costante analisi percettiva, sensoriale, intellettuale, emotiva e relazionale, alla scoperta di molteplici differenze che arricchiscono le “nostre” città occidentali.

LA DIMENSIONE EDUCATIVA DELLE DIFFERENZE

La scuola ha il compito di educare al rispetto delle diversità culturali, promuovendo una diffusa conoscenza e coscienza multilaterale.

Questo significa costruire progetti educativi finalizzati a prevenire il sorgere di mentalità etnocentriche e intolleranti nei confronti delle differenti culture, per poter raggiungere l’obiettivo di una mentalità internazionale.

La scuola deve consolidare il ruolo di iniziazione a una pedagogia dell’infanzia pronta ad accogliere, rispettare e valorizzare i diversi volti antropologici, offrendosi come eccellente sede educativa di decondizionamento etnocentrico, azzerando la formazione di stereotipi, pregiudizi, assiomi e dogmatismi veicolati dai massmedia e dalla famiglia.

Per attivare l’obiettivo di decondizionamento etnocentrico, la scuola deve evitare un modello educativo tradizionale chiuso nei confronti dell’ambiente esterno, contribuendo alla diffusione di un’educazione multiculturale, capace di condurre ai confini delle frontiere transnazionali.

Una prospettiva aperta alle molteplici realtà etniche si è giustamente affermata nella direzione della conoscenza, del riconoscimento delle pari dignità, della valorizzazione delle diversità apportate da molteplici gruppi, minoranze, culture e religioni.

In questa prospettiva, la diversità non viene più interpretata come mancanza e colpa, nei confronti del modello sociale dominante, ma come risorsa positiva che attinga dalla conoscenza per favorire l’inserimento del singolo individuo nel proprio e nell’altrui contesto relazionale.

La dimensione educativa dell’interculturalità non si presenta come un oggetto formativo univoco, ma, al contrario, è un sistema complesso che prevede l’interrelazione di diverse componenti, dove l’educazione alle molteplici culture non significa solo esplorarne separatamente le specifiche dimensioni, ma intende rendere proprie le competenze nella direzione di interpretazione dell’altro da sé.

La conoscenza e l’interpretazione delle differenze non possono limitarsi a fornire dimensioni culturali astratte e disinteressate rispetto al problema dei comportamenti concreti da assumere nei confronti del rapporto con l’altro.

La didattica interculturale si muove nella direzione di una prassi e di una ricerca fondate e finalizzate all’intervento con la diversità, dove il momento della conoscenza, dell’interpretazione e dell’intervento costituiscono ambiti irrinunciabili della didattica aperta all’interculturalità, all’interno di un progetto educativo che deve comunque presentarsi unitario e pluridimensionale, assicurando al soggetto le nozioni, i linguaggi, gli strumenti di ricerca che costituiscono le chiavi di osservazione dei significati e della cultura dell’altro, nel compito fondamentale di integrare gli apporti delle singole prospettive di conoscenza, consentendo di interpretare l’altro nella sua complessità.

Questa dimensione formativa è inerente alla necessità per ogni individuo di verificare strumenti per interpretare l’altro, di tipo plurilaterale e sistemico, nell’esigenza di agire con l’alterità, nella necessità per l’intera collettività di tradurre le proprie conoscenze e interpretazioni dell’altro in impegno operativo, in comportamenti finalizzati alla costruzione interattiva tra donne e uomini, rispettosa della reciproca dignità.

La pedagogia può assumere un ruolo primario per la formazione dei principi di libertà, uguaglianza, giustizia e umanità.

Queste idee rivoluzionarie hanno influenzato i movimenti democratici interessati alla riforma emancipatoria dell’educazione e un loro obiettivo principale è che le opportunità per la partecipazione alla vita sociale e alla gestione democratica siano uguali per tutti, senza differenze di appartenenza, di genere, di religione, di etnia.

Il problema risiede nel convivere come soggetti di pari dignità in una società multiculturale, al fine di comprendersi e operare per la giustizia sociale e per la soluzione pacifica dei conflitti legati alla convivenza.

Positiva è l’interpretazione pedagogica che considera lo straniero come soggetto, perché nel momento in cui l’emigrazione è realtà, divengono esigenze vitali anche la comunicazione, la comprensione, l’orientamento, l’autoeducazione nei paesi d’accoglienza ancora sconosciuti con i loro propri codici linguistici, i modi comportamentali e le forme di vita diverse.[2]

Il nostro quotidiano è pervaso da elementi provenienti da altre culture, ma, contemporaneamente, la popolazione endogena esprime e pratica spesso atteggiamenti xenofobi e, in alcuni casi, addirittura una notevole aggressività nei confronti di tutto quello che deriva da certe culture straniere. L’accettazione di una determinata realtà straniera e le persone che appartengono alla rispettiva cerchia culturale dipende dalla situazione socioeconomica e politica.

I migranti e i profughi appartengono a categorie svantaggiate, a minoranze etniche, religiose e linguistiche deboli e in svantaggio a livello sociale.

Di fronte al fenomeno dell’immigrazione, l’educazione interculturale è divenuta un nodo di riflessione imprescindibile, un argomento centrale su cui si prospetta parte rilevante del futuro dell’educazione e della convivenza democratica all’interno delle società, in quanto l’immigrazione non è più individuabile come fenomeno transitorio, ma costante della nostra civiltà e della società futura.

LE DIFFICOLTA’ DELL’INTE(G)RAZIONE.

L’accoglienza delle culture

L’Occidente sta affrontando l’arrivo di cittadini provenienti da luoghi diversi del nostro pianeta, che chiedono di restare per lavorare e per condividere un benessere economico, sociale, politico, dove il susseguirsi delle migrazioni, prima di nostri connazionali provenienti dal sud d’Italia e, attualmente, di cittadini che giungono dal Marocco, dalla ex Jugoslavia, dalle Filippine, dalla Cina, ha contribuito in modalità determinante a portare ricchezza economica e culturale.

La convivenza tra culture e popoli diversi non costituisce solamente uno scambio pacifico e sereno, perché il mondo trasuda anche violenze e ingiustizia, dove la povertà e la ricchezza sono giustapposte in un connubio di delinquenza e criminalità, per cui alcuni sono costretti a vivere in condizioni di estrema indigenza e l’arroganza e la volgarità umiliano i più deboli con contrasti e scontri anche violenti.

Il fenomeno migratorio nel nostro Paese risulta consistente e strutturale e con urgenza si dovrebbero disporre tutti gli strumenti necessari per affrontare e gestire non solo l’ingresso di molteplicità di immigrati, ma soprattutto la loro permanenza, garantendo civile e dignitosa accoglienza e reali possibilità di integrazione, anche se, in realtà, le istituzioni stanno operando con strumenti poco efficaci e gli immigrati sono lasciati in una pericolosa ed ingiusta condizione di incertezza sui propri diritti e doveri.

Il tema della multiculturalità si propone di favorire la conoscenza e il rispetto reciproco delle culture e offrire garanzie e strumenti per mantenere vivi i differenti patrimoni culturali.

Il contatto con la diversità, anche se tra molte circostanze difficili, genera voglia di conoscere e sollecita maggiore attenzione e rispetto per le altre culture, ma certamente la costituzione di una società multiculturale sembrerebbe ancora un ambizioso obiettivo, in quanto si prospetta difficile la convivenza tra culture diverse e differenti gruppi etnici, evitando il rischio di pericolose reazioni di intolleranza.

La ricerca della difesa delle diversità culturali, linguistiche, di censo, di sesso, etniche ed altro, come indicato nelle costituzioni della maggior parte degli Stati democratici è una causa legittima, nella motivazione a perfezionare la tutela delle diversità e del multiculturalismo che è fortemente radicata nella storia dei diritti umani dalla rivoluzione francese, riconoscendo ad ogni persona pari dignità e il diritto di vivere liberamente secondo la propria ragione.

Le diversità etniche sono considerate motivo di arricchimento anche da una visione sociale ed economicista della comunità, dove l’arricchimento appunto è concepito come crescita valoriale per cui le diversità costituiscono fattori di evoluzione economica, sociale e culturale.

Di fronte alla realtà immigratoria nel nostro Paese che si presenta in tutte le sue complessità, si prospetta l’urgenza di diffondere maggiori informazioni, di aprirsi alle nuove culture, come primo approccio verso una società multietnica e multilaterale, tramite un interscambio relazionale che possa arricchire e divenire un antidoto efficace all’intolleranza, all’emarginazione e al razzismo.

Il rispetto di tali differenze storiche, economiche e di civiltà sarà effettuabile costruendo un terreno sociale e comunitario scevro di pregiudizi, luoghi comuni e stereotipi, creando le premesse per l’accettazione e la valorizzazione cosciente delle inevitabili e imprescindibili differenze tra esseri umani.

Le scelte educative determinano il futuro di una comunità, dove la qualità delle persone costituisce una questione centrale del domani, nei problemi posti dall’introduzione della tecnologia, in tutti i campi dell’attività umana, dallo sviluppo economico disomogeneo e selvaggio, dal degrado ambientale, conseguente alla dissennata incentivazione dei consumi, con l’accentuarsi dell’ingiustizia sociale e dei conflitti, che pongono le nuove generazioni in una condizione determinante per il futuro di tutte le persone.

L’educazione all’accoglienza, all’accettazione del diverso, all’antirazzismo, al rifiuto della discriminazione costituiscono il cardine indispensabile su cui si modificherà una società che riesca a coniugare la pacifica convivenza e il rispetto reciproco, attraverso la ricerca di soluzioni adeguate per arginare gli squilibri contemporanei.

Risulta necessario porre grande attenzione al mondo della scuola, luogo istituzionale dove viene esercitata l’azione educativa delle comunità in modo organico e direttivo, alla famiglia e ai massmedia che contribuiscono alla coscientizzazione verso i problemi sociali.

La necessità di elaborare una pedagogia interculturale è sorta in seguito all’ingresso nella scuola di persone appartenenti ad altri paesi.

Il gioco tra autoctoni, immigrati, istituzioni e massmedia è complesso e si presenta facile il passaggio dall’accettazione al rifiuto, dall’indifferenza all’insofferenza, in quanto una profonda instabilità è propria delle relazioni umane e sociali, comportando una forte carica emotiva, ma anche innovativa.

Il gioco simbolico ed emotivo è ancora più instabile e mutevole nel rapporto con l’immigrato e proprio per questo motivo l’instabilità e la volubilità dell’individuo e del gruppo sociale necessitano di trovare un supporto nelle istituzioni, che devono essere in grado di esprimere norme stabili e certe, frutto di un’approfondita conoscenza delle realtà attuali.

L’Italia acquisisce tardivamente la coscienza di essere Paese meta di flussi migratori e solo negli anni ‘80 le amministrazioni pubbliche affrontano il problema dell’inserimento sociale dei migranti e la conseguente educazione dei loro figli.

Il contenuto delle circolari ministeriali proclama ufficialmente che l’obiettivo primario dell’educazione interculturale si delinea come promozione della capacità di convivenza costruttiva in un tessuto sociale multiforme, che comporta l’accettazione e il rispetto del diverso e il riconoscimento dell’identità culturale nella ricerca quotidiana del dialogo, della comprensione e della collaborazione, in una prospettiva di arricchimento reciproco, nel valore della diversità generale come concetto da difendere e comprendere nel doppio versante dell’educazione interculturale, nell’affrontare e analizzare il problema degli studenti appartenenti a provenienze diverse e nella necessità che anche la scuola elabori le strategie capaci di affrontare i grandi mutamenti che caratterizzano la nostra epoca, in un policromo mosaico di popolazioni, lingue, culture, progetti, rappresentazioni reciproche di scambi e conflitti, interazioni e dialoghi.

INTERCULTURA E IMMIGRAZIONE.

Dall’integrazione all’interazione

Per intercultura intendiamo tutti i contatti tra culture diverse, di cui i fenomeni migratori sono solo un aspetto, anche se molto importante.

L’intercultura, oltre al caso dell’immigrazione di stranieri in Italia e lo spostamento di persone in altri paesi, comprende anche ogni genere di scambi di informazioni, di idee e di esperienze tra aree diverse del pianeta, perché essa non riguarda solo gli immigrati, gli altri, ma noi stessi e le modalità in cui guardiamo e viviamo il mondo e come, in realtà, siamo trascinati dalle potenti correnti di mutamento in corso su tutto il pianeta.

Nella prospettiva interculturale, il fenomeno delle immigrazioni e gli imponenti processi migratori in atto nel nostro Paese sono da considerare come un’opportunità per i migranti e per le società che li ricevono, in quanto in un’ottica interculturale il fenomeno migratorio appare molto vario.

Per intercultura non si intende solo immigrazione, ma diaspore, ossia persone e gruppi che si spostano tra paesi diversi, seguendo i cicli stagionali di lavoro, le necessità familiari, le scadenze scolastiche, i progetti matrimoniali e altro ancora.

La prospettiva di apertura, confronto e dialogo tra culture vede la pluralità identitaria come una ricchezza e per questo non si pone come esclusivo obiettivo l’integrazione, che è un’idea prodotta da una concezione inadeguata della civiltà e della pretesa di superiorità morale del mondo occidentale sugli altri, dove l’integrazione, appunto, risulta un obiettivo impossibile, perché la pluralità di lingue, religioni, musiche, culture, tradizioni è un bene da tutelare in un’ottica di interazione, anziché di assimilazione e omologazione ad un modello consolidato nel tempo e prestabilito dall’Occidente.

La prospettiva interculturale respinge il presupposto dell’idea che la cultura sia una realtà monolitica, in quanto essa è un insieme di narrazioni condivise, contestate, negoziate.

Partecipando e interagendo con una cultura risulta possibile sperimentare tradizioni, riti, storie, rituali e simboli, strumenti e condizioni materiali di vita, attraverso molteplici narrazioni.

L’identità si costituisce nella relazione con l’altro da sé, con la famiglia, gli amici, i gruppi sociali reali e virtuali e la concezione aperta all’accoglienza genera un’idea d’identità opposta al pensiero fondamentalista, ossia  se le società umane non sono omogenee e separate, ma differenziate e caratterizzate da confini permeabili, allora le identità delle persone e dei gruppi non si prospettano come recinti da difendere dalla cattiva influenza dell’esterno e dell’estraneo, ma diventano ambiti di scambio, di dialogo e interazione.

Le persone non hanno diverse identità, ma le costruiscono nelle relazioni quotidiane con gli altri, usando vari strumenti con cui interagiscono con l’ambiente fisico e sociale, come il loro corpo, gli oggetti, le conversazioni, i discorsi e le narrazioni, in un approccio discorsivo, dialettico e dialogico, dove la narrazione non è vista come una produzione mentale individuale, ma come creatività sociale, dialogica, come strumento per riflettere collaborativamente sulle situazioni.

L’identità prodotta dalle narrazioni è plurale, ma non necessariamente coerente, perché gli eventi narrati possono essere dolorosi e difficili da riferire, in quanto i migranti che hanno vissuto esperienze traumatiche producono narrazioni frammentarie, lacunose, confuse e fondate su esperienze contrastanti, in incoerenze e silenzi tipici delle identità diasporiche.

L’educazione interculturale pone come condizione la rinuncia all’etnocentrismo occidentale e la ricerca multiculturale evidenzia le differenze tra comunità, gruppi e categorie sociali, apprezzando le diversità, senza renderle delle barriere impenetrabili, in cui si cerca di osservare come funzionano gli scambi tra persone e gruppi differenti.

La contrapposizione tra autoctoni e migranti è consueta, in quanto è sufficiente imparare dai mass media a ragionare per stereotipi e pregiudizi, dimenticando la storia e gli scambi continui nella vita quotidiana, dove fare intercultura significa superare la visione delle differenze morali come compartimenti separati.

L’approccio interculturale indica come non cristallizzare le differenze, in una prospettiva pedagogica che assuma la dimensione internazionale del sapere, in un’ottica relazionale e dinamica nelle teorie e nelle prassi formative, studiando l’altro nelle interazioni tra scambi pacifici e conflitti violenti.

La gigantesca ibridazione di popoli e culture ha provocato la diffusione di società composite, in cui convivono gruppi umani di diversa provenienza, dove si cerca faticosamente di trovare un equilibrio tra la condivisione di valori comuni e le diverse appartenenze sociali e culturali.

Il multiculturalismo vorrebbe suggerire una prospettiva di interazione dinamica tra comunità differenti, in un’ibridazione che assuma i caratteri dialettici dell’interculturalità dove il conflitto non si trasformi in razzismo e la coesistenza possa evolversi in intrecci positivi tra soggetti diversi, capaci di realizzare una cittadinanza planetaria aperta, nel riconoscimento positivo della diversità culturale, il cui risvolto è posto nel riconoscimento di una comune umanità di comunicazione, comprensione, scambio e relazioni dialogiche.

La pedagogia interculturale si preoccupa fondamentalmente dell’inserimento degli alunni stranieri nella scuola, e, in generale, dei soggetti stranieri, anche adulti, nei sistemi formativi e nelle relazioni educative tra migranti e autoctoni, interrogandosi criticamente in merito ai saperi trasmessi dalle istituzioni formative.

Ogni esperienza educativa, in realtà è interculturale, perché è incontro di modi di essere, di visioni del mondo, di caratteristiche personali e sociali diverse, con lo scopo di contribuire all’educazione e interazione di individui differenti per motivi linguistici, etnici, religiosi ed altro, perché imparino a convivere senza conflitti e riuscendo a gestire pacificamente il contrasto reciproco. Gardner con la teoria delle intelligenze multiple offre un contributo prezioso per un intervento educativo capace di valorizzare le diversità individuali degli studenti.

L’introduzione dell’autonomia scolastica nel nostro ordinamento sottolinea la funzione attiva della scuola che è invitata a corrispondere alle esigenze formative dei diversi alunni e del territorio e questa impostazione è risultata feconda nel campo dell’inserimento dei ragazzi stranieri nel contesto educativo e interculturale.

Gli studenti stranieri possono così vedere l’apprezzamento per il loro corredo cognitivo ed esperienziale attraverso il ricorso, da parte dei docenti, a un’offerta formativa individualizzata che sappia apprezzare le loro più svariate qualità creative e cognitive.

La scoperta e la valorizzazione di culture altre e di persone portatrici di diversi caratteri e provenienze originarie avviene in un contesto di relazione con gli autoctoni, ponendo in discussione anche i nostri contesti di appartenenza, dove lo straniero ci interroga in merito ai vissuti nella scuola, nei saperi e nei metodi educativi che invitano a ripensare la nostra identità, la nostra storia e la nostra cultura, perché riconoscere la diversità dell’altro significa anche riconoscere le nostre diversità, le nostre alterità, le nostre mancanze, i nostri difetti.

L’Occidente deve rendersi consapevole che la sua storia non è monoculturale e monoetnica, in quanto siamo frutto di contaminazioni di popoli e culture e l’Islam è parte fondante della nostra civiltà.

INTERCULTURA A SCUOLA.

Dall’esperienza alle normative.

Il fenomeno migratorio sembra lasciare poco spazio alla riflessione teorica, per l’urgenza dei problemi sociali e la vivacità del dibattito politico in cui è inserito.

Come sostiene Morin, l’educazione interculturale nella scuola deve comprendere un’etica della comprensione planetaria.

Gli anni ‘90 hanno visto il diffondersi nella scuola italiana del nuovo paradigma dell’intercultura che concepisce la diversità come risorsa positiva, come valore e opportunità di crescita nel confronto, nello scambio, in un arricchimento reciproco, con cui interagire nella logica della convivenza costruttiva.[3]

In un primo momento sono intervenute alcune importanti circolari del Ministero della Pubblica Istruzione che hanno sollecitato e supportato l’innovazione progettuale delle scuole in tema di educazione interculturale, prevenzione del razzismo e dell’antisemitismo e l’inserimento scolastico degli alunni stranieri, tramite disposizioni amministrative, indicazioni e orientamenti di carattere pedagogico e culturale.

Dalla seconda metà degli anni ‘90, queste disposizioni sono gradualmente diventate pratica progettuale nelle scuole italiane, per effetto di una crescente e strutturale presenza di bambini e ragazzi stranieri che ha posto in evidenza le molteplici differenze culturali, linguistiche, religiose, rendendo urgente l’incontro e il confronto aperto.

Attualmente si sono moltiplicati e diffusi i progetti e le esperienze interculturali realizzati dalle scuole, che stanno divenendo momenti ordinari della programmazione scolastica.

Tuttavia, da alcune ricerche locali si coglie una forte esigenza degli operatori scolastici di essere sostenuti nei progetti di accoglienza e di educazione interculturale, con adeguati strumenti di formazione, supporti didattici e organizzativi, attraverso modelli di riferimento per sperimentare, modificare, innovare ed affrontare le incombenti difficoltà.

Sempre più spesso si tratta di educazione alla cittadinanza, alla pace, ai diritti umani, alla comunicazione e alla gestione dei conflitti dove l’educazione alla comprensione e l’insegnamento della condivisione fra gli uomini costituiscono la condizione e la garanzia della solidarietà intellettuale e morale dell’umanità.

Argomentare l’approccio interculturale nell’educazione e nella scuola significa che è possibile formarsi alla comprensione della propria e altrui cultura.

Educazione interculturale significa attivare processi di comprensione fra donne e uomini, formando alla comprensione e condivisione della propria cultura e dell’esperienza dell’altro, nel favorire l’interscambio tra soggetti e saperi.

Intercultura è un termine che contiene in sé un processo e un programma, dove inter significa interazione, scambio, apertura, solidarietà e reciprocità, sottolineando il processo di confronto, di scambio e di cambiamento reciproco, e cultura indica il riconoscimento dei valori, dei modi di vita, delle rappresentazioni simboliche a cui si riferiscono gli esseri umani come individui e società, proponendo un senso più ampio, non limitato alle forme alte del pensiero e dell’azione, ma esteso all’intero modo di vivere, di pensare e di esprimersi nell’ambito del gruppo sociale.

La scuola, in una società multiculturale, può svolgere un ruolo importante nella formazione di cittadine e di cittadini dall’identità planetaria.

L’educazione interculturale e la sensibilizzazione alla comprensione hanno il compito e l’impegno di aiutare a gestire e stabilire relazioni, incontri e scambi con le differenze introdotte negli spazi di vita quotidiani, dove gli altri sono interdipendenti e prossimi, grazie alle molteplici forme degli spostamenti, delle comunicazioni a distanza e delle relazioni quotidiane.

L’educazione interculturale subentra ufficialmente nella scuola italiana nel 1990 quando tale definizione entra nel mondo educativo tramite le normative ministeriali.

Dagli inizi degli anni ‘90, quando nella scuola italiana cominciano ad entrare bambini e ragazzi di altre nazionalità, gli insegnanti si rendono conto che queste presenze esprimono esigenze, problemi, bisogni e molto altro insieme, dove i volti, i colori della pelle, i silenzi, i linguaggi non verbali, le frasi in lingue incomprensibili esprimono disagi e problemi aperti.

Gli alunni immigrati sono evocatori di stati d’animo, idee note e incerte, storie personali e riferimenti culturali collocabili all’interno di matrici di senso differenti, esprimendo incapacità comunicative e bisogni linguistici.

L’incontro con le differenze linguistiche, culturali, religiose, somatiche non è un fatto sporadico e casuale, ma un elemento quotidiano e normale negli ambiti educativi, nei luoghi di aggregazione, nei servizi sociali e sanitari, a cui occorre rispondere nella solidarietà e nell’accoglienza, oltre il pregiudizio e la discriminazione.

L’interesse crescente per le culture degli altri, in una pluralità di attenzioni, costituisce il nucleo iniziale della pedagogia interculturale, composta di pratiche scaturite da interrogativi sempre più crescenti, da incertezze sulle scelte e dalla ricerca di percorsi didattici finalizzati alla risposta di esigenze specifiche, favorendo l’incontro tra l’infanzia e l’adolescenza del qui e dell’altrove.

Una circolare ministeriale del 1990 tratta per la prima volta congiuntamente i temi dell’inserimento degli alunni stranieri nella scuola, in una prospettiva di educazione interculturale, fornendo principi innovativi importanti, come le indicazioni per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni immigrati, ponendo l’argomento dell’educazione interculturale per tutti e volta all’accoglienza di tutti.

In una circolare ministeriale del 1994 viene delineato il tema del dialogo interculturale e della convivenza democratica, come impegno progettuale della scuola, in termini di società multiculturale, di prevenzione del razzismo e dell’antisemitismo, in Europa e nell’intero pianeta, dove vengono introdotti concetti quali il clima relazionale e la promozione del dialogo, fornendo indicazioni sulla valenza interculturale di tutte le discipline e delle attività disciplinari trasversali.

Di conseguenza, educare all’intercultura significa costruire la disponibilità a conoscere e a farsi conoscere nel rispetto dell’identità di ciascuno, in un clima di dialogo e solidarietà.

Si riafferma il principio che l’educazione interculturale non riguarda solo alcune materie, ma sussiste una dimensione dell’insegnamento che accompagna il percorso formativo ed orientativo attraverso tutte le discipline scolastiche.

Il regolamento contenente le norme in materia di autonomia scolastica afferma che gli obiettivi nazionali dei percorsi formativi riconoscono e valorizzano le diversità per la realizzazione del diritto di apprendimento e di crescita educativa di tutti gli alunni e che viene garantito e valorizzato il pluralismo culturale e territoriale.

Le coordinate di politica educativa alle quali le istituzioni scolastiche devono fare riferimento, per realizzare in autonomia i propri progetti di accoglienza, di integrazione e di educazione interculturale sono sufficientemente articolate e fondate su chiare scelte pedagogiche, tracciando un modello di scuola integrativo, interculturale e attento al riconoscimento e alla valorizzazione di lingue, culture e diversità, dove l’altro risulta sempre fonte di arricchimento culturale reciproco.

LA DIMENSIONE RISOLUTIVA DEI CONFLITTI.

Per un Futuro Sostenibile e Nonviolento.

[4]I conflitti collettivi presentano una importante componente ambientale, in cui dietro le posizioni contrapposte si inserisce una competizione per la proprietà e l’uso di risorse naturali che scarseggiano, come la disponibilità di combustibili fossili e l’utilizzo delle terre coltivabili.

La trasformazione costruttiva dei conflitti è il fondamento dell’attivismo non violento, che è forse la conquista più rilevante nella cultura politica del ‘900.

Uno dei principi cardine della nonviolenza, come scienza dei conflitti, è che la verità si ricerca nel dialogo, nell’apertura all’ascolto e al confronto, per ampliare il proprio orizzonte nella capacità di decentramento, assumendo il punto di vista dell’altro e di empatia, condividendo, a livello cognitivo ed emotivo, la prospettiva e il sentimento dell’altro, nell’ambito di buone competenze comunicative, affinché le diverse visioni e percezioni della realtà possano essere messe in relazione e in dialogo, in un rapporto di rispetto, equivalenza e reciprocità, tramite la relazione empatica, come strumento per vincere il sospetto, la paura, l’aggressività, bloccando la violenza e i processi di disumanizzazione. Il conflitto è un sistema interattivo, dove il comportamento delle parti e degli attori si influenza vicendevolmente.

La pratica della nonviolenza non proietta la colpa verso l’esterno, in un chiaro meccanismo di colpevolizzazione e dislocazione delle responsabilità nell’ambito del conflitto, ma suggerisce un orientamento verso l’interno. Infatti l’unica modalità di poter influire sul comportamento altrui è agire sulle proprie e personali azioni, dove ogni tentativo più diretto di indurre cambiamenti nell’altro si pone sul piano dei rapporti di forza.

L’assertività, ossia la capacità di far valere le proprie ragioni senza far violenza all’altro, è una competenza relazionale da costruire all’interno della pratica non violenta, che libera l’energia costruttiva dell’aggressività benigna o assertività, trasformandola in forza interiore e utilizzandola come motore per il cambiamento.

La forza interiore si sviluppa per elaborare la collera e trasformarla in forza emotiva contro la passività, l’indifferenza, l’anestetizzazione dei sentimenti, atteggiamenti presenti in molti comportamenti violenti come il bullismo, finalizzando, invece, i comportamenti verso la capacità di compassione.

L’educazione emotiva consiste nella formazione alla trasformazione non violenta dei conflitti e significa sapere attribuire uno scopo positivo alla vita, liberando le emozioni compassionevoli, invece di utilizzare quelle violente.

Trasformare i conflitti in modo non violento significa assumere un modello relazionale integrativo e trasformativo, evitando una tipologia di relazione a carattere assimilativo e distruttivo, come Danilo Dolci sosteneva nel reciproco adattamento creativo, ossia in una modalità relazionale e non violenta, orientata alla crescita e all’equilibrio dei sistemi umani e naturali, per un futuro sostenibile e caratterizzato dalla pace.

Un conflitto per essere sostenibile deve ridurre e contenere le dinamiche violente, far emergere le opinioni delle parti e le verità di ogni posizione, ponendole in dialogo e individuando gli scopi, gli obiettivi e i fini sovraordinati che le parti hanno interesse a condividere, per innescare processi di cooperazione nel conflitto, evitando la contrapposizione.

Il conflitto deve essere affrontato nel favorire l’evoluzione di dinamiche comunicative di empatia, creatività, ascolto e decentramento, in grado di evidenziare i bisogni e gli interessi impliciti nelle situazioni locali e globali. Nelle problematiche sociali e ambientali complesse e controverse si prospetta spesso ignoranza inconsapevole per la mancanza di capacità riflessiva, di un sistema di valori non portato a livello cosciente.

Utilizzare beni e servizi naturali in modalità sempre più intrusive e rapide pone di fronte all’evidenza che il nostro pianeta è finito e pertanto è limitata la sua possibilità di soddisfare le richieste dell’umanità, comportando conflitti tra gruppi sociali.

Le risorse naturali e minerarie vengono utilizzate da parte delle comunità umane, creando impatto ambientale sugli ecosistemi, ponendo in evidenza la gravità della situazione e la necessità di una profonda trasformazione delle relazioni tra l’umanità e il pianeta Terra, dove è necessario cogliere la relazione che collega le diverse forme di dominio dell’uomo sulla natura con i mutamenti sociali, economici, culturali e politici nel tessuto sociale.

Attualmente educare alla pace e alla non violenza significa prendere coscienza della costitutiva fragilità degli esseri umani, della loro interdipendenza reciproca e della dipendenza di tutti dalla natura che accoglie e sostiene la presenza delle comunità umane sulla Terra, capaci di convivere con se stesse, con gli altri esseri e con l’ambiente naturale.

Nelle situazioni in cui si sviluppano paure e atteggiamenti discriminatori, con forti disparità e ingiustizie che originano sofferenza e alimentano rancore, come in tutte le situazioni conflittuali, è indispensabile confrontarsi con le basi emotive profonde che irrigidiscono le posizioni e ostacolano le trasformazioni, ma che possono diventare una risorsa nel rispetto delle diversità e dell’armonia, come risultato della valorizzazione delle pluralità, nel compito difficile della progettazione di una transizione per uscire dall’attuale sistema di economia insostenibile, al fine di avviare l’umanità verso un’economia non violenta, equa, solidale e sostenibile per tutti gli esseri viventi, dove ciascuno deve porsi come propositore di cambiamento nel mondo.

Laura Tussi


[1] Pinto Minerva F., Intercultura, Laterza 2002

[2] D. Demetrio, G. Favaro, Immigrazione e pedagogia interculturale: bambini, adulti, comunità nel percorso di integrazione, La Nuova Italia, Firenze 1999

[3] Favaro G., Capirsi Diversi. Interculturalità ed educazione alla comprensione, in Intercultura. Riflessioni ed esperienze di educazione interculturale in ambito scolastico. EMI, Bologna 2004

[4]Cfr. Centro Studi Sereno Regis (a cura di) Economia della Felicità. Verso futuri sostenibili e nonviolenti, supplemento a Eco. L’educazione sostenibile n. 7/09.




Fairchild Semiconductor espone al PCIM Europe 2011 le proprie soluzioni per controlli motore e alimentazione industriale e DC-DC embedded

Fairchild Semiconductor espone al PCIM Europe 2011 le proprie soluzioni per controlli motore e alimentazione industriale e DC-DC embedded

Alta efficienza energetica,  affidabilità e versatili possibilità applicative saranno al centro di dimostrazioni, presentazioni e documentazione

San Jose, California, 02 Maggio 2011 – Fairchild Semiconductor, (NYSE: FCS), provider globale leader di prodotti ad alte prestazioni per applicazioni mobili e di alimentazione, esporrà le proprie tecnologie all’avanguardia per sistemi di alimentazione e controllo del movimento a PCIM Europe 2011 in programma a Norimberga il 17-19 maggio prossimo (Padiglione 12, Stand 601).

Al centro dell’attenzione saranno le soluzioni per controlli motore, applicazioni automotive e alimentazione industriale e DC-DC embedded sviluppate da Fairchild Semiconductor.

In particolare, le soluzioni DC-DC embedded rispondono all’esigenza dei progettisti relativamente ad alti livelli di efficienza con carico massimo e leggero risolvendo nel contempo le problematiche riguardanti emissioni termiche, superiori densità di potenza e limitazione degli ingombri.

Le soluzioni di alimentazione industriale rispondono all’esigenza di comprimere il time-to-market differenziando al tempo stesso i design. Tali soluzioni pongono anche l’accento sulle caratteristiche progettuali atte a soddisfare le normative in materia di bassi consumi energetici in standby assicurando contemporaneamente prestazioni affidabili senza downtime. Le soluzioni per sistemi di controllo del movimento e applicazioni automotive sottolineano la capacità di Fairchild di accrescere l’affidabilità e l’efficienza dei drive dei motori con ingombri ridotti su scheda, riducendo nel contempo i malfunzionamenti quando i drive DC sono chiamati a operare in condizioni limite.

Tra le dimostrazioni in programma al PCIM Europe 2011 sono previste:

  • Soluzioni di alimentazione DC-DC incentrate sugli switch di carico della serie AccuPower™ di Fairchild, i primi commutatori di carico integrati del settore nella fascia di potenza di 2,8V – 36V progettati per rispondere alle esigenze dei designer di applicazioni a media tensione, nonché su MOSFET a media tensione progettati specificamente per minimizzare le perdite di conduzione e il “ringing” dei nodi dello switch migliorando contemporaneamente l’efficienza complessiva dei convertitori DC-DC.
  • Soluzioni per sistemi di illuminazione come il dispositivo FAN6300A, un controller PWM utilizzabile per schede da 20W dotate di dimmer. Questo prodotto fornisce svariate funzioni volte a ottimizzare le performance dei convertitori flyback.
  • Soluzioni per applicazioni industriali come il dispositivo FOD8012 di Fairchild, un accoppiatore ottico full duplex ad alta velocità a logica bidirezionale dotato di gate logico che supporta le trasmissioni isolate di segnali digitali tra sistemi senza ritorno di terra né tensioni pericolose.
  • Soluzioni per sistemi di controllo del movimento come i dispositivi SPM (Smart Power Module) Serie 5 di Fairchild con diodi e gate driver integrati, proposti in package dagli ingombri contenuti (29 x 12mm) per assicurare una superiore flessibilità produttiva. In mostra anche i nuovi MOSFET da 40V – 150V con struttura gate schermata per il bilanciamento della carica, i quali assicurano una robustezza elevata (caratteristiche di commutazione ripetitiva senza protezioni di clamp, capacità definita con l’acronimo UIS, Unclamped Inductive Switching) ed eccellenti performance del diodo integrato unitamente a valori Irrm contenuti e livelli dv/dt elevati.

Tra gli interventi a cura degli esperti Fairchild in programma alla PCIM Europe si segnalano:

I nuovi MOSFET di potenza e media tensione per raddrizzatori sincroni – Wonsuk Choi, Dongwook Kim e Sung-Mo Young descriveranno la capacità della tecnologia dei gate schermati di ridurre drasticamente i valori di on-resistance e la carica del gate (PP11, martedì 17 maggio, ore 16.00-17.15).

SPM (Smart Power Module) di nuova generazione per sistemi di controllo del movimento per elettrodomestici – Taesung Kwon, Steve Han, Elvis Ma e Sung-Il Yong presenteranno i nuovi dispositivi Motion-SPM in package µ-Mini-DIP ottimizzati per moduli inverter IGBT integrati intelligenti destinati a sistemi di controllo del movimento per elettrodomestici (PP20, martedì 17 maggio, ore 16.00-17.15).

Circuito di reset dell’alimentazione per HVIC per accrescere la resilienza alle interferenze di picco con tensioni elevate – Paul Jung-Ho Lee, Jong-Mu Lee e Won-Hi Oh descriveranno un circuito di reset dell’alimentazione (POR, Power-on Reset) in grado di interagire trasparentemente con un circuito UVLO (Under Voltage Lock Out) esistente minimizzando il numero di elementi di circuito aggiuntivi (PP37, martedì 17 maggio, ore 16.00-17.15).

Effetti delle correnti parassite indotte sulle perdite e sull’efficienza dei convertitori buck sincroni DC-DC per sistemi di elaborazione – Tirthajyoti Sarkar, Ritu Sodhi, Scott Pearson e Steven Sapp, insieme ad Aditya Upadhaya dell’IND (Indian Institute of Technology), descriveranno l’evoluzione dei convertitori buck sincroni nella topologia di circuito attualmente più utilizzata per la commutazione di potenza nei sistemi di elaborazione con correnti elevate, basse tensioni di uscita e alta densità di potenza (PP107, mercoledì 18 maggio, ore 16.00-17.15).

Valutazione dei convertitori DC-DC con generazione automatica della curva di efficienza Scott Pearson, Stan Benczkowski, Steven Sapp, Tirthajyoti Sarkar e Ritu Sodhi illustreranno i vantaggi della simulatore di circuiti Spice quale strumento di valutazione delle performance dei MOSFET di potenza nei convertitori DC-DC (PP109, mercoledì 18 maggio, ore 16.00-17.15).

Fairchild è attivamente impegnata nell’aiutare i progettisti a superare le sfide progettuali attraverso innovazioni nelle tecnologie e nei processi che migliorano le performance e l’integrazione funzionale, oltre che mediante risorse di supporto alla progettazione che contribuiscono a minimizzare il numero di componenti riducendo parimenti i tempi di design.

La PCIM, in programma a Norimberga dal 17 al 19 maggio, è la principale manifestazione europea dedicata agli esperti di elettronica e applicazioni di alimentazione per Intelligent Motion e Power Qualità.

Fairchild Semiconductor

Fairchild Semiconductor (NYSE: FCS): presenza globale, supporto locale, idee un passo avanti. Fairchild propone ai designer di sistemi mobili e di alimentazione soluzioni a valore aggiunto basate su semiconduttori facili da usare ed efficienti nei consumi. Fairchild aiuta i clienti a differenziare i loro prodotti e risolvere sfide tecniche complesse grazie alla propria competenza nei prodotti per alimentazione e signal path. Fairchild è raggiungibile sul Web all’indirizzo www.fairchildsemi.com.

Per contattare Fairchild sui prodotti, si prega di visitare il sito: http://www.fairchildsemi.com/cf/sales_contacts/.

Informazioni disponibili anche su Twitter all’indirizzo http://twitter.com/fairchildSemi

Video sulla società e i suoi prodotti, podcast e interviste sono disponibili sul blog all’indirizzo http://www.fairchildsemi.com/engineeringconnections

Informazioni disponibili anche su Facebook all’indirizzo:

http://www.facebook.com/FairchildSemiconductor




Italia. Lettera dalla Francia, in merito all’articolo a firma di Solfanelli

Chieti, 2 Maggio ’11 – Lunedì,  S. Atanasio – Anno XXXII n. 152 – www.abruzzopress.infoabruzzopress@yahoo.it – Tr. Ch 1/81


Agenzia ABRUZZOpress >>> Nazionale


Servizio Stampa – CF 93030590694 – Tel. 0871 63210 – Fax 0871 404798 – Cell. 333. 2577547  –  Dir. Resp. Marino Solfanel


Ap – Lettera dalla Francia

Il mio articolo

“Italia svegliati – Perché non sia e non diventi una colonia, secondo l’opinione di Bossi” (Ap149-’11 del 30 Aprile), ha suscitato l’interesse di alcuni amici e lettori: alcuni hanno telefonato esprimendo i propri pareri di consenso (i più) o di dissenso. Altri hanno inviato articoli afferenti lo stesso argomento. Particolarmente interessanti gli argomenti di Savino Frigiola, che scrive da Rimini (la sua nota sarà pubblicata nei prossimi girni), e di Antonio Greco che dalla Francia scrive quanto segue:

Caro Solfanelli,

leggo nel tuo articolo, molto chiaro, alcune cose che sapevo, altre che non sapevo. Ottimo!

Mi riferisco in particolare alla frase «Per porre un argine al disastro incombente, bisogne-rebbe tentare l’impossibile: ritrovare l’unità nazionale, sia pure nelle diversità ideologiche e di parte, e l’orgoglio di essere italiani, e difendere con ogni forza e con ogni mezzo gli interessi della Nazione.»

Per raggiungere tale obiettivo, mi pare vada anche tenuto conto della realtà sociale attuale e della crisi sociale in atto da almeno un decennio.

Ecco perché ti propongo di seguito la mia ricostruzione (dopo un decennio di paragoni Italia-Europa) delle evoluzioni in 150 anni. E in allegato altre valutazioni di dettaglio.

Molti saluti dalla Francia (Paese ottimamente gestito).

Antonio Greco

(Vedi anche Alleg.):

L’UNITÁ D’ITALIA , IL GRANDE EVENTO EUROPEO DEL 1861

Come prevedibile nell’era del Villaggio Globale, anche lo Stivale evolve rapidamente.

Il Bel Paese è infatti, a 150 anni dall’Unità raggiunta, un enorme contenitore. Il quale appare con gran bei colori, con valli e montagne, con angoli verdi e laghi bucolici. Contenitore, all’inizio del XXI secolo, con qualche speranza perduta, qualche progetto politico fallito, ma anche promesse sgonfiate, illusioni smentite. Non mancano anche affermazioni di progressi o conquiste, rivelatesi poi dei fallimenti.

Si tratta, è ormai chiaro a questo150/mo anniversario, anche di un’evoluzione continuata in una direzione negativa: verso l’échec degli obiettivi che furono definiti, a metà 800, con rivoluzioni, sangue, fucili e sacrifici di genti diverse. Li vollero, tali obiettivi, genti con forze coraggiose e cuori gagliardi, tutte accomunate da una speranza: fondare un nuovo stato unico, un vero Paese europeo, mettendo insieme mentalità, capacità, e cucine diverse, legate alle diverse regioni finalmente unite. (Antonio Greco)

Antonio Grego ha inviato anche alcune note, cui si darà conto quanto prima, non sempre positive sul nostro “Bel Paese”; ritengo comunque che, visto da Parigi, le nostre cose non appaiono nelle giuste prospettive. (M.S.)




Italia. IN RICORDO DI VITTORIO ARRIGONI (VIK)

discorso di Egidia Beretta Arrigoni, madre di Vittorio (Vik)

http://www.youtube.com/lauratussi#p/u/3/dVi0yBcyV0k

IN RICORDO DI VITTORIO ARRIGONI (VIK)

di Laura Tussi

“Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere, credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, dalle longitudini ad una stessa famiglia che è la famiglia umana”

Vittorio Arrigoni da Gaza

http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/testimoni/Ricordi_1304101616.htm http://serenoregis.org/2011/04/in-ricordo-di-vittorio-arrigoni-vik-laura-tussi/

I funerali di Vittorio Arrigoni, attivista pacifista, militante acceso, schierato a favore del popolo palestinese, si sono svolti alla presenza di migliaia di persone, numerose autorità e movimenti attivi per la Pace, per la Resistenza Nonviolenta, nell’impegno antifascista contro tutti i poteri e contro le conseguenti ingiustizie sociali che ledono i diritti umani imprescindibili e universali.

L’uccisione di Vittorio Arrigoni a Gaza segue l’assassinio del pacifista pro palestinese Juliano Mer Khamis in Cisgiordania. Tutto il mondo ha condannato l’uccisione di entrambi. Tutti siamo toccati dal dolore della perdita di Vittorio, nel ricordo della sua voce profonda e piena di sorriso e di umorismo. Un uomo dedito alla Resistenza Nonviolenta, per rivendicare il diritto alla vita dei più deboli, assassinato in maniera disumana e brutale. Juliano e Vittorio erano rispettati ed apprezzati entrambi per il loro impegno militante e creativo. Juliano per ispirare una nuova generazione di attori e scrittori a Jenin e per la sua filmografia sulla vita sotto l’occupazione. Vittorio per i suoi apprezzati scritti e per le trasmissioni sulle sofferenze dei palestinesi a Gaza. Vittorio era impegnato nella ricostruzione del clima di resistenza Nonviolenta, denominato ISM, International Solidarity Movement, contro l’embargo, per portare solidarietà, giustizia, pace, fratellanza e libertà ad un popolo oppresso, attraverso la semplice parola e la personale testimonianza sulla violenza razzista e sull’ideologia colonialista.

Due vite dedite ai più deboli, agli ultimi, agli emarginati, agli oppressi. Due esistenze che portano un esempio, un credo profondo nel significato ultimo, sovversivo ed eversivo della creatività rivoluzionaria, dell’umorismo dissacrante, del cambiamento costruttivo anche nelle situazioni più atroci, dove il lume della ragione, dell’ingegno, dell’estro creativo, dell’impegno militante si oppongono alla barbarie distruttrice, all’annientamento umano, al baratro dell’oppressione, all’oscurantismo nazionalista che ottenebra la spinta vitale di persone come Vittorio e Juliano sempre in prima linea sul fronte dell’aiuto solidale, del dibattito leale nel denunciare la verità e la realtà più atroce, nel sostegno degli altri e attivi nell’impegno morale e solerte per la costruzione di una umanità di pace.

Vittorio, amico, attivista della solidarietà è stato ucciso, dedicando la sua esistenza all’opposizione al fascismo e al potere. Non dobbiamo permettere agli assolutismi infami di riuscire nelle loro tattiche terroristiche. Infatti dire la verità nell’epoca dell’inganno e della menzogna è un atto rivoluzionario. È certo difficile non avvertire qualcosa di minuziosamente atroce, di perversamente studiato e abissalmente malvagio nell’omicidio di questo giovane attivista. Tutti ci chiediamo chi sia stato il carnefice. Un gruppo operativo più totalitario di Hamas? i servizi segreti organizzati da Israele e dal mondo arabo conservatore? Sono domande a cui non abbiamo ancora risposta e che solo il corso della storia potrà rivelare al mondo. Non dobbiamo dimenticare che siamo ancora gli acerrimi fautori di conflitti in Afghanistan e in Libia. Il nostro occidente, il nostro Paese, armano dittatori, golpisti, mafie e perseguitano e fanno morire i migranti vittime delle guerre. Questi tragici avvenimenti devono essere posti in primo piano quando si ricordano le vittime della Nonviolenza e del pacifismo, senza strumentalizzare il conflitto israelo-palestinese, innescato in realtà dall’Europa prima attraverso la crudeltà efferata della Shoah e poi con la costituzione dello Stato di Israele. “Restiamo umani” non deve scadere nella retorica vacua e ripetitiva dello slogan. È il motto di un impegno a riconoscere e soccorrere gli ultimi da tutti i mali e tutte le ingiustizie sociali. Arrigoni è protagonista di un concreto, collettivo, universale attivismo,un ideale per la pace che riscatterà l’umanità intera, nel rivendicare vita, dignità e diritti, nel significato ultimo del comandamento biblico “tu non uccidere”, perché solo la Nonviolenza può salvare il mondo. Laura Tussi




Italia. PSI: “L’attuale normativa non incentiva i datori di lavoro a valorizzare la professionalità dei lavoratori precari e non offre loro certezze e tutele, determinando un’incontrollata precarizzazione di tutti i rapporti di lavoro in tutti i settori”

“L’attuale normativa non incentiva i datori di lavoro a valorizzare la professionalità dei lavoratori precari e non offre loro certezze e tutele, determinando un’incontrollata precarizzazione di tutti i rapporti di lavoro in tutti i settori”. E’ quanto afferma il segretario del Psi Riccardo Nencini. “Giovani diplomati e laureati – continua – sospesi nell’impossibilità di essere artefici del proprio futuro: è il “Quarto Stato”, generazione che segna un arretramento delle proprie condizioni e della propria dignità”.  “Serve una rivoluzione del buonsenso –prosegue –  che proponiamo attraverso una petizione popolare da sottoporre al Parlamento, fatto di una classe dirigente che invece di occuparsi di risolvere i problemi dell’Italia, pensa ai guai giudiziari del premier e ad inventarsi fantasiose manovre costituzionali” . “L’allarmato richiamo del Capo dello stato in occasione del 1 maggio sulla necessità di occuparsi dei problemi veri, e del comune interesse nazionale – conclude Nencini – è dunque  assolutamente condivisibile”.
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