Italia. PARLIAMOCI CHIARO di Franco Monaco
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Ap – Dal quotidiano LINEA di Martedì 1 febbraio
PARLIAMOCI CHIARO
di Franco Monaco
“Miracoli” di un’altra Italia
Un libro di Filippo Giannini, solido come un punto fermo
Possibile – ci si chiede – che l’astro Mussolini non sia ancora tramontato? Possibile che esistano autori ed editori interessati a trattare ancora il tema Mussolini? Lo ha fatto, di recente. Solfanelli mandando in libreria un robusto volume di Filippo Giannini col titolo “Benito Mussolini nell’Italia dei miracoli”. “Dei miracoli”, addirittura. Ma chi ha incoraggiato Giannini e Solfanelli? Eviden-temente l’opinione pubblica: una massa sempre più enorme di Italiani che non non ne possono più di questa pseudo-democrazia del cavolo, di questa Italia che una volta era stata tutt’altra: cioè. addirittura miracolata. Non è uno scherzo. Di fronte ad uno sfascio che invano si cerca di arginare, di fronte a una discordia che le fazioni spingono ormai nel cannibalismo, più che mai fondate risuonano anche
le parole di Giuseppe Prezzolini, che non era un intellettuale come i tanti odierni da quattro soldi il mazzo: “Mussolini riuscì ad operare un miracolo: quello di unire gli Italiani come non erano mai stati dalla caduta dell’impero Romano”. Miracolo esaltato dallo straordinario cantico di Giovanni Spadolini: “Al popolo italiano era stata restituita quella dignità, della coscienza di sé, del proprio passato, delle proprie possibilità, quel prestigio, quella fierezza e quella alterezza, quello stile, quel senso, diciamolo pure, di superiorità, quel lievito, quello stimolo di grandezza, quello slancio verso l’espansione, che gli erano sempre mancati nei primi anni della sua unità”. Costoro non erano certo pa-gati per dare fiato alle tombe laudatorie. E del resto, Giannini conferma tutto nelle 262 pagine del libro, chiamando a testimoniare decine e decine di personaggi, soprattutto stranieri, in particolare, britannici.
Filippo Giannini non è un politologo: è un architetto, un professionista del costruire che ad un certo punto della sua vita si scopre anche un’altra passione, quella per la storia d’Italia degli anni Trenta e la trasferisce, questa passione, in una attività intensa di ricercatore e di assemblatore di quella che è stata certamente la più straordinaria vicenda storica italiana. Scrivendo, l’architetto rimane tale nel solido impianto delle rievocazioni, nelle calibrate descrizioni degli eventi, nel millimetrato equilibrio dei particolari. II risultato è un testo (uno dei parecchi elaborati da Giannini) che può senz’altro aspirare alla qualifica di classico. Del resto, chi, come il sottoscritto, ha avuto il privilegio di vivere negli anni di Giovanni Gentile, di studiare Diritto costituzionale con Santi Romano, di vedere nel dicastero della Giustizia un Alfredo Rocco e alla presidenza dell’Accademia d’Italia un Guglielmo Marconi e poi di seguire l’insegnamento di Paolo Orano che esortava alla “responsabilità di stampa” (questa “responsabilità” che adesso si avvia a scalzare finalmente il tristo piedistallo della indiscriminata “libertà”), può testimoniare quanto compiuti e veritieri siano i capitoli nei quali Giannini tratta dei “miracoli”, scandagliandoli uno per uno con una non comune ricchezza di dati.
“Miracoli” del lavoro, in sostanza, e di una coscienza nazionale pulita, “miracoli” facilitati, cioè, dalla radicale ramazzata con la quale erano state eliminate le scorie della malsana Italietta giolittiana, soprattutto logge massoniche e cosche mafiose, sgangherati partiti e insaziabili appetiti. “Miracoli”, incontestabili, furono, fra i tanti e nel brevissimo arco di venti anni, il “consenso” plebiscitario del 1928, le grandi bonifiche, la creazione di venti città, la “Quota 90”, la creazione dell’Arma Azzurra, la “cura italiana” durante la crisi mondiale del ’29, l’Iri, l’assetto del territorio, la conquista dell’Impero, l’eliminazione del latifondo, la “Carta del Lavoro”. Ci manca lo spazio per evidenziare tutte le pregevolezze dell’interessante libro che mostra nella copertina una immagine di Dudovich (La Battaglia del grano), purtroppo privata qui degli accesi colori che contribuirono a renderla famosa.