USA. Russia2018: un campionato del modo opaco senza l’Italia.

Un allibratore  di New York mi ha confessato che a tutt’oggi le scommesse sul campionato del mondo di calcio ,in Russia,  sono al 68% per il Brasile.

Benny Manocchia e il Senatore Kennedy

Seguono Spagna,Francia. Tuttavia,mi ha detto il bookmaker, le cose potrebbero cambiare dopo il dieci giugno. Infatti negli ultimi giorni prima dell’inizio della Coppa, le scommesse diventano stranamente confuse,incerte. Comunque

restano sul livello del 1 dollaro puntato sulla squadra che risulterà prima, farà
vincere 5.25$. Questo negli Stati Uniti. In Europa milioni puntano su Francia e Inghilterra. Certo
aiutera’  le decisioni degli scommettitori non appena sara’ comunicato gli accoppiamenti delle partite. In momenti di euforia inspiegabile, ci sono anche “bets” per la nazionale italiana,che
come sappiamo non sara’ presente  a Mosca. Gli organizzatori russi hanno ammesso che “senza
l’Italia,il campionato del mondo non avra’ valore”. Ma forse e’ soltanto un modo degli amici russi, per fare sentire meglio i milioni di italiani che oggi sono afflitti da una situazione che,per tanti,poteva essere evitata.




Bruxelles. ALEJANDRO GASTÓN JANTUS LORDI DE SOBREMONTE  NOMINATO CAVALIERE DELL’ORDINE DELLA CROCE BELGA.

Il Presidente della World Organization for International
Relations ha ricevuto oggi l’onorificenza di Cavaliere
dell’Ordine della Croce del Belgio, in riconoscimento
delle sue particolari benemerenze e del suo impegno
nel perseguire finalità umanitarie e filantropiche.

Bruxelles, 26 maggio 2018. In considerazione del suo impegno nel perseguire finalità umanitarie e filantropiche, il Presidente della WOIR – World Organization for International Relations(www.woirnet.org), Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte, è stato nominato oggi Cavaliere dell’Ordine della Croce del Belgio, su iniziativa del Presidente Tonny Leten e del Cancelliere Christian Vandeput della Delegazione di Limburgo della Société Royale Philanthropique des Médaillés et Décorés de Belgique pour Actes de Courage, de Dévouement et d’Humanité – Koninklijke en Menslievende Vereniging van Dragers van Eretekens en Medailles van Belgie (KMVDEMB).

Già Cavaliere dal 1999 dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro per motu proprio di S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele di Savoia ed Ufficiale dal 2001 dell’Ordine al Merito di Savoia,Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte è accademico della Real Academia Sancti Ambrosii Martyris sotto il patrocinio di S.A.R. dom Duarte de Bragança, Capo della Casa Reale di Portogallo, ed ha anche ricevuto nel 2017 la prestigiosa Medaglia d’Oro della Fédération Française du Bénévolat Associatif.

Quale Capo dell’Illustrissima Casa Jantus Lordi de Sobremonte (www.icjlds.org) e dell’omonima associazione senza fini di lucro nata per volontà di donna Emilia Lordi-Jantus, Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte ha continuato a mantenere viva la missione portata avanti dalla sua amatissima Madre, ispirata da principi di virtù e onore, dall’amore per il prossimo e dai più alti valori della cultura Cristiana.

Con la concessione del nuovo cavalierato belga, al Presidente della WOIR è stata conferita una nomina in cui vengono ancora una volta riconosciuti il suo spessore umano, le sue qualità professionali ed anche i risultati conseguiti grazie alla competenza e dedizione con cui ha sempre svolto il suo dovere nell’ambito della World Organization for International Relations.

LA WOIR

Fondata nel 1978 per iniziativa di Emilia Lordi-Jantus, già funzionaria dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e del Programma Alimentare Mondiale (WFP), per contribuire in maniera indipendente allo sviluppo e all’applicazione delle Relazioni Internazionali ed a preservare così l’armonia nel mondo, la World Organization for International Relations (WOIR) è un’organizzazione internazionale che si propone di sostenere gli sforzi volti ad eliminare i motivi di conflitto tra le nazioni, promuovere la cooperazione internazionale ed operare al servizio della causa della pace e della difesa dei diritti umani. La WOIR è accreditata presso il Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite come organizzazione internazionale non governativa (OING). Info: www.woirnet.org


World Organization for International Relations




JACOPO SIPARI DIRIGE L’OPERA MALEDETTA DI VERDI LA FORZA DEL DESTINO ALL’OPERA DI BELGRADO

 

 

Belgrado. Il direttore abruzzese Jacopo Sipari di Pescasseroli sul prestigioso podio del Teatro dell’Opera di Belgrado debutta l’opera “maledetta” di Verdi, “La Forza del Destino”. L’opera, in 4 atti su libretto di Francesco Maria Piave, ando’ in scena per la prima volta al Teatro Mariinsky di S. Pietroburgo nel 1862 ed e’ generalmente considerate una delle opere piu’ intense di Giuseppe Verdi.

National Theatre of Belgrade (2)

A quest’ opera, nota in particolare per I suoi momenti piu’ liricamente straordinari come “La Vergine degli Angeli”, “Rataplan” o la nota “Sinfonia”, e’ legata la triste leggenda della maledizione che colpirebbe quanti ne siano in qualche modo legati, come artisti, cantanti o esecutori. Si racconta che il 1º settembre 1939, cioè il giorno d’inizio della Seconda guerra mondiale con l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, in cartellone al teatro Wielki di Varsavia ci fosse proprio La forza del destino. 

Il direttore aquilano torna sul podio dell’ Opera di Belgrado a poche settimane dal grande successo di Aida per guidare Coro e Orchestra del Teatro Nazionale con la straordinaria partecipazione del grande soprano greco Maria Papaioannou nel ruolo di Leonora e della mezzosoprano serba Jadranka Jovanovićnel ruolo di Preziosilla.

La regia e’ del Maestro Alberto Paloscia, direttore artistico del Teatro dell’ Opera “Goldoni” di Livorno, Teatro dove Sipari e’ stato invitato per dirigere l’inaugurazione della nuova stagione con “Elisir d’Amore”di Donizzetti e poi “Madama Butterfly”di Giacomo Puccini, l’opera preferita del giovane Maestro aquilano.

“Sono estremamente contento di debuttare questa nuova opera, per me un’opera indubbiamente bellissima e ricca di momenti di intenso lirismo. Devo dire che la straordinaria regia di Alberto Paloscia unitamente alle scene e i costumi rendono la cosa ancora piu’ magica. Dirigere Verdi in questo Teatro che proprio quest’anno festeggia I 150 anni di storia, ha qualcosa di davvero particolare, riportandomi indietro nel tempo fino proprio a fine ottocento”.




Teramo. L’Italia e la Libia, una storia da conoscere. Mostra foto-documentaria e convegno di studi alla Biblioteca Delfico

 

 

 

 

Periodo di svolgimento: dal 12 al 26 aprile nella corte interna della biblioteca

Inaugurazione: giovedi 12 aprile alle 10:45

 

 

Fonte Mostra Biblioteca Provinciale Delfico

 

 

Negli ultimi anni la Libia è quasi quotidianamente al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione, mentre la conoscenza della sua storia e del periodo della presenza italiana rimane ancora poco conosciuta e poco studiata. Per rendere comprensibile all’opinione pubblica ciò che oggi sta accadendo in Libia, è indispensabile sapere ciò che è accaduto nella storia del suo recente passato. Per favorire la conoscenza di questo Paese, ed in particolare il periodo coloniale italiano, la Fondazione MedA – Onlus, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Teramo e della Regione Abruzzo, ha organizzato la mostra foto-documentaria L’occupazione italiana della Libia. Violenza e colonialismo 1911-1943.

Fonte Biblioteca Provinciale Delfico

Realizzata dal Centro per l’Archivio Nazionale di Tripoli e curata dallo storico Costantino Di Sante con la consulenza di Salaheddin Sury, uno dei maggiori storico libici dell’età contemporanea, l’esposizione restituisce al visitatore la possibilità di conoscere il periodo della colonizzazione italiana attraverso un percorso storico-didattico illustrato da oltre duecento foto e decine di documenti provenienti dai principali archivi nazionali.

La mostra sarà inaugurata giovedì 12 aprile alle 10,45 presso la Biblioteca Melchiorre Delfico di Teramo con la partecipazione di Luisa Musso dell’Università di Roma Tre, di Pasquale Iuso dell’Università degli Studi di Teramo, di Federico Cresti dell’Università di Catania e di Stefano Cianciotta Presidente dell’Osservatorio nazionale per le infrastrutture. Sarà possibile visitarla dal lunedì al giovedì dalle 8,30 alle 18,30, dal venerdì al sabato dalle 8,30 alle 14,00. Ingresso libero.

Locandina mostra Libia

Per chi volesse approfondire il tema, giovedì 24 aprile alle ore 17 è previsto un convegno di studi sui rapporti tra l’Italia e la Libia dall’occupazione del 1911 al dopo Gheddafi e, per ricordare la Resistenza libica e i crimini di guerra del periodo coloniale, alle ore 21 ci sarà la proiezione del film Il leone del deserto di Mousthafa Akkad che nel 1982 fu censurato per vilipendio alle forze armate.




Ascesa quasi ascetica di uno chef abruzzese di talento In un bel libro di Antonio De Panfilis la vita, le opere e la buona sorte di Domenico Santacroce

 

 

Benedetto XVI a Sulmona

di Goffredo Palmerini

 

 

L’AQUILA – Ci sono persone che con apparente normalità riescono a realizzare la propria vicenda umana con significativi risultati senza subire le seduzioni dell’apparenza, mettendo a frutto il loro talento, la determinazione e la tenacia tipici di certa gente d’Abruzzo. Un caso emblematico è quello a Domenico Santacroce, giovane di Pratola Peligna, che una cinquantina d’anni fa dopo gli studi all’Istituto Alberghiero di Roccaraso scelse le vie dell’emigrazione per meglio conoscere, in eccellenti Resort di Scozia e Londra, tutti i segreti della cucina internazionale e delle buone maniere nei servizi dell’ospitalità e dell’accoglienza. Poi il ritorno nella sua terra, a Sulmona, a mettere in pratica la sapienza acquisita. E insieme a questo il coraggio di scelte imprenditoriali, osate calibrando la giusta dose di temerarietà e di buonsenso. Questa, in sintesi, la storia di Domenico che Antonio De Panfilis racconta con una narrazione avvincente nel volume “Vita, opere e buona sorte di Domenico Santacroce” (Edizioni Tabula Fati), uscito da un paio di settimane e che presto sarà presentato nella città di Ovidio. Un libro intrigante, che si legge tutto d’un fiato. Il volume, per di più, reca una bella Presentazione di Vittorio Sgarbi, una magnifica Postfazione dello scrittore Giovanni D’Alessandro ed in quarta di copertina una nota di Nicola Gardini, scrittore poeta pittore, docente ad Oxford. Tra tali insigni personalità chi scrive, per desiderio dello stesso Domenico Santacroce e dell’autore, ha vergato le pagine dell’Introduzione al volume.

cover Vita, opere e buonasorte di Domenico Santacroce

Prossimamente, come si diceva, il volume sarà presentato a Sulmona, con la partecipazione di Vittorio Sgarbi, Giovanni D’Alessandro, Nicola Gardini, Goffredo Palmerini e Antonio De Panfilis, non appena verranno assicurare tutte o gran parte delle loro presenze. Per il momento ecco qualche anticipazione sull’opera. Il libro ha avuto una lunga e laboriosa gestazione, come dichiara nei ringraziamenti l’autore – giornalista ed esperto di comunicazione –, citando la fruttuosa messe di consigli e pareri ricevuti nel corso della preparazione del testo da personalità quali l’antropologo Franco Cercone, l’esperto di erbe officinali Enzo Presutti, biologo e già docente alla Sorbona, l’umanista e storico Mario Setta, lo chef di Villa Santa Maria Antonio Stanziani, erede d’una genìa di cuochi d’altissimo livello, il docente d’italianistica all’Università di Ottawa Franco Ricci, assiduo frequentatore con i suoi studenti degli hotel Santacroce, dal professore e poeta Giancarlo Giuliani, cui si deve l’editing ufficiale del volume, Marco Solfanelli per la casa editrice Tabula Fati, il grande scrittore Giovanni D’Alessandro, che al volume ha regalato una Postfazione ricca di richiami e con una singolare reinterpretazione dell’ovidiana “Sulmo mihi Patria est”. E ancora il prof. Nicola Gardini, insigne latinista, che ha scolpito le sue impressioni sul libro nella quarta di copertina, l’imprenditore della famosa fabbrica dolciaria Antonio Pelino, docente universitario di economia e storia, recentemente scomparso. Infine chi scrive, chiamato a comporre l’Introduzione che apre il volume. Nel libro anche un inserto di 16 pagine d’immagini a colori e una preziosa Appendice culinaria, di 25 pagine, con alcune ricette e menu proposti da Domenico Santacroce, compreso il menu del pranzo preparato per Benedetto XVI – un grande privilegio per lo Chef –, in occasione della visita pastorale del pontefice a Sulmona, il 4 luglio 2010, nell’ottavo Centenario della nascita di Celestino V.

 

Mi fermo sempre all’Hotel Ovidius –scrive tra l’altro Vittorio Sgarbi nella pagina di Presentazione – quando passo per Sulmona. Sempre. Forse perché ciò che mi ha colpito di più è la collezione di opere d’arte su tela appese alle pareti. I quadri. Non poteva essere diversamente, direbbe qualcuno, dato il mestiere che faccio. Ricordo che capitai lì nella hall, non so come, una prenotazione casuale, anni fa. E scorgere prima un dipinto di Formichetti… e poi un bozzetto di Carrà, distribuiti anche per le scale di quell’hotel che affaccia sulla splendida cattedrale di San Panfilo, beh, un po’ la percezione complessiva della giornata l’aveva cambiata. Migliorata. […] Questo libro rappresenta la vita di un abruzzese come tanti che, nei fatti, come tanti non è. Anche perché Domenico Santacroce ha avuto l’accortezza di donare un luogo d’arte a un luogo di lavoro e di accoglienza. “Arte dell’accoglienza”, non solo in senso lato. Ha reso un servizio in più al cliente, ma anche alla città stessa, già di per sé ricca di storia e convergenze culturali. Quando un imprenditore fa un po’ di più rispettosa quanto il mercato gli richiede, oltre a muovere dei flussi di gente per mestiere, ebbene egli adempie ad un compito che è proprio dell’arte e della vita stessa, quello di alzare – conclude Sgarbila fantasia e i circuiti dell’animo, le declinazioni interiori che avvicinano l’uomo a qualcos’altro”.

 

Singolare la Postfazione di Giovanni D’Alessandro, scrittore che non finisce mai di stupire. Confidenziali e colloquiali le sue annotazioni rivolte all’amico Domenico Santacroce, che definisce “mahatma”, specie per quel tratto quasi spirituale con il quale Domenico affronta le ascese del monte Morrone alla ricerca di erbe ed essenze che impreziosiscono di sapori i suoi migliori piatti. “[…] Volendo farti una lode indiana, – annota tra l’altro D’Alessandrovorrei scrivere che sei un mahatma, o almeno un piccolo mahatma, cioè una piccola grande anima, operante non sulla riva del Gange, ma del Gizio. Il racconto di tutta la tua vita contenuto in questo libro lo conferma. E comunque, religione o non religione, sei uno dei grandi peligni. Lo sei nella concretezza dell’attività quotidiana dell’imprenditore come nell’hobby dei fornelli. Le virides malvae di Ovidio, le carni dell’agnello, del capretto, del manzo da lui celebrate, nelle luculliane mense del tempo di Augusto, uno come te di certo lo aspettavano da un paio di millenni. Adesso voglio chiudere con un’altra cosa che forse ti divertirà e non so se sia mai stata scritta, della nostra città. […]”. E qui Giovanni D’Alessandro dà una sua versione ulteriore del motto ovidiano Sulmo mihi Patria est, che il brillante scrittore reinterpreta in senso culinario. Lasceremo la cosa in sospeso, per la curiosità dei lettori.

 

“[…] Un momento fondamentale di questo libro – scrive in quarta di copertina Nicola Gardini –, che è molti libri insieme, sta nel racconto della guarigione da un male mortifero che Domenico ha saputo darsi attraverso l’esercizio appunto della conoscenza di sé, quasi da filosofo antico. Come ancora oggi sale per le balze del Morrone a raccogliere erbe, così questo perenne migrante della volontà scende per i valloni del cuore e delle viscere e si cerca, salvandosi. La sua maestria culinaria non è disgiungibile dalla sua eccellenza umana: il rispetto e la cura degli altri che la buona cucina rappresenta sono anzitutto vocazione e impegno alla dignità personale. Con queste briose pagine, piene di humour, di esperienze e di saggezza, Domenico Santacroce ci consegna un meraviglioso esempio di amore della vita e di serietà morale. La sua vicenda fortunata di picaro abruzzese ci comunica tante bellezze, tanti momenti di storia italiana (e non solo), ma soprattutto una verità fondamentale: che il male non si supera senza sofferenza”. Perché della storia di Domenico Santacroce, raccontata nel libro, s’abbia qualche indicazione in più, qui di seguito si riporta il testo dell’Introduzione al volume.

 

***

 

«Ho letto con grande piacere ed interesse questa biografia di Domenico Santacroce. Davvero con piacere, perché Antonio De Panfilis l’ha scritta “in punta di penna”, come si dice quando la scrittura è bella, viva, intrigante, e il linguaggio raffinato, colto e coinvolgente. Frequenti richiami ad altre discipline, arti e culture arricchiscono di sfaccettature una storia di vita, quella di Domenico Santacroce, che si rivela di pagina in pagina avvincente. Un’avventura densa d’antica sapienza contadina innestata ad una curiosità intellettuale cospicua, ad una tenacia solerte e consapevole, in costante ricerca di novità e d’innovazione. Una bella storia di riscatto, di coraggio, di talento e determinazione, la vita di Domenico. Similmente alla migliore cifra della gente d’Abruzzo che, partita dalla propria terra difficile e grama, ha scritto straordinarie pagine di successo in ogni angolo del mondo. Una storia connotata anche dall’emigrazione, sebbene diversa e singolare rispetto alle storie che oltre un milione e trecentomila abruzzesi hanno vissuto in ogni latitudine.

 

Dell’emigrazione italiana, ed abruzzese in particolare, abbiamo recentemente parlato alla presentazione d’un libro tenutasi proprio al Meeting Santacroce Hotel, una delle “opere” che si devono alla lungimiranza e al talento imprenditoriale di Domenico. Dell’epopea migratoria italiana abbiamo in quell’evento fatto cenno, quando a cavallo di due secoli quasi 30 milioni di nostri connazionali lasciarono l’Italia per cercare lavoro all’estero. Ora gli oriundi italiani nel mondo sono diventati 80 milioni, un’altra Italia più numerosa dell’Italia dentro i confini. Hanno dovuto superare prove durissime, umiliazioni e pregiudizi, prima di potersi conquistare il rispetto e la considerazione. Il rispetto l’hanno conquistato sul campo, grazie alla laboriosità, all’ingegno e all’intraprendenza creativa, come pure alla correttezza dei loro comportamenti, guadagnandosi la stima e l’ammirazione con testimonianze di vita esemplari.

 

Uno degli esempi commendevoli, quantunque si tratti d’una storia d’emigrazione durata solo alcuni anni, riguarda proprio Domenico Santacroce. La sua emigrazione inizia nel 1969, in Scozia. Si completa poi a Londra, dove resta due anni fino al 1975. Preceduta nel 1967 da puntate interne, diciassettenne e ancora studente, a Lido di Camaiore, Punta Ala e Porto Santo Stefano. Un’emigrazione sempre alla conquista della conoscenza, del migliore livello di professionalità nel campo della ricettività e della ristorazione. Un po’ si assimila alla più recente emigrazione, che da una ventina di anni sta interessando la nostra Nazione, con un flusso in uscita di quasi centomila persone l’anno. Sono per la gran parte giovani con laurea o diploma, in cerca di lavoro ma anche di esperienze nuove. Sono giovani che vanno in università prestigiose a specializzarsi dopo la laurea, giovani che trovano occupazione in importanti centri di ricerca. Vanno talvolta per qualche anno, almeno questo ritengono. Pensano di rientrare appena possibile. Trovano alle volte opportunità interessanti, perché i nostri laureati – come recentemente affermava il prof. Eugenio Coccia, Rettore del Gran Sasso Science Institute – dimostrano nella loro preparazione doti di maggior equilibrio e una cultura umanistica non riscontrabile altrove. Alcuni rientrano, altri contano di rientrare, altri ancora restano. E si realizzano. L’Italia avrebbe tutto da guadagnare se queste intelligenze potessero rientrare trovando in patria adeguate opportunità.

 

Questa, in nuce, è stata anche la ventura di Domenico Santacroce. Diplomato alla Scuola Alberghiera di Roccaraso: una scelta di studi già tutt’un programma nella testa del giovane di Pratola Peligna. Quegli studi, a quel tempo molto basati sulla formazione pratica, gli avrebbero consentito un posto di lavoro in alberghi e ristoranti nell’Altopiano delle Cinquemiglia, nella Valle Peligna o nel resto d’Abruzzo. Ma Domenico aveva ben chiaro il suo disegno, il sogno nel cassetto: quello di conoscere il meglio, di puntare all’eccellenza, di scoprire ogni dettaglio sulla qualità della buona cucina, sull’arte della sua presentazione, sull’inappuntabilità dello stile del servizio. Partì così in un giorno d’aprile del ’69, in treno. Un lungo viaggio verso le alte terre di Scozia. Un lavoro presso un Resort di gran classe. Forte quindi il desiderio di conoscenza, di mettersi in gioco pienamente, contando su una determinazione senz’ombra di cedimento. E sulla “buona sorte”. D’altronde, la fortuna aiuta gli audaci. Nel percorso di Domenico grandi Maestri del mestiere, di sala e di cucina. Davvero eccezionali. Per lui poi l’esperienza a Londra, in un grande albergo, uno dei migliori della City, con le sfide sempre affrontate e vinte. Avrebbe potuto fermarsi a Londra, con un futuro promettente. Ma Domenico voleva vincere nella propria terra, mettendo là a frutto il suo sapere, la sua voglia d’innovare. Coniugando l’alta cucina internazionale con gli antichi sapori e il ricco patrimonio della cucina tradizionale abruzzese e della cultura contadina.

 

Dunque una storia ricca d’iniziative, quella di Domenico, rafforzata dall’incontro con Antonella, straordinaria compagna di vita e di impegnative imprese condivise. Scelte coraggiose, insieme, nelle decisioni degli investimenti. In Domenico un grande talento, anche imprenditoriale. Sorprendente, come nel caso della repentina “conquista” dell’immobile che sarebbe diventato l’Hotel Ovidius. I sogni che diventano realtà. Poi una dura realtà, l’arrivo d’una grave malattia. Il mondo che sembra crollarti addosso. La sfida più importante, per la vita. Affrontata e vinta, quando la battaglia era già stata data per persa. Quindi il ritorno sulla scena, più deciso che mai. Sono capitoli d’una storia così ben narrata che è giusto gustare dalle pagina che l’Autore ha così magnificamente confezionato per i lettori. De Panfilis ci fa vivere con intensità pensieri, sogni ed emozioni di Domenico. Ci accompagna nei luoghi con descrizioni dettagliate e richiami puntuali. Ci contorna la narrazione, scorrevole e sovente letteraria nella forma, con i personaggi che significativamente incrociano la vita di Domenico. Li conosciamo quasi da vicino, nella loro mentalità, indole e sapienza.

 

Ne vien fuori non una biografia, che per quanto curata conserverebbe tuttavia una sua “distanza”, ma un vero “romanzo di vita” che coinvolge emotivamente il lettore e lo immerge in un continuum di fatti, sensazioni, riflessioni e curiosità rivelate, come appunto nelle migliori narrazioni. Domenico Santacroce, da questa operazione biografica, non riceve solo il dono di veder raccontata la propria vita, con il pregio degli eventi salienti così nitidamente evidenziati. Ha in più il privilegio di poter mettere a disposizione del pubblico – fatto che gli sarebbe stato precluso, se non altro per ragioni di stile e opportunità, se fosse stato egli stesso a raccontarla – una testimonianza palpabile e compiuta di quanto determinazione e volontà di realizzarsi possano incontrare il successo, nel contempo esaltando il valore antico del patrimonio culturale della propria terra. Nella gastronomia questo concetto vale come in ogni altra “arte”, nell’accoglienza alberghiera altrettanto. In questi campi, forse più di altri, se declinati sinergicamente alla cultura e alle tradizioni dei luoghi, l’anima vera della nostra terra può mostrare il volto più bello e suggestivo.

 

In fondo a questa storia c’è anche un modo esemplare di come il talento, coniugato alle riscoperte radici culturali d’un luogo, possa dare esiti di notevole respiro. Domenico è uno Chef che il desiderio di conoscenza e di perfezionamento ha portato in giro per l’Europa a confrontarsi con i grandi Maestri dell’haute cuisine – Belloni detto “Zeffirino”, Gérard Boyer, Ferran Adrià, ma anche Stanziani detto “Pacitto”con la voglia di migliorarsi sempre, in una formazione continua. Con la semplicità del tratto e la sua bonomia, con tutti egli è riuscito ad aprire le porte della confidenza. Da tutti ha attinto saperi e segreti. Ma il vero salto di qualità si rinviene nella sua capacità d’inventare ricette nuove, con i sapori e gli odori più autentici della sua terra. Come sta pure nella propensione ad accogliere ogni ospite e ogni cliente, nelle sue strutture ricettive, con lo spirito di far sentire ognuno a casa propria, quasi in famiglia. Con un livello di professionalità e di servizio, però, elevati all’eccellenza. Una qualità professionale ed un’attitudine che gli hanno consentito l’onore di preparare il pranzo a papa Benedetto XVI, nella storica visita pastorale a Sulmona, il 4 luglio 2010.

 

Dalla sua esperienza di Chef e di accorto imprenditore, così come dalla sua stessa storia d’emigrazione, si ricava il senso del valore d’una vita vissuta con coraggio, con fiducia nelle proprie risorse e con fede. E con una visione di futuro che sa traguardare oltre l’orizzonte, utile non solo per sé e per la propria famiglia, ma per l’intera comunità peligna ed abruzzese. Domenico Santacroce dispone di quel coraggio, di quella fierezza, di quell’orgoglio positivo degli antichi Peligni che, un secolo prima della nascita di Cristo, nella Lega Italica osarono sfidare e combattere contro i Romani, diventando poi di Roma alleati e cives per il loro valore. A Domenico va dunque la gratitudine d’aver indicato una strada nuova in un settore importante dell’economia abruzzese: un Turismo di qualità che sappia mettere “in concerto” enogastronomia, arte, cultura, tradizioni, singolarità, sapori e meraviglie d’un Abruzzo ancora da scoprire nei suoi tesori più nascosti. La storia d’una parte importante della sua vita, come ben è raccontata in questo libro, attraverso queste pagine potrà essere più latamente conosciuta. Con l’augurio che nuove avventure, simili a questa, sappia intraprendere la tenace gente d’Abruzzo per costruire il suo futuro.»

 

 

Antonio De Panfilis “Vita, opere e buona sorte di Domenico Santacroce” (Edizioni Tabula Fati, Chieti 2018, pp.168, € 15)

 

 

 


 




L’emigrazione nei libri di scuola per l’Italia e per gli italiani all’estero Un volume della Fondazione Migrantes

 

ROMA – “L’emigrazione nei libri di scuola per l’Italia e per gli italiani all’estero” è il titolo di un nuovo volume pubblicato dalla Fondazione Migrantes nella collana “Rapporto Italiani nel Mondo”. Il testo di Lorenzo Luatti nasce da un accurato lavoro di studio e ricerca in biblioteche e archivi italiani ed esteri e ha il merito di accendere l’attenzione e di sistematizzare un ambito storiografico rimasto sino ad oggi inesplorato, ma estremamente significativo non solo per la memoria storica nazionale di cui costituisce un tassello importante, bensì anche per sollecitare una riflessione sul presente. Come recita il titolo, l’emigrazione raccontata nei testi scolastici rappresenta il tema di tale poderosa ricerca che si traduce in un manuale che rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per gli studiosi e le studiose che, auspicabilmente, troveranno in esso l’incentivo per continuare ad indagare una parte della storia nazionale da una prospettiva così inedita e innovativa, alla cui ricostruzione Luatti ha contribuito in maniera sostanziale.

Il volume presenta almeno due risvolti significativi. Il primo ha carattere storiografico, poiché offre una visione di un secolo di storia italiana, dagli anni Settanta dell’Ottocento, a partire dai libri di scuola dedicati sia ai bambini d’Italia che ai figli degli italiani all’estero: una prospettiva rivelatrice dei climi culturali, politici e ideologici che si sono susseguiti all’indomani dell’Unità nazionale. Per la prima volta la storia dell’emigrazione italiana viene raccontata attraverso i libri scolastici circolati nelle scuole durante un secolo (dagli ultimi decenni dell’Ottocento agli anni Sessanta). E per la prima volta è offerta una ricostruzione completa e dettagliata delle vicende editoriali e della produzione libraria per le scuole italiane all’estero, dai testi pioneristici di fine Ottocento promossi dalla “Dante Alighieri” ai testi unici fascisti imposti tra il 1929 e il 1943.

La seconda caratteristica degna di menzione del volume riguarda invece i suoi risvolti attuali, data la scelta di leggere la manualistica scolastica attraverso la lente dell’emigrazione. Si tratta infatti di una questione ancora oggi spinosa, poco raccontata o mitizzata, che dovrebbe invece entrare nel dibattito pubblico senza alcuna strumentalizzazione, al fine di diffondere un pensiero consapevole attorno a un’esperienza di massa che molto potrebbe insegnare alla nostra contemporaneità. L’analisi dei libri scolastici illustra le radici di tale visione ancora oggi problematica. Da segnalare infine il sostanzioso apparato iconografico (oltre 300 illustrazioni a colori e in b/n) che arricchiscono il volume di Luatti di una dimensione che è sempre stata consustanziale ai testi scolastici: l’immaginario degli alunni si costruisce infatti anche a partire dalle illustrazioni che, numerosissime, accompagnano e avallano la riflessione dell’autore. L’analisi delle scritture scolastiche contenute in un quaderno appartenuto ad un alunno italiano vissuto con la famiglia emigrata nella Savoia francese, conferma infine il senso e l’importanza di questa ricerca, che fa riflettere su quanto le istituzioni educative e i libri, che ne sono gli strumenti, abbiano inciso, e possano ancora farlo, sull’immaginario e sul pensiero collettivi. Lorenzo Luatti è ricercatore dei processi migratori e delle relazioni interculturali presso Oxfam Italia.

Lorenzo Luatti, L’emigrazione nei libri di scuola per l’Italia e per gli italiani all’estero. Ideologie, pedagogie, rappresentazioni, cronache editoriali 

Fondazione Migrantes, Tau editrice, Todi (PG), 2017, 415 pp., 15 euro.




USA. Benny Manocchia: parlano di armi atomiche strategiche come si trattasse di uova di Pasqua ……….

………….nascoste nel giardino, che i bambini devono scovare. Spiegheremo piu’ avanti il perche’ di questo paragone.

Archivio Benny Manocchia giornalista e Sammy Davis Jr. (Harlem, 8 dicembre 1925 – Beverly Hills, 16 maggio 1990) è stato un ballerino, cantante, vibrafonista, batterista, attore e comico statunitense.

Le armi tattiche sono l’infernale richiesta delle grosse industrie interessate allo sviluppo atomico;
ma i governi,come sempre,sono in prima fila. La Russia di Putin afferma che ne ha pronte dio
solo sa quante. L’America di Trump assicura che ne ha a bizzeffe nei rifugi sotterranei. Ma per farne cosa? La spiegazione (piu’ o meno cretina) e’ questa: le bombette atomiche saranno piazzate (o forse nascoste,appunto come le uova di Pasqua)un po’ dappertutto: nei boschi, nei
canaloni tra due valli, nelle spiagge,perfino in mezzo alla strada. Cosi’,in caso di guerra,attenti
a come e  dove vi muovete,se non volete saltare in aria con l’atomica trasportabile.Naturalmente si riferiscono a Russia e Stati Uniti,perche’ gli altri Paesi non possono permettersi l’enorme spesa per preparare le uova…atomiche. Giunge alla mente un episodio di un uomo che attacca   con un coltello in mano,  un  altro uomo apparentemente disarmato.E invece no L’uomo disarmato ha una
pistola sotto la giacca,la  tira fuori,  spara un colpo e  buonanotte all’uomo con il coltello in mano. Portiamo
il concetto di questo episodio nella realta’ subdola della vita. Alla bombetta seminascosta l’avversario usera’ prontamente l’atomica “vera”,quella che squaglia una citta’ in pochi minuti.
Sara’ ancora,e sempre, l’impietosa capacita’ di distruggere il mondo con vere atomiche
a bloccare le grandi guerre. Ma fino a quando?



USA. Benny Manocchia: come succede in qualsiasi parte del mondo, chi perde dice sempre peste e corna di chi vince.

L’ultima fatica editoriale di Benny Manocchia, Cronache Americane

Piu’ che seri efficaci attacchi, sono piccoli conati di odio,  amare riflessioni su quanto poteva essere e invece non e’ stato. Naturalmente la colpa e’ sempre di qjuel fortunato vincitore,che ne ha combinate dii cotte e di crude per riuscire a vincere. Mai che il perdente ammetta di avere sbagliato,di avere imboccato una strada storta. E’ un  po’ come tornare bambini e  si
racconta al padre o alla madre il  motivo del guaio  combinato,
  Subito  il ragazzo mette le mani avanti e spiega che e’ stato l’altro a creare il guaio, a imbrogliare,mentire. Resta ,comunque,per tornare nella politica,resta il fatto che c’e’ un vincitore e chi ha perso la lotta deve aspettare il prossimo turno per cercare di vincre, a sua volta.
Comunque  e’ proprio in politica dove attaccare il nemico puo’ dare risultati. In Italia la terza
Repubblica ricorda tanto la prima. Non credo che occorra rimettere sul piatto i dettagli.
Dicevo all’inizio: in ogni parte del mondo il perdente attacca  il vincitore. Negli Stati Uniti c’e’
l’esempio classico: La signora Clinton ha perduto le elezioni presidenziali. Ebbene due ore dopo l’annuncio
Hillary  ha iniziato a piangere a destra e  a sinistra; ,prima contro Trump,aiutato dai russi a vincere
(nessuno ha mai spiegato come),poi contro Obama,che non avrebbe fatto quello che lei aveva chieto,poi perfino le donne americane,che in parte l’hanno tradita Ha scritto un  libro che e’ tutta una
accusa contro tutti; oggi,gira il mondo (perfino in India) per dire che: credetemi,,ho vinto IO. Quando si
sveglierà’ , Hillary capirà’ che qualcun’altro ha vinto le elezioni….



“ABRUZZESI CONFERENZA A BOLZANO SUL MASTINO ABRUZZESE“ L’orgoglio di una terra ed il coraggio vestito di bianco

La Libera Associazione Abruzzesi del Trentino Alto Adige, presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, congiuntamente all’Accademia Culturale San Venceslao, ha organizzato a Bolzano presso il salone d’onore del Circolo Militare di Presidio dell’Esercito una conferenza sul tema: “Il mastino abruzzese” relatore il medico veterinario Vincenzo Mulè che davanti a un pubblico numeroso ha illustrato le caratteristiche di questo cane che è sicuramente l’orgoglio della popolazione abruzzese, fornendo tutti gli elementi scientifici inerente al cane bianco abruzzese per la custodia delle greggi. Al temine della conferenza il presidente Sciullo della Rocca affiancato dall’Assessore alla Cultura Sandro Repetto, ha ringraziato il veterinario Mulè, ed i soci Franco Leasi, Rita Sabatini, Gabriele Antinarella e Emanuele D’Aurelio per avere curato ogni aspetto organizzativo di questa conferenza, rappresentando che il cane abruzzese è protetto dalla Legge Regionale n° 65/3 del 28.06.2016, riconosciuto dalla Repubblica Italiana (Gazzetta Ufficiale in data 04.02.2017) come patrimonio culturale e zootecnico della Regione Abruzzo, unico e inconfondibile capolavoro della collettiva e millenaria opera di selezione morfofunzionale e genetica operata dalle genti della montagna abruzzese.

Foto Arte Asmodeo Rennes 




USA. Benny Manocchia: chi e’ in verità’ Donald Trump?

Mi hanno chiesto in molti: chi e’ veramente Donald Trump? Diciamo subito che non e’ un uomo

Benny Manocchia da New York
(C) Archivio www.giulianovanews.it

 politico.  Il presidente degli Stati Uniti non e’ un  uomo politico? Gia’, essere politici vuol dire,a
Washington, essere  avvocati. Vuol dire conoscere i giochetti,i trucchetti che occorrono per ottenere risultati. Vuol dire essere capaci di fare promesse ma nello stesso tempo essere capaci di dimenticarle. Vuol dire conoscere il modo migliore per avvicinarsi alla gente,a chi vota.
Donald Trump proviene da un’altra scuola,quella del business,dei grossi affari presi in mano dopo  la
morte di suo padre. Lentamente Trump e’ riuscito a mettere assieme un grosso capitale.
Lentamente ha imparato l’arte del deal,insomma di come fare affari. Ma Donald e’ anche un uomo che ama la nazione dove e’ nato,per cui oggi,da presidente,si interessa di cose che vanno al di
la’ della  politica,quella che serve per soddisfare tutti, o nessuno. La stampa americana lo attacca ogni minuto del giorno e Trump risponde con i tritters che urtano dannatamente i suoi
avversari. Ma nonostante la stampa USA (praticamente il 90%) gli da’ addosso,Donald Trump
procede nella sua marcia di riorganizzare le forze armate statunitensi,di abbassare le tasse che fino
a poco tempo fa assillavano gli americani. Se Obama (come ammettono un po’ tutti) ha fatto tutto il
possibile per indebolire questa nazione, oggi Trump sta riportando l’America ai giorni gloriosi di
Ronald Reagan. Avendo seguito personalmente i presidenti USA da Eisenhower a oggi, credo
di non esagerare se dico che Trump appare come uno dei migliori,ossia del gruppo che amano l’America. Tuttavia,the Donald e’ soltanto all’inizio.Vedremo che cosa si potra’ dire di lui alla fine del suo mandato.