COLIBRÌ DI GIULIANOVA TERMINERÀ I LAVORI DI UN OSPEDALE IN SENEGAL

DUE AMBULANZE E UN’AUTO MEDICA DELLA ASL DI AVEZZANO-SULMONA IN AFRICA ASSIEME A UN ECOGRAFO

Colibrì Giulianova

Sempre più stretto il patto di amicizia e collaborazione tra l’Associazione di promozione sociale “Colibrì”di Giulianova e il villaggio di Sindia in Senegal che, entro breve, riceverà tutto il materiale utile all’allestimento di un presidio medico inesistente fino ad oggi in una località che conta 30mila abitanti circa, dove operano 1 medico e 2 infermiere, non esiste un numero di emergenza a cui rivolgersi in caso di emergenza medica e l’ostetrica come prima attività vende frutta al mercato.

Nella foto Ambra Di Pietro dell’Associazione Colibrì di Giulianova

Previsto per il mese di maggio prossimo l’invio di un container contenente un’ambulanza, un ecografo e la pavimentazione che servirà a terminare i lavori già iniziati tempo indietro con la realizzazione e l’allestimento di una sala parto, con lettini appositi e incubatrice, di una nursery e dell’approvvigionamento di tutto il materiale utile per offrire funzionalità e dignità a tutto il piccolo ospedale, comprese sedie, tavoli, scrivanie, mobili vari e anche i kit monouso per le visite ginecologiche.

Un container pieno zeppo di aiuti umanitari grazie anche all’impegno della Asl di Avezzano-Sulmona che, nella persona del Dirigente generale Rinaldo Tordera e di Marco Lotito, ha voluto stringere la mano del presidente del “Colibrì” Ambra Di Pietro e del collaboratore Egidio Casati, per ufficializzare la donazione di due ambulanze e di un’auto medica che verranno presto inviate in Africa, assieme all’ecografo che è invece stato donato da un medico privato di Sulmona.

“Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”, sono le parole di una citazione di Madre Teresa di Calcutta che ispira il lavoro dell’Associazione di promozione sociale Colibrì di Giulianova che, il 24 marzo prossimo durante la cena di beneficenza prevista, ringrazierà tutti i soci, gli amici e i benefattori.

La quarta edizione della cena di beneficenza per la raccolta fondi utili alla spedizione del container con aiuti umanitari è ormai già esaurita, ma l’Associazione Colibrì continuerà a impegnarsi in favore del villaggio di Sindia e di tutto il Senegal, in particolar modo con un progetto che è al vaglio del Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Conferenza episcopale italiana che, per la sua statura sociale, potrebbe dare un significato ancora maggiore al motto sposato dall’associazione giuliese “Io faccio la mia parte”.




“Nell’anno europeo della cultura la città di Mdina Notabile capitale storica di Malta ha concesso a Sciullo della Rocca Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo la Cittadinanza Onoraria“

La Città di Mdina Notabile della Repubblica di Malta, ha concesso la “Cittadinanza Onoraria” a Sergio Paolo Sciullo della Rocca, ambasciatore d’Abruzzo nel mondo, scrittore, giornalista e presidente di  accademie e associazioni culturali, a riconoscimento delle sue attività nel settore della ricerca storica svolte da numerosi anni nella città di Mdina. La distinzione onorifica è stata consegnata dal Sindaco Peter Sant Manduca, tra l’altro rappresentante del Commonwealth a Malta nella sala consiliare del Palazzo Municipale, alla presenza dell’amministrazione comunale e dei collaboratori per le attività culturali Pauline Caruana, Josph Patrick De Bono e Dennis Francalanza nell’anno europeo della cultura.

Foto Arte Asmodeo Rennes




IL FASCISMO E I CORRISPONDENTI AMERICANI IN ITALIA, IL SAGGIO DI MAURO CANALI

La presentazione del libro al Centro Studi Americani di Roma. Una lettura del ventennio mussoliniano da un punto di vista inedito, i casi Hemingway e Scott Fitzgerald.

Roma, febbraio 2018 – La scoperta dell’Italia, il fascismo raccontato dai corrispondenti americani (Marsilio Edizioni) è l’ultima opera del professor Mauro Canali, per la quale lo storico romano è stato insignito pochi giorni fa del Premio FiuggiStoria 2017 per la saggistica. Il libro è stato presentato a Roma nel corso di un incontro pubblico che ha avuto luogo presso il Centro Studi Americani e a cui hanno partecipato, oltre all’autore, Paolo Messa (direttore del Centro), Piero Craveri (presidente della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce), Mario Avagliano (giornalista e storico) e il giornalista del Messaggero Fabio Isman.

Mauro Canali, professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Camerino e membro del Comitato scientifico di Rai-Storia, è uno degli studiosi più autorevoli del fascismo, a cui ha iniziato a dedicarsi in giovane età sotto la guida del suo maestro Renzo De Felice. Ha concentrato in particolare le sue ricerche sulla struttura totalitaria e sui meccanismi informativi e repressivi del regime mussoliniano. Questo bel saggio, che si legge come un romanzo molto avvincente, nasce – come lo stesso autore ha spiegato nel corso della presentazione – soprattutto dalla necessità di scoprire e chiarire sotto quale luce il regime fascista apparisse agli occhi di un paese estraneo all’Italia come gli Stati Uniti, e come venisse descritto ai suoi lettori. Un punto di vista quindi inedito per ripercorrere le vicende di quegli anni, in grado di offrirci al tempo stesso uno spaccato molto interessante della società del ventennio fascista.

Si tratta di un lavoro che ha richiesto una lunga e meticolosa ricerca attraverso le fonti più disparate, tra cui gli archivi privati di molti corrispondenti che spesso lasciavano ai posteri dei diari e appunti legati a quel periodo storico. Rispetto ad altri testi che hanno analizzato il tema del rapporto tra gli Stati Uniti e Mussolini – a cominciare da quello dello storico californiano John Diggins (L’America, Mussolini e il fascismo, Laterza 1972) – Canali ha voluto indagare più in profondità per scoprire fino a che punto certe prese di posizione nei confronti del fascismo fossero condizionate dalle pressioni (che spesso sfociavano in ricatti e minacce) e in veri e propri tentativi di corruzione che il regime esercitava nei confronti degli inviati esteri.

Il libro mostra come nel primo periodo il fascismo venisse visto generalmente di buon occhio da parte della stampa americana. Si trattava di un giudizio che, prima ancora dell’avvento al potere di Benito Mussolini, risentiva del bagaglio di esperienze legato alla fase turbolenta post-bellica in cui si trovavano gli Stati Uniti, e del fatto che questi inviati avessero nella maggior parte dei casi una conoscenza molto superficiale della storia e della politica italiana, frutto essenzialmente di pregiudizi e di stereotipi. Il Duce era ritenuto l’artefice di una rivoluzione “bella e giovane” e veniva dipinto come l’unico credibile baluardo nei confronti del pericolo bolscevico: negli Stati Uniti infatti si avvertiva un forte allarme per quelle manifestazioni di grande conflittualità sociale che ebbero luogo in Italia nel cosiddetto “biennio rosso”, poi culminate con l’occupazione delle fabbriche nel settembre del 1920.

Il fascismo rappresentava quindi per molti di questi corrispondenti americani una risposta efficace in quanto aveva saputo mettere a tacere i sindacati e le lotte di classe, garantendo una pax sociale fatta di ordine e disciplina. Una soluzione certo non esportabile negli Stati Uniti ma che a loro avviso si adattava bene all’Italia, che inquadravano come un paese un po’ anarcoide e tendenzialmente refrattario all’ordine costituito. Tra questi giornalisti Canali cita ad esempio Kenneth Roberts, inviato del “Saturday Evening Post” e autore del romanzo storico Passaggio a nord-ovest, che dopo aver denunciato il pericolo comunista, esaltò il fascismo come un movimento necessario per impedire che l’Italia precipitasse “in un turbine caotico di comunismo e di disastri finanziari”. Un altro corrispondente, Isaaac Marcosson, definì Mussolini addirittura “Il Theodore Roosevelt latino”, così come Lincoln Steffens del “New York American”, che arrivò a scrivere frasi apologetiche come questa: “Immaginate un Theodore Roosevelt consapevole, mentre governava, del posto che avrebbe occupato nella storia degli Stati Uniti, e avrete l’immagine di Benito Mussolini in Italia”. E poi ancora Walter Lippmann, vincitore di due premi Pulitzer e molto noto nella comunità degli italo-americani; e Anne O’Hare McCormick, autrice di molti reportage più che lusinghieri nei confronti del fascismo per il supplemento domenicale del “New York Times”, autentico megafono della propaganda del regime mussoliniano in America.

Ma tra questi corrispondenti vi era chi aveva maturato riguardo al Duce un’opinione del tutto opposta. Ci riferiamo in particolare a mostri sacri della letteratura del Novecento come Francis Scott Fitzgerald e Ernest Hemingway. In particolare Fitzgerald, che trascorse cinque mesi a Roma nel 1924 insieme alla moglie Zelda, capì subito che il fascismo si presentava con il volto del vecchio autoritarismo e in riferimento ad esso parlava senza mezzi termini di “spasmi di un cadavere”, invitando i suoi lettori a non lasciarsi ingannare dal suo dinamismo apparente. In seguito sarà costretto ad andarsene e a non mettere più piede in Italia perché fermato dalla polizia, malmenato e portato in prigione per qualche ora: racconterà questa sua brutta esperienza in uno dei suoi più celebri capolavori, Tenera è la notte.

Il caso di Hemingway è diverso: inizialmente sembrava attratto da Mussolini, che apprezzava soprattutto per le sue qualità di patriota combattente, ritenendo legittima la reazione del fascismo contro la minaccia di una trionfante rivoluzione bolscevica. Lo incontrò per la prima volta a Milano e lo descrisse sul “Toronto Daily Star” come “un uomo grande, dalla faccia scura con una fronte alta, una bocca lenta nel sorriso, e mani grandi ed espressive”. Poi solo sei mesi dopo il giudizio di Hemingway cambiò radicalmente. Nel gennaio del 1923, in un articolo pubblicato dopo aver incontrato Mussolini a Losanna in occasione del meeting internazionale che avrebbe dovuto regolare i rapporti tra la nuova Turchia di Atatürk e le potenze uscite vittoriose dalla guerra, si lascerà andare a una critica molto feroce nei confronti del duce: arriverà a definirlo “il più grande bluff d’Europa”, come uno che ha del “genio nel rivestire piccole idee con paroloni”; aggiungerà inoltre di non sapere se e quanto questo bluff potrà durare: se quindici anni o se verrà rovesciato al più presto. E racconterà un episodio a dir poco grottesco: appena entrato nel salone dove si svolgeva la conferenza stampa vide Mussolini seduto alla scrivania mostrandosi molto concentrato come per darsi delle arie da grande intellettuale “intento a leggere un libro con il famoso cipiglio sul volto”. Hemingway si avvicinò e sbirciando alle sue spalle scoprì “che si trattava di un dizionario francese-inglese, tenuto al rovescio”. Dopo aver letto quell’articolo Mussolini gli giurò che non lo avrebbe più fatto tornare in Italia. Canali svela anche che anni dopo, nel pieno della guerra di Spagna, dopo che sulla stampa americana erano apparse alcune sue corrispondenze da Tarragona fortemente critiche nei confronti degli italiani impegnati a combattere a fianco delle truppe franchiste, dei personaggi che gravitavano intorno al consolato italiano di New York avevano studiato un piano di aggressione fisica ai suoi danni.

Quest’ultimo episodio è rivelatore dell’opera sistematica di controllo che il regime esercitava nei confronti della stampa, sia attraverso tentativi di corruzione sia, come nel caso di Hemingway, per mezzo di veri e propri atti di intimidazione. E questo spiega il motivo per cui solo pochi coraggiosi inviati americani si fossero esposti fino denunciare il carattere repressivo e autoritario del regime e la presenza sempre più asfissiante del famigerato apparato poliziesco dell’Ovra nella vita quotidiana. Un apparato che già a metà degli anni Trenta sarà particolarmente raffinato e in grado di controllare la vita dei cittadini (e quindi anche degli inviati esteri) in maniera spietata e relativamente facile. I lettori americani furono così per tanti anni di fatto ingannati dai loro corrispondenti: nei direttori e negli editori delle principali testate prevalse la prudenza nel raccontare le vicende del regime, anche per evitare i costi delle inevitabili espulsioni dei loro corrispondenti. Persino dopo il delitto Matteotti i grandi giornali americani si mostrarono sostanzialmente allineati e non fecero altro che riportare le veline dell’ufficio stampa di Mussolini, quindi la versione secondo cui il deputato socialista sarebbe stato ucciso da alcune frange estremiste di fascisti fuori controllo. Il solo inviato che ebbe il coraggio di indagare sul caso fu il corrispondente del “Chicago Tribune” George Seldes, che infatti fu per questo motivo cacciato brutalmente dall’Italia.

L’idillio con il fascismo comincerà a tramontare con la guerra di Etiopia (tra il 1935 e il 1936) e in seguito con la guerra civile spagnola (1936-1939), la promulgazione delle leggi antisemite nel 1938 e il progressivo avvicinamento alla Germania nazista. Fu a quel punto che il presidente americano Frank Delano Roosevelt, che pure in passato aveva manifestato apprezzamento verso le riforme sociali fasciste legate allo stato corporativo, capì di avere a che fare con un personaggio del tutto inaffidabile e con cui non si poteva avere nulla a che spartire.

La stampa americana si pose quindi sulla stessa lunghezza d’onda del capo della Casa Bianca, assumendo finalmente una posizione non più indulgente nei confronti del fascismo, fino a denunciarne il carattere totalitario. Ci fu così un inasprimento del metodo repressivo e fioccarono inevitabilmente le espulsioni di molti corrispondenti in Italia. Tra le prime testate ad adeguarsi vi fu il “New York Times” con la sostituzione del fascistissimo Arnaldo Cortesi con Herbert Matthews, reduce dalla guerra civile spagnola e convertito all’antifascismo. Tuttavia non sarà facile giustificare questo repentino cambio di rotta. Gli articoli di Matthews erano sottoposti come quelli di tutti gli altri corrispondenti alla censura preventiva ma l’inviato del giornale newyorkese non rinuncerà a pubblicarli lasciando gli spazi bianchi che coincidevano con i tagli che venivano operati dagli uomini del regime.

Sebastiano Catte




Un piano CONCRETO  per RAI Italia

 

Il miglioramento dei servizi di RAI Italia è un obiettivo di tutti i candidati dei collegi elettorali esteri, ma un piano concreto ed efficace viene proposto solo da Dom Serafini, in qualità di esperto di televisione.

Serafini è candidato alla Camera con la lista Civica Popolare.

“Il problema principale di RAI Italia – spiega Serafini – è la mancanza di fondi, che sono passati da 37 milioni di euro a sette”.

Se a livello governativo non si riuscisse a ripristinare i fondi perduti, Serafini proporrà un piano per coinvolgere le grandi industrie esportatrici nell’acquisto della pubblicità.

“L’aumento delle risorse – ha aggiunto il candidato della lista Civica Popolare  – permetterebbe anche di realizzare una programmazione “ad hoc” per chi risiede all’estero”.

Televisione e Dom

Il secondo problema da risolvere, secondo Serafini, “è il “feed”, cioè l’invio del segnale, che ora è unico per tutte le Americhe, con il risultato che in Nord America, i notiziari, ad esempio, vengono trasmessi in orari non adeguati”. La soluzione, propone Serafini “è di fare due “feed” separati, uno per il Nord America, l’altro per il Sud America, permetterebbe di adattare gli orari dei programmi ai diversi stili di vita”.

Un ulteriore problema, spiega Serafini, “è la qualitá del segnale TV, che ora è di bassa risoluzione e deve essere trasformato in alta risoluzione al più presto possibile”.

Infine, conclude Serafini, “RAI Italia dovrebbe permettere, tramite le affiliate locali, di potersi abbonare via streaming (Internet)”.

Oltre ad utilizzare la sua trentennale competenza nel settore per raggiungere questi obiettivi, Serafini si propone infine di invitare il nuovo direttore di RAI Italia, Marco Giudici, ad un tour del Nord e Centro America affinché possa incontrare gli abbonati a RAI Italia per un produttivo e diretto scambio di idee.

Generoso D’Agnese




JACOPO SIPARI SUL PODIO DI AIDA ALL’ OPERA DI BELGRADO CON LE STELLE DEI BALCANI

Belgrado. Il 10 Febbraio 2018 alle ore 20.00 il direttore d’orchestra abruzzese Jacopo Sipari di Pescasseroli, fresco direttore musicale del Teatro dell’Opera di Macedonia e direttore artistico del Festival Internazionale di Mezza Estate – Città di Tagliacozzo salirà ancora sul podio del Teatro dell’Opera di Belgrado, che si appresta a festeggiare i 150 anni di storia, per dirigere il capolavoro indiscusso del Maestro di Busseto Giuseppe Verdi, Aida.

VERDI AIDA

Sipari che ha iniziato la sua collaborazione con il Teatro di Belgrado prima come direttore del Ballettoper le grandi produzioni di Schiaccianoci e la Bella Addormentata di Tchaikovsky per passare quindi a direttore ospite dell’Opera, dirigerà un cast di assoluto prestigio internazionale: nel ruolo di Aida la star serba Sanja Kerkez, che già aveva cantato sotto la bacchetta di Sipari in Nabucco nel ruolo di Abigaille a Dicembre, in quello di Radames Janko Sinadinović, tra i più famosi tenori dei Balcani (già straordinario Otello e Cavaradossi)., in quello di Ramfis il basso Ivan Tomasev. La regia è di Ognian Draganoff, direttore del Teatro dell’Opera di Stara Zagora.

“Aida – dice Sipari – resta indubbiamente uno dei capolavori indiscussi della tradizione musicale operistica mondiale. Sono estremamente contento di poter dirigere un’opera del genere in un Teatro prestigioso che a me è molto caro con un cast di assoluto livello come questo”.

Sipari sempre alla guida dell’Orchestra Nazionale dell’Opera di Belgrado dirigerà due giorni dopo nella prestigiosa Kolarac Hall di Belgrado, dove ha già inciso la Settima di Beethoven con la RTS Symphony Orchestra, il grande concerto “Opera Gala – Omaggio alla musica di Giacomo Puccini” dedicato alla carriera del grande stilista e amico Renato Balestra autore dei leggendari costumi di Cenerentola di Rossini al Teatro dell’ Opera di Belgrado. In quell’ occasione insieme alla grande soprano italiana Silvana Froli grande interprete della musica di Giacomo Puccini, sempre al fianco di Sipari nelle grandi produzioni internazionali, anche il giovane tenore abruzzese Aleandro Mariani, che Sipari intende fare così debuttare a Belgrado in una cornice di particolare rilievo internazionale.

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“ABRUZZESI DEL TRENTINO A MALTA” nell’anno europeo della cultura

Nel quadro delle attività culturali la Libera Associazione Abruzzesi Trentino Alto Adige, presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, ha organizzato un viaggio culturale a Malta per ricordare tre grandi religiosi abruzzesi l’Arcivescovo Davide Coccopalmeri di Pescocostanzo, il Vicario Vescovile Benedetto Eliseo Coccopalmeri di Pescocostanzo, il Cardinale Federico Tedeschini di Antrodoco che qui operarono concretamente a favore della popolazione locale, tra l’altro tutti cavalieri di Malta. L’incontro commemorativo si è tenuto nella Cattedrale di San Paolo di Mdina Notabile consacrata 8 ottobre 1703 dall’Arcivescovo abruzzese Coccopalmeri nella Cappella interna omonima dove Mons. Antony Cassar ha officiato una Santa Messa di suffragio con una speciale omelia per questi grandi uomini della terra d’Abruzzo. A termine della funzione religiosa è seguita quella prettamente storico culturale presso il Palazzo Municipale di Mdina dove la delegazione è stata ricevuta dal Sindaco Peter Sant Manduca, Joseph Patrick de Bono, Nicola Tombion e Dennis Francalanza che nel corso dei vari interventi hanno elogiato l’attività culturale svolta da molti anni dagli abruzzesi del trentino a Malta. L’incontro ha visto in questa circostanza la partecipazione del presidente dell’Associazione Culturale Lin Deljia Pasquale Chiuppi e quella del presidente del Comitato Cittadino 18 maggio Armando Nicoletti di Antrodoco intervenuti per sostenere anche in questa sede che venga riconosciuta la santità del Cardinale Tedeschini loro concittadino per le singolari attività caritatevoli ed evangeliche svolte nella sua vita. Il presidente Sciullo della Rocca nella sua replica di saluto alle autorità cittadine, ha detto “siamo particolarmente lieti di ricordare i nostri corregionali qui a Malta nell’anno europeo della cultura, per meglio proteggere, valorizzare e salvaguardare il nostro patrimonio culturale” ricordando anche gli antichi legami nell’ambito del costume e della storia con Zeitun e la reciproca collaborazione nel settore dell’emigrazione dove ha voluto ricordare l’impegno di un grande collaboratore degli abruzzesi Lawrence Camilleri di Xaghra recentemente scomparso che per oltre cinquanta anni si è sempre impegnato in prima persona nella difesa delle tradizioni e degli emigranti di Gozo e di Malta.

 Foto di Foto Arte – Pasquale Chiuppi –

( La delegazione abruzzese con Mons. Antony canonico della Cattedrale di Mdina Notabile).

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Bellante. Commemorazione dei “MARTIRI delle FOIBE e dell’ESODO ISTRIANO, GIULIANO e DALMATA”

L’Ass.ne culturale NUOVE SINTESI, in collaborazione con l’ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) invita la cittadinanza – invito doverosamente esteso a tutta la Provincia teramana – a partecipare alla Cerimonia di Commemorazione dei “MARTIRI delle FOIBE e dell’ESODO ISTRIANO, GIULIANO e DALMATA”,che si terrà in PIAZZA MAZZINI a BELLANTE paese (TE) DOMENICA 11 FEBBRAIO 2018 alle ore 11.00.

FOIBE 2018

Per l’occasione interverrà con un breve ma intenso discorso di commemorazione lo storico e saggista teramano Elso Simone Serpentini.
Alla Cerimonia di commemorazione saranno presenti anche:
– il vice Sindaco di Bellante Teresa Di Berardino
– il Resp. provinciale dell’ ANVGD (Associazione Nazionale VeneziaGiulia e Dalmazia).

“Nel 2018 c’è ancora chi crede che le foibe siano state una forzatura di qualche storico sprovveduto e non genocidio e una pulizia etnica ai danni degli italiani.

Siamo negli anni della Seconda guerra mondiale, sul confine orientale. E gli slavi, guidati dal comunista Tito, strappano centinaia e centinaia di italiani dalle loro case e li portano via. Li trascinano fino ai bordi di quei crepacci naturali che sono, appunto, le foibe: imbuti che sprofondano nelle voragini della terra fino a 200 metri. I partigiani titini mettono gli abitanti di quei luoghi in riga, con un filo di ferro legato al polso, fino a formare una catena umana. Il primo della fila viene fucilato e con il suo peso trascina nella foiba tutti gli altri. Vivi.”

16.000 ITALIANI UCCISI NELLE FOIBE E NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO DEI PARTIGIANI COMUNISTI SLAVI AGLI ORDINI DI TITO. FURONO MASSACRATI UOMINI, DONNE, VECCHI E BAMBINI LA CUI SOLA COLPA ESSER ITALIANI.

MOLTE VOLTE I PARTIGIANI SLAVI VIOLENTAVANO LE DONNE E LE BAMBINE DAVANTI AI MARITI O AD I GENITORI.

350.000 ITALIANI ESILIATI E SCACCIATI DALLE LORO TERRE, INDEGNAMENTE TRATTATI DAI GOVERNI DEL DOPOGUERRA, COME ITALIANI DI SERIE B.

UNA STORIA OCCULTATA PER DECENNI, UNA STORIA DOLOROSA, UNA STORIA TUTTA ITALIANA, UNA STORIA DI VILE SILENZIO.

LA LEGGE 92 DEL 30 MARZO 2004 HA ISTITUITO LA GIORNATA DEL RICORDO IL 10 FEBBRAIO.

Uniche bandiere consentite alla Cerimonia di Commemorazione il TRICOLORE italiano e le bandiere di ISTRIA, FIUME e DALMAZIA.




Ardea. Foibe: memoria, ragioni e verità una scultura-monumento di Guadagnuolo per onorare tutte le vittime  

 

“Foibe: memoria, ragioni e verità” è il titolo della scultura-monumento di Francesco Guadagnuolo che verrà presentata ad Ardea nella Sala Consiliare il 17 febbraio 2018 per ricordare quel che avvenne nell’immediato Secondo Dopoguerra tra il 1943 e il 1945 a Trieste, in Istria e in’Venezia Giulia’.

1 Guadagnuolo – Foibe memoria, ragioni e verità

Questa terribile pagina storica, l’orrore dello sterminio italiano, è rimasta a lungo una verità celata e viene resa ancora oggi incompleta dalla storia. Una tragedia appartenente al popolo italiano da non porre nel dimenticatoio, di cui ogni 10 febbraio in Italia si commemora il ricordo, per iniziativa, solo di recente, nel 2004 per legge del nostro Parlamento Nazionale.

2 Guadagnuolo – Foibe memoria, ragioni e verità

La chiameremo come per gli Ebrei il Giorno del Ricordo, con l’espatrio imposto di circa 350 mila italiani obbligati ad andarsene via dalle loro terre e, se questo non bastasse, congiunto al terribile massacro delle Foibe: crepacci rocciosi dove lasciarono la vita migliaia di italiani. I baratri profondi non si sa quanto, sono intasati da rifiuti, macchine, armi belliche e da un ammasso inverosimile di salme.

 

Cadaveri calcati e a più livelli che l’artista ha interpretato con tre crani sovrapposti con la mandibola aperta come se volessero ancora urlare vendetta. Ecco che Guadagnuolo presenta tre teschi umani riemersi dalle tenebrosità di queste inquietanti cavità rocciose. Dunque persone umane, teschi defunti abbandonati e dimenticati. Ogni cranio scandito da tre colori come per simboleggiare Trieste, Istria e ‘Venezia Giulia’, uno al di sopra dell’altro, schiacciati dal peso dell’inumana follia disposta dal generale comunista jugoslavo Tito. Inoltre i tre teschi-cimeli indicano la memoria come dire che non va dimenticata, le ragioni, il perché di tanto orrore? Ed infine la verità che va ancora ricercata dal punto di vista politico-storico con conseguenti responsabilità.

L’opera scultorea di Guadagnuolo viene presentata allo scopo che non si replichi mai più una sciagura del genere. Infatti, la manifestazione di Ardea fissa il resoconto di ciò che è avvenuto dopo la carneficina, per combattere ogni barbarie e far sorgere i principi ideali di pace e libertà. Un notevole ricordo emotivo, il resoconto degli avvenuti, che vuole spingere il visitatore attraverso la scultura-monumento di Guadagnuolo stimolandolo contro tutte quelle folli menti malate che hanno portato a vivere il dramma delle Foibe.

Con questa scultura-monumento Guadagnuolo desidera restituire configurazione-vitale, espressività-emotiva al richiamo drammatico di tutti gli olocausti. Questa mostra non vuole essere solo un’accusa di natura politica, ma quello di scacciare la zona buia dell’accatastamento dei corpi, martiri innocenti, del grave lutto segnato, disseminato e poi anche trascurato, e far diventare le cavità carsiche e le voragini dell’Istria veri sepolcri sacri.

I tre pensieri determinanti attorno a cui gravita il “monumento ai martiri delle Foibe” di Guadagnuolo, sono immagine, morte, memoriale. Restituire la vita a ciò che la brutalità del dramma ha reso amorfa e riscattare la memoria dell’infame tragedia. Questo diventa dovere morale di ogni italiano e della sua coscienza civile, ricercare la realtà dei fatti avvenuti.

Una mostra, dunque, significativa che tiene vivo il ricordo anche nelle coscienze di chi non l’ha vissuto in prima persona. L’opera di Guadagnuolo particolarmente commovente ed evocativa ricerca un connubio con la storia. Arte e storia s’incontrano per onorare la Giornata del Ricordo, il 10 Febbraio, mantenendo vivo il dramma subito ingiustamente da noi italiani e di tutti gli olocausti delle Foibe, della diaspora degli istriani, fiumani e dalmati.

 

Ardea (Roma), Sala Consiliare Via Laurentina Km 32,500, sabato 17 febbraio 2018, Giorno della Memoria ore 17,30 (ingresso libero), interverranno: il Sindaco del Comune di Ardea Mario Savarese, l’Assessore alla Cultura Sonia Modica, l’artista Francesco Guadagnuolo e l’esperto d’arte Mario Lupini.




Giulianova. Dom Serafini promuove il Fondo per aiutare le associazioni italiane in Nord e Centro America

 

 

Il FAAI (Fondo Assistenza Associazioni Italiane in Nord e Centro America) é un progetto unico nel suo genere, promosso dal giuliese Dom Serafini, a sostegno delle associazioni di italiani nel collegio elettorale che include Canada, Usa, Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica, Repubblica Dominicana e Panama.

Geremia Mancini e Dom Serafini
FOTO ARCHIVIO Geremia Mancini e Dom Serafini

Serafini é candidato alla Camera con il voto degli italiani all’estero con la lista Civica Popolare. Se eletto al Parlamento Italiano alle politiche del 4 marzo 2018 con i voti dei cittadini italiani residenti in Nord e Centro America, é infatti intenzione di Serafini destinare il 20% del suo stipendio di parlamentare ad associazioni di italiani del suo collegio elettorale, ed incoraggerá anche gli altri eletti all’estero a fare lo stesso.

Il Fondo si occuperá di raccogliere donazioni e stimolare iniziative a sostegno delle associazioni di italiani all’estero, spesso trascurati fino ai periodi di campagna elettorale.

Ulteriori informazioni si possono ottenere visitando il sito www.FAAI.club




Un ingegnere ambientale sardo alla guida del MedWet

A ricoprire il prestigioso incarico di Segretario Esecutivo di MedWet è stato chiamato un sardo, Alessio Satta, ingegnere ambientale, socio fondatore della Mediterranean Sea and Coast Foundation (MEDSEA), fondazione no-profit con sede in Cagliari, attiva nel campo della protezione dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile della Sardegna e del resto del Mediterraneo.

Partner di MedWet – The Mediterranean Wetlands Initiative – sono i 26 Paesi che hanno firmato nel 1971 la Convenzione di Ramsar sulle Zone Umide di importanza internazionale. Aderiscono al progetto anche anche la Palestina e diverse organizzazioni che si occupano delle zone umide. Obiettivo di MedWet è quello di fornire supporto all’effettiva conservazione delle funzioni e valori delle zone umide del Mediterraneo epromuovere l’uso sostenibile delle loro risorse e servizi attraverso collaborazioni su scala locale, regionale ed internazionale.

coordinare le attività dell’Osservatorio delle zone umide del Mediterraneo (MWO) e il comitato scientifica e tecnica di MedWet; di preparare la prossima COP Ramsar che si svolgerà a Dubai nel Novembre 2018.

GP – SG