L’Aquila. Editoria: prossima l’uscita del volume “L’Italia nel cuore”

21 marzo 2017

 

 

 

 

L’AQUILA – Oggi è il primo giorno di primavera. L’anno scorso, il 21 marzo, veniva presentato a L’Aquila il volume “Le radici e le ali” di Goffredo Palmerini. In questi giorni la casa editrice One Group sta approntando il prossimo libro di PalmeriniL’Italia nel cuore”, la cui uscita è prevista tra qualche settimana. Con il consenso della casa editrice s’invia la copertina del libro e, quale anticipazione, il testo della Presentazione di Luisa Prayer che apre il volume.cover - L'Italia nel cuore

Luisa_Prayer
Luisa_Prayer

 

 

Migrazioni ieri e oggi nelle pagine di Goffredo Palmerini

 

di Luisa Prayer *

 

 

Ero presente, all’Università di Teramo, insieme a un folto pubblico, il giorno in cui Elio Di Rupo è stato insignito della laurea honoris causa.  Ero presente alla sua bellissima lectio, che è rimasta nella mia memoria come altissimo ed emozionante momento di consapevolezza rispetto ai principi e ai valori che ci fanno dire: siamo europei. Ritrovo qui, nel libro di Goffredo Palmerini, che mi ricordo salutai con gioia nell’Aula magna quella mattina, tutta la lectio di Di Rupo: meraviglioso poterla rileggere e davvero confortante sapere che grazie a Goffredo essa verrà conosciuta da moltissimi che non erano lì con noi quella indimenticabile mattina.

 

Goffredo Palmerini è un testimone avido di positività: è un narratore di storie esemplari che hanno come protagonisti quegli italiani e quelle italiane che hanno vissuto la condizione di migranti e emigrati come una opportunità, e grazie al loro impegno e al loro talento hanno vinto una sfida difficile ma importante.  E’ innamorato delle storie che racconta, delle persone che incontra, perché è capace di una meravigliosa disposizione interiore, aperta, disinteressata, pronta a gioire dei successi dei protagonisti dei suoi reportage, e soprattutto a rappresentare con intelligenza e sincera adesione il senso profondo di quelle esistenze, viste nella prospettiva della migrazione.

 

Questo suo ormai decennale lavoro di raccolta di storie di italiani fuori d’Italia assume infine, nella dimensione quantitativa e cronologica che si è venuta configurando, un significato generale che non solo trascende il singolo caso, ma si rivela oggi come un percorso di grande attualità. Che porta la nostra riflessione oltre le storie che lui stesso racconta.

 

Cosa vuol dire ai nostri giorni la parola migrante, come essa risuona diversa e più problematica e – perché negarlo – dolorosa in noi, anche solo rispetto a dieci anni fa, ci si chiarisce interiormente scorrendo il sommario di questo diario di viaggio: non possiamo, leggendo i titoli, i nomi, gli argomenti, non percepire che il tema centrale, quello della migrazione, è “il tema” che oggi più scuote le nostre coscienze.

 

E con Goffredo comprendiamo perché noi italiani, nipoti e pronipoti di generazioni che hanno patito emarginazione e povertà, abbiamo proprio in queste radici l’origine di una sensibilità diversa rispetto a questo tema. Una sensibilità che ci ha reso Paese differente nel soccorso e nella accoglienza.

 

Come guardare noi italiani, che siamo stati migranti, alle folle dei derelitti che approdano fortunosamente nelle nostre isole? Qui Goffredo ci porge le parole di monito ma anche di speranza pronunciate da Elio Di Rupo quella mattina a Teramo, una speranza che si è illuminata nella sua vita perché, ci ha testimoniato, grazie al sistema sociale belga lui aveva potuto studiare, si era potuto affrancare da una condizione di emarginazione.

 

Detto nell’Aula magna di una università, questo messaggio si è amplificato, e ci è giunto come insegnamento: l’educazione può essere la chiave dell’integrazione.  Ed è quanto dimostrano tante altre storie che troviamo nel suo bel libro. E non è superfluo, appunto, ricordarlo. Grazie, Goffredo!

 

 

 

 

*

Luisa Prayer, musicista, si è formata come pianista al Conservatorio e all’Accademia di S. Cecilia, e al Mozarteum di Salisburgo. Allieva di insigni musicisti, si è perfezionata alla Accademia Chigiana e ai corsi della Fondazione Kempff di Positano. Concertista, si è esibita in festival e rassegne concertistiche in molti Paesi europei, in Giappone, Cina, Stati Uniti. Ha fondato nel 2000 il Festival internazionale di musica “Pietre che cantano”, e dal settembre 2015 è direttore artistico dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese.

 




Anthony Julian ( Antonio Giuliani) uno dei più famosi e potenti giudici americani era nato in Abruzzo

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

 

Pescara, 17 marzo 2017

Anthony Julian ( Antonio Giuliani) uno dei più famosi e potenti giudici americani era nato in Abruzzo . Precisamente ad Introdacqua il 25 marzo 1902.foto 1 foto 2

Anthony Julian in realtà Antonio, Quirino, Nunzio Giuliani nacque ad Introdacqua (AQ), in Via Garibaldi n.5,  il 25 marzo del 1902 da Francesco e Maddalena Ventresca.  Emigrò, con i suoi genitori, per gli Stati Uniti nel 1913. Sin da piccolo mostrò equilibrio, applicazione allo studio e grande capacità intuitiva. Studiò prima presso il “Boston College” e successivamente alla “Harvard Law School”. A Boston nel Massachusetts tenne, dal 1929 al 1953, uno studio privato. Importanti incarichi ha ricoperto nella cittadina di Watertown e nel “Boston College”. Ha servito il “Massachusetts State Legislature”. Durante la Seconda Guerra Mondiale servì, con il grado di Maggiore,  nel “ JAG CORPS”  (Judge Advocate Generale’s Corps)  che, composto da giudici ed avvocati, ha l’incarico di applicare il Codice di Giustizia Militare. Per sei anni Procuratore degli Stati Uniti per il distretto del Massachusetts. Il 9 settembre del 1959 fu nominato dal Presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower componente del prestigioso “United States District Court”.  Già nominato “Chief Judge” il  1 agosto del 1972 assunse l’onore di essere “Senior Status Judge”. Tra le tantissime battaglie condotte dal Giudice Anthony Julian si ricordano il caso “Goldfine” e quello ancor più noto della “Great Brink’s Robbery”. Il primo caso fu quello di  Bernard Goldfine , industriale di Boston,  divenuto noto per i regali fatti a  Sherman Adams, assistente del presidente Eisenhower.  Goldfine riconosciuto colpevole finì in galera. Il secondo caso fu quella della cosiddetta “Great Brink’s Robbery” la più grande rapina nella storia degli Stati Uniti. Quest’ultima venne portata a termine nel 1950 e per l’entità della somma rapinata e per la spettacolarizzazione dell’operazione verrà ripresa da più film. Gli autori riuscirono a rimanere per anni senza un nome. Poi il 12 gennaio 1956 a solo 5 dalla prescrizione l’FBI e il giudice Julian il clamoroso arresto dell’intera banda. Il giudice Julian, che non si sposò mai, morì il 18 gennaio del 1884.

Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”

Foto 1: Anthony Julian: Foto 2: Il giudice Anthony Julian ( al centro della foto con i capelli bianchi) riferisce alla stampa dell’arresto degli autori della “Great Brink’s Robbery” (12 gennaio 1956).




Pescara. “Oggi in Spagna, domani in Italia”, 24 marzo 2017, Montesilvano-Pescara

Il Comitato provinciale ANPI Pescara ‘Ettore Troilo’ e la Sezione ANPI ‘F.lli Gialluca’ di Pescara, Montesilvano e Spoltore, in occasione gli 80 anni dalla battaglia di Guadalajara (marzo 1937), organizzano per il prossimo 24 marzo un convegno per ricordare il sacrificio dei miliziani antifascisti italiani durante la Guerra di Spagna. P1120314 P1120317


Due gli appuntamenti, uno alle 10.15 al liceo scientifico ‘D’Ascanio’ di Montesilvano e l’altro alle 18.15 al Mediamuseum di Pescara. Interverranno Enzo Fimiani, Enrico Acciai, Franco Botticchio, Nicola Palombaro, Renato e i familiari di Renato e Giuseppe Gialluca.

La sezione pescarese è intitolata ai fratelli Renato e Giuseppe Gialluca, anarchici antifascisti originari di Pescara, che nel 1937 presero parte alla vittoriosa battaglia di Guadalajara, dove le Brigate Internazionali di cui facevano parte inflissero una dura sconfitta alle formazioni italiane fasciste inviate da Mussolini a supporto dei golpisti di Francisco Franco.

In allegato la locandina delle iniziative e le foto dei fratelli Gialluca.




PRESENTATA LA QUINTA STAGIONE DI FOOTBALL FOR FRIENDSHIP: 64 PAESI PARTECIPANTI DA TUTTO IL MONDO. C’E’ ANCHE L’ITALIA.

PRESENTATA LA QUINTA STAGIONE DI FOOTBALL FOR FRIENDSHIP: 64 PAESI PARTECIPANTI DA TUTTO IL MONDO. C’E’ ANCHE L’ITALIA.
FOTO DEL SORTEGGIO:

Marco Kochbeck (telecronista tedesco, conduttore del sorteggio) :http://www.mediafire.com/view/xgdt1sy4d7cuvz8/DSC_1324.jpg

Foto dell’estrazione: http://www.mediafire.com/view/itcbtj4bs60vn6n/DSC_1264.jpg

http://www.mediafire.com/view/exvb6y525canvoj/DSC_1318.jpg

il tabellone del torneo: http://www.mediafire.com/view/ty86k9diztep5w6/Open_Draw_Results.jpg

l’estrazione dell’Italia:http://www.mediafire.com/view/7rce0u2qg4cawt0/Schermata_03-2457829_alle_16.55.01.png

VIDEO DEL SORTEGGIO:  http://www.mainpicture.de/download/upload/f4f/F4F_Open_Draw_2017.mp4

Presentata con una diretta Youtube la quinta stagione di Football for Friendship, torneo internazionale di calcio giovanile organizzato da Gazprom, partner ufficiale della FIFA e della Coppa del Mondo 2018. Football for Friendship si terrà a San Pietroburgo (Russia) dal 26 giugno al 3 luglio prossimi.
Nel 2017, la geografia del progetto si è ampliata notevolmente e il numero dei Paesi partecipanti è raddoppiato, da 32 a 64. Per la prima volta ci saranno anche bambini provenienti da Messico e Stati Uniti. Così, il progetto riunisce giovani giocatori provenienti da quattro continenti: Africa, Eurasia, Nord America e Sud America.

La quinta stagione inaugura un nuovo format. Al posto delle squadre in rappresentanza delle società di calcio di diverse nazioni, i giovani giocatori saranno messi insieme in otto squadre internazionali chiamate “Squadre dell’Amicizia”. Il sorteggio aperto durante la diretta Youtube ha determinato la composizione delle squadre in base ai Paesi e i ruoli dei singoli piccoli calciatori.

La selezione individuale dei giocatori, ora, avrà luogo con la cosiddetta “Staffetta dell’amicizia”. Il Comitato internazionale organizzatore di Football for Friendship, in collaborazione con le federazioni calcistiche nazionali, selezionerà i giovani giocatori che rappresenteranno i loro Paesi nel 2017. Ciascuna squadra di otto persone sarà formata da ragazzi e ragazze, compresi quelli con disabilità, di età compresa tra 12-14 anni.
Il sorteggio si è tenuto con una diretta via internet. Alla cerimonia hanno partecipato i giovani allenatori delle Squadre dell’Amicizia: Mikhail Babich (16 anni, Russia), René Lampert (15 anni, Slovenia), Stefan Maksimovic (15 anni, Serbia), Felipe Soares (17 anni, Portogallo), Charlie Sui (12 anni, Cina), Elvira Herzog (16 anni, Svizzera), Igor Gritsyuk (14 anni, Ucraina) e Brandon Shabani (15 anni, Gran Bretagna), e il rappresentante del Centro stampa internazionale del progetto Lilia Matsumoto (15 anni, Giappone).

«Come giocatore sono stato coinvolto nella stagione 2016. Partecipare a questo progetto è un grande successo, apre nuove possibilità per ciascuno dei giovani ambasciatori impegnati. Se avessi 12 anni, farei di tutto per diventare un membro della nuova stagione e giocare in campo con gli altri ragazzi» ha detto René Lampert, il giocatore principale dei giovani del club di calcio “Maribor”.

Fra le varie attività in programma, quella del 25 aprile prossimo, quando in contemporanea in tutto il mondo i partecipanti al programma si incontreranno in un match di calcio nel quadro della celebrazione della Giornata internazionale del calcio e dell’amicizia. Ad unirli idealmente il “Braccialetto dell’amicizia” che tutti indosseranno. I fili di colore blu e verde ne simboleggiano l’uguaglianza e l’impegno per uno stile di vita sano.

Il 1 luglio a San Pietroburgo sarà organizzato il Campionato di Calcio Internazionale dell’Amicizia, nel quadro del quale le squadre composte da giovani giocatori di diverse nazionalità, genere e capacità fisiche scenderanno in campo. Il 2 luglio si svolgerà il Quinto Forum Internazionale Football for Friendship in cui i bambini insieme a calciatori famosi e giornalisti discuteranno di questioni relative alla promozione dei valori del progetto in diversi paesi.

A completamento della quinta stagione del progetto Football for Friendship , i partecipanti del Forum potranno assistere alla partita finale della Confederations Cup 2017 allo stadio Arena di San Pietroburgo.

Come da tradizione, inoltre, per tutta la durata del torneo i ragazzi avranno a disposizione un loro centro stampa. Qui operano i giovani piccoli giornalisti  che prenderanno parte agli eventi chiave assieme ai corrispondenti adulti.

«Gazprom sta attuando progetti globali volti al futuro e Football for Frienship ne è un esempio. In soli quattro anni, il numero dei Paesi partecipanti è aumentato di otto volte. Quest’anno a San Pietroburgo si incontreranno i giovani giocatori di quattro continenti. Ciò significa che i valori del nostro progetto sociale sono chiari e importanti per i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo» afferma il presidente del Consiglio Amministrativo di PAO “Gazprom” Alexey Miller.

«L’iniziativa di Gazprom prevede la possibilità per i bambini di tutto il mondo di essere ascoltati. Sosteniamo al 100 per cento gli obiettivi e i valori fondamentali di Football for Friendship. Siamo molto lieti di contribuire a tutte le iniziative del comitato organizzatore del programma prima della Coppa del Mondo 2018 FIFA» così il direttore commerciale FIFA Philippe Le Floch.

Informazioni sul progetto Football for Friendship

Il progetto sociale internazionale dei bambini Football for Friendship è realizzato da PAO Gazprom nel quadro del programma Gazprom ai bambini. Lo scopo del progetto è lo sviluppo del calcio giovanile, la promozione della tolleranza e del rispetto per le diverse culture e nazionalità nei bambini provenienti da diversi Paesi. I valori chiave che sostengono e promuovono i partecipanti sono l’amicizia, l’uguaglianza, la giustizia, la salute, la pace, la devozione, la vittoria, la tradizione e l’onore.

Il clou del progetto è il Forum internazionale annuale dei bambini che riunisce giovani giocatori provenienti da tutto il mondo per discutere con rappresentanti dei media e giocatori noti sui valori di compliance in tutto il mondo.

Il premio speciale del progetto Football for Friendship è la Nine Values Cup-Coppa dei nove valori. Si tratta di un trofeo unico che viene assegnato ogni anno ad una delle società di calcio professionistiche per l’attuazione di iniziative sociali che incarnano i valori del progetto. I vincitori sono scelti dai giovani ambasciatori del progetto attraverso un voto che si svolge in tutti i Paesi partecipanti.

Migliaia di membri in tutto il mondo si stanno unendo al progetto ogni anno. Durante la realizzazione del progetto, la geografia si è ampliata in modo significativo: da 8 paesi nel 2013 a 64 paesi nel 2017. Più di 400 mila persone in tutto il mondo, compresi bambini, adulti, atleti e giornalisti famosi, artisti, politici e presidenti di vari paesi, portano il Braccialetto dell’amicizia, simbolo del progetto.

Paesi partecipanti nel 2017: Austria, Azerbaijan, Algeria, Argentina, Armenia, Bangladesh, Bielorussia, Belgio, Bulgaria, Bolivia, Brasile, Gran Bretagna, Ungheria, Venezuela, Vietnam, Ghana, Germania, Grecia, Danimarca, Egitto, India, Iraq, Iran, Islanda, Irlanda, Italia, Kazakistan, Kirghizistan, Cina, Corea, Lettonia, Libia, Lituania, Macedonia, Messico, Mozambico, Paesi Bassi, Norvegia, Pakistan, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Serbia, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Siria, Stati Uniti d’America, Tagikistan, Tanzania, Turkmenistan, Turchia, Ucraina, Uruguay, Uzbekistan, Finlandia, Francia, Croazia, Repubblica Ceca, Svizzera, Estonia, Giappone, Sud Africa.

“Gazprom” è una società globale di energia. Le sue attività principali sono esplorazione, produzione, trasporto, stoccaggio, lavorazione e vendita di gas (compreso il carburante per autotrazione), condensato di gas e petrolio, così come produzione e commercializzazione di calore ed energia elettrica. L’azienda opera in Russia, Africa, Medio Oriente, Europa, America Latina, Centro, Sud e Sud-Est asiatico.

Gazprom è la più grande azienda al mondo per le sue riserve di gas naturale e per il volume della sua produzione, implementando la fornitura di gas ai consumatori in Russia e in più di 30 paesi. Gazprom è tra i quattro principali produttori russi di petrolio, è al primo posto in Russia, in termini di capacità installata nella produzione di energia termica, ed è leader mondiale nella produzione di energia termica. Insieme al rapido sviluppo delle attività industriali, Gazprom presta molta attenzione ai progetti sociali. L’azienda fornisce il supporto a molte organizzazioni sportive e alle attività su scala nazionale e internazionale.




Joseph Vittori leggendario ed eroico Caporale dei “Marine” aveva origini abruzzesi. La madre Doralice Elisabetta Moca era nata a Raiano (AQ) il 3 marzo del 1907.

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

 

Pescara, 11 marzo 2017

 vittori1 vittori2

Un eroe figlio di emigranti abruzzesi …

Joseph Vittori leggendario ed eroico Caporale dei “Marine” aveva origini  abruzzesi. La madre Doralice Elisabetta Moca era nata a Raiano (AQ) il 3 marzo del 1907. Joseph con la sua ardimentosa azione salvò diverse centinaia di suoi “marines” e sbaragliò, da solo, le forze nemiche. La sua figura, divenuta simbolo di coraggio e dedizione alla patria, è costantemente ricordata ed onorata negli  Stati Uniti. Per la sua  azione ricevette la “Medal of Honor”,  massima onorificenza militare americana, che  fu consegnata direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman, ai genitori dell’eroico ragazzo.

 

Joseph Vittori nacque Beverly, Contea di Essex, in Massachusetts il 1 agosto da 1929 da Pietro “Peter” e Doralice Elisabetta Moca. Il padre era originario di Castelchiodato in provincia di Roma mentre la madre era nata a Raiano (AQ) il 3 marzo del 1907 da Antonio ed Anna Spera. Joseph frequentò il liceo e contemporaneamente lavorò nella fattoria della sua famiglia. Servì per tre anni nel Corpo dei Marines e successivamente nel “Marine Corps Reserve”.  Tenne la sua formazione come “Marine” a Camp Lejeune nel North Carolina fino al gennaio 1951. Poi entrò a far parte dalla “Marine Corps Reserve, Company F, 2d Battaglion, 1st Marines, 1st Marine Division” impegnata nella “Guerra di Corea”. Già nel giugno del 1951 rimase ferito a Yanggu. Ma con grande spirito di dedizione volle tornare a combattere con i suoi Marine. A metà settembre si scatenò una violentissima battaglia chiamata “Hill 749” per la riconquista di “Punchbowl”. Ed è qui che il Caporale Joseph Vittori darà il meglio di se.  Il suo plotone aveva sofferto già  pesantissime perdite in vite umane ed era costretto ad una dolorosa e pericolosa ritirata. Rischiavano di rimanere accerchiati e se la manovra nemica si fosse realizzata sarebbe stata la fine per tutti.  Allora Joseph e altri suoi due colleghi provarono a frenare da soli l’avanzata nemica. Gli altri due però rimasero subito feriti. Lui incurante continuò da solo. Dopo poco rimase anche lui ferito ad un braccio.  Ma, da questo momento in poi, la sua azione ha dell’incredibile. Riuscì, nonostante tutto,  a presidiare più trincee e sparare con più mitragliatrici dando al nemico l’impressione che ci fossero più uomini a fronteggiarli. Resistette per ore e infine cadde sotto il fuoco nemico. Era il 16 settembre del 1951. Joseph aveva però salvato, con la sua azione, la vita di centinaia di marines e quasi annientato un intero battaglione nordcoreano. Infatti quando la  mattina successiva  i marines tornarono in forze sulla “collina” per recuperare il corpo di Joseph contarono oltre duecento morti della parte avversa. Per questa azione ricevette la “Medal of Honor”, massima onorificenza militare americana, e il  “Purple Heart” altro importante riconoscimento.  La “Medal of Honor” fu consegnata direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman, ai genitori dell’eroico ragazzo.

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

 




L’abruzzese Laura Muzi gestì per anni, insieme al marito, uno degli storici ristoranti dell’Ohio il “Venice Spaghetti House” di Massillon. I suoi genitori erano nati a Capitignano (AQ).

Associazione Culturale “Ambasciatori della fame”

Pescara, 6 marzo 2017

L’abruzzese Laura Muzi gestì per anni, insieme al marito, uno degli storici ristoranti dell’Ohio  il  “Venice Spaghetti House” di Massillon. I suoi genitori erano nati a Capitignano (AQ).

 foto 1 foto 2 foto 3

Laura  Muzi nacque a Dennison, Ohio, il 18 agosto del 1914 da Andrea (1883-1975) ed Elvira Pelosi (1887 -1972). Entrambi i suoi genitori erano nati a Capitignano (AQ). I genitori di Laura giunsero ad “Ellis Island” nel 1910 dopo aver attraversato l’oceano sulla nave “Roma”. All’inizio Andrea Muzi lavorò nelle miniere e in seguito trovò un più conveniente e meglio retribuito lavoro, a Dennison in Ohio,  nella realizzazione di ferrovie. I due “capitignari” ebbero ben undici figli. Uno di questi fu Laura. Quest’ultima conobbe, sempre a Dennison, John D. Ferrero un italo-americano, nato a Masi in provincia di Padova, che avrebbe poi sposato. I due, Laura e John D., nel 1935 spostarono la loro residenza a  Massillon, Contea di Stark Country, in Ohio. Ebbero  otto figli (quattro femmine: Gloria, Grace, Margaret e Catherine; quattro maschi: Louis, Thomas V, John D. Jr e James). Ed è qui che nacque la leggenda del “Venice Spaghetti House”. La coppia, assai affiatata, lanciò una cucina tipicamente italiana con grandi riferimenti a quella  abruzzese. In poco tempo arrivò in successo. Mangiare gli “spaghetti da Laura” divenne una aspirazione non solo degli italo-americani. I due, marito e moglie, facevano arrivare direttamente dall’Italia i prodotti più richiesti e soprattutto vino ed olio. Per lunghi anni il n. 1022 di Duncan Street , dove si trovava il ristorante “Venice Spaghetti House”,  fu meta di clienti da ogni parte dell’Ohio che arrivavano per gustare i famosi “spaghetti”. Era anche risaputa la cortesia dei due proprietari ed in particolare di Laura “la signora sorriso”. La prematura morte di uno dei loro figli, James,  avvenuta nel gennaio del 1959 segnò profondamente il morale di Laura e John D. e questo li portò poi, quasi inevitabilmente, ad abbandonare il loro ristorante.  Laura Muzi morì il 25 settembre del 2011.

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”  Foto 1: Laura e John D. il giorno dell’inaugurazione del “Venice Spaghetti House”; Foto 2: Laura, con vestito nero, John D. e cameriere all’interno del Ristorante; Foto 3: una pubblicità dell’epoca.  




Giulianova. Il cordoglio del sindaco Mastromauro per la scomparsa del giornalista Lino Manocchia.

Il sindaco Francesco Mastromauro appresa la notizia della scomparsa di Lino Manocchia esprime tutto il suo cordoglio e quello della città di Giulianova per la perdita di un cittadino illustre di Giulianova, giornalista di fama e persona di grandi doti umane e professionali.

Foto Archivio Il Sindaco, Francesco Mastromauro
Foto Archivio Il Sindaco, Francesco Mastromauro

“Lino Manocchia – dichiara il sindaco – è stato uno dei grandi giornalisti della nostra città. Giulianova infatti nel corso di un secolo ha annoverato grandi firme entro una lunga tradizione in campo giornalistico. Oltre al padre Francesco Manocchia, grande giornalista ma anche letterato cui l’Amministrazione comunale nel 2013 ha intitolato una via, vanno ricordati Francesco Contaldi, direttore di testate giornalistiche e uno dei grandi traduttori annoverati dall’Abruzzo,ma anche, in tempi più recenti, Italo Moretti. Senza dimenticare che a Giulianova nel 1909 vennero poste le basi per la nascita dell’Associazione della Stampa abruzzese. Ai familiari di lino Manocchia, del quale ricordo la simpatia, l’affabilità e il grande amore per la città natia, il cordoglio mio e della sua Giulianova”.




Giulianova. Morte Lino Manocchia: anche la matita del “DISTE” ricorda il collega giuliese scomparso a New York

Giulianova. Anche il nostro collaboratore e sagace vignettista della Artemia edizioni , Vladimiro Di Stefano, ha dedicato una sua vignetta al collega scomparso ieri a New York, dal titolo “un giuliese in paradiso”. Proprio il nostro collaboratore – Di Stefano – disegnò diversi schizzi per onorare la lunga carriera di Lino. Ringraziamo Vladimiro per averci concesso l’utilizzo delle immagini

Vignetta per Lino Manocchia dal DISTE
Vignetta per Lino Manocchia dal DISTE

Poi seguirono altre vignette già viste dal grande Lino

11 18 Imp. Manif. Manocchia 10038_476663582445191_1638895532_n 1378165_173338062862972_515986817_n




Giulianova. A New York è morto il decano dei giornalisti giuliesi, Lino Manocchia

E’ scomparso il decano dei giornalisti giuliesi, Lino Manocchia

(Giulianova, 20 febbraio del 1921 – New York, 4 marzo 2017)

 

Giulianova, 4 marzo 2017. Oggi, a New York, intorno alle 10,00 del mattino, le 16,00 italiane, è scomparso il decano dei giornalisti giuliesi e italo-americani, Lino Manocchia. Ne danno notizia i familiari, la direttrice della casa editrice “Artemia” di Mosciano Sant’Angelo, Maria Teresa Orsini e il collega di giulianovanews.it, Walter De Berardinis, amico personale del giornalista giuliese. Nonostante avesse da poco compiuto 96 primavere, l’anno scorso ancora dialogava via cavo e skype con la direttrice e i collaboratori della Artemia editrice, con cui si stava lavorando per l’ennesimo lavoro editoriale che seguiva lui stesso da New York.

Lino Manocchia
Lino Manocchia

Sono addolorata – afferma Maria Teresa Orsini – un giornalista dai modi cortesi e affabili. Una grande personalità e caparbietà, dovuta – continua la Orsini – al fatto che aveva perso il papà (il giornalista Francesco Manocchia) sotto i bombardamenti degli angloamericani a Giulianova nel 1943/1944; ed era reduce dalla prigionia in Germania, dopo essere stato sul fronte balcanico. Abbiamo perso – conclude Maria Teresa – un grande italo-americano, sicuramente nei prossimi mesi lo ricorderemo come giusto che sia per le grandi personalità.

Maria Teresa Orsini, Stefano Pallotta e Walter De Berardinis
Maria Teresa Orsini, Stefano Pallotta e Walter De Berardinis

Targa di giulianovanews,it a Lino Manocchia Targa dell'ODG a Lino Manocchia

Anche il collega Walter De Berardinis lo ricorda così: alla fine del 1998 e gli inizi del 1999, in qualità di redattore del quotidiano online giulianova.it, di proprietà della società “Genesi” di Marco De Merulis, decidemmo di dedicare una rubrica da New York con il grande Lino Manocchia e successivamente emigrò nella mia testata giulianovanews.it; poi seguì la biografia mia e quella della scrittrice Alida Scocco Marini e successivamente due libri “Lino e il microfono” (le sue migliori interviste con i grandi dell’epoca) e “Quando c’era la guerra” ( dove si ricordava il papà nella 1° guerra mondiale), entrambi editi dalla Artemia editrice di Mosciano Sant’Angelo. Perdo un amico, un collega ed anche un pezzo di storia giuliese. Frequenti e notturne, le tante telefonate che Lino mi faceva perché dimenticava il fuso orario tra New York e Giulianova. Devo ringraziare il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Stefano Pallotta, che durante il premio “Polidoro” a L’Aquila ci consegno una targa d’argento alla carriera per Lino Manocchia. Mi dispiace che le varie giunte regionali abruzzesi, nonostante mie sollecitazioni, non attribuì mai la prestigiosa medaglia “Aprutium” premio dedicato agli abruzzesi che si sono distinti fuori dai confini nazionali.

 

 

100 foto di Lino Manocchia

 

 

 

“…Le avversità possono essere delle formidabili occasioni”

Thomas Mann, scrittore (1875-1955)

Lino Manocchia

L’Incredibile storia del decano dei giornalisti giuliesi

di Walter DE BERARDINIS*

 

Il papà di Lino Manocchia, Francesco Manocchia
Il papà di Lino Manocchia, Francesco Manocchia

Lino Manocchia militare
Lino Manocchia militare

Lino Manocchia prima di partire per gli USA
Lino Manocchia prima di partire per gli USA

Pasquale, Omero, Marino Manocchia, per tutti Lino, nasce all’alba (3,00) di un freddo mattino a Giulianova alta il 20 febbraio del 1921, nell’abitazione di Via XX settembre (centro storico) è il primogenito del giornalista e scrittore, il Cav. Francesco Manocchia, poi scomparso nel bombardamento su Giulianova del 29 febbraio del 1944, e di Filomena Spadacci, d’origini toscane. Quel giorno, davanti all’ufficiale dell’anagrafe si presento il papà Francesco con due suoi amici come testimoni: Tommaso Lattanzi, impiegato e Pasquale Galantini, proprietario. Dal matrimonio di quest’ultimi, nacquero anche i suoi tre fratelli: Franco, giornalista del Corriere della Sera; Omero (poi morto per malattia a 17 anni) e Benito (per tutti Benny), corrispondente della Rusconi dagli USA. In realtà il vero nome di Lino è Pasquale (nome del nonno paterno), Omero (nonno materno) e Marino (lo zio paterno di Pittsburgh). Anche se in famiglia lo chiamavano tutti con il diminutivo di Pasqualino, ma per tutti era semplicemente, Lino. L’infanzia a Giulianova viene vissuta soprattutto con i nonni paterni, Pasquale, noto calzolaio della città (poi morto all’età di 94 anni) e della nonna, Lucia Macellaro, casalinga (abitavano dietro l’odierna scuola elementare Edmondo De Amicis, in Via Diaz).

Piazza dove morì il papà di Lino
Piazza dove morì il papà di Lino

Si narra che aveva accarezzato il sogno della vita eclesiastica tanto da costruirsi un altarino in casa dove recitava preghiere e andava a suonare le campane nel vicino Duomo di San Flaviano. Tanto fu che il padre in una delle tante trasferte romane per lavoro contatto personalmente il cardinale Alessio Ascalesi (Afragola, 22 ottobre 1872 – Napoli, 11 maggio 1952) per farlo entrare al seminario di Teramo dove rimase solo due anni. Non mancheranno le occasioni per frequentare i nonni materni in Toscana, nel borgo di Montefollonico, frazione del Comune di Torrita di Siena ed anche a Montepulciano, dove viveva la zia, sposata con un ricco commerciante di stoffe. A Giulianova, gli amici più cari che frequentava erano: Carlo Marcozzi (poi sposato con la Branciaroli), Guido Pompei, Renato Campeti, Ernesto Ciprietti, l’affezionato Giancola e poi Giorgio De Santis, figlio del Sindaco, il geometra Bruno Solipaca, Dante Paolini (giocatore di serie A negli anni 40’/50), Poliandri, Rossi, Epimerio Taffoni, quest’ultimi noti sportivi giuliesi. Intanto il padre, cerca di investire i suoi risparmi nell’ acquisto di una cartoleria/edicola in città ed anche un piccolo appezzamento di terra. Nel frattempo la famiglia si sposta, vicino alla Chiesa di Sant’Anna, dietro il Torrione ed infine, alla fine degli anni ’30 nel palazzo dietro il Comune, dove viveva anche Renato Morganti, padre della sua maestra Maria. Finite le scuole del regno, si iscrive al Regio Istituto Tecnico Industriale “Raffaele Pagliaccetti in  Piazza Vittorio Emanuele II (oggi Piazza della Libertà), diretto dal Dott. Marucci. Alla fine degli anni ’30, quasi diciottenne, ebbe modo di conoscere e frequentare l’Avv. Attilio Re. Le prime battute dell’Avvocato furono profetiche: “perché non scrivi come tuo padre francescuccio, scrivi sul nostro Giulianova calcio. Se sbagli ti aiuto io”. Arrivò quel giorno, la squadra vinse e dovette mantenere la parola data. Poco dopo si recò al Caffè di Germano, nel cuore di Corso Garibaldi, l’Avvocato lesse l’articolo ed approvò. Scese in tutta fretta le scalette che conducono al lido e trasmise, con l’unico telefono pubblico, tutto l’articolo alla redazione.

Lino e Benny Manocchia
Lino e Benny Manocchia

Quel primo articolo gli consentì di prendere la tessera d’ingresso al campo. Il padre, severo, insistette per non farlo continuare, è gli ripeteva sempre: “ con questo mestiere ci si muore di fame”. Ma lui serafico rispondeva: “Ma papà, tu sei un morto di fame!”. Poi iniziò le cronache della famosa Coppa Alleva, in occasione della festa della Madonna dello Splendore del 22 aprile e la sua partecipazione a bordo della splendida Lancia Lambada di Pierino De Felice, con tanto di premiazione con la banda di Introdacqua, diretta dal noto maestro Di Rienzo. Poi tutte le cronache del calcio giuliese: vero, vivo, combattuto sempre nella lealtà, quello di Paolini, Taffoni, Poliandri, Rossi, contro squadroni del calibro della Maceratese, Sambenedettese, Fermana, Teramo, Chieti, Vasto ed altre.

Strano destino quello di Lino, un bel giorno la sua famiglia ricevette dai due fratelli paterni (Gino e Marino Manocchia, proprietari di una fabbrica di tabacchi in Pennsylvania) i biglietti che li avrebbe portati in America. Ma la nonna, Lucia Macellaro, di instabile salute, convinse suo padre a restare a Giulianova.

Con l’avvento del Fascismo, ma anche durante la sua formazione scolastica, partecipò con i movimenti giovanili dell’epoca. Con il tema “Guardo in alto, ammiro e penso”, partecipò agli Agonali Fascisti per le scuole giuliesi, piazzandosi ai primi posti. Poi ci furono le selezioni provinciali a Teramo. Arrivò prima, ma dopo un consulto della giuria, fu retrocesso al secondo posto con un diploma e il primo premio andò al nipote di un funzionario di stato. Si presentò anche agli Agonali sportivi della provincia, partecipò ai cento metri con un paio di scarpette bianche da ballo, mentre il rivale teramano, Lanciaprima, arrivò prima, ma con delle vere e proprie scarpe da ginnastica. Mestamente di accontentò del secondo posto tra gli applausi dei presenti. Dopo la fine della scuole superiori, trovò posto a Torino come supplente (Italiano e Tecnologia).

Finito il periodo torinese, il padre lo iscrive al Regio Collegio Aeronautico “Bruno Mussolini” di Forlì, per istradarlo ad una sicura carriera militare nella Regia Aeronautica Italiana. Un bel giorno, in visita al Regio Collegio, arrivò il Duce in persona, da buon giuliese si fece avanti per stringergli la mano. Al termine della visita ufficiale, il redattore dell’EIAR (l’agenzia di stampa governativa) dettò il resoconto della visita, ma il suo collega aviere, preso dall’emozione non riuscì ad affilare una parola. All’ora il Colonnello lo chiamò e gli chiese di trascrivere il resoconto. Poi, dopo la stesura, lo stesso Mussolini lo visionò e si congratulò con lui e chiese chi era quel bravo ragazzo. Quando rispose con nome e cognome, il Capo del Fascismo sorrise ed esclamò: “…sei il figlio di Francesco?”. Infatti, il padre, allora era il corrispondente da Teramo per il “il Popolo d’Italia”, il quotidiano del Partito Nazionale Fascista. Poco dopo, allo scoppio la guerra, inquadrato nella Regia Aeronautica Italiana, verrà trasferito a Mostar, nell’ex Jugoslavia. Ebbe modo di incontrare con il concittadino, Elio Fracassa, già esattore delle giocate delle lotterie di stato. Dopo la resa dell’Italia dell’8 settembre, e dopo una lunga odissea dentro i vagoni merci, come giovane sottotenente, fu internato in uno stalag nelle zone di Francoforte sul Meno, in Germania. L’internamento era stato così duro, che anche oggi fatica a ricordare quei terribili giorni di sofferenza.

Dopo tre anni di dura prigionia, viene rimpatriato, ma fa l’amara scoperta che suo padre è morto a causa di un ennesimo bombardamento angloamericano su Giulianova. La bomba, caduta il 29 febbraio del 1944, aveva centrato in pieno il palazzo (dietro l’odierna sede comunale). Morirono molti condomini e per fortuna si salvarono la Madre e i suoi tre fratelli. Tra l’altro, uno dei fratelli, Benito, fu colpito da ben 30 schegge. Poi gli anni duri della ricostruzione, venticinquenne, con una vita tutta da inventare, con i primi lavori con il Comune di Giulianova, organizzando eventi per le feste d’estate, un modo per aiutare la madre ed i suoi tre fratelli più piccoli. Innamoratosi della sua concittadina, Ada Di Michele, figlia di emigranti italiani già negli USA, nata nell’Ohio, sfocerà in matrimonio il 15 luglio 1948, nella parrocchia del lido. Intanto aveva ripreso le collaborazioni con diverse testate giornalistiche italiane, molte delle quali dirette dai colleghi di suo padre Francesco. Ma anche a livello locale seguiva le vicende della sua città. Come quella dell’Avv. Riccardo Cerulli, che voleva “annettere” la frazione di Cologna (Roseto degli Abruzzi) a Giulianova. Poi la battaglia giornalistica in favore della salvaguardia dell’ex Colonia Rosa Maltoni Mussolini. C’erano anche le grandi serate al Kursaal, dove allestiva delle splendide serate con cantanti, sfilate di Miss, orchestre e balli, tutto intorno al mitico Trenino di Santa Fè, un trenino dove venivano approntati dei mini locali per servire gli avventori; successivanete cambio nome in “Il Calipso Fiorito” e poi la famosa “Lanterna Blu”; dove si esibirono i migliori cantati dell’epoca: Mina, Jula De Palma, Peppino Di Capri, Nicola Arigliano, Nico Fidenco, ecc. Nonostante l’impegno e la voglia di riscatto, per Lino si profilava la via dell’espatrio per accarezzare il sogno americano. Era nei primi giorni di marzo del 1949, quando, con il piroscafo Vulcania si imbarcò a Napoli insieme alla moglie (tratta Genova-Napoli-New York) alla volta degli USA. Salutò Giulianova con una serata indimenticabile a casa di Bruno Solipaca ed in compagnia di Giorgio De Santis, Dante e Renato Granata, Claudio Gerardini, Carlo Marcozzi e Renato  Lattanzi.

Arrivato a New York, visse un periodo nel Bronx, nel quartiere “Piccola Italia”, poi nella zona del Westchester, oggi nota zona residenziale. All’inizio si arrangiava facendo il macellaio con il suocero (già cittadino americano), ed inseguito, con un cuoco sorrentino aprì un ristorante “da Capri”. Uscito fuori dal mondo della ristorazione, per via degli inizi di collaborazioni con la “Voice of America” e anche come corrispondente dall’estero per giornali italiani. Iniziò anche con la tv americana, presentando un programma televisivo settimanale sulla rete “Wevd” e uno radiofonico sulla “Whom”. Mentre, si stavano aprendo le porte dei famosi studios americani con le “prime” mondiali del mondo della celluloide. Numerosi e tanti, furono gli attori ed attrici che ha intervistato e conosciuto dei quali conserva ancora preziose foto. Ha incontrato ed intervistato personaggi come: Frank Sinatra, Dean Martin, Perry Como, Rocky Marciano, Juan Manuel Fangio, Mario Andretti e tanti altri illustri personaggi. Durante il lavoro con Voice of America, Manocchia ha avuto modo di intervistare cinque Presidenti americani: Eisenhower, Kennedy, Johnson, Carter e Clinton. Manocchia trovava anche il tempo per inviare, tramite la Voice of America, servizi regionali per l’Abruzzo, con la Rai di Pescara, allora diretta dal noto giornalista Dino Tiboni. Iniziò come corrispondente del “Messaggero” di Roma, il “Secolo XIX” di Genova, la “Gazzetta di Mantova”, ed altri. Poi l’incontro con il grande giornalista Luigi (Gino) Palumbo che lo portò a “Sport Sud” e poi al “Corriere della Sera”, dove collaborò per nove anni, per poi passare alla “Stampa” di Torino. E’ stato anche cofondatore di “Stadio” di Bologna, assieme a Remo Roveri ed altri, poi divenuto “Stadio-Corriere dello sport”, la cui collaborazione continuò anche dagli Stati Uniti con interessanti reportage. E’ stato inviato speciale di importanti testate, narrando della “SAC”, la Linea aerea strategica degli Usa, un paio di lanci di satelliti in coppia col compianto collega Ruggero Orlando, ricevendo anche dalla Commissione della Rai il più alto elogio per una sua trasmissione sull’anno geofisico. Senza trascurare di intervistare tanti abruzzesi in America, narrando le loro “odissee”. Corrispondente ventennale con i settimanali automobilistici “Rombo” (con il giornalista teramano  Marcello Sabbatini, recentemente scomparso), “Autosprint” e “Controsterzo”, ora concentra la sua attività, malgrado le numerose primavere, ancora pubblica i suoi lavori su Internet. La sua famiglia è nata nel giornalismo, dopo Lino, emergono Franco, ex redattore del “Corriere della Sera” e poi Benny (Benito), anch’egli dagli Stati Uniti per la “Rusconi”. Manocchia ha avuto numerose offerte per scrivere qualche libro sulla sua attività americana e soprattutto sui 40 anni ad Indianapolis” la famosa 500 miglia, la corsa più spettacolare del mondo. Oggi Manocchia vive a Cambridge nello stato di New York, insieme a suo figlio Adriano (sposato anche lui con la giuliese, Teresa Schiavi), noto artista e suo nipote Adriano Jr, manager del reparto ricerche della Cornell University di Ithaca a New York. Nonostante l’età, sfidando spesso i disagi dei voli aerei, segue le varie manifestazioni motoristiche delle quali è un noto esperto, incontrando famosi attori americani, appassionati di motori, una passione nata da un’intervista a Tazio Nuvolari, prima di una Coppa Acerbo a Pescara. A cavallo della fine degli anni ’90 e gli inizi degli anni 2000 inizia una fitta corrispondenza via mail e via cavo con il sottoscritto, poi sfociata nella collaborazione con il mio giornale giulianovanews.it e successivamente con il giornale online diretto dal collega Ludovico Raimondi, giulianovailbelvedere.it. Successivamente inizia le collaborazioni abruzzesi con News Italia Press; la Gazzetta del Sud africa; primadanoi.it, abruzzopress.info del collega Marino Solfanelli,  Nell’aprile del 2008, proposi un riconoscimento pubblico a Lino tramite la Regione Abruzzo con il premio Aprutium e al Comune di Giulianova, con una targa di riconoscimento, ma senza esito in entrambi i casi. Nel dicembre 2014 fui più fortunato, grazie alla mia proposta e all’impegno profuso del Presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta e la commissione giudicatrice della XIII edizione del Premio Polidoro ritenne di assegnare un encomio per la carriera al “nostro” Lino Manocchia. La cerimonia di premiazione si svolse venerdì 12 dicembre, presso l’auditorium Bper a L’Aquila con la prestigiosa presenza del Presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Prof. Francesco Sabatini e la presenza delladirettrice della Artemia, Maria Teresa Orsini che ritirò il premio. In realtà a Lino il 24 ottobre 2013, a Giulianova, durante la presentazione del suo volume  dal titolo “Lino e il microfono”, fu omaggiato dalla sua Giulianova grazie proprio alla casa editrice Artemia Editrice diretta da Maria Teresa Orsini. Oltre agli innumerevoli riconoscimenti durante la sua professione ricevuti nella sua straordinaria carriera, Manocchia, il 23 aprile 1946, a firma del Ministro della Casa Reale Lucifero Falcone (Falcone Lucifero dei marchesi di Aprigliano (1898-1997)), fu nominato Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. Oltre all’encomio, anche la la mia testata online www.giulianovanews.it ha ritenuto di omaggiare il giornalista giuliese con una targa di merito consegnata a L’Aquila nel 2014, che recita la seguente frase: “al decano dei giuliesi Lino Manocchia, dedico questa frase di Enzo Anselmo Ferrari (Modena, 18 febbraio 1898 – Modena, 14 agosto 1988) “Sono i sogni a far vivere l’uomo. Il destino è in buona parte nelle nostre mani, sempre che sappiamo chiaramente quel che vogliamo e siamo decisi ad ottenerlo.” Con l’opera “La lotteria, un campo tedesco per prigionieri di guerra” al commendatore Lino Manocchia vinse il premio “MONTEFIORE NEL MONDO”, era il 28 Settembre alle ore 15.00 presso il Teatri Malatesta di Montefiore Conca. Da non dimenticare le uniche due biografie pubblicate su Lino: una del sottoscritto sull’annuale storico “Madonna dello Splendore” e successivamente dall’amica e collega, Alida Scocco Marini nel secondo tomo di “Conosciamoci e facciamoci conoscere”; Poi lAccademia Culturale Internazionale di San Giovanni Crisostomo, presieduta dal Presidente, Giuseppe Del Zoppo il 17 agosto 2013, presso la sede del Centro Culturale San Nicola a Pescocostanzo (AQ), in occasione del Premio culturale Internazionale, “ SAN GIOVANNI CRISOSTOMO “ premiarono me e Lino per l’attività giornalista

 

Lino Manocchia: “Rifarei tutto, ma cancellerei i dolori della guerra”. Mentre scrivevo questo breve profilo biografico, gli ho chiesto: ricominceresti da capo senza cambiare nulla? Lui mi ha risposto: “Certo che accetterei. Ma cancellerei la parentesi della prigionia in Germania e la perdita di mio padre sotto le bombe. La vita mi ha dato tanto ed io le sono grato insieme alla Provvidenza che mi ha guidato, aiutato e sorretto,  facendomi acquisire una esperienza favolosa. Ringrazio anche il dono della capacità di volgere in gioco le più crudeli avversità di comunicare col pubblico, in un sapiente dosaggio di ruoli. La mia vita è un romanzo multicolore, bello, reso affascinante dalla moltitudine di soggetti incontrati e trattati.” Credo, alla luce di quanto raccontato, che questo illustre giuliese, ultra 90enne ed ancora in attività, abbia una miscela esplosiva di estro e di calcolo, di impulsività e scetticismo, condito dalla spregiudicatezza che accomuna molti giuliesi conosciuti fin adesso. Eppure non c’è stato interlocutore più amabile, agguerrito e conversatore come lo è lui. Uno che si reputa “artigiano” della penna. Un cronista chiaro nell’esposizione dei fatti raccontati. Che magnifico istrione questo Lino Manocchia,  nato a Giulianova quasi 96anni fa. Credo che la Città di Giulianova lo debba onorare con un encomio pubblico per aver portato il lavoro e la laboriosità di noi giuliesi fuori dai confini nazionali e con la speranza che lo faccia il CRAM Abruzzo per un abruzzese che ha onorato la sua regione.

Non so se farà piacere e se leggera questo mio pezzo Lino, il “monello” come lui e il collega Ludovico Raimondi amano spesso chiamarmi, spera che i posteri possano in seguito rileggere e riscoprire chi della giuliesità prima e l’italianità dopo, ha dimostrato di farsi valere fuori dai confini regionali; mentre scrivo quest’ultime righe penso a mio fratello Arino che ha dovuto emigrare per realizzarsi niente di poco meno che a Tokyo e alla sfortunata sulmonese Fabrizia Di Lorenzo che aveva appena accarezzato il sogno di realizzarsi fuori i confini nazionali. Non me ne voglia Lino, ma a queste due ultime persone va il mio pensiero di abruzzese e giuliese.

 

 

 

 

*giornalista e fondatore della testata giornalistica giulianovanews.it




Mutignano (Pineto). L’abruzzese Stefano Costantino morì, nel 1925, nella costruzione del “Welland Ship Canal” in Canada.

Pescara, 4 marzo 2017

L’abruzzese Stefano Costantino morì, nel 1925, nella costruzione del  “Welland Ship Canal” in Canada. Era nato a Mutignano frazione di Pineto (TE) il 21 febbraio del 1895. Una ballata, scritta da Jimmy Loftus, divenne poi  “La ballata di Costantino”.

 welland

Stefano Costantino nacque a Mutignano frazione di Pineto (TE) il 21 febbraio del 1895. La madre Lucia D’Isidoro era nata a Silvi e lì probabilmente risiedeva la famiglia. Infatti al suo arrivo ad “Ellis Island”, nel 1923,  gli fu attribuita come città di provenienza proprio quella di Silvi. Stefano, aveva 28 anni, quando attraversò l’oceano, sul transatlantico “Conte Rosso”, per giungere negli Stati Uniti. La prima destinazione fu la  Pennsylvania dove era già arrivato, qualche anno prima, il fratello più grande  Giovanni “John” (nato probabilmente nel 1887). Stefano andò a lavorare in miniera. Dopo qualche tempo gli capitò di leggere un annuncio: “si cerca  manodopera per la costruzione di un grande canale in Canada”. A Stefano non sembrò vero. Poteva lasciare, finalmente, il buio soffocante della miniera per andare a guadagnare più soldi. Firmò il contratto con un’agenzia, salutò il fratello e partì destinazione Canada. Andò a lavorare nella sua costruzione di una delle più imponenti realizzazioni: il “Welland Ship Canal” un canale navigabile che collegando il Lago Ontario al Lago Eire consentiva di bypassare le “Niagara Falls” (le Cascate del Niagara). La costruzione del “Welland Ship Canal” implicava, purtroppo, una grave pericolosità. Quando fu terminata la sua realizzazione  si contarono ben 137 lavoratori caduti. In questo tragico elenco ci sarà, purtroppo, anche il nome di Stefano Costantino. Era il 30 maggio del 1925 e Stefano ed il collega George Spencer stavano lavorando al “Lock 3 – Section 2”.  Quando, all’improvviso,  si staccò dall’alto un gigantesco blocco di cemento che travolse i due lavoratori. George Spencer, riportò solo diverse fratture, ma miracolosamente salvò la vita. Non ci fu nulla da fare per lo sfortunato ragazzo abruzzese. Rimase  sepolto sotto le macerie ed i rottami di una barriera che lo avrebbe dovuto proteggere.  Naturalmente, anche se era evidente l’assoluta carenza di credibili misure di sicurezza, l’inchiesta stabilì la fatalità come accidentale. L’azienda portò testimonianze, assai discutibili, di un avvertimento dato dal caposquadra e non udito dal povero ragazzo. Stefano Costantino lasciò nel dolore la moglie, Bettina, un figlio e due figlie. Oltre alla madre, al fratello John che viveva in Pennsylvania ed altre 3 fratelli che erano rimasti in Italia.  Nella piccola ed umile casa di “St. Catharines” dove l’aveva ospitato Camillo, un suo cugino, si recarono tutti i lavoratori e i cittadini per onorare la memoria di questo sfortunato ragazzo e lasciare un contributo solidale alla famiglia. Ci fu un episodio che merita di essere raccontato. Solo qualche giorno prima Jimmy Loftus, giornalista e scrittore, che da tempo seguiva i lavori di quella che lui amava definire “Big Dich”, aveva scritto una struggente ballata “The Great Saint’s Medal”. In questa Jimmy raccontò la morte di un lavoratore e il miracoloso salvataggio di un altro Tutto sembrò essere la descrizione, incredibilmente esatta, di quello sarebbe poi divenuta la tragedia di Stefano Costantino. Per tutti quella divenne “La ballata di Costantino”. Dopo tanti anni il Governo Canadese ha deciso di realizzare un monumento che ricordi le vittime del “Welland Ship Canal”.

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”.