“CELEBRATO A BOLZANO IL NATALE ABRUZZESE“ – Oltre duecento i convenuti con il Coro Laurino e il Sindaco Cramaschi di Bolzano-

 

 

 

La Libera Associazione Abruzzesi del Trentino Alto Adige presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, ha celebrato a Bolzano il Natale Abruzzese, presso la Chiesa della Visitazione dove nella preghiera sono stati ricordati i minatori abruzzesi deceduti nelle miniere di Monteneve ed i recenti morti del terremoto di Amatrice che ha colpito gravemente la popolazione dell’Abruzzo Ulteriore. La Santa Messa è stata officiata da Don Daniele di Sambuceto e allietata dal Coro Laurino di Bolzano diretto dal maestro Werner Ridolfi. Oltre duecento gli abruzzesi convenuti con i loro familiari provenienti da Monguelfo, Bressanone, Trento, Riva del Garda, Merano e Levico. Al termine della celebrazione, nei locali del sodalizio è seguito un vin d’honneur durante il quale il presidente Sciullo della Rocca, affiancato dal Sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi e dall’Assessore alla Cultura Sandro Repetto, ha formulato gli auguri ai convenuti, ritenendosi soddisfatto per le numerose attività culturali svolte. In questa circostanza ha ringraziato i soci Elisabetta D’Aurelio, Paolo Lucci, Rita Sabatini, Fabio Giovannucci e Girolamo Sallustio per l’organizzazione di questo tradizionale appuntamento annuale, nel corso del quale, sono stati offerti i pregiati dolci di Prezza e la porchetta abruzzese servita dai rotisser Mauro Ponzi e Mario Timperio nel rispetto delle regole codificate da Margherita d’Austria per volontà popolare, che ne certifica gli ingredienti, i tempi di cottura e le modalità già dal 1575, onde evitare contraffazioni.

 

 

ALLEGATE: Foto di Foto Arte Asmodeo Rennes

 

Il Consiglio Direttivo degli Abruzzesi del Trentino con il Sindaco di Bolzano Caramaschi e il Coro Laurino.

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La porchetta abruzzese come da codificazione di Margherita d’Austria del 1575.

 

 

 

 

 

 

 




Pescara. INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA: 1943-1944 Il Sud fra Guerra e Resistenza Sabato 3 dicembre 2016

 

Le foto scattate dall’alto dagli Alleati, gli aerei da guerra sul Vesuvio, la sofferenza della gente, in fila per il pane, tra bombardamenti e stragi naziste. Oltre 300 immagini inedite, video, documenti che raccontano la seconda guerra mondiale e la Resistenza nel Sud Italia.invito_ilsud_3dicembre2016

 

Il 3 dicembre si inaugura a Pescara la mostra “MILLENOVECENTO 43-44. IL SUD FRA GUERRA E RESISTENZA”. Promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, l’Associazione Parco della Memoria della Campania, l’Istituto Luce-Cinecittà, la Mostra, a cura di Nicola Oddati, è stata seguita per la sezione relativa all’Abruzzo dalla Fondazione Brigata Maiella e, dopo una lunga esposizione a Roma, arriva nella nostra regione presso la sala espositiva della Fondazione Pescarabruzzo in Corso Umberto I, 83 a Pescara.

 

Fotografie inedite o rare provenienti dai National Archives di Washington e da altri importanti archivi italiani pubblici e privati, locandine di film sulla guerra, da Paisà a Roma città aperta, documenti come i volantini che i bombardieri Alleati lanciavano dall’alto per avvertire la popolazione civile degli attacchi, e, ad integrare la narrazione, i video proposti dall’Istituto Luce. E ancora la storia delle quattro giornate di Napoli, del bombardamento di Montecassino, della Brigata Maiella, e dei governi di unità nazionale a Salerno nel 1944, dove si preparava la rinascita del Paese della futura Repubblica.

Nel percorso espositivo, che si snoda attraverso le regioni del Sud, si susseguono le immagini delle sofferenze, delle atrocità e desolazioni provocate dalla guerra, ma anche del coraggio e delle prime forme di ricostruzione morale e materiale. Avvenimenti che narrano come il Meridione, lungi dall’essere un corpo separato dal resto dell’Italia, contribuì notevolmente a porre fine alla Seconda Guerra Mondiale e costruire la Repubblica nata dalla Resistenza.
La Mostra è stata arricchita dai contributi dell’Archivio di Stato di Chieti e del Museo della Battaglia di Ortona in un percorso che, oltre al valore storico dei documenti presentati, intende offrire nei video e audio originali, un approccio esperienziale alla vita quotidiana delle popolazioni nel biennio 1943-1944.

Interverranno all’inaugurazione: Nicola Mattoscio, Presidente della Fondazione Brigata Maiella; Vito D’Adamo, Ministero dei Beni culturali e del Turismo; Enrico Bufalini, Istituto Luce – Cinecittà; Nicola Oddati, Museo dello Sbarco e Salerno Capitale; Antonio Rullo, Associazione Nazionale ex Combattenti Gruppo Patrioti della Maiella.

La mostra, ad ingresso libero, rimarrà aperta dal 3 dicembre al 17 dicembre, dal lunedì al sabato dalle 17.00 alle 19.30.

Per le scuole è prevista la possibilità dell’apertura mattutina su prenotazione così da consentire la fruizione ai fini didattici.

 

www.fondazionebrigatamaiella.it
085.4219109




L’Aquila. Fausta Cialente: il destino di una scrittrice “straniera dappertutto” di Valentina Di Cesare *

 

 

L’AQUILA – Cos’è la fortuna di uno scrittore? I riconoscimenti e il successo che gli vengono conferiti, dipendono soltanto dal valore dei suoi scritti o ad influire sono anche altre variabili?  Nessuna risposta certa ma solo molte ipotesi, ognuna diversa dall’altra, eppure vi sono casi di inspiegato oblio che fanno più clamore di altri. L’ombra caduta sulla figura e sull’opera di Fausta Cialente, scrittrice giornalista e traduttrice, è imputabile alla combinazione di molti eventi e continua ancora a sorprendere. Nonostante il giudizio favorevole di molti critici del tempo, nonostante una carriera ricca di grandi intuizioni, di successi e riconoscimenti, nel nostro paese in pochi la conoscono e l’hanno letta, e chi volesse farlo ai giorni nostri troverebbe difficoltà a reperire anche uno solo dei suoi titoli, pressoché spariti dal mercato.

 

Un silenzio mai completamente compreso quello che si è imposto sulla Cialente, nata nel 1898 dall’unione di una ricca donna triestina ed un ufficiale di fanteria aquilano. Donna intelligente, eterodossa, coraggiosa, scrittrice raffinata e traduttrice, giornalista attiva e anticipatrice di importanti tematiche sociali predilette dal femminismo moderno, Fausta Cialente vive sin da piccola di continui spostamenti con la sua famiglia, a seguito della carriera militare del padre. Nata a Cagliari e cresciuta tra Ancona, Roma, Firenze, Genova e altre città, da scrittrice affermata un giorno dichiarò di sentirsi “straniera dappertutto”, a causa forse della mancanza di radici e di un “nomadismo” culturale che caratterizza la sua vita sin dai primi anni e che si intensificherà ancora di più, dopo un lungo trasferimento all’estero e un’intensa serie di viaggi.

 la scrittrice Fausta Cialente.jp

la scrittrice Fausta Cialente.jp

 

Nel 1921 sposa il compositore ebreo e antisionista Enrico Terni, uomo colto, già sposato con figli e molto più anziano di lei, con il quale si trasferisce in Egitto, prima ad Alessandria e poi a Il Cairo, un matrimonio che anni dopo la Cialente definì una vera e propria “fuga”. Come molte altre donne del tempo, Fausta lascia la casa paterna e si “emancipa” solo a patto di formare un nuovo nucleo familiare, lo fa senza troppe difficoltà o sentimentalismi e in un colpo solo, a poco più di 20 anni, lascia famiglia e paese, spinta soprattutto dalla voglia di vivere liberamente e allontanarsi da un rapporto genitoriale fallimentare, tenuto in piedi solo dagli obblighi sociali.

 

Scrittrice per passione sin da ragazzina, per Fausta l’esordio narrativo arriva nel 1929 con il romanzo Natalia, una storia coraggiosa incappata nelle grinfie della censura fascista a causa di due protagoniste donne un po’ troppo complici per i tempi, romanzo che  incanta Massimo Bontempelli fino a farle conferire l’allora prestigioso Premio dei Dieci e che sarà ristampato in Italia, in versione originale, solo dopo 50 anni, versione originale che invece in altri  paesi europei è  tradotta e venduta con successo . Il secondo libro, Marianna, pubblicato sulla celebre rivista “La Fiera Letteraria”, le vale invece Premio Galante, riconoscimento riservato alle scrittrici.

 

Con il trasferimento ad Alessandria d’Egitto, nel frattempo già avvenuto, Fausta può alimentare la propria ispirazione alle ricche fonti della letteratura internazionale, francese ed inglese in particolare, che aveva larga circolazione in Egitto e inizia così a fare tesoro di un’esperienza che segnerà per sempre la sua esistenza di donna e di scrittrice, per quello che sarà chiamato il filone dei suoi “romanzi alessandrini” o “levantini”. La Cialente infatti assiste, seppur da una posizione privilegiata, alle colpe della borghesia occidentale sulle enormi differenze sociali tra il popolo e i pochi benestanti del posto, al distacco tra questi mondi così lontani seppur confinanti e alla spietatezza che levantini ed europei adoperavano sugli autoctoni.

 

Nascono, dall’essere stata spettatrice vivente di infinite contraddizioni, romanzi di indiscutibile bellezza, ambientati in quelle città ormai perdute e cosmopolite dove convivevano europei e asiatici, ebrei e musulmani: Cortile a Cleopatra, Ballata Levantina, (classificatosi terzo al premio Strega nel 1961 che ripercorre scenari mediterranei in prospettiva femminile) e Il vento sulla sabbia, ai quali alterna romanzi e raccolte di racconti di ispirazione postbellica, ambientati in un’ Italia povera e distrutta dalla guerra, come la Milano di Un inverno freddissimo, (che ispirò anche uno sceneggiato televisivo con protagonista Giulietta Masina) e infine Le quattro ragazze Wieselberger, vicenda di una famiglia borghese ambientata a Trieste, vasto affresco sociale che propone un severo giudizio sulla borghesia europea, rea di aver scatenato le due guerre mondiali e di aver messo in piedi, attraverso il colonialismo, un sistema sociale razzista e iniquo, romanzo con cui finalmente la scrittrice si aggiudica, nel 1976,  il Premio Strega.

 

Negli anni della seconda guerra mondiale fino all’inizio del 1960, la produzione letteraria della Cialente attraversa una lunga pausa, durante la quale si sedimentano in lei le questioni appena elencate che diverranno in futuro temi dei suoi romanzi più maturi. In questo lungo periodo di interruzione, Fausta si dedica maggiormente all’attività giornalistica che la vede impegnarsi concretamente in un servizio di informazione e di battaglia sociale.  Amica di Giuseppe Ungaretti e di Sibilla Aleramo, (con quest’ultima specifica “non sul piano letterario”, pur intrattenendo con lei una corrispondenza molto intensa, il cui carteggio è conservato all’Università di Pavia  nell’Archivio del Centro Manoscritti), nel corso del soggiorno egiziano Fausta è un’instancabile animatrice culturale e promotrice di attività legate all’antifascismo, come dimostra l’esperienza del “Giornale d’Oriente” (la prima delle sue attività giornalistiche), la direzione e  la conduzione quotidiana di un programma su Radio Cairo dal 1940 al 1943, che ribatte alla radio ufficiale del partito fascista italiano e mette in stretto contatto la scrittrice con Palmiro Togliatti e altri fuoriusciti durante il secondo conflitto mondiale  e infine, la fondazione sempre nel ’43, della rivista “Fronte Unito”, settimanale di informazione per i prigionieri di guerra italiani distribuito in Egitto e in Tripolitania che poi diventerà “Il mattino della domenica”.

 

Nel 1947, dopo 26 anni di matrimonio e una figlia, Fausta si separa dal marito e torna in Italia dove inizia a collaborare tra gli altri con L’Unità, Rinascita nuova, Il Contemporaneo, Noi donne e segue da vicino il dilemma della ricostruzione di un paese dilaniato dalla guerra, occupandosi molto dello sfruttamento del lavoro femminile negli anni della cosiddetta ripresa economica. Si stabilisce prima dalla madre a Roma e poi in provincia di Varese, continuando di frequente a fare viaggi che la portano dalla figlia Lily in Kuwait ed in Inghilterra. Non di meno, va ricordata la sua attività di traduttrice raffinatissima dall’inglese: sono celebri, tra gli altri suoi lavori, la versione italiana di “Giro di vite” di Henry James e la traduzione delle “Piccole donne” e “Piccole donne crescono” di Louise May Alcott.

 

Fausta Cialente è stata una dei primi intellettuali europei a riflettere in sede narrativa sulla necessità di avviare un processo di decolonizzazione; la portata di un messaggio così importante, espresso inoltre dalla voce di una donna, la forza e la lucidità con cui la Cialente affronta sulla pagina temi sociali di libertà e di uguaglianza, forse sono sufficienti a spiegare in parte il perché di tanto oblio, ma in questa sede né in altre si desidera fare processi a fantasmi e a meccanismi spesso incontrollati . Dopo una vita da apolide, in continuo contatto con mondi e prospettive diverse, dedicata ad una scrittura precisa eppure fiabesca, lucida e a tratti esoterica, impegnata e nel contempo semplice, Fausta Cialente si spegne nel marzo del 1994, in un piccolo villaggio della campagna inglese, lasciandoci in eredità romanzi, racconti e diari di rara bellezza, istantanee affascinanti, autentiche e di grande umanità che un paese civile ha il dovere di celebrare e ricordare degnamente.

 

*docente e scrittrice

 




Nereto. Presentazione del libro “IL NAUFRAGIO DELL’UTOPIA. Il Titanic degli abruzzesi dimenticati

L’ass.ne culturale NUOVE SINTESI, “TABULA FATI”Editrice, e col PATROCINIO del COMUNE di NERETO, vi invitano alla presentazione del libro “IL NAUFRAGIO DELL’UTOPIA. Il Titanic degli abruzzesi dimenticati 17 marzo 1891” .15037359_10207598476742742_8238612209155875739_n

Introduce: Prof. Elso Simone Serpentini (Storico e Saggista)

Presenta: Marino Valentini autore del libro (Saggista, Consulente in Materia Finanziaria e Bancaria)

SABATO 3 DICEMBRE 2016, ORE 17.15 SALA COMUNALE “SALVADOR ALLENDE” – NERETO (TE).

Sabato 3 dicembre l’ass.ne culturale Nuove Sintesi-FederAzione vi invita alla presentazione del libro “IL NAUFRAGIO DELL’UTOPIA. Il Titanic degli abruzzesi dimenticati 17 marzo 1891”. Il libro percorre un ideale viaggio di trent’anni a partire dal 17 marzo 1861, data dell’Unità d’Italia. Richiama in particolare il pomeriggio del 17 marzo 1891, momento in cui il piroscafo Utopia, partito alla volta di New York, si inabissò nella baia di Gibilterra, 563 furono le vittime del tragico viaggio a bordo di una nave dal nome premonitore, a cui più di 800 italiani avevano affidato gli auspici per una rinascita, emigrando lontano dalla miseria in cui era disgraziatamente piombato il Sud del neonato Regno d’Italia. La ferita più profonda inferta a questi emigranti non fu tanto quella che ne causò la morte, quanto la fredda dimenticanza per la loro triste storia, che li fece simbolicamente annegare una seconda volta nell’indifferenza delle cronache contemporanee e postume nei 120 anni trascorsi dalla sciagura. In questo risiede lo scopo principe del libro, nell’esigenza di rimarginare una ferita che ancora sanguina, restituendo al contempo dignità umana ai protagonisti del naufragio.

Cercheremo e questo come riflessione e analisi anche dell’attualità di mettere a confronto l’emigrazione degli italiani, soprattutto meridionali (ed abruzzesi) di fine ‘800 inizi’900 con l’invasione attuale dell’Italia e dell’Europa, questo grazie alla duttilità e agli studi dei relatori.




IN FUGA DALL’ITALIA Interessante ricerca di Raffaella Quieti Cartledge su alcuni percorsi di successo di abruzzesi nel mondo di Antonio Bini

 

 

 

PESCARA – Sono diversi gli indicatori che fotografano il declino del nostro Paese e non solo il PIL, indice cui si guarda con maggiore frequenza. I giovani, quando riescono a trovare un’occupazione, anche se in possesso di una laurea, sono impiegati in genere come commessi, camerieri, operatori di call center, baristi, pizzaioli, parrucchieri. E’ paradossale che questo accada mentre, secondo l’OCSE, l’Italia è in fondo alle classifiche per numero di laureati.

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In un paese in flessione demografica, dove le iscrizioni universitarie tendono a diminuire, il problema non è costituito dal numero di laureati quanto da un’economia ferma, inceppata, con poche aziende operanti in settori dinamici, da insufficienti investimenti pubblici di stimolo per l’innovazione e l’internazionalizzazione, una pubblica amministrazione invecchiata e poco adeguata ai processi di modernizzazione e globalizzazione, e soprattutto affetta da diffusi livelli di corruzione che sembrano inarrestabili. E’ dello scorso mese di settembre scorso la denuncia dell’autorità anticorruzione sulle problematiche del reclutamento dei docenti universitari nel nostro Paese.

 

Per molti giovani che non riescono a trovare lavoro o che non si accontentano di quello che offre il mercato l’unica strada percorribile sembra quella di lasciare l’Italia e partire, non più soltanto dal meridione, alla ricerca di occupazioni professionalmente coerenti con le aspettative derivanti dai percorsi formativi seguiti. La fuga dall’Italia non emerge in pieno dai dati Istat, che assumono a riferimento i soli elementi desumibili dall’iscrizione all’anagrafe degli italiani all’estero (AIRE), che riflette in modo assai parziale il preoccupante fenomeno, in quanto sono molti a registrarsi anche a distanza di anni dall’uscita dall’Italia, in attesa di una stabilizzazione del lavoro e di scelte di vita che spesso maturano nel tempo.

 

Secondo varie stime, nel 2015 sarebbero stati oltre centomila giovani, prevalentemente laureati a lasciarsi alle spalle l’Italia, per dare una prospettiva al proprio futuro, spesso senza ritorno. Se un tempo si emigrava per sopravvivere alla miseria, oggi la necessità di lasciare alle spalle la propria terra è sempre più quella di poter realizzare obiettivi professionali ed economici non altrimenti raggiungibili nel nostro Paese.

 

In un recente saggio di Raffaella Quieti Cartledge, presentato nella sede della Fondazione Pescarabruzzo, che ha opportunamente sostenuto la pubblicazione della ricerca, sono stati studiati 24 casi di successo di abruzzesi in ambito internazionale, tre per ciascuna delle otto aree professionali considerate: economisti (Pierluigi Ciocca, Giammarco Ottaviano, Emanuela Sciubba), ambasciatori e diplomatici (Torquato Cardilli, Andrea Della Nebbia, Domenico Vecchioni), cooperazione internazionale (Marina Catena, Carlo Miglioli, Ernesto Sirolli), scienza e ricerca (Nicola Baccile, Giusy Fiucci, Giuseppe Montano), medici (Vincenzo Berghella, Elisabetta Iammarone, Marcello Maviglia), musica e creatività (Roberto Borriello, Rita D’Arcangelo, Paolo Russo), imprenditoria e management (Roberto  Lorenzini, Daniela Puglielli, Filippo Tattoni Marcozzi), banche e investimenti (Luca De Leonardis, Fabio Di Vincenzo, Lily Lapenna). I loro nomi spesso non dicono molto al grande pubblico ma sono ben noti nelle rispettive aree professionali.

 

Il saggio, dal titolo “Eccellenze abruzzesi nel mondo”, pubblicato da Ianieri, è forse la prima ricerca che guarda all’Italia e all’Abruzzo dall’estero, essendo l’autrice una giornalista residente a Londra. E’ evidente che l’orizzonte di brillanti carriere è decisamente più vasto e forse impossibile da censire sugli scenari internazionali, ma il campione studiato è senz’altro rappresentativo del fenomeno della più recente emigrazione, che in parte comprende la c.d. generazione Erasmus. Un fenomeno che andrebbe meglio studiato.

 

L’autrice, che si è avvalsa della collaborazione del prof. Massimo Sergiacomo, spiega che lo scopo del lavoro “è quella di fornire ispirazione ai giovani abruzzesi”, che andranno ad ingrossare le fila di quanti sono in fuga dal nostro paese. Una prospettiva questa che sottrae il libro dall’orgoglio provinciale che caratterizzava alcune pubblicazioni del passato, per aprirsi piuttosto ad una lettura critica dei limiti del nostro paese.

 

Per ciascun personaggio, dopo il profilo biografico, seguono una serie di risposte rispetto ad griglia di domande comune a tutti gli intervistati. Tale circostanza permette di rilevare riflessioni spesso comuni tra gli intervistati, a cominciare dal concetto di “successo” ridimensionato, con modestia, in traguardi professionali di alto profilo, che potrebbero riservare ulteriori margini di crescita, soprattutto per i più giovani.

 

Tutti sono concordi nel riconoscere nei valori tradizionali della famiglia una spinta positiva insieme alla formazione primaria e secondaria, che poi ha finito per assumere un ruolo spesso fondamentale nell’affrontare i successivi studi, generalmente proseguiti all’estero. Frequenti sono i ricordi personali di docenti che hanno esercitato la loro influenza morale ed educativa. Tra i tanti merita di essere segnalato l’affettuoso ricordo che il compositore e musicista Paolo Russo, che vive in Danimarca, ha fatto della sua prima insegnante di pianoforte, Rachele Marchegiani, alla quale ha voluto dedicare alcuni mesi fa un suo concerto a New York, mentre l’anziana docente pescarese era morente.

 

Si può dire che per tutti le strade del mondo hanno rappresentato percorsi praticabili, conseguendo mete altrimenti molto difficili da raggiungere in Italia, o semplicemente impossibili rimanendo in Abruzzo. Tra i casi più emblematici è significativa la storia del giovane scienziato aerospaziale Giuseppe Montano. Dopo la laurea in ingegneria informatica e i curriculum inutilmente inviati qua e là, il neo ingegnere rientrato a Pescara non trovava altro che un lavoro precario in una “aziendina”, come tecnico riparatore di computer e stampanti, anche a domicilio. Poi la sua passione per la ricerca aerospaziale lo ha portato a positivi contatti con centri di ricerca internazionale al punto che la Rolls-Royce, che opera anche in questo settore, ritenne di finanziargli ulteriori costosi studi nella Università di York.  Oggi Montano, a soli 34 anni, è leader del gruppo di studi spaziali avanzati di Airbus Defence and Space, la seconda azienda aerospaziale al mondo.

 

Un aspetto di particolare interesse è costituito dalle risposte alla domanda su possibili suggerimenti alla politica regionale. Risposte in genere diplomatiche e tese a sostenere l’esigenza di un miglioramento complessivo della formazione, compresa quella universitaria, che costituisce materia di competenza principalmente statale, ma anche critiche su un sistema che non riconosce sufficientemente il merito, sul ritardo culturale rispetto agli altri paesi occidentali e ancora su altri aspetti che meriterebbero un’analisi a parte, ammesso che ci sia una classe dirigente locale disposta ascoltare e far tesoro di tali riflessioni.

 

La presentazione ufficiale del libro è stata preceduta da un incontro informale nello scorso mese di agosto in un elegante ristorante sul mare pescarese, organizzato da Raffaella Quieti Carledge. Una piacevole occasione per un aperitivo tra i protagonisti coinvolti nella ricerca, provenienti da varie parti del mondo, che hanno potuto conoscersi e scambiare idee e opinioni, passando a discutere di Brexit, della vita a Singapore, Los Angeles, ecc.

 

Le conversazioni passavano frequentemente dall’italiano all’inglese, anche per coinvolgere familiari al seguito. Invitato all’incontro ho potuto confrontarmi con l’economista Ernesto Sirolli, stratega dello sviluppo locale, che si muove da Sacramento (California) per il mondo, accompagnato dalla moglie australiana Martha, pure economista, con il banchiere Fabio Di Vincenzo, “pendolare europeo” tra Londra, Lussemburgo e altri paesi, e quindi con la stessa autrice della ricerca e brillante organizzatrice del meeting, preziosa opportunità per cogliere anche la distanza con la realtà locale, ancora molto lontana dalla complessità degli scenari competitivi della società globale.

 

 

 

 

 

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“LA MATRICIANA PER GLI ABRUZZESI DEL TRENTINO“ – Chef d’eccezione Luca Erioldi –

 

 

La Libera Associazione Abruzzesi del Trentino Alto Adige presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, ha tenuto a Bolzano la seconda edizione della sagra della salsiccia, alla quale hanno partecipato numerosi soci provenienti dalle varie località della regione trentina. L’appuntamento gastronomico è stato preceduto ed accompagnato da un piatto tipico della tradizione abruzzese “la pasta all’Amatriciana” preparato con rara perizia e nel rispetto delle antiche tradizioni dallo Chef Luca Erioldi allievo del grande maestro della cucina italiana Gualtiero Marchesi, coadiuvato dal cuoco Luigino Villalta. Giova ricordare in questa circostanza che Amatrice comune recentemente terremotato, sino al 1927 era inserito nella provincia di L’Aquila nell’Abruzzo Ulteriore. Noi auspichiamo sempre che in occasione di una prossima ridefinizione dei territori che l’Abruzzo Ulteriore oggi inserito ingiustamente nella Regione Lazio possa rientrare presto per motivi etnici e cultuali nei confini storici della Terra d’Abruzzo. Il presidente Sciullo della Rocca al termine della sagra ha ringraziato lo Chef Luca per avere espresso una maestria altamente qualifica alla sequela del grande interprete della cucina tradizionale Alain Ducasse, elogiando contestualmente i soci, Daniela Zaninelli, Elisabetta D’Aurelio, Marco Timperio,  Gabriele Antinarella e Marina Natale per aver curato l’organizzazione di questo importante evento annuale.

 

ALLEGATE: Foto di Foto Arte Asmodeo Rennes

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Seconda Missione #Humanity4refugees Parte oggi, giovedì 24 novembre, la seconda Missione Umanitaria Internazionale nell’ambito del Progetto #Humanity4Refugees.

Una delegazione di Volontari del Comitato della Croce Rossa Italiana di Cepagatti (tra cui il Presidente Constantino Camblor) partirà alla volta della Grecia per consegnare ai colleghi della Croce Rossa Ellenica il ricavato della raccolta fondi effettuata lo scorso luglio in collaborazione con la Provincia di Pescara.img-20160714-wa0046
Il denaro sarà utilizzato per l’acquisto di sacchi a pelo da destinare ai bambini rifugiati che si trovano accampati al confine tra Grecia e Macedonia in attesa di poter raggiungere altre Nazioni.
Ricordiamo che il Progetto #Humanity4Refugees nasce con l’intento di fornire aiuto concreto alle migliaia di profughi che, a causa di persecuzioni, conflitti e povertà, sono state costrette ad abbandonare la propria Terra.
Da qui,lo scorso giugno, era partita la prima Missione da parte del Comitato CRI di Cepagatti che aveva consegnato ai colleghi Ellenici circa 5 tonnellate di materiali, perlopiù generi alimentari destinati ai bambini.
Oltre ad un aiuto concreto, il Progetto si pone l’obiettivo più ampio di sensibilizzazione verso il problema dei Profughi. Per questa ragione lo scorso luglio è stata organizzata una mostra fotografica presso il Palazzo della Provincia di Pescara, con gli scatti di quanto fatto e visto nel corso della Missione.
Per l’inaugurazione della mostra il Presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, ha invitato tutti i Sindaci ricadenti nel suo territorio, invitando gli stessi a fare una donazione per l’acquisto di latte in polvere per i bambini presenti nei campi Greci.
Con il passare dei mesi, però, le esigenze sono cambiate e, visto l’approssimarsi dell’inverno, la Croce Rossa Greca ha segnalato l’urgente necessità di sacchi a pelo, per riscaldare soprattutto i più piccoli.
La richiesta è stata, ovviamente, accettata dal Presidente Camblor che, in accordo con il Presidente Di Marco, destinerà i fondi raccolti per l’acquisto di quanto richiesto.
“I bambini da sempre sono al centro delle attività messe in campo dal Comitato di Cepagatti e rappresentano per noi una priorità assoluta. Non è un caso, infatti, che a pochissimi giorni dal sisma del 24 agosto, ci siamo impegnati per l’allestimento di una ludoteca presso il campo di accoglienza di Grisciano. Un’iniziativa prontamente ripresa successivamente da altri Comitati in occasione del secondo sisma di ottobre”. Spiega il Presidente Camblor che aggiunge: “Purtroppo la situazione dei bambini profughi in Grecia è davvero critica e le foto presentate nella mostra organizzata a luglio ne sono una testimonianza. Ma se a giugno era difficile, ora, con l’approssimarsi dell’inverno, diventa ancora più complicata”.
Chiusa questa seconda Missione resterà comunque aperto il Progetto #Humanity4refugees.



La storia in cattedra. Dall’Abruzzo alla Calabria, si studia la tragedia di Marcinelle con un libro e una mostra fotografica. di Domenico Logozzo *

La storia in cattedra. Dall’Abruzzo alla Calabria, si studia la tragedia di Marcinelle con un libro e una mostra fotografica.

 

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GIOIOSA JONICA – “I giorni del funerale…non ricordo come si svolsero. Ricordo solo tante bare, vestiti neri, pianti, urla. Immenso smarrimento e vuoto…”. Aveva 10 anni Santina Di Berardino, quando il 27 novembre 1956 venivano celebrati a Pescara (il giorno dopo a Manoppello), i funerali del padre Cesare e delle vittime abruzzesi della tragedia avvenuta nella miniera carbonifera di Marcinelle la mattina dell’8 agosto di 60 anni fa. Persero la vita 262 minatori,136 italiani. Il tributo più alto venne pagato dall’Abruzzo: 60 morti, ben 23 di Manoppello.

 

Nel 1946 il padre di Santina era stato uno dei primi a partire dal paesino abruzzese nella speranza di una vita migliore. Ha trovato la morte. La Federazione Carbonifera Belga offriva “agli operai italiani condizioni particolarmente vantaggiose per il lavoro sotterraneo nelle miniere belghe”. Un inganno nato dallo scellerato accordo uomo-carbone tra il governo italiano e quello belga. L’Italia si impegnava a mandare cinquantamila minatori nei pozzi di carbone della Vallonia al ritmo di duemila ogni settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno a emigrato. L’uomo valeva meno di un sacco di carbone. C’era tanta fame. Tanta disperazione. Fuga obbligata all’estero, per sopravvivere. Condizioni di lavoro precarie. Nessuna sicurezza. Responsabilità gravi che non sono state punite. Si parlò di errore umano, di una manovra sbagliata dovuta alla non buona conoscenza della lingua da parte di un giovane minatore. Tante vittime, tante famiglie distrutte dal dolore, ma praticamente nessuno ha pagato.

 

Cesare Di Berardino lasciò la moglie, Antonietta, di 36 anni, con quattro figlie piccole. E oggi Santina ricorda commossa: “Con papà morto, la mamma assunse una maschera di dolore che non si tolse più”. Ci parla dell’infanzia, delle tante difficoltà incontrate. “Lo sradicamento dal luogo dove ero cresciuta, il rimpatrio avvenuto insieme a persone amiche, ma non con i famigliari, l’ingresso in collegio e quindi il distacco dagli affetti, dalla vita all’aria aperta, il problema linguistico perché non conoscevo l’italiano e tutte le difficoltà legate al fatto che avrei dovuto affrontare la vita senza il mio papà, senza la mia famiglia, le mie sorelle, la mia mamma, gli zii, in compagnia di persone sconosciute, che erano le suore e bambine orfane come me”. Prove durissime. Che ha affrontato e superato con coraggio. Lottare. Non fermarsi mai. La forza delle donne abruzzesi.

 

“La tragedia di Marcinelle mi ha insegnato a tenere duro a qualsiasi costo. Ho capito che la vita va vissuta al massimo nonostante tutto, con tanto amore, coraggio, forza e con tanta generosità. Questo messaggio di vita l’ho ricevuto dai miei genitori e voglio condividerlo con tutti”. Un messaggio che le figlie Enrica e Martina portano oggi avanti con iniziative concrete e con positivi riscontri. Ci riferiamo in particolare al libro “La nostra Marcinelle. Voci al femminile”, scritto da Martina Buccione (Edizioni Menabò-Pescarabruzzo) che è stato distribuito gratuitamente in ventimila copie dal quotidiano più diffuso dell’Abruzzo “il Centro” il 6 agosto scorso. E poi il progetto di scambio artistico-culturale con il Belgio e il concorso “Radici profonde. L’emigrazione dei minatori abruzzesi in Vallonia nel secondo dopoguerra”, rivolto alle scuole superiori dell’Abruzzo, sul tema dell’emigrazione e della vita quotidiana delle famiglie dei minatori italiani emigrati in Belgio nel secondo dopoguerra. E ancora la mostra fotografica “Il Bosco dei ricordi: l’Altra Marcinelle” di Max Pelagatti, a cura di Enrica Buccione, l’altra figlia di Santina, incentrata sulla vita quotidiana delle famiglie dei minatori italiani emigrati in Belgio tra il 1946 e il 1956, anno della catastrofe nella miniera del Bois du Cazier.

 

Spiegano i promotori: “La collezione è un racconto per immagini, filtrato attraverso gli occhi di donne, vedove ed orfane di Marcinelle, appartenenti alla famiglia di Cesare Di Berardino, una delle 262 vittime della tragedia. Per la prima volta un tema sociale di tale rilevanza storica, sia per l’Italia sia per il Belgio, è stato trattato applicando alla fotografia digitale un insieme di tecniche moderne, quali il compositing e la CGI (computer generated imagery), grazie alle quali il fotografo Max Pelagatti ha dato vita ad immagini surreali e dal forte potere evocativo”.

 

 

Il progetto che ha ricevuto, tra gli altri, il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, dell’Ambasciata d’Italia in Belgio, dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, del Comune di Charleroi e della Regione Abruzzo, è stato presentato lo scorso 22 giugno al Parlamento Europeo di Bruxelles in occasione dell’evento di commemorazione dei 70 anni dalla firma del protocollo italo-belga. “Il lavoro di Pelagatti – ci dice Enrica Buccione – vuole essere una base di dialogo e di riflessione per sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni sul tema dell’emigrazione oggi: gli esempi del passato possono aiutare a comprendere i fenomeni migratori attuali e a combattere i pregiudizi e la stigmatizzazione”.

 

L’esposizione è stata inaugurata il 1° agosto a Pescara dalla Principessa Astrid del Belgio. Successivamente è stata esposta al museo Le Bois du Cazier (patrimonio UNESCO) di Marcinelle dall’8 agosto al 25 settembre e presso il Comitato Economico e Sociale Europeo di Bruxelles dal 21 settembre al 14 ottobre. Attualmente si trova in Calabria, nelle sale del Convento dei Minimi di Roccella Jonica, grazie alla collaborazione tra l’Associazione Museo della Scuola “I CARE” di Siderno e la Fondazione Pescarabruzzo di Pescara, che sostiene concretamente il progetto.

 

Abbiamo coinvolto tutte le scuole della Locride e abbiamo anche indetto un concorso. Gli studenti potranno partecipare con un elaborato di tipo storico-documentale o artistico-letterario”, spiega il prof. Vito Pirruccio, dirigente scolastico e presidente della dinamica associazione culturale. Ricorda che nella miniera belga sono morti quattro calabresi e sottolinea che “unitamente all’Amministrazione Comunale di Roccella Jonica e al Circolo di Lettura ARAS abbiamo voluto cogliere il messaggio contenuto nel progetto fotografico IL BOSCO DEI RICORDI: L’ALTRA MARCINELLE, di Max Pelagatti ed Enrica Buccione. Creare una base di dialogo e di riflessione per sensibilizzare le giovani generazioni su uno spaccato di Storia Meridionale spesso relegato dalla pubblicistica in un angolo”. Evidenzia che “Marcinelle è una pagina tragica dell’emigrazione italiana, ma, nello stesso tempo, è uno spaccato di quel grande contributo dato dal Sud all’Italia distrutta moralmente ed economicamente dal fascismo e dal secondo conflitto mondiale. Compito della nostra Associazione è, anche, quello di rimettere la storia in cattedra e proporla, in forma innovativa, alle scuole del territorio”.

 

 

E in Abruzzo dal mondo della scuola arrivano importanti segnali d’attenzione. “Una terza media dell’Istituto comprensivo di Loreto Aprutino, paese dell’entroterra abruzzese – ci dice Martina Buccione -, ha scelto di adottare e leggere il libro “La nostra Marcinelle. Voci al femminile” nell’ambito di un progetto sulla storia, finalizzato alla stesura di un libro digitale per le future terze classi. E’ significativo che si sia scelto proprio un libro sulla memoria per tenerne vivo il filo”.

 

Se l’aspettava tanta attenzione?

“Ad essere sincera i riscontri positivi in merito al progetto su Marcinelle hanno superato le aspettative iniziali. Il mio motto è: “Spera il meglio, ma aspettati il peggio” e mi ha sempre aiutata a dare il giusto peso agli eventi della vita, senza tuttavia mai smettere di credere che la passione e l’impegno possano plasmare una realtà migliore da quella di partenza. Giorno dopo giorno l’attenzione per una tematica che è ancora di grande attualità ha fatto sì che si creasse una rete di persone interessate e sensibili, che ci hanno supportati e hanno creduto in noi.”

 

Anche in Calabria la scuola sta dimostrando un certo interesse.

“Sono convinta che conoscere il passato aiuti a comprendere il presente e a guardare al futuro in modo più consapevole e costruttivo. L’attenzione che ha riservato al libro il mondo della scuola, in particolare in un’area come la Calabria, terra d’emigrazione e contemporaneamente di immigrazione e troppo spesso oggetto di pregiudizi, mi fa confidare ancor più nel fatto che solo passando attraverso le nuove generazioni si possa attuare un cambiamento che sia veicolo di un miglioramento progressivo. Con l’associazione Elle Elle – Lingua e Linguaggi, di cui sono fondatrice e Presidente, bandiremo la seconda edizione del concorso artistico e letterario “Radici profonde”, rivolto proprio agli studenti delle scuole superiori, per tenere vivo il ricordo di quanti lasciarono il nostro Paese per emigrare in Belgio e aiutare a comprendere quanti emigrano oggi in condizioni spesso simili (se non peggiori) a quelle di allora. I vincitori della prima edizione hanno avuto l’opportunità di andare a visitare il Bois du Cazier, dove avvenne la tragedia nel 1956, e di essere ospitati da famiglie di ex-minatori.

 

Cosa l’ha spinta a scrivere “La nostra Marcinelle”?

“Avevo la necessità di conoscere le mie radici, per sentirmi più solida. Credo che accada a tutti, prima o poi, nella vita. Sentivo parlare di Marcinelle, ma solo sporadicamente e fortuitamente. Mangiavo gaufres e crêpes sin da bambina, cantavo canzoni in francese, ma non sapevo il perché. Allora ho cominciato a fare domande.”

 

E ha cercato le risposte da chi poteva dargliele per esperienza diretta, vita vissuta, tra speranze e sofferenze. Conversazioni che ora sono pagine di storia.

“Ho raccolto, sotto forma di intervista, i racconti e i ricordi delle donne della mia famiglia, orfane e vedove di Marcinelle; mia madre Santina e sua sorella Pia, figlie di Cesare Di Berardino e Lucia, la loro zia, vedova di Santino Di Donato. Hanno coraggiosamente rotto un lungo silenzio impregnato di dolore, facendo rivivere, con la loro testimonianza, il mondo di una volta, denso di valori semplici ed essenziali, che accompagnava il lavoro in miniera degli emigrati. Il loro racconto corale coniuga la dimensione individuale e quella collettiva della memoria, offrendo uno spaccato della vita quotidiana della comunità abruzzese nel contesto belga nel decennio 1946-56.”

 

Un libro che fa riflettere in un’epoca in cui si corre molto, c’è tanta superficialità e scarsa attenzione per le grandi lezioni del passato, come quelle che ci hanno lasciato in eredità i minatori e delle vedove di Marcinelle. Una eredità da non disperdere.

“Siamo noi che viviamo oggi in Europa e che beneficiamo dei tanti sacrifici fatti dai minatori, a dover ricordare e richiamare in cuore quella pagina della storia collettiva. Si rende necessario in ognuno uno sforzo della coscienza per invertire la rotta in un presente che sempre più velocemente e freddamente si proietta verso il futuro, dimentico del passato. Non si dovrebbe guardare indietro con nostalgia, ma per tenere alta la consapevolezza di chi siamo, da dove proveniamo e di dove abbiamo la possibilità di giungere.”

 

E le donne sono le grandi protagoniste. Dignità e coraggio. Esempi da tenere bene in mente e trasmettere alle giovani generazioni.

“La resistenza delle donne di Marcinelle, dei figli, dei nipoti e di quanti sopravvissero, che continuano a tenere vivo il ricordo, non solo della tragedia dei lavoratori, ma anche della vita quotidiana che c’era intorno alla miniera, fatta di semplicità, di solidarietà, di accoglienza, dovrebbe parlare ai cuori anche oggi. Dovrebbe indicare una strada da (ri-)percorrere, recuperando valori solidi e universali: l’attenzione alla persona, il piacere della condivisione, il rispetto reciproco, la dedizione al lavoro e alla famiglia, lo spirito di sacrificio per raggiungere obiettivi concreti, il superamento dei pregiudizi attraverso la conoscenza dell’altro.”

 

Martina ci ricorda infine che “il libro è stato presentato in concomitanza con l’inaugurazione della mostra fotografica, ad esso ispirata, prima a Pescara (presso la sede della Fondazione Pescarabruzzo e nell’ambito del Solstizio/ Equinozio Aurum Festival) e poi a Marcinelle, presso il Bois du Cazier. Il volume sarà presentato in Calabria il 27 novembre, a Bruxelles nel mese di dicembre 2016, presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia in Belgio, Vincenzo Grassi, e successivamente presso il centro ATLAS di Anversa, nell’ambito di una iniziativa sul tema dell’emigrazione, promossa dalla Società Dante Alighieri; infine approderà alla Camera dei Deputati, nel mese di febbraio 2017”.

 

*già Caporedattore TGR Rai

FOTO:

a- I giorni del dolore. I funerali delle vittime di Marcinelle.

b-“Passeport”, foto di copertina del libro di Marina Buccione, dalla collezione “1956-2016 Il bosco dei ricordi: l’Altra Marcinelle” di Max Pelagatti. Rielaborazione della foto apposta sul passaporto per la partenza verso il Belgio. Antonietta con le figlie Pia (a destra) e Santina (in braccio).

c- Martina Buccione con la mamma Santina a Pescara.

d,e,f,g,h- Foto della mostra di Alex Pelagatti IL BOSCO DEI RICORDI:L’ALTRA MARCINELLE, a cura di Enrica Buccione.

 




“ABRUZZESI IN SLOVENIA PER VISITARE I LUOGHI DELLE BATTAGLIE SULL’ISONZO E LE SEDI STANZIALI DEI BATTAGLIONI ALPINI VAL PESCARA E L’AQUILA”

 

 

 

Nel quadro delle attività storico culturali, una delegazione della Libera Associazione Abruzzesi Trentino Alto Adige guidata dal presidente Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, congiuntamente ad una rappresentanza dell’Accademia Culturale San Venceslao di Bolzano, si sono recati in Slovenia per visitare i luoghi dove cruenti furono i combattimenti tra l’Esercito Italiano e l’Esercito Austriaco nel corso della prima guerra mondiale, oltre che per visitare le sedi dove furono dislocate le Caserme del Battaglione Alpini L’Aquila a Tolmin, e quella del Battaglione Alpini Val Pescara a Bovec nell’alta Valle dell’Isonzo.

Slovenia – Bovec  I resti della Caserma già sede del Battaglione Ai Val Pescara.
Slovenia – Bovec I resti della Caserma già sede del Battaglione Ai Val Pescara.

Tra i componenti della delegazione gli storici Roberto Casanova e Gabriele Di Lorenzo che in ogni luogo raggiunto hanno effettuato l’inquadramento topografico della zona e spiegato con alta competenza i moventi delle truppe e le fortificazioni di alta montagna, in particolare quelle del Monte Nero e del Monte Canino. Nell’itinerario hanno reso omaggio ai caduti italiani della prima guerra mondiale presso la “Cappella Alpina Torneranno” a Vojoska di Gabrje e presso il “Sacrario Militare Italiano” a Kobarid

Slovenia – Koparid,  Lo storico Casanova, il Direttore del Museo Hobic, il pres. Sciullo della Rocca.
Slovenia – Koparid, Lo storico Casanova, il Direttore del Museo Hobic, il pres. Sciullo della Rocca.

davanti al quale giurarono gli alpini del Battaglione Val Pescara prima di essere inviati a combattere in Albania nel corso della seconda guerra mondiale. Sosta doverosa presso il Museo di Kobarid dove si è tenuto un brefing illustrativo inerente alla varie battaglie dell’Isonzo, mentore e guida sapiente è stato Vojko Hobic ex direttore del Museo della Grande Guerra, che tra l’altro ha mostrato agli illustri ospiti i vari cimeli e reperti di guerra oltre alle foto d’epoca inerenti alla linea ferroviaria militare che collegava Cividale del Friuli con Caporetto (attuale Kobarid) realizzata per favorire i rifornimenti italiani sulla linea dell’Isonzo, rimasta attiva dal 1916 al 1920 per uso militare e dal 1921 al 1932 per uso civile. In questa occasione l’esperto di storia militare Gabriele Di Lorenzo nella sua replica di chiusura dopo il saluto di ringraziamento del presidente Sciullo della Rocca ai convenuti, ha evidenziato che le battaglie combattute nella zona dell’Isonzo rientrano tra le prime operazioni caratterizzate da elementi di guerra lampo, emblematici restano i combattimenti degli alpini nelle alpi slovene che rientrano nel novero dei più grandi combattimenti tenuti in alta montagna nella storia dell’umanità dove le sofferenze deglialpini nel corso dell’estenuante guerra di posizione in cui gli eserciti si contendevano palmo a palmo i terreni più impervi, furono costretti a combattere e a morire di ferite o di stenti a 2.500 metri di quota, queste difficoltà oggettive, insieme all’undicesima battaglia dell’Isonzo è stata la più grande campagna militare combattuta sul suolo sloveno.

 




IL PADIGLIONE “CIBUS E’ ITALIA” A EXPO DUBAI 2020

Missione governativa in Dubai per il prossimo Expo – Presente anche una delegazione di Federalimentare e Fiere di Parma – Presentato il concept del padiglione “Cibus è Italia”
(Parma, 9 novembre 2016) – Sono iniziati i preparativi per il prossimo Expo, che si terrà in Dubai nel 2020: dopo il successo riscontrato all’ Expo2015 di Milano, il padiglione “Cibus è Italia”, realizzato da Federalimentare e da Fiere di Parma con il suo format innovativo sarà presente a Expo Dubai 2020.

Lo ha annunciato una delegazione di Federalimentare e Fiere di Parma che ha partecipato ieri alla missione del Governo italiano negli Emirati Arabi Uniti, guidata dal Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, e dal Sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto. Martina ha comunicato l’adesione ufficiale dell’Italia all’Esposizione Universale in Dubai, il cui tema sarà “Connecting Minds, Creating the Future”. Scalfarotto ha inaugurato la Gulfood Manufacturing di Dubai e il padiglione italiano presso la Fiera agroalimentare gemella ‘Speciality Food’ cui hanno partecipato 180 imprese italiane presenti e attive in fiera nel settore dei macchinari e delle attrezzature da cucina e ristorazione e 34 quelle agroalimentari ospitate nello spazio Ice.

La delegazione di Federalimentare e di Fiere di Parma ha potuto presentare il progetto del padiglione “Cibus è Italia” al Comitato Organizzatore di Dubai2020 e sottolineare l’expertise maturata in occasione di EXPO Milano 2015.

Cibus ha anche avuto modo di sostenere l’evento di gala che ha segnato il lancio in anteprima internazionale da Dubai (dal 21 al 27 novembre) della prima “Settimana della cucina italiana nel mondo”, manifestazione che vedrà i prodotti alimentari italiani e le ricette della tradizione nostrana protagonisti assoluti di oltre 1300 eventi nel mondo.