SE SOLO LI AVESSERO ASCOLTATI “MARCINELLE” NON CI SAREBBE STATA. RICORDIAMO ED ONORIAMO QUESTI CORAGGIOSI EROI DELLA VERITA’.

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

 

Pescara, 7 agosto 1956

Sessantesimo della Tragedia di Marcinelle (8 agosto 1956 – 8 agosto 2016)

 

SE SOLO LI AVESSERO ASCOLTATI “MARCINELLE” NON CI SAREBBE STATA. RICORDIAMO ED ONORIAMO QUESTI CORAGGIOSI EROI DELLA VERITA’.

 

Jean Van Lierde e Gastone Lodolo sono a loro modo degli eroi. Entrambi, da diverse posizioni sociali, ebbero il coraggio della denuncia. Per entrambi la Miniera del “Bois du Cazier” andava chiusa ed immediatamente  perché insicura. Altrimenti la tragedia sarebbe stata inevitabile. Per aver detto solo la verità pagarono un durissimo prezzo. Solo il tempo avrebbe, purtroppo e tragicamente, dato loro ragione.

 

Jean Van Lierdejean van lierde

Nel 1952 il Ministro della Difesa belga propose ad un giovane obiettore di coscienza (probabilmente in primo in assoluto in quella nazione) di andare a lavorare per due anni, in sostituzione del servizio militare, in una miniera. Quel ragazzo si chiamava Jean Van Lierde, nato a Charleroi il 15 febbraio del 1926,  e successivamente diverrà un punto di riferimento del pacifismo e dell’antimilitarismo europeo. Jean Van Lierde non poté fare altro  che accettare. La miniera a cui fu destinato era il “Bouis du Cazier” di Marcinelle. Nel 1953 il giovane belga ebbe il coraggio di pubblicare un piccolo opuscolo nel quale descriveva le umilianti condizioni di lavoro dei minatori e la pericolosità di quella che lui definiva la “tomba della dignità umana”.  Parlando dei minatori e delle loro famiglie diceva: “ Una volta qui sono trattati come bestie”. Parlando della miniera diceva: “Sembra di essere uomini vivi in attesa di morire. Nulla qui risponde alla logica della tutela e della sicurezza dei lavorati. Ma tutto mira al conseguimento del massimo utile”. Naturalmente per  Jean Van Lierde arrivarono provvedimenti ed inviti a tacere. Poi nell’agosto del 1956 la tragedia. Subito dopo scriverà un libro “6 mois dans l’enfer d’une mine belge : le Bois du Casier à Marcinelle avant la catastrophe du 8 août 1956”. Si proprio così: “6 mesi nell’inferno della miniera”. Quando, molti anni dopo, gli verrà chiesto di lasciare una sua testimonianza dirà: “Ricordo il caldo terribile, chilometri sottoterra prima di raggiungere i cavalli, i topi che mangiavano il mio pane, e dei rumori sinistri di cui i vecchi minatori avevano una sinistra paura. E i capi che ci chiedevano di essere sempre più veloci. Gli italiani mi sembravano rassegnati.”. Racconterà che un anziano minatore italiano gli disse: “ Il Grisoù è inodore per tutti tranne che per i minatori. Questa miniera sarà la nostra tomba”. Jean Van Lierde morirà il 15 dicembre del 2006.

———————–

Gastone Lodologastone lodolo

Si è persa, colpevolmente,  nel tempo la memoria del coraggioso gesto di Gastone Lodolo il minatore friulano, nato ad Udine il 7 ottobre del 1919, che si assunse la responsabilità di denunciare durante un’assemblea sindacale, tenutasi nella cittadina di Dampremy, le pesanti condizioni di vita dei lavoratori e la totale insicurezza della miniera.  Solo qualche giorno dopo Gastone Lodolo riceveva un foglio di via perché “nuoceva all’economia del paese”. Al suo rifiuto di abbandonare il Belgio seguirono prima il suo arresto , nella prigione di Charleroy,  e subito dopo l’espulsione. Tutto questo nel colpevole silenzio delle autorità italiane. Successivamente, difeso dall’avvocato Jacques Mois , ottenne tramite una sentenza del Consiglio di Stato l’annullamento del provvedimento di espulsione e quindi il diritto di poter rientrare in Belgio. Intanto, purtroppo, si era consumata l’8 agosto del 1956 la tragedia di Marcinelle che Gastone Lodolo aveva tristemente annunciato.  Subito dopo rilasciò una toccante intervista a “L’Unità” nella quale, tra le altre cose, fece capire: “Li avrei voluto salvare. Ma non mi hanno voluto ascoltare”. Anche per questo il minatore friulano non volle mai più tornare in Belgio. Gastone Lodolo morirà nella sua Udine il 10 febbraio 1994. 

 

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

 




Pescara. PREMIO ZIMEI 2016 – Sabato 6 agosto Provincia di Pescara Sala Figlia di Iorio

Sabato 6 agosto, ore 11,00,  presso la Sala “La Figlia di Iorio” della Provincia di Pescara saranno assegnati i riconoscimenti “speciali” – “Abruzzesi dell’anno all’estero”  a :

Marcello Maviglia –  Psichiatra ed esperto delle problematiche sul trauma storico dei “Nativi americani”,  nato ad Avezzano. Oggi vive a Albuquerque (Nuovo Messico) . E’ spostato con la sociologa Tassy Parker (una “nativa americana  della tribù SENECA della Nazione Irochese);

Sante Auriti – L’artigiano “mago” del pianoforte nato a Orsogna. Oggi vive a New York ed è l’uomo di punta dell’artigianato d’eccellenza per la Steinway & Sons.

Durante la cerimonia sarà presentata la figura, sino ad oggi sconosciuta, di un grande cittadino pescarese:  Vincenzo Franceschini che seppe creare, nei primi anni del secolo scorso, un impero commerciale ed industriale in Canada. A lui andrà il riconoscimento “alla memoria”. Su di lui verrà proiettato uno storico filmato.

Interverranno:

Antonio Di Marco – Presidente Provincia Pescara;

Marco Alessandrini – Sindaco di Pescara;

Arch. Sabrina Zimei – figlia di Antonio Zimei a cui l’evento è dedicato;

Prof. Goffredo Palmerini – Presidente Regionale ANFE  (Ass. Naz. Famiglie Emigranti)

Al coordinamento, Geremia Mancini  e Generoso D’Agnese




Il Professor William Montagna, uno dei grandi precursori della Biologia Dermatologica, era abruzzese.

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

 

 

Pescara, 1 agosto 2016

 

Figli d’Abruzzo … dimenticati …

Montagna 1 Montagna 2

 

Il Professor William Montagna, uno dei grandi precursori della Biologia Dermatologica, era abruzzese. A lui è dedicato il

” Montagna Simposium on the Biology of Skin”.

 

 

Guglielmo detto William Montagna era nato  a Roccacasale (AQ) il 6 luglio del 1913. Il padre Cherubino emigrò negli Stati Uniti e con la moglie, Adele Giovannangelo, nel 1927 si stabilì a Buffalo, New York. I Montagna ebbero ben sette figli. Il padre di Guglielmo era un provetto fabbro (a Roccacasale esistono ancora suoi apprezzati lavori).  I  primi anni, per William, non furono facili e lui amava ricordare “a scuola, non riuscivo a capire neppure una parola di inglese”. Ma il giovane Guglielmo non impiegò molto a recuperare terreno e, divenuto padrone della nuova lingua, iniziò a primeggiare in ogni altra materia. Il padre, che intanto si era fatto apprezzare anche in America per la sua dote di fabbro,  lo sostenne facendo enormi sacrifici negli studi.  Ora il giovane abruzzese era divenuto per tutti William e questo sarà il nome che lo accompagnerà per tutta la vita. Si laureò a pieni voti in Biologia e Chimica al “Betania College” e conseguì il dottorato di ricerca in Zoologia presso la “Cornell University”. Diverrà poi, nel 1948, docente della “Brown University” dove, nel 1960, sarà nominato professore universitario. Già nel 1950 avviò  un simposio annuale sulla biologia della pelle che riuscì ad attrarre e coinvolgere i leader mondiali nel settore. Questo Simposio si impegnò, in particolare,  per un  lavoro di indagine in biologia cutanea e per fornire un collegamento tra i ricercatori di base e gli scienziati della “Investigative Dermatology”. Da allora, più di 5.000 scienziati, medici e studenti di tutto il mondo  parteciparono al Simposio, che affrontava ogni anno un singolo importante argomento in biologia cutanea. Tra questi: “The pigmentary system”,  “Hair growth”, “Aging”, “A new look at old skin: a challenge to cosmetology”.   Questo simposio è oggi conosciuto, perché a lui dedicato,  come il ” Montagna Simposium on the Biology of Skin”. Nel 1965, il Simposio fu trasferito alla “Oregon Health & Science University” perché Montagna era  divenuto anche direttore del “Primate Research Center Oregon Regional”. Montagna sarà autore e curatore di più di 30 libri e più di 450 articoli scientifici e oltre 75 saggi su argomenti per la riproduzione di disturbi della pelle. Tra i suoi libri più venduti  “Biology of Hair Growth”, dove affrontò il tema della crescita dei capelli e “Immunology and the Skin”. Tanti gli alunni formatisi alla scuola di questo grande Professore. Montagna curò sempre, in maniera particolare e scrupolosa,  gli aspetti culturali, biologici, sociologici dell’uomo. Fu anche Presidente della Società per “Investigative Dermatology”. Il Dr. Montagna ricevette molti riconoscimenti e premi, tra cui il prestigioso “Stephen Rothman Award” nel 1972. Un importante riconoscimento gli arrivò, da parte del governo italiano, il 31 luglio del 1975 che gli assegnò il riconoscimento di “Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana”. In Italia venne nel settembre del 1959 per intervenire a Pavia al Congresso della Società italiana di dermatologia dove tenne una relazione su: “ Aspetti dell’indagine istochimica in dermatologia” e successivamente  nel 1983 fu a Roma dove trattò: “ Capelli e medicina estetica: il cuoio capelluto i capelli, le alopecia”.

Nel privato si dilettava a suonare il “corno francese” e coltivava la passione per la cucina.  Il Professor Montagna morì il 16 novembre 1994 a Hillsboro (Oregon).

 

 

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

 

Foto 1 e Foto 2: William Montagna.




Arnaldo Dominico Gabriel ( Arnaldo Domenico Gabriele) uno dei più grandi Direttore di Banda e d’Orchestra degli Stati Uniti è abruzzese.

Associazione Culturale “Ambasciatori della Fame”

 

Pescara, 28 luglio 2016

 

 

Arnaldo Dominico Gabriel ( Arnaldo Domenico Gabriele) uno dei più grandi Direttore di Banda e d’Orchestra degli Stati Uniti è abruzzese.  Il padre, Ferdinando, era nato nel 1890 a Dogliola in provincia di Chieti. Ha preso parte, facendosi onore,  allo sbarco in Normandia. 

 

Arnaldo Dominico Gabriel ( Arnaldo Domenico Gabriele) è nato a Cortland (N.Y.) il 31 maggio del 1925 da Ferdinando e Filomena Guadagno. Il padre era nato a Dogliola (CH) il 1890. Quando, anche nelle cene più importanti, Arnaldo si trova a raccontare delle sue origini ricorda sempre, orgogliosamente, che il padre era nato in Abruzzo in un “piccolissimo paese che si chiama Dogliola”. Il padre Ferdinando aveva fatto tutti i lavori più duri che la vita di un contadino richiedeva e le condizioni della famiglia erano di dignitosa ma grande umiltà. Così papà Ferdinando, dopo aver servito da militare la Patria, decise di emigrare per gli Stati Uniti dove arrivò a bordo della “Principe di Piemonte”  il 2 maggio del 1913. Una volta sbarcato ad Ellis Island per il giovane abruzzese si spalancarono le porte del lavoro. Ogni lavoro era più duro dell’altro ma comunque gli garantiva utili guadagni. Quasi subito conobbe Filomena, se ne innamorò, e la sposò. I due dopo qualche tempo aprirono un piccolo emporio. Ed è al piano superiore del loro locale che nacque il 31 maggio del 1925 Arnaldo Dominico ( in realtà si sarebbe dovuto chiamare Armando  in onore del Generale Armando Diaz ma un errore di trascrizione tramutò il tutto in  Arnaldo) . Dominico stava per Domenico il nome di suo nonno. Fu il padre, appassionato di lirica, che avvicinò alla musica il piccolo Arnaldo il cui primo strumento fu il flauto. Il ragazzo doveva però alternare allo studio il lavoro. Alle quattro di mattina suonava la sveglia per andare a lavorare, fornaio nella panetteria di John Tucci, poi la scuola e nel pomeriggio di nuovo lavoro. Infine la sera di nuovo studio e poi qualche ora di sonno. Un giorno papà Ferdinando venne chiamato a scuola e il direttore gli disse: “Suo figlio molte volte dorme sui banchi di scuola. Ma quando è sveglio ci allieta con la musica. Lo faccia lavorare meno e Arnaldo un giorno lo ripagherà”. E così fu. Da quel momento sarà un crescendo fatto prima di piccoli ma significativi successi e poi della definitiva affermazione. Una sola interruzione: la Seconda Guerra Mondiale. Ma anche qui , con la 29° Divisione Fanteria (partecipò al D-Day), il giovane abruzzese primeggiò raccogliendo medaglie ed onori . Quando tornò dalla guerra, nel 1946, si iscrisse all’ Ithaca College dove conseguì la Laurea di Science in Educazione Musicale. E poi una infinità di affermazioni, sopra tutte e per tutte:, l’essere Direttore d’orchestra della “United States Air Force Band” di Washington (dal 1964 al 1985). Oltre al “Mormon Tabernacle Choir”, tra le grandi orchestre e bande ha diretto quelle di Minneapolis, Pittsburgh, San Antonio, Memphis, Florida, Glendale (California), Green Bay (Wisconsin), York e Williamsport (Pennsylvania), Fairfax (Virginia), Porto Rico, e Tatui San Paolo (Brasile), orchestre sinfoniche, la “Carabiniere band” e la “Air Force band”, la banda del Royal Netherlands Marines, il Royal Ellenica band (Grecia), il personale di musica Corpo (Bonn, Germania), la Banda nazionale delle Forze Canadesi (Ottawa), Dallas Wind Symphony, la Gamagori band e la Tokyo Kosei Wind Orchestra (Giappone). E infine Direttore della GMU Symphony Orchestra con l’aggiunta di numerosissimi riconoscimenti e  tante onorificenze . Molti anche i dischi incisi, musiche scritte e partecipazione a varie trasmissioni tv. . Tanti allievi, formatisi  alla sua scuola, ancora oggi sono riconoscenti all’anziano maestro. Sono in molti ad affermare che nel mondo delle bande militari un nome rimane costante, come forse il più grande direttore d’orchestra e musicista d’America,  e questo nome è  : Arnaldo D. Gabriel il Colonnello e Direttore Emerito della United States Air Force Band. A lui è stato dedicato anche un libro” The Force of Destiny – The life  and Times of Colonel Arnald D. Gabriel” .

 

 

Geremia Mancini – Presidente onorario “Associazione Ambasciatori della fame”

Retired Air Force Col. Arnald Gabriel conducts a special Memorial Day concert at the John F. Kennedy Center for the Performing Arts May 24, 2015, in Washington, D.C. Gabriel served in the U.S. Army as a combat machine gunner and landed with the 29th Infantry Division in Normandy, France, on D-Day.  As an Air Force officer, he served with the Air Force Band, retired as the band's commander in 1985.  Gabriel turns 90 years old this week.  (U.S. Air Force photo/Scott M. Ash)
Retired Air Force Col. Arnald Gabriel conducts a special Memorial Day concert at the John F. Kennedy Center for the Performing Arts May 24, 2015, in Washington, D.C. Gabriel served in the U.S. Army as a combat machine gunner and landed with the 29th Infantry Division in Normandy, France, on D-Day. As an Air Force officer, he served with the Air Force Band, retired as the band’s commander in 1985. Gabriel turns 90 years old this week. (U.S. Air Force photo/Scott M. Ash)

Foto 2 Foto 3

Foto 1: Il Colonnello e Maestro Arnaldo D. Gabriel (al centro nella foto) dirige un concert;

Foto 2: Una immagine del Colonnello e Maestro;

Foto 3: Una immagine, in primo piano, mentre dirige. 

 




EMERGENZA VENEZUELA: APPROVATA LA RISOLUZIONE PORTA (PD) CHE CHIEDE A GOVERNO E PARLAMENTO DI ASSUMERE UN’INIZIATIVA INTERNAZIONALE SUL PIANO POLITICO E UMANITARIO

Roma, 27 luglio 2016

La Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, con il parere
favorevole del Governo, ha oggi approvato la Risoluzione del Presidente
del Comitato degli italiani nel mondo che chiede anche di attuare con
urgenza interventi volti ad aiutare la collettività italiana residente in
Venezuela in materia di medicine e pensioni “L’emergenza economica ed umana in Venezuela ci vede impegnati, insieme a
Governo e Parlamento, per porre in essere con urgenza tutte le iniziative
politiche e diplomatiche nonché ogni tipo di intervento pubblico per
trovare soluzioni concrete alla grave situazione umanitaria, che colpisce
in molti modi anche la collettività italiana ivi residente”. E’ questo il
senso della Risoluzione presentata in Commissione Affari Esteri dall’On.
Fabio Porta e dal capogruppo dei deputati del Partito Democratico Lia
Quartapelle, sottoscritta da un folto numero di deputati del PD  ed
approvata con il parere favorevole del Governo. La risoluzione considera la liberazione dei detenuti politici (citando, tra
gli altri, Lopez, Ledezma e Saleh) una condizione necessaria per favorire
un vero dialogo tra le parti e auspica la prossima realizzazione del
“referendum revocatorio” secondo i tempi e le modalità previsti dalla
Costituzione. L’iniziativa italiana, secondo la risoluzione Porta-Quartapelle, dovrebbe
inserirsi nel quadro più generale delle diverse iniziative avviate negli
scorsi mesi: Unasur, OSA, Unione Europea, Vaticano e anche gli Stati Uniti
si stanno da tempo prodigando in vari modi per facilitare una soluzione
pacifica del conflitto politico-istituzionale in atto nel Paese
sudamericano. Un’attenzione specifica la risoluzione dedica alla presenza e alla
condizione della grande collettività italiana in Venezuela. Fabio Porta, parlamentare italiano eletto nella Ripartizione America
meridionale e Presidente del Comitato Italiani nel mondo della Camera dei
Deputati è da tempo impegnato in prima fila per sollecitare il Governo
italiano ad inviare in Venezuela aiuti umanitari, in particolare i
medicinali che scarseggiano, e a ripristinare il pagamento delle
prestazioni assistenziali (integrazione al minimo, maggiorazioni sociali,
assegni familiari) revocate dall’Inps da più di un anno ad oltre 3.000
pensionati italo-venezuelani. Giova ricordare che il 2015 si è chiuso in
Venezuela con un tasso di inflazione del 180.9%, il più elevato al mondo,
che i prodotti maggiormente colpiti sono stati i prodotti alimentari e le
bevande, che il Fondo monetario internazionale prevede un tasso di
inflazione per il 2016 di circa il 700%. Porta, nel testo della sua
risoluzione, ha sottolineato che “il Venezuela sta affrontando una grave
crisi umanitaria anche per la carenza di medicinali, forniture e
dispositivi medici e che il Paese latinoamericano sta vivendo uno dei
momenti più difficili della sua lunga storia, una storia alla quale
l’emigrazione italiana ha contribuito in maniera estesa e
significativa, arrivando anche ad essere parte consistente e rilevante
della classe dirigente del Paese; le elezioni legislative del 2015, con la
netta vittoria dell’opposizione all’attuale Governo del presidente
Maduro, se da un lato hanno confermato la dinamica democratica e
pluripartitica delle istituzioni venezuelane, dall’altro hanno acuito
tensioni socio-politiche già esistenti determinando un atteggiamento di
chiusura rispetto al Parlamento da parte del potere Esecutivo, cui è
seguito un totale stallo della vita sociale ed economica. “Ecco perché –
evidenzia la risoluzione –  il nostro Paese che ha una importante presenza
di italo-discendenti (oltre che di italiani) in Venezuela, nonché una
ottima reputazione presso la popolazione può utilmente concorrere a
scongiurare derive violente, nello spirito del dialogo reciproco e della
riconciliazione nazionale”. Proprio per questo, secondo la risoluzione
presentata dai parlamentari del PD, “è da considerare l’opportunità da
parte dell’Esecutivo italiano, nella persona del suo Ministro degli
Affari esteri e della Cooperazione internazionale, di incontrare il suo
omologo su una agenda di carattere governativo; è parimenti da considerare
l’opportunità che una delegazione di parlamentari si rechi quanto
prima in Venezuela per incontrare i propri omologhi in base ad una agenda
di carattere parlamentare; una operazione del genere, a due fronti,
sarebbe un segnale forte e allo stesso tempo rispettoso, di stimolo al
dialogo”. Nelle conclusioni, la risoluzione presentata dall’On. Porta
ribadisce che “considerato che si fanno sempre più pressanti le richieste
dei connazionali residenti in Venezuela e delle famiglie dei loro
discendenti, che chiedono gesti concreti di solidarietà per affrontare la
crisi economica e soprattutto l’emergenza umanitaria dovuta alla
carenza di medicine e di beni di prima necessità, il Governo si deve
impegnare a realizzare con urgenza tutte le iniziative nonché gli
interventi opportuni per favorire una soluzione pacifica della crisi
politica e, al tempo stesso, lenire la situazione umanitaria, consentendo
la spedizione di medicinali e – per quanto riguarda la collettività
italiana residente in Venezuela – l’immediata e positiva definizione
del problema relativo al pagamento delle prestazioni assistenziali
dell’INPS sospese a causa della rigida applicazione del cambio
venezuelano alle pensioni italiane”.




Doveroso ricordare e riportare alla memoria CAMILLO CIANFARRA Junior grande giornalista di origini abruzzesi, il padre Camillo era nato a Lama dei Peligni (CH), cheil 25 luglio del 1956 morì nella tragedia della nave “Andrea Doria” .

Associazione Culturale “Ambasciatori della fame”

Pescara 24 luglio 2016

 Foto 1 Foto 2

Doveroso ricordare e riportare alla memoria CAMILLO CIANFARRA Junior  grande giornalista di origini abruzzesi, il padre Camillo era nato a Lama dei Peligni (CH), che il 25 luglio del 1956 morì nella tragedia della nave “Andrea Doria” .

 

Domani saranno trascorsi esattamente 60 anni dal disastroso affondamento della nave italiana “Andrea Doria”. Questo rende doveroso il ricordo di tutte vittime di quel tragico evento. Pochissimi  però sanno che su quella nave viaggiava e poi morì uno dei più grandi giornalisti abruzzesi: Camillo Massimiliano Cianfarra J. Questi era nato a Long Island nel 1907 ma il padre Camillo, giornalista come lui, era nato a  Lama dei Peligni (CH) nel 1878. Il giovane Camillo Massimiliano sin da piccolo, certo favorito dal frequentare le redazioni dove il padre lavorava, mostrò  una straordinaria capacità di scrivere e raccontare ciò che gli accadeva attorno. A scuola inevitabilmente finì per dirigere il giornale dell’istituto. Iniziò come cronista prima di rosa e poi di nera. Ma aveva soprattutto la straordinaria capacità di intuire e quasi anticipare la notizia. Uno dei suoi primi direttori, era un cacciatore, disse di lui: “è come se un mio segugio sapesse già al mattino dov’è la lepre”. La carriera di “Cian”, così lo chiamavano amici e colleghi, fu ricca di successi, di veri e propri scoop e di articoli coraggiosi fino al limite del rischio. Lui amava dire: “Se ho una notizia, fosse l’ultima cosa che faccio, la do sempre e comunque”. E poi, quasi sempre, aggiungeva orgoglioso: “ come mio padre sono abruzzese e ho la testa dura“  Fu certamente fra i più stimati vaticanisti e grande conoscitore di quegli ambienti. Nel 1951 fu direttore della sala stampa estera del vaticano. Tutto questo non gli impedì di scrivere nel 1944 un libro “The Vatican and the War”che fece tremare le fondamenta vaticane. Sempre lui , per primo, parlò di un incontro tra Pio XII e Von Ribbentrop, tenutosi nel marzo del 1940, durante il quale si sarebbe parlato della possibilità di un ritorno alla pace sulla base di un riconoscimento di una egemonia tedesca. Ancora lui, anni prima, diede per certo parlando dell’allora Cardinal Montini “ è assai verosimile che un giorno sarà Papa”. Sempre lui svelò l’insorgere di alcuni pesanti disaccordi  tra Pio XI e il Cardinal Gasparri. Fu per molti anni il corrispondente del “New York Times” (Roma, 1935-1941 e 1946-1951, Città del Messico, 1942-46; Madrid dal 1951). Fu lui sul “Chicago Daily Tribune” a dare la notizia dell’amore tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini. Il 22 agosto 1949 sul New York Times  diffuse, per primo, la notizia che erano stati trovati altri resti di San Pietro il “Principe degli Apostoli”. E poi tante volte coraggiosissimo inviato di Guerra. Migliaia e migliaia gli articoli e tantissime interviste a tutti i potenti del suo tempo. Poi, infine,  la tragedia. Quel 25 luglio del 1956 si trovò imbarcato sull’Andrea Doria per tornare, all’epoca era inviato in Spagna, negli Stati Uniti. Con lui la moglie Jane Stolle e le due figlie Linda e Joan. Spaventosa e crudele la dinamica: la prua dello «Stockholm», la nave svedese che investì il «Doria», si infilò proprio tra le cabine che la famiglia Cianfarra occupava procurando  la morte del giornalista. Mentre, per fortuna, nell’impatto la prua della nave si infilò sotto il letto di Linda, l’altra figlia di Cianfarra. La ragazza fu catapultata fuori dalla cabina ed incredibilmente rimase viva. A bordo dello «Stockholm» la soprannominarono «ragazza del miracolo». La sorella Joan, più piccola, rimase uccisa, come il padre. Gravemente ferita ma viva la moglie del giornalista. Terminava così, tragicamente, la vita di un grande e coraggioso giornalista abruzzese: Camillo Cianfarra.

 

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

Foto 1: Camillo Cianfarra in redazione;

Foto 2: Camillo Cianfarra all’epoca della tragedia.




Alfredo Squarcetta l’uomo, il maestro che seppe conquistare, con la musica, una intera nazione: la Colombia. Era nato a Teramo l’11 ottobre del 1890.

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

 

 

Pescara, 23 luglio 2016

 

 L’Emigrazione abruzzese … i dimenticati alfredo squarcetta

 

Alfredo Squarcetta l’uomo, il maestro che seppe conquistare, con la musica, una intera nazione: la Colombia. Era nato a Teramo l’11 ottobre del 1890.

 

Alfredo Squarcetta Di Marco nacque a a Teramo l’11 ottobre 1890. Sin da piccolo  iniziò a suonare il pianoforte. Il suo primo maestro fu Nicola Dati (a Teramo per la direzione della cappella del Duomo) che sentendolo suonare predisse: “ sarà un grande musicista”. In seguito i genitori lo mandarono al  Conservatorio di Santa Cecilia di Roma. Il suo sogno e il suo impegno erano tutti rivolti ad essere Direttore d’Orchestra. A solo 22 anni fu chiamato a sostituire un anziano collega ed ebbe la fortuna di poter  condurre un concerto al Teatro Adriano di Roma, alla presenza di Pietro Mascagni. Il grande Maestro a fine concerto volle stringere la mano a Squarcetta e gli disse un semplice “bravo”. Ma un “bravo” detto da Mascagni equivaleva ad un lasciapassare per il successo. La cosa, infatti, non passò inosservata e finì sui giornali. Il regista Francesco Di Domenico  che già da inizio secolo aveva avuto un ruolo fondamentale nel nascente cinema colombiano gli offrì l’opportunità di un ottimo contratto. Così nel 1913  Alfredo Squarcetta arrivò in  Colombia.  Francisco Di Domenico gli diede l’incarico di formare un’orchestra che accompagnasse i film muti che venivano proiettati al Teatro Colombia a Barranquilla. Il giovane teramano si ambientò presto alla nuova realtà e provò da subito ad allagare  il suo raggio d’azione. Come confermano  varie fonti, Squarcetta fu chiamato dall’impresario musicale  italiano Adolfo Bracale a creare “La Compañía de Ópera Bracale en Colombiacomposta da musicisti come il soprano Anita Chaparro e il tenore José Agudelo. Nel 1925 Squarcetta preparò un tour nazionale con  “La Traviata” che fu rappresentata ventisette volte al “Teatro Colon” di Bogotà. Al di fuori delle sue attività con l’opera, era noto per un quartetto d’archi integrato con Alvaro Bacilieri e Turi Marino (violinisti) e Venanzio Brunetti, (violoncello) a cui si aggiunse in seguito Pietro Biava (clarinetto). Prima di entrare al Conservatorio di Tolima fu chiamato a dirigere l’Orchestra Sud America. Intanto piovevano su di lui apprezzamenti:  “Alfredo Squarcetta, un grande artista” e ancora “il numero uno del mondo” e “Uno dei registi più importanti” e poi “non è possibile parlare di musica in Colombia senza fare riferimento a Squarcetta”. Il maestro  Alfredo Squarcetta prese il posto del maestro Castilla nella direzione del Conservatorio di Tolima (1937) e fu grazie a lui che il Coro del Tolima conobbe successi e  riconoscimenti mai prima ottenuti. Nel 1949  grande tourèe  a Cuba. E poi negli anni successivi tournèe negli Stati Uniti, in Spagna, in Francia, in Brasile e in Argentina. Ovunque fu successo.  Mancava all’appello solo il suo paese l’Italia. E nel 1964, finalmente,  il coro di Tolima giunse a Roma . Successivamente il Maestro Squarcetta già provato dalla malattia decise di rientrare in Italia. Morì nel 1969.

 

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

 

 

Foto: il Maestro Squarcetta




Presentazione del libro “Orsogna 1943. Le battaglie per la linea Gustav nella Cassino dell’Adriatico”

Presentazione del libro “Orsogna 1943. Le battaglie per la linea Gustavnella Cassino dell’Adriatico”

di Saverio Malatesta

Edizioni Menabò

24 luglio ore 19,00 Torre di Bene Orsogna

copertina orsogna front3

 

Si svolgerà domenica 24 luglio alle ore 19,00 alla Torre di Bene di Orsogna  la presentazione del libro “Orsogna 1943, le battaglie per la linea Gustav nella Cassino dell’Adriatico”  di Saverio Malatesta; l’evento è organizzato dalla casa editrice Menabò in collaborazione con il Comune di Orsogna.

Dopo i saluti iniziali del Sindaco Fabrizio Montepara e dell’editore Gaetano Basti seguiranno gli interventi di Giovanni Legnini, Vice Presidente del CSM, di Silvio Paolucci, Assessore Sanità, Personale e Sport della G.R.A., di Giancarlo Zappacosta, Direttore del Dipartimento Turismo, Cultura e Paesaggio e dell’autore.Via Trento e Trieste

L’autore, Saverio Malatesta, con uno spiccato interesse per argomenti storici di cui ha scritto su numerosi siti specializzati, ha scelto di condurre le ricerche su quegli “sfortunati eventi del versante adriatico così poco generosi di vittorie” molto spesso trascurati dagli storici militari “che preferiscono concentrarsi prevalentemente sui combattimenti di quello tirrenico che portarono alla liberazione di Roma da parte della Quinta Armata americana”. “Le battaglie che infuriarono dal fiume Sangro fino a Orsogna e Ortona, lungo tutta la Linea Gustav sull’Adriatico nel dicembre del 1943, rappresentano il primo atto di uno scontro che vedrà affrontarsi gli stessi eserciti sul territorio italiano nei due anni successivi, (nelle campagne e sui colli abruzzesi che si affacciano sull’Adriatico, si fronteggiarono, infatti, nell’inverno del 1943, le divisioni che alcuni mesi più tardi si sarebbero nuovamente scontrate sotto l’imponente figura del monastero fondato da San Benedetto e successivamente più a nord fino alla Linea Gotica)”. L’autore ha scelto di rivolgere le proprie ricerche sulle diverse fasi della battaglia di Orsogna restituendo,  così come è stato già fatto per Ortona, dignità ed importanza a quegli eventi del settore adriatico che meritano la stessa considerazione, da parte della storiografia ufficiale e cattedratica, che hanno avuto le battaglie sul fronte tirrenico.  Attraverso preziose fonti neozelandesi e tedesche, diari di Divisione e battaglione, testimonianze d’archivio dei combattenti e descrizioni dei movimenti sul terreno delle truppe su dettagliate cartine militari, Saverio Malatesta ricostruisce giorno per giorno il drammatico svolgimento di una battaglia che vide i giovani neozelandesi, kiwi, (termine con cui venivano soprannominati i soldati neozelandesi) combattere per 25 lunghi e terribili giorni, tra bombardamenti, morte, fango e freddo.Sherman distrutto fuori Orsogna

“Nelle campagne e sui colli abruzzesi che si affacciano sull’Adriatico, si fronteggiarono, infatti, nell’inverno del 1943, le divisioni che alcuni mesi più tardi si sarebbero nuovamente scontrate sotto l’imponente figura del monastero fondato da San Benedetto e successivamente più a nord fino alla Linea Gotica. Si pensi alla 90ª Divisione corazzata della Wermacht, alla 1ª Divisione “Fallschirmjäger”, i paracadutisti tedeschi passati poi alla storia come “i Diavoli verdi”, alla 1ª Brigata corazzata canadese, alla 8ª Divisione indiana e alla 2ª Divisione neozelandese.copertina orsogna front3

Proprio i neozelandesi della 2ª Divisione, giunti da così lontano per contribuire alla liberazione dell’Europa, procedendo verso nord oltre il fiume Sangro, vennero inaspettatamente bloccati a Orsogna. Quella che in un primo momento sembrava una tappa intermedia da superare in velocità, diventò ben presto il primo tragico banco di prova italiano per i giovani kiwi. Molte sono le analogie con i combattimenti che li videro protagonisti tra le rovine di Cassino e sui crinali a ridosso dell’abbazia nei mesi successivi. E ancora più evidenti sono le affinità degli errori tattici compiuti sul campo di battaglia a rendere più amaro il pensiero dell’inutile sacrificio di molte giovani vite che si sarebbero potute risparmiare se fossero state prese decisioni diverse. Tutto lascia pensare che proprio la mancata conquista di Orsogna fu una della cause che spinse i comandi neozelandesi a intestardirsi qualche mese più tardi a Cassino al fine di evitare un secondo fallimento per mano degli stessi avversari. Proprio le truppe tedesche, e in particolar modo i paracadutisti, dimostrarono la stessa abilità e determinazione a resistere all’interno dell’abitato e lungo la propria linea difensiva esattamente come sarebbe successo poi a Cassino e nei suo dintorni”.

 

 

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Adolfo Pacini uno dei più grandi baritoni della Lirica italiana era nato a Manoppello (Pe).

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

Pescara, 18 luglio 2016

 

Figli d’Abruzzo … dimenticati

 

Adolfo Pacini uno dei più grandi baritoni della Lirica italiana era nato a Manoppello (Pe). Conobbe e fu amico, tra gli altri,  di Enrico Caruso, Beniamino Gigli e Ruggero Leoncavallo. 

 

Adolfo  Virginio  Pacini era nato il 27 agosto del 1882 a Manoppello (Pe) da  Arcangelo (“cancelliere  di Pretura”) e da Concetta Colagrande (“donna di casa”).  Il padre precedentemente era stato a L’Aquila presso il Tribunale come “commesso da stralcio”, poi come vice-cancelliere presso le Preture di San Buono e Tossicia. Nominato cancelliere Arcangelo Pacini fu inviato presso la Pretura di Manoppello . Ed è qui, nella casa posta in Corso Santarelli,  che Concetta diede alla luce il piccolo Adolfo.  Un aneddoto racconta che la levatrice sentito il suo primo forte vagito disse: “Questo farà il cantante”.  In effetti sin da piccolo Adolfo mostrò di avere una voce forte ed intonata.  A lui venivano deputate tutte le incombenze canore della scuola ed il maestro, un appassionato di lirica, consigliò ai genitori di non sottovalutare quella voce: “Adolfo è un predestinato”. I genitori, non senza sacrifici,  assecondarono in tutto il talento di Adolfo e lo mandarono a  studiare presso l’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Qui conobbe come Maestro, divenendone poi  allievo prediletto, il grande baritono Antonio Cotogni. Questi rimase affascinato dalle doti di Adolfo e ne favorì la carriera. Nel 1904 arrivò per Pacini il debutto come baritono al Teatro Dal Verme di Milano nel ” Ruy Blas ” e fu subito un grande successo. Ad applaudirlo in prima fila, neanche a dirlo, c’era il suo maestro Antonio Cotogni. Nel 1905 gli offrirono un contratto per tenere una serie di prestazioni nell’America centrale dove sarà ospite di importantissime personalità ma soprattutto sarà festeggiato dai nostri emigranti. Nel 1907  va in Tourné gli Stati Uniti ed in Canada. Al suo rientrò in Italia cantò a Bologna nella ” Cavalleria rusticana ” e  nei ” Pagliacci ‘. Poi si esibì a  Pisa e Napoli.  Nel 1910 altra tournée in Sud America e al suo rientro, quasi inevitabilmente,  la più importante delle chiamate: il “Teatro alla Scala” di Milano. I critici esaltarono il baritono abruzzese per l’interpretazione in ” Simon Boccanegra ” e ” Sigfrido ” e nel 1911 è Il signore di Faninal nella prima italiana de “IlCavaliere della Rosaproprio alla Scala di Milano. Nel 1912 va al “Gran Teatre del Liceu”di Barcellona  per la ” Manon Lescaut ” e ” Romeo e Giulietta ”. Nel 1920 si è esibì a Il Cairo, due anni dopo a Istanbul. Grandi successi nel 1921 al Politeama Greco di Lecce con “Aida”;1923 al Teatro Regio di Torino nella “Lucia di Lammermoor; nel 1925 Teatro Mastroieni di Messina nella “Tosca”; nel 1927 al Teatro Adriano “Il Piccolo Marat”; al Teatro dell’Opera di Roma (dal 1927 al 1939)  “L’Amico Fritz”, “I Compagnacci, “LaTraviata”, “Dafni”, “Fra’ Gherardo”.  Il 24 giugno del 1930, sempre al Teatro dell’Opera di Roma,  in “Marta” di Flotow nel ruolo de “lo Sceriffo di Richmond”. Rimangono per descriverlo meglio alcuniritagli di giornale e alcune recensioni. Quando  interpretò Amonastro  nell’Aida  la critica ne fu entusiasta : “ Pacini allievo prediletto dell’illustre maestro Cotogni applaudito per la straordinaria potenza dei suoi mezzi vocali e per un’arte scenica eccezionalmente efficace” o  dopo la Tosca “ il baritono abruzzese Adolfo Pacini  è uno dei più grandi Scarpia di sempre”. Incise numerosi dischi e alcuni con il grande tenore Beniamino Gigli. Alcune curiosità: Adolfo Pacini nel luglio del 1914 a Montecatini fu, suo malgrado, testimone, e poi paciere nella storica lite tra il compositore Ruggero  Leoncavallo ed il tenore Enrico Caruso.  All’inizio degli anni ’20  il nascente regime fascista gli chiese di dare la sua voce, accompagnata dal  coro, per l’inno “Il Canto dei Fascisti”. Sempre negli anni venti divenne agente dell’Annuario dell’Arte Lirica. Il 28 aprile del 1938 sposa a Roma la sua amata Angela. Negli ultimi anni  iniziò a intensificare i ruoli di “ cantante buffo e la sua carriera, che comprese anche ruoli meno importanti, arrivò fino agli anni ’40. Nel 1941 a Messina nell’Atrio del Palazzo Municipale tenne l’ultima sua, applauditissima,  esibizione ne la “La Bohème”. Subito dopo accusò un lieve malore che lo indusse alla drastica decisione: non canterà mai più.  Continuò, invece,  a collaborare con il “Teatro Reale dell’Opera” di Roma e a scrivere articoli sulla Lirica per diversi giornali.

 

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

Foto 1

Foto 1: Adolfo Pacini;

Foto 2

Foto 2: Adolfo Pacini nei panni del torero Escamillo nella “Carmen”;

Foto 3

Foto 3: Il disco “I pescatori di perle” inciso con Beniamino Gigli;

Foto 4

Foto 4: una ricevuta rilasciata da Adolfo Pacini  al “Teatro Reale dell’Opera”.




La meravigliosa storia di due bambini partiti da Manoppello e divenuti entrambi MONSIGNORI negli Stati Uniti. Monsignor Nicola Girolamo Zazzara e Monsignor Giovanni Maria Giuseppe Zazzara

 

Associazione Culturale “Ambasciatori della fame”

 

Pescara, 8 luglio 2016

 

 

I fratelli Zazzara scelsero la strada del sacerdozio che successivamente li condusse in America. Erano entrambi figli di Giuseppe Zazzara, “sacrestano” della parrocchia di San Nicola di Manoppello e di Beatrice Arditi  all’epoca “ casalinga filatrice”.  Nicola Girolamo nacque il 5 ottobre del 1882 mentre Giovanni Maria il 19 marzo del 1990.  Fu un loro zio, sacerdote,  ad avviarli al Seminario di Chieti e a favorire la realizzazione della loro vocazione. Coltivarono sempre, anche in America, la profonda fede nel “Volto Santo” di Manoppello la cui immagine fu sempre esposta in ogni loro Chiesa.

Nicola Girolamo Zazzara
Nicola Girolamo Zazzara  

Foto 1: Monsignor Jerome è il terzo, in piedi, da sinistra;

 

Nicola Girolamo Zazzara

Il Reverendo Nicola Girolamo   Zazzara apparteneva al Terzo ordine regolare  T. O. R., D. D.,  e sarà rettore della Chiesa della Madonna del Monte Carmelo di  Altoona in Pennsylvania. Entrò nel Terzo Ordine Regolare di San Francesco ( T.O.R.), 27 novembre 1897 e ricevette l’abito francescano dell’ordine 24 dicembre 1899. Dopo un anno  pronunciò i voti dell’ordine. Da marzo 1903, a settembre 1905, servì il suo periodo di addestramento militare obbligatorio. Il 15 aprile 1906,  fu ordinato sacerdote nella Basilica di San Apollinare a Roma. Trascorse i successivi due anni presso l’Università Gregoriana,  dove divenne dottore in teologia il 23 ottobre 1908. Solo un mese più tardi fu inviato negli Stati Uniti come Commissario Generale presso la comunità di Loretto in Pennsylvania. Qui diventa per tutti, e per sempre, Padre JEROME ZAZZARA. Nel settembre del 1910 fu eletto primo Provinciale carica che occupò fino al 1913. Al San Francesco College di  Loretto insegnò  teologia e filosofia  ma seppe anche gettare le basi per un reale rilancio di quel “college” . Successivamente riuscì al ottenere un credito per la costruzione della  “Trinity College” di  Sioux City nello  Iowa.  Si deve, sempre a lui, un altro  costoso progetto  per ampliare e migliorare il Collegio Francescano, di Spalding, Nebraska. Nel 1909 continuò la sua missione per gli italiani di Johnstown, Pa. Tornato ad Altoona nel 1916, come Rettore,  presso la parrocchia di Nostra Signora del Monte Carmelo Padre Girolamo si incaricò  dei lavori e attraverso i suoi sforzi fu finalmente eretta l’attuale chiesa di Sant’Antonio. Durante tutto il suo sacerdozio si ricorda, in particolare, la sua vicinanza ai Minatori e alle loro famiglie. Si dedicò con costanza ed impegno a far studiare i loro figli perché, così lui diceva, : “un giorno non dovranno anche loro scendere nell’inferno della miniera”. E quando gli arrivò la nomina di Monsignore il giornali titolarono : “ Oggi i minatori hanno il loro Monsignore”. Fu per lunghi anni Commissario per gli Immigrati. Morì nel 1939.

Giovanni Maria Zazzara
Giovanni Maria Zazzara

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Giovanni Maria Giuseppe Zazzara

Trascorre la sua infanzia a Manoppello dove frequentò  con grande profitto le scuole elementari. Quindi andò a Chieti presso  il Seminario  e  poi a Roma. Dove divenne sacerdote. A 23 anni servì la Patria come Fante nella città di Belluno. La sua missione  lo spinse verso gli Stati Uniti dove già viveva suo fratello. Quando arrivò a Chester come parroco di S. Antonio il Reverendo Zazzara trovò un enorme debito e un fatiscente edificio a due piani dove si trovava anche una piccola scuola. Lui non si scoraggiò e senza perdere tempo chiamò a raccolta i parrocchiani e attraverso mille iniziative raccolse i fondi bastanti per un rilancio di quella realtà. Le grandi capacità comunicative ed umane di quel sacerdote abruzzese avvicinarono alla messa domenicale una incredibile folla di fedeli. Questo rese necessario l’ampiamento della Chiesa da parte del Rev. Zazzara oramai conosciuto come “Fratello John”  che ai suoi parrocchiani forniva la guida spirituale, intellettuale e sociale.  La Chiesa di Sant’Antonio era oramai una delle più importanti comunità italo-americane nell’arcidiocesi di Philadelphia. Quando il 24 maggio del 1942 Padre John festeggiò il venticinquesimo anniversario del suo sacerdozio la città gli tributò una serie di importanti riconoscimenti  e all’evento presenziarono oltre al Sindaco della Città, l’allora arcivescovo di Philadelphia Cardinale Dougherty e il Console Generale italiano di Philadelphia che disse “Grazie a Padre John oggi la Parrocchia di S. Antonio può dirsi patrimonio italiano”. In particolare ancora oggi viene ricordata la processione per le vie della città di Chester che veniva seguita da migliaia e migliaia di persone e il “Coro” che negli anni divenne famoso e fu chiamato ad esibirsi in importanti eventi.

La Chiesa fu notevolmente ampliata e rifinita in marmo, la sala seminterrato della parrocchia divenne una bella cappella e un altro Santuario fu eretto nella piazza accanto alla chiesa ed utilizzata come alloggio e mensa per i bisognosi.  I viandanti che arrivavano in città, spinti dal “miraggio” di “Fratello John,  chiedevano “dov’è la Cattedrale dei poveri?”.  A quel punto gli sforzi di Padre John furono notati ed apprezzati anche Roma e così il il 9 ottobre, 1953 arrivò il meritato titolo di di “Monsignore”.  Ma oltre al riconoscimento della chiesa, Mons. Zazzara fu  poi nominato cavaliere dalla Repubblica d’Italia con la Croce dell’Ordine della Solidarietà nel 1956 e il 10 giugno 1966 gli fu  notificato dal Console Generale italiano di Philadelphia che la Repubblica d’Italia lo aveva elevato al rango di Commendatore.
Nel 1967, dopo quarantacinque anni di servizio e di guida, Mons. Zazzara andò in pensione rimanendo comunque come parroco emerito della Parrocchia S. Antonio. Dopo di lui, purtroppo, alcune delle sue “creature” come la scuola che ogni anno preparava oltre 700 ragazzi o la grande “Cattedrale dei Poveri” che distribuiva ogni anno quasi cinquecentomila pasti conobbero un regresso e infine la chiusura.  Monsignor John Zazzara morì il 18 ottobre del 1970 al St. Joseph’s Hospital dove era ricoverato.  

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

Foto 1: Monsignor Jerome è il terzo, in piedi, da sinistra;

Foto 2. Monsignor John.