LA TESTARDAGGINE ABRUZZESE DI LETIZIA E NUOVE SFIDE PER SUPERARE LA CRISI DELL’INFORMAZIONE. i-ITALY MODELLO VINCENTE A NEW YORK

 

di Domenico Logozzo *

21 giugno 2015 alle ore 18.19

 

PESCARA – Ascolti boom per lo Speciale di “Porta a porta” su Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble, i ragazzi de Il Volo che hanno conquistato la Grande Mela quando avevano 16 e 17 anni, molto prima di diventare popolari in Italia. Venerdì sera “Il Volo a New York“ su Rai Uno ha vinto il prime time con 4 milioni 277 mila spettatori e uno share del 19.84%. Interessante viaggio a New York con Bruno Vespa alla ricerca degli emigrati di ieri e di oggi. I sacrifici, i successi, le grandi sfide. Tanta musica, nel ricordo di Pavarotti, incontri eccezionali: con Woody Allen, con gli eroi dell’11 settembre, in particolare il capo dei pompieri della città, con star della tv come Lidia Bastianich, con giovani ricercatori e imprenditori, che hanno trovato a NY il loro futuro. Così come per Il Volo il futuro musicale è iniziato proprio nella Grande Mela.

 

Talento italiano valorizzato da un’affermata giornalista che ha lasciato il Paese d’origine per approdare a New York, dopo una parentesi di lavoro a Mosca. Letizia Airos due anni fa ha realizzato una interessante intervista televisiva e ha dedicato ai tre ragazzi la prima pagina della rivista i-Italy, che con la Tv e il giornale on line formano il network da lei diretto. Letizia è una delle belle menti italiane che si fanno onore all’estero, con iniziative innovative e coraggiose. Pochi mezzi e risultati eccezionali. In un recente editoriale, Letizia aveva raccontato quell’intervista. “Il Volo viene da noi in redazione per un’intervista nel corso di uno dei suoi primi tour americani. Era in inglese e per loro era importante. Non avevamo ancora uno studio adeguato per realizzarla. Dirò di più, avevamo in quel momento solo un microfono “lavalier” (di quelli a pinzetta, che si applicano sotto il bavero della giacca). Non era neanche wireless… e poi avevamo una sola telecamera! (ora siamo più attrezzati, non vi preoccupate). Come fare a farli parlare tutti e tre, creando qualcosa di diverso, di non noioso insomma? L’idea fu di metterli seduti su tre sedie vicine, con uno schermo bianco dietro, e farli alternare ad ogni battuta. Parlava uno per volta, quello seduto al centro. Un solo microfono, una sola telecamera, ma tutti e tre vicini e divertiti dentro lo schermo. Ritmo veloce, atmosfera movimentata. Il gioco era fatto. Poi la comunicativa e la simpatia de Il Volo ha dato il resto. Ma è solo uno dei tanti accorgimenti, piccole uscite di genio dei miei collaboratori”.

 

 

Tante sfide vinte. Con umiltà e grande professionalità. Voglia di fare ed entusiasmo da vendere. Intervistata da Vespa durante lo “Speciale”, Letizia ha parlato dei prossimi traguardi: “Ora puntiamo al mercato americano”. Nell’editoriale ne aveva già parlato, ammettendo: “E’ una grande sfida, specie per una redazione in buona parte italiana che vuole parlare anche a un pubblico americano. Una sfida che investe in campi più vari, fino alle traduzioni, ai sottotitoli per la televisione, ogni volta bisogna studiare come porgere la nostra cultura e renderla comprensibile. Una sfida che naturalmente ha i suoi costi. Qui dobbiamo tantissimo alla presenza di collaboratori italo-americani, fondamentale per questa mediazione culturale e non solo linguistica. E siamo anche orgogliosi di esserci guadagnati alcuni contratti per servizi di promozione del Sistema Italia da parte del Ministero degli Esteri, attraverso il Consolato. Piccole cifre con pochi zeri, e soprattutto non finanziamenti ma contratti, che abbiamo onorato “stralavorando”. Ma è stato un aiuto importante per noi e un riconoscimento del ruolo che svolgiamo”.

 

E’ una donna determinata. “Mio padre mi ha lasciato tutta la testardaggine possibile” afferma, riferendosi alle sue radici. ”Mio padre era di Vasto. E’ scomparso dieci anni fa. Airos e’ uno pseudonimo. Il mio cognome e’ Soria”. Sempre con i piedi ben piantati per terra. “Il nostro qui e’ un lavoro sempre più di difficile, ma lo portiamo avanti con orgoglio nonostante le sempre maggiori difficoltà economiche. Non abbiamo nessun tipo di finanziamento e viviamo cercando sponsor… Ma non mi lamento. Finché riesco a farlo sono fortunata”. Parla dell’intervista con Vespa e dell’organizzazione della Rai “Grande lavoro di squadra, quello di Rai Uno. E’ stato interessante vederli agire qui a New York. Ma mentre li vedevo lavorare — ad esempio nel ristorante Ribalta, trasformato per l’occasione in studio televisivo — non ho potuto fare a meno di riflettere sulla mia esperienza. Guardavo le loro telecamere, le luci che utilizzavano, le persone nello staff. E pensavo: “Come ha fatto i-Italy ad arrivare fin qui? Come abbiamo fatto a realizzare contenuti di qualità con tante risorse in meno? La passione è indispensabile, ma certo non basta. Il segreto sta nella creatività e nell’utilizzo oculato delle risorse a disposizione. Fondamentale il contatto con chi ci legge in rete e in carta, ci vede in TV, con la vita reale del territorio. Con i giovani. E mi sono ricordata come abbiamo realizzato tre anni fa la nostra prima intervista, in carta e in video con i ragazzi de Il Volo, che ebbe un grande successo”.

 

Donna colta, donna lungimirante. “Inizialmente eravamo solo su Internet ma poi, con grande passione e tante difficoltà, ci siamo consolidati diventando una presenza multicanale importante: in rete, in carta, in televisione e sui social network. E’ un format ambizioso, per le sue caratteristiche innovative, per la sua indipendenza da grossi gruppi editoriali, e per la scelta di usare non solo l’italiano, ma soprattutto l’inglese per raggiungere un pubblico vastissimo: gli italo-americani, soprattutto i giovani, e gli americani che amano il nostro paese, che sono tantissimi. Sono stati e sono anni duri, ma anche di grandi soddisfazioni. Dal New York Times che ci telefona per saperne di più su eventi italiani a New York di cui abbiamo scritto (appunto, in inglese), a un importante critico televisivo italiano che ci ha perfino additati come un modello per… la Rai!”

 

Una esperienza che rappresenta senz’altro un modello a cui ispirarsi in tempi di crisi. Da esportare. Alla squadra capitanata da Letizia Airos sono arrivati tanti e prestigiosi riconoscimenti ed attestati di stima. Dice: “Siamo considerati sotto molti aspetti una best practice. E lo dobbiamo a due cose: il contributo volontario di una parte dei giornalisti, scrittori e intellettuali, italiani e americani, e una redazione molto giovane, ma con il pallino della qualità e la voglia di distinguersi dai tanti bloggers amatoriali che vanno in giro con una telecamerina digitale. Per non parlare del prezioso sostegno offertoci da due importanti istituti universitari americani: il John D. Calandra Italian American Institute (CUNY) e la Casa Italiana Zerilli-Marimò (NYU). E così andiamo avanti testardi, privi di contributi statali, alla costante ricerca di fondi in mezzo a una crisi devastante”.

 

Letizia racconta il modello di fare televisione che viene realizzato giorno dopo giorno. “Si gira con la telecamera sulle spalle, si prende la metropolitana, si chiede la partecipazione di amici che fanno parte dell’ambiente intellettuale italiano di New York. E poi ognuno in redazione è consapevole di dover svolgere i ruoli più diversi, affrontare —e risolvere— imprevisti di tutti i tipi. Abbiamo anche una 500 tricolore disegnata da Massimo Vignelli per andare in giro, ma non la utilizziamo sempre. A New York garage e parcheggi sono spesso proibitivi. E’ un po’ forse il ritorno alle origini. Una televisione di poche risorse, ma che per fortuna oggi ha la tecnologia dalla sua parte. Ogni miglioramento nell’attrezzatura è stata per noi una piccola vittoria”.

 

Spiega che la stessa filosofia ispira la realizzazione del “nostro magazine in carta: i costi ci sono, ma si abbattono integrando i contenuti prodotti per la rete e per il video. Lo impaginiamo noi, in base ad una griglia predisposta da un ottimo grafico romano. E alla fine una professionista corregge gli errori e dà il suo tocco artistico. Perché qualità ed eleganza vengono prima di tutto, specie per degli italiani”. Infine riferendosi ai social network rileva che “Facebook è il più adatto al nostro modo di comunicare. Affianca la nostra vita e ci segue ovunque con foto e video. Li curiamo uno per uno i nostri “amici” di facebook, e in poco tempo sono quasi 125.000 e postano migliaia di commenti al giorno, intervengono, interagiscono”.

 

Come sono attuali ancora oggi le parole di Nilde Iotti, che il 20 giugno del 1979 fu la prima donna ad essere eletta Presidente della Camera. “Una donna – sosteneva – sa dare valore alle cose che contano. Una donna sa come arrivare al cuore di un problema. Una donna sa lottare per un sogno”. E Letizia è una donna che sa lottare e sognare. Spirito libero. Si rifà a Silone. “La libertà… è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica”. E aggiunge: “Non ci crederete ma quel pazzo di mio padre mi mise in mano Uscita di Sicurezza quando avevo 8 anni. E forse non era tanto pazzo”. E ricordando su facebook il 18 aprile scorso l’anniversario della morte del padre, ha scritto: “Qui continuo il mio testardo percorso. Così come mi hai insegnato. Con i fatti e non con parole a vanvera”.

 

Fatti testimoniati anche dai tanti ed autorevoli complimenti che ha ricevuto dopo la trasmissione di venerdì sera. Il giornalista e scrittore Goffredo Palmerini, ambasciatore della cultura abruzzese ed italiana nel mondo, definisce “straordinario il network i-Italy (giornali e Tv) che Letizia Airos dirige”. Si dice “onorato ed orgoglioso di collaborarvi, da molti anni” e sottolinea: “Sono sempre grato a Letizia per la splendida Prefazione che lei scrisse per il mio libro L’Aquila nel mondo, volume che insieme a Mario Fratti e lei presentammo a Casa Zerilli Marimò (New York University) nel 2010, presente il direttore prof. Stefano Albertini Mussini”. Scrisse tra l’altro Letizia in quella Prefazione: “… Sono contenta di scrivere queste righe che accompagnano il lavoro del ‘cesellatore’ Palmerini. Gli scritti che l’impagabile conterraneo ha messo insieme sono stati realizzati e raccolti con la pazienza di un antico artigiano. Usando lo scalpello della sua onesta passione per una comunicazione efficace ed immediata ci dona uno spaccato di un Abruzzo vivo, che non ha mai smesso di respirare. L’Aquila di ‘prima’ guarda con tenacia all’Aquila di ‘dopo’ e mantiene agli occhi di chi legge, nonostante la tragedia che l’ha colpita, tutto l’orgoglio di una terra che non si lascia abbattere mai. Neanche dopo un terremoto. … Dobbiamo molto a Palmerini noi italiani all’estero. Ci permette uno sguardo, anche disincantato, ad un’Italia spesso imperscrutabile… Ha dato voce e fatto passare voci che sarebbero rimaste poco ascoltate… Questo è il Goffredo Palmerini giornalista; ma lo stesso avviene quando diviene editor, cesellatore, come dicevo, che espande a macchia d’olio i confini del suo, nostro Abruzzo. Ed è certo evidente, in questo suo modo di comunicare, un approccio ‘politico’ derivante probabilmente dalle sue intense attività anche in questo campo…”.

 

“Ha scritto su facebook Gaetano Calà, Direttore Nazionale dell’Anfe (Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati): “Questa sera ho visto lo Speciale di Bruno Vespa su Il Volo a New York e mi sono molto commosso nel rivivere luoghi, persone, colori che ho vissuto tante volte recandomi a New York per i progetti che ho realizzato per Anfe. Tra i tanti personaggi famosi intervistati da Vespa ce n’è una: giornalista intelligente, coraggiosa, visionaria, con una forza straordinaria, madre di un importante progetto, i-Italy, che ogni giorno tra mille difficoltà promuove la nostra Italia a New York: grazie Letizia di esserci! Non demordere… Ci aspettano ancora importanti progetti da realizzare”. Anche a Vasto hanno  seguito con grande attenzione ed orgoglio la puntata di “Porta a porta”. Su facebook Bianca Soria ha pubblicato una foto e ha scritto a Letizia: “Poi non dire che non ti penso… Vespa, il Volo a Ribalta visti dalla stanza dei nonni a Vasto. Riconosci l’armadio?” E da New York Letizia Airos ha subito risposto: “Sì… Mi viene da piangere!” Era molto legata ai nonni. Ha scritto della nonna: “Coraggiosa nel suo piccolo fino agli ultimi giorni. I gatti del cortile l’adoravano e con i bambini era speciale. Mi ha dato sempre i consigli più audaci. Ha conosciuto mio marito e di lui ha detto: ‘E’ distinto. Vai…’, ancora mi fa sorridere. Non ha fatto in tempo a cucire quell’abito da sposa che tanto desiderava realizzare”.

 

 

*già Caporedattore del TGR Rai




USA. C’e’ una isoletta a Papua Nuova Guinea,nel Solomon sea.conosciuta da pochi come Kivata.

Gli abitanti di Kivata,hanno scoperto antropologi e etheologi, sono “i piu’ sani

nel mondo”.
Non parlano di giovanetti e giovanette ma di uomini da 80 a  95 anni ed anche piu’ su’.Nel corso di test,visite.attenti controlli, gli scienziati hanno potuto constatare che
i cittadini di Kivata oltre i 70 non mostrano segni di malattie  che riguardano obesita’,
diabete,malattie cardiache o tumori.Eppure per centinaia di anni Kivata non ha mai visto  un medico o usufruito di medicine.Davvero “i piu’ sani nel mondo”.
Duemilatrecento uomini dell’isola da 60 a 95 anni sono stati sottoposti ripetutamente a controlli severi con i piu’ moderni metodi scientifici. Nemmeno una malattia coronaria,hanno affermato i medici. Con il sorriso sulle labbra hanno ammesso che a Kivata la gente muore per affogamento oppure perche’ cade da un altissimo
albero di cocco.
Ma ci sono segret  per quanto riguarda la dieta? I vecchi dell’isola hanno detto che alla loro eta’ ogni giorno nuotano o fanno lunghe paseggiate.
Per quanro  riguarda il cibo..be’,nulla di particolare anche se gli scienziati che hanno effettuato lo studio hanno dichiarato che per loro la dieta di Kivata deve
essere uguale a quella dell’homo sapiens alle origini dell’isola. Si tratta di pesce,molto pesce,futta,tuberi e cocco.
Tra parentesi,i:nteressante segnalare un particolare che ha sconvolto i medici:
l’80 per cento della popolazione di Kivata fuma abbondantemente.
inchiesta di Benny Manocchia



Giulianova. Pär Rådström, uno scrittore svedese nella Giulianova di cinquant’anni fa.

(C) in esclusiva per giulianovanews.it

(C) di Antonio Bini

L’iniziale intenzione era quella di fermarsi una notte per proseguire il viaggio verso sud, forse la Grecia. Nella primavera del 1961 lo scrittore svedese Pär Rådström (

https://sv.wikipedia.org/wiki/P%C3%A4r_R%C3%A5dstr%C3%B6m

 

e la moglie Gunnel raggiungevano l’Abruzzo, facendo tappa a Giulianova, fermandosi all’Hotel Riviera, il primo albergo della località, allora ancora legata alla pesca, che si affacciava al turismo, che  proprio negli anni sessanta doveva diventare fenomeno di massa.img077

La coppia svedese ebbe un buon impatto con Giulianova e il Riviera, da poco inaugurato e sito sul Lungomare Zara. Decisero così di prolungare il proprio soggiorno, fino a rimanere un intero mese.

Per lo scrittore non si trattava di una semplice vacanza, essendo molto impegnato in quel periodo al suo nuovo romanzo “Il colonnello”, tra i più noti di Rådström, che sarebbe purtroppo scomparso due anni dopo, nell’estate del 1963, a soli 38 anni.

Le vicende di quel lontano soggiorno sono descritte da un altro scrittore – Johan Werkmaster – che ha recentemente pubblicato in Svezia per l’editore Carlsson di Stoccolma una interessante raccolta di racconti di viaggio in Abruzzo con il titolo ”Lärkorna i L’Aquila, Abruzzo, Italiens hjärta (Allodole a L’Aquila, Abruzzo cuore d’Italia).

Il viaggio di Werkmaster in Abruzzo inizia nel 2003 sulle tracce di Rådström e del pittore Anders Trulson, sepolto nel cimitero di Civita d’Antino, ma poi la curiosità lo spingerà a scoprire nel corso degli anni la regione.

Hotel Riviera, cortesia Jonata Di Pietro (Giulianova)
Hotel Riviera, cortesia Jonata Di Pietro (Giulianova)

Ma torniamo alla primavera del 1961.

Giulianova non era ancora l’affermata località turistica di oggi. Lo scrittore e la moglie erano gli unici ospiti del nuovo albergo, che però ospitava frequentemente pranzi di nozze.

I coniugi svedesi venivano sistematicamente invitati a partecipare  ai pranzi nuziali, come fossero normali ospiti degli sposi. E non sarebbe da escludere che in qualche servizio fotografico di matrimoni compaiano anche i due ospiti scandinavi dell’hotel.

Queste premure colpirono non poco gli svedesi, anche se dopo le prime volte cercarono educatamente di sottrarsi agli inviti adducendo come motivazione il lavoro che Rådström doveva portare avanti. D’altra parte i tempi di un pranzo di nozze, con la lunga successione di piatti, erano tali da impegnare diverse ore ed erano certamente incompatibili con la concentrazione richiesta per scrivere un romanzo.

I proprietari compresero le sue ragioni ma non rinunciarono a coinvolgerli nelle cerimonie nuziali, con pasti che venivano comunque portati loro nella loro stanza su vassoi d’argento.img003

L’ospitalità proverbiale degli abruzzesi fu più volte sottolineata dai viaggiatori del Grand Tour. Tra questi ricordiamo in particolare gli inglesi Richard Colt Hooare e Edward Lear. Quest’ultimo non mancò di fare marcati confronti con la splendida ospitalità abruzzese in occasione di un viaggio successivo in Calabria.

Oggi molto è cambiato, ma questa testimonianza di mezzo secolo fa ci consegna la gradevole suggestione dell’Abruzzo semplice, caratterizzato da un’ospitalità spontanea e  familiare, che difficilmente sarebbe stata dimenticata.

E in effetti nemmeno i signori Rådström dimenticarono.

Werkmaster, che scrive di averne parlato anni fa con la sig.ra Gunnnel, nell’estate del 2003 si reca all’Hotel Riviera sperando di ritrovare tracce di quel lontano soggiorno. Gli dissero di attendere. Dopo poco si presentò la sig.ra Tafà, vedova del proprietario, “una bella signora con i capelli bianchi” (Sig.ra Linda, n.d.r), che gli chiese come fosse questo signore. Werkmaster fece uno schizzo sul suo taccuino del volto dello scrittore scomparso con gli occhiali e i baffi in evidenza, che la signora riconobbe: “Ah il signor  Rådström !”. Anche lei non aveva dimenticato.

Scomparve e dopo poco fece ritorno con il vecchio libro degli ospiti, che aprì mostrando la pagina in cui lo scrittore aveva ironicamente disegnato se stesso, scrivendo espressioni di ringraziamento per il meraviglioso soggiorno, pur nei pressanti impegni di lavoro che aveva tenuto.

La Sig.ra Linda Di Bartolomeo Tafà - con il libro degli ospiti, foto di Johan Werkmaster, 2003
La Sig.ra Linda Di Bartolomeo Tafà – con il libro degli ospiti, foto di Johan Werkmaster, 2003

 

Werkmaster confessa la sua emozione, soprattutto dopo aver inutilmente tentato anni prima di fare riscontri simili nell’Hotel de la Basilique ad Albert, nel nord della Francia, dove Pär Rådström scrisse il racconto “Il breve viaggio”.

Werkmaster parlò della sua ricerca a Giulianova nella prefazione della raccolta di scritti inediti di  “Fångat I Flykten” (Catturato nella fuga), pubblicata nel 2004 dall’editore Atlantis di Stoccolma, prima di scriverne in modo più ampio nell’ultimo suo libro interamente dedicato all’Abruzzo.

Ma ormai non si cerchi più a Giulianova l’Hotel Riviera, da anni chiuso con i suo passato, sperando   almeno che qualcuno abbia messo in salvo dall’abbandono quel vecchio libro degli ospiti.

(C) Antonio Bini

(C) giulianovanews.it

 

Hotel Riviera, cortesia Jonata Di Pietro - Giulianova
Hotel Riviera, cortesia Jonata Di Pietro – Giulianova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




USA. La strage di Charleston: all’odio razziale si e’ unita l’insofferenza politica.

E’ la conclusione delle

autorita’ di Charleston,splendida cittadina della Carolina del Sud. E’ lo Stato
del Sud da dove parti’ la guerra contro il Nord,che esplose perche’ i sudisti volevano lasciare le cose come stavano,con gli schiavi negri che lavoravano nei campi di cotone,mentre il Nord voleva chiudere quel triste periodo degli Stati Uniti.
Ci sono voluti molti anni per capire che i sudisti hanno fatto buon viso a cattivo gioco,che cioe’
 i negri del Sud erano stati finalmente accettati. La rabbia,pero’,prima o poi si
manifesta in un modo crudele,brutale.Ed ecco che un 21enne bianco entra alle
nove di sera in una chiesa afroamericana e decide di sparare  prima al pastore
della chiesa (che e’ anche deputato democratico) e poi falciare un gruppo di otto
fedeli intenti a cantare i loro inni.

Lettere al Direttore
Lettere al Direttore

Ora l’intera citta’ sta cercando il giovane assassino,che a quell’eta’ avrebbe dovuto
giocare con gli amici,divertirsi al bigliardino,o bere una birra corteggiando una ragazza. E invece no:l’odio razziale in tante parti del Sud e’ sempre vivo,tenuto
vivo anche dalla ripresa del noto K Klux Klan,che in molti chiamano addirittura “rinascita”Ora,ad ogni azione c’e’ una reazione uguale e contraria,vero?
E allora che cosa si puo’ aspettare da questo pluriomicidio? Gia’ si formano
gruppi con cani addestrati alla ricerca del fuggitivo che riesce ad evadere dai
penitenziari della Carolina,della Georgia,dell’Alabama, Stati noti per le crudelta’
delle loro prigioni ma anche per il numero di fuorilegge (chiamiamoli pure cosi’)
che si agitano da quelle parti.
Revenge e’ il grido dei negri di Charleston,vendetta che purtroppo potrebbe
includere tanti innocenti.
Per questo preti cattolici e pastori protestanti si sono riuniti in gran fretta
per pregare ma anche per tentare di convincere la gente che occhio per
ochio e’ la reazione piu’ inumana sconfessata da Dio.
Benny Manocchia



USA. L’amministratore delegato della NASA ha annunciato che l’uomo scendera’ su Marte nel 2030.

Stranamente la dichiarazione non ha ottenuto l’effetto come

quello del presidente John Kennedy allorche’ disse:saremo sulla Luna entro gli
anni Sessanta.
Marte e’ molto piu’ distante dalla Terra rispetto alla Luna; di Marte sappiamo ben poco;per arrivarci l’equipaggio della navetta impieghera’ diversi mesi.Certo per
molti l’idea di visitare il pianeta rosso eccita,da’ sfogo a sogni centenari .
Negli Stati Uniti,superato il primo momento di orgoglio,venduti milioni di libri sull’impresa,messi in circolazione diecine di film piu’ o meno interessanti, e’
subentrato il classico interesse statunitense per quanto riguarda il lato economico. Gli americani hanno versato 30 miliardi di dollari per i progetti della NASA e all’infuori di qualche scoperta scientifica che ha aiutato la nazione,ben poco puo’ vedere oggi  nella
questione economica. C’e’ addirittura qualcuno che ha  chiesto a viva voce:che cosa abbiamo ricevuto dalla visita alla Luna?
Ora Marte.Quindici anni,ha detto la Nasa per riuscire a conquistare i problemi che   saranno tra noi ed il pianeta rosso. Certamente ci sono previsioni che parlano di un’altra spesa che raggiungera’ i cento miliardi di dollari. Ne vale la pena si
chiedono uomini di cultura e perfino amministratori di grandi aziende.? Subito
le risposte degli scienziati: le grosse imprese si giustificano da se’,come per
esempio  quella di Cristoforo Colombo che affronto’ maggiori rischi – sempre secondo gli esperti – di quelli di chi andra’ su Marte.
Una cosa e’ certa:superate le polemiche la Nasa allunera’ l’uomo sul quel pianeta tanto lontano.
Gli effetti favorevoli forse l’uomo  comincera’ a vederli nel 2050.
Benny Manocchia

 




USA. Domenica in America e’ father’s day,il giorno del padre.

Compie 105 anni e

fu una donna a lanciare la richiesta per celebrare la figura del papa’. Suo padre
tenne cura di sei figlie dopo la morte della mamma.
E’ il giorno in cui specialmente le donne esprimono il loro affetto per daddy,
comunemente dad. I maschi un po’ meno.Negli Stati Uniti i maschi
celebrano in maniera eccezionale le loro mamme. Mother’s day e una
holiday molto sentita.che francamente mette in un angolo il giorno per dad.
Ma gli americani non sembrano farci molto caso.
Le spese effettuate per la giornata di domenica raggiungono in media 120
milioni di dollari. Quelle per onorare mamma superano i trecento milioni di
dollari.
Di solito le figlie prenotano il ristorante preferito dal babbo e ordinano una
lunga fila di piatti che lui chiede durante l’anno ma spesso non riesce a mangiare. Nel corso del pranzo le ragazze
presentano un regalo ai loro padri. Trattasi per la maggior parte di cravatte,portasigarette.maglie sportive.  Dopo pranzo tutti assieme al parco
dove l’uomo si vede circondato da figlie e nipotine:foto e gelati italiani con qualche giovane che abbozza una specie di discorso al padre. E quindi a  casa dove
l’uomo si sdraia sul sofa e guardando un film di guerra trangugia una mezza dozzina di birre.
Almeno quel giorno gli e’ permesso tutto.
Benny Manocchia



USA. Italia si risolvono i problemi senza la politica?

E’mai possibile,mi chiedo,parlare di fatti giornalieri che interessano le famiglie

senza coinvolgere la politica;senza entrare nel campo minato della politica?
Discutere di certi problemi che assillano una persona,una coppia,un gruppo
affrontando direttamente il problema con la premessa di tentare la soluzione del problema stesso?
Probabilmente tutti diranno:non e’ possibile.La politica entra dappertutto,si
intromette dappertutto,che ci piaccia o meno.
Eppure voglio tentare. Ormai tutti sappiamo che centinaia di migliaia di
persone entrano in Italia.  si crede in cerca di lavoro. D’accordo. Ma c’e’
lavoro in Italia? No,no,un momento:si era detto di non ficcare la politica dappertutto.
La domanda e’ chiara:c’e’ lavoro in Italia? Bene,siamo tutti d’accordo:in Italia
non c’e’ lavoro per centinaia di migliaia di persone che giungono nella penisola da diverse parti del mondo. Pero’ continuano ad entrare. C’e’ chi afferma:bisogna aiutare questa gente,non si puo’ chiudere gli occhi dinnanzi ad una tragedia come questa,insomma bisogna accettarli. C;e’ chi dice:non
abbiamo lavoro per gli italiani,come possiamo assicurare lavoro a chi entra in Italia senza peraltro un permesso?
Fin qui il ragionamento fila.Pero’ si chiude qui,infatti si autoblocca.E sapete perche’?
Perche’ raramente un  ragionamento logico apre la porte a una soluzione.
Soprattutto in Italia.Perdonate ma e’ cosi’.Infatti la politica,quella che avevamo auspicato di mettere da parte,subito si intromette e manda al diavolo i fatti ,.la realta’delle cose,l’ovvia situazione da affrontare. La politica( cosa pubblica)
quasi mai serve il pubblico,invece si chiude come una tartaruga
per arrivare a decisioni che non risultano uguali a quelle richieste dal pubblico.
Non ci vuole molto per capirlo.
Direte:non e’ possibile risolvere certi problemi(come l’invasione dell’Italia da parte di centinaia di migliaia di persone) senza l’ingresso della politica  nel
campo minato della vita di ogni giorno.
Sconfitti,ammettiamo che soltanto la politica risolvera’ il problema,in bene o in male. Magari fregandosene della richiesta della gente,appunto del pubblico
Ma cosi’ e’ la politica,bellezza
Benny Manocchia



A BUENOS AIRES STANDING OVATION AL DEBUTTO MONDIALE DI “ITALIA PATRIA MIA”

12 giugno 2015 A BUENOS AIRES STANDING OVATION AL DEBUTTO MONDIALE DI “ITALIA PATRIA MIA” L’inno, cantato all’Ambasciata d’Italia e poi al Senato argentino, per celebrare la Festa della Repubblica e la Giornata dell’Immigrante italiano Il 2 giugno, in Argentina, una standing ovation è stata tributata al tenore Giuseppe Gambi per l’esecuzione in anteprima mondiale dell’Inno degli italiani nel mondo “Italia Patria mia”, scritto con la giornalista e studiosa di emigrazione Tiziana Grassi, su spartito del compositore Luigi Polge e con gli arrangiamenti del M° Armando De Simone. Il tenore napoletano – una vera promessa della Fondazione Pavarotti – è stato invitato dall’Ambasciatore d’Italia in Argentina, Teresa Castaldo, per eseguire l’Inno per la prima volta all’estero, in Ambasciata, durante le celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana e dal Console Generale d’Italia a Buenos Aires, Giuseppe Scognamiglio, per celebrare poi solennemente presso il Senado de la Nacion il “Dia del Inmigrante Italiano”, festività nazionale sancita da una legge del 1995 del Parlamento argentino, emanata per riconoscere il contributo determinante dell’emigrazione italiana alla costruzione e allo sviluppo del Paese. Gli italiani d’Argentina sono l’unica comunità ad avere ricevuto un tale riconoscimento, che si celebra il 3 giugno, giorno della nascita nel 1770 di Manuel Belgrano, uno dei Padri della Patria dell’Argentina, figlio di emigrati liguri di Oneglia. Due ricorrenze istituzionali, il 2 e 3 giugno, che la comunità italiana ha celebrato esprimendo e rinnovando il forte legame con la propria terra d’origine e il senso d’appartenenza all’Argentina, amata come seconda Patria, della quale è diventata parte fondante. In forte empatia con i legami degli italiani verso il proprio Paese d’origine e quello che li ha accolti, e con il costante invito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla coesione e alla solidarietà – valori alla base della nostra Repubblica che, insieme al lavoro, sono stati portati dagli emigrati italiani in Argentina, dando un forte impulso allo sviluppo del Paese – l’Inno degli Italiani nel Mondo è sintesi della storia di 27 milioni di italiani partiti oltreconfine tra Otto e Novecento alla ricerca di una vita migliore. Una storia che oggi si riverbera in 80 milioni di oriundi, gli “italiani col trattino”. Nel suo messaggio per la Festa della Repubblica Italiana celebrata presso la nostra Ambasciata a Buenos Aires, l’Ambasciatore Castaldo ha voluto sottolineare la lotta per la democrazia e la libertà che accomuna i popoli argentino e italiano, oltre ai profondi vincoli storici, culturali e di sangue. Teresa Castaldo ha inoltre messo in evidenza l’impegno che negli ultimi anni sia l’Ambasciata sia tutto il Sistema Italia hanno messo in campo per rilanciare i rapporti bilaterali, tanto da raggiungere nuovi ed eccellenti livelli di cooperazione in ogni settore di attività. Al riguardo l’Ambasciatore ha messo in risalto “il grande contributo della collettività italiana, che non è soltanto la più numerosa – ha osservato – ma è tra le più attive, laboriose ed entusiaste comunità all’estero”. Subito dopo il discorso ufficiale dell’Ambasciatore è seguita l’esibizione del tenore Giuseppe Gambi, ripresa e trasmessa da Rai Italia in tutto il mondo. Il giovane cantante, una vera promessa della nostra lirica, ha interpretato anche alcune delle arie d’opera italiana più conosciute nel mondo, presenti nel suo repertorio, tra le quali “Nessun dorma”dalla Turandot di Puccini, “’O sole mio” e “Un amore così grande”, famoso brano di Mario Del Monaco che il tenore Gambi ha dedicato agli Italiani nel mondo nel seguitissimo programma televisivo “Community” di Rai Italia. L’esibizione in Ambasciata ha suscitato una grande emozione negli oltre mille ospiti presenti – tra autorità diplomatiche consolari, imprenditori di origine italiana, numerosi connazionali, rappresentanti istituzionali, dell’associazionismo e della stampa locale e di emigrazione – che hanno infine davvero apprezzato e applaudito “Italia Patria mia”. L’Inno, composto su musica di grande efficacia evocativa e un testo che invita a sognare, ma anche a riflettere, sulla storia dei milioni di connazionali nel mondo, è simbolo dell’italianità e dell’appartenenza. Anche nel testo sottolinea, infatti, il coraggio, l’orgoglio, i sogni e le conquiste di milioni di emigrati italiani. Milioni di persone che, partendo oltreconfine, hanno assicurato lo sviluppo dell’Italia e il suo prestigio nel mondo, distinguendosi per i valori di cui sono stati portatori con impegno e tenacia, e rappresentando – ieri come oggi – una risorsa preziosa per l’Italia. Altrettanta calorosa l’accoglienza che il tenore ha ricevuto presso il Senato argentino, con l’esecuzione di “Italia Patria mia” salutata da un prolungato applauso. Il tenore Giuseppe Gambi, di origine partenopea, con una storia familiare di emigrazione che da Napoli l’ha portata negli Stati Uniti, emozionato per le reazioni entusiastiche che il suo Inno ha suscitato a Buenos Aires, e vicino alle comunità italiane all’estero per le quali si esibirà in una tournée partita proprio dall’Argentina, ha espresso il grande desiderio di cantare l’Inno degli Italiani nel Mondo “Italia Patria mia” a New York, al prossimo Columbus Day – evento significativo che celebra l’Italianità e l’orgoglio italiano negli States – come suo personale e partecipe omaggio musicale a tutti i connazionali nel mondo che “con le loro storie hanno scritto una pagina fondamentale della nostra Storia di cui essere orgogliosi – ha dichiarato Gambi –, una storia che è parte di noi, del nostro passato e del nostro futuro, e a cui dovremmo guardare con maggiore rispetto e attenzione”. Goffredo Palmerini https://www.youtube.com/watch?v=EPqf-DUGu2k&feature=youtu.be




USA- Il debito nazionale degli Stati Uniti ha appena superato 18 trilioni (dico trilioni) di dollari.

Il che vuol dire che ogni americano ha un debito personale di 56,370

mila dollari. Tanto per introdurre una nota semicomica,per contare un trilione
occorrerebbero 31 mila anni.
La Cina e’ salita al primo posto,superando il Giappone,delle nazioni che mantengono le note di debito dell’America. Ci sono poi Arabia Saudita,Brasile,Inghilterra. Anche
l’Italia e’ nella lista ,ma con cifre non molto alte.
Arrivando all’interesse che questo debito procura all’America ogni anno: 430
miliardi. Ogni cittadino che paga le tasse sborsa 3500 dollari ogni anno.
Non si tratta di denaro usato per strade,ponti,scuole,ricerche mediche.
L’interesse per il debito nazione oggi e’ del 2.5%  Gli esperti  predicono che salira’ al 5% che portera’ l’interesse a un trilione l’anno.
E gli stessi esperti non esitano a far notare che le spese incredibili di Washington
distruggeranno questa nazione.
Benny Manocchia



Daniela Musini vince il Trofeo “Ville Lumière” al World Literary Prize a Parigi ed è finalista al Premio Internazionale Città di Como

 

 

“I 100 piaceri di d’Annunzio. Passioni, fulgori e voluttà” dell’Artista abruzzese sarà premiato al Théâtre De Dix Heures a Pigalle ed è fra i sette finalisti della Saggistica al prestigioso premio letterario della città lariana

 

Daniela Musini
Daniela Musini

 

 

Sabato 13 Giugno 2015 sarà una data scolpita nella memoria e nel cuore di Daniela Musini, scrittrice, attrice e pianista rosetana che con il suo pluripremiato libro “I 100 piaceri di d’Annunzio. Passioni, fulgori e voluttà” (11 premi letterari Nazionali ed Internazionali finora conseguiti) consegue altri due ambiti riconoscimenti da aggiungere al già nutrito palmares della sua carriera.

In quello stesso giorno, infatti, questo intelligente, ironico e coltissimo saggio riceverà il Trofeo “Ville Lumière” del World Literary Prize presso il Théâtre De Dix Heures a Pigalle, Parigi, e concorrerà, insieme ad altri 6 finalisti, al primo posto per la Saggistica al Premio Letterario Internazionale Città di Como, la cui cerimonia di premiazione nella lussuosa location di Villa Olmo, vedrà la partecipazione del giornalista Ferruccio de Bortoli al quale sarà conferito il Premio alla carriera.

Entrambi i Premi letterari sono di riconosciuto spessore internazionale: al World Literary Prize di Parigi hanno partecipato, infatti, centinaia di scrittori in lingua italiana, francese, spagnola e inglese, mentre al Premio Internazionale Città di Como hanno concorso oltre 1400 autori provenienti dall’Italia e dall’Europa (ma anche da Israele) per le diverse categorie letterarie.

“Sono orgogliosa e lusingata di ricevere questi due riconoscimenti” dice Daniela Musini “per un saggio che racchiude i miei trentennali studi sul Vate, attestati che premiano anche, in un certo senso, la mia indefessa e amorevole determinazione ad omaggiare, attraverso questo libro e i miei recital/concert, il Figlio più grande del nostro Abruzzo, nonché Genio indiscusso dell’Arte e della Cultura italiana.”

Proprio da questo libro la Musini, artista dalle mille anime e acclamata interprete dell’opera del Poeta pescarese e della figura di Eleonora Duse, ha tratto un suggestivo recital, “Imaginifiche emozioni. Omaggio Gabriele d’Annunzio”, allestito con enorme successo presso Ambasciate, Consolati, Istituti Italiani di Cultura e Teatri di mezzo mondo e che Venerdì 31 luglio alle 21,00 lei stessa metterà in scena nella magica location della Torre di Cerrano a Pineto.