“RIPRISTINARE IL SERVIZIO MILITARE DI LEVA IN ITALIA UN PENSIERO COMUNE TRA GLI ALPINI ABRUZZESI RESIDENTI ALL’ESTERO”

 

Per una maggiore qualificazione dei giovani a servizio della società

 ALPINI 91

Dagli alpini abruzzesi residenti all’estero una voce comune “voi che siete in Italia sensibilizzate le autorità a ripristinare il servizio militare di leva”, voce che viene raccolta dall’alpino Sergio Paolo Sciullo della Rocca decorato medaglia d’oro mauriziana della Repubblica Italiana delegato per gli alpini abruzzesi all’estero che in una recente intervista ha dichiarato: “per esperienza diretta, posso testimoniare che i militari di leva sono stati una grande risorsa operativa e di volontà nell’ambito delle Forze Armate italiane, energia giovane in particolare per noi alpini animata spesso da un forte amore per la montagna e per le varie discipline ad essa collegate come lo sci e l’alpinismo, non disgiunta dalla forza dei vent’anni che li ha visti sempre emergere sia nelle attività prettamente tattico militari e sia nella pratica della montagna. Uomini che spesso chiedevano di fare di più per entusiasmo, per spirito di corpo, per tradizione di famiglia, esperienze queste che dopo il congedo li portavano ad essere parte attiva e qualificata nella società nell’ambito della Protezione Civile, nel Soccorso Alpino e nelle varie espressioni di volontariato nei paesi di residenza. In questa ottica e con questo retaggio morale gli alpini emigranti all’estero per lavoro, hanno testimoniato e testimoniano ancora oggi con orgoglio l’italianità autentica in Australia, Sud Africa, Canada, Belgio, Svizzera, Stati Uniti, Brasile e Argentina costituendo oggi più che mai, un riferimento certo per le Ambasciate Italiane e per le autorità di questi paesi. Un sano orgoglio che nel mondo ha testimoniato i valori cardini di Dio, Patria e Famiglia, valori questi che oggi si spengono Dio sostituito da un credo qualsiasi, la Patria sostituita da paese scritto con la p minuscola, la Famiglia sostituita dalla parola convivenza. In questo quadro di valori e di risorse umane giovani, il servizio militare di leva andrebbe ripristinato dando anche la possibilità al Cittadino di servire la propria patria. Esperienza positiva che oggi viene praticata a domanda nella formula “Pianeta Difesa” che vede i giovani vivere l’esperienza militare per tre settimane, testimonianza questa che rispecchia comunque una volontà popolare”. Dopo questo pensiero qualificato, abbiamo chiesto al presidente della Sezione ANA Abruzzi Giovanni Natale quale fosse il suo orientamento in merito ad un ripristino del servizio militare di leva, è lo stesso ha così risposto: “l’esperienza militare per i giovani, offriva loro sicuramente la possibilità di conoscere delle realtà disagiate, ma anche di vivere le meraviglie della montagna, offrendo ad alcuni anche opportunità linguistiche come si è rivelato per molti alpini che hanno prestato servizio in Alto Adige dove hanno potuto apprendere e partecipare anche a corsi di formazione in lingua tedesca, la leva va anche detto che ha dato un contributo determinante anche ai Corpi di Polizia dello Stato sopperendo alle carenze organiche e garantendo l’ordine pubblico, certamente l’ambiente militare si è sempre rivelato determinante per la formazione del carattere e dello spirito dell’uomo, decisamente non vedrei male il ripristino del servizio di leva da parte del cittadino, magari attualizzandone meglio la formazione e la durata”. Sicuramente questi pareri ci offrono una sana meditazione sia per l’opinione pubblica e sia per le autorità istituzionali per una maggiore rispondenza all’art. 52 della Costituzione della Repubblica Italiana (La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.) che molti vorrebbero rivedere attuato.




America Oggi – quotidiano italiano con sede in NJ – mette i propri giornalisti in “unemployment”. I contributi della Presidenza del Consiglio non bastano.

Gentile direttore,

con l’assenso dell’autrice Letizia Airos (direttore del network i-Italy.org), giro volentieri questo suo recente editoriale (del 23 aprile) sulla messa in “cassa integrazione” di tutti i giornalisti del quotidiano America Oggi. La nota affronta le cause di un tale epilogo, le analizza, e le mette in paragone al caso  di i-Italy, un piccolo “miracolo” cresciuto senza alcun aiuto di Stato, ma con il coraggio d’essere al passo con i tempi, con l’innovazione, con l’investimento sui giovani e sulla loro creatività. i-Italy è una realtà che conosco abbastanza da vicino, essendo uno dei collaboratori sin quasi dall’inizio della sua avventura. Ma l’analisi che Letizia Airos fa e il giudizio che ne trae, a mio parere, travalicano abbondantemente il caso particolare ed hanno un valore generale: il caso di America Oggi e quello di i-Italy sono uno specchio dove si possono riflettere tante altre realtà, nel mondo dell’informazione e anche oltre. Mi è venuto infatti da pensare alla situazione italiana dove c’è chi si ripiega sulle abitudini e sullo status quo, chi invece in mezzo alla crisi riesce ad affrontare il mare aperto dell’innovazione, con la creatività e con l’antico ingegno italico. Due atteggiamenti di fronte alla crisi, che potremo superare solo con sapendo osare vie nuove. In fondo, è questo il messaggio più promettente, pur in mezzo a tante difficoltà, che l’editoriale di Letizia segnala.
In calce è annotato il link dell’articolo, corredato da un ampio apparato di foto, dalle quali si può liberamente attingere, citandone la fonte.
Con viva cordialità
Goffredo Palmerini

Cosa riuscirebbe a fare i-Italy con quei contributi…

 

America Oggi – quotidiano italiano con sede in NJ – mette i propri giornalisti in “unemployment”. I contributi della Presidenza del Consiglio non bastano.
Noi andiamo avanti da anni senza. Crediamo che la crisi economica possa trasformarsi in una nuova opportunità per l’informazione. E pensiamo che questo dovrebbe capirlo anche chi destina questi aiuti. E voi cosa ne dite?

di Letizia Airos *

 

NEW YORK – Parto da due fatti. Apparentemente lontani tra di loro, ma legati all’argomento che voglio affrontare. Il primo è l’annuncio di “unemployment” per i giornalisti di  America Oggi, storico quotidiano in lingua italiana negli USA. Il secondo è l’intervista che Bruno Vespa ci ha fatto domenica scorsa e che andrà in onda su Porta a Porta.

Ciò di cui voglio parlare è la possibilità che la crisi economica, che sta sconvolgendo tutto il mondo, si trasformi in una nuova opportunità per l’informazione. E ne parlo perché i-Italy è nata nel 2008, proprio mentre scoppiava questa crisi.

 

Inizialmente eravamo solo su Internet ma poi, con grande passione e tante difficoltà, ci siamo consolidati diventando una presenza multicanale importante: in rete, in carta, in televisione e sui social network.

E’ un format ambizioso, per le sue caratteristiche innovative, per la sua indipendenza da grossi gruppi editoriali, e per la scelta di usare non solo l’italiano, ma soprattutto l’inglese per raggiungere un pubblico vastissimo: gli italo-americani, soprattutto i giovani, e gli americani che amano il nostro paese, che sono tantissimi.
Sono stati e sono anni duri, ma anche di grandi soddisfazioni. Dal New York Times che ci telefona per saperne di più su eventi italiani a New York di cui abbiamo scritto (appunto, in inglese), a un importante critico televisivo italiano che ci ha perfino additati come un modello per… la Rai!

Insomma siamo considerati sotto molti aspetti una “best practice”. E lo dobbiamo a due cose: il contributo volontario di una parte dei giornalisti, scrittori e intellettuali, italiani e americani, e una redazione molto giovane, ma con il pallino della qualità e la voglia di distinguersi dai tanti bloggers amatoriali che vanno in giro con una telecamerina digitale. Per non parlare del prezioso sostegno offertoci da due importanti istituti universitari americani: il John D. Calandra Italian American Institute (CUNY) e la Casa Italiana Zerilli-Marimò (NYU).
E così andiamo avanti testardi, privi di contributi statali, alla costante ricerca di fondi in mezzo a una crisi devastante.
Un giornale che non si è saputo trasformare

 

Ma veniamo ad America Oggi. Il quotidiano nacque nel 1988 in contemporanea alla chiusura di un altro storico giornale dell’emigrazione italiana, Il Progresso ItaloAmericano. Diretto da una cooperativa di ex dipendenti de Il Progresso appunto, rappresentò allora un vero salto per l’informazione italiana in America. Grazie all’intuizione di utilizzare i computer e le prime tecnologie nuove per l’epoca; e grazie poi, soprattutto, alle generose sovvenzioni ricevute dalla Presidenza del Consiglio, nell’ordine di milioni di euro.

Così America Oggi ha potuto rappresentare per anni un importante punto di riferimento per la comunità. Ma purtroppo questo quotidiano non è riuscito a stare al passo con i tempi e con le trasformazioni dei suoi stessi lettori, e soprattutto dei loro figli, che ormai non parlano più l’italiano, anche se adorano l’Italia. Il numero di copie vendute piano piano declina, i servizi originali sono diventati sempre più rari rispetto a quelli costruiti sulla base dei comunicati, e il destino del giornale si è legato all’esaurimento anagrafico della vecchia emigrazione italiana.

 

Poi è arrivata la crisi, e i contributi della Presidenza del Consiglio negli ultimi anni sono stati ridotti. Anche se continuano a rappresentare, a mio avviso, un cospicuo aiuto ancora oggi. Un aiuto che, se ben amministrato, potrebbe dare la serenità necessaria per un lavoro quotidiano, non affannato dalla ricerca di fondi. E potrebbe garantire soprattutto i compensi dei collaboratori.

 

Ma ci vorrebbe una realtà diversa, una vera vocazione che America Oggi sembra aver perso, occorrerebbe uno spirito diverso, una capacità di cavalcare l’onda innovativa delle nuove tecnologie. Come quello che il quotidiano nato dopo il Progresso, aveva alla sua nascita, vent’anni fa. E invece la proprietà ha deciso di licenziare tutti i giornalisti…

Bruno Vespa, Il Volo, e noi…
Ma cosa c’entra Bruno Vespa in questo ragionamento? Vi spiego. Mi ha intervistata nel corso di un tour americano organizzato per una puntata speciale di Porta a Porta dedicata ai ragazzi de Il Volo. Grande lavoro di squadra, quello di Rai Uno.

E’ stato interessante vederli agire qui a New York. Il successo del noto giornalista e quello dei giovani cantanti giustificherà certo, in termini di share, quello che hanno investito. Ma mentre li vedevo lavorare — ad esempio nel ristorante Ribalta, trasformato per l’occasione in studio televisivo — non ho potuto fare a meno di riflettere sulla mia esperienza.

Guardavo le loro telecamere, le luci che utilizzavano, le persone nello staff. E pensavo: “Come ha fatto i-Italy ad arrivare fin qui? Come abbiamo fatto a realizzare contenuti di qualità con tante risorse in meno?” La passione è indispensabile, ma certo non basta. Il segreto sta nella creatività e nell’utilizzo oculato delle risorse a disposizione.
Fondamentale il contatto con chi ci legge in rete e in carta, ci vede in TV, con la vita reale del territorio. Con i giovani. E mi sono ricordata come abbiamo realizzato tre anni fa la nostra prima intervista, in carta e in video con i ragazzi de Il Volo, che ebbe un grande successo. E’ un buon esempio per capire cosa voglio dire.

 

Il Volo viene da noi in redazione per un’intervista nel corso di uno dei suoi primi tour americani. Era in inglese e per loro era importante. Non avevamo ancora uno studio adeguato per realizzarla. Dirò di più avevamo in quel momento solo un microfono “lavalier” (di quelli a pinzetta, che si applicano sotto il bavero della giacca). Non era neanche wireless… e poi avevamo una sola telecamera! (ora siamo più attrezzati, non vi preoccupate:-)

Ma come fare a farli parlare tutti e tre, creando qualcosa di diverso, di non noioso insomma? L’idea fu di metterli seduti su tre sedie vicine, con uno schermo bianco dietro, e farli alternare ad ogni battuta. Parlava uno per volta, quello seduto al centro. Un solo microfono, una sola telecamera, ma tutti e tre vicini e divertiti dentro lo schermo.
Ritmo veloce, atmosfera movimentata. Il gioco era fatto. Poi la comunicativa e la simpatia de Il Volo ha ha dato il resto. Ma è solo uno dei tanti accorgimenti, piccole uscite di genio dei miei collaboratori.

 

Realizzare ogni settimana mezz’ora di televisione non banale è una bella sfida. Anche ora che abbiamo più telecamere full HD, qualche microfono, a volte affittiamo le attrezzature per girare in qualità cinematografica. Abbiamo scelto di rendere ricco il programma con segmenti diversi e più servizi, in diverse location. E di dare sempre il massimo. Ma non può costare un occhio della testa. E si può fare!

Si gira con la telecamera sulle spalle, si prende la metropolitana, si chiede la partecipazione di amici che fanno parte dell’ambiente intellettuale italiano di New York. E poi ognuno in redazione è consapevole di dover svolgere i ruoli più diversi, affrontare — e risolvere — imprevisti di tutti i tipi. Abbiamo anche una 500 tricolore disegnata da Massimo Vignelli per andare in giro, ma non la utilizziamo sempre. A New York garage e parcheggi sono spesso proibitivi.

 

E’ un po’ forse il ritorno alle origini. Una televisione di poche risorse, ma che per fortuna oggi ha la tecnologia dalla sua parte. Ogni miglioramento nell’attrezzatura è stata per noi una piccola vittoria.

E lo stesso per il nostro magazine in carta. I costi ci sono, ma si abbattono integrando i contenuti prodotti per la rete e per il video. Lo impaginiamo noi, in base ad una griglia predisposta da un ottimo grafico romano. E alla fine una professionista corregge gli errori e da’ il suo tocco artistico. Perché qualità ed eleganza vengono prima di tutto, specie per degli italiani.

 

E infine i social network, in particolare Facebook, che è il più adatto al nostro modo di comunicare. Affianca la nostra vita e ci segue ovunque con foto e video. Li curiamo uno per uno i nostri “amici” di Facebook, e in poco tempo sono quasi 125mila e postano migliaia di commenti al giorno, intervengono, interagiscono.
E’ una grande sfida, specie per una redazione in buona parte italiana che vuole parlare anche a un pubblico americano. Una sfida che investe i campi più vari, fino alle traduzioni, ai sottotitoli per la televisione, ogni volta bisogna studiare come porgere la nostra cultura e renderla comprensibile. Una sfida che naturalmente ha i suoi costi. Qui dobbiamo tantissimo alla presenza di collaboratori  italo-americani, fondamentale per questa mediazione culturale e non solo linguistica. E siamo anche orgogliosi di esserci guadagnati alcuni contratti per servizi di promozione del Sistema Italia da parte del Ministero degli Esteri, attraverso il Consolato. Piccole cifre con pochi zeri, e soprattutto non finanziamenti ma contratti, che abbiamo onorato stralavorando. Ma è stato un aiuto importante per noi e un riconoscimento del ruolo che svolgiamo.

 

Allora la domanda sorge spontanea. Cosa potremmo fare noi con quei contributi che ad altri non bastano? Me lo sono chiesta e lo chiedo a voi. Io penso che… voleremmo. E sono sicura, dopo qualche anno quei soldi non servirebbero più. Perché l’Italia con la sua cultura è il miglior prodotto da vendere, in America e nel mondo, e la migliore storia da raccontare.

 

Bisogna saperlo fare. E volerlo fare.
Noi speriamo di farcela e crescere nei prossimi anni. Dico ‘speriamo’, la prima cosa di cui sono consapevole è l’incertezza con cui si deve oggi avere l’umiltà di vivere.

 

 

*direttore i-Italy.org

http://www.iitaly.org/39568/cosa-riuscirebbe-fare-i-italy-con-quei-contributi




“ABRUZZESI AL VITTORIALE RENDONO OMAGGIO ALLA TOMBA DI GABRIELE D’ANNUNZIO“

 

La Libera Associazione Abruzzesi del Trentino Alto Adige presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, nel quadro delle attività culturali ha organizzato una gita culturale al Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera in Provincia di Brescia, per rendere omaggio alla tomba del poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio a cui è intitolata la Sezione Trentino Alto Adige. La gita è stata coordinata da Gabriele Antinarella che ha permesso ai soci di visitare con molto interesse i giardini, i musei e la casa del poeta dove ancora oggi sono custodite molte opere letterarie originali e molti scritti. Durante un briefing illustrativo tenutosi presso l’anfiteatro il presidente Sciullo della Rocca ha illustrato ai convenuti anche le azioni militari compiute da D’Annunzio in occasione della prima guerra mondiale, di cui quest’anno ricorre il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia “24 maggio 1915” dal volo su Vienna, alle attività militari nell’Istria e in particolare la beffa di Buccari. E’ seguito poi l’intervento di Marina Natale socia anziana che a chiusura, ha raccontato come nel 1938 nell’Abruzzo rurale si diffuse di paese in paese la notizia della morte del poeta. La giornata culturale è terminata con il pranzo sociale nella locanda municipale e l’augurio comune di ripetere questa gita, mettendo a disposizione più posti per i giovani e contribuendo maggiormente a raccogliere documenti e cimeli dannunziani con la finalità di arricchire il patrimonio del Vittoriale.ABR.VIT.A.1




USA. Per il 1 maggio, la città di Milano, sarà una città

Caro Direttore, leggo con rammarico che Milano il primo maggio sara’

blindata; infatti si prevedono attacchi di scalmanati che non hanno altro da fare.La Expo e’ un avvenimento che potrebbe dare lustro e onore all’Italia.
Si vede che c’e’ gente disposta a vedere la nostra nazione sprofondata
nel burrone dell’oblio.Facciano pure.A Giulianova voi tutti potrete godere una splendida giornata di primavera e fare quattro passi lungo il bagnasciuga
(una volta si diceva cosi’)..
E’inspiegabile come si e’ ridotta la popolazione italiana (forse dovrei dire alcune persone mentalmente tarate) ::guerriglia dappertutto,spesso senza motivi specifici. Dal campo sportivo alla piazza tutti contro tutti,come bande
nella giungla africana,come un immenso manicomio dove ognuno ha veleno nella mente e decide di sfasciare ogni cosa.
Fanno leggi per bloccare questo mulino della morte ma nessuno le rispetta.
Da lontano abbiamo visioni quasi apocalittiche di un Paese che e’ invidiato dal mondo per le sue bellezze. C’e’ tanta,troppa rabbia,da una parte e dall’altra.Una situazione che potrebbe portare alla fine di tutto…
Benny Manocchia



Usa. Benny Manocchia: non posso non parlare della “mia” Italia.

Tempo fa un lettore mi scrisse che,vivendo io negli Stati Uniti,non potevo,non dovevo parlare dell’Italia.Non si spiego’ meglio.Cosi’,non parlare della nazione

lettera in redazione
lettera in redazione

dove sono nato e cresciuto,Ebbi una reazione direi violenta,ma poi pensai
che chi mi aveva intimato di stare zitto sulle cose italiane,in realta’ era un povero mentecatto.Che cos’altro potevo pensare?  C’e’ un punto negativo degli italiani che vivono nella nostra penisola :la caduta rumorosa e vigliacca dell’amore per la terra che ci diede i natali.Oggi – proprioperche’ siamo lontani – possiamo facilmente accettare quanto sta succedendo in Italia.Perche’,vedete,a parte le ideologie politiche che soltanto in Italia riescono a dividere due fratelli o padre e figlio.pare che l’italiano puro non esista piu’.Per italiano puro intendo la persona che canta l’inno nazionale nelle occasioni,ricorda i nostri poeti,i nostri artisti,le persone che scoprirono
il telefono (pure essendo negli Stati Uniti),.chi scopri questa nazione
i conquistatori di mezzo mondo,i vicnitori di quattro titoli mondiali e numerosi
altri titoli mondiali in ogni sport.Potrei andare avanti cosi’.Mentre negli USA
tentano disperatamente di creare un passato ad una nazione giovane presa dai cosiddetti indiani e poi creata con il sudore di emigrati di mezzo mondo,in Italia molti miei connazionali hanno deciso che lo Stivale deve perire,che non vale piu’ nulla ormai,per cui tanto val darl ain mano agli stranieri che stanno invadendo la nostra terra.E chi si permette di dire:viva l’Italia,viene subito preso per matto,anzi,diciamolo pure chiaramente,per fascista. Forse,per molti,dovrebbe prendere l’assoluto comando della nazione il gruppo che si fa chiamare comunista.Ricorderete che il comunismo non e’ farina del nostro sacco,no,no. Invece fu importato dalla Russia,in seguito ricoperta dalle chiacchiere di chi aveva creduto (ma anche qui ci sono dubbi) che il comunismo avrebbe reso “tutti uguali”,niente signori,forse tutti poveri in canna.Oggi nessuno in Italia crede nel vero comunismo (che e’ morto nelle nazioni dove una volta prospero’):su
questo metterei la mano sul fuoco.”Fanno” i comunisti come si fa il pavone
lungo le spiagge piene di belle figliole.Spesso funziona,anche perche’ “fare” il comunista oggi in Italia vale pure un lavoro,o bigliettoni di denaro giunto da diverse parti…Va bene tutto questo:ognuno sceglie la religione politica
che piu’ gli piace.Tuttavia non puo’ permettersi di lasciare la barca Italia in mano a chi ha intenzione di affondarla.Percio’ per loro,per tutti loro,io dico:
“Padre perdonateli perche’ non sanno quel che si fanno!”.
Benny Manocchia



L’Aquila. UNA GIORNATA PARTICOLARE PER GLI STUDENTI DEL COLORADO COLLEGE (USA)

24 aprile 2015

 

 

A L’Aquila per visitare i tesori della Tommasiana, la Lanterna Magica e il Centro di Cinematografia

 

di Goffredo Palmerini

 Colorado College 121

 

L’AQUILA – Una giornata particolare, il 23 aprile, per gli studenti del Corso di Cinema del Colorado College, guidati dal prof. Salvatore Bizzarro, docente di letteratura italiana e latinoamericana in quell’eccellente ateneo di Colorado Springs (Usa) e direttore delle missioni formative in Italia, che di solito si svolgono in primavera o in estate. Da molti anni i corsi residenziali, della durata di un mese, si tengono a Sulmona. Una scelta che il prof. Bizzarro motiva con le bellezze artistiche ed ambientali dell’Abruzzo, in posizione centrale per le escursioni nelle maggiori città d’arte italiane. E ogni anno, nei corsi, una giornata è dedicata a L’Aquila, per visitare le istituzioni cinematografiche ed i principali monumenti della città. Neanche dopo il terremoto del 2009 la tradizione si è interrotta, tanto che proprio per questa ragione la visita assume un sapore particolare, d’arricchimento culturale per gli studenti, di certo, ma anche il valore d’una testimonianza d’affetto e di vicinanza verso L’Aquila così duramente colpita dal sisma. L’anno scorso lo scrisse in un bel messaggio la Rettrice del Colorado College, Jill Tiefenthaler, ringraziando le istituzioni culturali aquilane e chi scrive, che da sempre, su richiesta dell’università americana, appronta l’annuale visita nel capoluogo abruzzese.

 

Raccontiamola, dunque, la giornata “speciale” che i 18 studenti americani, con i loro docenti Salvatore Bizzarro (Salvino) e Andrea Righi e due accompagnatori, hanno vissuto a L’Aquila. Alle 9 e mezza l’arrivo da Sulmona nel piazzale della Biblioteca Provinciale “Salvatore Tommasi”, temporaneamente sistemata in un grande fabbricato nel Nucleo industriale di Paganica-Bazzano. E’ in attesa di poter tornare nel cuore storico della città, quando sarà restaurato il palazzo dove la prestigiosa Tommasiana aveva sede dal 1848, quando fu aperta. La necessità di far nascere una biblioteca pubblica venne nel 1814 in seguito all’istituzione del Reale Liceo degli Abruzzi, insediatosi nel Convento adiacente la Chiesa di San Francesco, che prospettava su piazza Palazzo. Raccolse il patrimonio bibliografico della Badia Celestiniana di Sulmona e dei Gesuiti dell’Aquila. Alcuni anni dopo l’apertura venne deciso l’ampliamento degli spazi ad essa destinati, con l’abbattimento della chiesa e di parte del convento francescano, quello stesso dove il 20 maggio 1444 Bernardino da Siena morì e che attualmente conserva la celletta del trapasso del santo. Nel 1883 l’inaugurazione della Biblioteca ampliata, che venne dedicata al medico e filosofo Salvatore Tommasi, professore di clinica all’Università di Napoli. Lì la Biblioteca ha servito la cultura abruzzese fino al 2009, quando lacerata dai terribili colpi del terremoto, ha dovuto trovare temporanea sistemazione in strutture lasciate indenni dal sisma, in attesa di poter tornare nella sede storica dopo un’augurabile sollecita ricostruzione.

 

E’ stata la dr. Maria Concetta Ruffo, infaticabile dirigente della Biblioteca “Salvatore Tommasi”, a dare il saluto dell’Amministrazione provinciale e ad accogliere la delegazione americana nella sala conferenze della Tommasiana. Attesa ad un impegno fuori sede ha quindi incaricato la dr. Antonella Torazzi a dare un’informativa agli ospiti sulla prestigiosa Biblioteca. La dr. Torazzi ha parlato dell’ingente patrimonio librario della Tommasiana, costituito dalla sezione moderna e dal prezioso “fondo antico”, che vanta 3500 cinquecentine, 31 libri liturgici e corali, una copiosa dote di manoscritti tra i quali l’intera opera degli Annales di Anton Ludovico Antinori, 131 incunaboli, tra i quali i primi due libri stampati a L’Aquila nella seconda metà del Quattrocento da Adamo di Rottweil, allievo di Gutemberg, che nel 1483 aprì in città una stamperia tra le prime in Italia. La dr. Torazzi ha quindi mostrato agli studenti americani due libri corali in gregoriano, le coperture in pelle con rinforzi di ottone bullettato, con pagine in pergamena impreziosite di splendide miniature. “Fantastico”, questa l’esclamazione degli studenti di fronte a tanta bellezza, antica di almeno mezzo millennio. E ancor più la sorpresa nel conoscere dalla valente bibliotecaria come fossero necessarie le pelli di almeno 200 pecore per realizzare le pergamene occorrenti per uno solo di quei volumi liturgici! La dr. Torazzi ha inoltre mostrato un incunabolo, uno delle rarità presenti nel fondo antico, di cui esiste solo un altro esemplare nel mondo. Ha quindi parlato della carta, come fosse arrivata dalla Cina fino agli Arabi, che la diffusero in Sicilia e in Spagna nel XII secolo, e quindi in Europa. La sezione moderna della Biblioteca – ha concluso la dr. Torazzi – dispone di 300 mila volumi, un’emeroteca di giornali e riviste di 2.289 periodici, di cui 230 correnti, e di una sezione audio-visiva multimediale cui si sono recentemente aggiunti 15 mila titoli dell’Istituto Cinematografico dell’Aquila, da quando la Provincia ha deciso di ospitare l’Istituto nella struttura temporanea della Biblioteca, per via dell’inagibilità della sede della prestigiosa istituzione culturale, nel Parco di Collemaggio, martoriata dal terremoto.

 

E proprio l’Istituto Cinematografico dell’Aquila La Lanterna Magica”, rappresentato dal vice Presidente Goffredo Palmerini e dal responsabile organizzativo Giovanni Chilante, ha fatto accoglienza alla delegazione del Colorado College nel Museo delle Arti e Mestieri del Cinema, realizzato in un’ampia parte del piano superiore della Biblioteca. Il Museo espone parte delle collezioni dell’ente, pervenute da donazioni, tra le quali quelle dell’attrice Maria Pia Casilio, delle costumiste Marilù Carteni, Odette Nicoletti, Catia Dottori, Maria Rita Barbera: 3500 pezzi unici tra oggetti personali, foto autografate dai grandi personaggi del cinema italiano ed americano, bozzetti, figurini, foto di scena, ritagli, cartoline, appunti, quaderni facenti parte di collezioni private di grandi professionisti dei vari mestieri del cinema. E poi la collezione del protezionista aquilano Aquino Reato, noto per aver portato il cinema nelle piazze in tutta Italia e per l’Europa, dapprima con un piccolo schermo e dopo con un vero e proprio cinema viaggiante con la possibilità di offrire lo spettacolo cinematografico sullo schermo più grande d’Italia. Nel corso del 2014 il figlio, Marco Reato, ha donato all’Istituto oltre duecento foto autografate di importanti personaggi del cinema italiano ed americano, oltre a molte particolarità come la cambiale firmata di Amedeo Nazzari o il frammento della calza di Marilyn Monroe. Il patrimonio dell’Istituto vanta inoltre collezioni di manifesti e locandine, mezzi di proiezione e macchine storiche, emeroteca, videoteca e biblioteca, una ricca fototeca con 50 mila immagini (foto e diapositive) sugli eventi cinematografici realizzati nella storia dell’istituzione, nata nel 1981.

 

Infine la preziosa Cineteca, intitolata a Maria Pia Casilio – attrice nata a Paganica, recentemente scomparsa -, avviata nel 2000 e giunta oggi a custodire un patrimonio di oltre 1500 film in pellicola, tra i quali titoli di notevole interesse storico anche per la loro rarità ed importanza artistica e per questo riconosciuti come bene da tutelare e vincolati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Lo stesso Ministero, peraltro, ha riconosciuto nel 2007 la Mediateca dell’Istituto quale Centro Regionale per il deposito legale con lo scopo di catalogare, conservare e rendere fruibili i documenti audiovisivi, multimediali e sonori di carattere culturale realizzati nel territorio regionale. Oggi missione dell’ente è la valorizzazione e l’implementazione dell’archivistica di settore, investendo sul rilevante patrimonio di storia, opere, dotazioni artistiche, pellicole cinematografiche, progetti, memorie video-fotografiche, accumulato nel corso della sua ultra-trentennale esperienza. Un vero e proprio Centro Archivio Cinematografico d’interesse nazionale, appunto. L’Istituto, infatti, sin dalla fondazione s’è caratterizzato nell’ideazione e realizzazione di attività che ne hanno fatto un punto di riferimento rilevante per operatori, studiosi e appassionati del mondo del cinema e dell’audiovisivo, consolidando importanti rapporti con esponenti della cultura e dello spettacolo, con società ed istituzioni di diversi Paesi, con la stampa nazionale ed estera. Ad esso peraltro si deve – ed in particolare al suo fondatore Gabriele Lucci – la nascita dell’Accademia dell’Immagine, centro di alta formazione nel settore della settima arte, e dell’Abruzzo Film Commission. Di queste attività gli studenti del Colorado College hanno voluto informarsi e poi conoscere le tecniche di restauro delle pellicole, oltre che apprezzare le esposizioni presenti nel Museo, costituenti solo una piccola parte del patrimonio archivistico della “Lanterna Magica”.

 

Alle 11 abbiamo quindi fatto una puntata nel centro storico dell’Aquila: dalla Fontana Luminosa lungo Corso Vittorio Emanuele, fino a Piazza Duomo. Commossi gli studenti americani alla constatazione di tanta devastazione al patrimonio architettonico. Ma anche lieti del fermento operoso della ricostruzione d’una città che li ha intrigati già a prima vista. Impressionati dalle bellezze dei portali e delle finestre, dalla finezza delle lavorazioni in pietra, dalle volte ad archi dei fondaci sotto restauro, dalla qualità dei restauri ultimati. Migliaia di scatti fotografici, anche ai dettagli, al particolare. Un’attenzione che rivela l’apprezzamento per la bellezza d’una singolare città d’arte, dove ogni pietra racconta la storia. Molti gli operai nei cantieri, lungo il Corso imbandierato di tricolori, come d’altronde tutta la città, in vista dell’88^ Adunata nazionale Alpini che si svolgerà a L’Aquila dal 15 al 17 maggio prossimi. Nei pressi di piazza Duomo c’è molto movimento di mezzi, uomini in divisa, volontari della Protezione Civile con le loro divise gialle fosforescenti. Si preoccupano, i nostri ospiti americani, pensando a qualcosa di grave accaduto. Parlo con il prof. Bizzarro perché li tranquillizzi. C’è un’esercitazione in corso di protezione civile, con simulazione d’un sisma nella città. Osservo tra me e me, con tristezza, quanto sia stridente, per quanto utile, un’esercitazione del genere a sei anni dal devastante terremoto del 6 aprile 2009!

 

Piazza Duomo è un caleidoscopio di colori, sgargianti divise e tute dei volontari, molti i cappelli alpini, in una regione dove i volontari della protezione civile attingono ampiamente al serbatoio di generosità e solidarietà presente nell’alpinità abruzzese. Domenico Logozzo, penna raffinata del giornalismo, già Caporedattore del TGR della Rai, tutto documenta con centinaia d’immagini fotografiche. Ha rinviato d’un giorno la partenza per la sua natia Calabria per poter essere con noi all’Aquila, per incontrare l’amico Salvino Bizzarro, per parlare con i giovani del Colorado College e infine scoprire quanto per loro sia attraente la cultura italiana, il nostro modo di vivere, l’arte e le meraviglie architettoniche delle nostre città. Molti di loro parlano un po’ d’italiano, lo studiano per scelta, per amore verso l’Italia, che tanto li affascina nonostante le nostre carenze. Per noi italiani davvero una lezione che ci dovrebbe far comprendere come il migliore investimento per l’Italia è sulla cultura, sulla promozione della nostra lingua, sul rispetto e sulla conservazione del nostro patrimonio artistico ed ambientale, dello straordinario paesaggio italiano.

 

Ma ora è tempo di raggiungere il Centro Sperimentale di Cinematografia, che è all’altro lato della città. Ci aspettano per mezzogiorno. Arriviamo con qualche minuto di ritardo. Il traffico in questi giorni all’Aquila è complicato, per via della preparazione degli eventi che ci attendono il mese prossimo. Ci accoglie Rinaldo Aristotile, responsabile tecnico per la sezione Abruzzo della Scuola Nazionale di Cinema. Tutto è pronto, come convenuto nei giorni scorsi con Alessia Moretti, responsabile del settore didattico. Aristotile dà una dettagliata informativa sulle peculiarità della scuola, sulla specializzazione dei corsi, sulla tipicità della formazione che vede gli allievi frequentemente impegnati in stage e produzioni video didattiche, con la supervisione dei loro docenti. E infatti viene proposto agli ospiti del Colorado la visione del documentario “Ri-costruzione”, girato dagli allievi sulla città del dopo-terremoto, dove si mette in parallelo il silenzio spettrale del centro storico con la vita parossistica nei centri commerciali, diventati per gli aquilani luoghi d’incontro, surrogati di agorà. E come due artisti cerchino di ricomporre questa separazione del centro storico della città dai suoi abitanti, portando dentro la città lacerata e disabitata i suoni e i rumori registrati nei luoghi d’incontro dei cittadini. Mentre nei centri commerciali vengono esposte immagini fotografiche giganti del centro storico realizzate su supporto murario. Un video davvero efficace, capace di generare emozioni e pathos.

 

Gli studenti americani guardano quindi una bella mostra fotografica, realizzata dagli allievi della Scuola, sulla condizione della città. Recentemente è stata esposta a Perugia, durante il recente Festival del giornalismo, a ricevendo lusinghieri apprezzamenti e riaprendo un focus d’attenzione sull’Aquila. Soddisfatti della visita, si lascia il Centro Sperimentale. Sono quasi le 2 del pomeriggio, e c’è ancora una esperienza da fare, una lezione da prendere. Anche la nostra gastronomia per la delegazione del Colorado College è materia di studio. Per conoscere ed apprezzare il gusto italiano. La nostra cucina tipica, i nostri vini, il nostro modo di stare a tavola sono per loro opportunità di conoscenza dell’italian way of life, che tanto li affascina. Il contesto ambientale di Villa Feronia conquista i nostri ospiti, le prelibatezze che offre in molteplici varietà anche. E’ una grande festa di comunione, di amicizia, di complicità culturale. In fondo ancora una volta, quest’anno, si rinnova e si rafforza il legame affettivo e culturale tra L’Aquila e questa università del Colorado. Nei saluti “ufficiali” che chiudono l’agape scorre il feeling che si è stabilito da anni, grazie all’amore che Salvino Bizzarro nutre per l’Abruzzo, lui di origini napoletane nato a Tunisi ed emigrato ragazzo negli States, che scelse di far nascere suo figlio a Sulmona. Forte risuona l’augurio che ciascuno possa, negli anni prossimi, tornare in visita all’Aquila. E trovare la città rinata, più bella di prima.

 

 




UNA GIORNATA PARTICOLARE PER GLI STUDENTI DEL COLORADO COLLEGE (USA)

4 aprile 2015

 

 

A L’Aquila per visitare i tesori della Tommasiana, la Lanterna Magica e il Centro di Cinematografia

 

di Goffredo Palmerini

 

 

L’AQUILA – Una giornata particolare, il 23 aprile, per gli studenti del Corso di Cinema del Colorado College, guidati dal prof.Salvatore Bizzarro, docente di letteratura italiana e latinoamericana in quell’eccellente ateneo di Colorado Springs (Usa) e direttore delle missioni formative in Italia, che di solito si svolgono in primavera o in estate. Da molti anni i corsi residenziali, della durata di un mese, si tengono a Sulmona. Una scelta che il prof. Bizzarro motiva con le bellezze artistiche ed ambientali dell’Abruzzo, in posizione centrale per le escursioni nelle maggiori città d’arte italiane. E ogni anno, nei corsi, una giornata è dedicata a L’Aquila, per visitare le istituzioni cinematografiche ed i principali monumenti della città. Neanche dopo il terremoto del 2009 la tradizione si è interrotta, tanto che proprio per questa ragione la visita assume un sapore particolare, d’arricchimento culturale per gli studenti, di certo, ma anche il valore d’una testimonianza d’affetto e di vicinanza verso L’Aquila così duramente colpita dal sisma. L’anno scorso lo scrisse in un bel messaggio la Rettrice del Colorado College, Jill Tiefenthaler, ringraziando le istituzioni culturali aquilane e chi scrive, che da sempre, su richiesta dell’università americana, appronta l’annuale visita nel capoluogo abruzzese.

 

Raccontiamola, dunque, la giornata “speciale” che i 18 studenti americani, con i loro docenti Salvatore Bizzarro (Salvino) e Andrea Righi e due accompagnatori, hanno vissuto a L’Aquila. Alle 9 e mezza l’arrivo da Sulmona nel piazzale della Biblioteca Provinciale “Salvatore Tommasi”, temporaneamente sistemata in un grande fabbricato nel Nucleo industriale di Paganica-Bazzano. E’ in attesa di poter tornare nel cuore storico della città, quando sarà restaurato il palazzo dove la prestigiosa Tommasiana aveva sede dal 1848, quando fu aperta. La necessità di far nascere una biblioteca pubblica venne nel 1814 in seguito all’istituzione del Reale Liceo degli Abruzzi, insediatosi nel Convento adiacente la Chiesa di San Francesco, che prospettava su piazza Palazzo. Raccolse il patrimonio bibliografico della Badia Celestiniana di Sulmona e dei Gesuiti dell’Aquila. Alcuni anni dopo l’apertura venne deciso l’ampliamento degli spazi ad essa destinati, con l’abbattimento della chiesa e di parte del convento francescano, quello stesso dove il 20 maggio 1444 Bernardino da Siena morì e che attualmente conserva la celletta del trapasso del santo. Nel 1883 l’inaugurazione della Biblioteca ampliata, che venne dedicata al medico e filosofo Salvatore Tommasi, professore di clinica all’Università di Napoli. Lì la Biblioteca ha servito la cultura abruzzese fino al 2009, quando lacerata dai terribili colpi del terremoto, ha dovuto trovare temporanea sistemazione in strutture lasciate indenni dal sisma, in attesa di poter tornare nella sede storica dopo un’augurabile sollecita ricostruzione.

 

E’ stata la dr. Maria Concetta Ruffo, infaticabile dirigente della Biblioteca “Salvatore Tommasi”, a dare il saluto dell’Amministrazione provinciale e ad accogliere la delegazione americana nella sala conferenze della Tommasiana. Attesa ad un impegno fuori sede ha quindi incaricato la dr. Antonella Torazzi a dare un’informativa agli ospiti sulla prestigiosa Biblioteca.La dr. Torazzi ha parlato dell’ingente patrimonio librario della Tommasiana, costituito dalla sezione moderna e dal prezioso “fondo antico”, che vanta 3500 cinquecentine, 31 libri liturgici e corali, una copiosa dote di manoscritti tra i quali l’intera opera degli Annales di Anton Ludovico Antinori, 131 incunaboli, tra i quali i primi due libri stampati a L’Aquila nella seconda metà del Quattrocento da Adamo di Rottweil, allievo di Gutemberg, che nel 1483 aprì in città una stamperia tra le prime in Italia. La dr. Torazzi ha quindi mostrato agli studenti americani due libri corali in gregoriano, le coperture in pelle con rinforzi di ottone bullettato, con pagine in pergamena impreziosite di splendide miniature. “Fantastico”, questa l’esclamazione degli studenti di fronte a tanta bellezza, antica di almeno mezzo millennio. E ancor più la sorpresa nel conoscere dalla valente bibliotecaria come fossero necessarie le pelli di almeno 200 pecore per realizzare le pergamene occorrenti per uno solo di quei volumi liturgici! La dr. Torazzi ha inoltre mostrato un incunabolo, uno delle rarità presenti nel fondo antico, di cui esiste solo un altro esemplare nel mondo. Ha quindi parlato della carta, come fosse arrivata dalla Cina fino agli Arabi, che la diffusero in Sicilia e in Spagna nel XII secolo, e quindi in Europa. La sezione moderna della Biblioteca – ha concluso la dr. Torazzi – dispone di 300 mila volumi, un’emeroteca di giornali e riviste di 2.289 periodici, di cui 230 correnti, e di una sezione audio-visiva multimediale cui si sono recentemente aggiunti 15 mila titoli dell’Istituto Cinematografico dell’Aquila, da quando la Provincia ha deciso di ospitare l’Istituto nella struttura temporanea della Biblioteca, per via dell’inagibilità della sede della prestigiosa istituzione culturale, nel Parco di Collemaggio, martoriata dal terremoto.




MILANO E I GRANDI MARTINESI di Franco Presicci

 

 

Nella Sala Alessi di Palazzo Marino, il 7 maggio alle ore 10,00, si parlerà di Guido Le Noci, l’indimenticabile gallerista che nel suo spazio di via Brera ospitò tutti i nomi più rappresentativi dell’arte d’avanguardia non solo italiana.

 

Amico di scrittori eminenti, come Dino Buzzati; di critici consacrati; di poeti come Raffaele Carrieri e Giuseppe Ungaretti (in una bella foto passeggiano sottobraccio in Galleria); di Pierre Restany, teorico del Nouveau Rèalisme, conosciuto nel ‘54; di Jean Fautrier, immortalato con lui in un uno scatto di Ugo Mulas, e di tanti altri, tra cui i comaschi Figini, Pollini, Terragni, ai quali era stato presentato da Oronzo Celiberti, studioso di filosofia.  Guido Le Noci riscoprì anche nuovi talenti, lanciandoli nell’ambito europeo. Personaggio noto e apprezzato ovunque, autorevole e prestigioso, amato da molti.

 

Un martinese illustre, Guido Le Noci, e anche un protagonista eccellente della vita culturale milanese, tanto da essere considerato tra quelli che hanno contribuito a far grande la metropoli lombarda. Il critico Lucio Carluccio lo definì il “mercante dell’insolito”, che attraversava sentieri da altri evitati e affrontava con coraggio e determinazione imprese non facili. Tenace, intelligente, battagliero, ma disponibile e generoso, arrivò a Milano il 19 marzo del ’25; e a poco a poco, tra un sacrificio e l’altro, tra ostacoli da superare, realizzò tutti i suoi progetti.

 

Nella galleria Borromini, che aveva aperto a Como (poi chiusa per volere del regime, che non gradiva l’arte che proponeva), mise insieme Picasso, Utrillo ed altri mostri sacri; ma la collettiva venne sfoltita per disposizione della prefettura lariana, e perse Modigliani, e non solo, per ragioni…politiche.

 

Il 17 dicembre del ’54 inaugurò “Apollinaire” con una mostra di una ventina di artisti, da Modigliani a Morandi, De Chirico, Savinio; e cominciò a guardare a Parigi, che considerava la Mecca dell’arte. Fu il primo ad esporre Fautrier in Italia, urlando a tutti il valore dell’artista. Restany pubblicò il suo primo manifesto a Milano nel ’60, allestendo una mostra in prima mondiale del gruppo all’Apollinaire. Con la collaborazione della galleria di Le Noci e dello stesso Restany, che a Milano celebrò il decennale del Nouveau Rèalisme, il Comune organizzò mostre e manifestazioni importantissime alla Rotonda della Besana. Guido incoraggiò Christo Javaceff, che in Australia aveva impacchettato una baia, a ripetersi con i monumenti di Milano; ma l’idea di mettere la camicia addirittura al Duomo suscitò polemiche, scatenando anche Marco Valsecchi, l’inflessibile critico del quotidiano “Il Giorno”. Allora Javaceff “rivestì” la statua di Vittorio Emanuele a cavallo di fronte al tempio.

 

Figlio di uno dei più virtuosi scalpellini di Martina Franca, a Milano il grande Guido Le Noci s’impose anche in veste di editore. Preziosi i suoi tomi su Montale e Quasimodo; i libri su Apollinaire e su Martina Franca, il cui testo fu steso da Cesare Brandi, senese fondatore, nel ’39, dell’Istituto centrale del restauro.

 

Le Noci ha lasciato il segno. A Brera dovrebbero intestargli una strada. Ancora oggi c’è chi, passando davanti allo stabile che ospitò la galleria più famosa, pensa alle esposizioni che vi si susseguirono.

 

Io conservo gelosamente un libricino dalla copertina rossa: “Le livre rouge de la Revolution Picturale”, di Pierre Restany, edizioni Apollinaire – Milano. In uno spazio bianco, uno scritto a mano di Le Noci: “I nemici di Restany sono anche i miei nemici: li abbiamo sempre avuti contro sul cammino della rivoluzione pittorica. Abbiamo vinto lo stesso. Viva Restany”. E la data: Milano 1° Maggio 1968. Me lo regalò il 20 giugno 1969 con la dedica “A Franco Presicci con amicizia e gratitudine dal suo Le Noci”. Un onore, una gioia.

 

Nella Sala Alessi verrà ricordato anche Paolo Grassi, che con Giorgio Strehler fondò nel ’47 il Piccolo Teatro, dirigendolo per 25 anni; fu sovrintendente della Scala dal ’72 al ‘77, e della Rai dal ’77 all’80: una profonda cultura umanistica, “democratico a misura europea…aveva mutuato dall’ambiente milanese la larghezza di vedute, il senso dell’organizzazione, la laboriosità, il timbro europeo dell’esistere e dell’operare…”  (Michele Pizzigallo). Carattere vigoroso, tenace nella realizzazione dei progetti, signorile nei modi, era figlio di un martinese e legatissimo alla città dei trulli e psicopompo del Festival della Valle d’Itria. Nato a Milano il 30 ottobre 1919, morì a Londra il 14 marzo 1981 durante un intervento al cuore. A 62 anni. Nel ’79 era stato nominato Patriae Decus di Martina, che gli deve tanto.

 

Nella stessa cerimonia verrà ricordata anche la figura di Giacomo Giacobelli, che fu segretario generale al Comune di Martina Franca, dove spostò la sede dell’Amministrazione comunale dalla Società Artigiana a Palazzo Ducale, passando poi al Comune di Milano dove ricoprì lo stesso incarico fino alla storica data del 25 aprile del ’45 e, infine, al Comune di Bari, dove il suo nome troneggia su una targa stradale.

 

Toccherà a Francesco Lenoci, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vicepresidente dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano, oltre che diffusore appassionato dei valori della nostra terra, ripercorrere la vita e l’attività di questi indimenticabili personaggi martinesi del passato che hanno contribuito a far diventare grande Milano; e lo farà alla sua maniera dotta e brillante, ricollegando il passato al presente per meglio percorrere la strada verso il futuro.

 

Francesco Lenoci relazionerà anche su “Martina Franca e Milano: Moda – Cultura – Expo 2015, avendo al suo fianco Ada Lucia De Cesaris, vice sindaco di Milano,  Elio Michele Greco, presidente  della Fondazione Nuove Proposte di Martina Franca; Giuseppe Mele, direttore generale del Comune di  Taranto,  Mariangela Zaccaria, vice segretario generale vicario del Comune di Milano, la giornalista Evelina Romanelli, Vito Pastore, direttore creativo di John Sheep, Daniele Del Genio e Bruno Simeone, designer di Rossorame, gli esponenti di varie biblioteche di Milano e provincia.




USA. La più bella del mondo è in Italia

L’America fa le cose cosi’.Un settimanale decide di aumentare la vendita e

strilla in copertina che una data persona e’ la piu’ bella del mondo! A parte
il fatto che sulla Terra esistono tante manifestazioni per stabilire la piu’ bella di una nazione  o del mondo e perfino del globo.A parte questo,chi vieta
al direttore di una rivista di scrivere che questa donna e’ la piu’ della del mondo? Stavolta People ha deciso: Sandra Bullock e’,appunto,la piu’ bella del mondo. Bene,conobbi Sandra nel corso di una riunione durante la quale lei avrebbe fatto un breve discorso sulla situazione dei poveri. Era,anni fa (e lo e’ tuttoggi) simpatica,spontanea,sincera e un po’ anche “chiusa”.
Mi diede una bella intervista per un settimanale femminile di Milano.In un certo senso diventammo anche amici:lei stava soffrendo pr un paio di relazioni fallite. “E’ perche’ sono una tedescona”
 mi disse ridendo. Una classica tedesca=americana,direi.Gioiosa ma dura,piena di buon appetito per il cibo italiano e attaccata alla terra dei
suoi genitori.Ogni volta che poteva saliva sull’aereo per la Germania dove andava per stare un po’ con sua nonna. Parlicchiava l’italiano e amava
la nostra arte.Bella? Non sempre,quando perdeva la pazienza si arruffava
per apparire come una gatta pronta a graffiarti.Le dissi,dopo un po’,che
era sexy e lei fu contenta.Non si credeva bella ma sapeva di avere sex appeal.
Ora ha cura con tanto amore,del suo baby di 5 anni.Ha avuto sberle da
parte di uomini che.l’hanno tradita e l’idea di leggere che lei e’ la piu’ bella
del mondo la fa ridere.Infatti ha dichiarato:”E’ ridicolo!”.
Ma il giornalismo americano,un certo tipo di giornalismo americano,quando deve riagganciare il pubblico dei lettori che stanno scomparendo,crea una idea,come quella di dire che questa donna e’ la piu’ bella del mondo.Ebbene,a rischio di sentirla urlare in tedesco,io dico
che la piu’ bella del mondo e’ in Italia.E attendo idee e nomi per dimostrare che per eleggere la piu’ bella del mondo ci vuole poco.
Benny Manocchia



Usa. Nel “bel paese” non c’è posto per tutti.

Dall’estero non ci e’ possibile conoscere tutti i dettagli della politica italiana nei confronti del resto d’Europa.Sarebbe interessante sapere perche’ l’Italia non puo’ bloccare l’arrivo di cittadini africani,come hanno scritto alcuni giornali senza comunque dare spiegazioni esaurienti. La chiamano emigrazione e non ha importanza.L’importante e’ che l’Italia non puo’ permettersi,almeno di questi tempi,l’arrivo di centinaia di migliaia di persone. Leggiamo della disoccupazione,del debito nazionale,di grosse societa’ che chiudono per la crisi. E’ chiaro,dunque,che oggi e’ impossibile ricevere tanta gente senza

poter assicurare lavoro e tutto il resto. Una grossa parte dell’Italia insiste nel
sostenere che soltanto i comunisit hanno un cuore e vogliono aiutare chi ha
bisogno.La verita’,non facciamo gli  sciocchi,e’ che i rossi vogliono rinsanguare
il numero di persone  che voteranno per loro. Ma forse non pensano che una crisi ancora piu’ grave di quella odierna,creata proprio dal numero di persone
senza lavoro e pronte a tutto, rendera’ inutile i loro sforzi per arrivare al potere assoluto. Tutto il resto sono chiacchiere,anzi favole.
Benny Manocchia