Pescara. Addio a Francesco Sanvitale, un Maestro della cultura, della storia e dell’arte musicale italiana. Lezioni da rileggere.

 

 

 

PESCARA – Omaggio a Francesco Sanvitale. Il Maestro. Uno dei primi amici abruzzesi. Se ne è andato troppo presto. Ci ha lasciati a 60 anni. Ha dato tanto. Avrebbe potuto dare tanto altro ancora. Grande cultura, grande umanità, grande senso dell’amicizia. Concretezza e competenza. Idee limpide, pensiero libero. Doti rare. Il ricordo di un grande uomo che ho avuto il privilegio di conoscere e che mi ha onorato della sua bella e sincera e onesta amicizia. Un’amicizia nata nei lontani anni Ottanta, prima attraverso la lettura di una delle sue tante pubblicazioni, poi consolidata dalla conoscenza personale, quando nel 1984 sono stato assunto dalla Rai a Pescara.

 

Francesco Sanvitale

L’avevo “incontrato” leggendo in Calabria, e recensendo poi per un quotidiano del Sud, “Le bande musicali in Abruzzo 1783-1984” pubblicato dall’editore Gangemi di Reggio Calabria, per iniziativa dell’Istituto per lo Sviluppo Musicale del Mezzogiorno. Scritto con Franco Farias, che come Sanvitale ho conosciuto e apprezzato lavorando per anni assieme nella sede regionale della Rai dell’Abruzzo.

 

La ricerca sulle bande musicali faceva parte di un progetto di valorizzazione delle grandi risorse del Mezzogiorno dell’Associazione Culturale Jonica, presieduta dal calabrese Sisinio Zito, senatore socialista, Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, dopo essere stato nel 1973 condirettore di « Mondoperaio », la  rivista del PSI diretta da Federico Coen. Nel 1979 Zito aveva voluto riconoscere a Ortona, la città di Francesco Paolo Tosti, un ruolo importante.

 

E lo studioso Sanvitale era stato un fondamentale punto di riferimento. Attiva presenza dell’Ismez, con  concerti, mostre e convegni internazionali sulla liuteria. La promozione della musica per la crescita del Sud. L’Abruzzo protagonista. Ricordo a questo proposito la bella esperienza per le scuole della Locride, sul finire degli anni Settanta, con le lezioni ed i concerti dei Solisti Aquilani diretti dal maestro Vittorio Antonellini.

 

Francesco Sanvitale  per la RAI  ha curato numerosi programmi, scrivendo testi e sceneggiature per la radio e la televisione. Come responsabile del tg regionale della Rai, più volte ho fatto ricorso alla competenza di Sanvitale per arricchire la qualità dell’informazione regionale. Sempre disponibile. Sempre chiaro nei suoi interventi. Un  vero maestro di storia della cultura. I suoi interventi e le sue interviste sui giornali erano da conservare.

 

Come l’edizione straordinaria del Centro del 17 marzo 2011, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il quotidiano, allora diretto da Roberto Marino, dedicò 8 delle sue 32 pagine al libro di Francesco Sanvitale “Chi in sette ti partìo tradì l’idea di Dio – Pagine sul Risorgimento nel 150° dell’Unità d’Italia”. Molto bella l’intervista realizzata da Paolo Di Vincenzo. Da rileggere. Con attenzione. E’ la storia. E’ l’Abruzzo. Grazie, Maestro Sanvitale!

 

Domenico Logozzo

 




“CAMPO FELICE FURONO GLI ALPINI A SCEGLIERE IL LUOGO E DARE IMPULSO PER L’ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITA’ SPORTIVE”

 

Gli alpini ex minatori del Belgio visiteranno l’altipiano e le miniere.

La piana di Campo Felice, incastonata tra il massiccio montuoso del Monte Velino, di cui rappresenta la porta settentrionale di accesso, il gruppo montuoso di Monte Ocre-Monte Cagno e le Montagne della Duchessa, un tempo adibite essenzialmente alla pastorizia, oggi devono gran parte della loro trasformazione turistica per la pratica degli sport della montagna essenzialmente agli alpini che nell’immediato dopo guerra frequentarono la zona per le loro attività addestrative alpinistiche e sciistiche. A ricordarlo è l’alpino Sergio Paolo Sciullo della Rocca decorato Medaglia d’Oro FOTO TEL.C.F._-1 IL MANIFESTO NANDO FIASCHETTIMauriziana della Repubblica Italiana delegato per gli alpini abruzzesi emigranti che in una recente intervista ha tenuto a precisare il contributo tecnico fornito dal Corpo degli Alpini per la trasformazione di questo luogo, un tempo riferimento per pastori e minatori, è oggi zona esclusivamente sportiva. Può sembrare strano, ma qui molti alpini furono minatori, come l’alpino Nando Fiaschetti ancora vivente a Casamaina di Lucoli (AQ) unitamente a Sesto Di Fabbio e Berardino Mazza, in quanto in questo altopiano per diversi anni tra l’altro venne estratto l’alluminio. Questi minatori, furono definiti i “diavoli rossi” dalla popolazione locale a causa della polvere rossa caratteristica della bauxite che li ricopriva nel viso e negli indumenti. In questa occasione voglio ricordare le parole del presidente della Sezione A.N.A. Abruzzi Giovanni Natale “massimo rispetto per i minatori abruzzesi in Belgio e nel Mondo, in quanto hanno sempre dato testimonianza di operosità, volontà e autentico amor patrio“. Tornando poi a Campo Felice, vanno ricordate le figure del Generale degli alpini Giuseppe Fabre che bene individuò il luogo su proposta del Sergente Gaetano Panei una delle maggiori guide alpine nato nel Comune di Borgorose un tempo parte della Provincia di L’Aquila. Su di lui, ci sarebbe molto da raccontare, ma brevemente vi rappresento che fu compagno di cordata di Walter Bonatti, fu un fuori classe dell’arrampicata su roccia con numerose prime vie aperte nelle Alpi in particolare sul Monte Bianco, fu anche istruttore dello scrittore alpino Mario Rigoni Stern (il Sergente della neve) con il quale prese parte alla campagna di Russia nel CSIR, il Corpo di Spedizione Italiano in Russia, a Jassinovataia. Campo Felice come lo conosciamo oggi divenne stazione sciistica nel 1970 basata sul modello di analoghe località dell’arco alpino, ma nella parte tecnica molto giovò anche la consulenza dell’amico degli alpini il francese Emile Allais Campione del Mondo di sci che nello sci alpino fu innovatore nella tecnica dello slalom, contribuendo ad abolire la vecchia curva a telemark. Dopo il contributo tecnico fornito da questi uomini, il Comando del 4° Corpo d’Armata Alpino nel 1977 scelse Campo Felice per l’espletamento della 1^ Edizione dei Campionati Sciistici delle Truppe Alpine (30^ delle Olimpiadi in grigioverde) la cui direzione tecnica venne affidata al Colonnello degli Alpini Giancarlo Sperindè. Lo svolgersi di questo grande evento conferì a Campo Felice il battesimo come luogo destinato alle attività sportive della montagna, mentre viabilità, accessi e strutture furono poi la conseguenza di una forte volontà politica. In occasione della prossima Adunata Nazionale degli Alpini a L’Aquila, siamo certi che molti alpini, in particolare gli ex minatori del Belgio si recheranno a visitare questo luogo suggestivo che è una delle oasi naturalistiche più belle nell’Appenino centrale.




Osservatorio emigrazione Abruzzo fa le nomine e punta ai fondi Ue

 

Antonio Innaurato (Uncem) rappresentante al Consiglio regionale degli abruzzesi nel mondo (Cram) e Goffredo Palmerini (Anfe) coordinatore dei due gruppi di lavoro dell’ Osservatorio per l’Emigrazione. Sono queste le nomine fatte dall’organismo in seno al Cram della Regione Abruzzo che s’è riunito al Consiglio regionale di Pescara, sotto la presidenza dell’assessore Donato Di Matteo che ha voluto attivare anche due gruppi di lavoro, uno istituzionale e l’altro economico-promozionale. “L’Osservatorio si deve impegnare nella realizzazione di progetti comunitari per finanziare idee utili allo sviluppo del turismo, della cultura, degli scambia giovanili e dell’anagrafe degli abruzzesi nel mondo che è cominciata con me nell’altra legislatura, s’è poi interrotta e deve essere assolutamente ripresa e realizzata” ha detto Di Matteo ai componenti dell’Osservatorio nato con la riforma 43/2012 della legge regionale 47/2004. “Altrimenti l’Osservatorio sarà sempre una scatola vuota – ha aggiunto – Invece, deve diventare lo strumento per realizzare quegli obiettivi economici utili a colmare l’assenza dei fondi al bilancio regionale del settore, in un momento di crisi e spending review in cui andiamo dietro a tappare i buchi della sanità e dei dissesti idrogeologici. Dobbiamo inoltre attivare strumenti per coinvolgere anche gli imprenditori italiani nel mondo per finanziare le iniziative utili al settore”.
Giuseppe Mangolini dell’Aitef (terzo da sinistra nella foto a destra) ha detto che se il settore Emigrazione di tutte le Regioni continua a non ricevere i fondi necessari è meglio che le deleghe vengano restituite a Roma mentre Palmerini (secondo da destra nela foto) ha sottolineato che il settore deve essere rilanciato anche perché sono 90mila l’anno gli italiani che hanno ripreso a emigrare all’estero per cercare il lavoro che in Italia non c’è. Antonio Bini (primo da destra nella foto), delegato di Mario Nardicchia dell’Unaie ed ex dirigente della Regione Abruzzo, ha parlato di settore che urge della banca dati completa dell’emigrazione, perché le associazioni riconosciute non sono più da tempo rappresentative del fenomeno, in quanto già le seconde, terze e quarte generazioni non vi si sono mai iscritte. Le Regioni devono sapere di più sugli emigrati e sugli oriundi. “Le patacche di ambasciatori d’Abruzzo nel mondo – ha detto Bini – non servono a niente”. Ben due italo-venezuelani nell’Osservatorio: Maria Claudia Lopez (nella foto d’apertura è a destra con Di Matteo e Assunta Janni, funzionaria del settore e segretaria del Cram) del patronato Inca ed Edoardo Leombruni (terzo da destra nella foto) per l’Associazione italo-latinoamericani in Italia (Ali) a significare la notevole emigrazione di ritorno dal Venezuela, Paese, hanno detto i due, colpito da tropo tempo da una crisi politica, sociale ed economica che sta facendo fuggire tanti emigrati verso l’estero “Ma molti imprenditori di origine italiana che vanno via non investono in Italia bensì negli Stati Uniti o Spagna, perché l’Italia e l’Abruzzo non fanno nulla per attirare capitali stranieri”, hanno detti i due all’unisono. All’incontro hanno preso parte pure i consiglieri regionali eletti nel Cram, Luciano Monticelli (Pd) , Lorenzo Berardinetti (Regione facile) e Pietro Smargiassi (M5s). Monticelli ha rivelato di avere una moglie venezuelana e che sta lavorando a un evento nel 2017 in Abruzzo “che sia metà fra il raduno degli alpini e l’Expo, che riguarderà soprattutto la nostra emigrazione”.
I due gruppi di lavoro sono già operativi: Luciano Lapenna (sindaco di Vasto) che rappresenta l’Anci nell’Osservatorio ha già delegato per i progetti europeiMassimo Luciani (secondo da sinistra, nella foto), esperto in materia ed ex assessore comunale a Pescara della Giunta di Luciano D’Alfonso, oggi governatore d’Abruzzo. Un tecnico esperto di turismo ed emigrazione è pure Bini, così come importanti sono presenze come quella di Antonio D’Orazio(Cgil), che da poco ha lasciato la presidenza Inps di Chieti. Insomma, nella nuova era Di Matteo l’Osservatorio è destinato a essere più importante “economicamente” del Cram, che rimarrà la consulta degli abruzzesi nel mondo. Al momento senza fondi, se non quelli per riunirsi, in attesa che arrivino dall’Europa.

Pierluigi Spiezia




USA. Hillary Clinton si candida a governare l’america

Ora e’ ufficiale. Hillary Clinton e’ una delle candidate  del partito democratico USA per le elezioni presidenziali del prossimo anno. .Per il momento non si prevedono sfide nello stesso partito ma entro il novembre 2016 si presenteranno altri candidati.Riparte cosi’,il clan Clinton e dopo otto anni

di presidenza di Bill,molti americani sperano entri alla Casa Bianca la signora Clinton. Diciamo subito che non sara; facile. Akcune inchieste svolte negli ultimi mesi hanno dato risultati strani ed inattesi.Infatti saranno proprio le donne di questa nazione a non votare compatte per Hillary. Lei,l’ex Segretario
di Stato ha subito detto che vuole diventare presidente per aiutare la classe media,tanto colpita dalla crisi che si protrae dal 2008. Ma non ci credono in tanti. Oggi il voto onta naturalmente,come sempre,ma conta anche la quantita’ di dollari che il candidato ha in mano per portare avanti la campagna politica.Si parla,secondo i calcoli,di circa 400 milioni di dollari. Milioni che
non saranno quelle donazioni (chiamiamole pure cosi’) di gente che puo’ dare 5  10 dollari o al massimo 20 a riempire l’account della Clinton.Ci vorranno
1   5   10 milioni di dollari per pagare l’aereo privato preso in affitto per 20 mesi,l’innumerevole gruppo di assistenti a 2000 dollari la settimana,i conti
incredibili di alberghi di prima classe per almeno duecento persone che di solito accompagnano il candidato alla presidenza.Per non parlare di
milioni di dollari per gli spot pubblicitari su giornali,peirodici,radio e televisione.Quindi ancora una volta il dio dollaro avra’ il valore specifico per ottenere la vittoria.
Dall’altra parte,ci sono due signori che vogliono bruciare la Clinton sul filo del traguardo:uno e’ il senatore della Florida Marc Rubio (di origine cubana)
e l’altro e’ l’ex governatore della Florida Jeb Bush,fratello di un presidente USA e figlio di un presidente USA. Forse,chissa’,i due clan  Clinton-Bush ancora una volta si scontreranno fino al ko finale. Tanto per dimostrare quanto gli americani sicono da sempre:in America chiunque puo’ diventare presidente.Dimeniticando di aggiungere:basta che abbia miliardi…
Benny Manocchia



USA. Vorrei ricordare un caro amico che il 21 di questo mese celebrerebbe il suo centesimo anno di eta’.

Anthony Quinn per abitudine ogni volta che mi incontrava diceva: il mio abruzzese preferito…Gli avevo parlato a lungo della nostra regione,che comunque lui aveva visitato molte volte insieme con la

sua moglie italiana Jolanada Addolori. La prima volta che lo intervistai mi
diede una specie di esame:dove era nato,la sua eta’,quanti film…Poi si risenti’ che io lo intevistavo in inglese mentre lui avrebbe voluto sciorinare il suo italiano,con piccole cadenze messicane.E dirigeva il mio fotogr afo come prendere le migliori.posizioni.E anc ora piu’ aavnti gli dissi che sembrava un po’ stanco,forse lavoravo roppo… Non lo avessi mai fatto:mi ricordo’ che aveva fatto dieci vasche e poi un po’ di footing per Manhattan.Si  calmo’ quando sua moglie ci disse che  il brunch era pronto. Gli spiegai che il direttore di Gioia mi aveva  chiesto di intervistarlo perche’ le lettrici lo ammiravano tantissimo..
D’accordo,avrebbe risposto a tutt ele domande ma voleva vedere il fax prima che io lo amndassi in Italia.
Quando capi’ che mantenevo la parola, Anthony Quinn dimostro’ tutto il suo calore latino e la sua ammirazione per l’Italia e gli italiani.Mi invito’ a
Los Angeles piu’ di una volta ed ogni volta mi presentava una star,come li
chiamava lui:Gregory Peck,Charlton Heston ed anche un paio di belle donne.,Spesso ripeteva che “lassu’ non mi vogliono ancora,non c’e’ spazio per uno come me” e rideva,rideva. Era di sentimenti onesti,chiari e semplici cosi’ come era ruvido e dietto nei suoi contatti. Lavoro’ molto in Italia e con Burt Lancaster fu uno dei divi di Hollywood a parlare sempre
con simpatia ed affetto,forse tanto quanto ha fatto da sempre Clint Eastwood.
Ci siamo scritti fino alla fine. Il 21 di aprile lo ricorderanno in USA e milioni di messicani che lo hanno amato profondamente .
Benny Manocchia..



Il sogno italiano di Sandra, calabrese d’Argentina: “Nella terra dei miei nonni, per nuotare nel mare Jonio e scoprire le radici”

 

di Domenico Logozzo *

 

 

E’ nata e vive in Argentina, ma il cuore la porta in Italia. Sandra Repice da quando era bambina ha un sogno: conoscere il Bel Paese dei nonni. Insegnante, 49 anni, abita a Lomas de Zamora, una località non lontana da Buenos Aires. I suoi genitori sono figli di italiani emigrati agli inizi del Novecento. Pure loro sono nati in Argentina, ad Avellaneda. Sandra in Italia non c’è mai stata. “Voglio visitare la Calabria, appena posso, con i miei genitori, per conoscere i paesi  dove sono nati i miei nonni. Ho visto le foto del mare di Gioiosa. E’ un posto meraviglioso! Un mare che mi emoziona. A volte penso che mio nonno di fronte al mare sognava una famiglia, una vita piena di progetti. E ha ottenuto importanti risultati, perché ha creato una famiglia affettuosa e forte. Questo mare, se Dio vuole, presto lo vedrò. E’ il mio sogno. Sarà  realtà. Come nipote di immigrati calabresi sento l’orgoglio e la passione per la terra da dove loro sono partiti. Apprezzo la decisione coraggiosa. Hanno dovuto lasciare tutto, sapendo che forse non sarebbero mai più tornati indietro”.

 

Il sogno italiano di Sandra è condizionato pure dalla situazione economica: “Non è favorevole il cambio favorevole della moneta argentina con l’euro o con il dollaro. Per un Euro ci vogliono 11 pesos argentini, per un dollaro 8 pesos argentini. Si può viaggiare con la Agenzia di Turismo della Associazione Calabrese che è molto conveniente”. In attesa di poter concretizzare il grande desiderio, lancia un appello: “Sarebbe meraviglioso trovare oggi i nostri parenti in Calabria. Abbiamo cercato un contatto, ma finora senza successo. E colgo questa occasione per invitare chi porta il nostro stesso cognome a scriverci su facebook. Abbiamo anche cercato di metterci in contatto con il radiocronista della Rai Francesco Repice, che ha origini calabresi. Un nipote di mio padre nel 1947 era dirigente del Crotone e si chiamava proprio Francesco Repice. Ho una foto della squadra crotonese che risale a 68 anni fa. L’ho fatta pubblicare sulla pagina facebook GIOIOSA IONICA. La nostra è una famiglia con una importante tradizione sportiva, che si tramanda di generazione in generazione. Adesso c’è un nipotino, Santiago, di 13 anni, che gioca con l’Almirante Brown di Adrogué, nella provincia  di  Buenos Aires”.

 

Sandra prosegue nell’appassionata scoperta delle radici e con  grande orgoglio dice: “Mi sento italiana nel più profondo del cuore. Io sono cittadina italiana, come la maggior parte della famiglia. Mia madre ha origini liguri e mio padre calabresi”. Siamo alla vigilia della grande festa annuale dei calabresi d’Argentina che ci sarà il 12 aprile a Buenos Aires, nel segno di San Francesco di Paola. Una manifestazione, quella voluta dalla FACA, che conferma di anno in anno quanto è forte il legame con la terra dei padri. La devozione al Santo Patrono della Calabria è immensa. In suo onore il 12 aprile sarà celebrata una messa nella Cattedrale Metropolitana di Buenos Aires. Molti, a partire da me, hanno il corpo in Argentina, ma il cuore in Italia. Nella festa coinvolte le associazioni calabresi che promuovono  le attività turistico-culturali. Ci sono  spettacoli di danza con i costumi, i suoni e i canti della tradizione. E poi stand con prodotti tipici regionali. La partecipazione è notevole e sono tanti gli  stranieri in vacanza che sono attratti da un evento che mette in luce le particolarità della Calabria”.

 

Completa integrazione. La docente italo-argentina afferma che in effetti ”l’Argentina si identifica sostanzialmente con l’“impronta italiana”. C’è tanta Italia nell’Argentina di oggi. Non solo numericamente. Il 65% della popolazione è infatti discendente di italiani. Fa parte della  classe medio-alta: uomini d’affari e imprenditori apprezzati nel mondo dell’edilizia. I primi immigrati italiani hanno costruito praticamente quasi tutto in Argentina”. Gli argentini apprezzano  la forza che ha avuto l’Italia di risollevarsi da  guerre devastanti e gravi disastri. Solo le persone realmente forti possono farcela. E questo è un motivo di orgoglio e di grande emozione per  quasi tutti gli argentini di origine italiana”. Precisa: “Ho molto amore e rispetto per le radici perché danno sempre la forza necessaria per affrontare le maggiori difficoltà che la vita ci mette davanti”. Poi evidenzia: “Gli italo-argentini vogliono mantenere vive le tradizioni e le usanze della cultura italiana”.

 

C’è tanto interesse per lo studio della lingua. Sandra Repice frequenta le associazioni culturali qualificate come la Dante Alighieri: “Da sempre sono interessata a imparare bene la lingua. Posso studiare solo ora, ma non è mai troppo tardi, e mi piace molto. Ci sono scuole di  buon livello. Bisogna fare in modo che lo studio dell’italiano entri sempre di più nelle scuole argentine. Cosa che stiamo ottenendo, sia pure  lentamente. Serve il contributo di tutti”. Ricorda: “Una volta c’erano i piani di studio italiani e si insegnava il latino. Sono stati sostituiti dal francese e dall’inglese”. Si dice “disponibile a partecipare alle iniziative culturali  per fare in modo che si concretizzino i sospirati  cambiamenti”. La docente italo-argentina ha un figlio di 20 anni, Pablo, che lavora con il padre architetto e studia Storia all’università. E’ molto legata al mondo della scuola: “Ho scelto di fare l’insegnante perché credo che attraverso l’educazione possiamo fare un paese grande e potente”. Ha un ruolo importante: “Sono ispettrice di Scuola Media a Lanús e sono anche insegnante di Didattica e Pratica. Ho iniziato ad insegnare al liceo quando avevo 21 anni. Una professione che mi piace tantissimo e alla quale ho dedicato e dedico tanto tempo e impegno. Un percorso scolastico che mi ha dato finora belle soddisfazioni ma anche grosse responsabilità. Sono stata anche direttrice di una scuola con mille alunni e 120 insegnanti”.

 

L’attenzione oggi la sta concentrando principalmente sullo studio dell’italiano. “Perché amo l´Italia, mi piacciono le abitudini e la cultura italiana. La ricchezza del linguaggio, la stessa storia d’Italia, che significa il primo germe dell’umanità”. E il pensiero va ai nonni: “Il mio sogno da bambina era imparare la lingua italiana e parlare come i miei nonni, Salvador ed Emilia. Mi piaceva andare a trovarli tutte le domeniche. Mangiavamo tutti insieme e mio padre parlava in dialetto con loro. Io ascoltavo con piacere,  sebbene non capissi  niente del loro parlare”. Ha  nostalgia dei “bei ricordi degli anni Settanta”. Quando si stava a tavola, si mangiava calabrese, si colloquiava e ci si divertiva. Il piacere di stare insieme. “Proprio così, c’era un formidabile calore nei rapporti umani, la famiglia era unita, la comunicazione era diretta. Altro che distrarsi -come si fa oggi- con i telefonini. Allora mia nonna cucinava i dolci per la merenda di tutti gli amici, aveva tempo per fare diverse cose che a me  piacevano assai. Ora tutto si fa in fretta. Non ho tempo per niente. Si potrà recuperare il bello di quel tempo? Lo spero”.

 

E intanto Sandra rivive le gioie dell’infanzia. Sfoglia con noi l’album della memoria. “Avevo 8 anni. Con i miei genitori Roque Repice e Alba Rocchetta, eravamo stati a pranzo nella casa della madrina di mio padre, che si chiamava Carmela. Alla fine,uno degli ospiti si era alzato per aiutare la padrona di casa a sparecchiare. Stava togliendo la tovaglia, quando la signora Carmela lo fermò: “Aspetti che prima raccolgo tutte le briciole. E con pazienza recuperò le mollichine una ad una. Le mise in un piatto: “Nulla si deve buttare”. Rievocando i tempi duri della guerra, quando non c’era da mangiare. Quel gesto è rimasto impresso nella mia memoria. Per sempre. I nostri genitori ci hanno insegnato che non dobbiamo mai buttare via il cibo, perché il cibo è sacro. Così ci hanno insegnato”. Pagine di storia. Capitoli ricchi di sentimenti e di cultura. Le certezze e le lezioni. La saggezza degli anziani, un tesoro per le giovani generazioni. Eredità da non disperdere. “Mi ricordo ogni singola parola dei miei nonni. Parole d’amore per la loro terra e di ringraziamento per  l’Argentina che li ha  ospitati. Odiavano la guerra per tutti i danni che aveva causato. Mio nonno, Salvador Repice, di Gioiosa Jonica, dopo avere prestato il servizio militare a Napoli per due anni nella Marina, è venuto in Argentina nel 1923. Prima è stato a  Valentín Alsina e poi ad Avellaneda, entrambe nella zona a sud di Buenos Aires. A Gioiosa aveva studiato. Aveva una certa cultura ed era riuscito ad inserirsi subito e bene nel mondo del lavoro. Fondò una società di costruzioni, chiamandola “Salvador Repice”, alla quale successivamente aggiunse i nomi di mio padre, di mio zio e del mio bisnonno Roque, che a Gioiosa aveva lavorato nelle ferrovie. Realizzarono importanti opere, come il cablaggio sotterraneo di Buenos Aires e della Provincia. Dopo 50 anni l’intero impianto è in condizioni eccellenti”.

 

Sandra era una bambina curiosa. Ai nonni faceva continuamente domande, voleva avere risposte ai tanti “perché?”. E  le otteneva. Stava ore ed ore ad ascoltarli. Affascinata dai loro racconti. L’amara situazione in cui si viveva nei paesi calabresi. La povertà. La via obbligata della triste emigrazione. Dal profondo Sud alle regioni ricche del Nord,nelle nazioni europee dove c’era bisogna di manodopera. E più lontano ancora, negli Stati Uniti, in Venezuela, in Argentina. Avventurosi viaggi con la nave. Duravano venti giorni quelli per Buenos Aires. Sacrifici enormi alla ricerca della terra promessa. Vicende umane toccanti: “Mio nonno cercava una moglie italiana. E così ha sposato “per procura” mia nonna Emilia Romeo, che  era orfana di guerra. Aveva perso i genitori e una sorella di tre anni nella Prima Guerra Mondiale. Nata a Caulonia, un paese non lontano da Gioiosa, era stata portata in un convento a Roma, dove aveva imparato a leggere e scrivere. Nel 1937 il matrimonio con il mio bisnonno. Hanno avuto quattro figli: due maschi e due femmine. La mia bisnonna era una donna molto attiva. Istruita ed altruista. Aiutava gli immigrati analfabeti a comunicare con le famiglie in Italia. Scriveva le lettere e leggeva quelle che arrivavano dalla Calabria. Il compenso era la pasta all’uovo fatta in casa oppure la frutta. Mi raccontava la tristezza che la prendeva quando doveva leggere le cattive notizie.Familiari disperati. Lacrime di dolore per i gravi lutti e per la lontananza che impediva di dare l’estremo saluto ai loro cari”.

 

Suo nonno è  ritornato qualche volta a Gioiosa?

“Aveva tanta nostalgia. Diceva sempre che voleva tornare. Mandava i soldi ai parenti che avevano bisogno di aiuto. Era un generoso. Tornò nel 1951. Giunse a destinazione con molti giorni di ritardo. Più di venti giorni di navigazione. Il dolore per la morte della madre, avvenuta  tre giorni dopo che lui era partito dall’Argentina. La grande accoglienza dei nipoti. Mio padre mi racconta che l’accompagnarono a visitare tutti i parenti e che  riportò dalla Calabria due bauli pieni di doni. Li divise  con tutta la famiglia. Sono  così  generosi i calabresi!”

 

*già Caporedattore del TGR Rai

 

 




Giulianova. L’uomo del MIFED, ultima fatica editoriale del giuliese Dom Serafini

Un libro che guarda al passato della Fiera di MIlano per capire l’Italia di oggi

Dom Serafini
Dom Serafini

 

Con 52 pagine, il nuovo libro di Dom Serafini é di piccolo dimensioni, ma non per questo meno esplosivo dei sui precedenti sette libri.
Il titolo é tutto un programma: L’uomo del MIFED – Michele Guido Franci e la prima fiera dell’audiovisivo del mondo di Milano contesa da Roma e uccisa dalla politica.
Questo é un libro anche per i non addetti ai lavori perché descrive com’é nata una grande fiera e come é stata uccisa dalla politica che distrugge tutto ció che di buono c’é in Italia.
É un libro che tutte le persone nel campo dell’intrattenimento dovrebbero leggere e farne  il punto di riferimento per il futuro dell’industria televisiva e cinematografica italiana.
A pubblicare L’uomo del MIFED é la Italic Digital Editions s.r.l di Roma al prezzo di 10 euro per la versione cartacea (disponibile su www.italicdigitaleditions.it) e di 2.99 euro come e-book (disponibile su www.amazon.it e www.bookrepublic.it).
Michele Guido Franci é stato senza dubbio un pioniere, grande precursore, organizzatore, amministratore e leader. Oltre ad inventarsi il MIFED, aveva anticipato la funzione di Internet e dell’energia rinnovabile.
Co-fondatore dell’Accademia Italiana della Cucina, Franci aveva anche ideato un festival audiovisivo per la promozione del benessere del bambino (per cui aveva ricevuto un premio dall’Onu). Personaggio simpatico che aveva bisogno di mascherare il suo buon senso dell’umorismo con un’apparenza severa ed autoritaria. Nonostante fosse diventato presidente della Fiera di Milano, Franci era una persona indipendente dalla politica, un accentratore e spartano nelle sue abitudini, ma generoso con il prossimo.
Franci scomparve nel 1991, all’etá’ di 86 anni. La Fondazione Fiera Milano non ha nemmeno una nota biografica su di lui. Rimane solo un piccolo ritaglio del suo necrologio suIlCorriere della Sera: É morto Franci: padre della Campionaria.
L’autore, Dom Serafini, é direttore di VideoAge International, rivista per gli addetti ai lavori del settore audiovisivo professionale che ha fondato nel 1981 a New York City con il supporto di societá come MGM/UA, ABC-TV, CBS, Columbia Pictures, Rede Globo (Brasile), Canale 5, Rete Italia, Rete 4 e MIFED. Precedentemente é stato direttore della rivista TV/Radio Age International. In Italia, Serafini ha collaborato con giornali come Il Sole 24 OreIl Corriere della SeraIl Messaggero ed il CorriereAdriatico e con riviste come Millecanali. Negli Usa é anche editorialista per il quotidiano AmericaOggi di New York e a Los Angeles per il settimanale L’Italo-Americano, mentre in Canada per il Cittadino Canadese.




“TOMMASO DELLA POETA CHEF IN ESCLUSIVA PER GLI ABRUZZESI DEL TRENTINO ALTO ADIGE“

BOLZANO – VITA SOCIALE

 

La Libera Associazione Abruzzesi del Trentino Alto Adige presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, nel quadro delle attività sociali ha organizzato un incontro conviviale invitando lo chef Tommaso Della Poeta di Atri, per cucinare il pesce azzurro dell’Adriatico a Bolzano. I frutti del mare giunti dal porto di Vasto sono stati preparati nel rispetto delle antiche tradizioni della cucina abruzzese. Al singolare appuntamento ha partecipato anche il Dottore Sandro Repetto in rappresentanza del Sindaco di Bolzano, unitamente ai numerosi soci provenienti da Vipiteno, Merano, Laives, Monguelfo e Trento. Nel corso dell’incontro il presidente Sciullo della Rocca ha presentato ai convenuti lo chef Tommaso Della Poeta quale autentico ambasciatore della cucina abruzzese che per anni ha lavorato in Belgio, Spagna, Svizzera e Germania dove ha diffuso per anni la genuinità e il gusto. La giornata gastronomica, è stata organizzata con rara perizia da Elisabetta D’Aurelio, Maria Antonia Giaconia, Gabriele Antinarella e Girolamo Sallustio. Mentre le pietanze di mare sono state accompagnate da più vini bianchi, ma il maggiormente apprezzato è risultato il Montonico proveniente da Bisenti, un paese della Provincia di Teramo che tra l’altro diede anche i natali a Ponzio Pilato, il governatore romano della Giudea che decise in merito alla crocefissione di Gesù Nazzareno.

 Foto – Lo Chef Tommaso Della Poeta.

 TOM D.P.-1

 

 

F/to. Asmodeo Rennes




LE MIGRAZIONI E IL PREGIUDIZIO COME RISCHIO CLINICO.

 

UN WORKSHOP AL POLICLINICO “GEMELLI” DI ROMA SU VULNERABILITA’

E STRESS DA TRAUMA DELLE POPOLAZIONI MIGRANTI

di Tiziana Grassi

 

ROMA – La società plurale e il pregiudizio come rischio clinico sono stati al centro di un Workshop tematico organizzato dal Centro per la Vulnerabilità e lo Stress da Trauma delle popolazioni migranti e richiedenti Asilo del Policlinico “A. Gemelli” di Roma in collaborazione con il Centro di ricerca “Health Human care and social intercultural Assessments” e il Master di II livello “Politiche migratorie, Human care e Management sostenibile” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore “Gemelli”.

 

Al momento di riflessione sono intervenuti il Prof. Pietro Bria, Responsabile del Progetto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Prof. Emanuele Caroppo, Coordinatore scientifico del Progetto e la Dott.ssa Concetta Mirisola, Direttore Generale dell’INMP, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà, afferente al Ministero della Salute. Focus del Workshop, la discussione della tesi di specializzazione del Master universitario della mediatrice culturale Dott.ssa Chiara Cianciulli dal titolo “People on the move: mediazione transculturale e migrazioni forzate” e “Modello monitoraggio salute migranti. Una proposta di Networking” discussa dal Dott. Antonio Ciravolo, a cui è seguita la presentazione dei risultati del Progetto OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) Equi Health di Rosella Celmi.  Un’occasione per tematizzare le complesse dinamiche interrelazionali date dalla contemporanea società multiculturale connotata da sempre più densi fenomeni migratori in entrata e in uscita dal nostro Paese, e che necessitano di nuove consapevolezze e amplianti prospettive di approccio. Tra queste, la Medicina transculturale, una medicina di prossimità, che focalizza l’attenzione sulla persona e, in una dimensione antropocentrica, ne affronta il vissuto migratorio attraversando identità plurime, problemi legati agli ibridismi culturali nell’eterna sospensione tra due mondi e forme di disagio insite in ogni processo migratorio, tra spaesamento-sradicamento, resilienza, solitudine e senso di perdita nell’altrove.

 

L’esperienza migratoria, ieri come oggi, comporta infatti nell’individuo un senso di vuoto, di lacerazione e rottura nel continuum esistenziale – spesso un avvenimento di portata catastrofica che marca indelebilmente un ‘prima’ e un ‘dopo’ nell’esistenza – che gli studiosi hanno definito “lutto migratorio”. Aspetti che riconducono al concetto di vulnerabilità esperenziale del migrante e a cui la branca psichiatrica della medicina oggi pone la massima attenzione per la necessità di una presa in carico multidimensionale della persona, di una valutazione olistica dell’individuo “in transito” – psichicamente e geograficamente -, tra contesti di partenza e di arrivo. Premesso che “l’art. 32 della Costituzione italiana ci ricorda che tutelare la salute è un diritto fondamentale dell’individuo – ha osservato il Direttore Generale dell’INMP Mirisola – oggi che l’immigrazione è diventata un fenomeno strutturale del nostro Paese, altrettanto strutturale deve essere la risposta, consapevoli che i problemi di salute della popolazione immigrata possono essere concettualmente classificati in tre grandi categorie: di ‘importazione’, di ‘sradicamento’ e di ‘acculturazione’. I problemi di importazione derivano dalle caratteristiche genetiche o dalle condizioni di vita nel Paese di origine. I problemi di sradicamento sono invece generati dall’esperienza migratoria, in particolare tra coloro che sono stati costretti a una migrazione forzata, come nel caso dei richiedenti protezione internazionale, e si manifestano principalmente come disturbi della sfera psichica. Il processo di acculturazione influisce sullo stato di salute soprattutto attraverso il cambiamento degli stili di vita degli immigrati che progressivamente tendono ad assumere quelli della popolazione del Paese ospite”. Sullo stato di salute dei migranti, la dottoressa Mirisola ha inoltre focalizzato che, in generale, il migrante arriva sul nostro territorio in buone condizioni di salute, si tratta del cosiddetto ‘effetto migrante sano’, una sorta di selezione naturale all’origine, per cui emigra soprattutto chi è giovane e in buone condizioni di salute, poiché il viaggio è lungo, difficile, a volte costoso e viene realizzato in condizioni di elevata precarietà. A conferma di ciò, vi è il dato sanitario relativo alla bassa prevalenza delle patologie infettive di importazione, i cui rischi di trasmissione alla popolazione ospite rimangono peraltro trascurabili. Tuttavia, con il passare del tempo, gli immigrati tendono a perdere tale vantaggio e il loro profilo di salute si approssima a quello della popolazione ospite o diventa addirittura peggiore, a causa dell’esposizione a peggiori condizioni di vita e di lavoro e delle disuguaglianze emergenti nell’accesso ai servizi: è il cosiddetto ‘effetto migrante esausto’. L’acculturazione può, tuttavia, determinare anche effetti positivi, ad esempio generando una maggiore partecipazione ai programmi di screening per l’anticipazione diagnostica”.

 

L’INMP, tra i soggetti istituzionali che hanno partecipato al Workshop tematico, è centro di riferimento nazionale per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti e alle fragilità sociali, nonché centro nazionale per la mediazione transculturale in campo sanitario. In questa mission, si avvale di una struttura sanitaria poli-specialistica, in cui opera uno staff multidisciplinare di medici, psicologi, infermieri, mediatori transculturali e antropologi formati ad hoc per l’attività di accoglienza e di facilitazione all’accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Una dimensione, quella della mediazione transculturale in una società che vede moltiplicarsi le geografie dell’umano, nevralgica, come ha evidenziato nella sua smagliante discussione di laurea la mediatrice culturale Cianciulli: “La prospettiva transculturale è un modello di analisi della realtà moderna, un ideale a cui tendere nella prassi quotidiana di interazione culturale perchè non si pone su un unico polo, ma attraversa le culture, nella contaminazione di scambi, incontri e ibridismi. E’ un approccio trasformativo, orientato al cambiamento, basato su una visione essenzialmente socio-comunicativa del conflitto umano, dove il conflitto è occasione di crescita morale e personale. La mediazione è dunque un processo attivo e dinamico, delineandosi come un lavoro di decodifica della comunicazione che si articola su tre livelli: pratico-orientativo, linguistico-comunicativo dove il mediatore deve entrare per un istante nell’immaginazione culturale dell’Altro e deve permettere alle due culture di incontrarsi creando un contesto comunicativo che faciliti la comprensione dei messaggi, anche non verbali. Tutto ciò, dimostrandosi imparziale, empatico ed evitando giudizi di valore o forme di censura che possano generare incompatibilità; l’altro livello è quello psico-sociale, dove la mediazione transculturale diviene agente di cambiamento e il mediatore rappresenta la possibilità di realizzare questo passaggio senza distruggere la stabilità psicologica del soggetto straniero verso un’uguaglianza emancipante, che è il fine di ogni percorso migratorio”.

 

Una figura professionale, quella del Mediatore transculturale, che in Italia vive il grande paradosso di essere, da una parte, in attesa di un pieno riconoscimento giuridico nel mondo del lavoro (e a questo proposito va citata la valenza del Progetto FOR-ME, finanziato dal FEI Fondo Europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi terzi, proposto dal Ministero dell’Interno e attuato in partenariato dal Ministero della Salute e INMP, e che ha l’obiettivo di contribuire a migliorare qualitativamente l’assistenza socio-sanitaria resa alla popolazione straniera, con particolare riferimento ai cittadini dei Paesi Terzi, nel rispetto del principio di garanzia del diritto alla salute e di un’appropriata erogazione dei livelli essenziali di assistenza sul territorio nazionale), mentre rivela tutta la sua nevralgica rilevanza nell’urgenza di dialogo, confronto e conoscenza dell’Altro, partendo da quegli “altri” che vivono insieme a noi e che contribuiscono a ri-disegnare i nuovi paesaggi dell’Italia multietnica e plurale, in un tempo pieno di incognite, contraccolpi e contraddizioni. Un tempo in cui gran parte delle categorie che ci ha lasciato in eredità il Novecento si rivelano inadeguate a spiegare e comprendere il presente, verso nuove, più mature e inclusive filosofie dell’alterità.




USA. Ada passa’ a notte”.

Chiedo scusa ai napoletani se non ho scritto bene il loro simpatico e profondo detto.Si sta sviluppando lentamente la “notte” di chi odia il mondo non islamico.Ma che cosa vogliono? Mi hanno fatto capire:vogliono vedere il mondo in ginocchio di fronte ad Allah. Ma non ci credo:gli esperti del Corano dicono che Islam non vuole guerre,mentre

i terroristi appartengono a un altro mondo,crudele e sanguinario.
Cosi’  cercano di impaurire molti punti del mondo,soprattutto cristiani
(come l uccisioni anche nelle chiese provano).
Bene.A questo punto e’ proprio saggio ridire:deve passare questa notte
buia e insensata. E vedremo nuovamente la luce del sole.Infatti,
guardiamo in faccia alla realta’: quando mai gruppi di terroristi sono riusciti a
piegare una nazione,un popolo,una religione.?
Gli attacchi vigliacchi di certi terroristi stanno svegliando i giganti del mondo che presto si faranno sentire.Non c’e’ alternativa.Io sono cattolico e
difendero’ la mia religione. Nessuno e’ obbligato a farlo,se non vuole.
E vediamo,alla fine,chi ha ragione.
Benny Manocchia.