Varsavia. Pièces teatrali (“Dolori Grossi” di Georges Courteline e “Mestiere di Osso” di Alberto Macchi)

“STASERA  CHE SERATA!”

Giovedì 20 novembre 2014, dalle ore 19,00 vi aspettiamo al

Caffè-Teatro

ul. Grójecka 75, Warszawa.

Prenotazione obbligatoria al n. 880311962 – I posti sono limitati.

ADRIANA, LUCIA, TOMMASO, GRAŻYNA, DOMENICO, SAVERIO e ALBERTO saranno lieti di accogliervi e di intrattenervi con due simpatiche Pièces teatrali (“Dolori Grossi” di Georges Courteline e “Mestiere di Osso” di Alberto Macchi) e – tra una birra, un caffè, una tortilla o un’insalata – con Divertissements improvvisati e Situation comedies.

 

NOTE DI REGIA:

E se Fernando, marito di Gabriella, fosse l’amante di Carolina?

 

DOLORI GROSSI: Questo “Vaudeville” rappresenta un dialogo tra due donne di una frivolezza sfrenata, una pièce caratteristica di Georges Courteline, una bonaria satira della società piccolo-borghese dell’epoca con trovate originali che ne rafforzano la comicità, un teatro questo che mentre diverte, porta a riflettere, un atto unico che cento anni fa si recitava, fra amici, nelle boîtes di Montmartre a Parigi: un divertissement intelligente, insomma, che quest’oggi, gentili spettatori, crediamo, vi intratterrà piacevolmente e vi divertirà così come ha divertito noi che l’abbiamo allestito. Personaggi e interpreti: Gabriella – Adriana Calovini e Carolina – Lucia Pascale.

Disegno di Tommaso Jarosław Biernat-Benedetto

MESTIERE DI OSSO: Questa “Pièce teatrale”, o meglio, questa “Lettura drammatizzata d’una lettera” ricalcherebbe, a detta di qualcuno, un genere di teatro real-fantastico, grottesco, surreale, assurdo, metafisico che ricorda quello di Karl Valentin, di Becket, di Jonesco, di Stefano Benni, di Adamov, e magari anche di Mrożek. Io posso dichiarare soltanto che tale spettacolo è stato da me scritto e allestito per divertire e commuovere nello stesso tempo, per far riflettere su certe condizioni umane … ed esso è strutturato in modo tale da poter essere rappresentato sia in teatri tradizionali che in spazi non convenzionali. Personaggi ed interpreti: Tomek – Tommaso Biernat Benedetto, Segretaria – Grażyna Biernat Benedetto, Marek – Domenico Rizzo, Medico – Saverio Fabbri, Veterinario – Pietro Basso.

 

Buon divertimento

Alberto Macchi

 




PRIMA DI TUTTO ITALIANI, FARE IL CONSOLE AL TEMPO DELLA SPENDING REVIEW? CAMPANALE: “DOVERI E ONERI. MA LA DIPLOMAZIA VA RAFFORZATA”

Tagli verticali alle risorse, una contingenza in cui aumentano esigenze e richieste di cittadini in continuo movimento tra Stati, a fronte di un impegno che per quanto riguar­da i consolati onorari non viene retribuito. Come cambia il ruolo dei Consoli alla luce delle enormi difficoltà che non solo il vecchio continente ma tutto il globo attraversa? “Prima di tutto Italiani” nel suo ultimo numero ha incontrato per analizzare trend e scenari il prof. Stelio Campanale, Regional Chairman per il South Europe della World Federation of Consul (FICAC), che ha celebrato in questi giorni la propria “First South Europe Conference”, a Bari in Italia.
Secondo Campanale essere consoli nell’epoca contempora­nea innanzitutto significa “esercitare la propria attività in un momento in cui sono accresciute le aspettative dei cittadini-utenti rispetto ai servizi che dovreb­bero essere garantiti dalla pubblica amministrazio­ne”.
I cittadini, in particolare quelli di democrazie più avanzate, si attendono che i servizi normalmen­te erogati nel luogo di residenza debbano essere estesi ed assicurati anche al di là del proprio Stato nazionale. “Per cui il consolato tende ad essere visto sempre di più non già come un luogo a cui rivolger­si in casi di emergenza, ma sempre di più come un ufficio a cui rivolgersi per il disbrigo di determinate attività burocratiche-amministrative alle quali, abitualmente, si fa ricorso a casa propria oppure per la ricerca di interlocutori con cui avviare relazioni d’affari o iniziative culturali”.
Meno ambasciatori e più consoli, in virtù della spending review rappresenta certamente un ono­re, ma anche più oneri. Secondo il docente di diritto degli scambi internazionali all’Università LUM di Casamasssima (Ba) la spending review ha fatto sì che, “da un lato si riducesse sempre di più il numero dei funzionari consolari di carriera, i cosiddetti consules missi, au­mentando quello dei consules electi ovvero scelti dagli Stati per poter prestare determinati servizi a titolo onorario, dall’altro, specie per le economie più deboli, si sopprimessero, attraverso l’accorpa­mento con quelle ubicate in altri Paesi, oppure so­stituendole con uffici consolari, sedi di Ambascia­te”.
E conclude: “Sopravvivono, anzi piuttosto si rafforza­no, le esigenze di favorire scambi ed attività com­merciali internazionali, la cooperazione fra Stati e la promozione di eventi culturali, attività in passato curate dagli addetti culturali o commerciali delle Ambasciate. Tutto ciò oggi finisce per ricadere, in buona parte, sulle spalle dei consoli, di carriera op­pure onorari, la cui dotazione è rimasta immutata al contrario delle aumentate esigenze”.
 



Il 14 novembre su Community l’omaggio a Mario Fratti, il “Pirandello americano” autore di Nine, vincitore di 7 Tony Award

 

 

 

ROMA – Proseguono su Community, il programma trasmesso da Rai Italia nel mondo, i ritratti dei “grandi” italiani che hanno lasciato un segno nella storia. Non poteva quindi mancare Mario Fratti, il drammaturgo aquilano che vive a New York dal 1963, definito il “Pirandello americano”.

 

Mario Fratti, di recente venuto in Italia per ritirare l’ennesimo riconoscimento alla carriera – questa volta assegnato dalla Dante Alighieri e consegnatogli a Roma dal Segretario Generale, Alessandro Masi -, così come tanti nostri connazionali, anche dopo anni di lontananza, resta fortemente legato alla sua terra, l’Abruzzo, e alla sua martoriata città, L’Aquila, cui non perde occasione di tornare.

 

A raccontare la carriera di Fratti, Goffredo Palmerini, giornalista e scrittore, un vero ambasciatore dell’Abruzzo nel mondo da poco tornato dagli Stati Uniti, dove ha partecipato al Columbus Day e ad altri eventi culturali insieme al grande drammaturgo aquilano, e Mino Sferra, regista e attore, che una trentina di anni fa, quando frequentava l’Actors Studio a New York, conobbe Fratti e scrisse la tesi di laurea sul suo teatro.

 

Stimolati dalle domande di Benedetta Rinaldi, conduttrice di Community, Palmerini e Sferra racconteranno il loro rapporto con Fratti, fatto di amicizia ma anche di occasioni professionali. Sferra, appassionato da sempre ai lavori del drammaturgo, ha infatti portato in Italia e messo in scena due delle sue opere più intense, “Amanti” e “Cecità”, curandone la regia.

 

Si può dire che non passi stagione, senza che un,opera di Fratti non sia rappresentata nei vari teatri del mondo. Attualmente è sulle scene con “Sei donne appassionate”, una delle sue prime commedie ispirata alla vita di Federico Fellini, da cui fu tratto il musical “Nine”, del quale memorabile resta la versione con Antonio Banderas. Un musical, o meglio ancora, un “vero fenomeno teatrale, con oltre duemila repliche”, per il quale ha ottenuto ben sette Tony Award, per il teatro l’equivalente dell’Oscar nel cinema. Un’opera diventata poi anche un film per la regia di Rob Marshall, con un cast di stelle del cinema mondiale, come Penelope Cruz, Marion Cotillard, Sophia Loren, Nicole Kidman, Judi Dench, Daniel Day Lewis ed altri ancora. Le opere teatrali di Mario Fratti, ad oggi circa una novantina, sono state tradotte in 20 lingue e rappresentate in 600 teatri di ogni angolo del pianeta.

 

Nel 2013 è stato pubblicato l’unico romanzo di Mario Fratti, “Diario proibito“, insignito nel settembre dello stesso anno del Premio “Capri Award” per la Letteratura. Un romanzo scritto intorno agli anni Cinquanta e dimenticato da Fratti in una valigia.  Poi, come un romanzo nel romanzo, aperta la valigia, è riapparso in tutta la sua crudezza, narrando gli anni della fine del fascismo, a L’Aquila, e i primi della nostra democrazia.

Frequenti ed intensi i suoi soggiorni in Italia, sempre ricchi di presentazioni, incontri eventi. Lo scorso settembre, si è diviso tra l’Abruzzo (L’Aquila e Pescara), Roma e Città di Castello per diversi appuntamenti, come la lettura scenica di “Intervista a Marilyn Monroe”, la presentazione della sua opera in versi “Volti” e del volume “Nuovi Drammi”, una raccolta di sei opere teatrali, e per ritirare un riconoscimento conferitogli della Dante Alighieri come “promotore della lingua italiana nel mondo”.

Un grande, Mario Fratti. E come i veri grandi, estremamente attento e generoso nei confronti dei giovani autori italiani. A sue spese, in occasione del Mese della Cultura italiana a New York, organizza una rassegna dedicata proprio agli autori italiani e per molti di loro, anche a distanza, è un vero punto di riferimento, un faro. Venerdì prossimo, 14 novembre, Mario Fratti sarà protagonista anche a Community, il programma Rai per gli italiani nel mondo. In Italia il programma può essere visto sul sito www.raitalia.it.

 

Marianna Ruggeri

 

 

 

Orari messa in onda COMMUNITY-Rai Italia

 

Rai Italia 1 (Americhe)

NEW YORK / TORONTO: lunedì ore 18.30, dal martedì al giovedì ore 18.45, venerdì ore 18.30

BUENOS AIRES: lunedì ore 19.30, dal martedì al giovedì ore 19.45, venerdì ore 19.30

 

Rai Italia 2 (Asia-Australia)

PECHINO/PERTH: dal lunedì al venerdì ore 14.45

SYDNEY: dal lunedì al venerdì ore 17.45

 

Rai Italia 3 (Africa)

JOHANNESBURG: dal lunedì al giovedì ore 16.45, venerdì ore 17.00

 

Si consiglia di verificare gli orari esatti della messa in onda su www.raitalia.it

 




L’Aquila. “IL COMITATO ORGANIZZATORE NAZIONALE DELL’A.N.A HA DESIGNATO L’ALPINO SERGIO PAOLO SCIULLO DELLA ROCCA DI BOLZANO DELEGATO PER IL SETTORE EMIGRAZIONE “

L’Aquila. Il Comitato Organizzatore dell’88^ Adunata Nazionale degli Alpini che si terrà a L’Aquila nel mese di maggio 2015, ha designato l’alpino Sergio Paolo Sciullo della Rocca Medaglia d’Oro Mauriziana del Corpo degli Alpini e presidente della Libera Associazione Abruzzesi Trentino Alto Adige di Bolzano, quale delegato per il settore dell’emigrazione. A lui ed al suo team sono stati affidati i compiti di accoglienza e coordinamento degli alpini abruzzesi nel mondo. Soddisfazione per questa scelta è stata espressa dal Presidente della Federazione Italiana Associazioni Abruzzesi Domenico D’Amico, membro del Consiglio Regionale degli Abruzzesi nel Mondo, mentre entusiasta si è detto il Presidente della Sezione A.N.A. Abruzzi Giovanni Natale che ha sottolineato come questa nomina incarna a pieno il desiderio degli alpini emigranti abruzzesi, che vedranno accogliersi da un alpino e da un abruzzese autentico che da numerosi lustri lavora nel silenzio operoso attivamente a sostegno delle problematiche dei nostri emigranti, sia in Italia e sia all’estero. Il punto d’incontro per questi alpini che con il loro lavoro nei vari stati esteri hanno dato lustro all’Italia sarà presso il Centro Arte del GLOBO a L’Aquila.

 

 

ALLEGATA : Foto – di repertorio.

– Il Team.

– Il Gruppo Alpini ex Miniere di Monteneve.

IL TEAM ABR.MINATORI - A




L’ABRUZZO PRESENTE ALL’EVENTO “BUENOS AIRES CELEBRA ITALIA”

 

 

 

BUENOS AIRES – Il 26 ottobre scorso, nella famosa Avenida de Mayo nel centro di Buenos Aires, ha avuto luogo la manifestazione “Buenos Aires Celebra Italia”, nella quale la maggior parte delle regioni italiane hanno partecipato con i loro stand.

 

L’Abruzzo è stato presente con il proprio stand gastronómico, organizzato dalla FEDAMO (Federazione delle Associazioni Abruzzesi in Argentina), e con uno show artistico presentato da Maximiliano Manzo, componente del comitato direttivo della stessa FEDAMO e del Centro Abruzzese Marplatense. Sono state distribuite mappe ed informazioni turistiche e gastronomiche al fine di promuovere la nostra bella regione che noi chiamiamo “…il giardino verde d’Europa”.

 

Da mezzogiorno, fino alle cinque del pomeriggio, tutti i visitatori hanno potuto assaggiare i tipici prodotti gastronomici abruzzesi come la porchetta, le pizzelle, la cicerchiata, panini al formaggio e prosciutto, biscotti ed altre specialità dell’Abruzzo. Con questa iniziativa la FEDAMO prosegue nel suo compito di tener alta la bandiera della regione d’origine, promuovendo in Argentina, oltre i prodotti agroalimentari, anche il turismo e tutto ciò che è caratteristico dell’Abruzzo.

 

Possiamo citare in seno alla manifestazione la presenza dei rappresentanti dell’Associazione Abruzzese “Villa San Vincenzo di Guardiagrele” con il suo Presidente, Elio Garzarella, ed i tre rappresentanti del CRAM, la Presidente FEDAMO Dr. Natalia Turanzas Marcos, e i consiglieri Ing. Joaquín Negri e Dr. Federico Mandl. Alle 5 del pomeriggio erano già terminate tutte le specialità alimentari, tanta era la gente che ha partecipato alla manifestazione italiana. E tutta questa gente, che è transitata per l’Avenida de Mayo, ne ne è ripartita con la consapevolezza della grande quantità di attrattive che offre la regione Abruzzo.




In America non ci avevano creduto in molti.

Obama era considerato “imbattibile”. Pero’ nella nazione rumoreggiava da tempo una certa ansia,timor panico per le tante cose che accadono ngli Stati Uniti e in alcune nazioni che

l’America palleggia. Soprattutto milioni di americani non hanno mai voluto
accettare la richiesta del presidente di colore che metteva tutte le famiglie in riga accettando una assicurazione medica totalmente opposta a quella che gli statunitensi seguivano da   tanti anni. Non potevano scegliere il loro medico di fiducia,dovevano accettare il costo della “nuova” assicurazione che di certo
era piu’ cara della prima e tante altre cose.
Alora l’elezione del mid term e’ stata presa per dare una lezione a Obama e renderlo “inutile” come presidente per i prossimi due anni.Infatt i repubblicani
hanno oggi il comando del Congresso,cosa che metteva Barack di fronte
a un muro solido e deciso a cambiare la situazione. La vittoria sara’
anche una grossa pedana di lancio per le elezioni presidenziali del 2016,che
prevede – seocndo gli esperti  – uno scontro tra Jeb Bush e Hillary Clinton.
benny manocchia



CIBUS PARTECIPA ALLA FIERA DI PECHINO

 

Un gruppo di imprese alimentari italiane alla fiera “World of Food Beijing” dal 26 al 28 novembre – Si apre l’immenso mercato della Cina settentrionale – Il 29 inizia lo “Store Check”: incontri con le catene distributive pechinesi dentro i supermercati

 

(Milano, 5 novembre 2014) – Nel 2012 la città di Pechino ha aumentato del 53% le importazioni di cibo, con un trend ancora crescente nel 2013 e nel 2014. Per intercettare questa domanda, Cibus parteciperà alla fiera “World of Food Beijing” che si terrà dal 26 al 28 novembre 2014 al China National Convention Center di Pechino.

Gli organizzatori della fiera, la China Chamber of Commerce of Foodstuffs in collaborazione con Anuga/Fiera di Colonia, metteranno in contatto gli espositori con importatori, distributori, grossisti ed operatori alberghieri di una delle aree più popolose e benestanti della Cina, il cui mercato del food and beverage è meno esplorato rispetto a quelli di Shangai o Hong Kong.

Grazie alla consolidata partnership con Anuga, Cibus porterà a Pechino un gruppo di aziende alimentari italiane che esporranno i loro prodotti e potranno partecipare ad incontri con la Grande distribuzione locale, secondo il modello originale ideato da Fiere di Parma dello “Store Check”, cioè degli incontri tra manager italiani e funzionari della Gdo locale direttamente all’interno del punto vendita.

L’Area Italia, realizzata con la collaborazione di ICE, Federalimentare e Regione Emilia Romagna, copre 500mq ed ospita 50 aziende: da Ambrosi a Riso Gallo, dal Pastificio La Molisana a Coppini Arte Olearia, da Conserve Italia a Wal-Cor Corsanini, da Coppola a La Contadina (http://www.koelnmesse.it/wofb_en/home/index.php) .

Gli incontri con le catene della grande distribuzione locale si terranno, a fiera conclusa, il 29 novembre con visite e incontri nei punti vendita dei seguenti supermercati di Pechino: Jenny Lou’s, City Shop, Er Shang, BHG, Ole.

World of Food Beijing ospita 1.000 espositori da 20 diversi Paesi ed è previsto l’arrivo di 30 mila visitatori. La megalopoli di Pechino, che ha superato i 20 milioni di abitanti, già nel 2012 ha importato prodotti alimentari per 5,5 miliardi di euro (contro i 4,53 di Shangai). Altrettanto significativa è la domanda proveniente dalla circostante regione del Tianjin e dalle vicine regioni settentrionali dell’Hebei, Shanxi e Mongolia.

L’interesse della Cina per il food made in Italy cresce anno dopo anno: nei primi 10 mesi del 2013 le importazioni dall’Italia sono aumentate dell’11,9% rispetto allo stesso periodo del 2012, per un valore di 225 milioni di euro. Il rapido ed impetuoso cambiamento dei modelli di consumo in Cina lascia prefigurare un grande spazio per l’esportazione di prodotti italiani.

“Cibus arriva a Pechino seguendo il modello di successo già seguito per la fiera Thaifex di Bangkok – ha dichiarato Elda Ghiretti, Cibus Brand manager di Fiere di Parma – cioè quello di portare le aziende italiane nelle fiere alimentari più conosciute e di successo in ogni continente. Una iniziativa che rafforza la partnership vincente di Fiere di Parma con Anuga/Fiera di Colonia. La fiera di Pechino ci consente di sviluppare relazioni d’affari con i top retailer locali e di aprirci ad un territorio, come la Cina settentrionale, dalle potenzialità immense”.

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Online il mensile di ottobre: “Per un piatto di lenticchie”

Le prossime elezioni Comites? “Un piatto di lenticchie” che costano ai contribuenti italiani in un momento di gravissima difficoltà economica sette milioni di euro. E’il titolo di apertura del numero di ottobre di Prima di tutto italiani, il magazine on line del Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo, diretto da Francesco De Palo, che dedica ampio spazio alla tornata elettorale che sta facendo discutere per modus e opzioni.
(Scaricalo qui:  https://primadituttoitaliani.files.wordpress.com/2014/11/n2-ottobre.pdf)
Nonostante il flop annunciato, il Ctim non sta facendo mancare impegno e mobilitazione in tutti i continenti, così come dimostrano le liste del Ctim presentate da una parte all’altra del mondo, da Norimberga a Los Angeles, da Huston a Lima, da Panama a San Paolo di Brasile, o con candidati in liste civiche o di coalizione da Toronto a Stoccarda, da Buenos Aires a Melbourne e altre ancora.
Ma al di là del numero di liste e dei relativi componenti, ciò che conta è che il Ctim ha dimostrato di esserci comunque, manifestando grande senso di responsabilità e un attivismo che, in questo anno di grandi cambiamenti anche organizzativi, sta portando i suoi frutti.
“E così – si legge nell’editoriale in prima pagina – mentre da un lato si sbandiera il vessillo della spending review con una serie di disservizi che, a cascata, purtroppo si verificano alla voce consolati, dall’altro si impegna una cifra significativa di soldi pubblici, quindi della collettività, per un’elezione che tutti sanno sarà un flop. C’è forse qualche altro disegno dietro questa volontà di ferro? Che le elezioni dei Comites siano la prova generale di qualcos’altro?”.
E aggiunge: “Non sarà certo necessario attendere il responso dei dati di registrazione né quelli dell’affluenza per certificare come al massimo si avrà un 2% di elettori al voto, così come il Segretario Generale del Ctim, Roberto Menia, ha più volte e pubblicamente osservato. Per cui il voler proseguire, sic et simpliciter con questa direzione, nonostante tutti i sintomi diano per certo un fallimento, è un qualcosa che non solo non comprendiamo, ma che non condividiamo. E temiamo anzi, serva domani a chi vuol rimettere in discussione il principio stesso del voto agli italiani all’estero”.
Da segnalare, nel mensile, il fondo di Roberto Menia, di ritorno dal viaggio istituzionale negli Usa e in sudamerica, in cui racconta ciò che è stato fatto alla statua di Colombo in Argentina e invita a riflettere sul significato della memoria; un approfondimento sui consoli al tempo della spending review, con una conversazione con Stelio Campanale, chairman South Europe della Federazione Internazionale dei Consoli; l’intervista all’economista Mario Seminerio sui fenomeni della cosiddetta nuova emigrazione 2.0 causata della crisi; il ricordo dello scomparso ambasciatore Bruno Bottai, Presidente della Società Dante Alighieri; e il discorso tenuto in Texas dal comandante Vincenzo Arcobelli in occasione della primizia del Columbus a Dallas, che ha citato Italo Balbo.



Il terremoto del 1915 nella Marsica, nel racconto del danese Johannes Jørgensen

5 novembre 2014

 

 

Sarà presentata al Pisa Book Festival l’edizione italiana del libro Civita d’Antino, edito da Menabò

di Goffredo Palmerini

 

 

L’AQUILA – A un secolo di distanza dal catastrofico terremoto che sconvolse l’Abruzzo, e in particolare Avezzano e la Marsica, l’editore D’Abruzzo-Menabò presenta a Pisa, nell’ambito di Pisa Book, festival dell’editoria indipendente (http://www.pisabookfestival.com), l’edizione in lingua italiana del racconto “Civita d’Antino”, una straordinaria testimonianza di quella tragedia del poeta e scrittore danese Johannes Jørgensen (Svendborg, 6 novembre 1866 – 29 maggio 1956). L’evento è previsto per le ore 13 del 9 novembre 2014, presso la Sala Blu del Palazzo dei Congressi di Pisa, sede del Festival che vedrà presenti 150 editori italiani e stranieri. La presentazione avverrà nel contesto della manifestazione, alla sua XII edizione, che registra un crescente interesse in Italia e che quest’anno riserva alla letteratura dei paesi scandinavi il ruolo di protagonista. Insieme all’editore, parteciperanno alla presentazione del libro Antonio Bini e Bruno Berni, che ha curato la traduzione del testo, grazie anche alla collaborazione dell’Associazione Culturale “Johannes Jørgensen” di Svendborg, città natale dello scrittore.

 

Quel tragico 13 gennaio 1915 Johannes Jørgensen si trovava in Italia, a Siena. Appresa la notizia del terribile terremoto che devastò tragicamente la Marsica, egli volle immediatamente raggiungere l’area colpita, e in modo particolare Civita d’Antino, per conoscere di persona le conseguenze del sisma nel borgo della Valle Roveto così caro a molti danesi, da oltre trent’anni sede estiva della scuola d’arte del maestro Kristian Zahrtmann. Da Siena arrivò a Roma, poi con un auto presa a noleggio, seguì l’itinerario per Tivoli, Tagliacozzo, Cappelle dei Marsi, Avezzano, Capistrello, Civitella Roveto, la stazione ferroviaria di Morino Civita d’Antino, per poi raggiungere finalmente Civita, erta sul colle, dolorosa tappa finale del suo viaggio in Abruzzo. Quella di Johannes Jørgensen, grande biografo di San Francesco d’Assisi, costituisce un’eccezionale testimonianza, lucida e al tempo stesso intensa e commovente, del dramma vissuto dalle popolazioni della Marsica, della devastazione provocata dal sisma, dei morti e feriti, ma anche della generosa opera di volontari e militari. Drammatica e prolungata la descrizione di Avezzano, interamente distrutta. Scriverà riferendo icasticamente d’aver avuto l’impressione d’essere tornato da un campo di battaglia.

 

Il suo racconto, pubblicato a Copenaghen nel 1915, aveva in particolare l’obiettivo d’informare i tanti danesi che conoscevano molto bene Civita d’Antino attraverso le tante opere dipinte da decine di artisti, amici o allievi di Zahrtmann. La notorietà del paese abruzzese in Danimarca è d’altra parte implicita nel titolo del racconto. Oltre alle migliaia di vittime, il terremoto segnò la fine d’una straordinaria stagione artistica, poi scivolata lentamente nell’oblio. La nuova edizione è curata da Antonio Bini, come la prima d’altronde, edita nel 2005 e andata subito esaurita, e segna una ripresa d’interesse nei confronti della scuola d’arte danese, frequentata anche da pittori svedesi, norvegesi e finlandesi. Il racconto viene riproposto all’attenzione del pubblico dopo le numerose richieste del volume che era andato ormai esaurito. La nuova edizione è ulteriormente arricchita dal saluto dell’Ambasciatore di Danimarca in Italia, Birger Riis Jørgensen. Un saluto non formale il suo, considerato che è stato il primo rappresentante ufficiale del paese natale di Zahrtmann ad aver visitato Civita d’Antino.

 

Nella sua nota di saluto inserita nel volume, l’ambasciatore Birger Riis Jørgensen scrive: “Per il pittore danese Kristian Zahrtmann e i suoi tanti allievi e amici artisti nordici, Civita d’Antino ha rappresentato per molti anni un rifugio meraviglioso, dove crescere artisticamente, essere sfidati dalla luce e dai motivi, seguire la vita del paesino nel quotidiano e durante le festività, instaurare amicizie con i cittadini e scoprire una cultura tanto differente da quella dei propri paesi d’origine. Quest’età d’oro è durata per circa 30 anni, lasciando tante tracce sia in Italia che nei paesi nordici. Civita d’Antino vive oggi in dipinti bellissimi che è possibile ritrovare in alcuni musei danesi ma anche in altri paesi. Anche l’Italia conserva tanti ricordi di Zahrtmann e dei suoi colleghi. Il terribile terremoto del 1915 segnò la fine di questa avventura e fu devastante per i migliaia di uomini che ne furono colpiti. Il diciannovesimo secolo aveva già portato eventi dolorosi in Italia e altri ne sarebbero seguiti presto. Molti anni dopo, il terremoto dell’Abruzzo è stato descritto come una delle catastrofi più tragiche della storia italiana.[…] Vale veramente la pena – annota infine l’Ambasciatore – dedicare un po’ di tempo alla lettura di questo racconto dello scrittore Johannes Jørgensen, il quale aveva già scritto una bellissima biografia su Francesco d’Assisi. Il racconto può sembrare quasi un reportage di un giornalista di guerra, con tutto il suo orrore e la sua disperazione. Ma il racconto porta anche il lettore a Civita d’Antino che non tornò mai più ad essere quel luogo d’incontro prezioso per i tanti artisti nordici.

 

Ed in effetti Civita d’Antino, per opera del pittore danese Kristian Zahrtmann, era diventata davvero un vero e proprio cenacolo per centinaia di artisti scandinavi. L’artista vi era giunto nel giugno del 1883. Quel paese di montagna, la sua gente semplice e schiva, i ritmi della vita cadenzati dal lavoro nei campi, furono per Zahrtmann una scoperta che gli avrebbe cambiato l’esistenza. Così scrisse, in una lettera del 22 giugno, al suo amico Frederik Hendriksen: “Sono innamorato della montagna e del carattere che dona alla gente che l’abita. Dovresti vedere i giovani lavoratori tornare dai campi. Con le zappe in spalla, canticchiando allegri le loro melodie del Saltarello. Avresti detto con me che in nessun teatro s’era mai sentito un coro più bello. Questo perché tutti cantano di cuore, così che la loro gioia sale dritta nell’aria come una bolla scintillante”. Fatto sta che egli elesse proprio quello sperduto borgo come sua seconda patria, trascorrendovi ogni anno l’estate, fino al 1911. Entrò presto in comunione con quella gente, nella sua semplicità ricca di gentilezza e di valori dal sapore antico. D’ogni cosa che riguardasse la quotidianità di Civita d’Antino, le tradizioni e la religiosità, Zahrtmann rimase intrigato, tanto da amarla fortemente. Un amore certamente ricambiato, copioso di premure e d’affetto dei suoi abitanti, tanto da vedersi tributato, nel 1902, il conferimento della cittadinanza onoraria di Civita.
Non fu un caso isolato il fascino che questo borgo esercitò su Zahrtmann. Uguale folgorazione aveva subìto nel 1877 il pittore danese Enrik Olrik e prima ancora – scrive Antonio Bini in un suo libro – nel 1843 Edward Lear, inglese di nascita ma di genitori danesi, “landscape painter” com’egli si definiva e viaggiatore attento, che pagine superbe avrebbe vergato proprio sull’Abruzzo. Ebbene, proprio Kristian Zahrtmann, di sua iniziativa, fece nascere a Civita d’Antino una vera e propria scuola estiva per artisti scandinavi, che poi prese il suo nome, completamente innovativa nei programmi e nei metodi formativi, in aperta contestazione con le politiche dell’Accademia delle Arti danese. Da quel momento quel borgo della Valle Roveto divenne punto di riferimento per centinaia d’artisti dal nord Europa. “Proprio questo felice isolamento – scrive Antonio Binisembra essere stato apprezzato da Zahrtmann, il cui tormentato carattere ritrovava semplicità e vitalità creativa tra le montagne abruzzesi, dedicandosi interamente alla pittura e trasformando il piccolo paese in un laboratorio en plein air, dove si dipingeva dalla prima mattina fino al tramonto, con tanti modelli a disposizione, in un clima di spensierata amicizia e di sorprendente integrazione”.

 

E tuttavia una vicenda così straordinaria sarebbe stata sepolta dalla polvere dell’oblio, o rimasta nota a pochi spiriti eletti, se l’indomita passione di Antonio Bini, sopra tutto, non l’avesse riportata alla luce. Si deve infatti proprio a Bini la promozione d’una serie d’iniziative per rinverdire la splendida avventura, culturale ed umana, di Kristian Zahrtmann, della sua Scuola a Civita d’Antino, e delle centinaia d’artisti scandinavi che per oltre trent’anni vi passarono, fin quando il terremoto del 13 gennaio 1915 non sconvolse la Marsica, con le sue distruzioni e con le trentamila vittime, determinando anche la fine di quella meravigliosa esperienza artistica.

 

“[…] La riedizione, condivisa dall’amico Sitg Holsting, presidente dell’Associazione Jørgensen di Svendborg, – scrive Antonio Bini nella prefazione al volume “Civita d’Antino” – è dedicata alla memoria delle persone scomparse tragicamente a seguito del terremoto del 1915, ricordando con gratitudine quanti si adoperarono per soccorrere le popolazioni colpite, manifestando la loro solidarietà in diversi modi, a cominciare dagli stessi Jørgensen, Daniel Hvidt, Zahrtmann e i loro amici danesi, legati a Civita. Il racconto profondamente umano di Johannes Jørgensen segnala ad Avezzano, epicentro del sisma, l’encomiabile presenza dei Vigili del Fuoco di Bologna, che operò a supporto dell’esercito, ma anche di infermieri giunti da Roma in treno, di parroci e di tante persone. Nei paesi intorno ad Avezzano i soccorsi arriveranno più tardi, come nella stessa Civita, dove però lo stesso Jørgensen non mancò di cogliere l’operosità dei sopravvissuti  e anche i primi segnali di ripresa, come sottolinea l’ambasciatore di Danimarca in Italia Birger Riis Jørgensen nel suo saluto, che arricchisce la presente edizione. Forme di solidarietà si manifesteranno anche nella successiva fase di ricostruzione, come ricorda, ad esempio, una targa apposta nell’attuale sede comunale di Civita d’Antino, un tempo scuola, edificata grazie alla solidarietà della popolazione di Genova che forse nulla sapeva di quel lontano paese tra le montagne abruzzesi, mentre l’Italia era in guerra”.

 

Antonio Bini, con la pazienza del ricercatore, ma anche con l’amore di chi fa le cose per pura passione, non s’è fermato ed ha portato, come in questo caso, ulteriori e preziosi contributi alla conoscenza delle singolarità della nostra regione. Egli meglio di chiunque altro sa che l’immagine dell’Abruzzo, il suo appeal all’estero, affonda le radici certo sulle bellezze naturali, sulla storia millenaria della sua gente, sul grande patrimonio artistico e architettonico delle città d’arte e degli splendidi borghi, sulla qualità della cucina abruzzese e dei prodotti tipici di questa terra. Ma anche sa bene che nel mondo il successo turistico della regione poggia anche su storie come questa dei pittori scandinavi, dalla quale ebbe origine anche il racconto di Johannes Jørgensen. Aspetti e singolarità che destano forte interesse e curiosità, che la migliore stampa internazionale non manca di cogliere.




A Community (Rai Italia) l’omaggio ad Alfred Zampa, l’iron worker di Ortucchio, simbolo del lavoro italiano nel mondo

 

 

 

 

A soli 20 anni era già sui ponti, pronto a sfidare la forza di gravità, e non è più sceso, neanche l’incidente che subì mentre costruiva il Golden Gate, a San Francisco, e che lo bloccò per mesi a letto, riuscì a farlo rimanere lontano da quei grovigli di acciaio che piano piano, diventavano i ponti più maestosi d’America.

 

Nella puntata di Community (Rai Italia), che andrà in onda il prossimo 6 novembre, verrà ricordata proprio la figura di Alfred Zampa grazie al racconto del pronipote, Gianluigi D’Amico, che ancora custodisce, come fossero reliquie, le lettere che Angelina D’Amico, moglie di Al, spediva ai parenti ad Ortucchio, in provincia dell’Aquila. Il padre, Rocco Pacifico Emilio Zampa, nacque il 28 agosto 1876 proprio ad Ortucchio, così come la madre di Alfred, Angelina D’Amico. Rocco arrivò negli Stati Uniti a bordo della nave “Città di Torino” il 20 settembre 1901, insieme a due ortucchiesi, per lavorare in una raffineria nei pressi di Crockett, in California. Dopo alcuni anni di duro lavoro, aveva messo da parte i soldi per il viaggio della moglie, che lo raggiunse nel maggio del 1904 a bordo del “Konig Albert”.

 

E il 12 marzo 1905, aSelby, poco distante da San Francisco, nasce Alfred Zampa. Fu il primo di cinque figli. A 20 anni, aveva una macelleria a Crockett, ma gli affari non andavano bene. Così chiuse il negozio ed accettò di lavorare alla costruzione di un ponte. Il 21° compleanno lo festeggiò sul suo primo ponte inaugurato nel 1927, da allora i ponti sono stati il punto fermo della sua vita. Zampa ha costruito ponti grandiosi in California, Arizona e Texas e nel 1936, mentre trave su trave stava nascendo il Golden Gate, per una banale scivolata, Alfred precipita nel vuoto, un volo incredibile, fino a sfiorare la roccia. I compagni lo credono morto, ma ad Alfred bastano alcuni mesi di ospedale, un lungo periodo di riabilitazione ed è pronto per tornare sui ponti, “A metà strada tra il paradiso e l’inferno”.

 

Così Alfred Zampa chiamò l’associazione che fondò per tutelare i diritti di tutta la categoria. E la sua storia diventa un interessante spunto per romanzi e commedie teatrali, come “The Ace” di Isabelle Maynard (An ironworker’s story of heroism, risk and recogniton on the Golden Gate Bridge). “Asso”, così veniva chiamato Al Zampa, è stato sui ponti fino a 65 anni, ha vissuto intensamente mettendo passione, anima, in tutto quello che faceva, anche come allenatore di una squadra di baseball che vinse il campionato nel 1953. Una passione, quella per l’acciaio ed i ponti, che è riuscito a trasmettere ai suoi figli e al nipote Donald, così come l’orgoglio di appartenenza a quel piccolo centro marsicano che Al non ha mai conosciuto se non nei racconti del padre.

 

Alfred Zampa è morto nel 2000, a 95 anni, e dopo soli tre anni lo Stato della California ha voluto rendergli omaggio inaugurando a Crockett l’Alfred Zampa Memorial Bridge, secondo italiano, dopo Giovanni da Verrazzano, a vantare questo onore. E gli ortucchiesi tornarono a scoprire questo figlio illustre e, per iniziativa dell’allora Sindaco Mario Frigioni, dal 2005 la piazza del Comune di Ortucchio è stata dedicata ad Alfred Zampa. Alla cerimonia non mancò il ringraziamento del Governatore della California, Arnold Schwarzenegger, e il nipote di Al, Donald Zampa.

 

La figura leggendaria di Alfred Zampa verrà ricordata a Community, il programma trasmesso da Rai Italia all’estero e condotto da Benedetta Rinaldi (in Italia può essere visto su www.raitalia.it). Oltre al contributo di Gianluigi D’Amico, sarà Luciano Ghelfi, giornalista del tg2, a ripercorrere le gesta di questo personaggio diventato emblema del lavoro italiano nel mondo, simbolo del coraggio e di una caparbietà comuni a tanti abruzzesi, tanti italiani all’estero che in ogni parte del mondo hanno costruito opere grandiose.

 

Marianna Ruggeri

 

 

 

Orari messa in onda Community

 

Rai Italia 1 (Americhe)

NEW YORK / TORONTO: lunedì ore 18.30, dal martedì al giovedì ore 18.45, venerdì ore 18.30

BUENOS AIRES: lunedì ore 19.30, dal martedì al giovedì ore 19.45, venerdì ore 19.30

 

Rai Italia 2 (Asia-Australia)

PECHINO/PERTH: dal lunedì al venerdì ore 14.45

SYDNEY: dal lunedì al venerdì ore 17.45

 

Rai Italia 3 (Africa)

JOHANNESBURG: dal lunedì al giovedì ore 16.45, venerdì ore 17.00