I Borghi più belli d’Italia volano a New York 

Venerdì 27 gennaio, alle 18 presso la sede ICE di New York, si svolgerà un incontro organizzato dalla delegazione CIM (Confederazione Italiani nel Mondo) dove si parlerà di temi legati al mondo degli italiani che risiedono negli Stati Uniti e anche dei borghi italiani in via di spopolamento.

F. Primi, presidente dell’associazione Borghi più belli d’Italia, presenterà la guida dei borghi in lingua inglese che lo scorso 17 gennaio è stata presentata alla Camera dei Deputati.

Eleonora Pieroni, delegata per la CIM per il Turismo delle radici a New York, è Ambasciatrice della cultura italiana, del Made in Italy e dei borghi più belli d’Italia nel mondo.

La Pieroni ha preso parte al film ‘State of consciousness’ con l’attore di Hollywood Emile Hirsch, nelle sale italiane dallo scorso 19 gennaio.

La CIM presieduta da A. Solazzo ha sede a Roma, ha delegazioni nei principali Paesi e si occupa da trent’ anni degli italiani all’estero. Rappresenta una grande galassia di 80 milioni di italiani nel mondo compresi quelli di seconda e terza generazione. Molti borghi in via di spopolamento sono oggetto di attenzioni da parte di sindaci e Governo, al fine di provare a invertire la tendenza e a favorire un ripopolamento.

Il governo ha stanziato fondi a favore delle aree interne, molti  sindaci propongono case ad un euro, piuttosto che fitti agevolati. Con l’iniziativa di New York si prova ad aprire un nuovo fronte: quello degli investitori internazionali al fine di sostenere questo grande progetto sociale.

Borghi d’Italia  e il turismo delle radici, al quale la Farnesina sta dedicando risorse, meritano attenzioni e saranno il fiore all’occhiello del turismo Made in Italy nei prossimi anni.




FRANCO IADAROLA ALL’ITALIAN AMERICAN FUTURE LEADERS (IAFL) IN FLORIDA: IL GIOVANE INGEGNERE RAPPRESENTERÀ IL MOLISE PER FILITALIA INTERNATIONAL E MATEPOLIS, UNICO DALL’ITALIA!

L’ ingegnere molisano di Bojano è già partito alla volta di Miami. La conferenza di 4 giorni organizzata da COPOMIAO (Conference Of Presidents Of Major Italian American Organizations, la Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Italoamericane), accoglierà più di 100 dei migliori e più brillanti uomini e donne italoamericani della nazione americana (dai 21 ai 35 anni) a Fort Lauderdale, Florida ( FLA Live Arena ) dal 13 al 16 gennaio 2023. L’obiettivo è dare potere a una nuova generazione di leader italoamericani!

Ci sarà anche il Molise, rappresentato dall’ing. Franco Iadarola del Chapter di Bojano di Filitalia International, alla IAFL, la Conferenza Mondiale dei futuri leader italoamericani del 2023 in Florida, a Fort Lauderdale presso la FLA Live Arena , sede dei Florida Panthers della NHL, la squadra professionistica di hockey su ghiaccio della National Hockey Leaghe di Stati Uniti e Canada (LNH), la principale Lega di Hockey su Ghiaccio del mondo e una delle maggiori leghe sportive professionistiche nordamericane.

La conferenza accoglierà i migliori e più brillanti uomini e donne italoamericani della nazione (dai 21 ai 35 anni). “FLA LIVE ARENA, FT. LAUDERDALE – leggiamo sul sito – è alla ricerca di visionari, disgregatori, creatori e can-doers  che un giorno guideranno la Comunità italoamericana in una direzione: sempre e solo verso l’alto! Siamo al completo e le iscrizioni per la Conferenza dei futuri leader italoamericani del 2023 sono giunte al termine! Abbiamo superato i nostri obiettivi e abbiamo ricevuto una manna di candidature per questo evento che ha stabilito un precedente. Dalla collaborazione in piccoli gruppi e dai seminari principali ai banchetti di networking e agli eventi sportivi VIP, questa conferenza è un’esperienza a 360 gradi che collega i partecipanti alla storia degli Italo-Americani, agli antenati, alle tradizioni e alle iniziative del 21° secolo. Ancora più importante, costruirà nuovi legami tra decine di futuri leader che possiedono la spinta e la visione per promuovere ed elevare la cultura italoamericana alla guida del Paese”.

Filitalia International & Foundation partecipa alla Italian American Future Leaders Conference che si terrà dal 13 al 16 gennaio 2023 a Fort Lauderdale, Miami, Florida. Saverio Nestico, Vice Presidente di Filitalia International sarà il referente dei giovani membri di Filitalia, trainer attraverso le attività, supporto e collegamento per l’organizzazione. Filitalia sarà l’unica organizzazione che avrà una rappresentanza dagli Stati Uniti e dall’Italia, motivo per cui COPOMIAO è ora considerata un’organizzazione internazionale. Franco Iadarola sarà l’unico giovane che arriverà dall’Italia, già partito per Miami dove porterà il progetto originale di Matepolis, il videogioco che promuove il Matese.

Iafl, oltre che meeting rappresenta anche una piattaforma di networking destinata a potenziare la nuova generazione di italo americani, sempre, più rappresentata nei centri decisionali d’America.

Il programma è ricco di appuntamenti.

DAY 1: FRIDAY, JANUARY13 Registration & Check-in 3:30 p.m. Welcoming Reception 5:00 p.m. Opening Remarks 6:30 p.m.

​DAY 2: SATURDAY, JANUAR Y 14 Breakfast 9:00 a.m. Group Trivia 9:30 a.m. Keynotes: IA History &Community Audit 10:30 a.m. Lunch 12:00 p.m. Group Breakouts: S.W.O.T. Analysis 1 :00 p.m. Group Presentations: S.W.O.T. Analysis 3:00 p.m. Dinner: 6:00 p.m. Vancouver Canucks @ Florida Panthers 7:00 pM

DAY 3: SUNDAY, JANUARY15 B kfast 9:00 a.m. Group Trivia 9:30 a.m. Keynotes: IA Youth Leadership 10:3B a.m. Lunch 12:00 p.m Group Breakouts: S.W.O.T. Analysis 1:00p.m. Group Presentations: The IA Future 3:00 p.m. -Sunday Sauce• Din11ar Party: 6:00 p.m.

DAY 4: MONDAY, JANUARY 16 Free Visit of the city

I partecipanti alloggeranno  al  DoubleTree Hilton Hotel — Sunrise-Sawgrass Mills , mentre le organizzazioni  italoamericane sostengono i giovani affiliati più meritevoli.  Filitalia International & Foundation, grazie alla presidente Paola Bonavitacola, e al Fondatore e Presidente Emerito, Pasquale F. Nestico, ha caldamente sponsorizzato il giovane ingegnere molisano in rappresentanza dell’attiva Youth Commission del Chapter di Bojano, grazie anche all’IEP (International Exchange Program) che fa capo a Rosetta Miriello, e a Saverio Nestico che coordinerà i giovani americani e italiani

COPOMIAO ha ottenuto oltre 200.000 dollari in sovvenzioni e finanziamenti grazie alla caparbietà del presidente, Basil M. Russo e del presidente della conferenza IAFL, John M. Viola.

A Miami con l’ing. Iadarola vola Matepolis il nuovo gioco in versione BETA ideato e realizzato da DreamyMonkey, per la promozione turistico-culturale e la salvaguardia ambientale del territorio matesino, premiato dell’Assessorato alla Cultura della Regione Molise, tra tantissime proposte presentate, sia per l’anno che va a chiudersi, sia per il 2023.

Ringrazio la Filitalia International – spiega Franco Iadarola in collegamento da Miami – per questa incredibile opportunità. E’ importante che i giovani diventino consapevoli dell’enorme potenziale della Cultura Italiana nel Mondo e della forza della Comunità Italiana in grado di esprimere la nuova classe dirigente americana. Con Matepolis ci rivolgiamo ai nostri coetanei all’estero che potranno imparare a conoscere il territorio molisano giocando da qualsiasi luogo del mondo. In particolare negli Stati Uniti, con Filitalia International ipotizziamo un torneo italo-americano, che porteremo in Florida al Future Leaders Conference. Il video gioco sarà lanciato in anteprima nell’estate 2023, anticipato da tornei in versione beta. Si lanciano i dati, si muovono le preziose pedine realizzate a mano: ogni azione deve essere bilanciata da un ristoro ambientale, perché non si può prescindere dal rispetto del pianeta e perché ogni attività antropica deve essere ecocompatibile! Ed ecco che appaiono le pale eoliche per la produzione di energia pulita, i contenitori per la raccolta differenziata e le rinnovabili”

“Nonostante la graduale assimilazione degli italoamericani negli Stati Uniti – le dichiarazioni di John Viola, presidente della conferenza IAFL – molti non sono consapevoli del fatto che siamo una comunità che influenza pesantemente la cultura principale della nazione. I futuri leader creeranno le generazioni future che porteranno avanti il ​​nostro storico patrimonio e la nostra eredità”.

La conferenza è organizzata da COPOMIAO (Conference Of Presidents Of Major Italian American Organizations, la Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Italoamericane). L’obiettivo è dare potere a una nuova generazione di leader italoamericani! COPOMIAO è composto da 60 dei gruppi più influenti della nazione americana.




In Turchia, per scoprire la situazione dei rifugiati politici attraverso il progetto “Photography as a Tool to Build Bridge” che ha visto coinvolti 30 giovani

 

Oggi abbiamo avuto la splendida opportunità di imbatterci in un progetto che non conoscevamo. Si tratta del  “Photography as a Tool to Build Bridge” rivolto agli studenti universitari di vari paesi e svoltosi in questi giorni a Eskişehir; ne hanno parlato con noi alcuni partecipanti appena rientrati nel nostro Paese.

In cosa consisteva esattamente il progetto al quale avete partecipato?
Federica: Il progetto riuniva partecipanti di età compresa tra i 18-30 anni, provenienti dalla Turchia, nazione ospitante, Germania, Grecia, Danimarca, Svezia e Italia per occuparsi della situazione dei rifugiati politici attraverso workshop creativi- spesso proposti dagli stessi partecipanti, molti dei quali fotografi di professione-  imperniati sullo strumento della fotografia. Le attività si strutturano a partire dai concetti di educazione non formale e informale, in poche parole lungi da lezioni frontali e da un apprendimento passivo, imparare attraverso l’azione, il libero incontro e scambio con altre persone senza gerarchie, voti, giudizi.

  • What was the project about?

Federica: The project brought together participants aged 18-30, from Turkey, hosting country, Germany, Greece, Denmark, Sweden, and Italy to reflect and deal with the situation of political refugees through creative workshops- often proposed by the participants themselves, many of whom professional photographers-  pivoting on the instrument of photography. The activities are structured basing on concepts of non-formal and informal education, in  few words far from lectures and passive learning, learning through action, free encounter and exchange with other people without hierarchies, grades, judgments.

– Cosa vi ha colpito di più del progetto?-
Federica: Sicuramente le persone, i loro volti il primo giorno, la loro creatività durante le attività e la loro energia che in queste situazioni è straordinariamente contagiosa e poi ognuno di loro con una storia diversa in cui perdersi e specchiarsi per capire quanto sia ricco e complesso l’animo umano quanto il mondo contemporaneo. Quando parlo di storie mi riferisco infatti tanto all’interiorità, alle esperienze personali di ciascuno dei miei compagni di viaggio, quanto al ricchissimo contesto culturale in cui queste storie si sono svolte, molti partecipanti appartengono infatti alla seconda generazione di migranti nel paese in cui vivono. Le conversazioni che ho avuto con ognuno di loro e l’originalità di alcuni workshop mi hanno permesso davvero di toccare la realtà dell’esperienza dei rifugiati, fisicamente e spiritualmente e questa esperienza non può che rendermi una persona più ricca, sensibile e una cittadina più consapevole.

 What impressed you the most during the project?

Federica: People for sure, their faces on the first day, their creativity during the activities and their energy that in these situations is extraordinarily contagious and then each of them with a different story in which to get lost and mirror themselves to understand how rich and complex the human soul is as the contemporary world. When I say stories, I am referring both to the interior, that is the personal experiences of each of my fellow travellers, and to the very rich cultural context in which these stories took place, many participants belong to the second generation of migrants in the country where they live. The conversations I had with each of them and the originality of some workshops really allowed me to touch the reality of the refugee experience, physically and spiritually and this experience can only make me a richer person, sensitive and a more aware citizen.

Siete riusciti a socializzare creando con il vostro gruppo di lavoro i presupposti per nuove amicizie?

Camilla: Il gruppo di partecipanti al progetto “Photography as a tool to build bridge” era composto da diversi giovani con diversi background e storie personali. Nonostante questo, e anzi soprattutto grazie a questo, si è fin da subito creata un atmosfera accogliente e aperta alle differenze di ognuno. Il gruppo ha sviluppato bellissime dinamiche che sono state in grado di far sentire ognuno accettato e a proprio agio, nonché libero di esprimersi liberamente. Questo ha permesso a tutti di contribuire con le loro conoscenze e creatività, abbiamo passato un sacco di tempo insieme, tra divertimento e conversazioni profonde. Ho visto diverse amicizie nascere in questo progetto, e sono convinta che siano destinate a durare. Ognuno di noi spera di incontrare gli altri partecipanti in qualche altro progetto o nei rispettivi paesi! Personalmente ho amato spendere del tempo con gli altri partecipanti, ho conosciuto persone simili a me, che sono state capaci di ispirarmi a mettermi in gioco e a seguire i miei sogni.

 

– Were you able to socialize by creating the conditions for new friendships with your work group?

Camilla: The group of people that participated in the project “Photography as a tool to build bridge” was composed by several members with different stories and backgrounds. Despite this, or rather because of this, we were able to create an amazing atmosphere, welcoming and open to each other’s differences. The group was able to develop great dynamics that made everyone feel accepted, comfortable and free to express themselves in the way that they considered best. Thanks to this, everyone could give contributions to the project with their creativity, knowledge and skills. We spent a lot of time together, between laughs, fun and serious conversations, I saw several friendships being born and growing throughout the days, and I know that they will last longer than the few days we got to spend together. Everyone of us hopes that they will soon meet the other participants in other projects or countries! Personally I loved spending time with these people, I met like-minded people that inspired me to put myself out there and follow my dreams.

Come era organizzata una giornata tipo in un Erasmus+ Youth Exchange Project?  

Camilla: L’organizzazione del progetto “Photography as a tool to build bridge” è stata bilanciata e ben strutturata, con un ottima ripartizione tra tempo libero e lavoro. La mattina la colazione era sempre tra le 8.30 e le 9.30, poco dopo iniziavano i laboratori e le attività della mattina, sempre precedute da un energizer o da lavori di team-building per creare coesione nel gruppo e portare il focus di tutti sul tema del progetto. Alle 13 veniva servito il pranzo, durante il quale tutti i partecipanti avevano tempo per riposarsi, chiacchierare o discutere dei progetti e dei workshop assegnati ai vari national teams. Le attività del pomeriggio iniziavano solitamente tra le 3 e le 4, per finire alle 7, giusto in tempo per la cena. Durante le pause tra le attività ognuno era libero di organizzare il proprio tempo libero. In questi momenti molti di noi passavano del tempo insieme o riposavano, e in diverse occasioni siamo riusciti ad organizzare piccole gite nel centro della città. Data la coesione e buon lavoro del gruppo spesso i diversi team erano liberi di lavorare in autonomia, per poi presentare il lavoro finito entro la scadenza. La sera sono state organizzate diverse serate di intrattenimento e condivisione, come per esempio le cultural nights.

 

– How was a typical day organized in the Erasmus+ Youth Exchange Project?

Camilla: The organization of the project “Photography as a tool to build bridge” was well structured and balanced between work and free time. In the morning breakfast was always served between 8.30 and 9.30, and around 10 the morning activities would start. Before the workshops and laboratories we always made energizers or team-building activities, in order to create cohesion in the group and bring everyone’s attention on the main topic of the project. At 13 it was time for lunch, during which the participants could rest, chat or discuss about the project or the workshop assigned to the national teams. The afternoon activities would start between 3 and 4, and they would end at 7, just in time for dinner. In the breaks everyone could organize their free time as they wished. In these moments we usually either rested or spent time together, and in several occasions we managed to organize some trips to the city center, despite the huge number of people. Due to the good work and cohesion of the group the different teams were often free to work on their own and then present their work at the agreed time. In the evening the organization planned different activities to bring people together and share our cultures, such as the cultural nights.

– Avevate a disposizione vitto e alloggio ne siete rimasti soddisfatti?

Antonio: Il vitto e l’alloggio sono la parte migliore a parer mio dei progetti di scambi di giovani Erasmus+ in quanto essendo inclusi nel budget del progetto permettono a una maggiore varietà di persone di viaggiare. Nel nostro caso l’alloggio e le attività si sono svolte in un comodo Hotel a 3 stelle, dove ci siamo trovati molto bene. Il cibo era locale e un grande quantità e ci ha permesso di rimanere ampiamente soddisfatti. L’ambiente è un punto importante per questa tipologia di esperienze in quanto per un fluido svolgimento i partecipanti vogliono sentirsi in un luogo sicuro e a proprio agio. Noi siamo rimasti pienamente soddisfatti: la risoluzione di problemi da parte dello staff, i consigli e, in generale, gli aiuti forniti da essi ci hanno permesso di soggiornare in un luogo confortevole.

– Did you have food and accommodation available? Were you satisfied with the quality of them?-

Antonio: Food and accommodation are, in my opinion,  the best part of Erasmus+ youth exchange projects as being included in the project budget allows for a greater variety of people to travel. In our case, the accommodation and the activities took place in a comfortable 3-star hotel, where we found ourselves very well.  The food was local and in large quantities and left us largely satisfied.  The environment is an important point for this type of experience as for a smooth development the participants want to feel safe and at ease.  We were fully satisfied: the staff’s problem solving, advice and, in general, the help provided by them allowed us to stay in a comfortable place.

– Tornando in Italia cosa porterete con voi di più prezioso dell’esperienza appena conclusa?-

Leda: Credo che siano due le cose principali che ognuno porterà con sé e che continuerà ad apprezzare anche dopo il ritorno. La prima sono le amicizie e i legami creati. Durante il progetto tutti si sono messi in gioco con sincerità e mentalità aperta e si sono creati legami che continuano a essere nutriti anche ora. Si sono create conoscenze fra persone con background molto diversi che stanno accrescendo personalmente ognuno di noi. La seconda sono le conoscenze e la capacità per esprimere meglio le nostre idee sul tema principale del progetto. Grazie agli organizzatori e facilitatori siamo stati spronati ad usare le nostre abilità per esprimere noi stessi e la situazione del nostro paese riguardo al tema dei rifugiati. Ci hanno dato materiali e metodi creativi per comunicare efficacemente le nostre visioni e condividerle con gli altri.

– Returning to Italy, what will you take with you that is more precious than the experience you just ended?-

Leda: I think there are two main things that everyone will bring with them and that they will continue to appreciate even after the return to their countries. The first is the friendships and bonds created. During the project everyone got involved with sincerity and an open mind and bonds were created that will continue to be nourished even now. Acquaintances have been created between people with very different backgrounds that is helping us and our personal growth. The second is the knowledge and ability to best express our ideas on the main theme of the project. Thanks to the organizers and facilitators we were encouraged to use our skills to express ourselves and the situation of our country regarding the issue of refugees. They have given us creative materials and methods to effectively communicate our visions and share them with others.

– Durante il tempo libero avrete sicuramente visitato Eskişehir, cosa avete apprezzato maggiormente della città?

Leda: Eskişehir è una città pulita e molto accogliente per gli studenti. È più tranquilla delle grandi città metropolitane turche ma risponde a tutte le esigenze di chi ha partecipato al progetto.

La zona di Odunpazarı, più storica e ricca d’arte, grazie anche alla presenza di musei come quello d’arte moderna OMM, era perfetta per chi volesse passare una giornata all’insegna della cultura.

Il centro è ricco di negozi e locali dove poter fare acquisti e provare prodotti locali.

La sera era facile spostarsi e incontrarsi anche con studenti universitari del posto, favorendo così lo scambio culturale e una conoscenza più profonda della cultura e società del paese ospitante.

Pur essendo una grande città è ricca di scorci naturali, essenziali per fare passeggiate all’aria aperta e ricaricarsi di energia.

-During your free time you have surely visited Eskisehir, what did you like the most about the city?-

Leda: Eskişehir is a clean and very welcoming city for students. It is quieter than the large Turkish subways but meets all the needs of those who participated in the project. The Odunpazarı area, more historic and rich in art, thanks also to the presence of museums such as the OMM modern art museum, was perfect for those wishing to spend a day dedicated to culture. The center is full of shops and clubs where you can shop and try local products. In the evening it was easy to move around and even meet local university students, thus promoting cultural exchange and a deeper knowledge of the culture and society of the host country. Despite being a large city, it is full of natural views, essentials for taking walks in the open air and recharging your batteries.

Se vi proponessero di ripetere un’esperienza analoga accettereste?-

Lorenzo: Senza ombra di dubbio, il progetto “Photograpy as a tool to build bridge” era accompagnato da un team di organizzatori e facilitatori altamente competenti e preparati. Si sono dimostrati sempre disponibili a qualsiasi problematica e incertezza ed hanno arricchito questa settimana con numerosissime attività, cercando di coinvolgere i partecipanti in ognuna di esse con metodi di formazione non-formali e sempre creativi e interessanti. Il progetto, inoltre, risultava molto interessante e ha stimolato il senso artistico e creativo di ognuno di noi. Tornerei senza nessuna esitazione ad un progetto gestito da questa organizzazione.

 Would you accept to do a similar experience in the future?

Lorenzo: Absolutely, “Photography as a tool to build bridge” was a project managed by a high-skilled and well-trained organizators and facilitators. They have always been avaible to solve every controversy and doubts and they have enriched all this week with lots of involving, creative, stimulating and enjoying activities, each one of them characterized by a non-formal learning structure. The project itself was also very interesting and stimulating for the creativity of each participant. I would absolutely love to come back to a project managed by this organization.

– Se un giovane vi chiedesse un consiglio su questa tipologia di Erasmus lo indirizzereste verso questa proposta?-

Lorenzo: Assolutamente. Quando si comincia a intraprendere questi progetti può capitare di imbattersi in equipe non ben organizzate che potrebbero non garantire una esperienza strutturata al meglio ma, anzi, piuttosto disorganizzata. Un’organizzazione come quella che ha ospitato questo progetto ha senza dubbio tutte le carte in regola per essere un’ottima prima esperienza e per offrire un bellissimo esempio di quello che gli Erasmus+ Youth Project Exchanges sono in grado di garantire. Per alcuni dei partecipanti questa era effettivamente la prima esperienza e senz’altro il loro feedback è stato positivo visto che hanno già in mente di fare richiesta per altri progetti simili.

– Would you suggest to an interested in Erasmus+ Projects younger this kind of project?

Lorenzo: Without any hesitation. When you start these projects you can face some bad structured teams that could not guarantee a well-organized experience. This team is the perfect starter for a person interested in Erasmus+ Youth Exchange projects because it can provide the perfect example of how these kinds of projects should be held, managed and facilitated. For some participants this was actual their first experience and I can tell you they are already applying for the next project since the wonderful experience they had with this organisation.

Francesca Lippi

 

– Se vi proponessero di ripetere un’esperienza analoga accettereste?-

Lorenzo: Senza ombra di dubbio, il progetto “Photograpy as a tool to build bridge” era accompagnato da un team di organizzatori e facilitatori altamente competenti e preparati. Si sono dimostrati sempre disponibili a qualsiasi problematica e incertezza ed hanno arricchito questa settimana con numerosissime attività, cercando di coinvolgere i partecipanti in ognuna di esse con metodi di formazione non-formali e sempre creativi e interessanti. Il progetto, inoltre, risultava molto interessante e ha stimolato il senso artistico e creativo di ognuno di noi. Tornerei senza nessuna esitazione ad un progetto gestito da questa organizzazione.

 Would you accept to do a similar experience in the future?

Lorenzo: Absolutely, “Photography as a tool to build bridge” was a project managed by a high-skilled and well-trained organizators and facilitators. They have always been avaible to solve every controversy and doubts and they have enriched all this week with lots of involving, creative, stimulating and enjoying activities, each one of them characterized by a non-formal learning structure. The project itself was also very interesting and stimulating for the creativity of each participant. I would absolutely love to come back to a project managed by this organization.

– Se un giovane vi chiedesse un consiglio su questa tipologia di Erasmus lo indirizzereste verso questa proposta?-

Lorenzo: Assolutamente. Quando si comincia a intraprendere questi progetti può capitare di imbattersi in equipe non ben organizzate che potrebbero non garantire una esperienza strutturata al meglio ma, anzi, piuttosto disorganizzata. Un’organizzazione come quella che ha ospitato questo progetto ha senza dubbio tutte le carte in regola per essere un’ottima prima esperienza e per offrire un bellissimo esempio di quello che gli Erasmus+ Youth Project Exchanges sono in grado di garantire. Per alcuni dei partecipanti questa era effettivamente la prima esperienza e senz’altro il loro feedback è stato positivo visto che hanno già in mente di fare richiesta per altri progetti simili.

– Would you suggest to an interested in Erasmus+ Projects younger this kind of project?

Lorenzo: Without any hesitation. When you start these projects you can face some bad structured teams that could not guarantee a well-organized experience. This team is the perfect starter for a person interested in Erasmus+ Youth Exchange projects because it can provide the perfect example of how these kinds of projects should be held, managed and facilitated. For some participants this was actual their first experience and I can tell you they are already applying for the next project since the wonderful experience they had with this organisation.

Francesca Lippi

 




LA COMUNITA’ ITALIANA IN CANADA PERDE IL PROF. FRANCO RICCI Docente all’Università di Ottawa, origini a Sulmona, ha portato centinaia di studenti in Abruzzo

 

di Goffredo Palmerini

 

 

L’AQUILA – Una notizia che non avrei mai voluto ricevere. E tuttavia ieri notte è arrivata attraverso un messaggio, denso di dolore e commozione, dell’amicoNello Scipioni, presidente del Centro Abruzzese Canadese di Ottawa. La comunità italiana in Canada, e ancor più quella abruzzese della capitale, perdono il Prof. Franco Ricci, scomparso ieri all’età di 69 anni. Non che a questo epilogo chi scrive non fosse preparato, perché proprio il prof. Ricci, amico fraterno, a metà settembre mi aveva parlato del male che lo aveva aggredito mentre passava i mesi dell’estate a Sulmona, la città natale dei suoi genitori e dove egli aveva acquistato casa.Mi aveva confidato, egli che avrebbe dovuto rimanere fino a settembre in Abruzzo, il motivo del repentino rientro a Ottawa, a metà luglio, per via dei forti dolori che avvertiva all’addome. Gli accertamenti diagnostici avevano rivelato un cancro invasivo. Egli stesso aveva informato gli amici più stretti.

 

Sapeva bene quale sarebbe stata l’evoluzione del male, eppure con coraggio era pronto ad affrontarlo. Come aveva,peraltro, fatto per diversi anni con un’altra patologia con la quale aveva convissuto, mai limitando il suo impegno di docente all’Università di Ottawa, le sue ricerche sociali, la frequentazione assidua della comunità abruzzese della capitale, numerosa e ricca d’iniziative.Mi aveva chiamato, due mesi fa, anche per annunciarmi la spedizione del suo ultimo libro “Preston Street”, una bella ricerca sociologica e culturale sulla Little Italy di Ottawa. Mi disse che era in programma la presentazione del volume, alla quale non avrebbe voluto mancare. E in effetti, pur con il disagio del male, era stato partecipe dell’evento che lo vedeva ancora una volta protagonista. Lo avevo chiamato poi a metà ottobre. Era in ospedale, aveva la voce flebile ma determinata a vivere ogni momento e ogni sensazione, con positività e una certa serenità. Gli avevo chiesto di sua moglie Hoda e di suo figlio Alessandro sempre brillante negli studi. Mi disse che dopo l’eccellente laurea in medicina, Alessandro era stato assunto in un ospedale d’una città a circa 150 chilometri da Ottawa, dove come medico lavorava anche la fidanzata. Sentii che sorrideva mentre gli auguravopresto l’arrivo di un nipotino.

 

Franco Ricci mancherà molto alla comunità italiana, mancherà per il suo indubbio valore, ma soprattutto per l’appassionata dedizione a promuovere in ogni modo la conoscenza del contributo che gli emigrati italiani hanno reso allo sviluppo economico, sociale e culturale del Canada. Una sensibilità spiccata la sua, una generosità senza pari, un’impareggiabile modestia, un’attenzione verso i propri connazionali davvero straordinaria che hanno fattodel prof. Ricciuna figura di spicco in seno alla comunità italiana. Ancor più quella sua attitudine al servizio la esercitava in seno alla comunità abruzzese, forte e coesa nel Centro Abruzzese Canadese guidato da Nello Scipioni, origine nella frazione aquilanadi Camarda, magnifico borgo alle falde del Gran Sasso. Nei bei locali del Centro spesso, durante le conviviali, Francolo si vedeva impegnato in cucina, egli provetto cuoco, o a servire a tavola i commensali.

 

Il suo grande amore per la terra natale dei suoi genitori, Sulmona e il territorio peligno, è stato davvero intenso, carnale, assoluto. Ogni anno Francopassava alcuni mesi nella città di Ovidio, da là spostandosi all’intero territorio abruzzese per visite accuratissime, con approfondimenti sulle gastronomie locali, sulle valenze artistiche, sui pregi architettonici delle città e dei borghi che andava a scoprire, peraltro documentandoli con eccellenti report fotografici. Sulmona e l’Abruzzo devono molto al prof.Franco Ricci, per l’eccezionale opera di promozione che egli ha messo in campo portando centinaia di studenti della sua università e di altri atenei nella nostra regione,nelle Summer School che egli organizzava presso gli Hotel Santacroce, facendo conoscere le eccellenze della nostra terra, le meraviglie ambientali e artistiche, le singolarità delle nostre tradizioni, lo splendore delle architetture urbane come dei piccoli villaggi.

 

Un innamorato della terra dei padri che faceva innamorare dell’Abruzzo anche i suoi studenti. Ne sono testimone diretto, quando mi impegnava ad accompagnare, in veste di guida turistica, i suoi allievi canadesi tra le incomparabili bellezze dell’Aquila e nella narrazione della storia della città attraverso i suoi quasi otto secoli.Altrettanto aveva fatto nel giugno del 2015 organizzando a Sulmona un Forum internazionale sulle culture del Mediterraneo (Forum on MediterraneanIssues) al quale parteciparono numerose personalità del mondo accademico dei Paesi che affacciano sul Mare Nostrum e insigni docenti delle università del nord America. Fuuna riflessione a tutto campo e a più voci sulle questioni del Mediterraneo, spaziando dalle migrazioni alla geopolitica, dalla storia al cinema, dall’arte alla letteratura al teatro, dalle contaminazioni culturali all’economia e alle tradizioni dei popoli che affacciano sul mare che ha visto nascere e fiorire grandi civiltà della storia dell’umanità, ora preoccupante crogiuolo di tensioni, conflitti e migrazioni epocali.

 

Assai opportunamente il Consiglio Regionale,nel 2017, ha conferito al prof. Franco Riccila più alta onorificenza di Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, riconoscendone il valore e i meriti. L’opera di Ricci è preziosa anche per l’attenzione che egli ha rivolto al fenomeno migratorio italiano e alle implicazioni culturali che ha determinato nelle terre d’emigrazione. D’altronde il prof. Ricci ha vissuto sulla sua pelle la condizione di figlio di emigrati e di emigrato egli stesso.Franco Ricci, infatti, è nato il 19 maggio 1953 a Caracas da genitori di Sulmona emigrati in Venezuela. Nel 1954 la sua famiglia si trasferisce negli Stati Uniti, a Detroit, dov’egli segue il corso degli studi primari e secondari, prima d’intraprendere gli studi universitari presso la Wayne State University, dove si laurea in Lingue, italiano e spagnolo. Nella Facoltà di Legge della stessa università si specializza in diritto internazionale. Prende poi un’altra laurea in Linguistica e Letteratura presso l’Università di Toronto e, sempre nello stesso ateneo canadese, il dottorato (Ph.D.) con specializzazione in Letteratura e Cultura italiana.

 

Il prof. Ricci ha insegnato 8 anni all’Università di Toronto, un anno alla LaurentianUniversity di Sudbury (Ontario) e quindi, dal 1982, all’Università di Ottawa. Come visiting Professor ha insegnato nel Middlebury College (Vermont, Usa), alla McGillUniversity (Quebec, Canada), tenendo per 3 anni corsi di Cinema, e al Colorado College (Colorado Springs, Usa), tenendo dal 1990 corsi estivi all’estero, in Italia e spesso in Abruzzo. Per 6 anni è stato presidente dell’Aais(American Association for ItalianStudies), importante organismo che associa i docenti d’italianistica delle università del centro-nord America e ne era stato precedentemente per 6 anni il Segretario Generale. Per il grande impulso dato all’Aaissotto la sua guida, dal 2009 il prof. Ricci è stato nominato Presidente Emerito a vita.

 

Corposo il curriculum, per libri editi, scritti su riviste letterarie, interventi in congressi e convegni che sono stati pubblicati in atti. Numerosi i riconoscimenti che gli sono stati tributati. Notevoli i suoi studi e le pubblicazioni su Italo Calvino e sulle opere del grande scrittore italiano. Come pure da segnalare è la sua passione per il Cinema, la settima arte per la quale ha tenuto corsi d’insegnamento nell’ateneo della capitale del Canada. Se da un lato il settore della letteratura e della cultura italiana nel XX secolo, nei suoi molteplici aspetti, è stato per il prof. Ricci l’impegno preponderante, negli ultimi anni la sua attenzione si era andata man mano concentrando su questioni della cognizione umana e sulle differenze estetiche e pratiche del conflitto fra i campi semiotici di parole e immagini. Significativo al riguardo un suo libro sul famoso programma televisivo The Sopranos, dove egli ha esaminato questioni di genere, potere ed estetica nel meltingpot nella società americana del XXI secolo. Recente è infine la pubblicazione del suo interessante saggio Preston Street sugli emigrati italiani nella capitale canadese.

 

Sono solo modeste annotazioni, le mie, per illustrare lo spessore intellettuale ed umano di Franco Ricci. Un italiano orgoglioso delle proprie origini, un abruzzese appassionato al culto delle proprie radici, un testimone operoso del valore della lingua italiana e del patrimonio incomparabile d’arte, storia e cultura che l’Italia può vantare. E del quale essere fieri messaggeri. Franco lascia un’impronta indelebile nella memoria di chi lo ha conosciuto, per la semplicità del suo tratto, per l’immediatezza del suo carattere aperto, per la profondità delle relazioni umane che sapeva intessere e mantenere, di cui io stesso ne sono diretto beneficiario. Per tutta l’amore che ha riservato a Sulmona, che ha sentito sempre come la “sua” città benché non vi sia nato, meriterebbe ora la Cittadinanza onoraria alla memoria. Sarebbe per lui la più grande gratificazione postuma, quanto l’onore provato il 2 giugno 2018 quando presso l’Ambasciata d’Italia ad Ottawa gli fu conferita l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un forte abbraccio di vicinanza e condoglianze alla signora Hoda e ad Alessandro. All’intimità del ricordo potranno aggiungere, con orgoglio, la stima e l’affetto verso Franco Ricci che una grande moltitudine di persone conserveranno nella memoria.

 

 

 




Al Circolo degli Esteri di Roma presentato il libro dell’Ambasciatore Gaetano Cortese “Il Palazzo dei Conti di Pombeiro – Ambasciata di Lisbona”

 

di Francesco Franza

 

ROMA – Nella sede del Circolo degli Esteri di Roma, in una serata memorabile, vi è stata la presentazione del libro“Il Palazzo dei Conti di PombeiroL’Ambasciata d’Italia a Lisbona”, un tomo ricco dinotizie, di storia, di immagini, di documenti, testo chefa parte di quella collana editoriale fondata e curata dall’illustre Ambasciatore Gaetano CortesesulleAmbasciate d’Italia nel mondo, presso l’editore Carlo Colombo di Roma.

Una presentazione di eccellenza contante eccellenze presenti, una serie di relazioni che hannodato un affondo sulla storia della diplomazia e sulla storiadell’Ambasciata a Lisbona; presentazione che ha toccatocapitoli di architettura, di arte, di relazioni, di politica, didiplomazia, ecc. Non è nuovo l’AmbasciatoreGaetano Cortese che ormai da qualche anno a intervalli regolari ciregala presentazioni dei suoi ormai storici libri sulleambasciate nel mondo. Certo, di presentazioni in Italia sene fanno tante, presentazioni di romanzi, di testi di politica,di saggi economici, e via via tanto altro; ma presentazionicosì statuarie vanno messe quasi su un altare per come sonodense di storia passata e presente. Ecco perché tale incontroqui al Circolo Esteri di Roma è stata ancora una voltaoccasione di significativa portata e di diplomaziaculturale.

La presentazione del volume è stata animatadall’introduzione del giornalista Stefano Polli, vicedirettoredell’ANSA, che ha poi fatto da moderatore anche per altrirelatori che si sono succeduti dopo l’ambasciatore GaetanoCortese nella presentazione del volume, figure solenni diambasciatori che si sono avvicendati nel servizioin Ambasciata a Lisbona, transitati in passato nel Palazzodei Conti di Pombeiro a Lisbona, vale a dire LudovicoOrtona ed Emilio Barbarani. Di grande forza, di allargatopanorama culturale, di spiccata puntualità storica, larelazione dell’Ambasciatore Umberto Vattani che per bendue mandati è stato Segretario Generale della Farnesina.

Significativa la presenza dell’Ambasciatore RenatoVarriale, direttore generale delle risorse e l’innovazione delministero degli Esteri. I vari interventi dei relatori, moderatida Stefano Polli, si sono focalizzati su ricordi edesperienzematurate nelle loro rispettive missioni diplomatiche inPortogallo con particolare riferimento a specifici episodi vissuti nel prestigioso Palazzo dei Conti di Pombeiro. Èstata l’occasione preziosa per parlare di una sedeprestigiosissima di rappresentanza italiana chebrilla per i suoi gioielli architettonici e artistici nelpanorama immobiliare diplomatico di Lisbona. Maanche per rievocare aneddoti interessanti e curiosi dellavita dei nostri diplomaticiMi è doveroso menzionare come tra il pubblico intervenutov’erano una serie di diplomatici presenti per seguire lerelazioni esposte da illustri relatori che hanno toccato contagli diversi i capitoli del libro dell’Ambasciatore GaetanoCortese, presente alla serata accompagnato dalla moglieAmbasciatrice SidselHover.

Fra le personalità anche l’exministro avv. Luigi Mazzella vicepresidente emerito dellaCorte Costituzionale; il già Avvocato Generale dello StatoIgnazio Caramazza e Signora Noelle; l’AmbasciatriceGabriella Colombo; l’Ambasciatrice Marina Muzi Falconi;l’Ambasciatrice Francesca Vattani; l’Ambasciatrice OlgaRicciardi Porcari; gli Ambasciatori Adriano Benedetti,Giampaolo Caravai, Ugo Leone,Franco Mistretta, LuigiNapolitano, Alessandro Pietromarchi, Lucio AlbertoSavoia; Alberto Schepisi, Paolo Trabalza; Francesco PaoloTrupiano con le rispettive consorti, oltre ad altri MinistriPlenipotenziari ed anche tra tante altre personalitàl’Ammiraglio Marcello De Donno, già Capo di StatoMaggiore della Marina.

 




LA PIU’ BELLA ITALIA NEL MONDO: ALCUNI INCONTRI A NEW YORK. Il racconto della missione nella Grande Mela, tra curiosità e italiani di talento

di Goffredo Palmerini

L’AQUILA – Il rientro dall’estero a L’Aquila, l’antica bellezza della città, la serenità del tempo ordinario e
l’incanto della natura d’ottobre, dispensano quella necessaria quiete per riordinare pensieri ed emozioni. Servono
un paio di giorni per riconquistare la quotidianità ed apprestarsi a scrivere il racconto dei giorni a New York.
Oggi è stata una bellissima giornata lucente d’azzurro, giunta ormai all’ora che volge al tramonto, quando la sua
maestà il Gran Sasso con l’erta di roccia del Corno Grande s’incendiano di rosso alla luce del sole calante. E’
questo il tempo di benessere per iniziare il racconto. Ero giunto a New York il pomeriggio di sabato 8 ottobre
con un volo ITA. Lunga fila agli sportelli dell’immigrazione, un’ora e mezza, poi il taxi mi porta dal mio ospite,
Mario Fratti, un “giovanotto” di 95 anni che non consente deroghe al suo concittadino aquilano. La sua bella
casa sulla 55^ Strada dev’essere sempre mia temporanea dimora. Cosicché diventa un cenacolo: di amicizia,
affetti, ricordi, narrazioni. E di aggiornamenti sulla amata sua città, L’Aquila, dov’egli nacque il 5 luglio 1927 e
che resta nel suo cuore, quantunque vi abbia vissuto solo i suoi primi vent’anni. Gli altri li ha vissuti a Venezia
per gli studi alla Ca’ Foscari, poi quelli del primo matrimonio che gli ha dato due figli, Barbara e Mirko, quindi
dal 1963 a New York, dove ha vissuto e vive la fiorente stagione di docente universitario, prima alla Columbia e
poi all’Hunter College, e di drammaturgo. A casa Fratti mi aspettano Valentina, nata a New York dal secondo
suo matrimonio, e Piero Picozza – romano, vive e lavora nella Grande Mela da una quarantina d’anni – che di
Mario è amico carissimo. Con Mario è subito una rimpatriata. In buona ripresa, dopo un’accidentale caduta in
casa, ci raccontiamo storie dell’Aquila, di antiche sue amicizie, di recenti fatti straordinari come la visita pastorale
di Papa Francesco alla città per la Perdonanza, l’antico giubileo donato agli aquilani da Celestino V nel giorno
dell’incoronazione al soglio pontificio nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, il 29 agosto 1294. Questo
della rimpatriata è il rito che più lo intriga ogni volta che gli faccio visita, ancor più atteso per via di quasi tre anni
di pandemia.
E’ una bella casa-museo la dimora di Mario Fratti, all’ultimo di 15 piani d’un palazzo primo ‘900 rivestito di
mattoni, circondato da svettanti architetture di cristallo cui si sono aggiunti, negli ultimi anni, arditi grattacieli a
ridosso del Central Park sud, splendenti nella loro altezza da vertigine. L’appartamento è pieno di targhe, trofei,
premi e riconoscimenti al drammaturgo, locandine teatrali in varie lingue e località del mondo, quadri, graziosi
ninnoli, aquile e cavalli di metallo, legno e ceramica. Molti dei ritratti, ad olio o disegni e incisioni, riguardano il
suo volto, come pure una scultura in bronzo assai espressiva. Pareti intere con libri di teatro e le sue numerose
opere pubblicate in diversi idiomi (le commedie di Fratti sono tradotte in 21 lingue). E poi tanto materiale a
stampa di Nine, il suo famoso musical premiato con ben 7 Tony Award, l’oscar del teatro. Insomma, è
l’ecosistema d’un grande commediografo qual è Mario Fratti per il teatro mondiale. Ma non solo. La casa
racconta, attraverso foto e ricordi, l’altra grande figura che fino all’alba del 1993 – deceduta il primo gennaio a 69
anni d’età – ha condiviso con Mario la vita, l’amata consorte Laura Dubman. Nata a San Francisco, già bambina
prodigio che aveva tenuto il primo concerto a 5 anni, era pianista di raro talento. S’era formata sotto la guida di
Arthur Rubinstein, un gigante del pianoforte. Tutti i critici musicali le predicevano un brillante futuro di
concerti. L’attendevano anni di successo, com’era già accaduto in concerti tenuti a San Francisco, New York,
Parigi. Ma Laura aveva poi preferito dedicarsi all’insegnamento, come istruttrice di tecnica pianistica. Rubinstein
stesso gli affidato la formazione musicale dei suoi figli. Poi Laura aveva cominciato, nel 1940, alla Metro Goldwin
Mayer ad insegnare ad attrici e attori le giuste posture al piano e lì aveva conosciuto Katharine Hepburn.
Sarebbe nata tra loro una forte e duratura amicizia, consolidatasi in una quarantennale corrispondenza. Casa
Fratti conserva gelosamente il pianoforte a coda che l’attrice donò a Laura, sua insegnante. Diverse grandi foto
della Hepburn, con dediche autografe a Laura o a Mario, sono esposte alle pareti di casa Fratti. Dalla storia
d’amore tra Laura e Mario, due forti personalità, nacque Valentina – stupefacente la somiglianza alla madre –,
ora affermata autrice e regista teatrale. Casa Fratti racconta anche un'altra singolarità: le finestre guardano quelle
dell’appartamento gemello, allora abitato da Tennessee Williams. Mario conversava con lo scrittore attraverso
gesti di saluto dalla finestra e brevi colloqui negli incontri sul pianerottolo dell’ascensore, fin quando lui risiedette
in quel palazzo, prima di trasferirsi all’Hotel Elysée, dove abitò e dove il 25 febbraio 1983 fu trovato morto.
Domenica 9 ottobre, alla Cerimonia di Proclamation – su cui ho già riferito nel precedente report – ho potuto
incontrare e salutare Josephine Maietta, presidente dell’AIAE, Peter Segalini, presidente del National Council

of Columbia Associations, il prof. Joseph Scelsa, fondatore e presidente dell’Italian American Museum, ora
ampliato nell’intero palazzo al 155 di Mulberry Street rispetto all’originaria sistemazione a pianterreno,
l’imprenditore e filantropo Angelo Vivolo, presidente della Columbus Heritage Coalition, Elisabetta Calello,
per tutti Lisa, già funzionaria del Consolato Generale ed ora infaticabile operatrice in molte associazioni culturali
e sociali nella Grande Mela. Ho conosciuto, dopo la cerimonia, il Console Generale d’Italia dr. Fabrizio Di
Michele, da un anno alla guida del Consolato più ambito nel mondo e assai stimato dalla comunità italiana e
dalle istituzioni americane. Mi sono concesso, dopo la cerimonia al Columbus Circle, una passeggiata in
Central Park. E’ sempre frequentato, ma di domenica è davvero un’altra cosa per presenze: famiglie, bambini
che giocano, chi fa footing e chi si gode il sole sugli speroni di granito scuro che si ergono dai prati smeraldo.
Stupendo è l’acceso ventaglio di colori del foliage. Intriga nell’immenso parco questo pullulare di vita, lo
straordinario e involontario spettacolo di varia umanità che si può osservare nei viali, lungo il Central Park Mall
e alla Bethesda Fountain. Lunedì 10 ottobre è stata giornata piena con la Parata del Columbus Day, della quale
ho già ampiamente riferito con l’altro articolo.
Dedico la mattinata di martedì 11 ad un giro di telefonate e a rispondere ad inviti e messaggi. Chiamo Domenico
Accili, professore alla Columbia University. E’ direttore del Russ Berrie Pavilion, prestigioso Centro di
Ricerca sul Diabete e sull’Endocrinologia. Aquilano d’origine, studi all’Università La Sapienza di Roma e al
Policlinico Gemelli, quindi negli Stati Uniti presso il National Institute of Heath di Bethesda (Maryland) dove è
stato capo della sezione Child Health, quindi a New York docente nella Facoltà di Medicina e primario al
Columbia Presbiterian Hospital. Insigne cattedratico e ricercatore, è spesso in giro per il mondo,
frequentemente in Giappone. Per i suoi meriti il Consiglio Regionale d’Abruzzo nel 2016 gli ha conferito il più
alto dei riconoscimenti. Mimmo, così lo si chiama in famiglia e tra amici – sono stato molto legato al padre
Achille Accili, Senatore della Repubblica per cinque legislature – mi dice che l’indomani ha un impegno a
Boston, ma concordiamo un incontro per giovedì a metà giornata. Una telefonata doverosa a Maria Fosco,
dirigente del Queens College, molto attiva nella comunità italiana di New York. Quest’anno non è stato possibile
programmare un incontro con l’associazione Orsogna MAS di Astoria, della quale è esponente di spicco.
Tuttavia mi informa sulle ultime novità e attraverso lei trasmetto il mio saluto all’intera comunità abruzzese.
Incontro Franco Borrelli, caporedattore di Oggi 7, magazine del quotidiano America Oggi, giornale con il
quale da anni collaboro. Parliamo di varie cose e delle nostre famiglie, di figli e nipoti, abbiamo la stessa età.
Infine Borrelli mi chiede se posso scrivere un reportage sul Columbus Day per il numero di Oggi 7 in uscita
domenica 16. Volentieri gli confermo disponibilità, anche se i tempi sono stretti e comportano un cambio
d’agenda. Salta la partecipazione presso Gracie Mansion, alle 18, alla cerimonia di Proclamation del Sindaco di
New York, Eric Adams. C’è da scrivere fino a tarda notte e poi scegliere le foto più significative a corredo
dell’articolo. Lo invio a Borrelli nei tempi previsti per l’impaginazione.
Nella mattinata di mercoledì chiamo Laura Benedetti per un saluto e per dirle che questa volta non potrò
andare a Washington, sono pochi i giorni a disposizione. Mi informo sulle sue attività. Laura è tornata
nuovamente a rivestire la carica di direttrice del Dipartimento d’Italiano della Georgetown University, uno dei
pochi dipartimenti di italiano indipendenti negli Stati Uniti e uno dei più grandi. In questo rinnovato ruolo Laura
si propone di creare nuovi legami tra il suo dipartimento e organizzazioni italiane, soprattutto grazie a un
programma di stage estivi. Uno di questi accordi, appena concluso, permetterà a uno studente o studentessa del
suo ateneo di trascorrere un mese a L’Aquila l’estate prossima, per svolgere un’esperienza formativa nell’ambito
delle attività promosse dalla Associazione “Donatella Tellini” – Biblioteca delle Donne. Mi congratulo con lei
perché proprio il giorno prima è uscito A Country of Paper, versione inglese del suo romanzo Un paese di carta,
pubblicato da Pacini nel 2015. L’idea d’una versione inglese è stata ispirata da un’iniziativa della prof. Donatella
Melucci, collega di Laura a Georgetown, che ha scelto Un paese di carta quale testo centrale d’un suo corso di
traduzione. Il lavoro della professoressa e dei suoi studenti ha fornito a Laura una base su cui operare numerosi
tagli, aggiunte e modifiche. A Country of Paper deve dunque essere considerato una riscrittura di Un paese di carta,
piuttosto che una semplice traduzione, sull’esempio di Amara Lakhous che redige diverse versioni dei suoi
romanzi a seconda della lingua prescelta. Dedicato a “L’Aquila, my city of paper”, la versione inglese del
romanzo mantiene al centro della narrazione il complesso rapporto di tre generazioni di donne con le proprie
origini e con la storia aquilana. Ringrazio Laura Benedetti per le feconde relazioni che mantiene con la sua città
d’origine.
Giovedì 13 in metro mi reco ad Harlem al Russ Berrie Pavilion per incontrare il prof. Accili. Sono le 12:30
quando arrivo davanti al suo ufficio. Mi vede, mi viene incontro. C’è grande amicizia tra noi, l’abbraccio è forte e
sincero. Ci eravamo visti l’anno scorso in ottobre a L’Aquila per il Centenario della nascita del Sen. Achille
Accili. Fui uno dei relatori al seminario di commemorazione, tenuto all’Auditorium del Parco alla presenza dei
figli del Senatore: Maria Assunta, già Ambasciatore d’Italia a Budapest e poi presso le rappresentanze ONU a

Vienna, Giulio, Bernadette e appunto Mimmo. Abbiamo parlato dei terribili mesi della pandemia, del lavoro
dei 40 medici della divisione ospedaliera che Mimmo dirige in quella zona di New York densa d’immigrati
centroamericani che anche per motivi economici hanno avuto problemi a proteggersi dal Covid. C’è stato il
tempo per un lunch nelle vicinanze. Siamo passati davanti al locale dove il 21 febbraio 1965 fu assassinato
Malcom X, ricordando le sue lotte per i diritti civili. Nel pomeriggio, dopo la pioggia della mattina, preferisco
restare in casa con Mario e Valentina. Abbiamo tante cose da raccontarci, anche sull’interessante progetto che
Valentina sta studiando, che approderà in una sua pièce teatrale. Venerdì 14 è tornato il sereno. La giornata è
dedicata ad una visita al Ground Zero Memorial, luogo della tragedia dell’11 settembre 2001, che fece 2.753
vittime nel crollo delle Torri Gemelle. Due singolari fontane di marmo scuro richiamano le piante dei due
grattacieli. Sulle balaustre che le contornano i nomi delle vittime. Belle le architetture della ricostruzione.
L’altissimo One World Trade Center richiama alla memoria le Twin Towers. Resto in silenzio davanti al luogo
che ricorda le vittime dell’attentato. C’è anche lo shopping, al Macy’s e sulla Quinta Avenue: i miei nipotini
Chiara, Francesco e Ilaria meritano un regalino dal nonno. Di rientro trovo il messaggio di Eleonora Pieroni,
moglie dello stilista Domenico Vacca che opera su New York. Lei di Foligno, assai versatile, è modella,
presentatrice e recentemente anche impegnata in una piccola parte nel film “Dante” di Pupi Avati. Viene a
salutare Mario, che conosce da anni. La sua casa è a un centinaio di metri, sulla stessa strada. Ci siamo conosciuti
a Roma l’anno scorso, in un evento culturale organizzato da Massimo Lucidi nel palazzo vaticano di San Carlo
ai Catinari.
In serata la visita a Mario di Vittorio Terracina. Figlio di genitori ebrei romani sopravvissuti alla Shoah, pittore
astratto, vive a New York dal 1978 ed è un grande amico di Fratti. Animo inquieto, Vittorio ha girato il mondo e
la sua vita è davvero un romanzo. Negli anni ’60 viaggia in tutta Europa e nel ’70 si ferma a Londa, dove resta
fino al 1975. Un anno dopo parte alla ventura in Messico, Guatemala, El Salvador, Panama, Colombia, Ecuador,
Brasile. Poi in India e Nepal, fino a fermarsi a New York. Empatico e ironico, facciamo subito amicizia, mi
sembra di conoscerlo da una vita. Passiamo un paio d’ore di buonumore, insieme con Mario e Piero. Domenica
16 è il mio giorno di partenza. Piero si cimenta bene in cucina e prepara un ottimo pranzo all’italiana, occasione
di saluti e promesse. Mario mi chiede quando tornerò a trovarlo, annuiscono Valentina e la sua amica Anna.
Prometto una visita per l’anno venturo. Nel pomeriggio un taxi mi porta al JFK Airport, infilando Queensboro
Bridge mentre il sole genera riflessi incandescenti sull’East River. A sera il volo per Roma, nella beatitudine delle
emozioni vissute.




COLUMBUS DAY A NEW YORK: SI RIPRENDE ALLA GRANDE DOPO LA PANDEMIA. Il sole illumina le due giornate di manifestazioni che celebrano l’orgoglio degli italiani in America

di Goffredo Palmerini

NEW YORK – Si può tranquillamente affermare che il Columbus Day è davvero tornato al grande smalto, dopo la pandemia che ha imposto per due anni il completo fermo delle manifestazioni e lo scorso anno una ripresa non del tutto convincente. Invece la 78^ edizione del Columbus Day recupera senza riserve il suo splendore, illuminato per di più da due splendide giornate di sole e un cielo terso color cobalto in magnifico contrasto con le svettanti architetture della metropoli. New York si mostra dunque nella sua veste più bella, specie quando il tempo è sereno e può ostentare la cornucopia di colori cangianti del suo cuore naturale, qual è Central Park anzitutto, ma anche le altre oasi verdi, oltre al contorno piantumato di Manhattan che si distende nelle acque dell’Hudson River, dell’Atlantico e dell’East River. Ogni cosa sembra essere tornata al posto giusto. Persino le contestazioni, peraltro a New York sempre rare e isolate, nei confronti della festa che celebra Cristoforo Colombo e il contributo reso dagli italiani d’America, sociale e culturale, alle fortune degli Stati Uniti, quest’anno non si sono proprio viste, con la speranza che così permanga la situazione. D’altronde le  motivazioni della contestazione e della cancel culture nei confronti di Colombo, dalla cui responsabilità in uno spericolato nesso causa-effetti discenderebbe ad oltre tre secoli di distanza il genocidio dei nativi d’America ed altre atrocità, sono talmente abborracciate da offendere la storia, se non la stessa ragione. Occorrerebbe un grande sforzo culturale nelle scuole d’America e nelle università per far maturare da un lato una coscienza condivisa sui meriti di Colombo e dall’altro sulle popolazioni native e sulle responsabilità storiche dei massacri che hanno subito, umani e culturali. Dunque appare opportuna e legittima la Giornata nazionale riservata ai nativi e alle popolazioni indigene degli Stati Uniti che il Presidente Biden ha per la prima volta proclamato nella data dell’11 ottobre.

Corrono 530 anni da quel 12 ottobre 1492 quando Cristoforo Colombo scoprì l’America, il nuovo mondo. E’ invece dal 1929 che qui a New York si commemora l’impresa del navigatore genovese e il contributo degli immigrati italiani allo sviluppo della nazione americana. Fu un italiano di origini irpine, Generoso Pope, imprenditore di grande talento, ad iniziare nella Grande Mela la celebrazione del Columbus Day con una parata che da East Harlem scendeva fino al monumento dedicato a Cristoforo Colombo, al Columbus Circle, angolo sud di Central Park adiacente all’8^ Avenue. Sin dall’origine il Columbus Day è la manifestazione dell’orgoglio italiano per eccellenza, qui a New York come in tutti gli States, mantenendo lo spirito solidaristico verso i connazionali bisognosi che Pope impresse alla manifestazione e che oggi si traduce in una cospicua raccolta di fondi da parte della Columbus Citizens Foundation, destinati in gran parte a borse di studio per mantenere vive in America le radici della nostra cultura, l’italian heritage. Dunque, non un evento di folclore italiano, come talvolta potrebbe apparire a chi non ne conosce le origini, ma davvero un’occasione annuale per esprimere l’orgoglio della comunità italiana per il valore della nostra cultura, per il contributo reso dagli immigrati italiani alla crescita e alla storia degli Stati Uniti d’America. Tutti elementi che nel Columbus Day si fondono in un crogiolo incandescente di emozioni profonde, palpabili, autentiche.

Quest’anno chi scrive queste emozioni può raccontarle non da spettatore, ma dal di dentro, quale membro della delegazione dell’AIAE (Association of Italian American Educators), l’associazione culturale composta da docenti delle Università, College e High School dell’area di New York della quale è presidente Josephine Maietta, infaticabile operatrice culturale e conduttrice radiofonica su WRHU, l’emittente di Hofstra University assai seguita nella Tristate Area. Recentemente, infatti, su proposta della Presidente il Consiglio direttivo dell’AIAE aveva approvato la nomina di chi scrive nell’Advisory Board. Quasi un privilegio per me essere l’unico membro non residente negli Stati Uniti. Ma ora veniamo alla cronaca delle due giornate di manifestazioni , che culminano con la celebre Parata del Columbus Day, la più suggestiva al mondo, nel secondo lunedì di ottobre, il più prossimo al 12 ottobre. Quest’anno il Columbus Day cade il 10 ottobre. Sono le 9 di mattina quando raggiungo la Cattedrale di St. Patrick. Già dietro le transenne, sulla Quinta Avenue, il pubblico comincia a prendere posizione, mentre lungo la più famosa ed esclusiva strada di New York cresce l’andirivieni del servizio organizzativo, i poliziotti agli incroci, i vari gruppi che si dirigono ai luoghi di ammassamento, tra la 43^ e 46^ Strada. Gran fermento davanti alla Cattedrale, arrivo giusto in tempo per l’inizio della celebrazione eucaristica che anticipa la Parata. L’annuale Messa solenne del Columbus Day, presieduta dall’Arcivescovo di New York, è sempre un’occasione di riflessione sui milioni di uomini, donne e bambini che sono giunti in America alla ricerca di libertà e di migliori opportunità di vita, ma anche sulla fede in Dio che li ha aiutati a superare sacrifici, stigmi e avversità.

Riconoscibile dai due svettanti campanili, la  St. Patrick Cathedral è un monumento magnifico, molto visitato dai turisti. Dopo la Cattedrale di Washington, St. Patrick è la seconda più grande chiesa degli Stati Uniti, bella nel suo stile e nei decori neogotici. Fin dalla posa della prima pietra, avvenuta nel 1858, la cattedrale è stata al centro della vita di New York, anche se gli abitanti ritenevano fosse situata  troppo a nord dell’allora centro residenziale e commerciale della città. Oltre allo splendore della struttura architettonica, la cattedrale vanta vetrate colorate realizzate a Chartres, Birmingham e Boston, mentre il rosone è di Charles Connick, forse il più grande artista di questo genere nella storia americana. Gli altari di St. Michael e St. Louis furono progettati da Tiffany & Co, mentre quello di St. Elizabeth è di Paolo Medici di Roma.

All’ingresso del tempio c’è l’attento controllo di chi entra da parte degli addetti, per il rispetto dei posti assegnati nell’invito: nelle due file della navata centrale prendono posto le personalità americane, i dirigenti della Columbus Foundation, gli esponenti della comunità italiana di New York e delle varie associazioni, gli invitati delle delegazioni giunte dall’Italia. Preferisco sistemarmi avanti nella navata laterale destra, anche per poter più liberamente scattare qualche foto. Alle 9 e mezza in punto inizia la celebrazione, con una lunga processione di chierici, diaconi e sacerdoti, poi una decina di vescovi e prelati, quindi l’Arcivescovo di New York, il Cardinale Timothy Dolan che presiede la celebrazione. L’organo, con il suo timbro possente, intona le note del Preludio, l’Ave Maria di Pietro Alessandro Yon, cui segue l’inno d’ingresso cantato dal Coro della Cattedrale. L’Arcivescovo Dolan apre la celebrazione con il saluto alle autorità italiane, in primis il Console Generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele, e agli esponenti della Columbus Foundation. Quindi fa un breve richiamo sul significato del Columbus Day, sul valore del contributo degli immigrati italiani nella società e nella cultura americana. Sottolinea anche l’impegno pastorale e sociale che ebbe verso gli emigranti italiani Mons. Giovanni Battista Scalabrini, proclamato santo domenica scorsa da Papa Francesco. Una grande immagine del santo viene esposta davanti l’altare, fino all’offertorio. “Oggi siamo tutti italiani!“, conclude il Cardinale Dolan, dando inizio alla Messa. L’omelia, affidata a Mons. Nicholas DiMarzio, Vescovo Emerito di Brooklyn, è un puntuale riconoscimento all’opera degli immigrati italiani. Passaggi significativi dell’omelia ne hanno tratteggiato i meriti, tanto che, assai irritualmente, alla fine della predica un grande applauso conferma l’apprezzamento delle parole del presule. Alla conclusione della Messa l’organo e il Coro eseguono gli Inni nazionali italiano e americano. I celebranti passano tra le due file di banchi della navata centrale per far rientro in sagrestia, mentre il Cardinale Dolan dispensa strette di mano, sorrisi, saluti e benedizioni.

Sono quasi le 11 quando esco dalla cattedrale. E’ quasi l’ora della sfilata, il cui inizio è previsto per le 11:30, C’è grande fermento sulla Quinta Avenue e sulle strade laterali dove si concentrano i gruppi, le bande, i carri, i mezzi e le rappresentanze dei vari Corpi – Polizia municipale di New York, Vigili del Fuoco, Corpo sanitario, Sceriffi di diverse Contee dell’area metropolitana della Grande Mela – e le altre varie rappresentanze associative, in un tourbillon di colori e di voci frenetiche. All’orario previsto muove la testa della Parata con un drappello di agenti a cavallo del Dipartimento della Polizia urbana di New York, seguito da una copiosa pattuglia di agenti su motociclette lampeggianti e da una compagnia di poliziotti urbani, in marcia al passo dietro la banda del NYPD. Seguono i carri sontuosamente allestiti – dalla Columbus Foundation e da varie altre associazioni – con i nostri colori nazionali, con a bordo molti ragazzi e persone che sventolano piccole bandiere tricolori. Intervallano il corteo le bande dei college, con sbandieratori e majorettes, centinaia e centinaia di giovani nelle loro lustre divise, attenti al passo e presi dal ruolo. Per loro è un grande onore sfilare tra cotanto pubblico. Più tranquilli i musicisti delle bande militari, adusi a queste cerimonie. Suggestive, infine, le bande di cornamuse, con i musici in rigoroso kilt di stoffa scozzese. Quel che si muove nelle retrovie è una sarabanda di dimensioni inimmaginabili: 35 mila persone che si preparano a sfilare, ciascuna rappresentanza al suo turno, talvolta dopo ore di attesa, se si pensa che la Parata si conclude intorno alle tre e mezza del pomeriggio. Tutto però è regolato secondo un canone sperimentato dal rigido cerimoniale della parata. Tutto gira come un orologio, almeno così appare. Ormai la marea di spettatori, intorno al milione, è ordinatamente assiepata dietro le transenne, sui due lati della Quinta Avenue. Gente d’ogni età, buona parte con bandierine tricolori e stelle e strisce e i turisti incantati. 

Primo gruppo a sfilare è quello della Columbus Foundation, con in testa il Grand Marshall di questa edizione, Tom Golisano, uomo d’affari e già politico, quindi il Presidente e i governors della fondazione, con il lungo seguito di rappresentanza. Sfila il gruppo Italian American New Yorkers, che ospita il Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele. Anche le Maserati sfilano, come antiche e nuove auto della Polizia di New York, un nutrito allegro e coloratissimo gruppo di Vespe Piaggio e un altrettanto intrigante corteo di bellissime auto d’epoca Cadillac, in una serie di modelli, dal 1947 a quelli di qualche anno fa. Sfila poi una delegazione italiana di Vigili del Fuoco, seguita dalla cospicua sequela dei Pompieri del dipartimento di New York (FDNY), con i loro mezzi d’epoca e attuali, una numerosa rappresentanza. Calorosa l’accoglienza che il pubblico gli riserva. Numerosi sono d’origine italiana gli amati eroi di tante operazioni di soccorso, ma soprattutto si ricordano gli eroi delle Twin Towers, dove in quella tragedia 343 pompieri persero la vita. Sui lati di uno dei mezzi sono stampati i nomi dei pompieri deceduti in servizio l’11 settembre 2001.

Mentre all’angolo della 47^ Strada osservo la sfilata e aspetto il mio turno non più da spettatore ma da attore, sento una voce nota che mi chiama. E’ Francesca Alderisi, già amatissimo volto della Rai nei programmi di servizio destinati agli italiani nel mondo e fino all’insediamento del nuovo Parlamento, il 13 ottobre, Senatrice della Repubblica nella Legislatura conclusasi con il voto del 25 settembre scorso. Era stata eletta nel 2018 nella Circoscrizione Estero Nord-Centro America con un alto numero di preferenze. Francesca è stata sempre attenta alle tematiche dell’emigrazione, empatica nei programmi che ha condotto su Rai International e sensibile ai problemi dei nostri emigrati. Peraltro ha sempre frequentemente visitato le nostre comunità, già prima dell’impegno parlamentare. Tra noi un abbraccio di antica amicizia – più volte sono stato ospite nei suoi programmi in Rai – ha rinnovato l’incontro al Columbus Day. In diverse occasioni ci siamo incontrati a New York proprio alla parata, la volta più recente nel 2017.

Passa il gruppo AIAE, guidato dalla effervescente presidente Cav. Josephine Maietta. Mi unisco al gruppo e vivo la sfilata dalla 47^ strada alla 69^, fino al red carpet dove sono allestite le tribune degli spettatori, le postazioni televisive e radiofoniche, dove si alternano le voci dei cantanti, dei presentatori e dei giornalisti che intervistano personaggi e personalità alla conclusione del loro turno di parata. E’ un bel vedere, lungo il percorso sulla Quinta Avenue, gli spettatori che seguono la sfilata, che salutano ed applaudono. Senza dubbio la Columbus Day Parade di New York resta la manifestazione più suggestiva, imponente e rilevante nel richiamare l’attenzione sul contributo degli immigrati italiani alla crescita degli Stati Uniti d’America. Ciò è avvenuto grazie al loro talento e alla loro creatività, ma è anche dovuto all’indomito coraggio nell’aver dovuto subire, prima di veder raggiunto il loro sogno americano, specie negli anni della prima emigrazione, terribili prove di violenza morale e talvolta fisica, fino al linciaggio, pregiudizi e stigmi, che raccontano la storia dolorosa del fenomeno migratorio italiano. Grazie a quel coraggio le   generazioni successive si sono affrancate da quei torti ed hanno saputo dimostrare il loro valore in ogni campo della società americana, spesso in ruoli di primo piano, guadagnandosi rispetto e stima, rendendo così onore all’Italia.

Le manifestazioni del Columbus Day edizione n. 78 hanno avuto, come da tradizione, il loro prologo nella mattinata di domenica 9 ottobre, al Columbus Circle sotto la stele con la statua di Cristoforo Colombo. Alle 9:30 l’inizio della Cerimonia di Proclamation del Columbus Day. Una dichiarazione che tutte le istituzioni pubbliche rendono in tutti gli Stati Uniti nella Giornata dedicata a Cristoforo Colombo, e dunque a New York il Sindaco e il Governatore. Sarebbe lungo riprendere i passi più importanti delle due dichiarazioni. Possono tuttavia essere ricomprese entrambe nella Proclamation diramata dalla Casa Bianca. Il Presidente Joe Biden ha così articolato il suo messaggio all’intera Nazione per il Columbus Day. “Nel 1492 Cristoforo Colombo salpò dal porto spagnolo di Palos de la Frontera per conto della regina Isabella I e del re Ferdinando II, ma le sue radici risalgono a Genova, in Italia. La storia del suo viaggio rimane motivo di orgoglio per molti italo-americani le cui famiglie hanno anche attraversato l’Atlantico. Il suo viaggio ha ispirato molti altri a seguirlo e alla fine ha contribuito alla fondazione dell’America, che è stata un faro per gli immigrati di tutto il mondo. Molti di questi immigrati erano italiani e, per generazioni, gli immigrati italiani con coraggio hanno lasciato tutto indietro, spinti dalla loro fede nel sogno americano: costruire una nuova vita di speranza e possibilità negli Stati Uniti. Oggi, gli italoamericani sono leader in tutti i campi, inclusi governo, sanità, affari, innovazione e cultura. Le cose non sono sempre state facili; il pregiudizio e la violenza spesso hanno bloccato la promessa di pari opportunità. In effetti, il Columbus Day è stato creato dal presidente Harrison nel 1892 in risposta al linciaggio su motivazioni anti-italiane di 11 italoamericani a New Orleans nel 1891. Durante la seconda guerra mondiale, gli italoamericani furono persino presi di mira come sospetti nemici. Ma il duro lavoro, la dedizione alla comunità e la leadership degli italoamericani in ogni settore rendono il nostro paese più forte, più prospero e più vivace. La comunità italoamericana è anche una pietra angolare delle relazioni strette e durature della nostra nazione con l’Italia, un alleato vitale della NATO e un partner dell’Unione europea. Oggi, la partnership tra Italia e Stati Uniti è al centro dei nostri sforzi per affrontare le sfide globali più urgenti del nostro tempo, incluso il sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e democrazia. In commemorazione dello storico viaggio di Cristoforo Colombo 530 anni fa, il Congresso, con risoluzione congiunta del 30 aprile 1934 e modificata nel 1968 (36 U.S.C. 107), e successive modifiche, ha chiesto al Presidente di proclamare il secondo lunedì di ottobre di ogni anno come “Giorno di Colombo”. Ordunque Io, Joseph R. Biden Jr, Presidente degli Stati Uniti d’America, proclamo il 10 ottobre 2022 come Columbus Day. Dispongo che la bandiera degli Stati Uniti sia esposta su tutti gli edifici pubblici nel giorno stabilito in onore della nostra storia diversificata e di tutti coloro che hanno contribuito a plasmare questa Nazione.”

L’evento presso Columbus Circle è stato curato dal National Council of Columbia Associations in Civil Service Inc. Numerosi gli interventi che si sono susseguiti per la Proclamation, in rappresentanza della Columbus Citizens Foundation e di altre associazioni. Semplicemente perfetto l’intervento del Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele reso alla Cerimonia di Proclamation, richiamando il valore di Cristoforo Colombo nella scoperta del nuovo mondo in quel lontano 12 ottobre 1492 e il contributo degli immigrati italiani nella storia degli Stati Uniti d’America, motivo di orgoglio per le nostre comunità che qui hanno realizzato il loro sogno. Un discorso non convenzionale che ha messo con nettezza punti fermi anche rispetto alla tendenza contestativa della Giornata dedicata a Cristoforo Colombo, con la decisa affermazione dei meriti umani e culturali della comunità italiana negli States. Un intervento molto apprezzato e applaudito. Una persona che ha passato la vita nel Consolato Generale di New York mi ha confidato che il discorso del Console Di Michele è stato il più bello che abbia mai sentito.




IN ARGENTINA FESTEGGIATO IL 39° ANNIVERSARIO DELL’ASSOCIAZIONE ABRUZZESE “VILLA SAN VINCENZO DI GUARDIAGRELE”

 

BUENOS AIRES – Il 18 settembre, nella sede dell’Associazione Abruzzese “San Vincenzo di Guardiagrele” in San Martin, nella provincia di Buenos Aires, si sono festeggiati i 39 anni di vita del sodalizio. Alla festa hanno partecipato circa 200 persone, dopo due anni di pandemiache ha impedito qualsiasi attività. La presenza di una cospicua quantità di giovani pone le basi per il rilancio delle attività dell’Associazione.

Prima di dare inizio all’evento si è osservatoun minuto di silenzio per commemorare la scomparsa di una fondatrice,Amelia Taraborrelli, e di due membri della Commissione direttiva, l’ex Presidente Julio Desiderioscioli e l’ex Tesoriere Matias Mandl.La festa ha avuto inizio con uno spettacolo di musica italiana e abruzzese.

Si mette in risalto la presenza dell’Intendente della Ciudad delLibertador General San Martin,Fernando Moreira, e della Direttrice delle Pubbliche relazioni,Vanesa Quinteros. Hanno preso la parola l’ex Presidente della FEDAMO, Dott.ssa Natalia Turanzas Marcos, e l’attuale Presidente dell’Associazione e Consigliere del CRAM, Dott. Federico Mandl.

E’ stato messo in evidenza il grande impegno ed il carico di lavoro che tutti i soci esercitano, sianomembri della Commissione direttiva che semplici soci, per portare a compimento il dettato dello Statuto e per mantenere in vita l’Associazione, creata e sostenutadai propri nonni e padri in questi 39 anni di vita. Una festosa conviviale, terminata alle ore 18 con un brindisi, ha celebrato il ritorno a riunirsi dopo tanto tempo, con l’augurio di poter tenere incontri regolarmente, come in passato.

 




Emigrazione. Visita del centro storico di Cugnoli della famiglia Chiulli di Old Saybrook (Connecticut – USA)

Cugnoli è nel cuore di numerosi cittadini di origini cugnolesi che vivono oltreoceano negli Stati Uniti; questa mattina la famiglia Chiulli, accompagnati dagli amici americani Sondra e Victor Dellaripa, quest’ultimi originari di Giulianova, hanno visitato per la prima volta il centro storico di Cugnoli. I coniugi, Alfred e Laura Chiulli, da diversi anni avevano il desiderio di conoscere il paese che ha dato i natali a suo nonno e al suo bisnonno, nati a Cugnoli rispettivamente nel 1882 Domenico Chiulli e nel 1844 Stefano Chiulli (poi sposato con Domenica Di Gregorio) e, grazie al giornalista Walter De Berardinis di Giulianova, si sono messi  in contatto con l’Amministrazione Comunale (nella foto il Vicesindaco e coordinatore sisma 2009 Lanfranco Chiola in rappresentanza dell’attuale Sindaco Giancarlo Sciarra). A Cugnoli hanno preso visione degli atti di nascita degli avi cugnolesi e hanno passeggiato tra le bellezze del borgo, apprezzando gli interventi di ricostruzione effettuati dopo il terremoto del 2006.  Nel 2016, la cittadina pescarese, aveva ospitato il segretario della sicurezza interna degli Stati Uniti, Jeh Johnson e sua moglie Dr. Susan DiMarco, originari proprio di Cugnoli.

 




L’Accademia di Belle Arti e il Consiglio Regionale d’Abruzzo hanno realizzato “Una Fontana per Melbourne” voluta da Casa Abruzzo a Melbourne

L’Aquila 28 luglio 2022 – E’ stata presentata oggi presso il Teatro dell’Accademia di Belle Arti
dell’Aquila l’opera realizzata per Casa Abruzzo a Melbourne “Una Fontana per Melbourne”
realizzata dalla stessa accademia, finanziata interamente dal Consiglio Regionale
d’Abruzzo e commissionata dall’Associazione Casa Abruzzo Melbourne.
L’opera è la raffigurazione delle tradizioni e delle peculiarità della terra d’Abruzzo,
volutamente in uno stile realistico per ricordare e portare un pezzetto della loro terra
agli abruzzesi residenti n Australia. E’ formata da una vasca lunga 17 metri e larga 5
ornata da quattro mascheroni quadrati (70X70 cm) in bassorilievo a simboleggiare i
territori delle quattro provincie abruzzesi che sul retro recano gli stemmi delle stesse
città capoluogo d’Abruzzo, tutto realizzato in pietra bianca della Maiella. Questo
elemento dell’opera si ispira ai tanti abbeveratoi che si trovano sulle montagne
abruzzesi ed in particolare a Campo Imperatore. Al centro della vasca si erge maestosa
la statua in bronzo di una donna che nasce dalla roccia e reca una conca a simboleggiare
le radici delle comunità abruzzesi legate alla terra e al lavoro nei campi.
Il progetto è stato fortemente voluto dal Vice Presidente del Consiglio Regionale Roberto
Santangelo e condiviso dal presidente Lorenzo Sospiri, dal Direttore Generale dell’Ente
Paolo Costanzi e dai consiglieri regionali, componenti del direttivo CRAM (Consiglio
Regionale degli Abruzzesi nel Mondo), Sara Marcozzi e Sabrina Bocchino ed è stato
realizzato dall’Accademia di Belle Arti con la supervisione del Presidente Rinaldo Tordera
e della Direttrice Maria D’Alesio. I lavori sono stati effettuati dallo scultore Stefano
Donatello, ex studente ABAQ, per quanto riguarda i mascheroni e la statua in bronzo,
fusa presso la Fonderia dei Fratelli D’Addario; mentre gli stemmi delle quattro province
d’Abruzzo sono stati realizzati dagli studenti del Corso di Scultura del Prof. Matteo
Ludovico. Tutto il progetto è stato realizzato sotto il coordinamento del Prof Antonello
Antico e del Prof Franco Fiorillo e di tutta l'amministrazione dell'Accademia.
“Un segno identitario e riconoscibile, voluto e condiviso con le comunità abruzzesi in
Australia, che renda tangibile il legame culturale e sentimentale radicato nel cuore dei
tanti figli e nipoti di abruzzesi emigrati nel continente australiano” Ha dichiarato il
Presidente del Consiglio Regionale d’Abruzzo Lorenzo Sospiri e il Vice presidente Roberto
Santangelo ha aggiunto “Attraverso il CRAM siamo riusciti a tenere saldi i rapporti non

solo culturali, ma anche economici, con le numerose comunità abruzzesi sparse nel
mondo. Questa fontana monumentale che condensa i simboli che rappresentano le
unicità dell’Abruzzo, sono certo che diventerà un punto di riferimento per tutti gli
abitanti di Melbourne. Dopo la realizzazione della sede di Casa Abruzzo, la Regione
aggiunge un presidio di alto valore in territorio australiano”.
“L'opportunità che il Consiglio Regionale d' Abruzzo e la Associazione Casa Abruzzo di
Melbourne hanno dato alla Accademia aquilana – ha sottolineato il Presidente ABAQ
Rinaldo Tordera – è una straordinaria sintesi di capacità realizzativa, organizzativa,
didattica e creativa che i nostri docenti hanno saputo cogliere nel coinvolgimento degli
studenti e nella massima espressione della loro passione artistica. Ringrazio il
Presidente Cardinale per averci commissionato l'opera, volendo con questo gesto
sottolineare il legame indissolubile che continua ad unire gli abruzzesi che vivono qui
con quelli che invece hanno deciso di emigrare in Australia. La Fontana sarà per sempre
il simbolo della condivisione della nostra origine e della continuità dei valori che ci
appartengono. E grazie al Consiglio Regionale d' Abruzzo, al Presidente Sospiri, al vice
Presidente Santangelo e al Direttore Costanzi per avere creduto nelle capacità dell'
Accademia, finanziando totalmente il costo dell' opera. Ai docenti ed agli studenti dico
grazie perché la loro opera ci rende orgogliosi e fieri del lavoro svolto.
“Per l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila – ha continuato la Direttrice Maria D’Alesio –
questo progetto è stato un’opportunità formativa importantissima. In questo caso
un’istituzione come la nostra ha assolto ad uno dei sui compiti principali, quello di
insegnare ai nostri studenti, ma anche di rimettere in piedi, tecniche artistiche desuete
come la fusione in bronzo con cui è stata realizzata la stutua”.
La Fontana partirà, smontata nei vari pezzi e in apposite casse, realizzate anch’ esse
dall’Accademia aquilana, già domani per Melbourne in Australia dove sarà montata
davanti alla sede di Casa Abruzzo.
Ha voluto ringraziare tutti coloro che si sono spesi per realizzare quest’opera che
rappresenterà un pezzo della loro terra il Presidente di Casa Abruzzo a Melbourne,
Fernando Cardinale “Sono molto emozionato perché per la prima volta una regione
italiana realizza un monumento per i suoi corregionali che vivono all’estero. Per noi di
Casa Abruzzo non è solo una fontana che servirà a ricordarci le nostre radici ma è un
pezzetto della nostra terra qui a Melbourne”.