Canada. Abruzzesi nel mondo: che bello ritrovarsi, conoscersi e costruire insieme!

Abruzzesi nel mondo: che bello ritrovarsi, conoscersi e costruire insieme!

La riflessione del delegato dell’Uruguay a margine della riunione del CRAM tenutasi in Canada

NIAGARA FALLS (Canada) – L`idea di organizzare fuori dell`Abruzzo, periodicamente e cioè non annualmente, una riunione del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (CRAM) con la partecipazione dei delegati delle comunità abruzzesi provenienti da ogni continente e con un programma di lavoro prestabilito, sono convinto che sia di enorme interesse. Credo che abbia grande importanza non solo per noi che viviamo all’estero l’abruzzesità con la mente e col cuore, sempre desiderosi di tenerci aggiornati reciprocamente sulle iniziative sociali e culturali che prendiamo nei diversi Paesi, ma anche per confrontarci nelle esperienze e fare proposte utili alla Regione Abruzzo per rafforzare il legame e la collaborazione con gli Abruzzesi nel mondo. Ma soprattutto è importante per coloro che hanno dedicato tanto tempo e passione alla difesa dei valori italici, per onorare la nostra terra d’Abruzzo e l’Italia con esempi di lavoro, di sacrificio e di impegno sociale per crescere sempre di più, per collaborare nel Paese dove viviamo, la nostra seconda Patria, per progredire in tutti i campi, per essere di esempio per i posteri, per costruire una migliore società con il nostro contributo.
Ma veniamo al nostro incontro di Niagara Falls, dal nove al tredici ottobre scorso. L`accoglienza è stata stupenda, familiare, quasi fraterna, da parte di tutti i nostri corregionali in Canada. Il lavoro svolto dalle nostre autorità d`Abruzzo, a cominciare dal Consigliere Regionale e componente del CRAM, Antonio Prospero, a Franco Santellocco, presidente vicario del CRAM per l’assenza giustificata dell’assessore Mauro Febbo, al dirigente del Servizio Emigrazione, Giorgio Chiarini, al capo dell’Ufficio Emigrazione, la solerte Assunta Janni e al funzionario attivissimo, Amedeo Di Nicola. Il dirigente regionale, dr. Chiarini, ha richiamato caldamente la necessità di verificare nei vari Paesi la situazione delle Associazioni Abruzzesi, di vecchia e recente costituzione, controllandone i dati, allo scopo di aggiornare opportunamente l’Albo Regionale delle Associazioni riconosciute.
Tutti simpatici e gentili i membri della Confederazione Abruzzese in Canada, ma fra i più attivi è doveroso citare la sempre amabile  e generosa Ivana Fracasso, di Toronto, l’onnipresente e simpatica rappresentante dei Giovani abruzzesi in Canada, Angela Di Benedetto, di Montreal, e sopra tutto l`infaticabile factotum, il nostro meraviglioso e grande “Anfitrione”, Angelo Di Ianni, di Hamilton, il quale non solo con le sue premurose attenzioni verso ciascuno di noi, ma con la cura delle manifestazioni esterne, a corredo dei lavori del CRAM, spinto dal tenace spirito di uomo d`Abruzzo, ha saputo straordinariamente organizzare e – senza esagerazione – gestire alla perfezione ogni tappa dell`Evento, non tralasciando di stupirci con la sua bravura come cicerone!
Tanti i temi sul tappeto, tante informazioni fornite all’Assemblea da ognuno di noi partecipanti. Tutte le decisioni, dopo un intenso dibattito di due giornate, sono state approvate all’unanimità, tutto messo a verbale a conclusione dei lavori. Sono sicuro che presto riceveremo una relazione con la sintesi dei nostri interventi. Inoltre, una felice sorpresa: tutti i componenti del CRAM siamo stati nominati “AMBASCIATORI dell`ABRUZZO nel MONDO“, un riconoscimento che ci onora e ci responsabilizza ancor di più. Almeno io che scrivo, ho la sensazione di sentirmi più responsabile davanti alle Autorità italiane ed uruguaiane, ma soprattutto con tutti gli Abruzzesi residenti in Uruguay. Responsabile per chi non ha fatto “l`America”, per chi è amante della solidarietà, dell`informazione, per chi si dedica agli altri e trova il tempo di collaborare, di essere positivo e costruttivo in seno alla nostra Collettività e nell’associazionismo.

Tutte belle le giornate dei lavori, come pure le serate trascorse in mezzo a tanti emigranti abruzzesi in Canada che continuano a portare ovunque in alto il nome dell`Abruzzo. Personalmente, a dire il vero, più di una volta ho dovuto trattenere le lacrime per l`emozione che ti lasciava uno sguardo, un ricordo, un quadro, un’espressione d`affetto. Mi sto già preparando a ricevere un giorno inUruguay una delegazione del CRAM per far conoscere la storia della comunità italiana nel Paese sudamericano, su quanto hanno fatto tanti emigranti italiani e fra essi, orgogliosamente, noi Abruzzesi. Anche noi vorremmo dimostrare che siamo fra i primi della classe nella Collettività italiana in Uruguay, senza dubbio la nostra seconda Patria.

Con un abbraccio fraterno agli Abruzzesi sparsi in tutto il mondo, ai nostri parenti ed amici nella nostra regione, un pezzetto del nostro cuore che continua a palpitare per l’amata terra d`Abruzzo che un giorno lasciammo in cerca d`un futuro migliore. Personalmente, non sono diventato ricco, in quasi 47 anni d`America. Ma la mia ricchezza è quella di aver fatto qualcosa insieme a tanti corregionali, a favore della nostra Associazione e della Collettività italiana ed italo-uruguaiana.Un’annotazione, infine,  riguardante il collega del CRAM Goffredo Palmerini, che tanto ci è mancato in Canada. Per Goffredo, un ringraziamento molto sentito da tutti noi, per quanto ha seminato finora nella comunicazione con le nostre comunità all’estero, nell’informazione sulla cultura, sugli avvenimenti locali, sulle tradizioni abruzzesi, per aver contribuito a far crescere le relazioni con il nostro Abruzzo, mentre con tante splendide immagini sulle bellezze naturali ed artistiche di ogni parte del mondo ci riempie ogni giorno i cuori di tante emozioni, facendoci sognare e trasportandoci ovunque sulle ali della fantasia. Sei veramente tu, caro Goffredo, uno dei più grandi AMBASCIATORI d`ABRUZZO nel MONDO. Tutti noi, Abruzzesi nel mondo, te ne siamo infinitamente grati, per sempre!
MARIO LANNUTTI  BONANNI
Presidente dell’ Associazione Abruzzese di Montevideo – Uruguay
e componente del CRAM



NEW YORK. Columbus Day – Report missione Asmef

NEW YORK , Columbus Day – Report missione Asmef

Anche quest’anno la missione AsmefGiornate dell’Emigrazione ha partecipato alle celebrazioni del Columbus Day, svolte a New York nei giorni scorsi. Evento centrale, la grande sfilata sulla 5° strada del lunedì, preceduta dalla messa ufficiale alla Chiesa di St . Patrick. Si dice che sia la più importante parata al mondo: 35000 partecipanti, carri, striscioni, tutto tricolore ed in nome della nostra Italia; e tutto sotto la perfetta regia della Columbus Citizen Foundation.

A margine appuntamenti forse meno eclatanti, ma senz’ altro interessanti e significativi. Due di essi organizzati dalla nostra associazione Asmef: la performance artistica, a cura di Anna Maria Pugliese, ospitata dall’Istituto italiano di Cultura, dal titolo “ Landscapes of Memory, memory as an instrument of creative consciousness“ ; il simposio dal titolo “ Italiani ed italianità oltreconfine”, ospitato dal prestigioso John Calandra Institute. Ad entrambi gli appuntamenti, che hanno visto un’ ampia e qualificata partecipazione, ha portato il saluto il Console Generale d’Italia a New York, Natalia Quintavalle.

I tempi sono cambiati, ma l’ America è sempre l’ America. Ossia un Paese che appare ben organizzato, coeso, innamorato della propria bandiera, e tutto sommato (e qui si registra una grande diversità con la nostra italietta) fiducioso nelle istituzioni. La crisi esiste ancora anche qui, ma, seconda diversità, la luce in fondo al tunnel sembra apparire. La tragedia delle Twin Towers scivola sempre più verso i libri di storia, lasciando l’ attualità a temi diversi, e certe deviazioni, causa ed effetto di certa finanza drogata, pian piano si ammorbidiscono, tendendo a valori ordinari. L’ efficienza del sistema, mai in discussione neanche durante le crisi più profonde, consente ai capitali globali di accedere, pompando sana economia. Tutto sommato, provando ad accostarci ancora all’ Italia ed all’ Europa, i consigli che emergono vanno tutti in una medesima direzione: rendere le istituzioni più efficienti, e dare quindi fiducia agli investitori.

Tornando agli italiani di oltre oceano, resiste un forte amore per la madre patria, anche in quelli di seconda generazione. Un loro problema è sicuramente la ricerca di identità. Non sono americani puri, lo saranno forse tra qualche secolo. Ma hanno perso quel modo di essere italiani, quel “ io “ che era sull’ aereo che li ha portati qui. Durante il simposio al John Calandra Institute, una professoressa romana che ha seguito il marito americano qui a New York cinque anni fa, ha confessato di “ non sapere più chi essere” . Comunque sia, all’ inno di Mameli cantato durante la messa a St Patrick, le lacrime non si contavano.

In chiusura un appello, ed una proposta, ai presidenti di regione: quest’anno, probabilmente a causa delle tristi cronache, nessuna era presente. Comprensibile, ma in futuro cercate di partecipare, sono ben altri i tagli da effettuare; le lacrime della Chiesa meritano la bandiera presente. La proposta: i tantissimi emigrati ( si parla di decine di milioni) nel mondo rappresentano una risorsa potenziale incredibile per i nostri mari e i nostri hotel. Sarebbe molto interessante pensare ad un grande progetto nazionale avente come obiettivo una sorta di turismo di ritorno. Allora, come prima azione, perché non accorpare la delega alla emigrazione, spesso trascurata, agli assessorati al turismo ?

Salvo Iavarone

Presidente Asmef




USA. “Frankie Boy…” Mito e Leggenda, di Lino Manocchia

Ap – Effemeridi

“Frankie Boy…” Mito e Leggenda

di Lino Manocchia

Correvano gli anni ’60. Un giorno il telefono mi collegò con il Consolato Italiano, che esiste tutt’ora sulla 69ª street e Park Ave della Grande Mela. Un addetto mi comunicò che in giornata, il Console avrebbe consegnato la medaglia di Cavaliere della Repubblica al crooner più noto del mondo musicale: Francis Albert Sinatra (detto Occhi blu), figlio di Antonino Sinatra – severo capitano del dipartimento dei Vigili del Fuoco del paese, e da mamma Molly, fervida  democratica, deceduta in seguito ad incidente aereo mentre raggiungeva Las Vegad per un concerto di beneficienza

E così ci ritrovammo con una diecina di colleghi americani insieme al più “grande” giornalista americano Walter Winchell (Foto tra Lino e Sinatra), da noi conosciuto in un’altra occasione. Purtroppo la cerimonia che avrebbe dovuto avere una risonanza mondiale, si riduceva alla consegna della medaglina nello studio del Console il quale concludeva l’avvenimento con una stretta di mano.

Il “cinquettio” dei rappre-sentanti la stampa si confo-ndeva con i risultati sportivi della settimana e Frank si limitava a rispondere a qual-che domanda personale. Il collega Winchell mi strap-pava qualche informazione sull’Italia e quindi mi chiede-va se conoscevo Sinatra.  Certo che lo conoscevo, ma soltanto dalle cronache, e mi interessava conoscerlo.

«“Frankie Boy”, vieni, ti presento un tuo “paesano.» Fu la scintilla magica che si ingrandiva ogni qualvolta il

cronista incontrava l’oriundo siculo nato a Hoboken (New Jersey) il 12 dicembre 1915, e che un giorno abbandonò i banchi scolastici per “inseguire” la scia di Bing Crosby, il suo idolo, al quale, in tempo, avrebbe dato filo da torcere.

«Franky,» disse Wintchell, «narra a Lino chi ti introdusse nel mondo dei “Big” ai quali… “non si può dire no”.»

Fatti gli auguri al “neo cavaliere” tentammo la domanda d’occasione: «Contento Mr. Sinatra del riconoscimento italiano?»

«A Hoboken, lu paese mio,  lu barbiere, Francisco, tiene appeso nel salone, lu certificato e la medaglia da cavaliere. Quando Framcisco ricevette la nomina gli fecero una grossa festa…»

Un’allusione simile, estremamente chiara riverberava, senza ambage la “stizza” di colui

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ABRUZZOpress – N. 322 dell’8 ottobre ’12                                                                                                                                Pag 2

che aveva ricevuto una ”medaglietta” simile a quelle religiose che la  mamma conservava.

L’increscioso dettaglio, per fortuna accantonato quando il Governo americano consegnò a Mr. Sinatra la medaglia Presidenziale della Libertà, e qualche anno dopo, la Medaglia d’oro  del Congresso.

E “lu fighiuzzo” di Hoboken, attraversando libecci professionali, arrivava in porto con valanghe di dischi che lo innalzarono nell’Olimpo musicale, col titolo di “leggenda vivente”.

Sinatra era un tipo strano, stravagante, distaccato dagli onori pomposi, sempre pronto alla battuta umoristica. Ne ebbi una riprova quando, spesso, venivo avvertito da Jilly che “Franky era in arrivo a New York”. Lo incontravo al “Club 500” di Jilly Rizzo, un ritrovo esclusivo  “sponsorizzato” da Dean Martin e Frank Sinatra  con  Sammy Davis, caposquadra. In questo locale “occhi”  fece le ossa negli anni 40-50 guadagnando soltanto una cena e qualche dollaro, per gli spettacoli serali.

Il cronista, animato da un naturale orgoglio, consumava con lui una pietanza “della Casa” annaffiata da espressioni,  a volte  strane come, ad  esempio, alla domanda “quante volte ti sei sposato”, rispondeva::

«Il numero non conta. L’uomo non sa cosa è la felicità sino a quando si sposa. Ma allora è troppo tardi.»

Il grande crooner per la cronaca è passato sotto le forche Caudine femminili per ben 4 volte, quasi sempre con donne celebri e meravigliose, come Ava Gardner e Mia Farrow.

Alla domanda ”Hai mai avuto paura?”, rispondeva: «La paura e la nemica della logica. Se ti impaurisci finisci a terra.»

Ma la risposta che ricordo con piacere  fu: «Paesà, ti auguro che tu possa campare 100 anni e che l’ultima voce che odi, sia la mia.»

Personaggio memorabile, grande, difficile da intuire, il figlio di Don Antonino Sinatra, Capitano del Dipartimento dei vigili del fuoco che aveva assaporato anche i pugni sul ring sostenendo oltre 35 incontri vittoriosi. Particolari, questi, che inorgoglivano sempre più il suo unico figlio.

Parlare del più amato cantante americano mi sembra puerile, tuttavia emisi la mia modesta domanda: “Franky, quanti dischi hai inciso durante la tua carriera?”

«Se tu potessi contarli, ti regalerei un dollaro per ogni disco. Ci potresti comprare una Ferrari,» rispose. (Al termine della sua settantenne carriera il contagiri segnava 156 milioni di dischi, n.d.r.)

Ricordiamo con piacere ed orgoglio il personaggio importante e carismatico dell’intrattenimento americano e mondiale che s’innestò nella leggenda per l’eterna giovinezza delle sue canzoni oltre che della sua voce.

Pur essendo passato più di un decennio della sua morte, il  mito e la sua leggenda non sono minimamente scalfiti.

Lino Manocchia




Italia. “IMMIGRAZIONE E TERRITORIO” DI FLAVIA CRISTALDI SARA’ PRESENTATO IL 9 OTTOBRE ALLA CAMERA, CON IL MINISTRO ANDREA RICCARDI

“IMMIGRAZIONE E TERRITORIO” DI FLAVIA CRISTALDI SARA’ PRESENTATO IL 9 OTTOBRE
ALLA CAMERA, CON IL MINISTRO ANDREA RICCARDI
ROMA – Il prossimo martedì 9 ottobre, ore 17, presso la Camera dei Deputati, Sala delle Colonne,
il Ministro Andrea Riccardi concluderà i dialoghi sull’immigrazione scaturiti dalla lettura del volume
Immigrazione e territorio. Lo spazio con/diviso” (Pàtron editore), pubblicato da Flavia Cristaldi,
docente di Geografia delle migrazioni presso l’Università di Roma La Sapienza.
Il radicamento degli immigrati nella società italiana, se non opportunamente gestito e governato, può
portare a situazioni di disagio e tensioni sociali. La dimensione territoriale del fenomeno costituisce uno
degli elementi chiave verso i quali porre la nostra attenzione. Nel volume si affronta il tema della presenza,
della dispersione e della concentrazione degli immigrati, scomposti anche per etnia e per sesso,
nelle città e nelle periferie italiane, suggerendo alcune strategie per scongiurare il ripetersi di eventi drammatici
quali quelli recentemente avvenuti nelle banlieues parigine e nelle città inglesi.

All’incontro interverranno l’on. Franco Narducci, vice presidente della Commissione Esteri della Camera,
l’on. Jean Leonard Toudi, Commissione Esteri della Camera, Roberto Natale, presidente della Federazione
Nazionale Stampa Italiana, José Angel Oropeza, OIM – direttore per il Mediterraneo, Liliana Ocmin Alvarez,
segretaria confederale CISL con delega a Donne, Giovani e Immigrati, Carla Brusa, Università del Piemonte
orientale, modera Gianni Lattanzio, Associazione Dialoghi, conclude il Ministro Andrea Riccardi.
Sarà presente l’autrice del volume, Flavia Cristaldi.

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Alla poetessa Flora Suàrez Tarani Il Premio letterario Internazionale Anguilla Sabazia

Ap – Eventi

Alla poetessa Flora Suàrez Tarani

Il Premio letterario Internazionale Anguilla Sabazia

La poetessa italo-venezuelana Flora Suàrez Tarani è stata premiata per silloge poetica Poesia, pubblicata dalle Edizioni Tabula Fati. La cerimonia di premiazione si è tenuta presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, in Anguillara Sabazia, in provincia di Roma, sullo splendido scenario del Lago di Bracciano. Hanno partecipato alla cerimonia, oltre ai premiati e ai membri autorevoli della giuria, molte personalità della cultura e del giornalismo europeo, e autorità civili, militari e religiose.

Altri autori della casa editrice chietina premiati o se-gnalati dalla giuria del premio: sono Rosa Aimoni per l’opera “Il caso Mendel”; Nicola Guaqrnieri e Pasquale Ragone per “Luigi Tenco. Storia di un omicidio”; Giorgio Galli e Daniele Vittorio Comero per “Stella e Corona. Sogni, Utopie e brogli elettorali nella democrazia italiana.

Il libro della poetessa premiata, Poesias, edita dalla casa editrice di Marco Solfanelli, reca la prefazione del docente universitario prof. Vito Moretti.

Flora Amalia Suàrez Càrdenas (la terza da sini-stra, a fianco dell’editore in abito bianco, nella foto ri-cordo da Anguilla, sullo sfon-do il Lago di Bracciano) è nata San Cristobal (Vene-zuela). Ha studiato a Cara-cas Giurisprudenza, Psicolo-gia e danza classica. Ha molti interessi e, oltre alla poesia, coltiva la passione per la pittura. Vive a Chieti, è spo-sata ad un ufficiale superiore dell’esercito ed ha due figli. La casa editrice Solfanelli avrebbe in pro-gramma la pubblicazione di un suo libro di racconti.




Toronto. Mercoledì 10 ottobre, alle ore 18.30, Joseph D. Carrier Art Gallery presenterà la Mostra di Lucio Diodati “Harlequin and other stories”.

Mercoledì 10 ottobre, alle ore 18.30, Joseph D. Carrier Art Gallery
presenterà la Mostra di Lucio Diodati “Harlequin and other
stories”.
Dopo Montreal la mostra è ora ospitata nel prestigioso Columbus Centre di
Toronto
Fondato proprio il 10 ottobre 1980 come centro sociale dove godere della
ricchezza della cultura italiana in terra canadese, il Columbus Centre
oggi è un popolare luogo d’incontro riconosciuto come il contributo
italiano al multiculturalismo canadese nell’area metropolitana di
Toronto, Columbus Centre è diventato un punto focale consolidato nella
comunità, una vera e propria piazza che unisce arte, cultura e ottimo cibo
tutti sotto lo stesso tetto.
Diodati con il suo personalissimo modo di dipingere ed esprimersi dà vita a
creature limpide, poetiche, solari, buffe, ingenuamente maliziose e
assorte in un stupore psicologico che ricordano la freschezza e
spensieratezza dell’estate appena trascorsa.
L’artista sarà presente.

Evento: “Harlequin and other stories”
Sede: Columbus Centre – 901 Lawrence Avenue West – Toronto CANADA
Telefono : 416 789 7011 ext.300
Periodo: 4 ottobre – 4 novembre 2012
Vernissage : Mercoledì 10 ottobre ore 18:30

web: www.carriergallery.com
e-mail: rgraci@villacharities.com
catalogo: http://issuu.com/arlecchinos/docs/harlequin




Sud Africa. La Gazzetta del Sud Africa compie sette anni. L’editoriale del direttore Ciro Migliore.

Gentile direttore,

il quotidiano on line “La Gazzetta del Sud Africa” edito a Città del Capo, fondato e diretto da Ciro Migliore, compie oggi sette anni di vita. Il direttore richiama l’evento con un suo editoriale, specchio adamantino dell’Italia di oggi dentro i confini, e dell’altra Italia – quella dei 60 milioni d’Italiani fuori i confini – nelle sue aspirazioni e nei suoi desideri di vedere un Paese diverso, una democrazia più matura, una Nazione che si meriti il rispetto dovuto al suo rango e alla sua storia, come pure una classe dirigente seria specchiata e dedita al bene comune, che cancelli lo squallore registrato negli ultimi anni e giorni. Con il consenso del direttore, Ciro Migliore, mi fa piacere girare il suo editoriale, testimonianza di rara efficacia di quali sentimenti vivano le comunità italiane all’estero e quale Paese desidererebbero fosse la nostra Italia. L’editoriale di Migliore fa anche capire meglio, in un deficit di conoscenza spaventoso della realtà della nostra emigrazione da parte della classe politica dirigente latamente intesa, salvo encomiabili ristrette eccezioni, quale sia e cosa pensi l’altra Italia. Allego una foto di repertorio con Ciro Migliore (a destra).

Con viva cordialità.

Goffredo Palmerini

Created on Saturday, 29 September 2012 09:3

Il nostro quotidiano ha cominciato le pubblicazioni il primo di ottobre del 2005. Come mostra la foto di una prima copia cartacea, nacque come Gazzetta del Capo e dopo qualche mese tagliò il cordone ombelicale con il Consolato di Città del Capo e acquisì il nome attuale. Per il resto non è cambiata molto, specialmente nella sostanza. –

E’ stata dura, ma la Gazzetta del Sud Africa sta per compiere sette anni di vita e per entrare nell’ottavo. Ne è valsa la pena? Forse non sta a noi dirlo. Ci siamo sforzati di rendere un servizio alla comunità di cui facciamo parte e di renderlo accessibile a chiunque ne avesse interesse. Dovrebbero quindi essere i destinatari della nostra buona volontà a dire in quale misura ci siamo riusciti. Ma ovviamente non è facile come dare il via al televoto per verificare quanti hanno apprezzato il nostro lavoro. Noi non abbiamo che un metro: quanti sono coloro che in questi sette anni hanno ritenuto la nostra Gazzetta un luogo degno di ospitare la loro firma. E da questo punto di vista la resa dei conti ci dice che coloro che ritengono non essere disdicevole mettere il loro nome accanto al nostro sono tanti e in aumento. Tutti persone degne e di grande cultura. Per il resto anche noi soffriamo a causa della stessa crisi economica che ha messo in difficoltà imprese ben più cospicue della nostra. Ma a vivere di stenti ci abbiamo fatto l’abitudine, così come ci siamo assuefatti ai sacrifici per tenere duro. Se avessimo voluto svolgere un’attività più remunerativa avremmo dovuto pensarci tanto tempo fa. Quando hai nel sangue il virus dell’informazione è troppo tardi.

Ci piacerebbe, se ci è consentito esprimere qualche desiderio, non continuare ancora per molti anni a dover ospitare scritti che censurano le malefatte della classe politica italiana. Ci piacerebbe anche registrare un accresciuto interesse del governo italiano verso i mezzi che diffondono informazioni e cultura, che tengono viva la nostra lingua e le nostre tradizioni. Ci piacerebbe non dover essere testimoni del costante decadimento di strutture che, come la Dante Alighieri, hanno mantenuto viva per oltre cento anni la fiammella dell’italianità soltanto per raggiungere il risultato di sentirsi dire dai nostri governanti che l’Azienda Italia ha bisogno di loro ma non può sacrificare neanche una lira per aiutarle, dato che tutte le risorse disponibili sono assorbite da politici e amministratori mai sazi di sottrarre alla nazione tutta la ricchezza che milioni di lavoratori riescono a produrre. Ci piacerebbe vedere un ricco servitore dello stato rinunciare a una parte dei suoi emolumenti per destinarla a coloro ai quali mancano 99 centesimi per mettere insieme un euro.

Ci piacerebbe non doverci vergognare dello spettacolo che i nostri politici offrono al mondo. Ci piacerebbe non essere per colpa loro dileggiati da popoli che ancora non avevano sentore di civiltà quando Roma e l’Italia erano già i forgiatori e depositari del diritto e della cultura che hanno finito per identificarsi con la civiltà occidentale. Ci piacerebbe che la nostra amata Patria finisse sulle prime pagine dei giornali per le  qualità morali del suo popolo invece che per l’immoralità, la cupidigia e la corruzione di coloro che sotto spoglie della democrazia ci hanno imposto la dittatura della circonvenzione e sopraffazione continua della volontà popolare. Ci piacerebbe vedere milioni di italiani marciare per esprimere la loro rabbia e la loro frustrazione, tutti insieme, composti e in silenzio. Ci piacerebbe non vedere alcun politico marciare insieme a loro. Ci piacerebbe vedere la “par condicio” cambiata in “pura condicio”, nel senso che sia consentito ai politici parlare in televisione soltanto quando hanno qualcosa di veramente costruttivo e intelligente da dire.

Ci piacerebbe non vedere più delegazioni di una ventina di persone fra tecnici e politici venire dall’Italia a Città del Capo per spiegare a sè stessi le virtù nutritive del pesce azzurro, spacciandosi per ambasciatori di non si sa bene quale volontà di cooperare con controparti sudafricane che non erano a portata di voce. Ci piacerebbe che i soldi che saranno ancora spesi quest’anno per mandare i consiglieri del Cgie a parlare a controparti completamente sorde alle richieste degli italiani nel mondo fossero dirottati a finanziare l’insegnamento della lingua italiana ai nostri figli e agli stranieri che amano la nostra cultura e che acquisteranno prodotti italiani se riusciranno a leggere le istruzioni per l’uso.

Ci piacerebbe – per venire a desideri meno impossibili – vedere competizioni sportive nelle quali i cosiddetti campioni non tentino di vincere con il sotterfugio e con l’inganno. Ci piacerebbe leggere giornali meno proni a fare tiratura con pettegolezzi e facili concessioni ai più bassi istinti e inclinazioni della parte peggiore dei loro lettori. Ci piacerebbe che avessero l’onestà intellettuale di valutare correttamente, per esempio, il contributo inestimabile della famiglia reale alla capacità di tenuta della nazione britannica invece di approfittare di ogni minima opportunità per metterla alla berlina. Ci piacerebbe che gli italiani imparassero ad apprezzare più la rettitudine che la furbizia, più il rispetto che la prevaricazione, più la cultura che l’ignoranza. Ci piacerebbe poter cambiare la testa di quegli italiani che, nello sforzo di diventare cittadini del mondo o del villaggio globalizzato, chiamatelo come volete, s’illudono di non aver più bisogno di una loro identità nazionale. Ci piacerebbe ogni tanto sentir risuonare sulle labbra di persone qualunque le parole patria e patriottismo. Ci piacerebbe…

Certo, ci piacerebbero tante cose, ma, siccome non siamo nati ieri e i sette anni di questo quotidiano si sommano a tanti altri anni di giornalismo in almeno tre paesi e due continenti, chiuderemo questa nota ringraziando di cuore gli inserzionisti che hanno continuato ad appoggiarci nonostante i tempi difficili, non abbandonandoci come ha fatto la Fiat, e ci accontenteremo di un solo desiderio: poter essere di nuovo qui fra un anno a scrivere per quei lettori che continueranno a seguirci da ogni parte del Sud Africa e del mondo una nota meno amara per gli otto anni di questa nostra Gazzetta.

Ciro Migliore




L’ANFE a New York per ripercorrere la storia del Jazz

L’ANFE a New York per ripercorrere la storia del Jazz

L’ANFE presenta in anteprima a New York il film di Franco Maresco sulla vita di Anthony “Scott” Sciacca

Il 2 ottobre 2012 alle h18:00 a New York l’ANFE Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati presenta “Io sono Tony Scott – Ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz” del regista Franco Maresco.

La Delegazione regionale ANFE Sicilia porterà al Tribeca Performing Art Center di New York (Borough of Manhattan Community College, 199 Chambers Street) il film documentario che ricostruisce le vicende musicali e umane di Anthony “Scott” Sciacca. Nato Morristown da una famiglia siciliana originaria di Salemi (TP) emigrata in America, nel New Jersey, Tony iniziò a suonare il clarinetto a 12 anni e nel 1942 prese il diploma alla Juillard School. Insieme a Buddy de Franco, Tony Scott è considerato il più grande clarinettista di bebop jazz nel mondo.

La  proiezione sarà preceduta da un video messaggio del regista Maresco e presentata da Antonio Monda, critico cinematografico e corrispondente del quotidiano “la Repubblica” a New York, che insieme al Preside del Calandra Institute, Anthony Tamburri, il Direttore editoriale di I-Italy.org, Letizia Airos e il Direttore nazionale dell’ANFE, Gaetano Calà, introdurranno il film.

Tra gli invitati la figlia e la prima moglie di Tony Scott che insieme ad alcuni studiosi e critici musicali sono state intervistate per il documentario.

L’ingresso è aperto al pubblico, fino ad esaurimento posti




USA. Sofia Loren: bellezza esplosiva di Lino Manocchia

Ap – Effemeridi

Sofia Loren:

bellezza esplosiva

di Lino Manocchia

Hollywood. Sofia ha 78 anni, … “e più la guardo più mi sembra bella”.

Parafrasando la cara poesia alla “Mamma” intendiamo raccogliere a volo pindarico una descrizione della diva riconosciuta universalmente come una delle piu’ celebri attrici della storia del cinema italiano e mondiale.

E’ la storia di Sofia Villani Scicolone, nome d’arte Sofia Loren (nella foto con il nostro Lino Manocchia), nata il 20 settembre 1934, che agli inizi degli anni cinquanta, ancora giovanissima, diveniva “sex symbol” grazie alla sua innata sensualità.

Da Vittorio De Sica veniva diretto il film  “La Ciociara” per la quale vinceva moltissimi premi, nonché il  “David di Donatello”, come migliore attrice, seguito dal prestigioso”Oscar”. Durante la sua lunga carriera Sofia ha vinto due Statuette d’oro, un Golden Globe, un Leon d’oro e la Coppa Volpi. E non si ferma qui,

Nel tempo la “napoletana”, va sempre piu’ affermandosi. accoppiandosi con Raquel Werlsh, confermandosi come una vera icona del cinema italiano nel mondo. La consacrazione come attrice arriva, appunto, con l’interpre-tazione del suo film-simbolo: ”La Cociara” diretto da Vittorio De Sica, per la regia del grande George Cukor. E poi altre, tante recitazioni si susseguono con rapidità elettrizzante.

Sofia, è considerata una “Goddesses” (Dea)) del cinema, insieme a Brigitte Bardot e la Welch, per le sue qualità distinte di recitazione, le sue capacità artistiche ed il suo sguardo stupefacente. Ne offre una riprova il noto, accla-mato Pirelli calendar, “posato” all’età di 72 anni.

Una delle volte che il cronista ebbe occasione di parlare con Sofia le chiese:

Sofia, deve tutto al suo stupendo fisico?

«Tutto ciò che vede,» rispose, «lo devo agli spaghetti.»

La diva che la critica ha decretata “Regina della moda”, le ha affibbiato anche   l’epitome di personificazione della gentilezza. Indossa abiti che esaltano le sue graziose curve offrendo nel contempo un famoso decollage capace di amplificare le squisite qualità fisiche dell’attrice, che, incidentalmente, divisa tra Italia e Hollywood, interpreta innumerevoli film di successo

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ABRUZZOpress – N. 306 del 27 settembre ’12                                                                                                                          Pag 2

con le più grandi stars mondiali, diretta da registi quail De Sica, Mario Monicelli, Dino Risi, Charlie Chaplin, Sidney Lumet, George Cukor, Anthony Mann ed altri ancora. In particolare con De Sica, col quale ha girato otto film formando un sodalizio, completato dalla presenza di Marcello Mastroianni.

A Sofia, un giorno chiedemmo:

Quale considera il suo miglior film girato, e quali l’attore-partner e il regista preferiti?

«Sono diversi, vari, impegnativi, e farei un torto agli altri separandoli dal gruppo dei migliori. L’attore preferito? Mi sembra una domanda sibillina. Come posso distinguerli a sangue freddo? Il regista? Devo moltissimo  all’indimenticabile Vittorio (De Sica – n.d.r.) Ma guardi: quando si entra nel mondo della celluloide, tutto è grande, tutto è gradito e preferito.»

Si arrabbia facilmente?

«Soltanto quando penso che malandrini mi rubarono l’Oscar (per il film “Two Women – n.d.r) dalla mia villa.»

Sofia ha ricevuto tanti premi e riconoscimenti. Ne citiamo alcuni: La Coppa Volpi vinta ne l 1958, l’Orchidea nera, pre-mio per la migliore interpretazione al Festival di Cannes, il BAFTA quale attrice interna-zionale dell’anno, ed il citato Oscar 1962 per La Ciociara. In Francia riceve la Legion d’Onore dopo l’assegnazione dell’Oscar alla carriera, seguono l’Orso d’oro al festival di Berlino e, quindi il Presidente della Repubblica,Oscar Scalfaro l’ha insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica.

E ci fermiamo qui, ma non si può ignorare che la vita di Sofia Loren è simbolizzata da una carica, ricca cornucopia di momenti vissuti ad Hollywood e Cinecittà, le quali si son divisi, con aviditù artistica, il ricco consuntivo della nostra “rappresentante” che il 21 maggio 2009 è entrata nel Guinness dei primati come l’attrice italiana più premiata al mondo.

Non possiamo lasciar passare inosservato un giudizio “agro dolce” sull’attrice Gina Lollobrigida (amica-nemica!) che Sofia non trattiene facilmente: «Gina ha una personalità limitata. Recita bene la parte della “contadina”, ma è incapace di recitare la parte di una Lady. Comunque, detto questo, non credo che sia molto arrabbiata con me, perché io sono più grande di lei. E’ possibile? Chissa!», conclude la diva…tricolore.

Lino Manocchia




Argentina. “L´impasto delle delusioni” Guillermina è furibonda: nessuno vuole mangiare i bignè che ha preparato con tanto sforzo… di Alejandra Daguerre *

“L´impasto delle delusioni”

Guillermina è furibonda: nessuno vuole mangiare i bignè che ha preparato con tanto sforzo…

di Alejandra Daguerre *

Per lei quello di ieri è stato un pomeriggio difficile. Sta cercando di superare il lutto provocatole dalla recente separazione e si sente sola, angosciata; affronta la vita con rabbia, perché «non si era mai immaginata così… senza marito». La sua passione per la pasticceria è l’unica cosa che sembra essere rimasta intatta e così cucina a mo’ di catarsi, per analizzare il suo dolore fare un esame di coscienza davanti alla batosta inflittale dal destino. Segue alla perfezione le istruzioni della ricetta, come se si trattasse di un incantesimo per riportarla sul cammino della vita coniugale.

Sul tavolo sono già pronti tutti gli ingredienti: farina, zucchero, uova, burro, acqua e lievito, ma l’intero processo dipende dal cuoco, e Guillermina è ansiosa… ha il sospetto che oggi non andrà d’accordo con la preparazione. Si dice che il lievito deve essere trattato in modo speciale perché è molto sensibile: bisogna farlo emulsionare con acqua calda, lasciarlo riposare, e c’è anche chi lo avvolge con un panno o lo fa scaldare sul fornello per portarlo alla temperatura giusta. La sfida delle sensibilità è iniziata! La cuoca, avvolta dall’emotività, non ha pazienza e affretta i tempi… vuole solo risposte!

L’impastatura è la parte più facile: Guillermina ha forza e rabbia per sfogarsi. Con quella stessa energia potrebbe ribaltare facilmente il tavolo. Mescola delusioni, schiaccia disinganni, accarezza frustrazioni, agglutina ricordi, piange inconsolabile e poi ricomincia… I consigli culinari sono ormai lontani: “Il successo di una ricetta dipende non solo dagli ingredienti, ma soprattutto dalle loro proporzioni e dalla preparazione; è lo chef che – con i suoi riti – dà il tocco inconfondibile che supera la condizione nutrizionale degli alimenti”.

Guillermina sente e impasta dolore. Inumidisce il tutto con le sue lacrime e lo condisce con un pizzico di delusione… Non solo trasmettiamo il risultato del nostro lavoro, ma anche tutto quello che sentiamo mentre siamo all’opera. Guillermina ritiene di aver lavorato sodo, ma nessuno apprezza il suo sforzo. Pur sentendosi angosciata, si è messa a cucinare, ma nota con grande delusione che nessuno vuole provare i suoi bignè.

È come se ci fosse un grande cartello immaginario che dice: «Venite a provare i deliziosi bignè fatti in casa (da sola) con ingredienti freschi e di prima qualità, preparati sotto pressione (senza rispettare i tempi) e impastati con furia appassionata. Venite a provare i deliziosi bignè della discordia! Venite! Ve li sto offrendo… Non vorrete mica che me li mangi io…».

*psicóloga e psicoterapeuta in Buenos Aires