La Tunisia apre alla piena Democrazia, di Fabio GHIA

La Tunisia apre alla piena Democrazia

di Fabio GHIA

TUNISI – L’anno 2011 ha segnato per il mondo intero un richiamo comune all’affermazione della democrazia e dei diritti fondamentali dell’uomo, proveniente dai paesi di cultura araba della sponda sud del Mediterraneo. Per la Tunisia, in particolare, il 2011 rappresenta qualcosa in più! La maturità dimostrata dal popolo intero e dalle Forze Armate, che dal 14 gennaio (fuga del deposto presidente Ben Ali) hanno garantito la sicurezza interna, unitamente al paziente lavoro degli Organismi istituzionali post “Rivoluzione della Dignità”, ha portato alle elezioni per un nuovo Parlamento Costituente lo scorso 23 ottobre, con risultati sorprendenti per singolarità. A fronte di 106 partiti presentatisi alle elezioni, Nahdha, partito islamista, è il partito di maggioranza relativa con il 40% di preferenze. A seguire il nuovo partito comunista CPR (14%), i socialisti di Ettakatol (10%) e i nazionalisti di Petition Populaire (9%), per finire con una miriade di rappresentanti di piccoli partiti (27%) al momento disuniti e senza guida. Ma la Tunisia è ben di là di ogni previsione.

Il nuovo Parlamento Costituente, insediatosi il 25 novembre, ieri ha proposto un Testo Unico temporaneo (una sorta di mini costituzione), la cui adozione apre la strada alla formazione di un nuovo esecutivo, con Presidente della Repubblica il signor Marzouki (CPR) e Hamadi Jebali (Segretario politico di Nahdha) Capo del Governo. Secondo il nuovo Orientamento, il Presidente della Repubblica avrà il compito di rappresentare il Paese e sarà responsabile della politica estera, d’intesa con il capo del Governo, mentre il Primo Ministro, Capo delle Forze Armate, proporrà i progetti di legge all’approvazione del Parlamento, rimanendo responsabile dei vari Dicasteri e della loro gestione. Nella sostanza, una vera rivoluzione rispetto all’attuale Costituzione che preclude a un’apertura verso una forma di democrazia parlamentare a forte connotazione di Premierato. Per contro, la principale preoccupazione del ceto medio tunisino riguarda l’effettivo radicamento delle convinzioni democratiche professate da Nahdha e dallo “zoccolo duro” dei Salafiti, in esso convogliati: il livello di tolleranza sociale e di rispetto per la cultura laica (dominante). Da notare, inoltre, che il problema più grande, valido per tutti i partiti di Governo, riguarda l’inconsistenza dei loro programmi in materia economica e di politica internazionale.

In particolare, il movimento islamista ha fatto perno sulle radici religiose e identitarie, proponendole come caratteristiche comuni dominanti a scapito di programmi ben strutturati sull’economia, sviluppo regionale, aperture agli investimenti esteri, giustizia sociale, rispetto e apertura alle altre scelte politiche.  Comunque, guardando questi ultimi mesi di debutto del processo democratico, le aperture rapidamente concretizzatesi sono dovute essenzialmente alla maturità e alla saggezza mostrate dal popolo tunisino. La chiave di lettura del successo di “Nahdha” è da attribuire proprio alle aperture avute verso le istanze delle differenti classi sociali, riuscendo a fondere le diverse esigenze con il sentimento popolare in un partito politico che ha elevato a proprio emblema “la colomba”, simbolo di pace e di convivenza pacifica.

La Tunisia degli ultimi decenni è cresciuta in un coacervo di culture, mescolando le diverse esigenze di costume e tradizione a causa delle due anime che emergono sempre più evidenti: l’Islam e il Mediterraneo, lo stato laico e le radici religiose, la nuova cultura laica dei giovani tunisini e il senso di appartenenza al mondo musulmano. Il motto di Ennahdha è “Tolleranza e rispetto per tutti”, ma nel frattempo i gruppi Salafiti da più di una settimana protestano nelle università al fine di legittimare il niqab (velo integrale) per le loro studentesse. Le contraddizioni esistono e sono numerose ed evidenti. Ma, il futuro politico della Tunisia, a prescindere dalle ombre esistenti, è già tracciato: una piena Democrazia, con ogni probabilità a connotazione Islamica. Una Democrazia che, sebbene dovrà presentarsi al contesto internazionale in modo evidente e farsi accettare per i nuovi valori della “civiltà” che vuole rappresentare, potrà sicuramente essere di esempio alle altre nascenti democrazie del nord Africa e del Medio Oriente.




Polonia. In Polonia nel 2012 privatizzazioni per un valore di 2,5 miliardi di euro

In Polonia nel 2012 privatizzazioni per un valore di 2,5 miliardi di euro

Tra i settori interessati: banche, assicurazioni, energia, miniere di zolfo, produzione di zucchero, allevamento di bestiame, agricoltura, trasporto pubblico e strutture termali

La Polonia è protagonista di una fase storica estremamente positiva caratterizzata da un forte sviluppo economico che fa prevedere una crescita del PIL nel 2012 del 4.0% e un’inflazione stimata del 2,8%. Per queste ragioni la Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia (CCIIP) ha stilato un programma per il 2012 di pannel tematici di discussione dedicati alle aziende italiane. Incontri che vedranno il coinvolgimento di aziende di settori diversi tra cui: il settore delle energie rinnovabili, i fondi strutturali nella programmazione 2013-2020 e un incontro con il Ministero dell’Industria per presentare necessità ed istanze da parte delle aziende italiane in Polonia.

Nell’ambito dei pannel tematici la CCIIP ha organizzato per il 14 dicembre 2011 un incontro dedicato alle aziende italiane con il Sottosegretario del Ministero del Tesoro della Repubblica di Polonia, Adam Leszkiewicz, tema dell’incontro: il programma di privatizzazioni previste dal Governo polacco per il 2012.

Durante questo incontro il Sottosegretario Leszkiewicz illustrerà alle aziende italiane presenti un rapporto dettagliato sui vantaggi derivanti dalle privatizzazioni, soprattutto indicando quanto siano importanti per lo sviluppo e il rafforzamento del mercato. Infatti, grazie anche agli investimenti esteri, la Borsa di Varsavia è in forte crescita rispetto a tutte quelle del centro-est Europa, ed è ormai a livello dei leader europei.

Il Governo polacco, per dimostrare l’importanza di proseguire nel programma di privatizzazioni, ha legiferato a favore dello snellimento burocratico e procedurale, favorendo maggiore trasparenza e chiarezza nei meccanismi e quindi semplificando tutto il processo di acquisizione di aziende statali. Il Ministero competente è quello del Tesoro, fondamentale pertanto sarà questo incontro, organizzato presso la sede del dicastero a Varsavia, che consentirà agli investitori di porre quesiti e comprendere al meglio tutte le procedure relative alle privatizzazioni in Polonia.

Ecco in anteprima la lista inviataci dal Ministero, in preparazione all’incontro, che elenca i settori interessati e le aziende coinvolte nella privatizzazioni 2012.
Istituzioni finanziarie in cui lo Stato vuole mantenere il controllo sulla governance ma comunque mettendo sul mercato importanti quote: PZU SA, una delle maggiori compagnie assicurative, e PKO BP SA, la maggiore banca polacca.
Nel settore dell’energia elettrica troviamo numerose società messe dal Governo sul mercato con l’intento di migliorare l’efficienza, ridurre i costi e quindi sviluppare un libero mercato energetico funzionale per lo sviluppo del Paese.

All’interno del piano “Politica Energetica in Polonia entro il 2030”, adottato dal Consiglio dei Ministri nel 2009 con intenzione di raggiungere una sicurezza energetica nazionale e determinare le basi per una politica energetica, troviamo il processo di privatizzazione della raffineria di petrolio LOTOS SA, iniziato nel 2010, che prevederà tra l’altro investimenti per decine di milioni di euro e piani di sviluppo a lungo termine.

Nel settore chimico il Ministero del Tesoro polacco ha intenzione di vendere quote della società Kopalnie Zakłady Chemiczne Siarki Siarkopol SA (Miniere ed impianti chimici di zolfo) sfruttando soprattutto il trend di crescita positivo che si registra da qualche mese, creando così interessanti opportunità per gli investitori.

Nel 2012 verrà completato il processo di privatizzazione della società Krajowa Spółka Cukrowa SA, l’Azienda Nazionale dello Zucchero. Sempre nel settore dell’alimentare e dell’agricoltura troviamo 12 entità: 4 società di allevamento e riproduzione di animali (chiamati Centri di Allevamento ed Inseminazione SHiUZ) e 8 aziende del mercato agricolo.

Infine tra gli altri settori interessati dalle privatizzazioni, seppur relativi ad aziende di minor entità, segnaliamo: compagnie di trasporto pubblico e strutture termali.

Le privatizzazioni nel 2012 porteranno nelle casse dello Stato polacco una cifra stimata attorno ai 2,5 miliardi di euro.

L’incontro organizzato dalla CCIIP e dal Ministero del Tesoro polacco è aperto a tutte le aziende italiane. Gli interessati possono contattare la segreteria della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia al +48.22.828.20.80 oppure sekretariat@cciip.pl




Polonia. La Compagnia Teatrale ”Esperiente” di Varsavia con il Patrocinio della Camera di Commercio e Industria Italo-Polacca – presenta in Prima Nazionale, in lingua italiana “Cecè” di Luigi Pirandello – Regia di Alberto Macchi

La Compagnia Teatrale ”Esperiente” di Varsavia

con il Patrocinio della Camera di Commercio e Industria Italo-Polacca – presenta in Prima Nazionale,  in lingua italiana

“Cecè” di Luigi Pirandello Regia di Alberto Macchi

al Teatro ”Ośrodka Kultury Ochoty” – via Grójecka 75 Varsavia – martedì 6 dicembre 2011 alle 20.30 (Bilety Zł. 40,00) e domenica 11 alle 19.00 (Bilety Zł. 10,00)

Biglietteria: tel. 22 822 48 70

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Grupa Teatralna “Esperiente” w Warszawie

pod patronatem Włosko-Polskiej Izby Handlowo-Przemysłowej – zaprasza  na krajową premierę w języku włoskim

“Cecè” Luigiego Pirandella Reżyseria Alberta Macchiego

W Teatrze ”Ośrodka Kultury Ochoty”

ul. Grójecka 75 w Warszawie – wtorek 6 grudnia 2011 o godz. 20.30 (Bilety Zł. 40,00) i w niedzielę 11 o godz. 19.00 (Bilety Zł. 10,00)

Kasa biletowa:  tel. 22 822 48 70


NOTA DI REGIA

“Cecè” in lingua italiana, commedia di Luigi Pirandello debutta in Polonia, in Prima Nazionale, con la Compagnia Teatrale “Esperiente” di Varsavia, per la regia di Alberto Macchi, al Teatro “Ośrodek Kultury Ochoty” di Varsavia, il 6 dicembre 2011. In Polonia, “Cecè” nella versione polacca, tradotto da Wanda Laskowska, è andato in onda alla Televisione e in scena in Teatro, tra il 1964 e il 1995. “Cecè” ovvero “Cesare” Vivoli, è un atto unico scritto nel 1913. La prima rappresentazione risale al 1915 e andò in scena a Roma al Teatro Orfeo, con la Compagnia del “Teatro a Sezioni” di Ignazio Mascalchi e Arturo Falconi. La commedia narra, in maniera insolitamente comica per lo stile delle opere di Pirandello, la vicenda d’un uomo dell’alta società che vive truffando la gente. L’azione si svolge a Roma.

Trama: Cecè imbroglia allegramente il Commendator Squatriglia, un appaltatore che vive di loschi traffici, il quale è venuto nella camera d’albergo dov’egli alloggia abitualmente, a ringraziarlo per un favore ottenuto in precedenza. Approfittando di quella circostanza, Cecè pensa subito di coinvolgere il Commendatore per risolvere una faccenda di tre cambiali ch’egli, tempo addietro, aveva rilasciato a Nada, per un servizio da lei ricevuto. Quindi fa incontrare Nada con Squatriglia perché, quest’ultimo, dietro un minimo compenso, recuperi le tre cambiali del totale di 6.000 lire. Finisce che l’imbroglione, con una serie di stratagemmi, …

NOTA OD REŻYSERA

Grupa teatralna “Esperiente” z Warszawy prezentuje po raz pierwszy w Polsce, spektakl “Cecè” w języku włoskim, komedię Luigiego Pirandella w reżyserii Alberta Macchiego, w teatrze Ośrodka Kultury “Ochota” w Warszawie, we 6 grudnia 2011. Powtórka spektaklu odbędzie się w niedzielę 11 grudnia o godz. 19.00. W Polsce “Cecè” w wersji polskiej, w przekładzie Wandy Laskowskiej, wystawiany był kilkakrotnie przez Teatr Telewizji, a także grywany na deskach innych teatrów pomiędzy 1964 a 1995 r. . “Cecè” czyli “Cesare” Vivoli, jest jednoaktówką z 1913 r. Jej premiera miała miejsce w 1915 r. na scenie rzymskiego Teatro Orfeo, w wykonaniu grupy “Teatro a Sezioni” (”Teatr na sekcje”) kierowanej przez Ignazia Mascalchiego i Artura Falconiego. Komedia opowiada w sposób niezwykle zabawny, charakterystyczny dla stylu dzieł Pirandella, o przygodzie, jaka przydarza się mężczyźnie obracającemu się wśród wyższych sfer, bawidamkowi, który utrzymuje się, oszukując innych. Akcja ma miejsce w Rzymie. Życzymy dobrej zabawy!

Treść: Cecè postanawia oszukać pana Squatriglię, przedsiębiorcę utrzymującego się z prowadzenia podejrzanych interesów, który odwiedza Cecè w pokoju hotelowym, by podziękować mu za przysługę, jaką otrzymał od niego w przeszłości. Korzystając z tej okoliczności, Cecè bez namysłu postanawia wplątać Squatriglię w interes dotyczący trzech weksli, które jakiś czas temu podarował Nadzie, kobiecie lekkich obyczajów, za świadczone przez nią usługi. Doprowadza do spotkania Nady ze Squatriglią po to, aby ten w zamian za ofertę 1.600 lirów odzyskał od niej weksle na sumę 6.000 lirów. Koniec końców, uciekając się do całej serii intryg, oszust nie tylko odzyskuje swoje weksle, ale przywłaszcza sobie również 1.600 lirów ofiarowanych Nadzie.

Stowarzyszenie – Associazione
“Italiani In Polonia”

Ul. Dąbrowskiego 82/c/9
02-571 Warszawa – Polska

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LA COMPAGNIA TEATRALE “ESPERIENTE DI VARSAVIA, fondata a Varsavia nel 2009 in seno all’Associazione “Italiani in Polonia”, dal drammaturgo e regista romano Alberto Macchi, è composta prevalentemente da italiani che parlano il polacco nonché da polacchi che parlano l’italiano, tutti residenti a Varsavia. Porta in giro i suoi spettacoli sia in Polonia che in Italia, promuove Letture Drammatizzate, Seminari, Corsi di Teatro, di Musica e Canto.

Per informazioni: M. +48.696.896.553 (in italiano) – M. +48.608063119 (in polacco)

teatro@italianiinpolonia.orgwww.italianiinpolonia.org

Il repertorio della Compagnia “Esperiente” a tutt’oggi è il seguente:

– “Sigismondo Felice Felinski”, Dramma di Alberto Macchi in italiano o in polacco, con 5 attori.

– “L’Uomo Caravaggio” Dramma di Alberto Macchi in italiano, con 12 attori.

– “Kolędy” Recital di Testi Natalizi polacchi e latini, con due voci recitanti e un Coro Polifonico.

– “Musiche dal mondo cantate dall’Italia”, Concerto con una soprano e un pianista.

– “Canzoni dall’Italia”, Concerto con un cantante e una voce recitante.

– “Cecè” Commedia di Luigi Pirandello in italiano, con 4 attori.

– “Volodja” Dramma dal “Flauto di Vertebre” di V. Majakowski, di A. Macchi, in italiano o in polacco, con 4 attori.

– “L’Ali d’Amore” Recital di Rime Anacreontiche di Irène Duclos Parenti, con Musiche, Canti e Testi del XVIII secolo con una soprano, un pianista e due voci recitanti in italiano o in polacco.

Alberto Macchi, nato a Roma nel 1941, drammaturgo e regista teatrale, nel corso della sua lunghissima carriera artistica ha scritto e pubblicato opere come “Shakiamuni”, “Caravaggio”, “Cristoforo Colombo”, “Cristina di Svezia”, “Majakovskij”, “Bona Sforza”, “Poniatowski”, “Stanisław Kostka”,  “Brat Albert”, ecc. ed ha messo in scena, oltre ai suoi testi, anche quelli di Pirandello, Kafka, Shakespeare, Ibsen, Wilde, Poe, Sofocle, Plauto, Goldoni, Molière, etc.

“Alberto Macchi, un artista conosciuto in Italia e all’estero, è affascinato dalla Polonia … . I protagonisti dei suoi drammi sono i Santi della Chiesa e importanti figure storiche, anche della storia polacca”. (Gość Niedzielny, 9/2004) – “Nato a Roma e rinato a Varsavia”. (Gazzetta Italia,  4/2009)

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GRUPA TEATRALNA “ESPERIENTE” Z WARSZAWY, założona w Warszawie w 2009 r. pod auspicjami Stowarzyszenia “Italiani in Polonia”, przez dramaturga i reżysera rzymskiego Alberta Macchiego, składa się głównie z Włochów władających językiem polskim a także Polaków mówiących po włosku, rezydujących w Warszawie. Wystawia swoje spektakle zarówno w Polsce, jak i we Włoszech, prowadzi lektury dramatyzowane, seminaria, kursy teatru, muzyki i śpiewu.

Informacje: M. +48.696.896.553 (po włosku) – M. +48.608063119  (po polsku)

teatro@italianiinpolonia.orgwww.italianiinpolonia.org

Repertuar Grupy Teatralnej “Esperiente” do chwili obecnej:

– “Zygmunt Szczęsny Feliński”, dramma Alberta Macchiego w języku włoskim lub polskim, z udziałem 5 aktorów.

– “L’Uomo Caravaggio”, dramma Alberta Macchiego w języku włoskim, z udziałem 12 aktorów.

– “Kolędy”, recital pieśni i tekstów bożonarodzeniowych, polskich i łacińskich, z udziałem dwóch lektorów i chóru.

– “Musiche dal mondo cantate dall’Italia”, koncert z udziałem sopranu i akompaniamentu fortepianowego.

– “Canzoni e Poesie dall’Italia”, koncert z udziałem śpiewaka i lektora.

– “Cecè”, komedia Luigiego Pirandella w języku włoskim, z udziałem 4 aktorów.

– “Majakowski”, dramma Alberta Macchiego w języku wloskim lub polskim z udziałem 4 aktorów.

– “L’Ali d’Amore”, recital anakreontyków autorstwa Irène Duclos Parenti, z muzyką, śpiewem i utworami z XVIII w., z udziałem sopranu, akompaniamentu fortepianowego i dwóch lektorów w języku włoskim lub polskim.

Alberto Macchi, urodzony w Rzymie w 1941 r., dramaturg i reżyser teatralny, w trakcie swej długiej kariery artystycznej napisał i opublikował utwory takie, jak: “Shakiamuni”, “Caravaggio”, “Cristoforo Colombo”, “Cristina di Svezia”, “Majakovskij”, “Bona Sforza”, “Poniatowski”, “Stanisław Kostka”,  “Brat Albert”, itd. Poza własnymi tekstami wystawiał na scenie sztuki Pirandella, Kafki, Shakespeare’a, Ibsena, Wilde’a, Sofoklesa, Plauta, Moliera, Goldoniego i innych. Artysta znany w Italii i poza jej granicami. Zafascynowany Polską …. Bohaterami jego dramatów są wybitni święci Kościoła oraz postacie historyczne, także z polskiej historii (Gość Niedzielny, 9/2004) – Po raz pierwszy urodzony w Rzymie, po raz drugi w Warszawie (Gazzetta Italia 4/2009)




Italia. Rai: Lettera aperta al Presidente del Consiglio Professor Mario Monti

lettera aperta
dei Giornalisti di Rai Internazionale al Presidente del Consiglio Mario Monti. Tutta la mia solidarietà per le conseguenze che le misure annunciate, se non dovessero rientrare come è invece fortemente augurabile, potrebbero determinare sull’informazione per gli italiani nel mondo.
Con viva cordialità
Goffredo Palmerini

Roma, 23 novembre 2011

Lettera aperta al Presidente del Consiglio

Professor Mario Monti

Siamo i  giornalisti di Rai Internazionale, canale multipiattaforma (televisivo, radiofonico ed  internet) di informazione e programmi finanziato anche con fondi erogati dal Dipartimento per l’Editoria della presidenza del Consiglio, in forza di una convenzione con la Rai.

Le scriviamo per metterLa al corrente della nostra situazione. Se fossero confermati i  tagli ai fondi per l’editoria, decisi dal precedente governo, si decreterebbe già a partire dal primo gennaio 2012 la chiusura di Rai Internazionale. Sono infatti tagli che si sommano a quelli degli anni precedenti riducendo drasticamente le già scarse risorse a disposizione della nostra struttura che è l’unica di puro sevizio pubblico.

In un periodo di così grave crisi siamo tutti obbligati ai sacrifici e noi certamente non vogliamo tirarci indietro. Ma Rai Internazionale, anche nell’era dei nuovi mezzi di comunicazione, costituisce il filo diretto che ogni giorno lega milioni di nostri connazionali all’Italia, uno strumento indispensabile per la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo. Spezzare questo legame,  in una ricorrenza simbolica come il centocinquantesimo anno dell’Unità d’Italia, si tradurrebbe anche in un grave danno economico oltre che di immagine poiché gli italiani all’estero sono considerati i migliori ambasciatori del “made in Italy”.

I nostri connazionali ci scrivono preoccupatissimi per le sorti economiche del nostro Paese ed hanno lanciato, proprio attraverso Rai Internazionale,  l’idea di mettersi in rete per comprare direttamente i titoli del debito pubblico italiano e contribuire così alla salvezza del Paese. Al di là di ogni retorica, gli italiani nel mondo si dimostrano ancora una volta un esempio di amor patrio che è un sentimento ed un impegno al quale costantemente ci esorta  il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Abbiamo sentito il dovere di scriverLe perché in occasione del Suo discorso programmatico alla Camera ha voluto sottolineare la Sua attenzione ai temi relativi agli italiani all’estero. Fin dal suo esordio Rai Internazionale non ha potuto disporre né delle risorse, né degli strumenti adeguati a competere con i canali esteri delle grandi reti televisive mondiali e questo ne ha costituito il suo limite principale. Negli anni passati ci siamo battuti dentro e fuori la nostra azienda affinché la Rai, e quindi l’Italia, si presentasse nel mondo con un canale radiotelevisivo più adeguato alle sfide che la globalizzazione impone. Di fronte alle nostre richieste siamo sempre stati rinviati al piano industriale. Piano che tutti i dipendenti Rai aspettano di conoscere da lungo tempo. Siamo fiduciosi che l’Italia e con essa la Rai sapranno dotarsi degli strumenti necessari per superare le gravi difficoltà che stiamo vivendo. Noi faremo la nostra parte, impegnandoci per la sopravvivenza di Rai Internazionale. Intanto possiamo registrare con soddisfazione che negli ultimi anni gli sforzi di Rai Internazionale hanno fatto registrare un crescente apprezzamento da parte del pubblico.

Confidiamo che i prospettati tagli ai fondi per Rai Internazionale vengano ripensati.

Con i migliori auguri di buon lavoro.

La redazione di Rai Internazionale.

Roma, 23 novembre 2011

Inviato dal Comitato di Redazione di Rai Internazionale

Per eventuali contatti:

Antonio Gnoni,  tel 3931596034

PAGINE INVIATE: 2 (inclusa la presente)




“Italia 150 anni di Italiani nel Mondo”. Convegno nella città che vide il conio della prima moneta con la scritta “Italia”.

“Italia 150 anni di Italiani nel Mondo”. Convegno nella città che vide il conio della prima moneta con la scritta “Italia”.

Ospiti da varie regioni e dall’estero per il convegno che si terrà domenica 20 novembre a Bojano, inserito sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, organizzato dalla Provincia di Campobasso e dalla Fidapa. Vengono da Stati Uniti, Lombardia, Calabria, Lazio, accolti a  Bojano dal governatore del Molise. Per la prima volta Provincia e Fidapa assieme per celebrare Unità ed Emigrazione. L’evento inserito nel programma nazionale dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

“Occasione di approfondimento di alcuni aspetti della locale storia risorgimentale, con particolare attenzione ai risvolti nell’emigrazione, nonché di riflessione sul consolidamento del sentimento di appartenenza al proprio Paese”. Con queste parole l’Unità Tecnica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha concesso il logo dei 150 anni dell’Unità d’Italia al convegno “Italia 150 anni di Italiani nel Mondo”, che si terrà a Bojano, Palazzo Colagrosso, sede del Consiglio Comunale cittadino, domenica 20 novembre alle 17.30. L’evento, inserito nel programma ufficiale delle celebrazioni nazionali per i 150 anni dell’Unità sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato organizzato dalla Fidapa, Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari, International Federation of Business and Professional Women di  Bojano, in collaborazione con la Provincia di Campobasso. E’ la prima volta che si registra un connubio così importante tra l’istituzione provinciale e il sodalizio che festeggia i 25 anni di vita a Bojano, e 80 anni dalla fondazione negli Stati Uniti, per opera di Lena Madesin Philips, definita come una delle più influenti organizzazioni mondiali che unisce le donne in ogni angolo del pianeta, ne valorizza e sponsorizza le professionalità, veicola l’arte, la storia, la cultura, la tutela del patrimonio paesaggistico, ambientale e urbano.  “Le donne – le dichiarazioni della Presidente Fidapa, Mina Cappussi –  hanno una bella storia da raccontare in termini di impegno e di manifestazioni di successo, e intendono farlo con un programma che sottolinei i 150 anni dell’Unità d’Italia. In questa visione si inserisce l’appuntamento di domenica, per rimarcare l’unificazione del Paese nei suoi risvolti locali, per ricordare quanti hanno lavorato alacremente per riunire, sotto il Tricolore, dialetti,  culture, popoli, tradizioni. Non posso che riscontrare questo filo diretto con l’istituzione provinciale, grazie alla disponibilità del presidente De Matteis e alla lungimiranza dell’assessore Colaci”. Ricordiamo che a Bojano, seconda capitale della Lega Italica, venne forgiata la prima moneta con la scritta “Italia”. Il convegno si avvale del contributo di relatori illustri, aperto dall’assessore alla Cultura del Comune di Bojano, Giancarlo Marra. Dopo l’esecuzione dell’Inno di Mameli, i saluti istituzionali della Presidente Fidapa, Mina Cappussi, del Presidente della Provincia di Campobasso, Rosario De Matteis, dell’Assessore alle Pari Opportunità della Provincia, Rita Colaci, di Francesco Nicotra, Vice President NIAF Italia – National Italian American Foundation, per chiudere con l’atteso saluto del governatore del Molise, Michele Iorio. Interverranno: Daniele Marconcini, Presidente Mantovani nel Mondo, Governatore Chapter Italia Filitalia, che  verrà appositamente da Mantova, un giorno intero di viaggio in treno, per portare la propria esperienza sul campo, proprio quando un lutto ha colpito il Presidente dei Filitalia International di Philadelphia, il dr. Pasquale Nestico. Marconcini parlerà del Portale dei Mantovani nel Mondo in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, raccontando di come tutto cominciò con un giornalista del Tg2. Della Terra di Calabria, dalla Magna Grecia ai nostri giorni: patrioti ed emigranti, parlerà Pino Parise, Presidente Calabria Mondo Washington (Usa). Gabriele Venditti, Direttore Biblioteca “Michele Romano” Isernia, relazionerà su “1860 l’autunno caldo del Molise”per introdurre i fatti che anticiparono l’unificazione della nazione. Stefania Schipani dell’Istat di Roma, già redattrice dei lemmi della Treccani, porterà il punto di vista dell’economista per il tema: Unità d’Italia ed Emigrazione. Modera Gianni Lattanzio, Associazione Dialoghi – Camera Deputati. Gli interventi saranno intramezzati da brani musicali che hanno rappresentato l’Italia negli ultimi 150 anni di Storia. Un excursus emozionale attraverso le canzoni che hanno fatto epoca, interpretate dal Trio Melody, composto dai giovanissimi Martina Chiovitti, Salvatore Manna e Valeria Romano. Il progetto grafico è di WiP Work in Progress di Eliana Cappussi.

FIDAPA PBW

Federation of Business and Professional Women




A MARACAIBO, LA TERZA SETTIMANA ABRUZZESE IN VENEZUELA Una settimana da raccontare, densa di significati, emozioni, positivitá

A MARACAIBO, LA TERZA SETTIMANA ABRUZZESE IN VENEZUELA

Una settimana da raccontare, densa di significati, emozioni, positivitá


MARACAIBO – Era stata programmata una serie di eventi capaci di scrivere un’altra pagina ricca nella storia dell’Associazionismo, ma la Terza Edizione della “SETTIMANA ABRUZZESE” di Maracaibo, organizzata dalla Federazione delle Associazioni Abruzzesi in Venezuela ha superato ogni aspettativa, marcando il successo di ogni evento nell’evento, destando l’interesse di giovani e adulti, abruzzesi e non. Per l’occasione sono giunti i membri dell’esecutivo del CRAM, il presidente della Commissione per l’Agricoltura del Consiglio Regionale d’Abruzzo, Antonio Prospero e il vicepresidente della Commissione per l’Industria e il Turismo, Franco Caramanico, assieme ai funzionari dell’Ufficio Emigrazione, il dirigente Giorgio Chiarini, il Capo dell’Ufficio Giuseppe Leuzzi e il funzionario Amedeo Di Nicola, i quali in un incontro con i rappresentanti del Governo dello Stato Zulia hanno ribadito l’impegno del Presidente del Consiglio Regionale a firmare nei prossimi mesi la ‘lettera di intenti’ di mutua cooperazione nei vari settori giá stabiliti in una bozza di programma stilato negli ultimi mesi. Il Governo regionale dello Zulia, su richiesta del giovane componente del Venezuela e America Latina nell’esecutivo del CRAM, Johnny Margiotta, e il segretario della Federazione Abruzzese, Norman Amati, ha messo a disposizione i direttori di ogni settore per avviare una serie di progetti in tema di sanitá, educazione, viabilitá, ambiente, sicurezza, interscambi economici, culturali e sportivi, turismo, ecc.

Simpatico il gesto di cordialitá da parte del Governo nell’intitolare l’incontro di baseball Aguilas del Zulia-Tigres de Aragua di mercoledí 2 novembre, “Coppa de Italia”, in cui il Consigliere Prospero é stato invitato a lanciare la palla d’inizio difronte alle telecamere, mentre nel centro dello stadio il Gruppo di Danze Folkloriche della Casa d’Italia si esibiva in balli abruzzesi. In serata, i Consiglieri e i presidenti delle Associazioni Abruzzesi giunti da altre regioni erano invitati ad una cena nella dimora del Console di Maracaibo Dott. Fernando Curatolo.

Giovedí mattina, i Consiglieri ed alcuni presidenti delle Associazioni sono stati portati in tour nel Lago di Maracaibo, attraversando la Laguna di Sinamaica, molto apprezzata per le bellezze naturali, e visitando la piccola Isola di Toas, allo sbocco del Lago nel Golfo, dove sono stati ricevuti con i dovuti onori dal Sindaco. In un ambiente agreste e di grande semplicitá, gli ospiti hanno potuto gustare un lauto pranzo tipico della zona. In serata, nella Casa d’Italia, hanno poi condiviso con i corregionali una buona porchetta e arrosticini, alla quale hanno assistito anche Amedeo Di Ludovico e Franco De Antoniis, responsabili della Fondazione Abruzzo Solidale, di Caracas.

Venerdí 4 e sabato 5, grande successo per il 1º Congresso latino-americano dei giovani abruzzesi e Italo venezuelani, gratuito a tutti, con una folta partecipazione di giovani, piú di ottanta, giunti da ogni parte del Venezuela e dal Brasile, Argentina, Cile e Uruguay, tutto a carico della Federazione. Con il patrocinio della Regione Abruzzo, promosso dalla Federazione Abruzzese in collaborazione con l’AGIV, Associazione Giovani Italo-Venezuelani, ed organizzato dal suo presidente Johnny Margiotta, sono stati scelti esponenti che hanno destato l’interesse dei partecipanti da principio a fine, ottenendo i complimenti dei membri del CRAM.

Il Governo dello Stato Zulia ha messo a disposizione di tutti un City Tour nei Tramvai d’epoca. Nella due giorni i giovani hanno potuto raccontare anche le loro esperienze nel campo dell’associazionismo ed é stato riconosciuto in particolare dagli argentini che in Venezuela, pur essendo in minor numero, i giovani sono molto piú partecipativi. Non sono mancati momenti di allegria e spensieratezza. Un bellissimo e significativo concerto, venerdí 4 novembre, si é svolto nel Salone da Vinci della Casa d’Italia. Il Coro Vincenzo Bellini ha interpretato per la prima volta un potpourrí di canzoni dialettali in onore degli ospiti abruzzesi molto apprezzato per le sue sonoritá. In seguito, celebrando la Festa delle Forze Armate e il 150°   dell’Unitá d’Italia, sono stati interpretati, sempre per la prima volta, alcuni canti patriottici che hanno commosso il folto pubblico. I brani sono stati accuratamente scelti da Germana Pieri. Infine, l’Orchestra Sinfonica di Maracaibo diretta dal M° David Rahn ha eseguito una Rapsodía Latino Americana in onore del Bicentenario dell’Indipendenza di alcuni paesi dell’America latina compreso il Venezuela. In chiusura, standing ovation per i coristi e musicisti, dimostrando vivo compiacimento per un concerto di grande spessore e qualitá.

Sabato sera, infine, l’elezione di Miss Abruzzo in Venezuela, con le giovani rappresentanti delle dieci Associazioni Abruzzesi. 400 persone hanno applaudito le ragazze, tutte studentesse, impegnate in un opening mozzafiato assieme al gruppo professionale del ballerino TV Roberto Morales, e nelle sfilate in costume da bagno e da sera.

Tra una sfilata e l’altra, si sono susseguite le esibizioni del gruppo folklorico della Casa dItalia, che ha danzato su musiche abruzzesi; il gruppo di tamburi africani Inyaha, a ricordare le radici venezuelane; il Gruppo di Danze Tipiche Maracaibo della Segreteria di Cultura della Governazione del Zulia, che con abiti sfarzosi e gran bravura ha incantato tutti i presenti; ed infine il cantante tipico Alexander, accompagnato da 8 strumentisti con arpe, chitarre e maracas, che ha intrattenuto e divertito il pubblico improvvisando sonetti in uno show straordinario.

Non é mancato, a sorpresa, un sonetto anche per il presidente della Federazione, Giovanni Margiotta, augurandogli di andare avanti con forza nel suo operato, chiedendo al pubblico di applaudirlo per gli sforzi e l’impegno con cui si dedica alla diffusione della cultura abruzzese ed all’unione dei corregionali in Venezuela; un dono inaspettato del Vicepresidente della Federazione, Aldino Rasetta. Margiotta, visibilmente commosso ha ricevuto gli applausi e gli abbracci di tutti i delegati delle Associazioni Abruzzesi convenuti alla Settimana Abruzzese. Momenti di emozione durante il momento istituzionale, con la consegna dalle mani della rappresentante CRAM, Gabriella Marcacci, di una targa di riconoscimento al dr. Giuseppe Leuzzi, da 25 anni al servizio delle Associazioni Abruzzesi di tutto il mondo, capo dell’Ufficio Emigrazione della Regione Abruzzo, giunto alle soglie della pensione. “Mi avete fatto il miglior regalo in un momento molto importante per la mia vita” ha detto il funzionario. Mentre il dr. Chiarini ha consegnato a Giovanni Margiotta una medaglia d’argento a nome del Presidente del Consiglio Regionale d’Abruzzo, dr. Nazario Pagano, per il suo impegno nel portare in alto il buon nome della terra d’origine e soprattutto per promuovere il coinvolgimento dei giovani.

Il Segretario della Federazione, Norman Amati, ha poi parlato delle intenzioni di cooperazione tra le Regioni del Zulia e dell’Abruzzo, mentre il rappresentante del CRAM Johnny Margiotta ha ricordato la commovente cerimonia di inaugurazione del Centro SMILE all’Ospedale San Salvatore dell’Aquila, ristrutturato grazie alle donazioni raccolte dalla Federazione Abruzzese in Venezuela. Si é giunti cosí all’elezione di Miss Abruzzo in Venezuela 2011, affidata ad una Giuria di tutto rispetto, rappresentante del mondo della moda, fotografia e spettacolo, risultando vincitrice la bella Anggye De Clemente, originaria di Avezzano.

Alla terza SETTIMANA ABRUZZESE hanno partecipato, oltre alle autoritá locali, il Console d’Italia in Maracaibo, dr. Fernando Curatolo, e i Presidenti: della Casa d’Italia di Maracaibo, Francesco Lombardi;  del Centro Italo-Venezuelano di San Cristobal, Aldino Rasetta; della Casa d’Italia di Guanare, Mauro Di Vincenzo; del Centro Italo-Venezuelano di Caracas, Mario Chiavaroli. Il dr. Chiavaroli, in particolare, si é complimentato vivamente con l’organizzazione, invitando la Federazione a ripetere il prossimo anno la IV SETTIMANA ABRUZZESE a Caracas. La serata si é conclusa con una cena in cui non potevano mancare specialità gastronomiche abruzzesi e il buon Montepulciano d’Abruzzo.

Germana Pieri – L’Italo, Maracaibo




New York. Intervista al presidente emerito dell’Ordine dei giornalisti e scrittore Lorenzo Del Boca

Intervista al presidente emerito dell’Ordine dei giornalisti e scrittore Lorenzo Del Boca che il 10 novembre ha partecipato a New York, insieme al collega Pino Aprile, al simposio “Terroni e Polentoni” organizzato da ILICA. L’intervista è stata rilasciata il 3 novembre scorso a Letizia Airos, direttore e editor del network  www.i-Italy.org. (G.P.)

Ai Polentoni non è andata meglio che ai Terroni

LETIZIA AIROS *

NEW YORK (November 3, 2011)

La sua non è una risposta a Pino Aprile, autore del controverso libro Terroni, e non è un manifesto “nordista” contro il sud. Ci tiene a dirlo subito.

Senza rivendicare inutili paternità, ho scritto “Maledetti Savoia” nel 1996 e “Indietro Savoia” nel 1999. Una dozzina di anni prima di Pino Aprile che, del resto, mi cita abbondantemente come riferimento bibliografico.”

Precisa Del Boca, autore di Polentoni, il libro che spesso viene affiancato ad un altro caso editoriale “Terroni’ di Pino Aprile. Entrambi verranno presentati, discussi dagli autori in un evento organizzato da Ilica. Il dibattito verrà moderato dal Prof. Anthony J. Tamburri, dean del Calandra Institute. Gli chiedo di anticiparci qualcosa, di riassumere in poche parole il suo lavoro con “Polentoni”.

“Ho documentato come il Sud sia stato spogliato, derubato e massacrato. Sotto il fiume Tronto (che indicava il confine settentrionale del regno delle Due Sicilie) si sono presentati 60 battaglioni di bersaglieri che hanno trattato quelle popolazioni come gente da conquistare. La libertà da portare era lo schermo ideologico per rendere l’aggressione spendibile agli occhi dell’Europa. Dissero che i fratelli liberatori avevano aiutato i fratelli da liberare. In realtà, la libertà la portarono sulla punta

delle baionette e, alla fine, “liberarono” gente che non voleva essere liberata. Fu una pagina infame ma il Nord da questo massacro e da questa spogliazione non ci ha guadagnato. Almeno il popolo del Nord.”

E perché secondo te il Nord avrebbe avuto la peggio?

I contadini della pianura padana si trovarono i campi devastati da eserciti che si rincorrevano. Ora attaccavano gli austriaci ora gli austriaci si ritiravano davanti ai piemontesi. Il “sogno” del Savoia cominciato nel 1848 terminò (al nord) nel 1866 dopo tre guerre di indipendenza e una quantità sterminata di battaglie. Quanti contadini sono morti di fame perché i raccolti al momento di essere portati in tavola venivano distrutti. I veneziani e i veneti combatterono con gli austriaci. Furono loro i marinai che sconfissero gli italiani di Persano a Lissa ma, il giorno dopo, scoprirono che facevano parte di un altro stato. Pagavano 11 lire l’anno al governo di Vienna che era efficiente per definizione e si trovarono a pagarne 32 a Torino senza che le opere pubbliche venissero realizzate.

Cifre alla mano dimostri che le risorse nazionali sono state usate a senso unico. Ci

anticipi qualcosa?

Da allora vennero realizzati una quantità di “piani” per fare decollare l’economia del paese, soprattutto al Sud che era diventato “la questione meridionale”. Soldi ne spesero una quantità di realizzazioni poco o nulla. Pagarono gli industriali per trapiantare al Sud fabbriche che non funzionarono. Non producevano posti di lavoro ma stipendi. L’Alfa Sud, le acciaierie di Taranto, le aziende di Pomigliano d’Arco, Termini Imerese e i vari interventi della “Cassa del Mezzogiorno” si sono rivelate un fallimento. Un costoso fallimento.

E sostieni che abbia prodotto subito una grande delusione…

Sì, l’Unità d’Italia, come era stata fatta, non piaceva più a nessuno, nemmeno a quelli che l’avevano fatta. Giuseppe Garibaldi, nel 1867, da Caprera, scrisse. “non rimpiango niente ma non posso riprendere la via del Mezzogiorno per timore che mi prendano a sassate a causa dei dolori che ho cagionato laggiù”. Gli stessi garibaldini che evidentemente al Risorgimento credevano si trovarono delusi. Alcuni – pochi – fecero buon viso a cattivo gioco e si infagottarono nel nuovo stato indossando divise da ufficiali superiori o accaparrandosi un posto in parlamento. Ma gli altri – la maggior parte – fecero una brutta fine: emarginati, disgustati, impazziti, suicidi. Il più clamoroso Giovanni Cerutti, di Pavia, si alzò di mattina che ancora non faceva giorno, baciò la moglie e la figlia che stavano ancora a letto, si coprì la testa con un asciugamano. Poi appoggiò un chiodo sulla fronte e se lo piantò nel cranio con una martellata. Aveva appena scritto una riga sul foglio di carta. “Non è questa l’Italia per la quale ho rischiato la vita. Un punto esclamativo a sghimbescio appena coperto da una macchiolina di sangue.” Il simposio dell’11 novembre si prospetta dunque un’occasione utile per riflettere sul 150° anniversario dell’Unità d’Italia e su quella storia che secondo alcuni andrebbe riscritta.

http://www.i-italy.org/18583/ai-polentoni-non-andata-meglio-che-ai-terroni

*editor www.i-Italy.org

letizia.airos@gmail.com




New York. Storia: Quelle menzogne per l’ Unità d’Italia LETIZIA AIROS *

Quelle menzogne per l’ Unità d’Italia

LETIZIA AIROS *

NEW YORK (November 4, 2011) – Intervista al giornalista Pino Aprile, autore del fortunato quanto discusso caso editoriale ‘Terroni’ sul conflitto tra Nord e Sud e l’Unità d’Italia. L’immagine di copertina del libro ne comunica efficacemente il contenuto: un’Italia meridionale rovesciata con la Sicilia sopra. Lo scrittore ci anticipa i temi che verranno affrontati nel prossimo dibattito a New York che lo vedrà parlare insieme a Lorenzo Del Boca (autore di un altro libro controverso “Polentoni”) con la moderazione del Prof. Anthony J. Tamburri

Com’è nata l’idea di scrivere Terroni “Tutto quello che è stato fatto perche gli Italiani del Sud diventassero meridionali? Quanto studio c’è dietro?

Avevo sempre creduto ai libri di storia. Ma qualcosa non quadrava: perché, se i meridionali erano poveri, arretrati e oppressi, quando li hanno liberati, modernizzati e arricchiti, invece di essere contenti, si sono opposti per anni, armi in mano? Davvero tutti quei briganti, al Sud? E perché, quando la risposta delle armi è risultata perdente, piuttosto che godersi il “paradiso di importazione”, se ne sono andati a milioni, mentre prima non emigrava nessuno? Più trovavo risposte, più crescevano le domande. Ho cominciato a scrivere, ma senza ancora l’idea di ricavarne un libro (avrebbe dovuto essere il mio primo, è venuto fuori ottavo): dopo trent’anni, duranti i quali, fortunatamente, ho anche fatto altro…, è nato “Terroni”.
La storia del Risorgimento va riscritta secondo te. Stiamo vivendo su delle menzogne quindi…. Puoi anticiparci qualcosa…

Ogni popolo, ogni Stato, ogni grande impresa ha bisogno di miti fondanti, sintesi fiabesche e un po’

bugiarde, ma facilmente trasmissibili: che ne dite di Guglielmo Tell, del Cid Campeador, di Rolando, paladino di Francia? Teniamoci pure Garibaldi e la favola di mille idealisti che sconfiggono, da soli, un regno di nove milioni di persone, un esercito di oltre centomila uomini; poi raccontiamoci come sono andate davvero le cose: una congiuntura storica di entusiasmi e interessi che offre al Piemonte l’opportunità di allargarsi oltremisura, in nome dell’Unità d’Italia, e mettere le mani nelle casse dei vari Stati preunitari, via via annessi. L’Italia andava fatta; anche gli Stati Uniti, il Giappone, si unificavano, negli stessi anni, con guerre e stragi; ma dopo, eroi e ragioni delle parti opposte sono approdate con pari dignità nei libri di storia e nella memoria della nazione. In Italia, il Sud continua a essere diffamato, prima per giustificare l’invasione, oggi la discriminazione: meno soldi, meno strade, meno ferrovie, meno aeroporti, meno opportunità, meno potere, meno rispetto.

Il tuo libro provoca subito una forte reazione emotiva. Da una parte o dall’altra. Immagino che però il tuo intento sia quello di portare chi ti legge a riflettere. Hai qualche consiglio di metodo?

Finito il libro, mi sono chiesto come mai opere ben più valide, di giganti come Salvemini, Dorso e tanti altri, non avessero prodotto i risultati che, non solo secondo me, meritavano. Mi sono detto che forse erano troppo attenti a esporre con la distanza del professore (e sì che alcuni, vedi Salvemini, erano dotati di grande ironia e humor). Così, ho deciso di raccontare anche i miei sentimenti, la dolorosa meraviglia, la rabbia, il senso dell’essere stati traditi. E mi sono accorto che reagivo come un lettore del mio libro. Questo mi ha reso uno di loro.

Terroni, ha riscosso un gran successo di vendite e ha suscitato un forte dibattito in

Italia. Ora è tradotto anche in inglese. Che cosa ti aspetti dal lettore americano, italoamericano? Hai già dei feedback?

Lo racconto con un episodio: lessi una recensione al mio libro, da parte di un italo americano (appresi dopo che lavora alla Nato, a Bagnoli). Era un testo molto ragionato e ben scritto, al di là delle lusinghiere cose che diceva di “Terroni”. Scrissi all’autore per ringraziarlo. Lui mi rispose che era lui a dirmi grazie, per aver finalmente capito perché, pur chiamandosi Quattrone, lui, come suo padre, è nato a New York, e in Italia è un extracomunitario.

Non credi che l’orgoglio meridionalista rischi di creare un’anti lega del Nord, insomma una nuova lega del Sud?

Assolutamente no. La Lega è un partito razzista (ma non significa che lo sono tutti quelli che la votano, in buona fede); e si è inventata una identità e una patria, la Padania, mai esistita, per continuare a pretendere privilegi per una parte del Paese, a danno della parte più svantaggiata. Il Sud chiede equità, pari trattamento e questo vale per qualsiasi area del Paese cui non si offrano le stesse possibilità di viaggiare, studiare, curarsi, trasformare in opportunità di sviluppo le proprie doti.

Attualizziamo il tuo discorso storico. Quanto è importante il messaggio del tuo libro per i giovani?

Sapere come è nato davvero il nostro Paese è il primo passo per distruggere i pregiudizi che lo dividono. La verità unisce. I giovani di oggi, paradossalmente, conoscono meglio il resto del mondo (grandi possibilità di comunicazione, internet, social network, viaggi facili a poco prezzo, un’Europa senza frontiere e con una moneta unita), che il proprio Paese, del quale credono di sapere già tutto quel che serve. Guardando al proprio Paese con la meraviglia del forestiero, lo riscoprono: il recupero della memoria tradita rende curiosi.

Oggi la distanza nord-sud è sempre più acutizzata dalla crisi economica. Chiaramente non riguarda solo il nostro Paese. Cosa ha di specifico secondo te l’esperienza italiana?

Qualunque sia il periodo della storia umana che si voglia considerare, l’Italia vi è presente, al massimo livello, dalla preistoria alla storia (etruschi, greci, fenici, romani, rimescolamento di genti con le invasioni barbariche, Rinascimento… e ancora oggi, il nostro è uno dei primi dieci Paesi al mondo). Per rendere meglio l’idea: la Mesopotamia fu grande, poi non fu; l’Egitto fu grandissimo, poi non più; la Grecia fu immensa, poi scomparve… L’Italia c’è sempre. Con il Risorgimento, l’Italia ricorse alla creazione di una colonia interna, il Sud, per avviare il suo sviluppo industriale al Nord e inseguire i Paesi europei già molto avanti su quella strada (Gran Bretagna, Francia). Sino a raggiungerli. Ma quella divisione, Nord-Sud, è rimasta e viene ancora usata, allo stesso scopo. In questo, il nostro Paese è rappresentazione e sintesi del mondo. Ex colonie o Paesi sottomessi con le armi o l’economia si sono affrancati e hanno preso slancio (Cina, India, Brasile, Polonia), recuperando la consapevolezza del loro diritto a stare alla pari con gli altri attori nel mondo. Riappropriarsi della propria storia può portare allo stesso risultato, in Italia. Dico Italia, non Sud.

Nella presentazione al Calandra Institute, dove hai avuto un grande successo di pubblico, tra le tante cose hai detto: “L´Italia è nata nel sangue. Anche gli Usa sono nati nel sangue. Tutti i paesi nascono nel sangue. Anche noi, ognuno di noi é nato nel sangue, quello di nostra madre. Ma poi ci hanno pulito, allattato, coccolato, cresciuti… siamo diventati parte della famiglia. Ma il Sud é nato nel sangue e non é mai diventato della famiglia”. Forse si può partire proprio da questo confronto per capire…. Perché è così diverso il percorso storico italiano rispetto a quello americano?

Non credo di essere in grado di spiegarlo. Ma non si può non notare che gli Stati Uniti sono nati dall’incontro (e dallo scontro) di scampoli di popoli e culture, in tempi brevissimi e cominciando, in un certo senso, da zero; in Italia, ha pesato l’opera di millenni e di molte idee. E quando le idee, le vie possibili sono troppe, solo una grandissima, condivisa intelligenza può ordinarle in un disegno unico; o una spaventosa violenza, che poi va giustificata, incolpando il vinto. Io credo che l’Italia non abbia avuto tutta l’intelligenza necessaria, nel momento giusto. Accorgendosene, si può rimediare: il 14 agosto scorso, anniversario della strage di Pontelandolfo e Casalduni (mille bersaglieri con diritto di stupro e di saccheggio cancellarono due paesi di 5000 e 3000 abitanti, per rappresaglia), con un suo messaggio, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiedeva perdono del massacro, a nome del Paese. Un passo importante, il più difficile, per cominciare mille miglia.

*editor www.i-Italy.org

letizia.airos@gmail.com




Como. In uscita il terzo romanzo dei gemelli Fabrizio e Nicola Valsecchi, autori del libro “Giorni di neve, giorni di sole”.

Egregio Direttore,
siamo i gemelli Fabrizio e Nicola Valsecchi, autori del libro “Giorni di neve, giorni di sole”.

Il nostro terzo romanzo narra una vicenda realmente accaduta: la storia di Alfonso Dell’Orto, che in pieno regime fascista, nel 1935, con la madre e la sorella, parte per l’Argentina dove suo padre Augusto era emigrato per motivi politici e lavorativi. Sullo sfondo l’Italia del duce, in cui la libertà era negata e c’era una tessera per tutto, anche per pensare. Quel paese lontano appare loro come la terra del sole e della speranza, così come per moltissimi nostri connazionali. In Argentina, tra sforzi, rinunce e sacrifici, Alfonso riesce a costruirsi un futuro e una posizione, sposa una connazionale e forma una famiglia con quattro figli. Purtroppo altre dittature si frappongono sul suo cammino. E’ il 1976 quando il regime militare dei generali e di Jorge Rafael Videla apre il periodo dell’obediencia debida e del terrorismo di stato, che ha provocato 30.000 desaparecidos, vittime su cui è sceso il silenzio complice di molti stati e anche della chiesa. La figlia
maggiore di Alfonso, Patricia (21 anni), è tra i primi desaparecidos insieme al marito Ambrosio (23) con cui svolgeva un lavoro sociale tra i poveri del barrio. Lasciano sola al mondo una bimba di 25 giorni, Mariana, a cui Alfonso in età ormai matura fa da padre. Non erano militanti attivi.
Dell’Orto vive la sua tragedia senza mai perdere la speranza di ritrovare la figlia. Quando vengono riaperti i processi nel 1999, ecco la triste verità della morte di Patricia, grazie alla deposizione del testimone oculare Julio Lopez, desaparecido per la seconda volta il 18 settembre 2006 dopo aver fatto i nomi dei colpevoli.
Alfonso trova il modo per fare rivivere la memoria della figlia, riabbracciando dopo 70 anni il proprio paese natale, lasciando un quadro di Patricia ( la sola a non aver conosciuto Piazza Santo Stefano, frazione di Cernobbio), nella Cooperativa Sociale del paese costruita anche da suo nonno Giovanni, per legare idealmente i principi di libertà, verità, giustizia e democrazia in cui i suoi cari credevano.
Il libro vanta la prefazione di Adolfo Perez Esquivel, Premio Nobel per la Pace 1980 “per la sua attività a favore dei poveri e dei non violenti” e la postfazione di Gianni Tognoni, Segretario Generale del Tribunale Permanente dei Popoli.

Ringraziando per l’attenzione porgiamo cordiali saluti, in attesa di un riscontro.
Fabrizio e Nicola Valsecchi

P.S.: alleghiamo recensione di Scanner Firenze http://www.scanner.it/libri/giornidineve-sole4676.php




Italia/USA: “Palmerini, il messaggero” – di Laura Benedetti (prefazione al volume “L’Altra Italia” di Goffredo Palmerini, One Group Edizioni)

E’ in corso di stampa – sarà nelle librerie nella seconda metà di novembre – il volume “L’altra Italia” di Goffredo Palmerini, One Group Edizioni. E’ una selezione di scritti e articoli (Gennaio 2010 – Luglio 2011) pubblicati in Italia e all’estero, un “annuario” di fatti e personaggi dedicato agli Abruzzesi e ai connazionali oltre confine che, nonostante la lontananza, mantengono il legame con le loro radici attraverso la stampa italiana all’estero. Sessanta milioni di storie, di talenti e di esempi illustri, ancora poco conosciuti, ma che con tenacia affrontano il generale clima di diffidenza portando nel mondo il prestigio del loro Paese d’origine e mostrando un altro volto dell’Italia che parla di solidarietà, determinazione e fiducia nel futuro. Ne ha scritto la prefazione Laura Benedetti, aquilana, docente della Georgetown University di Washington (Usa) e direttore del Dipartimento di Studi italiani della prestigioso ateneo della Capitale federale degli Stati Uniti d’America. Con il suo consenso, e con l’autorizzazione dell’editore, si invia la prefazione alla stampa quale anticipazione all’uscita del volume.

G.Palmerini

Palmerini, il Messaggero

di Laura Benedetti *

WASHINGTON D.C. – Racconta Dino Buzzati di un principe che decide di spingersi fino ai confini del regno paterno. Alla partenza, il principe teme di esagerare portando con sé ben sette messaggeri che gli permettano di mantenere i contatti con la sua città, ma dopo qualche giorno è costretto a ricredersi. Ansioso di dare e ricevere notizie, agli inizi del viaggio invia un messaggero ogni sera, ma presto si ritrova solo, con l’ultimo dei suoi uomini già partito, il primo non ancora tornato. Il problema, capisce allora, è che la continua avanzata verso confini che comincia a sospettare inesistenti aumenta proporzionalmente la distanza che ognuno dei messaggeri deve percorrere. Presto il principe scopre l’equazione della nostalgia: “bastava moltiplicare per cinque i giorni fin lí impiegati per sapere quando il messaggero ci avrebbe ripresi”.

Tempo e spazio congiurano nel vanificare l’illusione di un contatto. In risposta ai suoi dispacci, il principe riceve dalla città “curiose lettere ingiallite dal tempo” che recano nomi dimenticati, espressioni misteriose, sentimenti incomprensibili. Al termine del racconto, otto anni sono trascorsi dalla partenza. Il principe si prepara a dare il commiato a Domenico, uno dei messaggeri, pur sapendo che secondo l’implacabile equazione non potrà rivederlo prima di trentaquattro anni. In realtà, dei segni misteriosi fanno sospettare che la fine del cammino sia vicina, e che al ritorno dalla sua missione Domenico scorgerà piú presto del previsto le luci dell’accampamento, entrerà nella tenda solo per scoprire il corpo senza vita del principe vegliato dai suoi fedeli. “Eppure va, Domenico, e non dirmi che sono crudele! Porta il mio ultimo saluto alla città dove io sono nato”.

Da giovane avevo una predilezione per questo racconto. Mi affascinava la combinazione di motivi fiabeschi – il principe, i messaggeri, il regno da esplorare – e una una spietata logica matematica che esalta la sproporzione tra le forze umane e le dimensioni di un universo sfuggente. Finché a Edmonton, gelida capitale della provincia dell’Alberta, non mi capitò di parlarne con una giovane immigrata, figlia di abruzzesi approdati prima in Argentina e costretti poi a riparare per motivi politici in Canada. Questo doppio sradicamento aveva profondamente segnato la personalità della figlia, che vedeva raffigurata nel racconto di Buzzati l’esperienza dell’emigrante, costretto a muoversi in un territorio misterioso mentre i segnali del mondo che ha lasciato si fanno sempre più flebili e difficili da decifrare.

Questa interpretazione, che mi colpisce ora con la forza dell’evidenza, mi lasciò allora sbalordita, tanto ero restia in quella fase della mia vita a considerarmi un’emigrante, come il protagonista di quel vecchio film di Troisi, il meridionale in viaggio al nord che si ostina a definirsi turista. Del resto, ero appena arrivata a Edmonton, e non potevo immaginare che la mia “esperienza all’estero” sarebbe durata venticinque anni, trasformandosi di fatto nella mia vita e mettendo in crisi le categorie stesse di “patria” e “estero”, “qui” e “altrove”.

Edmonton, nel 1987, era davvero lontana. Vi ero approdata seguendo le perentorie raccomandazioni e la sollecitudine materna di Mietta D’Amico, anzi “la D’Amico”, indimenticata professoressa del mio liceo aquilano. Avevo fatto un po’ di fatica a trovarla sulla mappa, la capitale dell’Alberta. I giornali italiani arrivavano con mesi di ritardo, le telefonate avevano costi astronomici, le lettere dall’Italia erano una rara gioia (non tutti gli amici dimostrano dimestichezza con la penna). Notavo, in chi era partito tanti anni prima, la tenacia con cui si coltivava l’immagine di un paese ormai astratto, privo di riscontri reali, vivo solo nella memoria. Mi rendevo anche conto, però, della conoscenza approssimativa che avevo avuto fino ad allora dell’Italia fuori i confini, di quei sessanta milioni sparsi per il mondo che hanno fatto da ambasciatori di una nazione di cui ricordano a malapena, e non sempre, la lingua.

È con quest’altra Italia, ancora misconosciuta malgrado l’avvento di internet, che Goffredo Palmerini ci invita a dialogare con i suoi articoli e i suoi volumi. L’Italia fuori dell’Italia, cosí poco capita, nota più per i suoi aspetti folkloristici che per la sua complessità intellettuale, apprezzata più per le sue risorse materiali che per la sua ricchezza umana, trova in Palmerini un interprete sensibile, un messaggero infaticabile. L’importanza della sua attività non si ferma qui, perché gli itinerari di Palmerini sono fatti di andate e ritorni, come quelli dei corrieri di Buzzati, dal mondo alla città e dalla città al mondo.

Non solo, dunque, egli si fa carico di trasmettere l’esperienza degli Italiani nel mondo a quelli in patria, ma assume su di sé un compito forse ancora più arduo, quello di rappresentare agli occhi degli Italiani all’estero un volto del paese diverso da quello tracciato dalle squallide cronache di questi anni. In molti guardiamo con sgomento all’idea dell’Italia che molti suoi rappresentanti si adoperano di trasmettere: quello di un paese razzista, sessista, omofobo, legato a privilegi di casta, lacerato da correnti separatiste, astrattamente fiero di un retaggio culturale che in pratica si rifiuta però di tutelare. Ben venga dunque il messaggero Palmerini a ricordarci che esiste un’altra Italia anche dentro l’Italia, ad allacciare legami e ideali condivisi, a coltivare la solidarietà di uomini e donne di buona volontà, dovunque essi risiedano.

Il tragico evento del 6 aprile ha mostrato la forza di questi legami e il vanificarsi delle distanze. Scorrendo la lista delle vittime si incontrano, accanto a storici cognomi aquilani, i nomi di chi a L’Aquila era approdato da lontano per studiare, crescere, vivere una vita migliore o semplicemente visitare un paese caro, come Maurane Fraty, la bambina francese ricordata da Palmerini in un commosso articolo. Complici il fuso orario e, nel mio caso, un ossessivo attaccamento all’internet, alcuni residenti all’estero hanno avuto una percezione del disastro più immediata di molti Italiani. Pur in una congiuntura economica non facile, la risposta degli Italiani all’estero è stata pronta, sollecita e generosa.

Rimane il rammarico che non abbastanza sia stato fatto per mettere a profitto questo enorme sforzo di solidarietà, che siano mancate chiare indicazioni su come incanalare queste energie. Internet non basta, così come non bastano la buona volontà e le risorse economiche. Oggi più che mai, c’è bisogno di mediatori di qualità. Il ruolo del messaggero è mutato: non si tratta più di percorrere meccanicamente distanze sempre più grandi, ma di annodare in maniera sottile i legami tra il dentro e il fuori, di mettere in relazione bisogni e capacità, di interpretare una realtà sempre più complessa, di sviluppare sinergie.

Un filo rosso, esile in apparenza ma in realtà tenace, lega i protagonisti di queste pagine. Un filo rosso intessuto di memorie, affetti, orgoglioso attaccamento, unisce personalità diversissime quali Laudomia Bonanni, Barnaby Gunning, Ada Gentile, Anna Ventura, “incontrate” da Palmerini in convegni, concerti e interviste, descritte attraverso la sua prosa misurata e partecipe, naturalmente refrattaria a facili polemiche ed eccessi retorici. Vero protagonista del volume diventa allora Palmerini stesso, il suo sguardo attento e solidale che puntualmente mette in risalto e aiuta a comprendere la variegata esperienza degli Abruzzesi all’estero, degli stranieri che hanno scelto l’Abruzzo come luogo d’elezione, di quelli che si sono stretti intorno a L’Aquila da tempo o in questi ultimi tempi.

Il precedente volume di Palmerini, L’Aquila nel mondo, portava come sottotitolo “Notizie, fatti ed eventi prima e dopo il terremoto del 6 aprile 2009”, quasi a sottolineare l’importanza del terremoto quale spartiacque. In questo volume mi sembra prevalga la determinazione a non lasciarsi sopraffare dall’evento del 6 aprile, a non permettere che esso diventi l’elemento caratterizzante della propria identità. Scrive Irène Némirovsky, che di disastri ne sapeva qualcosa, che la sciagura non cambia una persona ma la mette in rilievo, come una folata di vento che privando gli alberi delle foglie permette di coglierne la vera forma. Il terremoto ha così portato alla luce i lati nobili e meno nobili di ognuno.

Saluto in Palmerini un rappresentante di quegli Aquilani che dopo il 6 aprile 2009 hanno raddoppiato gli sforzi per creare una città ancora più bella, aperta e solidale, ricorrendo strenuamente all’ottimismo della volontà per correggere il pessimismo dell’intelligenza: “Ogni erbaccia ci appare un insulto, ogni rovina una ferita profonda. Toccherà lavorare sodo, per anni. Ma ce la faremo”.
Voglio credere a questa ferma determinazione, a questa promessa di riscatto. Buona fortuna dunque al messaggero e alla sua città. L’altra Italia non dimentica, e non si tirerà indietro.

*Georgetown University (Washington DC, Usa) – direttore del Dipartimento di Italiano

Annotazione biografica a cura di Goffredo Palmerini

Laura Benedetti ha conseguito la laurea con il massimo dei voti all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma con una tesi su Luigi Pirandello. Ha poi continuato i suoi studi alla University of Alberta (Edmonton, Canada) dove l’incoraggiamento e l’erudizione del prof. Enrico Musacchio, uniti a temperature polari, le hanno ispirato una tesi di Master sul tema del giardino nella poesia epico-cavalleresca. Questo duplice interesse nel Rinascimento e nella letteratura moderna ha contraddistinto le successive tappe del suo percorso, che l’hanno vista conseguire un Ph.D. alla Johns Hopkins University (Baltimora, USA) e svolgere per otto anni attività d’insegnamento e di ricerca alla Harvard University (Cambridge, USA). Ha pubblicato, tra l’altro, una monografia su Torquato Tasso (La sconfitta di Diana. Un percorso per la “Gerusalemme liberata”), gli atti di due convegni (Gendered Contexts: New Perspectives in Italian Cultural Studies) e l’edizione di un trattato rinascimentale (Giovambattista Giraldi Cinzio, Discorso dei romanzi). I suoi articoli spaziano dalla letteratura medievale alla produzione narrativa più recente, che ha seguito da vicino per dieci anni quale curatrice della voce “letteratura italiana” per l’Encyclopedia Britannica Year in Review. Il suo ultimo volume, The Tigress in the Snow: Motherhood and Literature in Twentieth-Century Italy, ha vinto nel 2008 il Premio Internazionale Flaiano per l’italianistica. Di prossima pubblicazione, la sua traduzione in inglese delle Esortazioni alle donne e agli altri, corredata da un apparato critico di oltre quattrocento note, renderà di nuovo accessibile questo raro volume, ultima ed emblematica fatica di Lucrezia Marinella (1571-1653). Nel corso della sua carriera ha organizzato numerosi incontri, seminari e convegni, tra cui “Dopo la caduta: memoria e futuro”, che si è svolto a L’Aquila il 5 e 6 giugno 2010. Studiosi e scrittori provenienti dall’Italia e dagli Stati Uniti si sono alternati a rappresentanti del mondo culturale cittadino nell’esame dell’impatto psicologico e sociale del terremoto del 6 aprile e di simili eventi, della funzione terapeutica della letteratura e del ruolo che la cultura è chiamata a svolgere per ripristinare il senso di appartenenza e di comunità. Prescelta come prima titolare della cattedra in cultura italiana contemporanea intitolata a “Laura e Gaetano De Sole”, Laura Benedetti è attualmente professore ordinario e direttore del dipartimento di italiano presso la Georgetown University (Washington D.C., Usa).