Abruzzo. UN UOMO, UNA CHITARRA E IL MARE …e la montagna come rifugio

UN UOMO, UNA CHITARRA E IL MARE

…e la montagna come rifugio

di Laura Barocci

Gino Mario Arena nasce a Francavilla al Mare, in provincia di Chieti, il 10 aprile 1938. Sotto il segno dell’Ariete. Segno di fuoco il suo, che ne fa un uomo fiero, dalla forte personalità, forgiata anche dalle cose della vita. Trascorre la sua infanzia in uno dei periodo più difficili della storia italiana. Apparentemente duro ed introverso, Gino nasconde dentro di sé un animo poetico, che lo avvicina alla musica.

Impara, da autodidatta, a suonare la chitarra, magico strumento che lo accompagnerà nel suo cammino dall’adolescenza all’età adulta. Poi, la dura  decisione, a diciannove anni, di lasciare i suo paese per andare a cercar fortuna all’estero. Lui e la sua chitarra toccano Francia, Germania, Olanda, Spagna e Marocco. Poi, nel 1969 il ritorno in Italia, in un momento particolarmente prolifico e denso di avvenimenti musicali.

In quel periodo, i più famosi artisti italiani che venivano in Abruzzo, si appoggiavano alle migliori orchestre locali. E Gino era con loro, presente, ad accompagnare le loro voci, con la sua chitarra. Nilla Pizzi, Aurelio Fierro, Tony Santagata e Giovanna sono soltanto alcuni nomi… Un turbinio  di flash, di parole, di volti, di canzoni.

Negli anni 60, ha suonato con l’orchestra  di Cesare De Cesaris, uno dei precursori del genere folk, primo a portare sulle piazze spezzoni di balletti e varietà, autore del brano   “E pe cantà ci vuleva Zì Nicola”. La cittadina di Francavilla al Mare, organizzava in quegli anni,  un festival tutto dedicato ai bambini. Walter Pattara, figura molto amata e stimata dai francavillesi, ne era l’organizzatore. Gino, insieme all’amico Adriano Imbastaro, aveva l’arduo compito di “far cantare” questi piccoli artisti, cercando di instradarli sulla giusta…intonazione.

Ma Gino ha un altro lato della sua personalità che vale la pena conoscere: la modestia che lo ha sempre reso un po’ schivo e lo ha portato a non vantarsi mai delle sue “imprese”. Un uomo e la sua passione per il mare… Gino il pescatore. Gino il poeta pescatore. Questa passione ha visto nascere bellissime poesie dedicate al suo mare, al suo paese, alla sua gente.

Poesie che lasciano trapelare tutto l’amore che il  “poeta pescatore”  ha per la sua terra e la sua famiglia. L’amore per il mare che è spazio infinito dove perdersi nei ricordi. Poesie che con la sua chitarra ha trasformato in canzoni. Brani pieni di allegria, talvolta velati di malinconia, ma storie vere, vita vissuta, vere come lui.

Lui che ha in sé la solarità che lo porta a star bene in compagnia, ma anche la propensione a star bene con se stesso, quando cerca rifugio ed ispirazione tra il mare e i monti d’Abruzzo. Ora le sue poesie-canzoni sono raccolte in un Cd, “Lu pescatore”, pubblicato da Gallirecords, casa discografica abruzzese, e cominciano a diventare patrimonio culturale diffuso in Abruzzo. E anche fuori dai nostri confini. Questa volta il talento di Gino emigra sotto altra forma.




Roma. Il Museo dell’Emigrazione “Pietro Conti” protagonista all’Altare della Patria a Roma Grande successo per la presentazione dell’ultimo volume

Il Museo dell’Emigrazione “Pietro Conti” protagonista all’Altare della Patria a Roma

Grande successo per la presentazione dell’ultimo volume

di Catia Monacelli *

Il 14 gennaio scorso è stata presentata a Roma, presso la prestigiosa sede del Vittoriano, noto ai più come “l’Altare della Patria”, con la collaborazione dell’Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea, davanti ad una numerosa platea di studiosi e ricercatori, l’ultima pubblicazione del Museo Regionale dell’Emigrazione “Pietro Conti”: Emigranti e immigrati nelle rappresentazioni di fotografi e fotogiornalisti di Paola Corti, Editoriale Umbra. Hanno presentato l’opera, alla presenza dell’autrice, Giancarlo Monina, docente all’Università di Roma Tre e Tiziana Grassi, giornalista e studiosa di migrazioni. Ha aperto la manifestazione Orfeo Goracci, nuovo Presidente del Consiglio Regionale dell’Emigrazione, che ha ribadito nel suo indirizzo di saluto “l’impegno del Consiglio Regionale dell’Emigrazione a continuare a promuovere e sostenere lo studio e le ricerche che riguardano la storia dell’emigrazione italiana. Il lavoro di un museo dell’emigrazione rappresenta una possibilità decisiva per il riconoscimento di una pluralità europea cresciuta storicamente e che infine è anche una pluralità delle popolazioni e dei movimenti migratori”.

La rappresentazione della storia italiana  delle migrazioni”, ha continuato, “offre la possibilità di mettere in discussione l’immagine centralistica nazionale e dà la possibilità di rafforzare una identità europea comune”. Tiziana Grassi, autrice per molti anni a Rai International per gli italiani all’estero, ha particolarmente apprezzato l’impostazione a specchio che la Corti ha dato al volume, “mettendo in circolare dialettica il passato con il presente del nostro Paese che richiama la categoria della Memoria storica per osservare scenari complessi come quello contemporaneo”. Ha poi sottolineato, in merito ai contenuti del volume, “la scelta di adottare una prospettiva di analisi comunicazionista focalizzando il ruolo cardine, la responsabilità che, ieri come oggi, ha il sistema mediatico nella rappresentazione dei fenomeni sociali, migratori, e quindi nella costruzione dell’opinione pubblica e dell’immaginario collettivo di cui è specchio e riflesso”.

Interessante e centrata anche l’analisi di Giancarlo Monina, Università Roma Tre, che ha focalizzato il suo intervento sull’importanza del materiale fotografico e di questa raccolta, per un’attenta disamina della storia contemporanea, degli usi e dei costumi che passano anche attraverso la forza evocativa dell’immagine. Una manifestazione che ha visto la collaborazione attiva anche della Provincia di Perugia. L’assessore alla Cultura, Donatella Porzi, in una nota ha tenuto a sottolineare “l’impegno etico, oltreché storico, del rimando continuo ai temi e alle riflessioni che vedono al centro l’esperienza migratoria sia di ieri che di oggi”. Piena soddisfazione è stata espressa dall’autrice Paola Corti, che ha avuto il privilegio di essere intervistata dalla trasmissione Fahrenheit, di Radio 3 Rai, che ha voluto dedicare un approfondimento al lavoro. Per richiedere il volume è possibile contattare la segreteria organizzativa, scrivendo ad info@emigrazione.it .

*direttore Museo Regionale dell’Emigrazione “Pietro Conti” – Gualdo Tadino




AFGHANISTAN: DI STANISLAO (IDV), COROGLIO E SOLIDARIETA’, MA DIAMO UN SENSO A QUESTI 35 MARTIRI

Roma, 31 Dicembre 2010

AFGHANISTAN: DI STANISLAO (IDV), COROGLIO E SOLIDARIETA’, MA DIAMO UN
SENSO A QUESTI 35 MARTIRI

“Il mio più profondo cordoglio per il militare rimasto ucciso stamane
in Afghanistan.” Sono le parole del capogruppo IDV in Commissione
Difesa Augusto Di Stanislao. “Un lutto – prosegue Di Stanislao – che
colpisce l’intero Paese e che ci impone riflessione e chiarezza. Una
missione così pericolosa, complessa e impregnata di sangue deve essere
affrontata con il massimo rispetto e con forti prese di posizione da
parte del Governo e del Ministro della Difesa. Ci sono in gioco le
vite dei nostri soldati che meritano maggiore impegno e sostegno da
parte di uno dei Paesi più coinvolti nel conflitto. E’ il momento del
dolore e del cordoglio, ma è proprio per questo non si può più andare
avanti così. E’ notizia di questi giorni che gli Stati Uniti hanno
intenzione di espandere ancora di più la guerra più in Pakistan e ciò
è particolarmente preoccupante. Da un lato, esso suggerisce che
l’amministrazione ha capito che non può mai vincere in Afghanistan
fino a quando i talebani hanno un rifugio sicuro attraverso il
confine,  dall’altro scatenando la violenza aggiuntiva in Pakistan
potrebbe avere conseguenze destabilizzanti a lungo termine che
sarebbero molto più significative di tutto ciò che accade in ultima
analisi, in Afghanistan. Come ribadisco da sempre – conclude Di
Stanislao – non è sufficiente che La Russa vada a trovare i nostri
soldati e dia loro parole di conforto, occorre che il Ministro sia
chiaro con loro e con tutto il Paese, che chiarisca la nostra
posizione all’interno di uno scenario sempre più complesso e dia
finalmente dignità e forza  al nostro contributo nelle scelte che
vengono prese dalla coalizione.” In merito all’attuale situazione e
alla possibile espansione del conflitto in Pakistan, che potrebbe
richiedere un ulteriore numero di soldati a tutti i paesi, l’On. Di
Stanislao chiederà alla ripresa dei lavori che il Ministro venga a
riferire in Aula.




VENEZUELA: MESSAGGIO DI PAGANO SU LIBERAZIONE DI IMPRENDITORE ABRUZZESE

VENEZUELA: MESSAGGIO DI PAGANO SU LIBERAZIONE DI IMPRENDITORE ABRUZZESE

(Acra). L’Aquila, 26 dicembre 2010 –. Appresa la notizia della liberazione di Ricardo Cerato, l’imprenditore di 41 anni originario di Montebello di Bertona (Pescara), rapito lo scorso 2 dicembre nella città di Guanaré (Venezuela), il Presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, Nazario Pagano, ha espresso a nome suo e dell’intera Assemblea regionale la più viva soddisfazione per la felice conclusione della vicenda che, per giorni, ha tenuto in apprensione le comunità di abruzzesi che vivono in Venezuela e i familiari dell’imprenditore pescarese.

«Desidero esprimere il mio plauso al Ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini, e a tutto il personale diplomatico dell’Ambasciata italiana in servizio a Caracas, per aver messo in atto ogni dispositivo investigativo per liberare il nostro corregionale sequestrato in Venezuela». Lo ha detto il Presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano in merito alla liberazione dell’imprenditore Ricardo Cerato.

Cerato era stato rapito da cinque persone armate nella sua azienda che opera nel settore delle installazioni elettriche.

L’Aquila, 26 dicembre 2010




USA. La “missione” della scienziata Cristiana Rastellini

Chieti, 21 Dicembre ’10, Martedi. S. Tommaso – Anno XXXI n. 475 – www.abruzzopress.infoabruzzopress@yahoo.it – Tr. Ch 1/81


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Ap – Dal Texas

La “missione”

della scienziata

Cristiana Rastellini

di Lino Manocchia

GALVESTON (Texas), 22 Dicembre, La dottoressa Cristiana Rastellini, originaria di Roma, sta inseguendo una “missione” che la terrà impegnata per molto tempo, e non l’abbandonerà sino a quando la sua nobile attività sarà realizzata.

Cristiana ha anche accantonato tanti suoi hobby, compresa la passione per la pittura in olio e i colleghi che hanno lavorato con lei nelle ricerche, non dubitano minimamente circa l’abilità di successo della dottoressa, “dotata di una gentile aggressività”. Ecco il pensiero – in esclusiva – della nostra connazionale che fa onore alla Patria in un Pianeta tanto diverso da quello natio.

Cristiana, il trapianto delle insule pancreatiche nel fegato malato quale soluzione per il diabete del quale Lei si occupa, a che punto è?

«Le insule pancreatiche vengono trapiantate nel fegato sano di un paziente diabetico e lì funzionano producendo insulina e controllando il glucosio. Il trapianto di insule  pancreatiche è un valido trattamento del diabete ed ha ormai raggiunto risultati paragonabili a quelli del trapianto di pancreas. Il grosso vantaggio del trapianto di insule consiste nel fatto che è una  procedura minimamente invasiva che può essere fatta in anestesia locale con una durata di infusione delle cellule di circa 30 minuti. Essendo un trapianto ha bisogno di essere accompagnato per sempre dalla immuno-soppressione per far si che le cellule non vengano rigettate. Alcuni gruppi, incluso il nostro, lavorano sulla “tolleranza” cioè su una terapia al momento del trapianto che faccia accettare per sempre le cellule (o l’organo o il tessuto) trapiantate senza dover avere una immuno-soppressione a vita. Il trapianto di insule rimane una promettente  alternativa per i pazienti diabetici ma certamente si può continuare a  lavorare per migliorarla ancora.»

In questi trapianti vengono usate cellule staminali?

«Attualmente no. I trapianti di insule pancreatiche sono effettuati con cellule adulte  ottenute dal pancreas di donatori cadaveri. Molti gruppi che si occupano di questo (incluso il nostro) stanno anche investigando l’utilizzo delle cellule staminali. Queste sono estremamente promettenti ma ci sarà bisogno ancora di molta ricerca e sperimentazione per passare all’applicazione clinica.»

Parliamo di cellule staminali, cosa ci dobbiamo aspettare nel futuro?

«Penso ci saranno molte sorprese a parecchie aspettative verranno raggiunte. Per alcune applica-zioni non sono particolarmente ottimista ma in linea generale continuo a considerare questo un settore da cavalcare al massimo. Sui tempi per le applicazioni cliniche sono molto cauta. Vorrei poter dire che le terapie staminali per le maggiori malattie in studio saranno pronte domani, ma bisogna essere pazienti e continuare a sviluppare ed investire in questo settore. Serve molta sperimentazione per accertarsi che i trattamenti siano sicuri ed efficaci, ma tanti gruppi in tutto il mondo continuano a fare passi in  avanti e questo permetterà di raggiungere le cure per tante  malattie.»

Su questo aspetto, nello specifico, l’Italia  come è messa sullo scenario mondiale?

«In Italia ci sono dei gruppi eccellenti che riescono a fare un ottima ricerca nel settore ma sono

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ABRUZZOpress – N. 475 del 22 dicembre ’10                                                                                                                         Pag 2

veramente pochi e lavorano spesso in condizioni molto difficili. Non è certo perché mancano le idee o le menti, ma perché la struttura non permette di condurre la ricerca come noi possiamo fare in America. E’ un vero peccato perché l’Italia potrebbe veramente eccellere anche in questo settore se solo si potesse cambiare il sistema con maggiori investimenti e con più meritocrazia.»

E sul fronte dei trapianti?

«Quello dei trapianti è un settore in continuo sviluppo ed è incredibile vedere come sono evoluti negli ultimi 20  anni. Il trapianto è un trattamento terminale per alcune malattie che  fortunatamente salva la vita a tanta gente. Il trapianto è ancora limitato dalla disponibilità di organi umani e questo spinge sempre di più a cercare delle alternative. Credo che vedremo molto altro in questo settore nel futuro. Nuove tecnologie entreranno a far parte dei trapianti e ci sarà l’innovazione degli organi artificiali e l’utilizzo di organi animali. Insomma ci sarà ancora molta ricerca da fare! In Italia ci sono dei buoni centri trapianti e c’è un buon numero di donatori. Purtroppo la ricerca invece soffre un po’.»

Il  futuro dei trapianti è davvero nelle staminali?

«Le  staminali avranno un grandissimo ruolo nei trapianti ma ci saranno anche gli organi bio-artificiali, la nanotecnologia, e le terapie  genetiche.»

Parliamo di ricerca. Lei ha ottenuto, tra l’altro, un finanziamento di 3.5 milioni di dollari dal National Institute of Hea,lth (NIH) per portare avanti i suoi studi sul trapianto contro il diabete. In Italia Le sarebbe stato possibile?

«Quando ho ricevuto quei fondi (avevo 33 anni e da 7 anni di lavoravo negli Stati Uniti) ho capito che era valsa la pena di aver lasciato il mio paese ed aver intrapreso questa strada così  impegnativa. E’ stato un po’ il momento in cui ho fatto pace con me stessa visto che non sono state poche le volte in cui mi sono chiesta se avessi fatto la scelta giusta. E’ stato come raccogliere dei frutti e riconoscere che in questo paese se lavori bene i frutti arrivano perché il merito viene premiato a prescindere dal nome, dalla faccia, e da tutti quei meccanismi che dilagano in Italia. No, anche con lo stesso impegno di lavoro, io penso che non avrei ottenuto quei fondi in Italia. E’ dolorosissimo ammetterlo ma credo il mio destino sarebbe stato completamente diverso e la mia creatività e curiosità non avrebbero trovato spazio in Italia.»

I motivi per i quali l’Italia è fanalino di coda nella ricerca, secondo Lei, sono solo economici o anche legati alle procedure operative, alla burocrazia? Lei che idea si fatta?

«Sicuramente quello dei fondi è un grosso problema. L’Italia deve capire che per un benessere futuro bisogna  investire di più sulla ricerca e l’educazione. Certo le cose sono poi  un po’ tutte collegate e diventano tutte dei limiti. E’ un po’ retorico, ma anche solo uno stipendio investito male perché dato senza merito è un cattivo investimento e moltiplicato per mille fa sprofondare il  sistema e lascia fanalino di coda. La ricerca ha bisogno di investimenti  da tutti I punti di vista. Nella scienza ci sono i fuoriclasse come nel calcio e se si vuole diventare campioni del mondo si deve investire nei fuoriclasse, allenarsi sui campi migliori ed avere dei buoni dirigenti e allenatori, insomma un intero sistema che permetta di lavorare al meglio. Chi ha fatto esperienza all’estero non ha solo imparato ad isolare le cellule staminali o a leggere i geni e quantificare il DNA. Ha imparato a vivere in un sistema che funziona e  che si basa fondamentalmente sul merito ed è questo che andrebbe importato per aiutare i nostri colleghi. Su questo devo dire che ho un po’ ottimismo visto che per la prima volta dopo 20 anni mi è stato chiesto  di partecipare all’assegnamento di fondi di ricerca in Italia usando il sistema di valutazione che usiamo qui in America. Mi sembra un grande passo avanti e sono veramente contenta di dare il mio contributo.»

Qualcuno sostiene che il futuro della  ricerca sarà in Asia, è vero?

«E’ possibile. Prima di tutto a questo punto ci sono molti fondi e nella ricerca questo è un elemento molto importante. Ma devo dire dalla mia esperienza che c’à qualche cosa di più. Nei vari laboratori in cui io ho lavorato o che ho diretto sono passati centinaia di asiatici che hanno sempre lavorato tantissimo, ma soprattutto imparato tantissimo, costruendo un tesoro che si possono portare via in ogni momento. Fino a poco tempo fa gli asiatici non  consideravano il rientro nel loro paese, adesso lo considerano sempre di più ed ho l’impressione che dietro ci siano dei governi che capiscono l’ottimo affare che possono fare investendo su di loro. Eserciti di potenziali scienziati che hanno fatto il loro training nei migliori posti del mondo, che hanno imparato non solo a lavorare ma anche a sviluppare idee, dirigere laboratori, strutture, gestire fondi. In Asia  potrebbero così nascere centri di ricerca molto competitivi. Inoltre attualmente, mentre noi tutti (inclusa l’Italia e l’America) ci  limitiamo sempre di più con burocrazie, regole e permessi vari, in Asia la ricerca è più liberale e questo da loro dei vantaggi.»

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Avrà visto, recentemente, che in Italia i ricercatori sono stati costretti a salire sui tetti per farsi sentire dalla politica. Al di la’ delle facili considerazioni, non crede che vi sia insensibilità da parte della classe politica italiana per ricerca. E non è forse vero che in America, da questo punto di vista, vi sia maggiore interesse di quella italiana e, forse, Europea?

«Il più grosso problema che vedo è che in Italia la ricerca è controllata dalla polita. In 20 anni in questo lavoro, in questo paese non ho mai avuto la percezione di un controllo politico sulla mia ricerca o quella dei miei colleghi. Io sono sempre stata assunta per fare quello che faccio, mi sono stati dati i fondi promessi e negoziati, e ho sempre rispettato i patti dei miei contratti facendo a diverse scadenze quello che era stato stabilito. E’ cosi che i nostri contratti vengono rinnovati. Questa è la ricerca in America. I dati, i risultati, e quindi i fondi; queste le uniche cose che parlano in questo campo. La politica, i politici non hanno voce sulla ricerca.»

Da giornalista le chiedo: secondo Lei come raccontare la ricerca, che ha un grossissimo appeal, all’audience e ai media, perché il livello culturale in materia in Italia cresca?

«La ricerca va raccontata attraverso i passi incredibili che si sono fatti e che si continuano a fare per curare, e preservare al meglio la nostra specie. Vanno raccontate le storie dei ricercatori, le loro intuizioni, il loro lavoro e i loro traguardi. Anche le persone meno colte sanno che oggi non si muore di polmonite come cento anni fa grazie alla scoperta degli antibiotici. Questo va ricordato in modo costante e va ricordato che la ricerca è dietro a queste scoperte. Il tumore diventerà storia grazie alla ricerca fatta da meritevoli scienziati a cui vengono dati i mezzi. Questo è un processo che non si potrà mai fermare perché avremo  sempre nuove malattie da curare per poter preservare la nostra vita.»

Lei è quella che la retorica nazionalpopolare definirebbe una scienziata italiana all’estero. Si sente così?, o secondo Lei esistono ancora gli italiani all’estero? ha un senso definirli così?

«Io mi sento una scienziata che lavora per l’umanità. Sono orgogliosa del lavoro che faccio, sono orgogliosa di essere italiana, e  sono orgogliosa di lavorare in questo paese. Un pizzico di amarezza è dato dal fatto che il mio Paese di origine non mi ha dato la possibilità di fare il mio lavoro come sto facendo qui, né ha mai dato segni di apprezzamento per i miei traguardi. Lasciare l’Italia ha comportato scelte difficili e sacrifici ma spero alla fine sia una  miscela vincente per aggiungere qualche tassello in più in questo grande puzzle per la cura di una malattia come il diabete.»

Cos’è per lei la vita?

«La vita è un dono che riceviamo e a cui sta a noi dare un senso. Io cerco di dare un senso alla mia vita giornalmente attraverso la mia famiglia (ho quattro figli) e il mio lavoro, le due cose a cui ho deciso di dedicarmi.»

E’ Superstiziosa?

«Non sono superstiziosa ma ogni tanto mi ritrovo a fare dei buffi rituali scaramantici.»

Le piace sentir suonare le trombe della fama?

«Sarei ipocrita se le dicessi di no! In realtà non è fama ma mi piace il riconoscimento di quello che faccio e spero che questo serva anche da esempio per chi vuole seguire i miei passi. Questo è un lavoro dove si possono avere anche tante delusioni, dove anni di studi e ricerche possono risultare in un insuccesso e bisogna avere il coraggio e la forza di alzarsi e ricominciare da capo. Bisogna avere delle forti motivazioni e qualche pacca sulla spalla o qualche riconoscimento quando si fa qualche cosa di buono fa piacere e aiuta ad andare avanti. E poi ci sono i pazienti, le parole dei genitori dei pazienti, le loro lettere, la fiducia e la speranza che hanno in te… quella è la vera energia!

LINO  MANOCCHIA

Campus Hospedale




Tre architetti alla corte di Ponce De Leon

Chieti, 20 Dicembre ’10, Lunedi.  S. Teofilo – Anno XXXI n. 471 – www.abruzzopress.infoabruzzopress@yahoo.it – Tr. Ch n. 1/81


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Ap – Dalla Florida

Tre architetti

alla corte

di Ponce De Leon

di Lino Manocchia

GAINENISVILLE (Florida), 20 Dicembre ’10 – Paola Branciaroli (foto con docente, a sinistra) architetto di trentuno anni che svolge il suo lavoro con passione.

Laureata presso la  Facoltà di Architettura dell’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara nel  2005, conduce attività di ricerca presso il Dipartimento Ambiente Reti e Territorio della stessa Facoltà e lavora presso lo Studio professionale del padre.

Dopo un magnifico periodo trascorso presso l’Università di Genisville  ed effettuato un round nei principali punti della Florida, è pronta a tornare a Pescara. Paola, curiosa ed attratta da ogni esperienza, ama viaggiare per scoprire e vivere realtà diverse. Ecco un consuntivo dei suoi tre mesi di esperienza… americana…

Paola, cosa  ti ha colpito maggiormente entrando in un’Università Americana?

«La cosa che più mi ha colpito è che l’Università non è fatta solo di edifici, ma dal verde che crea una rete tra di loro diventando il vero luogo dove vivono gli studenti… perfino esami e lezioni si svolgono spesso all’aperto, all’ombra d’incredibili alberi.»

L’architettura ha tante regole. Quale più raccomandi?

«La cosa più importante che ho avuto modo di apprezzare e che solo raramente è possibile ottenere, è il rapporto che si può istaurare tra l’Architettura ed il mondo sociale. Favorire il senso di socializzazione tra le persone è per me la cosa che da più significato all’architettura stessa e al modo di viverla in maniera diversificata a seconda delle necessità.»

Un rapido  riassunto del  lavoro svolto in America per il tuo progetto di ricerca ? Paola, in bici all’Università >

«Durante il trimestre trascorso a Gainesville, presso la University of Florida – College of Design, Construction and Planning, da settembre a novembre 2010, ho svolto una parte della mia ricerca di

Dottorato in Architettura e Urbanistica che sto portando avanti presso la Scuola Superiore “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara  (tutor: prof. Pepe Barbieri – co-tutor prof. Piero Rovigatti). Il mio studio riguarda l’importanza dello Spazio Pubblico come meccanismo di recupero e rinascita nel  post-disastro, partendo dal terribile terremoto che ha afflitto la città dell’Aquila, lo scorso 6 Aprile, e quindi nella ricostruzione spaziale/sociale di una comunità e amplificazione di quello che avviene o dovrebbe avvenire in condizioni di ordinarietà, a seguito degli eventi calamitosi. Con l’aiuto della Prof.ssa Martha Kohen della School of Architecture della University of Florida, International tutor della mia ricerca, ho implementato la ricerca con un comparativo Italia/Louisiana prendendo in considerazione l’Uragano Katrina che ha colpito lo Stato della Louisiana e in particolare New Orleans

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ABRUZZOpress – N. 471 del 20 dicembre ’10                                                                                                                           Pag 2

nel 2005. I meeting con i professori dell’Università ospitante mi hanno fornito ulteriori nozioni ed utili contatti con i docenti che si sono occupati della tematica nelle diverse parti degli Stati Uniti. Il viaggio a New Orleans mi ha consentito di fare indagini sul campo e interviste a docenti delle due principali Università (la School of Architecture at Tulane e la School of Urban Planning and Regional  Studies at

University of New  Orleans).»

Questa esperienza l’hai vissuta da sola o con altri?

«L’ho vissuta con altri due colleghi: Cesare Corfone e Roberta Di Ceglie (foto) che all’interno del mio stesso Dottorato svolgono tematiche di ricerca diverse.»

Tra il 2000 e 2010 oltre 300 mila persone hanno lasciato l’Italia. Il fenomeno, tra i giovani in fuga, avviene  per lavoro o per amore?

«Sicuramente i giovani vanno all’estero non per fuggire, ma per perfezionare ciò che hanno già imparato e prepa-rarsi nel modo migliore al mondo del lavoro. Non sono da sottovalutare anche i casi in cui i ragazzi per disperazione si rifugiano all’estero per essere meglio apprezzati.»

L’Architettura è più un’arte o un mestiere?

«Probabilmente l’Architettura è sia un’arte sia un mestiere… sicuramente deve essere un  mestiere fatto ad opera d’arte…»

Visitando la città scoperta dal capitano Ponce de Leon in cerca dell’acqua della giovinezza, avete assag-

Giata quell’acqua?

«Non potevamo non assaggiare l’acqua della giovinezza a Saint  Augustine, il paese più antico di tutti gli Stati Uniti, guardando come si porta bene i suoi anni!»

A volo pindarico, descrivi alcune indimenticabili impressioni della tua visita ai centri della Florida.

«Louisiana Città: colore, folclore, humour della cittadinanza. Gainesville: i colori blu e arancio e l’odore di barbecue del Tailgate nel Campus nei giorni delle  partite di Football; Saint’Augustine: la musica  ed i colori dello Spanish Quarter Village; Pensacola Beach: il bianco delle spiagge che  sembrano innevate; Sarasota: la disponibilità delle persone e la  tranquillità di una città che sembra quasi sospesa nel tempo; Orlando: l’allegria e la spensieratezza di un mondo sognato da sempre; Miami Beach: il colorato caos di Ocean Drive e di  Lincoln Road, ma anche per la pace delle spiagge e dei parchi tra cui il Christmas Park a Coral Gable; New  Orleans: per i colori di frutta e verdura del French Market e il folklore serale del French Quarter, in particolare di Barbour Street, nel periodo di  Halloween, con il lancio delle variopinte collane dai balconi per omaggiare le belle ragazze.»

Pronta per  tornare a casa dopo una “lunga” assenza?

«Il sentimento che provo nel tornare a casa è duplice: da un lato la tristezza di non poter più vivere il fantastico Campus Americano e non poter scoprire ancora altre cose; dall’altro la felicità nel riabbracciare tutte le persone che mi vogliono bene.»

I tuoi rapporti con la cucina “americana”?

«Ottimi: il Barbecue ed il Seafood sono i miei piatti preferiti. In generale ho cercato di assaggiare tutto, perfino il tacchino del Thanksgiving, la più importante festa americana insieme al Natale. L’unica cosa che ho evitato sono stati i fast-food che già  conoscevo.»

Tanti Auguri Architetto Paola Branciarolo.

LINO MANOCCHIA




Uniti per un futuro migliore nel mondo Ricercatori italiani e americani a convegno

Chieti, 15 Dicembre ’10, Merì, S. Eusebio – Anno XXXI n. 468 – www.abruzzopress.infoabruzzopress@yahoo.it – Tr. Ch n. 1/81


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Ap – Ricerca

Uniti per un futuro migliore nel mondo

Ricercatori italiani e americani a convegno

di Lino Manocchia

HOUSTON,Texas, 15 dicembre ’10 – Presso l’Auditorium del Consolato italiano di Houston si è svolta la Sesta Conferenza dei ricercatori italiani nel mondo. Centosessantacinque partecipanti, provenienti da varie parti degli USA e dell’Italia hanno assistito ai lavori del Convegno, organizzato con dedizione dal Comitato degli Italiani all’estero (Comtes di Houston) in cooperazione con il CTIM ed il Consolato Generale d’Italia, per dare un riconoscimento ed un apprezzamento ai nostri ricercatori italiani ed italo-americani che si distinguono nel campo della ricerca e della scienza, per incrementare il networking, per avere uno scambio di idee e per proporre progetti che possono legare ed unire sempre più l’Altra Italia con la Madre Patria.

L’importante manifestazione è stata patrocinata dalle massime autorità ministeriali,  diplomatiche e politiche italiane che hanno inviato messaggi augurali. Era presente, in rappresentanza del Presidente del Senato, il sen. prof. Mario Baldassarri (foto) e, per il Governatore del Texas, il dott. Amir  Mirabi.

L’importanza della ricerca italiana all’estero è stata  peraltro ribadita dalla recente riunione dei ricercatori medici italiani nel mondo convocata dal Ministro della Salute Fazio Cernobbio lo scorso 5 novembre alla quale hanno partecipato connazionali residenti in Texas. Dopo gli inni nazionali e l’introduzione al Convegno del Console Valter Della Nebbia, lo Chairman dell’evento, presidente del Comites Vincenzo Arcobelli, ha esposto una sintesi dei risultat ottenuti dalle precedenti edizioni, mettendo in risalto il valido lavoro di squadra dei membri del Comites, del dr. Duchini, dei volontari e sopratutto dei ricercatori che hanno contribuito al successo dell’evento.

Il sen. Baldassarri, presidente della Sesta commissione Finanze e Tesoro del Senato, dopo aver letto il testo con il messaggio augurale del Presidente Renato Schifani, si è  complimentato per l’ottima organizzazione dell’iniziativa, ed ha voluto presentarsi come former ricercatore e studente del 1977, proprio in America, da padre e nonno di italiani residenti all’estero (i figli infatti sono ricercatori e lavorano a New York). Il sen. Baldassarri introduceva quindi un argomento molto apprezzato dalla platea, quando ha svolto una precisa analisi economica mondiale e dello squilibrio, parlando dei tre paradossi, e del sogno di avere, con i fatti, una politica unitaria e strategica dell’USE (United States of Europe).

Il Dr Mirabi, rappresentante del governatore, evidenziava come il Texas è oggi classificata come nona potenza mondiale

ed offre molte opportunità da sfruttare; e ha annunciato che è      Foto: Consegna della proclamazione del Go-

intenzione del suo Ufficio incrementare i rapporti di cooperazio-   verno   del  Texas.  Da  sin. Il console Nava,

ne per lo sviluppo economico, innovazioni e ricerca con l’Italia.    Vincenzo Arcobelli, il rappr del governatore

La seconda parte i lavori è stata dedicata alla ricerca in numerosi settori, dalle scienze mediche, alla tecnologia ed agli studi umanistici. Particolare attenzione è stata dedicata al ruolo dell’Italia nello spazio, all’importanza della collaborazione italiana specialmente nella Stazione Spaziale Internazionale e nel campo satellitare.

Seguivano gli interventi tecnici dei singoli oratori, che spiegavano i loro lavori di ricerca con alla

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ABRUZZOpress – N. 468 del 15 dicembre ’10                                                                                                                          Pag 2

fine risposte ad alcune domande provenienti dal pubblico: il Dr Cotropia, che sta combattendo contro la malattia HIV, specializzato in Bioclonetics Immulogy; la D.ssa Chiara Gabbhi per la medicina interna; il Prof. Cicalese per i trapianti di organi, agli oncologi della Sbarro Health Research Organization; il Prof. Giordani ed i suoi collaboratori in collegamento telefonico con Filadelfia.

Il settore della Fisica ed elettronica è stata degnamente e validamente rappresentata dal Prog. Luigi Colombo della Texas Instrumemt, che fino ad oggi ha depositato più di 100 brevetti. Colombo è natio di Campobasso ed abita nel Texas.

Per la nanoteconologia applicata alla medicina sono intervenuti i prof. Decuzzi, Tascikotti del Methodist Hospital di  Houston.

La terza parte è stata dedicata al Symposium “Italy in the Space”. Il prof. Miele, tra i  pionieri della teoria spaziale, il prof. Roberto Garofalo con gli effetti del volo in relazione alle infezioni virali e respiratorie, l’ing. Michael Ciancone che ha spiegato gli obiettivi raggiunti ed i programmi in corso sottolineando di voler potenziare i rapporti già esistenti con l’Italia.

A conclusione del symposium, la presenza dell’Astronauta italiano Col. Roberto Vittori (foto) è stata essenziale nello spiegare la delicatezza in termini di precisione della missione con lo Shuttle STS 134 nel 2011; prossima partenza del modulo pressurizzato per l’ISS e la missione in febbraio dell’astronauta Vittori che incontrerà nell’ISS l’astronauta italiano Paolo Nespoli. Un fatto storico e straordinario dove, per la prima volta, ci saranno due Astronauti italiani in orbita. L’Astronauta Vittori è stato salutato da Arcobelli che, a nome di tutti, ha dichiarato: «Siamo e saremo con Voi, vi seguiremo, voi siete l’orgoglio italiano nel mondo.»

Nel dibattito finale è intervenuto in diretta telefonica anche il Dr Abbadessa di Boston, illustrando la nuova organizzazione dei professionisti italiani che sono arrivati a 400 nella città del  Massachussettes. Dopo 10 ore di lavoro si è discusso di alcuni punti e delle proposte approvate dai presenti da inviare all’attenzione delle competenti  autorità.

LINO MANOCCHIA

Foto ricordo del gruppo a conclusione dei lavori.




Ecco il video di “Gazzetta Italia” sulla Mostra di DEPERO a Varsavia. Parlano l’Organizzatore, la Direttrice dell’Istituto Italiano e l’Ambasciatore.

Ecco il video di “Gazzetta Italia” sulla Mostra di DEPERO a Varsavia.
Parlano l’Organizzatore, la Direttrice dell’Istituto Italiano e l’Ambasciatore.

L’indirizzo del sito è:

http://www.youtube.com/watch?v=AajJi5-5UsM&feature=player_embedded#at=17

Saluti cari,

Alberto Macchi

Stowarzyszenie – Associazione
“Italiani In Polonia”




“L’Aquila nel mondo” di Goffredo Palmerini a Torino, Milano e Desenzano

“L’Aquila nel mondo” di Goffredo Palmerini a Torino, Milano e Desenzano

Dopo la presentazione all’Aquila e in altri centri d’Abruzzo, negli Stati Uniti (alla New York University e al Westchester Community College) e in Argentina (Berazategui, Buenos Aires), il terzo libro di Goffredo Palmerini “L’Aquila nel mondoNotizie, fatti ed eventi prima e dopo il terremoto del 6 aprile 2009” , One Group Edizioni, andrà in missione in nord Italia.

Sarà infatti il 18 dicembre a Torino, alle ore 19 presso l’Hotel Mercury Royal, ospite del Premio “Giorgio Cavallo” organizzato dalla Famiglia Abruzzese e Molisana in Piemonte e Valle d’Aosta (FAMPV). Il programma dell’evento prevede letture dalla “Cronica Aquilana” di Buccio di Ranallo e brani tratti da “Il libro segreto” di Gabriele d’Annunzio, con la voce di Barbara Chiarilli, attrice e regista teatrale; la presentazione del volume “L’Aquila nel Mondo” di Goffredo Palmerini, giornalista e scrittore aquilano, consigliere del CRAM, con Carlo Di Giambattista (manager, medico e alpinista, nonché presidente della FAMPV ), presente l’autore; infine la consegna del Premio “Giorgio Cavallo” 2010, conferito alla Fondazione La Stampa “Specchio dei Tempi” nelle mani del suo presidente Roberto Bellato, per l’impegno profuso a favore dell’Abruzzo colpito dal sisma.

Domenica 19 dicembre, alle ore 18, in Lombardia l’appuntamento per la presentazione del volume è con Carlo Zanini, presidente dell’Associazione teatrale “Non a caso” e volontario Caritas, che in più occasioni è stato presente all’Aquila per iniziative di solidarietà alle popolazioni terremotate. L’incontro, organizzato dalla Compagnia teatrale presso l’Oratorio “San Luigi” a Corsico, cittadina alle porte di Milano, è aperto a tutte le associazioni di volontariato che hanno partecipato ai progetti d’aiuto nei centri colpiti dal sisma del 2009.

Lunedì pomeriggio, infine, la missione di Palmerini in nord Italia per la presentazione del suo libro si conclude a Desenzano del Garda, ospite della locale Associazione culturale “I Gnari de Colatera”, sodalizio che si è particolarmente distinto dopo il sisma con aiuti concreti al 4° Circolo didattico “Galileo Galilei” di Paganica e con altre iniziative sociali e di solidarietà, realizzate in tandem con il locale Gruppo Alpini “Mario Rossi”. In gennaio sono previsti altre iniziative di presentazione del volume a Modica (Ragusa) e Ravenna, poi in Svizzera, nelle città di Basilea, Biel e Zurigo.




In Argentina un programma radiofonico abruzzese

In Argentina un programma radiofonico abruzzese

BUENOS AIRES – Il 5 febbraio 2011 prenderà il via, in Argentina, “CiaoAbruzzo”, programma radiofonico tutto abruzzese realizzato dai giovani dell’Associazione Villa San Vincenzo di Guardiagrele, in San Martin. E’ il secondo programma radiofonico esclusivamente dedicato all’Abruzzo in Argentina, dove attualmente già esiste “SvegliaAbruzzo”, realizzato anch’esso da giovani, appartenenti però al Centro Abruzzese di Mar del Plata.

Il nuovo programma andrà in onda ogni sabato, dalle 14 alle 15 ora argentina (dalle 19 alle 20, ora italiana) e sarà trasmesso da Radio Simphony. Potrà essere ascoltato in tutto il mondo, direttamente dalla pagina web www.fm913.com.ar. L’obiettivo dei giovani conduttori del programma è diffondere la cultura abruzzese e al tempo stesso parlare di musica, folklore, turismo, gastronomia, politica, sport e dell’attualità in Abruzzo, per dare il massimo d’informazione regionale che arrivi agli italoabruzzesi sparsi in Argentina.

E’ importante sottolineare che questo obiettivo è stato raggiunto grazie agli incontri promossi e realizzati ad opera della FEDAMO, la Federazione di Istituzioni Abruzzesi in Argentina. I giovani di “CiaoAbruzzo”, infatti, hanno potuto dar forma al loro progetto grazie ai conduttori di “SvegliaAbruzzo” che hanno assecondato l’iniziativa con la loro esperienza professionale e con il sostegno. Il loro aiuto è stato essenziale. Intanto il progetto sta diventando giorno dopo giorno una realtà. Lo staff di “CiaoAbruzzo” nutre la speranza che tutti gli abruzzesi, in Abruzzo e in Argentina, ascoltino e partecipino numerosi al programma.

Federico Mandl