Alba Adriatica. Parcheggio disabili: “Lei non sa chi sono io!”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera giunta in redazione

Preg.mo Direttore,

Buonasera,

Sono un cittadino, da poco tempo ad Alba Adriatica (TE); quanto racconterò vuole smuovere il mondo intellettuale locale e riflettere sulla degenerazione civica che imperversa anche nella vostra/nostra zona. Il racconto è rispettoso della privacy altrui. Si comprenda, leggendo le seguenti righe: lo sconforto, il disgusto, la delusione e l’ingiustizia subìta. Dunque, sintetizzando di molto,  riferisco del comportamento esecrabile accaduto davanti alla filiale di un Istituto di credito di Alba Adriatica (TE), e che coinvolge un libero professionista locale e il direttore dell’istituto; categorie convenzionalmente “di riguardo”.

I FATTI: un giorno, vengo attirato da sghignazzi e battute ironiche da parte di due persone  a piedi e di fronte ad una banca albense: le frasi suonavano più o meno così: “ah!ah!ah! sul parcheggio degli handicappati…ah!ah!ah!…”: un signore a bordo di un auto aveva appena parcheggiato nello spazio disabili adiacente all’istituto. Era evidente che si conoscessero e che probabilmente si erano dati appuntamento; il tizio scendendo dall’auto si unisce allo scherno degli altri due, come compiaciuto.

In un primo momento spero che il conducente incivile non si allontani completamente dall’auto; mi sbagliavo. Decido di “intervenire”. Mi avvicino, faccio presente cortesemente la situazione. Immediatamente, vengo aggredito dal soggetto interessato che si avvicina al mio viso e con urla e sbraiti mi vomita addosso frasi del tipo “lei chi è!?…si qualifichi!?” e poi ancora:”…io sono un avvocato!”,”…se ne vada…!..se ne vada…!”. Poi sento, uno dei suoi “amici” sbraitare con complicità contro di me dicendo: “sono il direttore della banca”. Tutto in un crescendo di urla ed animosità, sorprendenti e spropositati. La “mia colpa”, a dire dell’ avvocato incivile, è di aver usato del…sarcasmo…!?!…mah! come se questo fosse un motivo superiore al comportamento anti-disabile. Il terzo signore, invero, sembrava solidale con me, ma inerte. Diciamo che poi sono riuscito a far spostare l’auto, ma SOLO perchè anche io “ero qualcuno”. IRONIA: la mia passione per le scienze umanistiche mi ha aiutato probabilmente a “spiegare” l’accaduto, ergo: ho assistito ad una manifestazione primordiale di virilità/status-sociale, prevalentemente del primate maschio italiota nota come “lei non sa chi sono io”. Egoismo, individualismo, apparenza, egocentrismo e “lesa maestà” sono stati messi in evidenza nella vicenda; a discapito del senso civico e della sensibilità sociale specie dei soggetti più deboli come gli handicappati, che evidentemente non possono permettersi di parcheggiare altrove o attendere. E’ molto importante per me se questa lettera avesse enfasi mediatica locale; gli autori di tale vergogna, ne sono convinto, tenderanno tra loro a minimizzare l’accaduto, romanzando i fatti, spostando vilmente le responsabilità su altri. Comunque l’esposizione mediatica, il passaparola e il dibattito  sortirebbero comunque più attenzione verso i diversamente abili e il risveglio di qualche coscienza assopita, forse anche dei protagonisti della vicenda.

CONSIDERAZIONI FINALI: una minoranza di italiani sta cercando di far capire quanto conti avere nei vertici istituzionali e non, a mo’ di esempio, persone dallo spessore etico; stimabili e serie. Certo poi dovremmo “azzerare culturalmente” una parte della società italiana, “lavorando” sulle nuove generazioni creando strumenti idonei (scuola e TV); al fine di combattere il conformismo e i comportamenti indotti.  Infine suona beffarda la presentazione nel sito dell’istituto, dove vengono decantati con  criteri etici le assunzioni del personale. Spero in una società in cui sia il figlioletto piccolo a riprendere il genitore del tipo: “papà questo è il posto riservato ai disabili: qui non si parcheggia”.

N.B.: La presente è stata inviata anche alle Associazioni della categoria per opportuna conoscenza.

Firma: Un neo-cittadino albense disgustato (

come da Normativa vigente a tutela dei dati personali. (D.Lgs. 196/03), abbiamo omesso i nomi dell’autore della lettera e dei personaggi coinvolti. La redazione rimane a disposizione per eventuali repliche.

Abbiamo omesso anche l’indirizzo mail del nostro lettore.




Gentile Direttore, la prego, non pensi male di me. Quanto segue introduce una importante questione di giustizia sociale che interessa ogni abitante di questa penisola.

Gentile Direttore,

la prego, non pensi male di me.

Quanto segue introduce una importante
questione di giustizia sociale
che interessa ogni abitante
di questa penisola.

Con accorata preghiera
di considerazione:

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Le due forme della corruzione
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E’ ben noto a chiunque che nella Funzione Pubblica la corruzione alligna sempre più.
In magna pompa la stessa casta dei magistrati lo ha confermato proprio in questi giorni.

I buoni osservatori della vita sociale sanno però che non esiste la sola corruzione economica, finanziaria, fatta di mazzette di denaro e vari altri indegni emolumenti, di cui si soffermano a parlare i giudici. Esiste pure un’altra corruzione, perfino più dannosa perché ovunque ed in profondità essa sparge i suoi malefici effetti e silenziosamente apre la strada all’altra. Questa corruzione è quella di una cultura che è rimasta ostaggio di un sistema finto pubblico, un’autentica proprietà privata degli statali, degli assunti a vita in ruoli che appartengono però alla collettività, all’intero popolo italiano, del quale antidemocratico sistema le Università in mano a baroni e baronesse sono tassello centrale e fautrici primarie.

Di questa corruzione culturale la congrega dei magistrati non tratta, avendovi essa stessa un ruolo importante. Hanno forse mai evidenziato, tali paludati giudici a vita, che con la loro pompa cercano invano di acquistare quella stima che in ben altro modo modeste e capaci persone si guadagnerebbero, il fatto che la popolazione viene metodicamente addomesticata, controllata, giudicata e repressa, oltre che gabellata, da una minoranza chiusa nei suoi privilegi, da un ordine elitario che sessantatrè anni fa non avrebbe dovuto sopravvivere alla caduta dell’apice della dittatura fascista perché proprio di quel regime esso era l’autoritario corpo burocratico, conservandosi tutt’oggi pressoché immutato nella sua concezione, piglio e struttura?

Hanno forse mai messo in discussione, tali ampollosi personaggi, il fatto che noi comuni, noi semplici, insignificanti cittadini qualsiasi, noi che NON siamo statali, noi che non ci siamo appropriati a vita di un ruolo, di un potere, di un reddito pubblico, veniano giudicati da gente che non conosce, che mai esperisce l’impotente, sconsolata sottomessa vita che invece noi ci tocca massivamente quotidianamente vivere?

Come si può ammettere, signore e signori Giudici, che i cittadini siano ancora oggi osservati, pesati, vagliati, criticati e puniti da una confraternita di persone che, accettando un ruolo pubblico a vita, si sono automaticamente trasformate in despoti, visto che proprio nella periodica restituzione al popolo di ciò che è pubblico si configura il carattere essenziale della Democrazia? Non sarebbe forse giusto, logico e dovuto che noi stessi cittadini selezionassimo tra noi periodicamente dei probiviri incaricati di compiere le loro valutazioni su fatti accaduti a loro simili e terminato che fosse un tempo opportuno di attività se ne tornassero ad altre di diversa natura per non fossilizzarsi, irrigidirsi, corrompersi in un ruolo che andrebbe ricoperto da gente sempre fresca, capace di stupirsi ed indignarsi per l’eventuale schifo che vi si fosse accumulato?

Se invece che alla vostra casta di assunti a vita la giustizia fosse affidata a rotazione a cittadini preparati forse non diminuirebbe l’esorbitante numero di leggi, spesso arzigogolate ed ignote perfino a chi ha la spudorata pretesa di applicarle con una dose zero di tolleranza, cui noi donne ed uomini qualunque dobbiamo sottostare sotto la minaccia delle armi di vostri colleghi assunti anch’essi a vita in ruoli che la definizione stessa di pubblico avrebbe dovuto, fin dal primo vagito della nostra Res Publica, far divenire oggetto di condivisione? Che forse, venendo la giustizia gestita da noi coinvolti cittadini, non scomparirebbe immediatamente l’oceano di scartoffie che invece sommerge voi? Non scaricate responsabilità che son innanzitutto vostre su politici che non vi piacciono. I politici tutti sono figli di quella stessa finzione ed incultura che affliggono le Università ed il loro superficiale operato proprio in esse trova la sua genesi.

Le Università divengano allora fucina catalizzatrice di quella continua maturazione umana e sociale, di quella evoluzione, di quel consapevole mutamento che rappresenta il senso stesso della parola cultura. Per tutto ciò ai baroni, ai giudici, agli statali tutti giunga pacificamente, legalmente, civilmente questo messaggio: gradite uscire ordinatamente fuori dai Pubblici Uffici, dai nostri Uffici, dagli Uffici che appartengono al popolo italiano e per questo da esso e non più da una sua minoranza spocchiosa meritano di essere gestiti.

Uscite dai Pubblici Uffici e cercatevi qualcosa di buono da fare. Ma non cercatelo più nel settore pubblico, di certo non per ora. Chi gli altri ha escluso non può che a sua volta venire escluso. Trovatevi invece finalmente un lavoro produttivo nel modo in cui lo fa la gente comune, in cui lo facciamo tutti noi che mai nulla abbiamo contato. Vivete la nostra vita. Così capirete cosa vuol dire essere sudditi. E se non vi piacerà, così come non è piaciuto a noi, affermate anche voi a gran voce i due sacrosanti principi della Democrazia:

1) quanto di pertinenza e proprietà della Collettività va condiviso,
2) quanto di pertinenza e proprietà della Persona va rispettato.

Gridate anche voi:

MAI PIU’ STATALI, MAI PIU’ ASSUNTI A VITA IN RUOLI PUBBLICI!
LARGO INVECE A SEMPLICI CITTADINI COMPETENTI A ROTAZIONE!

Solo allora guadagnerete quel diritto di cui ci avete privato per 63 anni.

Danilo D’Antonio

all’ombra del Gran Sasso
il giorno 28/02/42

col cuore proteso verso coloro
che si ritrovano prigionieri in carceri inumane
solo per esser nati in una società mantenuta confusa,
antipartecipativa e retrograda dagli statali

tel. 339 5014947

http://Il-Gran-Complotto-degli-Statali.hyperlinker.org




Carissimi, con immensa soddisfazione anche oggi metto online la rivista cristiana Voci dell’Anima

Carissimi,

con immensa soddisfazione anche oggi metto online la rivista cristiana Voci dell’Anima. La trovate come di consueto nella sezione Voci dell’Anima del sito http://www.mooncity.it – sezione anno 2010/2011. Siamo al numero 44 che vede l’ingresso di due nuovi collaboratori. Lo scultore Cosimo Allera e la pittrice Daniela Dian. Il primo nasce a Gioia Tauro il 22 Maggio del 1962. “Domina nell’arte scultorea di Cosimo Allere una realtà nostalgica ma virile dove il pianto viene soffocato dalla speranza. C’è, infatti, nell’animo dell’artista una ricerca e una invocazione a uscire dalla quotidianità condannata all’egoismo, per un esigente impegno sociale dove la forza del discorso umanitario si impone nell’assieme della cultura plasmando il freddo ferro di una armonia poetica non indifferente. Questa è la voce e la forza di Cosimo Allera, scultore in ferro”.

Della seconda vi segnalo il sito http://www.danieladian.com/, dove potete trovare notizie su di lei e tutte le sue opere. Su questa rivista inaugura una sezione speciale dedicata al Cantico dei Cantici, stupenda opera incentrata sull’amore umano, visto come dono di Dio.

E ora veniamo al tema di questo editoriale: la dignità della donna, sul quale ho avuto modo di riflettere in questo mese. Innanzitutto cosa si intende per dignità? Credo che molti oggi la vedano coincidere con la libertà di decidere per se stessi quello che si ritiene giusto. Nel caso della donna, però, non ci accorgiamo di venire continuamente imboccati e soprattutto del fatto che lei non decide mai. Ha l’illusione di farlo, ma di fatto non è così. Voglio concentrarmi su due eventi, uno virtuale, l’altro reale.

Il primo mi arriva con questo messaggio su Facebook: “Quest’anno, a sostegno della campagna contro il cancro alla mammella, è stato proposto a noi donne di utilizzare FB per dare maggiore coscienza a questa malattia. Unisciti a noi per dare sostegno a questa azione. L’anno passato fu scelto come tema il colore del reggiseno e ciò fece sì che gli uomini si chiedessero come mai su Facebook comparissero tanti colori. Quest’anno si è scelto come tema la nostra situazione sentimentale. Per cui scegli la seguente bibita: *Tequila: sono single; *Rum: sono una donna “touch and go”; *Champagne: sono una donna impegnata (fidanzata); *Redbull: ho una relazione; *Cerveja: sono sposata; *Vodka: sono “altro”; *Sprite: non riesco ad incontrare l’uomo giusto; *Whisky: sono una donna semplice che ha solo voglia di “festeggiare”; *Liquore: voglio restare single; *Gin: voglio sposarmi.

Ora, tutto ciò che devi fare è scrivere la risposta nel tuo “stato” di FB (non rispondere a questo messaggio). Poi copia e incolla questo messaggio ed invialo alle tue amiche di FB come messaggio personale. Il gioco del reggiseno arrivò ai giornali!!! Dimostriamo ancora una volta la forza delle donne…”. Esprimo il mio personale pensiero: mi dispiace molto constatare come in una società libera, civilizzata e moderna come la nostra si riesca ancora ad associare la donna solo al reggiseno, che naturalmente rimanda alla grandezza del seno e, dunque, alle sue misure. Oppure agli alcolici, della serie donna ubriaca più disponibile? Ma dai… Sono entrambe delle associazioni che fanno gli uomini e torna il punto di vista maschilista. Te credo che il gioco del reggiseno arrivò ai giornali… parliamo di indumenti intimi femminili e tutte le telecamere puntate sulla nuova idiozia del “presunto” vero potere femminile. Coraggio donne, apriamo gli occhi… Se mettiamo insieme tutti gli stati, ne viene fuori uno mastodontico e agghiacciante che non corrisponde appieno alla vera natura femminile, forse nemmeno ci si avvicina, ma esprime bene il modo in cui la società presenta le donne di oggi. Mi chiedo perché non sono stati messi stati tipo: “sono felicemente sposata“, oppure “Ho trovato la mia strada“, “Voglio mettermi seriamente alla prova in campo sentimentale“, “Voglio aprirmi alla tenerezza dell’amore coniugale“. Forse che essi non “sposano” l’ideale femminile? A voi l’ardua sentenza…

Il secondo evento è quello della recente manifestazione per la dignità della donna. Anche qui esprimo il mio pensiero: la trovo una manifestazione decisamente inutile e strumentalizzante. Penso che lo sbaglio più grande sia proprio quello di vedere incarnata in una sola persona tutti i mali dell’Italia e anche quelli del mondo (tanto ci manca poco). Si sta colpevolizzando una persona sola, la si sta attaccando da più parti tranne l’unica che io, personalmente, ma spero anche altri vorrebbero sentire davvero: le grandi questioni che riguardano tutti noi. I programmi politici. A me non me ne importa niente della vita privata del premier e sono scioccata dal modo in cui questa opposizione strumentalizza tutto, ma proprio tutto, per portare giù Berlusconi e quindi il governo attuale, sperando che ci beviamo la favola che ci risolveranno tutti i guai? Ma dove?? Se non hanno nemmeno la decenza di essere vera opposizione e portare in campo argomenti validi. Ultima cosa adesso si mettono a fare i moralisti a indire manifestazioni per la dignità della donna… Naturalmente è colpa di Berlusconi se la dignità della donna viene calpestata. Non mi sento minimamente offesa dal (presunto) comportamento sessuale del premier, quanto dalla costante mercificazione che la tv e i nuovi mezzi di comunicazione fanno della donna e del suo corpo e noi solo ora ci mettiamo a parlare?? Solo ora siamo stanche di sedere e seno che vengono mostrate senza alcun pudore, di ragazze oche, di showgirl e veline diventate il mito irraggiungibile delle ragazze di oggi??? Di film basati tutti su un’unica cosa… Basta guardare i programmi e i vari giochi televisivi per capire che cosa si pensa realmente della donna. Se vogliamo cambiare le cose, se le vogliamo cambiare davvero, prima dobbiamo cambiare il nostro cuore e la nostra testa, chiederci se le moderne libertà ci fanno davvero bene, chiederci di cosa le donne abbiano veramente bisogno.

Mi piace l’atteggiamento di Gesù in questo, che davanti a tutti gli accusatori che oggi sono quelli che mercificano la donna, la tratta con la dignità che Dio stesso gli ha donato. Tanti pensano che la Chiesa abbia paura delle donne o non dia loro sufficiente dignità, quando è vero esattamente il contrario. È questa società a fare della donna ciò che non è, a scegliere come si deve vestire, come deve parlare e cosa deve pensare… La vera libertà e dignità della donna sta nella vocazione che Dio le ha dato.

Buona lettura

Ave Maria

Annarita Petrino
www.mooncity.it

“Allora ho voluto far abitare la mia anima in Cielo, perché guardasse le cose della terra solo da lontano.”
Teresa di Lisieux

“Ti stimo collaboratrice di Dio stesso e sostegno delle membra vacillanti del suo ineffabile corpo”
Santa Chiara D’Assisi




Italia. Gentile Direttore, le scrivo per raccontare come cambia il lavoro anche per i professionisti

Gentile Direttore,

le scrivo per raccontare come cambia il lavoro anche per i professionisti. Non le scrivo per lamentarmi, d’altronde non ne avrei motivo, quanto piuttosto per condividere un’analisi che magari potrebbe essere utile anche ad altri professionisti.

Siamo in una fase di transizione da un modello di welfare state universalistico ad un modello di welfare state residuale, che punta ad uno stato minimo che si occupa delle emergenze e dei bisogni più urgenti dei cittadini.

La questione interessante, dal punto di vista di chi compie un’analisi di tipo socio-antropologico, è che siamo in mezzo al guado, siamo cioè in quella situazione in cui “non siamo più”, ma “non siamo ancora”.

Per molti anni ho studiato e ho condotto ricerche socio-antropologiche in loco relativamente alla transizione dal modello socialista al modello di libero mercato occidentale che è avvenuto a seguito della caduta del muro di Berlino nei paesi dell’Est Europa.

La transizione tra quei due modelli di organizzazione dello stato così profondamente diversi, anche da un punto di vista di concezioni e di valori di riferimento, oltre che economico politiche ha portato molte difficoltà.

La transizione è avvenuta molto velocemente e non è stata accompagnata da una transizione di crescita culturale; così i cittadini spesso non hanno avuto modo di essere pronti al cambiamento che li attendeva.

Questo ha comportato un arretramento dell’intervento dello stato, a cui non ha corrisposto una maggiore intraprendenza imprenditoriale dei cittadini.

Molti cittadini si sono persi.

Sono aumentate moltissimo le situazioni di persone che hanno perso tutto, compresa la casa.

In molti casi, il vuoto di potere e di Stato è stato occupato da persone e attività senza troppi scrupoli, anche a stretto contatto con la criminalità che contemporaneamente si è strutturata e organizzata per andare a gestire gli spazi di mercato rimasti liberi.

In altri casi, il socialismo di Stato è stato sostituito da una sorta di mercato sociale e comunitario, in cui nei piccoli villaggi ogni persona e nucleo familiare ha incominciato ad essere risorsa per l’altra, non tanto in termini assistenziali e di supporto, quanto piuttosto in termini di micro-mercato, di micro-economia, spesso in situazioni di legalità border-line.

Faccio qualche esempio, per rendere comprensibile il fenomeno che si è verificato.

Nei villaggi al confine con la Russia, ci sono persone riconosciute dalla comunità locale che oltrepassano legalmente il confine russo, con tanto di visto, acquistano beni che oltre confine costano meno (come nel caso della benzina) e tornano al proprio villaggio, rivendendo alla comunità locale la merce ad un prezzo significativamente più conveniente del prezzo di mercato e tenendo una parte come provvigione. Un altro caso è quello della piccola produzione agricola. Ogni famiglia ha una piccola produzione di verdura e frutta che utilizza per sé e in parte vende al vicinato, che ricambia con altra merce o altri servizi.

Ad Aluksne, piccolo paese in Lettonia al confine con la Russia e l’Estonia, a circa 200km dalla capitale Riga, nel corso degli studi e delle ricerche che ho svolto lì, ho avuto modo di conoscere una persona che una volta alla settimana va a Riga. Questi va in auto e, nei giorni precedenti, fa sapere a tutto il paese che andrà a Riga, così se qualcuno ha necessità può utilizzare questo viaggio, come se fosse quasi un servizio pubblico pagando in maniera “informale” (in Italia diremmo in nero, ma quante volte i giovani che vanno a divertirsi il sabato sera dividono i costi della benzina?) un contributo equivalente al biglietto del bus che è più scomodo, più lento e magari in orari non utili.

In questa maniera, la persona che prende la macchina si ripaga interamente il viaggio e, se l’auto è al completo riesce anche a ritagliare una parte per sé.

È fare impresa? Certamente no. Senz’altro è un tipo di micro-economia che a seconda delle scuole di pensiero possiamo ipotizzare primitiva o molto avanzata.

Anche noi in Italia siamo in una fase di transizione.

Senz’altro le generazioni a seguire saranno più attrezzate di strumenti culturali, sociali e di approccio alla vita rispetto alle generazioni che oggi si trovano “in mezzo al guado”, le generazioni dei 30enni, 40enni e 50enni.

Questa premessa mi è utile per raccontare i cambiamenti che nel mio ambito professionale ho cercato di governare.

Da oltre 15 anni mi occupo di Sviluppo di Comunità, sia come project manager, che come formatore, consulente e valutatore degli interventi. Sono stato consulente di diversi pubblici amministratori del nord Italia, nella progettazione e pianificazione delle politiche che in diverso modo declinano lo sviluppo locale. Lo Sviluppo di Comunità è una scienza relativamente recente che trova applicazione all’interno delle comunità locali per promuoverne una crescita da un punto di vista psico-sociale, antropologico e culturale.

Molte delle applicazioni più significative di questo approccio sono state realizzate soprattutto negli Stati Uniti e in Italia le esperienze con maggiori risultati sono state realizzate nel Nord Est.

Lo Sviluppo di Comunità è un insieme di metodologie e strumenti che danno vita ad interventi che hanno la finalità di far crescere e sviluppare una comunità locale (composta dalle persone che condividono l’abitare in uno stesso quartiere, territorio, paese) dal punto di vista dell’appartenenza e della partecipazione responsabile dei cittadini alla risoluzione diretta dei problemi che vivono all’interno del proprio contesto di vita.

In particolare, all’interno del più ampio Sviluppo di Comunità, io mi occupo specificatamente dell’attivazione, dell’alimentazione, della manutenzione e della valutazione della partecipazione.

Negli anni, ho avuto modo di mettere a disposizione le mie competenze come consulente di pubblici amministratori per la definizione delle politiche di sviluppo locale, ma all’interno dei Contratti di Quartiere per la riqualificazione partecipata delle città, piuttosto che nelle politiche per la sicurezza, l’inclusione sociale o lo sviluppo e il benessere organizzativo.

Da alcuni anni, si è verificato un qualificarsi e ad un selezionarsi delle richieste da parte del settore pubblico, cioè sono diminuite le richieste, soprattutto generiche ed “esplorative” da parte dei soggetti pubblici e si sono meglio definite.

In altre parole, hanno iniziato a cercarmi solo più enti e istituzioni realmente interessati ad avvalersi della mia consulenza e con la disponibilità economica pronta a sostenere gli interventi e le politiche volte allo sviluppo locale, micro-socale, psico-sociale e di comunità atteso dall’amministrazione, mentre sono drasticamente calate quelle richieste “esplorative” utili a comprendere che tipo di lavoro si potrebbe fare e a quali costi.

Questo fenomeno è senz’altro un bene, perché consente di non sprecare tempo prezioso dietro a lavori che poi non portano a nulla e consente anche agli enti di risparmiare su ipotesi di progetti che poi non hanno il supporto economico per poter essere realizzati ed ottenere dei risultati concreti.

D’altro canto i privati, le aziende e le organizzazioni hanno iniziato a cercarmi per svilupparsi e crescere dal punto di vista dei funzionamenti organizzativi, della responsabilizzazione e motivazione del personale e per tutte quelle attività che afferiscono alla manutenzione, riparazione e sviluppo dell’organizzazione, non solo in termini di benessere organizzativo.

Questo mi ha portato a commutare e declinare le competenze che ho, al fine di utilizzarle all’interno di contesti organizzativi.

Oggi accanto alle richieste selettive del pubblico, molto del mio lavoro è proprio quello di “meccanico delle organizzazioni”.

Spesso vengo chiamato quando ci sono organizzazioni che si trovano di fronte ad un momento di ristrutturazione o di transizione organizzativa, che necessita un sistema impresa-azienda più compatto e pronto nel suo insieme ad affrontare le sfide di una competitività che richiede sempre più di essere squadra ai lavoratori che fanno parte di un’impresa e di affrontare con responsabilità diffusa un lavoro che richiede sempre più di essere realizzato con una logica per obiettivi più che per compiti.

Oggi, forse, le categorie classiche di una analisi marxista della società, capitale e proletariato, si trovano sulla stessa barca e se “affonda” una delle due componenti, inevitabilmente anche l’altra va giù.

Spero che questa mia lettura e questa mia testimonianza possa essere utile anche per altri professionisti o lavoratori, nello sprone a comprendere come rideclinare e rimodulare le proprie competenze finalizzandole al soddisfacimento di nuovi bisogni o nuove richieste.

Simone Deflorian

deflorian@studiokappa.it

http://www.studiokappa.it/viewpage.php?page_id=1




Teramo. Rissa tra un immigrato e un teramano. Riceviamo e pubblichiamo

Teramo. Rissa tra un immigrato e un teramano. Riceviamo e pubblichiamo
Teramo, 10 febbraio. Rissa tra un immigrato e un teramano questa mattina intorno alle 8:40 sull’autobus Arpa Giulianova-Teramo. I fatti: alla fermata di Bellante salgono due uomini adulti che  nel caos dell’autobus, come al solito affollato all’inverosimile, si ritrovano accalcati. Il teramano si rivolge all’extracomunitario di colore con toni minacciosi intimandogli: “allontanati perchè puzzi” . I due iniziano a spintonarsi e a coprirsi d’insulti impressionando i passeggeri ma non l’autista che continua imperterrito la sua marcia. Subito dopo la fermata di Piano d’Accio l’italiano decide di passare alle vie di fatto e colpisce con un paio di cazzotti al volto il rivale che si allontana verso la porta centrale mentre alcune donne gridano all’autista di fermarsi e farli scendere. Breve sosta del dipendente Arpa che ritenendo chiuso l’episodio riparte. A questo punto il bianco decide che è l’ora di chiuderla con il nero, che a suo dire “non stà zitto anche se non ha il biglietto e puzza” , e lo prende a calci costringendolo a scendere di corsa dal mezzo pubblico nel frattempo arrivato alla fermata di Viale Crispi. L’uomo aggredito si dilegua mentre l’autista fa una telefonata .Due studentesse intimorite e scandalizzate scendono gridando contro “l’Arpa che oltre all’affollamento bestiale di questa linea ci costringe a sopportare queste scene”. Qualcuno prova a chiamare i carabinieri ma il pullmann arriva a destinazione, a piazzale San Francesco dove l’altro protagonista scende, indisturbato, pochi minuti dopo, senza l’intervento di nessuna forza di pubblica sicurezza. Tra i pendolari rabbia, rassegnazione e un pò di cinismo.
Alberto Piccinini
ai sensi di legge autorizzo la pubblicazione a.p.



Giulianova. Caro Direttore, ….di Annarita Petrino

Caro Direttore, ….di Annarita Petrino

“Cari figli, vi radunate intorno a me, cercate la vostra strada, cercate, cercate la verità, ma dimenticate la cosa più importante: dimenticate di pregare correttamente. Le vostre labbra pronunciano parole senza numero, ma il vostro spirito non prova nulla. Vagando nelle tenebre, immaginate anche Dio stesso secondo il vostro modo di pensare e non quale è veramente nel suo Amore. Cari figli, la vera preghiera proviene dalla profondità del vostro cuore, dalla vostra sofferenza, dalla vostra gioia, dalla vostra richiesta di perdono dei peccati. Questa è la via per la conoscenza del vero Dio e con ciò stesso anche di sé stessi, perché siete creati a Sua immagine. La preghiera vi condurrà al compimento del mio desiderio, della mia missione qui con voi, l’unità nella famiglia di Dio. Vi ringrazio.”

Carissimi, già dalle primissime parole di questo messaggio mi è sembrato che la Madonna stesse parlando delle Sue apparizioni a Medjugorje, dalla constatazione, cioè, che al momento dell’apparizione sono presenti, in genere, centinaia di pellegrini, che fisicamente si trovano intorno alla veggente. Per non parlare di tutti coloro, che si uniscono in comunione nella preghiera in quel momento o di tutti quelli che sono in attesa del messaggio. Cosa c’è di male in questo? Niente all’apparenza. Se non fosse per il fatto che la Madonna, apparendo, legge nei cuori di tutti i presenti e di tutti gli altri, vi legge il desiderio di verità che certo anima ciascuno di noi. Ascolta di certo tutte le preghiere pronunciate in quel momento, ma spesso esse Le giungono prive di ogni vero contenuto, ossia di quella partecipazione dell’anima e di quell’effettivo abbandono alla volontà del Padre che è anima stessa della preghiera. Dunque ci spiega cosa significa esattamente pregare. Significa amare, gioire, soffrire, pentirsi, chiedere perdono, in una parola… vivere! Una vita vissuta senza una reale partecipazione dell’anima e senza passi che, concretamente, conducano a Dio, è una vita sprecata. Le apparizioni della Madonna, in fondo, se ci pensiamo bene, hanno il solo scopo di portarci a una migliore conoscenza di Dio. Riunirsi intorno a Lei, o pregarLa senza avere questa intenzione, non ha senso.

Ave Maria

Annarita Petrino
www.mooncity.it

“Allora ho voluto far abitare la mia anima in Cielo, perché guardasse le cose della terra solo da lontano.”
Teresa di Lisieux

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Giulianova. Caro Direttore……Carissimi a quanto pare è tornato tutto a posto. Un caro saluto

Carissimi a quanto pare è tornato tutto a posto.


Un caro saluto



Cari figli! Anche oggi sono con voi e vi guardo, vi benedico e non perdo la speranza che questo mondo cambierà in bene e che la pace regnerà nei cuori degli uomini. La gioia regnerà nel mondo perché vi siete aperti alla mia chiamata e all’amore di Dio. Lo Spirito Santo cambia la moltitudine di coloro che hanno detto si. Perciò desidero dirvi: grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Carissimi,

la prima cosa che mi ha colpito in questo messaggio è il chiaro segno di speranza e di fiducia che la Madonna nutre nei nostri confronti. Rispondiamo a questa domanda: riusciamo a essere ottimisti e pieni di speranza mentre guardiamo i tg, leggiamo i giornali o navighiamo in internet? Non ci assale forse un senso di opprimente angoscia di fronte a quelle che, più che notizie, sembrano bollettini di morte? Non ci sentiamo tristi di fronte allo scempio della dignità umana che si perpetua ancora ai nostri giorni? Eppure la Madonna, che da lassù guarda e vede tutto, è sicura che “il mondo cambierà in bene e che la pace regnerà nei cuori degli uomini”! Guardate, sono parole importanti perché gettano uno sguardo di speranza sul futuro del mondo. Ci promette che la gioia regnerà, quella gioia alla quale tende ogni uomo. E ci introduce all’importante ruolo dello Spirito Santo, che essendo l’Amore che unisce il Padre al Figlio, è anche quella potenza tutta divina che può cambiare i cuori di quelli che hanno detto sì! Non c’è più da esitare.

Ave Maria

Annarita Petrino

Annarita Petrino
www.mooncity.it

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Colonnella (TE). Caro Direttore, cosa succede alla ATR di Colonnella?

Caro Direttore,

Il 19 Gennaio si è chiuso l’ultimo bando per la vendita della ATR di Colonella (si vende o fallimento).

il Link del bando: http://www.atrgroup.it/procedura-1.php

Una chiusura che sul territorio avrà effetti devastanti sul piano occupazionale. L’intero paese sacrificherà un centro tecnologico, da queste considerazioni nasce una serie di domande.

  1. Il bando ha avuto successo oppure no?
  2. chi ha partecipato al bando?
  3. perchè zero offerte al primo bando?
  4. perchè un azienda che vuole acquisire ATR non presenta un’offerta al primo bando?
  5. perchè si dice che invece si presenti al secondo?
  6. Terraciano annuncia di voler salvaguardare i posti di lavoro. Come? ma sopratutto quando?
  7. I politici che fanno?
  8. Ma sopratutto Pierantozzi, non parteciperà in una di queste offerte?

in attesa che la classe politica e gli organi dirigenziali rispondano, le porgo distinti saluti

Lettera Firmata




Lettere in redazione: Sono qui umilmente a riferire di una triste situazione che dura ormai da 64 anni e che vede i cittadini italiani succubi e sudditi di coloro i quali si sono totalmente accaparrati la Res Publica: gli statali, gli assunti a vita in ruoli ch’eppure sono di proprietà dell’intero popolo italiano.

Gentile Direttore,

Le presento i miei migliori riguardi.

Sono qui umilmente a riferire di una triste situazione che dura ormai da 64 anni e che vede i cittadini italiani succubi e sudditi di coloro i quali si sono totalmente accaparrati la Res Publica: gli statali, gli assunti a vita in ruoli ch’eppure sono di proprietà dell’intero popolo italiano.

La prego, mi permetta: l’intera nostra Funzione Pubblica soffre di una eredità storica che risale ad epoca pre-democratica, ai tempi della dittatura precedente la fine della seconda guerra mondiale. A quel tempo era in uso fidelizzare una minoranza della popolazione con l’assunzione a vita nel pubblico impiego allo scopo di imporre la volontà del monarca/despota sulla parte restante della popolazione. Con la fine della guerra e l’avvento della Democrazia i ruoli della Res Publica avrebbero dovuto essere regolarmente restituiti al popolo e redistribuiti tra tutti i cittadini aventi i requisiti necessari, così come democraticamente infatti avvenne per i ruoli di governo. Così però non è stato a causa di intere generazioni di politici corrotti che hanno preferito barattare posti pubblici in cambio di voti nonché di una cultura ch’è rimasta prigioniera e schiava dei baroni della scuola ed università.

Sono dunque qui a chiedere di partecipare al processo di liberazione della nostra malridotta società dall’assunzione a vita nel pubblico impiego e dagli statali tutti: noi cittadini siamo letteralmente ostaggio più di costoro che della casta dei politici. I politici, volenti o nolenti, si devono rimettere in ballo ad ogni elezione. Gli statali, da perfetti micro dittatori quali sono, detengono a vita ruoli, poteri e redditi che andrebbero invece condivisi così come di rigore per ogni bene comune. Tant’è che diversi statali, dopo decenni di permanenza nei Pubblici Uffici, divengono perfino più potenti dei governanti.

Pretendiamo dunque ciò che ci spetta di diritto: il licenziamento di tutti coloro che indebitamente sono stati assunti a vita nei fondamentali ruoli di proprietà collettiva e l’assegnazione di questi ultimi a rotazione a cittadini desiderosi di prestare servizio e dotati delle necessarie competenze. In tal modo avremo non solo guarito il nostro Paese ma pure avviato il risanamento del mondo intero.

Gentile Direttore, finora abbiamo vissuto una finta democrazia. Ora noi possiamo, noi dobbiamo portare a termine il lavoro dei tanti eroi che, con l’impegno ed il sacrificio, ci hanno condotti storicamente fin qui.

Vive cordialità,

Danilo D’Antonio




Giulianova. Caro Direttore……..vi segnalo il mio nuovo articolo “Le trappole della rete e i profili imbrattati” pubblicato su “L’Ottimista” n. 43.

Carissimi,

vi segnalo il mio nuovo articolo “Le trappole della rete e i profili imbrattati” pubblicato su “L’Ottimista” n. 43.

http://www.lottimista.com/vita-e-famiglia/1174-le-trappole-della-rete-e-i-profili-imbrattati.html

Proprio in questi giorni il mondo cristiano è stato scosso dall’attentato in Alessandria d’Egitto contro una Chiesa Copta, che ha causato 22 morti. Si tratta di odio contro i cristiani portato alle estreme conseguenze, una vera e propria violazione della libertà religiosa, concetto più che conosciuto e spesso “abusato” qui in Italia e negli altri Paesi occidentali, ma sconosciuto in quelli orientali.

La storia raccontata nell’articolo è realmente accaduta e dimostra come l’odio serpeggi tra di noi con modalità spesso velate, ma virulente. Modalità che non vengono punite, non vengono considerate pericolose… Un odio che si esprime sempre tramite un click, sia esso del mouse che di un detonatore, e che mira a privare le vittime della loro dignità di cristiani e della possibilità di professare liberamente la propria religione.

Di questo siamo tutti responsabili, perché rimaniamo indifferenti, pensiamo che la religione debba essere un fatto privato, mentre altri pubblicamente uccidono. Siamo responsabili ogni volta che mettiamo da parte la nostra fede e le nostre tradizioni in nome di un rispetto e di una libertà religiosa, che assomigliano sempre più a una sorta di prostituzione. Riappropriamoci del nostro sentire, della nostra fede in Gesù Cristo, di quei sentimenti che ci spingono ad andare in Chiesa e ringraziare Dio per tutto quello che ci ha dato.

Soprattutto… non ci vergogniamo di essere cristiani, perché c’è chi non si vergogna di spargere sangue innocente.

Un caro saluto

Ave Maria

Annarita Petrino
www.mooncity.it

“Allora ho voluto far abitare la mia anima in Cielo, perché guardasse le cose della terra solo da lontano.”
Teresa di Lisieux

“Ti stimo collaboratrice di Dio stesso e sostegno delle membra vacillanti del suo ineffabile corpo”
Santa Chiara D’Assisi