PADRE LUIGI PIETROBONO Sch. P. NEL CLX DELLA NASCITA (1863-1960) di Gianluigi Chiaserotti*

 

 

Desidero ricordare il padre Luigi Pietrobono, insigne dantista, amico, come vedremo del Pascoli, ma soprattutto un sacerdote dell’”Ordine dei Chierici Regolari poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie”, gli Scolopi (deceduto a Roma il 27 febbraio 1960).

Luigi Pietrobono nacque in Alatri il 26 dicembre 1863, centosessanta anni or sono, figlio di Francesco, valente artigiano, che, in gioventù aveva preso parte alla difesa della Repubblica Romana, e di Filippa Merluzzi, tipica donna ciociara, buona, affettuosa e timorata di Dio.

Si indirizzò immediatamente, entrando a far parte dell’ordine degli Scolopi, verso il calasanziano ideale di sacerdote e di educatore, maturandolo con sempre più consapevole coscienza vocazionale dal collegio, all’università, alla scuola.

Si laurea in lettere nel 1887, in filosofia nel 1889, e, nel Nobile Collegio Nazareno di Roma, è docente già dal 1887 al 1905, quindi preside e docente, una prima volta, dal 1905 al 1906, e, una seconda volta, dal 1906 al 1936, quindi anche Rettore, dal 1906 al 1910, e dal 1915 al 1918.

Padre Luigi non sarà un cattivo sacerdote; certo non profumerà di ascetismo ma si metterà al servizio della Chiesa e diverrà un coraggioso combattente della Fede in tempo di acceso anticlericalismo massonico.

Amava ripetere: «[…] sono un cattolico, ma liberale: e questa è la mia colpa, che in certe sfere non trova perdono; il guaio è che non ne sono pentito.».

La carriera che il Nostro iniziò giovanissimo nel Collegio Nazareno, e non fu assolutamente la conseguenza di promozioni all’interno dell’Ordine perché Scolopio, ma al riconoscimento delle sue capacità, della sua intelligenza, della sua non comune cultura.

Al Nazareno il Pietrobono dedicò i suoi anni migliori e l’unica sua ambizione fu di vedere l’Istituto fiorire in maniera corrispondente alla sua secolare tradizione.

Non sempre, però, codesto suo desiderio poté essere soddisfatto, in quanto conflitti di competenza, ostracismi, ma soprattutto invidie tra confratelli, interventi dell’autorità ecclesiastica, ritiro di religiosi dal Collegio, costrinsero il Nostro a lasciare il Nazareno per accettare il rettorato del Collegio “Conti Gentili” di Alatri, per poi tornare a Roma (gli scolopi tennero codesto collegio dal 1729 al 1971).

Hanno inizio qui i suoi studi su Dante che porterà avanti lungo sessanta anni di attività, per tutta una vita e che possono essere datati già dalla sua tesi di laurea su “La teoria dell’amore in Dante Alighieri”, che fu immediatamente pubblicata (1888) sulla rivista “La filosofia nelle scuole italiane”, rivista fondata da Terenzio Mamiani della Rovere (1799-1885), filosofo ed uomo politico.

L’indagine di Pietrobono viene sostenuta, più che da altre tesi, dalle suggestive letture di Giovanni Pascoli (1855-1912) (ex alunno degli Scolopi nel Collegio di Urbino) e dal vasto riesame dell’opera di Dante che queste avevano avviato, mostrando che il poema doveva essere inteso come il dramma della redenzione umana, cosicché, solo comprendendone tutto il profondo ed unitario pensiero che lo sostanzia, se ne poteva attingere l’arte.

Pietrobono, superando i residui limiti estetici del Pascoli e ponendosi in alternativa polemica, sia con le indagini sul lirismo di Dante, portate avanti dall’estetica, sia con quelle, altrettanto disgregatrici dell’unità morale dell’opera, perseguite dalla critica positivistica, costruisce sul vaglio dell’intera opera di Dante, un’organica visione strutturale del poema.

La “Commedia” è propriamente per il Pietrobono la profezia del Veltro: messaggero di speranza al mondo traviato e disorientato.

Egli infatti interpretò l’unica profezia “ante eventum” della Divina Commedia come quasi che il Veltro fosse Gesù.

Il Veltro è necessario perché gli uomini medesimi possano essere felici; essi dalla c. d. “Donazione di Costantino” non hanno più potuto godere non solo della pace dello spirito, ma neppure di quella terrena.

La colpa di Costantino [Flavio Valerio Aurelio Claudio (285 ca.-337)] è pari a quella di Adamo.

Dante diviene così l’annunciatore di un disegno divino, e la Commedia il poema del dramma umano, meditato nella sua genesi, osservato nel suo storico processo, orientato nella sua finalità di riscatto e di redenzione.

Al riguardo di Costantino mi piace ricordarVi che il letterato umanista Lorenzo Valla (1405 o 1407-1457) dimostrò (1440) la falsità del documento sulla c. d. “Donazione di Costantino”, il quale fu spesso utilizzato per giustificare la nascita del potere temporale dei papi. Esso è un documento apocrifo dei secoli VIII e IX in cui si narra la conversione dell’imperatore Costantino e come questi, per gratitudine verso il papa San Silvestro I (314-335), avrebbe concesso al pontefice il potere temporale su Roma e l’Italia ed il primato sulle altre chiese.

Luigi Pietrobono si qualifica, in tal modo, come “il migliore e più avveduto seguace del Pascoli” [Michele Barbi (1867-1941)] anche se, così critico ed in totale indipendenza, dal Pascoli medesimo si distacca nella concretizzazione analitica di un’identica linea di interpretazione esegetica.

Tale era appunto una definizione del Barbi. Invero il pascolismo del Pietrobono si riduce alla convergenza più che d’idee, di principi base (come la ricerca di simmetrie, l’affermazione di una architettura unitaria della “Commedia” e della simbologia del Canto I dell’Inferno, la limitata applicazione delle tre disposizioni aristoteliche, il riconoscimento della funzione parallela della Chiesa e dell’Impero alla fine della redenzione). Per tutto codesto il Nostro è un critico del tutto indipendente, ed offre soluzioni lontane dalle pascoliane, come la grande idea che la “Commedia” non rappresenta affatto l’abbandono della vita attiva per quella contemplativa.

Ed ora un inciso, che poi potrebbe essere una curiosità.

Padre Luigi Pietrobono, in codesta interpretazione esegetica del capolavoro dantesco fece anche sua la “lectura Dantis”, analizzata essenzialmente dal punto di vista astronomico, ma anche poetico, del suo confratello fiorentino Giovanni Antonelli (1818-1872), fisico, astronomo, ingegnere, creatore di strade ferrate, che ho ampiamente ricordato su questa rivista nel mese di gennaio.

L’Alighieri, infatti, esercitava nell’Antonelli un grande fascino, ed egli ne intrecciava lo studio con quello del cielo.

Nel corso del 1865, sesto centenario della nascita del Sommo Poeta, venne dato alle stampe uno studio al quale vi collaborò, e con successo, anche Giovanni Antonelli.

Egli pubblicò un’attenta e scrupolosa interpretazione sulla “vexata quaestio” delle prime terzine del Canto IX del Purgatorio, e precisamente: «La concubina di Titone antico/già s’imbiancava al balco d’oriente,/fuor delle braccia del suo dolce amico; […]».

Molte furono le interpretazioni di codesti versi. Padre Antonelli dimostrò che Dante, proponendosi di indicare l’ora nella quale fu preso dal sonno al termine della prima giornata in Purgatorio, intese descrivere l’alba che precede il sorgere della Luna e non l’aurora solare, come molti volevano. E queste interpretazioni antonelliane [anche perché preferì darne delle altre come quella che Titone è Titano, Titan, quindi il Sole. La sua concubina è Teti, (“Tηθύς”, nella lingua greca, moglie di Oceano, l’onda marina…..)] furono appunto riprese dal Nostro nel suo commento alla Divina Commedia, ma anche da Niccolò Tommaseo (1802-1874) e da un altro famoso dantista, lo svizzero Giovanni Andrea Scartazzini (1837-1901).

Con il Pascoli, che Luigi Pietrobono aveva conosciuto al Collegio Nazareno nel 1897 quale Commissario Governativo per gli esami di Licenza Ginnasiale e Liceale, scambia costantemente i risultati della propria indagine ed alla sua poesia, per l’affettuosa amicizia che lo lega all’uomo, dedica una vigile attenzione critica, seguendola, sollecitandola, ed a volte, oltre che sostenendola, e con passione nonchè coraggio, difendendola.

È del 1907, infatti la lettera aperta di padre Luigi al filosofo Benedetto Croce (1866-1952) “Sulla poesia di Giovanni Pascoli” pubblicata da “Il giornale d’Italia”, in cui, dissentendo apertamente con il riduttivo giudizio espresso da questi sul poeta romagnolo, illumina i caratteri specifici di questa nuova poesia, ricevendo dal Croce, pur nel fondamentale dissenso critico, uno spassionato elogio quale «colto e fine ingegno, guida ben informata, esperta e affettuosa».

Esce, nel 1918, presso l’editore Zanichelli Bologna, un’antologia commentata di cinquantasei poesie di Pascoli che, successivamente, accresciuta e riveduta, resta tutt’oggi un riferimento d’obbligo.

Nella poesia di Pascoli Pietrobono sa cogliere, attraverso la sottile elegia del sentimento del mondo, l’angoscia dell’uomo moderno volto umilmente alla conoscenza del mistero che è dietro le cose, per riconquistare, ed in questa ricerca è la tensione che accomuna i due uomini, il trascendente significato dell’esistenza.

Il suo costante fervore intellettuale orienta lo Scolopio intanto verso un fedele rapporto con la romana Accademia dell’Arcadia di cui, con il nome pastorale di Edelio Echeo, lo troviamo già socio nel 1894.

Nel 1924 fa parte di una ristretta commissione per la riforma dell’Arcadia e, partecipando da quel momento al governo dell’Accademia, ne rafforza l’impegno reinserendola, anche con la propria attività, nella viva dialettica della cultura italiana.

Dal 1926 vi inizia i suoi corsi sulla Divina Commedia, su Pascoli, Leopardi e Manzoni fino a che, nel 1940, nominato dal Ministero dell’Educazione nazionale, ne diviene Custode generale.

Gli anni della sua custodia, durata fino al 1953, anno in cui, ormai stanco (aveva raggiunto i novant’anni), rassegna le proprie dimissioni, sono fervidi di lavoro ed egli vi profonde tutte le sue energie di uomo di cultura e di educatore.

È quest’ultima soprattutto, «avendo trascorsa la maggior e miglior parte della vita nella scuola», la missione più intensamente avvertita da Luigi Pietrobono in tutta la sua vita e che egli sostiene, fino alla fine, con lucida fede e mirabile saggezza.

In essa sa cogliere i valori stessi dell’insegnamento evangelico e con il Vangelo medita sul significato ultimo della storia umana esponendo il messaggio, sempre nuovo perché eterno, che si trova racchiuso in quelle pagine, vagliate nell’intimo della coscienza e avvalorato da una risentita intelligenza: «quel che preme si è di entrare nello spirito di Gesù e farlo vivere nelle nostre azioni perché nessuno ha letto più addentro di Lui nei cuori umani e ne ha interpretati i bisogni».

E’ del 1925 “La morale del Vangelo”, del 1943 “Dolore e Amore”, del 1949 “Col nostro maestro Gesù”: è l’autentica parola (precisamente: “verbo”) della carità e della libertà che si coglie in queste pagine, ideali sempre perseguiti dalla sua indomita coscienza di cristiano e  nei quali può essere sintetizzato il significato stesso della sua vita e della sua attività: «quel che duole maggiormente si è che i popoli cristiani non abbiano ancora acquistato chiara coscienza della inviolabilità della persona umana e si lascino miseramente tiranneggiare: ignorano che al mondo non  vi sono né re, né imperatori, né presidenti, né ministri che abbiano diritto di far violenza ad uno spirito immortale».

Contemporaneamente all’Arcadia ed agli impegni scolastici, padre Luigi era presente (e sin dal 1918) anche alla c. d. “Fondazione Besso” del Largo Argentina in Roma [eretta a nome di Marco Besso (1843-1920) il finaziere e filantropo triestino di già presidente delle Assicurazioni Generali] in cui il suo lavoro non consisteva soltanto nel tenere lezioni su Dante e le di lui opere, ma anche nel consigliare e suggerire al Besso medesimo iniziative culturali ed a preparare programmi.

Le lezioni del Pietrobono iniziarono nel gennaio 1923 per concludersi nel giugno 1949.

Nel 1936, padre Luigi Pietrobono lascia la presidenza e l’insegnamento, e due anni dopo il Nazareno.

Non fu un auspicato arrivederci, e neppure un voluto addio, ma un sofferto e non desiderato abbandono.

Dal Nazareno il suo preside uscì in silenzio, non volle assumere posizioni ridicole o esprimere oltraggiosi pronunciamenti.

Padre Luigi si limitò a scrivere una lettera al presidente della Commissione Amministratrice della Scuola per lamentarsi che «[…] nessuno sia venuto a stringermi la mano o a dirmi arrivederci, ad eccezione dei bidelli che mi guardavano muti con gli occhi pieni di lacrime».

Si ritirò a vivere nella casa della sorella alla via Flaminia in Roma.

Al Nazareno ci tornò altre volte, tra cui il 30 maggio 1939 in cui fu scoperta una lapide dedicata alla prima Regina d’Italia, Margherita di Savoia (1851-1926) che venne posta nella parete di sfondo dell’Aula Magna, la quale prese il nome dalla stessa, e ciò in ricordo del suo augusto contributo che dette al Pietrobono per organizzare le prime “lecture Dantis” a Roma.

Certamente la scuola fu per Padre Luigi una scelta di vita, speranza e rifugio nei momenti difficili, quando la realtà esterna lo tediava con le sue brutture e con le sue cattiverie; la scuola fu la vocazione e la missione di un’intera esistenza.

Una sua lapidaria frase riassume quale posto avesse occupato l’attività nella quale aveva profuso la bontà del di lui cuore e quella immensa lucidità dell’intelligenza: «[…] cinquantadue anni d’insegnamento senza interruzione è l’opera di cui mi compiaccio sopra ogni cosa. La scuola mi ha confortato e consolato. Se tornassi a vivere, comincerei da capo.».

Il Re Umberto II (1904-1983), tramite il suo Ministro Falcone Lucifero (1898-1997) faceva pervenire il 29 dicembre 1958 i «fervidi auguri per il novantacinquesimo compleanno» dello Scolopio, che così rispose: «Eccellenza, nella mia tarda età, con la vita modesta che meno, quasi sempre raccolto nella solitudine del mio studio, chi avrebbe potuto mai immaginare che avrei ricevuto un attestato di così preziosa benevolenza di Sua Maestà il Re? [….] Non Le so dire di quali e quanti sentimenti mi sia sentito invadere il cuore e quali parole di ammirazione e ringraziamento mi abbia messo sulle labbra.».

Sicuramente una risposta, come sempre, toccante e ricca di umiltà.

Il Pietrobono, ormai stanco, scrisse, già con mano tremolante, la seguente lirica:

Cantare di su il vecchio campanile/Ho udito il solitario. Primavera/Non più caro augellin, non più aprile/Ride nei campi. Scesa è giù la sera/Dell’anno e della vita. Quale gentile/Vision ti tenta a salutar quel ch’era?/Ingiallano le foglie, e una sottile/Nebbia autunnal vela del sol la spera./E poco accadrà che tutti scheletriti/Saranno i rami, scenderà la neve/E freddo sopra noi starà l’inverno./Anche tu, vecchio cor, cantare hai uditi/Gli antichi spirti in voce arguta e lieve/Illusione, preludio a un sogno lieve.

È senza dubbio la visione di un’esistenza che si avvia a concludersi, di un fuoco che si sta lentamente spegnendo. Anche il padre Luigi, come il Leopardi, avrà sentito cantare il “caro augellin” della torre campanaria e la primavera esultare nei campi verdi della sua Alatri.

È scesa, però la sera: non quella dell’anno, ma quella della vita. La natura tutta partecipe a codesto lento tramonto con le foglie ingiallite degli alberi e la nebbiolina leggera che vela la “spera del sole”. Tutto annunzia che presto cadrà la neve e l’inverno si poserà sulle vite stanche degli uomini.

Certamente il Pietrobono nel rileggersi avrà benevolmente sorriso per il suo “folle volo” nei cieli della poesia e, in cuor suo, avrà detto che di Calliope è più facile essere ammiratore e critico che alunno.

Quel cuore, ormai “vecchio”, come egli medesimo ha scritto, cessa di battere, a novantasei anni e due mesi, il 27 febbraio 1960.

 

Bibliografia

 

Pasquale Vannucci “Il Nazareno MDCXXX MCMXXX”, Roma 1930;

Tullio Santelli, “Tre Scolopi illustri”, Roma MCMXCVIII

 

*Storiografo




GIOVANNI BERCHET – IL ROMANTICO – IL PATRIOTA di Gianluigi Chiaserotti

 

 

Cadono il 23 dicembre i duecentoquaranta anni (1783) della nascita del poeta Giovanni Berchet.

Di modesta famiglia originaria della svizzera francese, fu da giovane impiegato nei pubblici uffici.

Ben presto, però, il Nostro si dedicò alla Letteratura e fu allievo del Parini ed amico del Monti e del Foscolo e fu tra i fondatori del periodico romantico “Il Conciliatore”, divenendo molto amico del o Manzoni.

Nel 1820 si iscrisse alla Carboneria, partecipando ai moti del 1821, quindi fu costretto ad un lungo esilio (tra Parigi, il Belgio, l’Olanda e Londra), nel corso del quale strinse amicizia con numerosi letterati francesi e tedeschi.

Giovanni Berchet rientrò in Italia nel 1848, partecipando alle Cinque Giornate di Milano e fece altresì parte del Governo Provvisorio.

Al ritorno degli austriaci riparò in Piemonte, dove fu eletto deputato al Parlamento Subalpino nelle file del partito moderato.

Il Nostro fu certamente un esponente di spicco del gruppo degli intellettuali e scrittori lombardi, i quali, impegnati nello svecchiamento della cultura italiana, si schierarono a favore della nuova letteratura romantica contro il persistere del classicismo ed insieme sposarono gli ideali patriottici risorgimentali.

Nei primi anni della sua attività si indirizzò allo studio delle lettere moderne e, grazie alla sua conoscenza delle altre lingue europee, tradusse parecchie opere del romanticismo europeo, fra cui il poemetto “Il Bardo” del Gray (1807), il romanzo “Il curato di Wakefield” del Goldsmith (1810), e le due ballate del Bürger, “Il cacciatore feroce” ed “Eleonora” (1816).

Nel 1816 il Berchet entrò nel vivo della polemica fra romantici e classicisti con la celeberrima “Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo”, considerata uno dei manifesti del romanticismo italiano; in essa si immagina che Grisostomo (il cui nome significa “bocca d’oro”), invii al figlio in collegio le traduzioni delle due ballate di Bürger, e nella lettera di accompagnamento enunci le tesi centrali della nuova poetica romantica.

Grisostomo-Berchet afferma che la vera natura della poesia è di essere “popolare”, cioè in stretto rapporto con la coscienza del “popolo” (che nel testo si identifica con la classe borghese, più viva e più aperta ai cambiamenti), intimamente connessa alla storia di cui il “popolo” è protagonista. Il popolo si identifica con un ampio strato di pubblico medio, estraneo ai preziosismi dei “parigini” ed all’ignoranza indifferente degli “ottentotti” (i c.d. “incolti”), il solo in grado di sentire e di provare le emozioni che la poesia suscita.

Il poeta, conseguentemente, deve adottare contenuti interessanti ed educativi, ed in un linguaggiosempliceechiaro.

Merito di Giovanni Berchet fu quello di avere delineato un nuovo rapporto fra scrittore e pubblico, di avere richiamato lo scrittore ad un impegno sociale e nazionale con la conseguente adozione di nuovi generi letterari e di  nuove soluzioni linguistiche.

Espressione quindi della nuova poesia furono il componimento in metri diversi, fra il lirico e il narrativo, “I profughi di Parga (1820), io cui il Nostro prese spunto dal tradimento dell’In­ ghilterra nei confronti della città di Parga ceduta ai Turchi; le “Romanze” (1824), fra le quali la più famosa è “Il Trovatore; il poemetto “Fantasie” (1829), il risultato più felice della sua poesia patriottica e risorgimentale, in cui si immagina che un patriota esule sogni tre diversi episodi dell’Età Comunale: il giuramento di Pontida, la battaglia di Legnano e la pace di Costanza, secondo il modello del recupero del Medio Evo che tanta fortuna ebbe nel Romanticismo.

La poesia del Berchet è spesso una poesia di canti guerrieri ed ha la grandiosità semplice di una voce che deve essere udita e compresa da tutti, perché vuol ricercare una stessa fraterna passione nei cuori: anche in quelli sopiti.

Ed ha sempre perciò una cordialità umanissima.

Di già Carducci, nella contrapposizione dei versi del Nostro che invitano all’armi contro l’irto alemanno («mi bisogna balzare in piedi e ruggirli») a quelli tanto più elaborati e poetici del “Marzo 1821” del Manzoni, fece provare codesto sentimento guerriero ardente nei versi del Berchet.

Scrive lo storico della Letteratura Italiana Francesco Flora: «[…] la poesia del Berchet non puo’ essere riposatamente letta: dev’essere animosamente proferita ad alta voce, sicché nel tono vocale formi la sua musica attiva ed eloquente, e trascini gli animi, onde nell’ardore patriottico non tanto avvertano le parole quanto il ritmo attivo, di marcia eroica».

Con i versi del Nostro tuttora captiamo quei caratteri degli esuli, degli eroi, delle eroine, gli inviti all’azione, che suonano come comandi di guerra contro lo straniero.

E tutto ciò è la sostanza epica ed eroica del nostro Risorgimento.

Giovanni Berchet morì a Torino il 23 dicembre 1851, giorno del suo LXVIII compleanno.

 

 

 




VINCENZO CUOCO (1770-1823) di Gianluigi Chiaserotti

 

 

Cade il 14 dicembre il secondo centenario della morte dello storico e scrittore Vincenzo Cuoco, che era nato Civita Campomarano (attualmente in provincia di Campobasso) il giorno 1 ottobre 1770, figlio di un avvocato e studioso di economia, appartenente ad una famiglia della locale borghesia di provincia.

Recatosi a Napoli nel 1787, si dedicò agli studi letterari, filosofici ed economici.

Pur non aderendo in pieno alle idealità che promossero la rivoluzione del 1799, tuttavia, solo per aver svolto una minima attività nel corso del periodo repubblicano, fu condannato (24 aprile 1800) alla pena dell’esilio ed alla confisca dei beni.

Il Nostro fu esule a Marsiglia ed a Parigi per poi stabilirsi a Milano, dove, nel 1804, fondò il “Giornale italiano”, in cui agitò i problemi concernenti la formazione di una certa coscienza nazionale, dando un’impronta economica di rilievo al periodico e svolgendo una vivace attività pubblicistica, che proseguirà anche a Napoli con la sua collaborazione al “Monitore delle Sicilie”.

Nel 1806, Vincenzo Cuoco, tornò a Napoli dove ebbe alte cariche, che gli furono conservate anche sotto il restaurato Regno borbonico.

Fu sostanzialmente antilluminista e si pone, col suo “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799”, (1801; II ed. 1806), sul piano della polemica antirivoluzionaria che negli anni immediatamente precedenti avevano perseguito Edmund Burke (1730-1797) nel Regno Unito e Joseph-Marie de Maistre (1753-1821) in Francia. Il Cuoco sostiene, senza dubbio, il richiamo e la difesa della tradizione di fronte all’imperante giacobinismo dei rivoluzionari che si traduce in una critica totale e nel rifiuto del razionalismo illuminista, tacciato di astrattezza.

A principi e leggi validi in ogni tempo ed in ogni luogo, il Nostro contrappone l’esigenza di far leva – e ciò per evitare che la desiderata rivoluzione non sia “passiva”, come risultò quella napoletana del 1799, perché astrattamente modellata sulla francese – su quei motivi della tradizione morale e politica di cui si nutre la vita del paese.

Tradizionalismo quindi quello del Cuoco, che si vena di esigenze di individualismo nazionale (particolarmente forti nel suo “Platone in Italia”, 1804-06, ispirato al vichiano “De antiquissima Italorum sapientia” e quindi al vichianesimo napoletano dei primi anni del secolo XIX), e denuncia, nella sua considerazione positiva del passato e nell’affermazione implicita della continuità della Storia, presentimenti storici.

Nel “Rapporto al re G. Murat per l’organizzazione della Pubblica Istruzione”, presentato dal Cuoco nel 1809 alla relativa commissione, e più volte ritoccato dall’autore, egli proponeva un maggiore impulso all’istruzione popolare e un orientamento più liberale della scuola. Infatti il Nostro ricopriva importanti incarichi pubblici, prima come Consigliere di Cassazione e poi Direttore del Tesoro, dove si distinse inoltre come uno dei più importanti consiglieri del governo di Gioacchino Murat (1767-1815).

Dal 1810 ebbe l’incarico di Capo del Consiglio Provinciale del Molise e, durante la durata di tale impiego, scrisse, nel 1812, “Viaggio in Molise”, opera storico-descrittiva sulla sua regione natale a cui restò legato grazie anche alla stretta parentela con la famiglia Pepe (Gabriele Pepe), presso la quale si conservano ancora suoi scritti e ritratti.

Gli ultimi suoi anni furono funestati dalla follia, che lo colpì a partire dal 1816 (forse anche a causa del travaglio interiore scatenato dalla Restaurazione), spingendolo alla distruzione di molti suoi manoscritti, rimasti dunque inediti, e costringendolo a ridurre progressivamente le sue attività sino alla morte, avvenuta, come scrivevo all’inizio, a Napoli il 14 dicembre1823, duecento anni fa, per le conseguenze di una frattura del femore, riportata in seguito a una caduta.

Gianluigi Chiaserotti

 




Bellante. Ringraziamo l’Assessore alla Cultura e Servizi Sociali di Bellante (TE ) Teresa Di Berardino, che – con l’acquisto della nostra Natività autoprodotta – contribuirà a rendere i Natale migliore a bambini di famiglie Italiane in difficoltà economica.

Ringraziamo l’Assessore alla Cultura e Servizi Sociali di Bellante (TE ) Teresa Di Berardino, che – con l’acquisto della nostra Natività autoprodotta – contribuirà a rendere i Natale migliore a bambini di famiglie Italiane in difficoltà economica.

I volontari di Nuova Azione Solidale (espressione solidrista dell’Ass. Culturale Nuove Sintesi) come ngli anni 2021 e 2022, in occasione del periodo solstiziale e natalizio, mette in campo un iniziativa benefica rivolta ai bambini di famiglie italiane in difficoltà economica. Tramite un contributo si potrà rivcevere una piccola Natività autoprodotta da una volonatria. Uniamo anche quest’anno a tale iniziativa un’ idea forza “In questo mondo al crepuscolo ripartiamo dalla tradizione”. Con i contributi ricevuti acquisteremo, materiale scolastico e qualche dolcetto, che consegenremo ai bambini. Ovviamente parallelamente garantiremo alla famiglie un pacco alimentare come facciamo da qualche anno nel periodo di fine anno. TUTTO PER LA PATRIA!

*Nella foto, l’Assessore alla Cultura e Servizi Sociali di Bellante Teresa Di Berardino ed il vice Responsabile dell’Ass.ne culturale Nuove Sintesi Luca De Leonardis.



Teramo. “Saluto con entusiasmo, a nome dell’intera comunità provinciale, la nomina del Professor Roberto Ricci a Vice Presidente della “Deputazione abruzzese di Storia Patria”, prestigiosa istituzione attiva sin dal 1888 nella documentazione e divulgazione del patrimonio storico-culturale regionale.

Il riconoscimento è un’attestazione di gratitudine per il contributo offerto dallo stimatissimo docente di Storia e Filosofia al Liceo “Melchiorre Delfico” di Teramo, nonché Dottore di Ricerca in Scienze Sociali All’università “G. D’Annunzio” di Chieti – Pescara, il quale conduce da molti anni rigorosi studi sulla storia locale, non ultimo quello sulla feudalità nel Regno di Napoli, particolarmente rivolti ad approfondire la storia della famiglia Acquaviva D’Aragona duchi d’Atri.

Da sottolineare che in passato solo due intellettuali teramani, e nemmeno recentemente, hanno ricoperto incarichi all’interno della Deputazione: Domenico Maria e Francesco Savini.

Questo incarico si aggiunge alla recente nomina a componente del Comitato tecnico-scientifico Acquaviva D’Aragona di Atri che avrà il compito di costituire e gestire il “Centro Studi Acquaviva d’Aragona”.

Confidiamo che il Professore continui a lungo a farsi qualificato interprete della tradizione storiografica e civile del nostro territorio a livello regionale e nazionale.

Per questo ci pregiamo di porgergli pubblicamente le nostre felicitazioni, affinché gli giungano i sensi della stima che la comunità provinciale unanimemente gli tributa.”

Camillo D’Angelo, Presidente della Provincia di Teramo




CHIETI. FDI: da sempre vicino alla categoria dei balneatori

 

 

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla Regione Abruzzo, insieme al Sib, sindacato italiano balneatori in merito alla sentenza del Consiglio di Stato che aveva bocciato la proroga delle concessioni balneari. 
Cassata la sentenza, toccherà ora al Consiglio di Stato pronunciarsi nuovamente tenendo conto anche delle nuove leggi che Parlamento e Governo hanno ratificato dopo la precedente sentenza.
Si tratta di un primo passo davvero significativo, una sentenza molto importante. 
L’Abruzzo è l’unica regione italiana ad aver difeso i diritti dei balneatori, e di questa battaglia che dentro il partito di Giorgia Meloni viene davvero da lontano, ci rende orgogliosi per lo splendido e proficuo lavoro del Presidente Marco Marsilio
Portavoce Provinciale Chieti 



A seguito della pubblicazione su testate giornalistiche , della notizia che il Comune di Giulianova avrebbe ordinato lo sgombero delle attrezzature presenti nella spiaggia per cani UNICA BEACH , devo comunicare e rendere noto quanto segue, a chiarimento della situazione volutamente confusa.

 

In data 31 ottobre il Dirigente Area IV, Andrea Sisino, ha inoltrato all’Associazione UNICA BEACH la comunicazione della scadenza della convenzione di affidamento per la gestione della spiaggia per cani, chiedendo la rimozione delle attrezzature presenti, portale compreso.
La sottoscritta, in qualità di Rapp. Legale della suddetta Associazione, in data 14 novembre ha protocollato all’uff. protocollo del Comune di Giulianova, una diffida indirizzata al Sindaco del Comune di Giulianova Jwan Costantini , al Dirigente Area IV Andrea Sisino e, per conoscenza, al Comandante della polizia municipale e al comandante della Capitaneria di Porto.
Premettendo quanto riportato nella sentenza del TAR di L’aquila :” il rapporto giuridico intercorrente tra la ricorrente e l’amministrazione comunale si configura a tutti gli effetti come rapporto di “concessione di bene pubblico demaniale” (spiaggia),
La natura concessoria del rapporto trova puntuale conferma anche nella previsione dell’obbligo posto in capo alla ricorrente di pagare il canone demaniale e la relativa imposta regionale, nonché di rispettare la Disciplina delle aree in concessione per stabilimenti balneari, obblighi che non si giustificherebbero in assenza di una concessione demaniale (cfr. motivazione sentenza TAR L’Aquila n. 231/2021, pag. 5 di 6).”
E’ stato evidenziato  che contrariamente a quanto  si afferma nella nota del 31 ottobre 2023, il titolo in virtù del quale Unica Beach gestisce e occupa l’area è la concessione demaniale ,  la cui legittimità e validità è stata certificata dal TAR di L’Aquila, e non la convenzione richiamata dall’ Ente Comunale,
Per le predette ragioni , dal momento che la concessione demaniale di cui è titolare l’ Associazione UNICA BEACH, non può essere soggetta ad un trattamento diverso dalle altre concessioni demaniali di competenza del Comune di Giulianova, la sottoscritta diffida il Comune di Giulianova ad astenersi dal porre in essere quanto indicato nella nota Protocollo n. 0045645/2023 datata 31 ottobre 2023, perché lesiva dei diritti della scrivente concessionaria e, comunque, penalizzante rispetto agli altri concessionari. Comunica, nel contempo, che l’area in oggetto non verrà sgomberata da alcuna attrezzatura e/o materiale mobile ivi allocato, fino alla decisione delle autorità governative in materia di concessioni demaniali marittime. Con espressa riserva, di adire le vie di legge per tutelare i diritti concessori ed economici dell’Associazione UNICA BEACH.
Con tutte le problematiche che affliggono questa città, e che non vedono una “luce in fondo al tunnel”, auspico che per il Sindaco di Giulianova, non sia di primaria importanza continuare a portare avanti  l’ennesimo contenzioso legale contro una cittadina, costretta a difendere i propri diritti ogni anno. La spiaggia “per cani” di Giulianova è ormai una realtà consolidata da oltre sei anni, che ha riscosso consensi ovunque e con chiunque e non verrà eliminata con un colpo di spugna come qualche amministratore si illude di poter fare.
ringrazio le testate giornalistiche che vorranno dare spazio al mio comunicato stampa
cordialmente
dott.ssa Giusy Branella



Giulianova. Le telecamere di Mediaset per le nuove riprese sulla spiaggia UNICA BEACH dedicata agli animali d’affezione

Il 31 ottobre scorso si sono tenute le nuove riprese Mediaset presso la spiaggia UNICA BEACH di Giulianova, attrezzata per gli animali d’affezione. Dopo il successo dei servizi andati in onda per tutto il mese di agosto all’interno de L’ Arca di Noè , la conduttrice Marialuisa Cocozza ha deciso di bissare l’esperienza . Le puntate agostane della rubrica del Tg5 , hanno avuto per la prima volta nel loro interno, da quando e’ stata trasmessa la prima puntata della rubrica L’Arca di Noè ( 10 anni fa ) , una novità denominata ” Tipi da Spiaggia” , ovvero  delle clip realizzate nella spiaggia interamente dedicata agli animali d’affezione, UNICA BEACH.

Stavolta il tema portante delle quattro “pillole”, sarà differente perché tratterà una nuova branca della medicina veterinaria , in grande espansione : la fisioterapia e la riabilitazione del cane e del gatto. Anna Maria Pagnini, Produttrice della trasmissione,  ha dichiarato : ” Dopo aver visto le meravigliose immagini dei servizi girati a UNICA BEACH, non avrei mai rinunciato a questa spiaggia come location per le nuove riprese”

Protagonisti sono stati quindici cani scelti tra i miei pazienti, seguiti nel mio ambulatorio, nella loro fisioterapia e riabilitazione . Tra questi Gino, il bulldog francese della dott.ssa Fiammetta Ielo, che ha raccontato, in un breve intervento, la storia del suo cane sottoposto ad un delicato intervento di neurochirurgia, e trattato da me nel post operatorio. Ma non sono mancati i miei due cani. Snoopy di quasi 19 anni , dimostrazione che l’attività fisica, come nell’uomo, allunga la vita. E infine Victoria , il mio lupo cecoslovacco , ripresa mentre nuota nella piscina usata per l’idroterapia . Una giornata entusiasmante , frutto di settimane di lavoro e di prove , vista la peculiare location. Ma la maggior gratificazione e’ stata ricevere la telefonata della produzione Mediaset che ha manifestato la propria soddisfazione per le belle immagini e per aver ricevuto molto più materiale di quanto fosse stato richiesto.
Adesso non tocca che attendere gli aggiornamenti su quando decideranno di mandare in onda il tutto. Sarà una piacevole sorpresa per chi ha un cane, vedere quanti benefici può trarre il proprio animale e quante tecniche riabilitative vengono applicate .
Non posso non ringraziare la conduttrice Marialuisa Cocozza per la fiducia accordatami. Ma anche  il produttore Anna Maria Pagnini, il regista Giuseppe Milla e gli operatori Mediaset che ci hanno guidati e resi protagonisti di un’esperienza davvero speciale.
Dott.ssa Giusy Branella
Medico Veterinario esperto in fisioterapia e riabilitazione del cane e del gatto , titolare della UNICA BEACH, la spiaggia dedicata agli animali da compagnia .



Poesia: “Il Sogno”

 

Il sogno

Ho sognato un mondo, senza frontiere, senza confini e pieno di grande umanità,

vedevo i fratelli spostarsi da un paese all’altro liberamente, trovando porti e porte aperte e ospitalità.

Ho sognato un mondo, dove le risorse e i frutti della terra, venivano distribuiti equamente,

vedevo i fratelli che avevano tutti da bere e mangiare, che vivevano nella normalità serenamente.

Ho sognato un mondo, dove praticavano i veri valori umani, l’amore, l’onestà, la pace e la sincerità,

vedevo i fratelli liberi di dire, basta strumenti di morte e si misero a produrre strumenti di vita per tutta la comunità.

Ho sognato un mondo, bello, il cielo e la terra, con tanti fantastici e incantevoli colori,

vedevo le magnifiche diversità e qualità, dei fratelli convivere insieme e orgogliosi da farsi gli onori.

Ho sognato un mondo, pieno di umiltà, di verità, di bene e di molta bontà,

vedevo i fratelli felici, vivere nella semplicità, condivisione e nella solidarietà.

Ho sognato un mondo, pieno di infinite varietà e bellezze della natura dell’ambiente da rispettare,

vedevo i fratelli godere delle meraviglie delle tante forme di vita sulla terra, erano amate.

Ho sognato un mondo, dove si diffuse  una luce speciale, illuminò le persone e si misero a sognare,

vedevo i fratelli vivere come se i loro sogni fossero diventati realtà, in un mondo più giusto da ammirare.

Ho sognato un mondo, dove veniva rispettata la dignità di ogni persona, pieno di cultura civile sociale e ambientale,

vedevo i fratelli vivere uniti, con gioia, si sentivano tutti cittadini di questo magnifico mondo e ideale.

 

Ho sognato un mondo, dove cera luce, pace, etica, utopia, partecipazione e responsabilità,

il sogno globale era diventato realtà, dove veniva  salvata la vita, la cultura, la società, l’ambiente, la civiltà e l’umanità.

 

 

Francesco Lena 

24060 Cenate Sopra ( Bergamo ) 




Nereto. Il saluto di Abdil Ferati, rappresentante d’istituto del I.I.S. “Peano Rosa”

Care studentesse e cari studenti, cari docenti e cari collaboratori scolastici, sono alla fine del mio mandato come rappresentante d’istituto, e da vostro rappresentante sento di dovervi dire alcune cose importanti. Anzitutto vorrei ringraziarvi, ho passato un altro anno bellissimo in questa scuola fantastica e tutto grazie a voi; lavorare per voi e rappresentarvi al massimo delle mie capacità mi ha tenuto occupate giornate che questo incarico ha reso bellissime. È vero, farvi da delegato mi ha regalato numerosissime emozioni, ripensare ai consigli d’istituto, alle risate ed ai -pochissimi per fortuna- momenti di tensione mi spinge a voler continuare o almeno a riprovarci; ma ho capito che è giusto che io mi faccia da parte. Voglio ringraziare i miei compagni rappresentanti per l’eccezionale lavoro che hanno svolto insieme a me per questa scuola, tutti insieme, sempre uniti, abbiamo combattuto per ciò che ritenevamo più giusto per gli studenti. Voglio ringraziare soprattutto l’ex dirigente scolastica la dott.ssa Nadia Di Gaspare anche nei momenti difficili e di difficoltà , mi ha accolto per ogni sua decisione. Voglio ringraziare soprattutto anche l’ex vicepreside dell’istituto la prof.ssa Alessandra Ciarrocchi oltre agli esaurimenti mi ha aiutato in questo percorso bellissimo , con i consigli che mi dava dove li ho accolti , sono stato in grado di crescere in questa esperienza  Ringrazio tantissimo i componenti del consiglio d’istituto. Ringrazio soprattutto i docenti (l’avv. Vincenzo Lo Sterzo e tanti altri ) dove mi hanno dato un sopporto morale, anche nei momenti difficili non mi hanno lasciato mai da solo. Ultimo ringraziamento va ai rappresentanti di classe che da sempre fanno la loro parte, siete assolutamente fondamentali; senza di voi/noi crollerebbe tutta la scuola, non sottovalutate questo ruolo oneroso e senza dubbio importantissimo dove lo ricoperto per 3 anni alla meravigliosa 5BT. Auguro a tutti i ragazzi di terza, quinte in particolare al mio collega/compagno Niccolò Bresciani un immenso in bocca al lupo per l’esame.

 

Grazie di cuore.

Il vostro rappresentante d’istituto “Peano” di Nereto

Abdil Ferati