Città Sant’Angelo – Dal 17 al 25 luglio, tutte le sere nel centro storico dalle ore 18.00 VIII edizione di Dall’Etna al Gran Sasso

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Città Sant’Angelo – Dal 17 al 25 luglio, tutte le sere nel centro storico dalle ore 18.00

VIII edizione di Dall’Etna al Gran Sasso

CITTA’ SANT’ANGELO, 14 Luglio ’10 – Dall’Etna al Gran Sasso è il più importante tra gli appuntamenti dell’estate angolana, ed ogni anno celebra il gemellaggio tra i Comuni di Città Sant’Angelo e Nicolosi, in provincia di Catania: le ultime edizioni della manifestazione hanno registrato oltre 150.000 presenze. Nove giorni di musica, teatro, artigianato e gastronomia per celebrare le tradizioni dell’Abruzzo e della Sicilia: come di consueto la festa animerà le vie del centro storico, da quest’anno entrato nell’elite dei Borghi più belli d’Italia. (foto – scorcio del panorama di Città Sant’Angelo)

L’edizione 2010 di Dall’Etna al Gran Sasso sarà presentata:

Giovedì 15 luglio, alle ore 10,30, nel corso di una conferenza stampa che si svolgerà a Pescara, in Viale Bovio, nella sala stampa della Giunta Regionale.

Parteciperanno Gabriele Florindi, Sindaco di Città Sant’Angelo, Raffaella Graziani, Assessore Comu-nale alla Cultura, Aurelio Cilli, Assessore al Turismo della Provincia di Pescara.

(Città Sant’Angelo – Il Gran Sasso visto dal Belvedere)


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“La Via del Gran Sasso”: Alessandro Haber recita ad Assergi

“La Via del Gran Sasso”: Alessandro Haber recita ad Assergi

Venerdì 16 luglio, Chiostro di San Francesco, ore 21

ASSERGI – Il tetto degli Appennini, icona dell’Abruzzo e del Parco, sarà poeticamente celebrato venerdì 16 luglio, alle ore 21, nella bella cornice del Chiostro di San Francesco, sede dell’Ente, ad Assergi (AQ). Il recital, una prima assoluta, s’intitola “La via del Gran Sasso”. E’ curato dal compositore e musicista abruzzese Davide Cavuti ed ha per protagonista l’attore Alessandro Haber, affiancato nell’occasione dall’attrice e studiosa Franca Minnucci, con l’accompagnamento musicale dell’ensemble vocale e strumentale “I Musici del Sirena”.

La drammaturgia dello spettacolo si compone di sei quadri, denominati “I Pastori”, “La Via del Gran Sasso” “La nostra basilica”, “La Sera” “Il dramma pastorale” e “Il Monte detto Corno”, all’interno dei quali sono rivisitati brani di diversi autori quali Primo Levi, Serafino Razzi, Ennio Flaiano, Gabriele D’Annunzio, Nicola Moscardelli. Le musiche abbracciano un repertorio altrettanto vasto e vanno dai canti tradizionali della terra aquilana a brani di Tosti e Puccini, alle musiche originali di Cavuti. Il recital si conclude, significativamente, con il racconto della storica ascesa al Corno grande di Francesco De Marchi nel 1573.

“La via del Gran Sasso” è offerto in occasione della giornata inaugurale dello Show Room dei Prodotti Tipici di Fonte Cerreto, iniziativa di promozione dei prodotti locali realizzata dall’Ente Parco in collaborazione con il Gal Arca Abruzzo nell’ambito del programma d’iniziativa comunitaria Leader + cofinanziato dalla Regione Abruzzo. Contestualmente avverrà il vernissage della mostra fotografica “Assergi e il Gran Sasso”- il paese e la montagna, organizzata dall’Associazione Culturale “Assergi Racconta”.

Il recital proposto da Cavuti in omaggio al re dell’Appennino, perfettamente integrato nello spazio montano di Assergi, porta meridionale al Gran Sasso e al meraviglioso altipiano di Campo Imperatore, contiene tutti gli ingredienti per assicurare emozioni, riflettendo poeticamente su un tema particolarmente caro agli Abruzzesi ed elemento d’identificazione culturale per l’intero regione. Non ultima la bravura degli interpreti: l’amatissimo e pluripremiato attore cinematografico e teatrale Alessandro Haber, l’affermata attrice Franca Minnucci, il bravo compositore e concertista Cavuti ed i musicisti tutti dell’ensemble: il soprano Annalisa Quaresima, il tenore Alberto Martinelli, Antonio Scolletta (Violino), Luana De Rubeis (Violino), Marcello Manfrin (Viola), Giancarlo Giannangeli (Violoncello) e Paola Ciolino (pianoforte).




DI STANISLAO: CLUSTER BOMBS, BASTA AMBIGUITA’ DA PARTE DEL GOVERNO.

Roma, 14 Luglio 2010

DI STANISLAO: CLUSTER BOMBS, BASTA AMBIGUITA’ DA PARTE DEL GOVERNO.

Il 1 Agosto entrerà in vigore la Convenzione ONU (CCM) per la messa al bando delle bombe a grappolo, i micidiali ordigni che contengono al loro interno centinaia di bombe più piccole che si sparpagliano sul territorio creando molti più danni a cose e persone e questo non grazie all’Italia. Ad attaccare nuovamente il Governo in materia di disarmo è il capogruppo IdV in Commissione Difesa, Augusto Di Stanislao, che ha presentato una Risoluzione in Commissione perché finalmente il Governo chiarisca la sua posizione e porti a termine gli impegni presi. “L’Italia ha firmato nel 2008 la Convenzione, ma come al solito, per le questioni che riguardano la salute umana e la collettività non ha nessuna premura e ancora non avvia le procedure per la ratifica.” Di Stanislao mette in evidenza anche degli aspetti decisamente poco chiari a suo avviso. “la richiesta fatta nel 2007 dal Ministero della Difesa di 160 milioni per l’acquisto di nuove armi in cambio dello smaltimento delle munizioni cluster – prosegue Di Stanislao – è assurda. Non c’è nessun nesso logico tra lo smaltimento di munizioni messe al bando e l’acquisto di nuove armi a meno che non ci sia altro dietro. A dicembre 2008 la Commissione Difesa dà parere favorevole all’acquisto dismall diameter bomb destinate a sostituire definitivamente armamenti di tipo cluster, inoltre, sappiamo tutti che tre principali banche italiane ancora oggi finanziano la produzione di munizioni cluster.” In conclusione il deputato IdV vuole vederci chiaro e chiede al Governo risposte e azioni concrete. Ha presentato anche una proposta di legge di modifica alla legge n.374 del 1997 recante norme per la messa al bando di mine antipersona  perché venga estesa anche alle cluster bombs analizzando tutti gli aspetti comuni di queste munizioni.

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

La IV Commissione- premesso che-

a Maggio 2008 107  nazioni hanno firmato a Dublino la convenzione internazionale per la messa al bando delle bombe a grappolo, i micidiali ordigni che contengono al loro interno centinaia di bombe più piccole che si sparpagliano sul territorio creando molti più danni a cose e persone;

il trattato, è stato ufficialmente firmato a Oslo a  dicembre dello stesso anno e  impegna i firmatari a non usare in alcuna circostanza le cosiddette cluster bombs, né a produrre, acquistare, conservare  o trasferire a chiunque, direttamente o indirettamente, questo tipo di armi;

l’accordo impegna altresì i paesi firmatari all’assistenza delle vittime e alla bonifica delle aree interessate e prevedere anche la distruzione degli arsenali nel giro di otto anni, ma lascerebbe la possibilità di impiego di bombe a grappolo più piccole di nuova generazione in grado di colpire gli obiettivi con maggiore precisione e provviste di un sistema di autodistruzione;

i Paesi aderenti al Trattato possono continuare a cooperare nel settore della Difesa con i paesi non firmatari;

con le due ratifiche del Trattato da parte di Burkina Faso e Moldavia la Convenzione ONU (Convention on Cluster Munitions – CCM) ha raggiunto il quorum di 30 Stati ratificanti necessario per la sua entrata in vigore che avverrà il prossimo 1 Agosto;

il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon ha definito questo traguardo come “un passo fondamentale nell’agenda del disarmo mondiale” e che “la ratifica dimostra la repulsione nei confronti di queste armi, inaffidabili e inaccurate”;

sebbene l’Italia abbia firmato il Trattato a Oslo nel Dicembre 2008 non è tra i primi 30 Paesi che lo hanno ratificato. Attualmente risultano 37 i paesi ratificanti;

inoltre da un documento di Human Right Watch , l’Italia risulta tra i Paesi che hanno prodotto munizioni cluster e possono averne stoccate un ampia quantità;

non vi è alcun dato sulla quantità e la tipologia di munizioni cluster in nostro possesso;

nel 2006 un rapporto dell’associazione Handicap International evidenzia che sarebbero circa 100 milioni le bombe a grappolo rimaste inesplose nel mondo delle oltre 440 milioni dal 1965. Da allora oltre 100 mila persone sono, nella quasi totalità civili, sono state uccise o mutilate dagli ordigni a grappolo e più di un quarto sono bambini che scambiano le bombe per giocattoli o lattine;

oltre ai soliti ritardi burocratici sul rallentamento risulta pesare una richiesta fatta già nel 2007 dal Ministero della Difesa che chiedeva 160 milioni di euro per l’acquisizione di munizionamenti alternativi;

nello specifico, oltre all’esiguo e sopportabile impegno di spesa per la distruzione dello stock stimato in circa 8 milioni di euro da distribuire su un massimo di 8 anni, ne chiedeva 160 milioni per «l’acquisto di nuove armi per la realizzazione dei programmi di acquisizione di munizionamento alternativa di nuova generazione e per il mantenimento da parte delle Forze Armate delle capacità operative attualmente garantite dalle sub-munizioni cluster delle munizioni a grappolo»;

dal 7 al 9 giugno scorsi si è tenuta a Santiago del Cile la Conferenza internazionale dedicata alla Convenzione sulle munizioni a grappolo a cui hanno partecipato più di 98 Paesi e 120 organizzazioni della società civile provenienti da tutto il mondo;

in Cile, durante la Conferenza internazionale, è emerso che nessun Paese tra quelli che hanno già ratificato ha ricevuto richieste simili dai propri Ministeri della Difesa in nessuna sede e in nessun caso;

la Conferenza è stata il più grande incontro internazionale sulla Convenzione dopo quella dell’apertura alla firma di Oslo. L’Italia ha tenuto un basso profilo in Cile, caratterizzato da scarsissima partecipazione e nessun intervento delle nostre delegazioni di rappresentanza;

tenuto conto, inoltre, che il 16 Gennaio 2007 viene approvata la Risoluzione 8-00027 che ha impegnato il Governo su tutti i fronti a vietare senza ambiguità la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento e l’uso delle munizioni a grappolo;

il 3 Dicembre 2008 la Commissione Difesa della Camera dei Deputati dà parere favorevole al Programma pluriennale di A/R n. SMD 03/2008, relativo all’acquisizione di small diameter bomb (armamento di caduta leggero) e alla relativa integrazione sul velivolo Tornado. (Atto n. 43). Nel parere approvato è riportato: “[…] le small diameter bomb, come evidenziato sempre nella relazione illustrativa, sono destinate a sostituire definitivamente armamenti di tipo cluster di cui l’Italia ha deciso di disfarsi e, non solo saranno integrate sul velivolo Tornado, ma in futuro rappresenteranno l’armamento principale del velivolo Joint stright fighter (JSF) e verranno integrate sul velivolo Eurofighter. […]

considerato che l’8 Luglio scorso la Commissione Europea ha approvato la Risoluzione sull’entrata in vigore della Convenzione sulle munizioni a grappolo (CCM) e il ruolo dell’UE nella quale, tra l’altro, al punto 2 “esorta tutti gli Stati membri dell’UE e i paesi candidati a firmare e ratificare con urgenza la CCM, prima del 1° agosto 2010, inclusi gli Stati non firmatari (Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia e Turchia) e quelli che pur avendo firmato, non hanno ancora proceduto alla ratifica (Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Ungheria, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia)”; al punto 6 “esorta gli Stati membri che ancora non sono parti contraenti ad adottare provvedimenti temporanei in attesa dell’adesione, ad esempio una moratoria sull’uso, la produzione e il trasferimento di munizioni a grappolo e l’avvio della distruzione delle scorte di tali munizioni, in qualità di misura urgente”; al punto 9 “esorta gli Stati membri dell’Unione europea che hanno firmato la Convenzione ad adottare gli atti normativi necessari per attuarla a livello nazionale”; al punto 14 “sollecita gli Stati membri dell’UE a garantire la trasparenza in relazione alle misure adottate sulla base della presente risoluzione e a riferire pubblicamente sulle attività svolte”;

dall’8 al 12 novembre 2010 a Vientiane, nel Laos, ovvero il paese più contaminato al mondo dalle munizioni a grappolo, si svolgerà la prima riunione delle parti contraenti (1MSP) a cui l’Italia, se non avrà ratificato il Trattato, non potrà partecipare;

sebbene dal 1997 l’Italia ha messo al bando le mine continua ad essere uno dei 57 paesi al mondo ad avere cluster bomb nei propri arsenali e tra i 32 paesi produttori.  Da una recente inchiesta è emerso che la Simmel Difesa, che a fine 2004 ha oscurato il proprio catalogo on line che riportava diversi modelli di queste armi, continua a esportare componenti di munizioni cluster. In particolare  l’esportazione di una tipologia di missili che le contengono, grazie all’esame delle relazioni annuali del governo stilate in base alla legge 185 del 1990 sul commercio di armamenti;

impegna il Governo

a prendere in considerazione la risoluzione approvata dalla Commissione Europea sull’entrata in vigore della Convenzione sulle munizioni a grappolo (CCM) e il ruolo dell’UE e ad assumere le necessarie iniziative per la ratifica;

a richiedere ufficialmente al Ministero della Difesa maggiori informazioni su produzione e stock delle munizioni cluster e a valutare l’opportunità di una moratoria nazionale sine die su uso, produzione e commercio di queste armi in relazione ai loro devastanti effetti sulle popolazioni colpite e l’avvio della distruzione delle scorte di tali munizioni, in qualità di misura urgente;

a dare spiegazioni relativamente al Programma pluriennale di A/R n. SMD 03/08, relativo all’acquisizione di small diameter bomb (armamento di caduta leggero) e alla relativa integrazione sul velivolo Tornado. (Atto n. 43) a cui la Commissione ha dato parere favorevole in relazione alla messa al bando delle munizioni cluster;

a chiarire la posizione del Governo italiano relativamente  alla  sopracitata richiesta da parte del Ministero della Difesa, pendente dal 2007, relativa ai 160 milioni  per l’acquisto di nuove armi in cambio della messa al bando delle munizioni cluster.

Di Stanislao

PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del Deputato A. Di Stanislao

MODIFICHE ALLA LEGGE 29 OTTOBRE 1997, n. 374 RECANTE NORME PER LA MESSA AL BANDO DELLE MINE ANTIPERSONA

Onorevoli Colleghi!  Le bombe a grappolo (cluster bombs) sono armi da guerra che  uccidono e feriscono migliaia di civili innocenti, sia al momento del loro utilizzo che nei mesi ed anni successivi, a causa della contaminazione da ordigni inesplosi che lasciano dietro di sé.

Le munizioni cluster sono armi di grandi dimensioni che si aprono a mezz’aria spargendo ad ampio raggio decine o addirittura centinaia di sub munizioni più piccole. Le munizioni cluster possono essere sganciate da svariati tipi di mezzi aerei, tra cui caccia, bombardieri ed elicotteri; da terra possono essere lanciate da sistemi di artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili. Dal punto di vista militare, le munizioni cluster sono molte apprezzate per la capacità di ampia dispersione e per la versatilità delle sub munizioni. Sono armi “d’aria” che diffondono i propri contenuti su ampia superficie ( detta anche “impronta”). Le sub munizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell’impatto, tuttavia, nei casi in cui le sub munizioni non funzionano come previsto rimangono pericolose a causa della loro instabilità e possono esplodere al minimo tocco o spostamento, diventando così di fatto mine antipersona.

Tutte le armi hanno un tasso di mancato funzionamento (detto anche tasso di fallimento iniziale o initial failure rate), ma le munizioni cluster sono particolarmente pericolose per una serie di motivi. In primo luogo, l’ingente numero di sub munizioni che rilasciano. Praticamente ogni singola munizione cluster produrrà una quantità notevole di pericolosi ordigni inesplosi. Inoltre certi tipi di sub munizioni inesplose sono considerati ancora più instabili e ancora più difficili da rimuovere e distruggere delle mine antipersona. Infine, le sub munizioni inesplose sono ancora più letali delle mine antipersona: le persone coinvolte in incidenti da sub munizioni hanno maggiori possibilità di morire che di rimanere ferite.

La maggior parte dei modelli siano essi aerolanciati o sparati da terra, non sono guidati e anche i pochi che hanno sistemi di guida non sono comunque precisi. Sebbene anche altri tipi di bombe non guidate possano mancare l’obiettivo gli effetti umanitari di un attacco effettuato con munizioni cluster sono più gravi per via del numero e della’ampia dispersione delle sub munizioni. Anche se una munizione centra il proprio bersaglio, le sub munizioni che contiene possono successivamente uccidere dei civili nell’area coperta dall’”impronta”.

Le ditte costruttrici dichiarano che le mancate esplosioni sono al massimo pari al 5% delle cluster lanciate. A fronte di questo dato,  l’esperienza operativa di bonifica, invece, evidenzia dati notevolmente superiori. E’ stato verificato, infatti,che la percentuale delle mancate esplosioni non è inferiore al 15-20% per arrivare anche al 40-45% come riscontrato in alcune località dell’Afghanistan. Percentuali elevate che indicano come sul suolo, dopo il lancio di bombe a grappolo, la densità degli ordigni non esplosi assume dimensioni macroscopiche, notevolmente superiori a quella ottenibile se si utilizzassero mine antipersona o anticarro. Praticamente per ogni dispenser lanciato rimangono sul suolo circa  20 sub-munizioni non esplose, vere e proprie mine antipersona. Considerando il numero dei dispenser che normalmente vengono lanciati durante un periodo di belligeranza, le sub-munizioni inesplose possono raggiungere quindi numeri elevatissimi

Inoltre non è un dato irrilevante che, come confermano i dati provenienti da zone di conflitto, vengano utilizzate indiscriminatamente anche  in aree abitate,o nelle loro immediate vicinanze e che la conseguente contaminazione  rallenti la fase di ricostruzione post-conflitto,  la coltivazione dei campi, l’accesso ai pascoli, ai pozzi e renda mortalmente insicure strade, scuole ed abitazioni.

Nell’ultimo conflitto nel sud del Libano il 60% delle cluster bombs è stato lanciato nelle immediate vicinanze di centri abitati o villaggi (fonte: Foreseeable harm. The use and impact  of cluster munitions in Lebanon: 2006 – Landmine Action – UK). Sempre nello stesso conflitto, la stima del numero delle munizioni inesplose, come segnalato dal Mine Action  Coordination Center delle Nazioni Unite nel sud del Libano  superava verosimilmente il milione di ordigni.

La presenza in Italia di cluster è stata segnalata per la prima volta dall’organizzazione umanitaria e di ricerca Human Rights Watch in un memorandum distribuito ai delegati del gruppo di esperti sui residuati bellici esplosivi in seno alla Convenzione sulle Armi Convenzionali riuniti a Ginevra tra il 10 e il 14 marzo 200. Secondo il dossier il nostro paese è uno degli almeno 57 Paesi (tra i quali 13 dei 25 membri dell’Unione Europea) al mondo che hanno nei propri arsenali munizioni cluster.  La tabella allegata al dossier elenca i tipi di munizioni cluster che sarebbero detenuti negli stock italiani. Non ci sono indicazioni sui quantitativi di questi stock, né sul ruolo che queste armi hanno nelle linee strategiche della difesa italiana. Tra le munizioni presenti negli arsenali italiani ve ne sono anche alcune del tipo DPICM – Dual Purpose Conventional Munitions, lanciate con sistemi di artiglieria MLRS (Multiple Launch Rocket System). Queste munizioni presentano un alto rischio di impatto umanitario, dal momento che hanno un elevato tasso di mancato funzionamento: circa una submunizione su sei rimane inesplosa. Informazioni provenienti da fonti riservate indicano che l’Aviazione Militare Italiana ha in dotazione un numero limitato di bombe cluster d’aereo tipo (MK2)BL755 (di produzione inglese) contenenti ciascuna 147 bombette tipo MK 1 HE (2,15 lbs). Queste bombe possono essere portate da velivoli di tipo G91Y e F104G. Per cause tecniche non sono state montate su altri aerei ma sono state fatte delle prove nel centro sperimentale. Finora comunque l’AMI non ha mai impiegato questo tipo di bombe, neanche nei poligoni di tiro.

A Maggio 2008 107  nazioni hanno firmato a Dublino la Convenzione internazionale per la messa al bando delle cluster bombs. Il trattato, è stato ufficialmente firmato a Oslo a  dicembre dello stesso anno e  impegna i firmatari a non usare in alcuna circostanza le munizioni cluster,  né a produrre, acquistare, conservare  o trasferire a chiunque, direttamente o indirettamente, questo tipo di armi.

L’accordo impegna altresì i paesi firmatari all’assistenza delle vittime e alla bonifica delle aree interessate e prevedere anche la distruzione degli arsenali nel giro di otto anni, ma lascerebbe la possibilità di impiego di bombe a grappolo più piccole di nuova generazione in grado di colpire gli obiettivi con maggiore precisione e provviste di un sistema di autodistruzione;

L’8 Luglio scorso la Commissione Europea ha approvato la Risoluzione sull’entrata in vigore della Convenzione sulle munizioni a grappolo (CCM) e il ruolo dell’UE. Tale risoluzione tra l’altro, esorta tutti gli Stati membri ad avviare tutte le iniziative necessarie alla ratifica della Convenzione e ad adottare  provvedimenti temporanei in attesa dell’adesione.

Ormai è necessaria una legislazione più decisa, sia a livello nazionale che internazionale, per proteggere le popolazioni civili durante i conflitti armati. Il pericolo immediato che le munizioni cluster presentano per le popolazioni civili a causa della loro imprecisione ed ampia dispersione, il pericolo a lungo termine rappresentato dopo il conflitto dall’alto numero di sub munizioni inesplose che equivalgono a delle mine terrestri, ed il potenziale pericolo futuro  di un’ampia diffusione di queste armi, richiedono un’azione urgente per mettere sotto controllo la minaccia rappresentata dalle munizioni cluster.

La presente proposte di legge, pertanto, ha l’obiettivo di apportare modificare alla legge n. 374 del 1997 recante norme per la messa al bando delle mine antipersona al fine di estendere il provvedimento anche alle munizioni cluster per le molteplici affinità con le mine antipersona e per le conseguenze di più ampia portata che esse producono.

PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del Deputato A. Di Stanislao

MODIFICHE ALLA LEGGE 29 OTTOBRE 1997, n. 374 RECANTE NORME PER LA MESSA AL BANDO DELLE MINE ANTIPERSONA

Art.1
( Modifica all’Art.1 della legge 29 ottobre 1997 n. 374 in termini di Finalità)

  1. All’articolo 1, comma 1, della legge 20 ottobre n. 374, dopo le parole “ogni tipo di mina antipersona” sono inserite le seguenti: “ ivi comprese le munizioni cluster

Art.2
( Introduzione del comma 2 all’Art. 2 della legge 29 ottobre 1997 n. 374 in termini di Definizione )

  1. Dopo il comma 1 dell’Art. 2 della legge 29 ottobre 1997 n. 374, è inserito il seguente comma 2: “ Si definiscono munizioni cluster le sub munizioni esplosive di munizioni a grappolo congegnate per esplodere al momento, immediatamente prima oppure dopo l’impatto con l’obiettivo”

Art.3
( Modifica all’Art.3 della legge 29 ottobre 1997 n. 374 in materia di obblighi a carico dei detentori di mine antipersona)

  1. All’Art. 3, comma 1, dopo le parole “ di mine antipersona e loro componenti” sono inserite le seguenti: “ nonché di munizioni cluster

Art.4
( Modifica all’Art.4 della legge 29 ottobre 1997 n. 374 in materia Obblighi di chi dispone di diritti di brevetto o di tecnologie idonee alla fabbricazione di mine antipersona )

  1. All’Art. 4, comma 1, della legge 29 ottobre 1997 n.374 dopo le parole “ di mine antipersona o di parti di esse” sono inserite le seguenti “ivi comprese le munizioni cluster

Art.5
( Modifiche all’Art. 5, comma 1, della legge 29 ottobre 1997 n. 374 in materia di Distruzione di scorte )

  1. All’Art. 5 comma 1 dopo le parole “ stoccaggio presso le forze armate” sono inserite le seguenti “ nonché alla messa al bando delle munizioni cluster

Art.6
( Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

On. Di Stanislao




Teramo. vicenda del referendum consultivo

Il segretario Comunale di Teramo del partito dell’Italia dei Valori, Marco Di Giovanni, in riferimento alla vicenda del referendum consultivo promosso dal comitato “Giu’ le mani dal Comunale” contro l’abbattimento del vecchio stadio, ritiene indecoroso e offensivo dell’intelligenza di tutti i Teramani, che Maurizio Brucchi Sindaco di Teramo, non si sia adoperato affinché si potesse espletare il tanto sospirato referendum, utile strumento di democrazia e quindi di libertà.

Di contro Maurizio Brucchi sulla scia del prefetto della Giudea “Ponzio Pilato” ha preferito lavarsi le mani nascondendosi dietro la burocrazia e perdendo l’occasione di essere un vero Sindaco.

Concludendo auspico che Maurizio Brucchi, così come ha velocizzato il bando di gara sul Project Financing, allo stesso tempo, approvi con celerità il Regolamento, salvi  le 5 mila firme raccolte per il referendum e, nel contempo, nomini la commissione così come disciplinata nello Statuto Comunale.

Tale posizione sarà ribadita in sede di Consiglio Comunale dal nostro consigliere.




Giulianova. Siamo venuti in possesso di copia del rapporto ARTA

Riceviamo dal Dott. Santuomo

Siamo venuti in possesso di copia del rapporto ARTA (Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente Dipartimento provinciale di Teramo), inviato tra l’altro al Sindaco del Comune di Giulianova, di prova nr. 309-S/2010 del 06/07/2010, (di cui allego le scansioni) del depuratore comunale di Giulianova sito in località Annunziata relativo al prelievo di acqua di scarico di detto depuratore.

Il prelievo è stato effettuato nel pozzetto situato dopo la vasca di clorazione, ossia in uscita dal depuratore in direzione del fiume Tordino.

L’analisi batteriologica ha rilevato una presenza di Escherichia coli di 4.000.000 rispetto al massimo normativo previsto di 5.000, per cui 800 volte superiore alla norma.

Il giudizio dell’ARTA è:

“ L’INDICE BATTERIOLOGICO ESCHERICHIA COLI PRESENTA UN VALORE NETTAMENTE SUPERIORE AL LIMITE FISSATO AL PUNTO 3 DEL PROVV. AUT. PROV.LE N. 401706 DEL 28/12/09.

ESISTE PERTANTO VIOLAZIONE DELL’ART. 101 DEL D. Lgs. 152/06 SANZIONATA DALL ART. 133 COMMA 1.

L’ELEVATO GRADO DI CONTAMINAZIONE FECALE IMPONE LA NECESSITA’ DI VALUTARE L’ASPETTO IGIENICO SANITARIO DELLO SCARICO IN QUESTIONE.

Si fa notare che l’annoso problema non è stato mai risolto, anzi, siamo a valori di Escherichia coli veramente preoccupanti.

Le acque del nostro mare si trovano a poche decine di metri dal punto in cui viene versato nel fiume Tordino il prodotto nauseabondo emesso dal depuratore.

Il depuratore non funziona ma ci fa piacere che tutto questo non abbia influito sulla concessione della bandiera blù, anzi, forse cominciamo a pensare che questo sia uno dei requisiti da possedere.

Si ricorda:

“Nelle acque di piscina, nelle acque adibite alla balneazione è prescritta l’assenza obbligatoria di Escherichia coli in relazione al suo ruolo di indicatore primario di contaminazione fecale. La mancata rispondenza al valore parametrico stabilito costituisce una non conformità.L’Escherichia coli può provocare malattie nell’uomo e negli animali.

Alcuni ceppi di Escherichia coli sono l’agente eziologico di malattie intestinali e extra-intestinali come infezioni del tratto urinariomeningiteperitonitesetticemiapolmonite. Alcuni ceppi di Escherichia coli sono tossigenici, producono cioè tossine che possono essere causa di diarrea.

L’Escherichia coli è comune causa di uretriticistite in persone anziane e/o diabetiche.”

Auguro buona balneazione a tutti.

Giulianova li 14 luglio ’10

Dott. Vincenzo Santuomo

Capogruppo Consiliare

Comune Giulianova

DOCUMENTO ARTA – PAGINA 01

DOCUMENTO ARTA – PAGINA 02

DOCUMENTO ARTA – PAGINA 03

Dott. Santuomo




Abruzzo. Tutti i numeri sull’ estrazione di petrolio in Italia

Tutti i numeri sull’ estrazione di petrolio in Italia

“100 nuove trivelle ipotecano il futuro del mare e del territorio italiano”. Legambiente presenta il dossier Texas Italia

La folle corsa all’oro nero made in Italy. Ad oggi nel Belpaese sono stati rilasciati 95 permessi di ricerca di idrocarburi, di cui 24 amare, interessando un’area di circa 11 mila chilometri quadrati (kmq), e 71 aterra, per oltre 25 mila kmq. A queste si devono aggiungere le 65 istanze presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 amare per una superficie di 23 mila kmq.

Sono solo alcuni dei numeri del dossier nazionale Texas Italia di Legambiente, presentato oggi da Goletta Verde a Monopoli (Ba), in occasione della Tavola Rotonda “La minaccia del petrolio sul futuro sostenibile della Puglia”. A parlare di tutti i dati e i rischi connessi all’estrazione del petrolio italiano sono stati: Stefano Ciafani, Responsabile Scientifico Legambiente, Francesco Tarantini Presidente Legambiente Puglia, Simone Andreotti, Responsabile Protezione Civile Legambiente, Fabiano Amati, Assessore Protezione Civile della Regione Puglia, e Emilio Romani,Sindaco di Monopoli.

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Rilanciata in nome di una presunta indipendenza energetica, la corsa all’oro nero italiano, stando alla localizzazione delle riserve disponibili, riguarda in particolare il mare e non risparmia neanche le Aree Marine Protette.  Sono interessati il mar Adriatico centro-meridionale, lo Ionio e il Canale di Sicilia.

Tra le ultime istanze presentate c’è la richiesta della Petroceltic Italia di permessi di ricerca nell’intero specchio di mare compreso tra la costa Teramana e le isole Tremiti. Queste ultime in particolare sono minacciate anche da un’altra richiesta per un’area di mare di 730 kmq a ridosso delle isole. Sotto assedio anche mare e coste sarde, sulle quali pendono due recenti istanze della Saras e due più vecchie della Puma Petroleum, per un totale di 1.838 kmq nel golfo di Oristano e di Cagliari; la stessa società detiene una richiesta anche nello splendido specchio di mare tra l’isolad’Elba e quella di Montecristo643 kmq in pieno Santuario dei Cetacei all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.

È delle scorse settimane, infine, la notizia della partenza di una nave commissionata dalla Shell, che ha il compito di eseguire studi e prospezioni per individuare quello che viene considerato, usando le parole della stessa Shell Italia “un autentico tesoro” che porterebbe l’Italia a confermarsi “il Paese con più idrocarburi dell’Europa continentale”. Peccato che anche in questo caso le attività estrattive mal si combinerebbero con l’Area Marina Protetta delle isole Egadi e con un’economia basata prevalentemente su turismo e pesca.

Nei nostri mari oggi operano 9 piattaforme per un totale di 76 pozzi, da cui si estrae olio greggio. Due sono localizzate di fronte la costa marchigiana (Civitanova Marche – MC), tre di fronte quella abruzzese (Vasto – CH) e le altre quattro nel canale di Sicilia di fronte il tratto di costa tra Gela e Ragusa.

Passando dal mare alla terra, le aree del Paese interessate dall’estrazione di idrocarburi sono la Basilicata, storicamente sede dei più grandi pozzi e dove si estrae oltre il 70% del petrolio nazionale proveniente dai giacimenti della Val d’Agri (Eni e Shell), l’Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia, il Molise, il Piemonte e la Sicilia.

Complessivamente lo scorso anno in Italia sono state estratte 4,5 milioni di tonnellate di petrolio, circa il 6% dei consumi totali nazionali di greggio. Ma la quantità rischia di aumentare, perché stanno aumentando sempre di più le istanze e i permessi di ricerca di greggio nel mare e sul territorio italiano.

Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre le 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del Ministero dello sviluppo economico, sono ancora recuperabili da mare e terra italiani. Ma il gioco non vale la candela. Infatti, visto che il Paese consuma 80 milioni di tonnellate di petrolio l`anno, le riserve di oro nero made in Italy agli attuali ritmi di consumo consentirebbero all’Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi. Ma estrarre il greggio nostrano fino all’ultimo barile sarebbe un’ipoteca sul nostro futuro.

Nonostante ciò è già partita una “lottizzazione” senza scrupoli del mare italiano, che per ironia della sorte avanza inesorabilmente proprio quando l’attenzione internazionale è concentrata sul disastro ambientale nel Golfo del Messico causato dalla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP (British Petroleum).

“In seguito a questo gravissimo incidente – commenta Stefano Ciafani, Responsabile scientifico Legambiente –  sono state davvero propagandistiche le risposte date dal nostro governo. Il 3 maggio scorso, l’ex ministro Scajola ha convocato i rappresentanti degli operatori offshore per avere notizie sui sistemi di sicurezza ed emergenza senza risultati concreti. È importante notare che il risanamento per  un incidente come quello americano nel nostro paese non sarebbe risarcito in maniera adeguata dai responsabili. Infatti ancora oggi le nostre leggi non hanno ancora risolto il problema del risarcimento in caso di disastro ambientale e inoltre le piattaforme non sono coperte dalle convenzioni internazionali. Altrettanto propagandistico ci è sembrato il provvedimento preso dal governo italiano a tutela di mare e coste nello schema di decreto di riforma del codice ambientale, approvato in Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo”.

Le attività di ricerca ed estrazione di petrolio verrebbero vietate nella fascia marina di 5 miglia lungo l’intero perimetro costiero nazionale, limite che sale a 12 miglia per le Aree Marine Protette. Al di fuori di queste aree, le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi verrebbero sottoposte a valutazione di impatto ambientale (Via). La norma si applicherebbe anche ai procedimenti autorizzativi in corso.

“Si tratta di un provvedimento dall’efficacia davvero relativa – prosegue Stefano Ciafani -. La norma non si applica infatti a pozzi e piattaforme esistenti. E poi cosa cambierebbe se un incidente avvenisse in un pozzo o una piattaforma localizzata al di là di 5 o 12 miglia dalle coste? In caso di incidente sarebbe comunque un dramma per i nostri mari e per il Mediterraneo. Se spostassimo, infatti, la marea nera che sta inquinando il Golfo del Messico nell`Adriatico la sua estensione si spingerebbe da Trieste al Gargano”.

Si tratta poi di una norma che contraddice quanto lo stesso governo Berlusconi aveva approvato con la legge Sviluppo del luglio 2009 quando aveva invece semplificato le procedure di Via rendendo la corsa all’oro nero più semplice.

Le istanze e i permessi di ricerca vengono poi valutati secondo un procedimento unico che coinvolge i diversi soggetti interessati. Se l’area in questione è su terra oltre lo Stato vengono coinvolti anche gli Enti locali (Regioni, Province e Comuni), mentre se il permesso è per eseguire ricerche sul sottofondo marino è previsto solo il parere da parte dello Stato e gli Enti locali sono esclusi dalle procedure, anche quando si tratta di aree a ridosso della costa, in cui un’attività di questo tipo modificherebbe non poco le attività economiche, turistiche e di altro tipo svolte dalle comunità che vivono sul mare.

Proprio la facilità delle procedure e il mancato coinvolgimento delle comunità locali sono, insieme ad un costo del barile che è tornato a livelli importanti (tra 75 e 80 dollari per barile), tra le cause principali della proliferazione delle istanze per i permessi di ricerca in mare. Richieste avanzate nella maggior parte dei casi, da imprese straniere come la Northern Petroleum (UK) e la Petroceltic Elsa, che da sole rappresentano circa il 50% delle istanze presentate negli ultimi due anni per un totale di 11mila kmq, che rischiano di essere ceduti in nome del petrolio e di una fantomatica indipendenza energetica, che di certo non si ottiene attraverso un rilancio dell’estrazione petrolifera in Italia, sa maggior ragione se a farla sono le imprese straniere.

Il gioco non vale la candela neanche dal punto di vista occupazionale. Le ultime stime di Assomineraria quantificano la rilevanza economica e occupazionale del settore estrattivo in Italia come segue: un risparmio di 100 miliardi di euro nelle importazioni di greggio dall’estero nei prossimi 25 anni e la creazione di 34mila posti di lavoro. Numeri che non reggono se confrontati con un investimento nel settore della green economy e delle rinnovabili. Anziché investire nella folle corsa all’oro nero e all’atomo si dovrebbe puntare con decisione sullo sviluppo di efficienza energeticafonti pulite, un settore capace di creare solo in Italia dai 150 ai 200 mila posti di lavoro entro il 2020 e capace di traghettare il paese verso un’econoomia a basso tenore di carbonio, una trasformazione necessaria, visti gli obiettivi vincolanti degli accordi internazionali sui cambiamenti climatici, a partire da quello Europeo fissato per il 2020 (20% risparmio energetico, 20% produzione da fonti rinnovabili, 20% riduzione emissioni di CO2).




OTTAVA EDIZIONE DEL WEBFESTIVAL A CITT� SANT�ANGELO CON IL PREMIO WEB ITALIA 2010 – IN ABRUZZO IL MEGLIO DEL WEB ITALIANO

OTTAVA EDIZIONE DEL WEBFESTIVAL A CITT� SANT�ANGELO CON IL PREMIO WEB ITALIA 2010 – IN ABRUZZO IL MEGLIO DEL WEB ITALIANO
Ai nastri di partenza la fase finale di Premio Web Italia che da otto anni fa incontrare i migliori talenti che sviluppano la rete nel nostro paese. Dal 14 al 16 luglio 2010 e per il secondo anno consecutivo, sede della fase finale dell’evento � Citt� Sant’Angelo, in provincia di Pescara, che per tre giorni ospiter�  sul palcoscenico del Teatro Comunale circa 200 esperti tra guru, designer, web agency, istituzioni e imprese che parteciperanno all�evento con incontri, workshop e talk show  interamente dedicati ai temi pi� attuali dell�innovazione.
Il sipario del WebFestival si alzer� mercoled� 14 luglio con il Festival del Virus (ore 9,30 presso il Teatro Comunale) per proseguire gioved� 15 con il convegno  L’innovazione strumento di efficienza nella PA (ore 9,00 Teatro Comunale) e si concluder� venerd� 16 luglio con la Cerimonia di consegna degli Awards ai Vincitori dell’ottava edizione (ore 17 presso il Teatro Comunale) presentata da Carlo Massarini.
Il programma prevede altre attivit� collaterali:
Un workshop riservato ai diciottenni angolani sui temi dei Social Network; i lavori della Giuria dei Giovani; il primo meeting nazionale di Web Italia; un talkshow con le eccellenze italiane in concorso. (il programma completo su: http://www.premiowebitalia.it/webfestival/programma/ )
Tra i progetti che si contenderanno lo scettro di Sito Web dell’Anno e il primato nelle tante categorie concorsuali ci sono istituzioni come la Fondazione Umberto Veronesi e la LUISS Guido Carli; artisti come Alex Britti e Pierfrancesco Favino, Platinette e Alan Sorrenti; grandi firme del made in Italy come Giugiaro e Baglioni Hotel; enti innovativi come Provincia di Milano e Provincia di Macerata.
Tutti i lavori in Finale sono visibili all’indirizzo: http://www.premiowebitalia.it/inconcorso/finalisti/
Citt� Sant�Angelo accoglier� gli ospiti nel suo meraviglioso borgo, offrendo la connessione ad internet libera e gratuita nel centro storico, grazie alla rete wireless (progetto NavigaCSA) pensata e realizzata sia per i grandi eventi ma soprattutto per i cittadini e per i turisti.
WebFestival � un evento organizzato da AssoWebItalia Onlus e dal Comune di Citt� Sant’Angelo.
PWI – Premio Web Italia il traguardo pi� ambito per chi nel web lavora, sogna, vive.
Ufficio Stampa PWI – Premio Web Italia – Ottava Edizione
Web Italia Onlus – Associazione degli Autori del Web italiano
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Giulianova. Mozione urgente: Smantellare il vecchio depuratore, prevedere fondi per riqualificare area.

Giulianova, li 13/07/10

Al Presidente

del Consiglio Comunale

Sig. Nello Di Giacinto

Al Sig. Sindaco

Comune di Giulianova

Av. Francesco Mastromauro.

Mozione urgente: Smantellare il vecchio depuratore, prevedere fondi per riqualificare area.

Vista  la delocalizzazione del nuovo depuratore – peraltro inaugurato alcuni giorni fa – che tra qualche mese dovrebbe iniziare definitivamente la sua attività;

Considerato che il vecchio impianto deve essere smantellato e l’area su cui insiste riqualificata per ospitare attrezzature sportive nonché un nuovo palazzetto dello sport destinato anche a manifestazioni sia all’aperto sia al chiuso, nei mesi estivi ed invernali, oramai certa la riperimetrazione del Borsacchio, escluderà completamente Giulianova dall’area protetta;

Considerato, altresì, che se la suddetta opera di riqualificazione non venisse attuata, l’area ove è ubicato il vecchio impianto di depurazione diventerebbe un quartiere dormitorio per extracomunitari (Vedi Ex. Sadam, Ex Foma, e di recente sotto il ponte di legno e nel parco) ;

Rilevato che il giorno in cui si è svolta l’inaugurazione il  Presidente della Ruzzo Servizi, Di Pietro, dichiarava che, dal precedente finanziamento, era rimasto un residuo di € 1.400.000,00;

Alla luce di tutto ciò, perché non prevedere con un progetto la riqualificazione dell’area in questione?

Nella denegata ipotesi in cui ciò non fosse possibile, chiediamo di elaborare un progetto per smantellare il vecchio impianto di depurazione, prevedendo di inserire l’opera da realizzare nel piano triennale delle opere pubbliche per l’anno 2011. A tal fine chiediamo, inoltre, che venga effettuata una variazione di bilancio finalizzata a prevedere le risorse economiche necessarie per il finanziamento di tale progetto.

Fiduciosi in un vostro sollecito interessamento, sottoponiamo questa mozione alla discussione e alla votazione, come punto all’ordine del giorno, del prossimo Consiglio Comunale .

Capo Gruppo
LISTAUDC/GIULIESI
GianfrancoFrancioni
Capo Gruppo

LISTA CIVICA “PER FRANCESCO MASTROMAURO SINDACO”

CARTONE JURGHENS




Abruzzo. NUCLEI CINOFILI ANTIVELENO IN AZIONE NEL PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA


Assergi – Dingo, Jonai, Datcha, Maya e Karma sono i cinque cani dell’Unità Cinofila Antiveleno di cui il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga si è dotato, grazie al progetto europeo Life Antitodo. Di razza pastore belga malinois, labrador e border collier, sotto la guida di due conduttori, nella mattinata di oggi, martedì 13 luglio, nella splendida cornice dell’Orto botanico del Parco, a San Colombo di Barisciano hanno fornito una dimostrazione delle loro capacità nella ricerca di bocconi avvelenati.

La circostanza ha riunito rappresentanti istituzionali ed agenti del Corpo Forestale dello Stato, che collabora in maniera determinante al progetto “Antitodo”, il Direttore Marcello Maranella ed il Servizio Scientifico dell’Ente Parco, capofila del progetto, i rappresentanti dei due partner spagnoli: la Junta de Andalucia e la Regione d’Aragona, la società Alimenti Eukanuba, che ha sponsorizzato il progetto “Antidoto”, provvedendo all’alimentazione dei cani antiveleno, Presente anche il noto studioso e documentarista Francesco Petretti che ha filmato i cani in azione.

Protagonisti assoluti della giornata sono stati naturalmente i cinque bellissimi cani, che hanno dato esaurienti dimostrazioni della loro eccezionale capacità nel fiutare ed individuare i bocconi avvelenati. Quando li trovano, li marcano accovacciandosi nei pressi e segnalandone la presenza ai conduttori, con i quali mostrano di avere un rapporto davvero speciale. In seguito, sono gli agenti del CFS ad occuparsi della repertazione dei campioni, delle indagini investigative e di tutti i passaggi tecnici e legali. Per i cani, la ricompensa è fatta di coccole e giochi.

L’utilizzazione di Nuclei Cinofili Antiveleno è una novità assoluta nel panorama italiano e rappresenterà senz’altro una svolta nella lotta alla barbara pratica che provoca ogni anno migliaia di morti e per combattere la quale non vi era sinora alcun efficace strumento.  Il veleno, infatti, non è selettivo e colpisce tanto il cane domestico quanto gli animali selvatici protetti come orso, lupo, aquila reale, gipeto, grifone, nibbio reale e capovaccaio. Muoiono tra atroci sofferenze sia gli animali che si cibano direttamente dei bocconi avvelenati sia quelli necrofagi, cibandosi delle carcasse di animali morti per avvelenamento. Si innesca, in tal modo, un’agghiacciante catena di morte.

I Nuclei Cinofili Antiveleno che il Parco ha a disposizione sono due: il primo composto da tre cani guidati da un conduttore dell’Ente, il secondo composto da due cani guidati da un conduttore del Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato. Entrambi effettueranno sia uscite mirate, ad esempio su segnalazione di casi di sospetto avvelenamento, sia ispezioni preventive sul territorio del Parco, affiancati dagli agenti del Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del CFS.




Abruzzo. Ancora una norma regionale impugnata dal Governo.

Ancora una norma regionale impugnata dal Governo.

D’Amico : la legge “sull’attività normativa regionale e sulla qualità della formazione”sia il vincolo ordinamentale per tutti i consiglieri regionali.

<<E’ ormai un problema ricorrente il contenzioso che la legislazione del Consiglio regionale produce presso la Corte Costituzionale : le norme di legge approvate da questo Consiglio regionale in carica, sono impugnate dal Governo.

Non solo i Consiglieri ma gli stessi Assessori afferma D’Amico, Vice Presidente del Consiglio, – presentano disegni di legge improvvisati, anche su fogli volanti, come misure necessarie ed urgenti. Senza verifica delle strutture amministrative e degli uffici legislativi, i provvedimenti risultano poi non solo di discutibile urgenza, ma così rabberciati da ledere la norma Costituzionale.

Ho voluto sollecitare il Presidente del Consiglio regionale a voler condividere con il Presidente della Giunta e la Conferenza dei Capigruppo comportamenti conformi dei Consiglieri. Tanto più che lo stesso Consiglio ha recentemente licenziato nella seduta del 29 giugnou.s. la legge regionale “Disciplina generale sull’attività normativa regionale e sulla qualità della formazione” che non è mero atto formale, ma deve costituire vincolo ordinamentale per i Consiglieri regionali dell’Abruzzo>>.

L’Aquila 13/7/20101

Consiglio regionale d’Abruzzo

Il Vice Presidente

Al Sig. Presidente

del Consiglio regionale

Avv. Nazario Pagano

Al sig. Presidente

della Giunta regionale

dott. Giovanni Chiodi

Ai Sigg. Capigruppo

Del Consiglio regionale

LORO SEDI

Oggetto: qualità della legislazione e contenzioso con il Governo

Signori,

è ormai un problema ricorrente il contenzioso che la legislazione del Consiglio regionale produce presso la Corte Costituzionale : quasi tutte le norme di legge approvate da questo Consiglio regionale  in carica, sono impugnate dal Governo.

In una Regione già profondamente dissestata come l’Abruzzo, la produzione di norme estemporanee produce effetti distorsivi e dannosi per la gestione regolata sia  dell’assetto istituzionale che di bilancio.

Non solo i Consiglieri ma gli stessi  Assessori  presentano disegni di legge improvvisati, anche su fogli volanti, come misure necessarie ed urgenti. Senza verifica delle strutture amministrative e degli uffici legislativi, i provvedimenti risultano poi non solo di discutibile urgenza, ma così rabberciati da ledere la norma Costituzionale.

Ne deriva  una forte lesione del ruolo e dell’immagine istituzionale della Regione Abruzzo, che  non giova certamente  alla credibilità delle nostre  politiche in una fase di risanamento.

Con la presente voglio quindi sollecitare il Presidente del Consiglio regionale a voler condividere con il Presidente della Giunta e la Conferenza dei Capigruppo comportamenti conformi dei Consiglieri. Tanto più  che lo stesso Consiglio  ha recentemente licenziato,nella seduta del 29 giugno  u.s., la legge regionale “Disciplina generale sull’attività normativa regionale e sulla qualità della formazione” che non è mero atto formale, ma deve costituire vincolo ordina mentale per i  Consiglieri regionali dell’Abruzzo.

In attesa di un riscontro , colgo l’occasione per inviare i più  cordiali saluti.

L’Aquila 13 luglio 2010

Dott. Giovanni D’Amico