LORETO. AGRICOLTURA E INNOVAZIONE ECCO IL NEW BUSINESS UNDER 40 CON LA RADIO RURALE UNA AZIENDA ABRUZZESE ARRIVA ALLA FINALE DI OSCAR GREEN

 

A Loreto, una residenza per artisti tra avanguardia e tradizione punta alla comunicazione con un mezzo tradizionale

C’è anche una azienda abruzzese tra le quindici finaliste nazionali – tre per sei categorie – del Concorso oscar Green, promosso da Coldiretti Giovani Impresa per premiare l’innovazione under 40 in agricoltura. Un concorso che ogni anno registra sempre più successo raccogliendo anche in Abruzzo decine di iscrizioni e facendo conoscere aziende nuove che puntano alla diversificazione aziendale. Per l’edizione 2016 è arrivata all’ultima tappa – conclusasi ieri mattina a Roma a Palazzo Rospigliosi in via XXIV maggio – anche una azienda abruzzese: l’azienda agricola Pollinaria di Gaetano Carboni, arrivata tre le prime tre della categoria Paese Amico. Situata a Loreto Aprutino, Pollinaria è non è una semplice azienda agricola ma una residenza per artisti internazionali – ovviamente nell’ambito delle avanguardie – al cui interno è stato eleborato un progetto di “radio rurale”. Una radio contadina che ha sede sopra un albero, nel mezzo di un bosco situato sul territorio di Loreto, dove gli agricoltori sono i protagonisti, e cioè custodi del “medium”, operatori e produttori di contenuti, ma anche destinatari di informazioni che riguardano il mondo dell’agricoltura e le tecniche agricole. Lo scopo della Radio è connettere e amplificare le voci degli agricoltori e degli artefici di rigenerazione rurale realizzando nel tempo un archivio sempre crescente di contenuti e tecniche legate alla ruralità. Le trasmissioni sono finora andate in onda su Rai3 e in streeming dal Maxxi (museo internazionale delle arti del XXI secolo di Roma) dove Pollinaria è stata inviata ad esporre e presentare il progetto nell’ambito della mostra The independent Food. “La radio rurale ideata da Gaetano Carboni, nella sua semplicità – dice Coldiretti – è una testimonianza concreta del profondo processo di rinnovamento in atto nelle campagne che ha allargato i confini dell’attività agricola come dimostrano le rivoluzionarie novità che sono approdate alla finale del concorso.

 

carboni-oscar-1SI INVIA FOTO DI GAETANO CARBONI – STAND OSCAR GREEN 2016 ROMA

 

 

I 18 FINALISTI DI OSCAR GREEN 2016 DELLA COLDIRETTI PER CATEGORIA

 

CATEGORIA WE GREEN

 

BIOCOSMETICA ANTISPRECO

Roberto Cerami – Toscana

Dell’orto di Roberto quello che non finisce in tavola non è più uno scarto aziendale ma biocosmesi. La ricerca ha bussato alla porta di Roberto. Il progetto è stato realizzato insieme all’università di Caserta a cui sono state affidate le verdure non vendute, praticamente gli scarti del suo orto e seguendo le tabelle ufficiali della farmacopea ne sono nate creme per il corpo, maschere facciali, saponi, tutti prodotti non citotossici e rigorosamente biologici. Dagli spettri Nmr invece è stato evidenziato che le zucchine di Roberto ed Elvira, la biologa che dalla fattoria collabora con l’università, c’è un’alta concentrazione di fenoli, sicuramente più alta della media. Insomma la crema per il corpo del contadino promette nuovi sviluppi. La materia prima, ovvero gli scarti di agricoltura, viene combinata soltanto con prodotti naturali come olio di lavanda, che ha una funzione antibatterica e cicratizzante, o ancora con yogurt bianco, amido di riso e cetrioli per realizzare le maschere per il viso, mentre per i saponi l’unica combinazione è resti di verdure con olio d’oliva. Insomma dagli scarti dell’orto le creme biologiche, maschere e saponi: c’è bellezza in quel che non si butta.

 

LA SETA CONTADINA DAL BACO ALL’ATELIER

Domenico Vivino Domenico Vivino – Calabria

Quando si dice che l’innovazione sposa la tradizione. In Calabria un gruppo di ragazzi, tutti meno di trent’anni, per costruire il loro futuro hanno affondato le radici in una storia di oltre 1300 anni. Hanno recuperato degli antichi gelseti e li hanno messi in coltura a San Floro, un paese vicino Catanzaro che rappresenta uno dei rari perimetri in cui il baco è riuscito a riprodursi e ad essere molto fruttuoso. Oggi il loro gelseto infatti conta circa 3.00 piante di varietà Kokusò e gli consente di realizzare 3 allevamenti annui tra il mese di Aprile e Settembre. In azienda i ragazzi seguono tutto il processo che parte dalla terra fino ad arrivare alla produzione del prezioso filato, rispettando l’intero processo di lavorazione su antichi canoni tradizionali in quanto producono tessuti su antichi telai a 4 licci. Il filato viene poi tinto con prodotti naturali (papavero, robbia, morus nigra, ginestra, uva cirò, margherite di campo, cipolla di tropea, ecc.). Le loro creazioni hanno però superato il concetto dell’impiego della seta esclusivamente in campo tessile riuscendo a realizzare una linea di gioielli che nasce dall’incontro tra la seta di San Floro e la ceramica di Squillace. Nell’ottica di una filosofia di valorizzazione delle risorse territoriali, i monili che custodiscono in sé la storia, la cultura, i colori e il calore della Calabria diventano dei veri e propri gioielli che fondono eleganza e passato, tradizione e pregio.  In azienda però non si butta via nulla, le foglie le mangia il baco, i frutti invece vengono venduti freschi o trasformati in confetture extra e liquori rigorosamente affidati alla vendita diretta. Insomma il più anziano del gruppo che non ha ancora compiuto 30 anni ha ben chiaro che il futuro, viene dal passato.

 

OLIO DI NOCCIOLE ELISIR DI LUNGA VITA

Simone Serafin – Veneto

«Non sarei riuscito a vivere da cittadino contemporaneo. Io ho bisogno di natura», così Simone spiega la ragione della sua scoperta: l’olio di nocciola, prodotto dal suo noccioleto e trasformato insieme al fratello e al resto della sua famiglia, totalmente coinvolta nel progetto. Il metodo è molto semplice e naturale, basta avere cura delle piante e della trasformazione dei suoi frutti. Le nocciole vengono raccolte, sgusciate e poi immediatamente accompagnate al laboratorio di trasformazione, dove vengono pressate per trasformarsi in olio. Quello nelle bottigliette dell’azienda Rinocciola un olio versatile, utilizzabile sia nell’alimentazione che in cosmesi. Chi l’ha assaggiato esprime il proprio giudizio più con lo sguardo che con le parole. E’ una vera sorpresa. Ha un gusto molto delicato e si abbina sia con piatti salati che per la realizzazione di dolci. Conoscerà infatti una richiesta significativa dal mondo della pasticceria. «Il nostro è un prodotto di nicchia – spiega Simone – che nasce da un piccolo noccioleto ed è destinato a una piccola produzione. Vogliamo rimanere autentici e fuori dalla grande distribuzione. Pretendiamo che il nostro olio continui a conservare intatti i suoi esclusivi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6, senza subire alterazioni». Chi consuma quotidianamente questo olio di nocciole, chi lo introduce nella propria dieta oltre a scoprire come non sia coprente sui cibi e come a differenza di altri oli non sia da mono-abbinamento, ma scopre tanti benefici, particolarmente per chi soffre di colesterolo o di stitichezza. Impieghi in fase di esplorazione riguardano la cosmesi mentre chi ha provato a farne impacchi ne dice meraviglie. Di queste nocciole non viene buttato via nulla, i gusci saranno combustibile per le stufe di casa, mentre la farina rimanente dall’estrazione dell’olio è il segreto di tante ricette per la realizzazione di fantastici dolci.

 

CATEGORIA IMPRESA 2.TERRA

 

LE ARANCE DA INDOSSARE

Adriana Santonocito – Sicilia

Un tessuto, fresco, nuovo e bizzarro ma anche sostenibile realizzato dagli scarti di arance, quelli che ogni anno vanno a formare 700 mila tonnellate di sottoprodotto da smaltire. E’ questo “orange fiber” gli agrumi che si indossano. Tutto nasce da una tesi di laurea, quella di Adriana che pian piano diventa un progetto di ricerca e quindi una start up e che oggi è un business e una scommessa di futuro in Sicilia. Orange fiber è cellulosa estratta dagli scarti di arance in grado di diventare il primo tessuto di agrumi al mondo, composto da acetato di arance e seta in due varianti: raso in tinta unita e pizzo. Il progetto è stato sviluppato insieme al Politecnico di Milano che ha realizzato il brevetto depositato in Italia e all’estero. Oggi l’azienda ha due sedi: una a Catania e l’altra in Trentino e due business angel, Adriana ed Enrica, che hanno creduto nell’impresa. Loro sono due vulcani di idee, dopo avere inaugurato il primo impianto pilota per l’estrazione di cellulosa dagli agrumi, sono al lavoro per proposte di top brand di moda. Come dire: spremi la fantasia e tessi il filo del successo. Il gomitolo ha un cuore d’arancia.

 

ARRIVA IL VINO DAI GRAPPOLI GHIACCIATI

Marika Socci – Marche

E’ una storia di ritorno in campagna quella di Marika Socci, 31enne produttrice di vini pregiati marchigiani. La ragazza decide di riavvicinarsi all’azienda di famiglia dopo una passeggiata “galeotta” tra le sue vigne con un sommelier es perimenta, nell’incredulità di tutti, alla crioestrazione selettiva. I grappoli di uva vengono ghiacciati a una temperatura di -23 gradi prima della pigiatura, così da ottenere il massimo degli aromi e dei sapori. La pressatura delle uve avviene infatti con i ‘chicchi’ congelati. Il risultato è un ‘Verdicchio Castelli di Jesi doc classico superiore Marika’, «semplicemente un vino differente», spiega l’autrice di questa innovazione nella tradizione del Verdicchio. Lei dice semplicemente «Otteniamo un vino esigente con sfumature di Verdicchio e aromi inaspettati che arricchiscono il bouquet dei profumi, le caratteristiche organolettiche di questo vino. E’ vinificato in purezza ed è talmente un vino differente che la gente non crede possa essere Verdicchio». La produzione è molto limitata poiché la criomacerazione determina una resa per ettaro molto bassa rispetto alle lavorazioni classiche. Inoltre produce molto prodotto di scarto perché quando le uve entrano in pressa sono ancora parzialmente congelate, quindi tutta la componente solida non entrerà a far parte del vino. Ma ne vale la pena poiché, a basse temperature, gli enzimi responsabili dell’ossidazione sono tutti completamente disattivati, viene così preservata al massimo la componente aromatica dell’uva. Ed essendo che molta più acqua viene espulsa per via del congelamento, il mosto che si ottiene è molto più concentrato di qualsiasi altro vino ottenuto attraverso procedimenti comuni.

  

LA COWGIRL E LA STALLA ON LINE

Elena Lazzarini – Lombardia

Nel cuore della Pianaura Padana Elena alleva vacche piemontesi, asini e coltiva cereali. Distese sterminate di campi e grossi animali in stalla non le fanno paura. Gestisce tutto lei da sola. Quando il padre è morto Elena ha ripensato l’azienda sulle «sue corde» da allevamento intensivo di 600 bovini l’anno a produzione di nicchia e di qualità. La sua attività non conosce tregua, di giorno e di notte. Ma per rendere tutto possibile ha dovuto assumere in azienda il più efficiente dei collaboratori. La massima tecnologia: dalla stalla ai campi, strettamente collegata con il proprio computer o smartphone. «Mi addormento con il computer sulla pancia dice Elena e il mio telefono non conosce il comando silenzioso». Si è partito dai pannelli solari sulla stalla e poi si è inserito un sistema di videocontrollo, di allarmi e di comunicazione, unico nel suo genere. Ovunque si trovi Elena ha la visione totale della sua azienda in ogni suo reparto. L’irrigazione dei campi è controllata in remoto, mentre in stalla avviene dell’incredibile. Quando una vacca sta per partorire, un dispositivo presente sulla coda lancia un allarme al cellulare di Elena. Lei si collega alle sue videocamere, in remoto le punta sull’animale e controlla che non si tratti di falso allarme. Se il segnale è confermato, ovunque lei si trovi e qualunque sia l’orario, Elena non ha alternative: molla tutto e corre dalle sue vacche. Essere imprenditrice agricola oggi? Non basta. Devi essere già a domani.

 

 

CATEGORIA SOCIAL INNOVATION

 

L’ANNURCA ANTICOLESTEROLO

Giuseppe Giaccio- Campania

Una felice scoperta dell’università di Napoli ha reso protagonista la mela annurca campana igp, in campo medico. E’ pronto a giurarlo Giuseppe Giaccio, presidente del consorzio della ‘Mela Annurca’ Campania Igp grazie ai benefici che è in grado di trasmettere. L’annurca campana, ha incontrato il professore Ettore Novellino, preside della facoltà di Farmacia dell’università Federico II, di Napoli, che insieme ai suoi ricercatori, ha scoperto che il fitocomplesso presente in questo prezioso frutto abbassa del 25% il livello di colesterolo cattivo e alza quello buono del 45%. Durante uno studio in cui sono stati analizzati diversi pazienti con colesterolo sopra la media si sono scoperti risultati sorprendenti che confermano che questa mela è pura prevenzione. Trasformata in capsule, di cui ognuna contiene il valore di 3 mele, spiega Novellino, ha un risultato «simile alle statine». Ma la mela annurca è anche in grado di arrestare la caduta dei capelli bloccando la fase catagen del bulbo pilifero, ovvero la morte programmata del bulbo. Ma l’annurca, l’unica mela a poter vantare 2mila anni di storia e che prima di arrivare sulle tavole viene adagiata e coccolata su letti di paglia finché non raggiunge il suo tipico colore rosso, non è solo salutare è anche buona da mangiare fresca o trasformata in succhi di frutta, mousse e purè oppure in liquori, mentre in mano agli chef diventa arricchimento di piatti dolci e salati.

 

IL RITORNO DELLA BAMBOLA GREEN

Rosa e Paola Tortorelli – Puglia

Per realizzare dei perfetti gomitoli ci vuole manualità e tenacia ma allo steso tempo delicatezza, la stessa che serve per accudire le pecore. E’ questo il segreto di Rosa che, finiti gli studi, decide di ritornare alla campagna e alle sue greggi e che con l’aiuto di sua sorella Paola ha diversificato l’attività aziendale trasformando la lana da rifiuto speciale a bambole e bomboniere contadine. Le bambole sono completamente realizzate a mano, con la lana cardata delle loro pecore, colorata con i pigmenti estratti dalle piante tintoree del loro   territorio. Ma dalla loro lana nascono anche sciarpe e cappelli, indumenti per bambini e oggetti vari, alcuni dei quali, come il manto delle pecorelle, vengono lavorati con gli utensili di un tempo durante le lezioni per insegnare anche ai più piccoli a lavorare la lana. Insomma Rosa, nella sua fattoria, non si sottrae a nessun compito dalla cura delle sue pecore nella stalla, ai trattori per arare e ai i terreni da coltivare per garantire prodotti genuini al loro agriturismo.

 

GLI AGRICOLTORI CUSTODI E IL RITORNO DELL’OLEITO D’IPERICO

Antonio Lellici – Trentino

 

C’è il desiderio di recuperare persone svantaggiate fidandosi delle capacità terapeutiche della natura e della forza solidale di una impresa diversa. C’è il desiderio di recuperare dall’oblio le antiche culture che hanno fatto del Trentino una terra unica. Ed ecco che il sogno si realizza. Si parte dai giovani che incontrano gli anziani del posto per farsi indicare cosa e come si coltivava li negli anni 50 e 60. E’ così che ritornano alla luce 70 varietà vegetali, tra cui cereali, piante tessili, alberi da frutto, ortaggi e piante officinali. Alcune sono state ripiantate allo scopo della diffusione dei semi e per le attività didattiche. Altre invece per il sostentamento economico della cooperativa. Ci si fida degli anziani e si punta alle piante spontanee e alla resina di larice, che si recupera dagli alberi degli alti alpeggi, i cui tronchi forati donano questa sostanza ricca di proprietà. Serve per estrarre le spine che si conficcano sotto pelle, a curare ferite e anche a fare cataplasmi in casi di bronchiti. L’altro prodotto su cui ha puntato questa azienda è l’oleolito di Iperico, estratto appunto dalla pianta di Iperico e che serve a curare ustioni sia solari che domestiche o anche per sanare piaghe da decubito o ferite che stentano a rimarginarsi. E’ una pianta che cresce spontanea in questi territori, che ‘Terre Altre’ ha messo in coltura per aumentare la produzione. La vendita dei prodotti avviene direttamente in azienda dove soprattutto i turisti di queste Valli si precipitano per acquistare le primizie della terra. Conoscono lo scopo sociale e solidale di questa iniziativa e lo amano fino al punto di fare delle file ai cancelli dell’orto o al banco della vendita. Ma qui la missione etica dell’agricoltura sembra non avere confini: si organizzano attività culturali per adulti e bambini, corsi di riconoscimento di piante spontanee, preparazioni di oleoliti e preparati fitoterapici da fare in casa per non perdere la tradizione e recuperare l’agro-biodiversità. L’olio di Iperico viene realizzato con l’iperico perforato. I fiori vengono raccolti nel periodi di fioritura ed essiccati, poi vengono messi a macerare in olio di vinaccioli, o in olio di oliva e olio di semi di girasoli, quindi viene tutto filtrato e imbottigliato. Ma non si fermano qui, la resina di larice, il cosiddetto Largà invece, si va a raccogliere nei lariceti della Val di Fiemme, in maniera regolamentata. Poi si combina un terzo di resina, con un terzo di cera d’api, un terzo di oleolito di calendola, e si ottiene l’unguento. Terre Altre ha recuperato due cereali recuperati dalla banca del seme, l’orzo Capriana e grano Val di Fiemme, mentre come piante tessili recuperate ci sono il lino e la canapa. Per gli alberi da frutto invece sono presenti varietà antiche di mele, pere, ciliegie, prugne e susine

 

CATEGORIA FARE RETE

 

L’ARTE INCONTRA IL VINO E ARRIVA NEI SALOTTI VIP MONDIALI

Cristian Specogna – Friuli Venezia Giulia

Mettere insieme vino e cultura nella convinzione che l’Italia può esportare nel mondo le due eccellenze è stata la scommessa vincente di Cristian che con altri giovani di Coldiretti, tutti sotto i 30 anni ha realizzato l’enoteca del terzo millennio. Ecco da dove nasce l’idea di fare dipingere da diversi artisti italiani le sue bottiglie riserva di ogni annata, dando vita ad una preziosa collezione di 50-60 opere d’arte che ogni anno finiscono nei ristoranti e nei salotti più rinomati al mondo. Le bottiglie non sono più soltanto semplici contenitori di una eccellenza, vanto del Made in Italy, ma sono esse stesse sostanza della sapienza e della cultura italiana. Molti artisti a volte utilizzando lo stesso vino come pigmento naturale per dipingere le stesse bottiglie rendendole davvero uniche. Ecco perché le bottiglie gioiello di Cristian sono state consegnate a personalità internazionali, non da ultimo Papa Francesco, al principe di Monaco, a Obama, o ancora alla Ferrari con cui la sua azienda ha realizzato una Partnership. Questa azienda che conta 22 ettari a vigneto, per 120 mila bottiglie esportate per il 60 percento in 25 paesi del mondo, principalmente tra Europa, Usa e Asia, ha puntato su un giovane per sfidare i colossi del vino. Ma con umiltà e cultura. Prossima sfida con gli artisti? Dipingere le nostre botti in cantina.

 

 

LA CLEMENTINA SNACK

Francesco Rizzo – Calabria

La clementina di Calabria cambia veste e diventa snack da distributore. E’ grazie all’idea di Francesco nata durante una cena da due amici di basket che nasce il nuovo progetto di creare un packaging per la frutta da mettere nei distributori automatici. E’ presto fatto, pronta la nuova veste per la clementina, pronto il progetto, per inserire nel distributore la frutta immediatamente dopo il raccolto. In una notte dice Francesco le clementine sono dalla piana di Sibari a Bolzano, in tutti i distributori presenti, dalle scuole agli ospedali, dagli uffici alle palestre. Un’idea preziosa che permette di mantenere inalterata la freschezza del frutto perché la confezione che contiene due clementine è pensata per refrigerarle al meglio e tenere lontana l’umidità. Oltre a far bene alla salute e accontentare mamme e ragazzi la clementina snack ha l’ambizione di risollevare le sorti di un intero territorio agricolo per evitare dice Francesco che i nostri agricoltori svendano le uniche vere clementine di Calabria.

 

ARRIVA IL PRIMO CAVIALE VEGANO

Andrea Passanisi – Sicilia

Quando si dice cavalcare i tempi. E’ accaduto ad Andrea con “finger lime” un piccolo frutto dalla forma di cetriolo e dal sapore forte, aspro e piccante del limone dal quale il giovane Siciliano ricava il primo caviale vegano, Andrea non ci pensa due volte: studia le tendenza della cucina innovativa e si adopera per rifornirla di materia prima. Chi ama il gusto fresco, esotico, forte, gli abbinamenti estivi, gli accostamenti con il pesce non può che bussare ai cancelli della sua impresa agricola. Eccolo finger lime, sconosciuto ai più in Italia, noto invece a chi sperimenta, tra cocktail e nouvelle cuisine, i suoi curiosi pallini trasparenti scoppiettano al palato e sorprendono anche i vegani più esigenti. I migliori ristoranti già ne fanno richiesta, come anche i barman più intraprendenti. E quale habitat migliore poteva ospitarli, coltivarli e coccolarli se non questo lembo di Sicilia che affonda le radici nel bio, aprendo un canale di eccellenza e qualità tra il mediterraneo e l’Europa.

 

CATEGORIA CAMPAGNA AMICA

 

LA BIRRA DIVENTA BIODINAMICA E INCONTRA IL RADICCHIO

Polo Marangon – Veneto

Per trovare i cereali idonei a maltare una buona birra è stato necessario l’intervento di un mastro birraio tedesco che li ha selezionati e seminati. In questa bellissima azienda “zolla 14” di 11 ettari e 5 mila alberi, non basta l’agricoltura biologica per realizzare chicche del made in Italy. Si è chiesto aiuto alle stelle e si è sposato il metodo biodinamico. C’è bisogno che gli elementi della natura conoscano un equilibrio ideale ed ecco che l’acqua non può che essere unica, quella appunto delle note risorgive di Treviso. Infatti è l’acqua ad essere protagonista del miracolo della birra, perché il radicchio viene immerso con le sue radici in queste acque subendo quindi una escursione termica fino a 15 gradi, in grado di fare nascere un piccolo fiore che mescolato ai malti restituisce carattere e unicità a questa birra. E’ una birra stagionale, che viene prodotta una volta l’anno, segue tutto il percorso del radicchio rosso di Treviso che ha un protocollo molto rigoroso che, comincia ad agosto e termina a dicembre, quando la temperatura scende sotto zero e il prodotto è pronto per essere lavorato. Ma prima però di dare un occhio alle stelle. Infatti il processo di lavorazione oltre a essere rispettoso del disciplinare Igp segue un ‘disciplinare’ biodinamico che comporta una serie di operazioni, compiute a partire dal campo e fino alla trasformazione, seguendo il calendario astronomico. L’azienda impiega gli stessi metodi naturali anche per la realizzazione di altre eccellenze come il succo di mela limpido considerato senza rivali.

 

IL KETCHUP NOSTRANO CHE CONQUISTA L’AMERICA

Bernardino Nardelli – Puglia

Innanzitutto questo ketchup è italiano al cento percento. E poi è agricolo, rigorosamente agricolo. Con il faccione da mangiatore di hamburger Bernardino Nardelli così presenta il suo prodotto di successo. Nasce in occasione del suo 30esimo compleanno e ora è il prodotto di punta della sua azienda ‘Sapor di casa’. In quell’occasione lo inventò per accostarlo alla porchetta. E da allora non si è più fermato. Il prodotto con il tempo si è perfezionato. Obiettivo? Fare zero chilometri dalla terra al laboratorio di trasformazione. E poi farne migliaia da qui al resto del mondo. E così è stato. Bernarino, americanizzato Benny, l’ha presentato ai suoi buyers e il suo ketchup è volato al di là dell’Atlantico, dove lo stesso Benny è stato invitato per le presentazioni. Questo ketchup non ha nè coloranti, nè conservanti ma solo il sapore intenso delle verdure di questo territorio. Per conservante ha l’aceto di vino e a colorare ci pensano i pomodori del suo orto. Benny indossa una maglietta: «Gli italiano lo fanno meglio». «A differenza degli americani – spiega – per ketchup non intendiamo una purea rossa indistinguibile. Nel mio ketchup si deve vedere la strisciolina bianca della cipolla come il puntino verde del cappero o del sedano. I sapori devono essere ben distinguibili senza coprirsi l’uno con l’altro. Insomma il mio ketchup deve essere agricolo». ‘Sapor di casa’ nasce come laboratorio di trasformazione. Dapprima soltanto con gli ortaggi propri, poi si è sviluppato facendo conferire al laboratorio anche i prodotti di altri agricoltori i cui metodi di lavorazione sono controllati e garantiti da Bernardino. Qui vengono realizzate innanzitutto pasta di pomodoro e sughi pronti, ma poi anche sott’oli in olio extravergine d’oliva, paté, confetture e marmellate.

 

IL PRIMO KIT DELL’AGRIPASTICCERE

Mariangela Stoppini – Umbria

 

Mariangela ha dato vita al primo kit per agripasticcere,  un kit unico nel suo genere perché completamente realizzato nella sua azienda, dal noccioleto alla tavola.

Il suo noccioleto è il primo nato in Umbria in collaborazione dell’università di Perugia, e le sue nocciole erano destinate principalmente alla pasticceria ma la Mariangela ha voluto sperimentare nuove strade e ora il suo kit è richiesto direttamente da chiunque ha voglia di sbizzarrirsi in cucina, senza intermediari. All’interno del goloso kit ci sono tutte le fasi di lavorazione della nocciola. Dalla nocciolina intera tostata, alla granella di nocciole, fino alla farina e alla pasta di nocciole. Le varie anime di questo meraviglioso frutto, in cucina o in laboratorio, possono combinarsi insieme per dare vita a preparazioni dolci o a piatti salati. Il kit contiene anche un ricettario la cui caratteristica è quella di lasciarsi arricchire dalle ricette degli altri. Chiunque si mette in gioco con il kit di Mariangela può stabilire una connessione con lei, attraverso il proprio sito o sui social, in modo da dare suggerimenti o suggerire nuove realizzazioni che finiranno nel ricettario. Diventano quindi condimento per primi o secondi piatti, ma anche impasti, biscotti, creme e sperimentazioni di ogni genere. Mariangela è a lavoro a un portale per la vendita on line. Ma il kit è già prenotabile dal sito oppure acquistabile in azienda, dove gli ospiti dell’agriturismo si offrono volentieri per fare da assaggiatori. L’azienda si sviluppa su una superficie di 10 ettari completamente a noccioleto, conta 7 mila piante e produce dai 0 ai 150 quintali di nocciole, in funzione del clima, ogni anno.

 

 

CATEGORIA PAESE AMICO

 

L’ORTO CANTERINO

Francesco Lipari Sicilia

Biodiversità arte, architettura di paesaggio e meditazione sono questi gli ingredienti che compongono l’orto canterino. Un orto interattivo realizzato da un architetto, Francesco Lipari che si è messo a lavoro insieme al Comune di Siracusa e a Campagna Amica per dar vita ad un orto giardino interattivo, un paesaggio sonoro che cambia insieme al clima esterno e a quello interno dell’animo umano. Il battito cardiaco della persona che si avvicina alle realizzazioni naturali di quest’orto canterino è in grado di influenzarne la melodia, insomma l’armonia la sceglie la natura. A Siracusa luogo ricco di genti e culture, tra i perimetri più ricchi di biodiversità al mondo, oggi è dunque possibile soffermarsi per un’esperienza di contatto con la natura unica nel suo genere. Qui la natura compone melodie, esperienze sonore, segnali acustici che cambiano al mutare dell’ambiente e dell’animo umano. C’è bisogno di staccare la spina, ristabilire un equilibrio con la natura, entrare in connessione con la propria vita interiore e con quella degli altri, per questo nasce l’isola e il risultato è benessere, per l’uomo e per le piante che vigorose lo popolano.

 

L’OSPEDALE A KM0

Giuseppe Candela –  Salerno 

Dove ora sorge l’ospedale prima gli oliveti scendevano a valle fino a toccare il mare, ecco perché si è deciso di re-impiantarli. Oggi gli agricoltori li hanno adottati e trasformano queste preziose olive in olio extravergine per la mensa dell’ospedale. Qui è nata l’antica Scuola medica salernitana e, in continuità con questa prestigiosa storia scientifica italiana, si continua a fare collaborare la medicina con la natura, in nome della dieta mediterranea. Il testimone passa agli agricoltori che, come primo passo, consegnano le bottiglie dell’olio all’ospedale e un orto di erbe aromatiche che riprendono la tradizione delle erbe mediche della scuola medica più antica d’Italia, realizzato da Francesco Corrado, imprenditore agricolo. E poi un mercatino a chilometro zero. Proprio all’interno degli spazi dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, a Salerno. «Con i prodotti dei nostri agricoltori puntiamo sempre a una maggiore prevenzione», ha spiegato Nicola Cantone, commissario straordinario dell’azienda ospedaliera. «Continueremo a fare la nostra parte», promette Giuseppe Candela, imprenditore agricolo e motore del progetto: «Prossima missione, fornire la mensa dell’ospedale dei prodotti degli agricoltori del territorio».

 

LA RADIO CONTADINA SULL’ALBERO

Gaetano Carboni – Abruzzo

 

L’azienda Polinaria non solo ha 150 anni di storia e produce cereali ma da sempre è uno strategico crocevia tra gli abitanti di antichi territori ed artisti internazionali ai quali viene affidato il compito di elaborare progetti che abbiano al centro l’ecologia e con le pratiche di una agricoltura innovativa. Il punto di arrivo di questi progetti artistici sono spesso contesti urbani, città come Londra o New York dove i progetti diventano installazioni, opere esposte al pubblico in mostre, gallerie, musei o centri di produzione d’arte. In questo meraviglioso contesto il punto di forza è la prima radio contadina che ha sede sopra un albero, nel mezzo di un bosco, dove gli agricoltori sono i protagonisti, e cioè custodi e operatori radio, produttori di contenuti, ma anche destinatari di informazioni che riguardano il mondo dell’agricoltura. Il cuore pulsante è un progetto attorno al reperimento, conservazione e interscambio di semi. Sementi appunto come social media, in grado di trasmettere informazioni e di generare interscambi. Gli agricoltori che sono autori di una rigenerazione rurale che avviene attraverso la radio hanno realizzato un programma che è stato trasmesso prima su radio Papesse e poi su Rai 3. La casa sull’albero è la base fisica e operativa della radio, luogo di incontro e di scambio delle sementi. Ma anche redazione di produzione di contenuti radiofonici. Chi ascolta riceve informazioni di servizio per le attività rurali, ma anche contenuti musicali, artistici e poetici.




Pescara. “Artisti in soccorso”: da sabato 19 novembre grandi nomi al museo delle Genti d’Abruzzo.

 

La mostra chiude il 4 dicembre con asta benefica  per Amatrice e Arquata del Tronto.

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Pescara, 18 novembre 2016 – Apre i battenti domani sabato 19 novembre alle 18:30 presso la Sala Giovanni Favetta” del Museo delle Genti d’Abruzzola mostra “Artisti in Soccorso”, promossa dalla Fondazione Genti d’Abruzzo, che raccoglie ed espone a Pescara 35 opere di grande valore.

Hanno aderito all’iniziativa Giovanni Anselmo, Nanni Balestrini, Matteo Basilè, Gianni Berengo Gardin, Domenico Bianchi, Alberto Biasi, Igor Borozan, Gianni Dessì, Pablo Echaurren, Marilù Eustachio, Antonio Freiles, Marco Gastini, Piero Gilardi, Giorgio Griffa, Franco Guerzoni, Elisabetta Gut, Mimmo Jodice, Sergio Lombardo, Luigi Mainolfi, Eliseo Mattacci, Marcello Morandini, Hidetoshi Nagasawa, Carlo Nangeroni, Giulio Paolini, Claudio Penna, Lamberto Pignotti, Fabrizio Plessi, Piero Pizzi Cannella, Concetto Pozzati, Pietro Ruffo, Alfredo Saino, Tino Stefanoni, Wainer Vaccari, Grazia Varisco, Nanda Vigo.

 

«La peculiarità di questa esposizione – spiega il curatore Roberto Rodriguez – è che le opere sono state donate da artisti di chiara fama con l’obiettivo di venire battute all’asta la sera di domenica 4 dicembre, in una iniziativa di beneficenza a favore delle popolazioni di Amatrice e Arquata del Tronto, colpite dal terremoto. È molto bello che tanti artisti diversi tra loro per provenienza, cultura e stile si siano stretti tutti solidamente insieme in nome di un’Arte che viene in soccorso, affinché un popolo straordinario che sta dimostrando al mondo una grande dignità possa incamminarsi verso la ricostruzione della sua preziosa terra».

 

L’iniziativa fa seguito alla sessione anticipata di asta che ha avuto luogo negli stessi locali domenica 23 ottobre. Le opere saranno visitabili gratuitamente nella Sala “Giovanni Favetta” del Museo delle Genti d’Abruzzo, in via delle Caserme 54, da sabato 19 novembre fino a sabato 3 dicembre con i seguenti orari: da giovedì a sabato 16:30/23:00, domenica 16:30-21:00.

Da lunedì 21 novembre le opere saranno consultabili anche sul sito del Museo www.gentidabruzzo.it, insieme al regolamento dell’asta e il modulo di iscrizione che renderà possibile anche la partecipazione telefonica. Informazioni: 085.4511562 – 347.6265113 – 335.8270447.

 




La storia in cattedra. Dall’Abruzzo alla Calabria, si studia la tragedia di Marcinelle con un libro e una mostra fotografica. di Domenico Logozzo *

La storia in cattedra. Dall’Abruzzo alla Calabria, si studia la tragedia di Marcinelle con un libro e una mostra fotografica.

 

di Domenico Logozzo *b

 

GIOIOSA JONICA – “I giorni del funerale…non ricordo come si svolsero. Ricordo solo tante bare, vestiti neri, pianti, urla. Immenso smarrimento e vuoto…”. Aveva 10 anni Santina Di Berardino, quando il 27 novembre 1956 venivano celebrati a Pescara (il giorno dopo a Manoppello), i funerali del padre Cesare e delle vittime abruzzesi della tragedia avvenuta nella miniera carbonifera di Marcinelle la mattina dell’8 agosto di 60 anni fa. Persero la vita 262 minatori,136 italiani. Il tributo più alto venne pagato dall’Abruzzo: 60 morti, ben 23 di Manoppello.

 

Nel 1946 il padre di Santina era stato uno dei primi a partire dal paesino abruzzese nella speranza di una vita migliore. Ha trovato la morte. La Federazione Carbonifera Belga offriva “agli operai italiani condizioni particolarmente vantaggiose per il lavoro sotterraneo nelle miniere belghe”. Un inganno nato dallo scellerato accordo uomo-carbone tra il governo italiano e quello belga. L’Italia si impegnava a mandare cinquantamila minatori nei pozzi di carbone della Vallonia al ritmo di duemila ogni settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno a emigrato. L’uomo valeva meno di un sacco di carbone. C’era tanta fame. Tanta disperazione. Fuga obbligata all’estero, per sopravvivere. Condizioni di lavoro precarie. Nessuna sicurezza. Responsabilità gravi che non sono state punite. Si parlò di errore umano, di una manovra sbagliata dovuta alla non buona conoscenza della lingua da parte di un giovane minatore. Tante vittime, tante famiglie distrutte dal dolore, ma praticamente nessuno ha pagato.

 

Cesare Di Berardino lasciò la moglie, Antonietta, di 36 anni, con quattro figlie piccole. E oggi Santina ricorda commossa: “Con papà morto, la mamma assunse una maschera di dolore che non si tolse più”. Ci parla dell’infanzia, delle tante difficoltà incontrate. “Lo sradicamento dal luogo dove ero cresciuta, il rimpatrio avvenuto insieme a persone amiche, ma non con i famigliari, l’ingresso in collegio e quindi il distacco dagli affetti, dalla vita all’aria aperta, il problema linguistico perché non conoscevo l’italiano e tutte le difficoltà legate al fatto che avrei dovuto affrontare la vita senza il mio papà, senza la mia famiglia, le mie sorelle, la mia mamma, gli zii, in compagnia di persone sconosciute, che erano le suore e bambine orfane come me”. Prove durissime. Che ha affrontato e superato con coraggio. Lottare. Non fermarsi mai. La forza delle donne abruzzesi.

 

“La tragedia di Marcinelle mi ha insegnato a tenere duro a qualsiasi costo. Ho capito che la vita va vissuta al massimo nonostante tutto, con tanto amore, coraggio, forza e con tanta generosità. Questo messaggio di vita l’ho ricevuto dai miei genitori e voglio condividerlo con tutti”. Un messaggio che le figlie Enrica e Martina portano oggi avanti con iniziative concrete e con positivi riscontri. Ci riferiamo in particolare al libro “La nostra Marcinelle. Voci al femminile”, scritto da Martina Buccione (Edizioni Menabò-Pescarabruzzo) che è stato distribuito gratuitamente in ventimila copie dal quotidiano più diffuso dell’Abruzzo “il Centro” il 6 agosto scorso. E poi il progetto di scambio artistico-culturale con il Belgio e il concorso “Radici profonde. L’emigrazione dei minatori abruzzesi in Vallonia nel secondo dopoguerra”, rivolto alle scuole superiori dell’Abruzzo, sul tema dell’emigrazione e della vita quotidiana delle famiglie dei minatori italiani emigrati in Belgio nel secondo dopoguerra. E ancora la mostra fotografica “Il Bosco dei ricordi: l’Altra Marcinelle” di Max Pelagatti, a cura di Enrica Buccione, l’altra figlia di Santina, incentrata sulla vita quotidiana delle famiglie dei minatori italiani emigrati in Belgio tra il 1946 e il 1956, anno della catastrofe nella miniera del Bois du Cazier.

 

Spiegano i promotori: “La collezione è un racconto per immagini, filtrato attraverso gli occhi di donne, vedove ed orfane di Marcinelle, appartenenti alla famiglia di Cesare Di Berardino, una delle 262 vittime della tragedia. Per la prima volta un tema sociale di tale rilevanza storica, sia per l’Italia sia per il Belgio, è stato trattato applicando alla fotografia digitale un insieme di tecniche moderne, quali il compositing e la CGI (computer generated imagery), grazie alle quali il fotografo Max Pelagatti ha dato vita ad immagini surreali e dal forte potere evocativo”.

 

 

Il progetto che ha ricevuto, tra gli altri, il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, dell’Ambasciata d’Italia in Belgio, dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, del Comune di Charleroi e della Regione Abruzzo, è stato presentato lo scorso 22 giugno al Parlamento Europeo di Bruxelles in occasione dell’evento di commemorazione dei 70 anni dalla firma del protocollo italo-belga. “Il lavoro di Pelagatti – ci dice Enrica Buccione – vuole essere una base di dialogo e di riflessione per sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni sul tema dell’emigrazione oggi: gli esempi del passato possono aiutare a comprendere i fenomeni migratori attuali e a combattere i pregiudizi e la stigmatizzazione”.

 

L’esposizione è stata inaugurata il 1° agosto a Pescara dalla Principessa Astrid del Belgio. Successivamente è stata esposta al museo Le Bois du Cazier (patrimonio UNESCO) di Marcinelle dall’8 agosto al 25 settembre e presso il Comitato Economico e Sociale Europeo di Bruxelles dal 21 settembre al 14 ottobre. Attualmente si trova in Calabria, nelle sale del Convento dei Minimi di Roccella Jonica, grazie alla collaborazione tra l’Associazione Museo della Scuola “I CARE” di Siderno e la Fondazione Pescarabruzzo di Pescara, che sostiene concretamente il progetto.

 

Abbiamo coinvolto tutte le scuole della Locride e abbiamo anche indetto un concorso. Gli studenti potranno partecipare con un elaborato di tipo storico-documentale o artistico-letterario”, spiega il prof. Vito Pirruccio, dirigente scolastico e presidente della dinamica associazione culturale. Ricorda che nella miniera belga sono morti quattro calabresi e sottolinea che “unitamente all’Amministrazione Comunale di Roccella Jonica e al Circolo di Lettura ARAS abbiamo voluto cogliere il messaggio contenuto nel progetto fotografico IL BOSCO DEI RICORDI: L’ALTRA MARCINELLE, di Max Pelagatti ed Enrica Buccione. Creare una base di dialogo e di riflessione per sensibilizzare le giovani generazioni su uno spaccato di Storia Meridionale spesso relegato dalla pubblicistica in un angolo”. Evidenzia che “Marcinelle è una pagina tragica dell’emigrazione italiana, ma, nello stesso tempo, è uno spaccato di quel grande contributo dato dal Sud all’Italia distrutta moralmente ed economicamente dal fascismo e dal secondo conflitto mondiale. Compito della nostra Associazione è, anche, quello di rimettere la storia in cattedra e proporla, in forma innovativa, alle scuole del territorio”.

 

 

E in Abruzzo dal mondo della scuola arrivano importanti segnali d’attenzione. “Una terza media dell’Istituto comprensivo di Loreto Aprutino, paese dell’entroterra abruzzese – ci dice Martina Buccione -, ha scelto di adottare e leggere il libro “La nostra Marcinelle. Voci al femminile” nell’ambito di un progetto sulla storia, finalizzato alla stesura di un libro digitale per le future terze classi. E’ significativo che si sia scelto proprio un libro sulla memoria per tenerne vivo il filo”.

 

Se l’aspettava tanta attenzione?

“Ad essere sincera i riscontri positivi in merito al progetto su Marcinelle hanno superato le aspettative iniziali. Il mio motto è: “Spera il meglio, ma aspettati il peggio” e mi ha sempre aiutata a dare il giusto peso agli eventi della vita, senza tuttavia mai smettere di credere che la passione e l’impegno possano plasmare una realtà migliore da quella di partenza. Giorno dopo giorno l’attenzione per una tematica che è ancora di grande attualità ha fatto sì che si creasse una rete di persone interessate e sensibili, che ci hanno supportati e hanno creduto in noi.”

 

Anche in Calabria la scuola sta dimostrando un certo interesse.

“Sono convinta che conoscere il passato aiuti a comprendere il presente e a guardare al futuro in modo più consapevole e costruttivo. L’attenzione che ha riservato al libro il mondo della scuola, in particolare in un’area come la Calabria, terra d’emigrazione e contemporaneamente di immigrazione e troppo spesso oggetto di pregiudizi, mi fa confidare ancor più nel fatto che solo passando attraverso le nuove generazioni si possa attuare un cambiamento che sia veicolo di un miglioramento progressivo. Con l’associazione Elle Elle – Lingua e Linguaggi, di cui sono fondatrice e Presidente, bandiremo la seconda edizione del concorso artistico e letterario “Radici profonde”, rivolto proprio agli studenti delle scuole superiori, per tenere vivo il ricordo di quanti lasciarono il nostro Paese per emigrare in Belgio e aiutare a comprendere quanti emigrano oggi in condizioni spesso simili (se non peggiori) a quelle di allora. I vincitori della prima edizione hanno avuto l’opportunità di andare a visitare il Bois du Cazier, dove avvenne la tragedia nel 1956, e di essere ospitati da famiglie di ex-minatori.

 

Cosa l’ha spinta a scrivere “La nostra Marcinelle”?

“Avevo la necessità di conoscere le mie radici, per sentirmi più solida. Credo che accada a tutti, prima o poi, nella vita. Sentivo parlare di Marcinelle, ma solo sporadicamente e fortuitamente. Mangiavo gaufres e crêpes sin da bambina, cantavo canzoni in francese, ma non sapevo il perché. Allora ho cominciato a fare domande.”

 

E ha cercato le risposte da chi poteva dargliele per esperienza diretta, vita vissuta, tra speranze e sofferenze. Conversazioni che ora sono pagine di storia.

“Ho raccolto, sotto forma di intervista, i racconti e i ricordi delle donne della mia famiglia, orfane e vedove di Marcinelle; mia madre Santina e sua sorella Pia, figlie di Cesare Di Berardino e Lucia, la loro zia, vedova di Santino Di Donato. Hanno coraggiosamente rotto un lungo silenzio impregnato di dolore, facendo rivivere, con la loro testimonianza, il mondo di una volta, denso di valori semplici ed essenziali, che accompagnava il lavoro in miniera degli emigrati. Il loro racconto corale coniuga la dimensione individuale e quella collettiva della memoria, offrendo uno spaccato della vita quotidiana della comunità abruzzese nel contesto belga nel decennio 1946-56.”

 

Un libro che fa riflettere in un’epoca in cui si corre molto, c’è tanta superficialità e scarsa attenzione per le grandi lezioni del passato, come quelle che ci hanno lasciato in eredità i minatori e delle vedove di Marcinelle. Una eredità da non disperdere.

“Siamo noi che viviamo oggi in Europa e che beneficiamo dei tanti sacrifici fatti dai minatori, a dover ricordare e richiamare in cuore quella pagina della storia collettiva. Si rende necessario in ognuno uno sforzo della coscienza per invertire la rotta in un presente che sempre più velocemente e freddamente si proietta verso il futuro, dimentico del passato. Non si dovrebbe guardare indietro con nostalgia, ma per tenere alta la consapevolezza di chi siamo, da dove proveniamo e di dove abbiamo la possibilità di giungere.”

 

E le donne sono le grandi protagoniste. Dignità e coraggio. Esempi da tenere bene in mente e trasmettere alle giovani generazioni.

“La resistenza delle donne di Marcinelle, dei figli, dei nipoti e di quanti sopravvissero, che continuano a tenere vivo il ricordo, non solo della tragedia dei lavoratori, ma anche della vita quotidiana che c’era intorno alla miniera, fatta di semplicità, di solidarietà, di accoglienza, dovrebbe parlare ai cuori anche oggi. Dovrebbe indicare una strada da (ri-)percorrere, recuperando valori solidi e universali: l’attenzione alla persona, il piacere della condivisione, il rispetto reciproco, la dedizione al lavoro e alla famiglia, lo spirito di sacrificio per raggiungere obiettivi concreti, il superamento dei pregiudizi attraverso la conoscenza dell’altro.”

 

Martina ci ricorda infine che “il libro è stato presentato in concomitanza con l’inaugurazione della mostra fotografica, ad esso ispirata, prima a Pescara (presso la sede della Fondazione Pescarabruzzo e nell’ambito del Solstizio/ Equinozio Aurum Festival) e poi a Marcinelle, presso il Bois du Cazier. Il volume sarà presentato in Calabria il 27 novembre, a Bruxelles nel mese di dicembre 2016, presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia in Belgio, Vincenzo Grassi, e successivamente presso il centro ATLAS di Anversa, nell’ambito di una iniziativa sul tema dell’emigrazione, promossa dalla Società Dante Alighieri; infine approderà alla Camera dei Deputati, nel mese di febbraio 2017”.

 

*già Caporedattore TGR Rai

FOTO:

a- I giorni del dolore. I funerali delle vittime di Marcinelle.

b-“Passeport”, foto di copertina del libro di Marina Buccione, dalla collezione “1956-2016 Il bosco dei ricordi: l’Altra Marcinelle” di Max Pelagatti. Rielaborazione della foto apposta sul passaporto per la partenza verso il Belgio. Antonietta con le figlie Pia (a destra) e Santina (in braccio).

c- Martina Buccione con la mamma Santina a Pescara.

d,e,f,g,h- Foto della mostra di Alex Pelagatti IL BOSCO DEI RICORDI:L’ALTRA MARCINELLE, a cura di Enrica Buccione.

 




Montesilvano. Licheri (SI): “Accolto ricorso al Tar, Vaccaro è decaduto. Giunta Maragno illegittima”

 

Finalmente il Tar si è espresso accogliendo il ricorso che avevamo depositato sul vergognoso non rispetto della parità di genere della giunta Maragno di Montesilvano.
Cosi come segnalammo ormai un anno fa (Dicembre 2015), la nomina di Vaccaro è illeggittima.

L’amministrazione Maragno ci aveva contestato che il mancato rispetto delle quote rosa in Giunta non sarebbe dovuta essere una questione di nostra pertinenza.

Ebbene, sono felice di poter annunciare che invece non solo era leggittimo il ricorso ma soprattutto che avevamo ragione nel merito.

Nei prossimi giorni convocheremo una conferenza stampa per approfondire la questione: triste constatare che in un anno di procedimento del TAR, il Sindaco Maragno avrebbe potuto risolvere politicamente la questione. Purtroppo, come spesso accade in Italia, dove non c’è la politica è il tribunale a dover riempire questo vuoto.
Daniele Licheri  – Esecutivo Regionale Abruzzo Sinistra Italiana

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Giulianova. Mercatino di Natale il 3 e 4 dicembre, presso il piazzale del Santuario della Madonna dello Splendore

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Per info 3284921435

mail: giannicol@email.it




REGIONE-M5S: PASSANO LE ORE AUMENTANO I FONDI A PIOGGIA, OGNI 15 MINUTI ARRIVANO EMENDAMENTI PER ELARGIRE SOLDI PUBBLICI

 

“Passano le ore ed aumentano gli emendamenti che elargiscono fondi a pioggia. Comitati, associazioni, presepi, c’è di tutto. Ogni 15 minuti arrivano emendamenti. Siamo arrivati a oltre 3 milioni e mezzo. Questo non è il nostro modo di fare politica” ribadiscono i 5 stelle Marcozzi, Mercante, Pettinari, Ranieri e Smargiassi “stiamo assistendo ad un mercatino senza precedenti. Risorse pubbliche per finanziare Associazioni e comitati scelti dai consiglieri regionali. E’ questa la priorità della Regione? Non sapete di cosa hanno bisogno i cittadini! Non lo sapete più! Dovevate dirlo in sede di programma che il Partito Democratico, insieme a Forza Italia, avrebbe scelto a chi destinare 3 milioni e mezzo senza trasparenza e nessun riferimento di merito. Oggi è la prima volta che avete una vera opposizione che sta pian piano pubblicando tutto quello che state facendo. Noi questo modo di amministrare lo denunciamo, se è vero che ci sono pochi soldi per amministrare” continuano “non possono essere usati come bancomat localistici. Se denunciare questo modus operandi vuol dire essere populisti, allora siamo fieri di esserlo”.

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Giulianova. La Regione nega il nuovo ospedale di Giulianova, M5S Giulianova : Adesso a Mastromauro non resta che dimettersi.

“Pesa come un macigno l’ultima figuraccia collezionata dal Sindaco
Mastromauro dopo l’approvazione, da parte della Giunta regionale, della
delibera che darà il via alla costruzione di cinque nuovi ospedali, tra
i quali non figura, però, quello giuliese” Questo il commento del M5S
Giulianova che ha così proseguito: “Sono anni che sentiamo dal Sindaco
costanti rassicurazioni, accompagnate dalle consuete passerelle
pubblicitarie, sul nosocomio cittadino e sulla realizzazione di una
nuova struttura. Peccato, però, che nel frattempo l’ospedale abbia
subito tagli, declassamenti ed accorpamenti di reparti che, insieme
all’obsolescenza ed inadeguatezza degli edifici, ne stanno sancendo
definitivamente il tracollo. Una situazione gravissima della quale il
Sindaco non si è mai curato più di tanto ed anzi ha spesso sottovalutato
visto che, di fronte alla giusta preoccupazione mostrata dal nostro
Consigliere regionale, Riccardo Mercante che da due anni denuncia le
criticità dell’ospedale giuliese, ci ha sempre accusati di creare falsi
allarmismi.
Adesso che è stato definitivamente sancito e messo nero su bianco che il
nuovo ospedale di Giulianova non vedrà mai la luce vorremmo chiedere al
Sindaco cosa ne pensa dei nostri allarmismi e soprattutto, cosa ne è
stato delle rassicurazioni che per tutto questo tempo ci ha raccontato
di aver ricevuto dall’Assessore Paolucci.dalfonso-mastromauro

Spiace, in particolare per i nostri cittadini, dover constatare che
quelle di Mastromauro erano solo chiacchiere e che l’unica cosa certa e
concreta, a questo punto, è che Giulianova non avrà mai un nuovo
ospedale e dovrà accontentarsi di una struttura ormai ridotta al
lumicino. Adesso che è stato messo con le spalle al muro e che è
evidente che sia privo di ogni influenza all’interno del suo stesso
gruppo politico, ci auguriamo che abbia, per lo meno, la dignità ed il
coraggio di portare avanti quanto promesso nei giorni scorsi e si
dimetta. Sarebbe l’unico atto coerente da parte di Mastromauro in tutta
questa vicenda”.

Riccardo Mercante – Margherita Trifoni – M5S Giulianova




Giulianova sotto le bombe 1943-1944 di Walter De Berardinis

 

 

Giulianova sotto le bombe 1943-1944

di Walter De Berardinis

(C)

“Le bombe non scelgono. Colpiscono qualunque cosa.”

Nikita Sergeevič Chruščёv

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Settanta anni fa, nel mese giugno, terminavano i pesanti bombardamenti sulla nostra città. Anche durante il primo conflitto mondiale Giulianova subì tre bombardamenti dal mare ad opera della Marina imperiale austro-ungarica, il 17 giugno 1915, con gli incrociatori leggeri SMS Novara e SMS Admiral Spaune; il giorno seguente fu affondato nel mare antistante Giulianova il battello “Maria Grazia” (o piroscafo “Grazia” per la Regia Marina Militare Italiana) costruito nel 1883, con un solo ponte, in materiale in ferro, di stazza lorda di 1.373 e netta 782, del compartimento di Catania dell’armatore Sampieri Rosario di Gaetano, con nessuna vittima. Il bollettino di guerra dello stato maggiore della regia marina a firma dell’Ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel riportava testuali parole: “Un piccolo piroscafo mercantile il “Maria Grazia” è stato ieri fermato e affondato nell’Adriatico da un cacciatorpediniere austriaco. L’equipaggio è salvo e ha approdato alla nostra costa presso la marina di Silvi (a nord di Pescara)”. I naufraghi furono salvati e rivestiti alla meglio con indumenti della marina austro-ungarica. La Capitaneria di Porto di Ancona indagò sull’accaduto ma non fu semplice capire se erano stati colpiti dalla stessa nave che aveva bombardato la città, oppure la nave silurante Tb 57T.

 

Mio padre Carlo (Cologna paese 1924 – Giulianova 2003), mi raccontava spesso della dura esperienza della guerra a Giulianova; quando da piccolino andavamo nella casa di campagna dei nonni, in contrada Campocelletti di Colleranesco, mi indicava il punto esatto dove, insieme agli altri fratelli, Vincenzo e Arduino (il terzo, Aldo, era stato già internato nei campi di concentramento tedeschi IMI in Germania), costruì un rifugio antiaereo scavando una grossa buca per loro e gli altri familiari. Poi con il tempo, il rifugio fu sacrificato alle attività agricole e andò distrutto.

I racconti di quel brutto periodo mi hanno sempre incuriosito e mi hanno portato a raccogliere, nel tempo, documenti, foto, film, libri e testimonianze locali e nazionali.

Ho preso come riferimenti i testi di Andrea Palandrani: 25 aprile: anche Giulianova ha vinto! nel 2007 e Giulianova nel biennio ’43-’45 del 2008, i più utili sull’argomento per comprendere gli avvenimenti di quel periodo. Ho cercato di integrare i testi di Palandrani con la ricerca di documenti, anche degli stessi alleati che 70anni fa combatterono per liberare la nazione dall’invasione nazista. Ho comparato i dati, li ho riuniti in modo da non tralasciare nessuna notizia (per questo motivo ho deciso di citare anche date in corrispondenza delle quali ho trovato la seguente dicitura: “nessun dato da segnalare”); quando ho trovato dissonanze ho contattato gli enti competenti che mi hanno fornito chiarimenti (gli enti, e le persone che li rappresentano, sono quelli citato nei ringraziamenti in coda al contributo). Ho cercato quindi, di stilare , sperando di non incorrere in errori o omissioni, quasi una cronaca che riguarda i seguenti periodi: ottobre – dicembre 1943; gennaio – giugno 1944.

I bombardamenti sulla nostra città furono eseguiti dalla USAAF (United States Army Air Forces), RAF (Royal Air Force), SAAF (South African Air Force), RAAF (Royal Australian Air Force).

I comandi militari erano diversi e dipendenti dale situazioni che si venivano a creare nei vari teatri di guerra: NATBF (Northwest African Tactical Bomber Force); MAAF (Mediterranean Allied Air Force); NASAF (Northwest African Strategic Air Force); DAF (Desert Air Force); NATAF (Northwest African Tactical Air Force); MASAF (Mediterranean Allied Strategic Air Force), NACAF (Northwest African Coastal Air Force); MEAC (Middle East Air Command); TBF (Tactical Bombing Force).

I bombardieri impiegati furono tanti: B-25 (Il North American B-25 Mitchell), B-17 (chiamato Fortezza Volante), B-24 (Consolidated B-24 Liberator), Lancaster (Avro 683 Lancaster) ed Halifax (Handley Page Halifax); questi ultimi lasciavano cadere bombe devastanti di una portata variabile tra 3.600 kg e 10.000 kg.

Nel maggio del 1944 furono usati anche i caccia bombardieri americani Republic P-47 Thunderbolt, per le incursioni di mitragliamento. Il compianto Miche Corbo, per primo, provò a raccogliere tutti i fatti accaduti oltre 70 anni prima; nel 2003 e grazie alla associazione Cocivis da lui fondata, istituì la giornata del ricordo che fu commemorata per alcuni anni.

Michele Corbo, in base ai dati che aveva raccolto, sosteneva che Giulianova subì 111 bombardamenti di cui 6 navali, dal 31 agosto 1943 al 27 aprile del 1944. I morti furono 24, più 28 morti per altre cause. Un documento ufficiale della Prefettura di Teramo, citato da Andrea Palandrani, riferisce il bilancio di 23 morti e 46 feriti.

 

Ottobre-dicembre 1943

12 ottobre, ore 16:00. Primo attacco a Giulianova, colpito un treno militare tedesco causando 23 morti e 43 feriti e anche la morte di un civile.

13 ottobre, ore 07:00. Colpito il tratto ferroviario, operazione sotto il XII° Comando con i Bombardieri B-25 e B-26, integrati dai caccia della RAF e DAF per colpire truppe, approvvigionamenti, treni, camion, e le comunicazioni con le retrovie.

14 ottobre, ore 14:30. Bombardati i ponti ferroviari e stradali, 2 morti e 4 feriti. In azione i B-17 e B-24.

22 ottobre, ore 03:00. Primo bombardamento notturno durato oltre un’ora, 2 morti e 1 ferito.

26 ottobre. Nessuna segnalazione importante.

29 ottobre, ore 10:30 e 12:30. Bombardati porto e stazione FS. “Attaccata con successo – scriveranno i piloti nei rapporti al Comando della XII Air Support e agli altri comandi, NATBF, RAF e DAF – siamo costretti, dalle cattive condizioni meteo, ad abbandonare diverse missioni. Il tenenete Gaughan viene ricoverato in ospedale e sostituito dal tenente Tintori, il quale assume il ruolo di ufficiale assistente operativo. Durante tale periodo e per una settimana, il capitano Bianco entra in servizio come ufficiale dei servizi segreti per il gruppo.”

30 ottobre, ore 09:10, 12:19 e 14:40. Bombardata la zona del porto, bilancio finale 1 morto e 2 feriti. Il comando NATBF con i suoi B-25 e il comando Air Support XII, comunicano “abbiamo colpito ponti, svincoli, mezzi di trasporto per lo smistamento di materiale da cantiere e veicoli in diverse località, tra cui Giulianova.”

3 novembre, ore 08:00 e 13:20. Bombardati porto e ferrovia.

5 novembre, ore 20:30. Per la prima volta viene colpita la parte alta della città, bilancio 2 morti e 3 feriti

12 novembre, nessuna segnalazione di rilievo.

13 novembre, ore 7:00, 15:00 e 16:00. Il XII Comando supporto aereo caccia-bombardieri, insieme con gli aerei della RAF e DAF, colpiscono il porto, la ferrovia e le strade principali.

18 novembre. Truppe germaniche occupano la zona del porto.

20 novembre. Sempre la XII° Air Force, la RAF e DAF, con i loro velivoli da combattimento svolgono senza incidenti delle ricognizioni armati; il NATBF colpisce il nodo ferroviario e il porto. 21 novembre. Colpito il ponte del Salinello e la S.S. Adriatica.

27 novembre, ore 20:00. Bombardata zona alta della città con 1 ferito e almeno 8 case danneggiate.

29 novembre, ore 11:30, 20:00 e 24:00. La città viene sorvolata e colpita da quasi 40 velivoli, il bilancio 2 morti e 4 feriti. Colpiti il ponte del Tordino, la spiaggia e la direttrice per Teramo, in azione il XII° Air Force, con i B-25, in rinforzo la SAAF e la RAF. Sui diari di guerra scriveranno: “Gli equipaggi in missione oggi, contro la ferrovia, le strade e i ponti di Giulianova, se la sono cavata ottimamente. Non ci sono ulteriori voci di valore da menzionare, anche se non ci dovrebbero essere, ma per le notizie scarse che abbiamo, questa situazione vola come fiocchi di neve. La squadriglia 487: “La missione oggi era di attaccare due ponti a Giulianova in Italia. Gli aerei sono stati andati oltre il target prefissato alle 11:45, le foto mostrano esplosioni che coprono i ponti. Il portellone dell’aereo del tenente Cox è stato colpito dalla contraerea e uno dei suoi motori è stato colpito. Ha progettato di fare un atterraggio di fortuna sulla pancia dell’aereo, ma essendo ancora un luogo insicuro, ha  preferito virare per poi atterrare a Termoli, zona nord, in un campo libero. Lui e il suo equipaggio erano di nuovo al sicuro con il resto della squadriglia per l’ora di cena, l’aereo verrà riparato.”

30 novembre,  nessuna segnalazione rilevante.

4 dicembre, ore 17:30. Bombardata la pate alta della città, 1 morto e 1 ferito.

9 dicembre, ore 10:30. Bombardata l’incrocio di bivio Bellocchio e la ferrovia Giulianova-Teramo, in azione la XII° Air Force, con i B-25.

11 dicembre, ore 19:00. Colpita la zona portuale.

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Gennaio-giugno 1944

2 gennaio, ore 13:00. Colpita la zona portuale con mitragliamento e l’abitato della spiaggia.

12 gennaio, ore 14:19. Colpita la zona dell’Annunziata, il cimitero lato nord e la strada per Teramo e via 28 ottobre, 2 morti. Alla guida della XII° Air Force, arriva il Colonnello Archibald Y Smith. In azione entreranno i B-25 e il B-26. Una curiosità: il colonello Archibald Y. Smith, promosso durante la 2° guerra mondiale, comandò il Bomb Group 452 (B-17) nel Regno Unito, il 24 luglio del 1944.  Dopo pochi giorni dalla sua nomina, il 28 luglio, colpito dalla contraerea tedesca, fu preso prigioniero dai tedeschi mentre era in missione per bombardare un impianto di olio sintetico a Merseburg in Germania. Dopo la liberazione, proseguì la sua carriera nella USAF-United States Air Force, morì a 49 anni, per incidente, con il bombardiere B-26 sul Monte Hood nei pressi di Portland in Oregon. Era il 22 aprile 1949, quando, insieme al colonnello dell’esercito Walter William Hodge (45 anni) partirono da Hamilton in California per una missione per conto delle forze armate quartier generale per l’unificazione delle strutture della zona occidentale degli U.S.A.. Caso volle, che il giorno successivo, per tentare di ritrovarli, cadde anche l’aereo del tenente Bruce Wayne Spalding, 26 anni, di Vancouver, alzatosi in volo per cercarli.

16 gennaio. I tedeschi minano una parte del porto nella zona nord.

17 gennaio. Nessun bombardamento perché la zona è coperta da nubi intense. Ma ormai il carico di morte si era alzato in volo, decisero di bombardare Chiaravalle, fu una tragedia, 180 vittime, molti feriti e la completa distruzione del centro città. Anche questa data deve essere ricordata dalla nostra città per lo scampato pericolo.

22 gennaio, ore 19:00. Mitragliamento zona nord di Giulianova.

23 gennaio, ore 19:49. Bombardamento zona Annunziata e bivio Bellocchio.

24 gennaio. Sui ponti Salinello e Tordino cannoneggiamento da navi inglesi.

26 gennaio, ore 12:00. Fatti saltare una parte del molo nord, i tedeschi minano il molo sud.

28 gennaio, ore 19:00. Colpita la zona nord di Giulianova paese, ospedale civile e campagne circostanti.

27 febbraio,  nessun dato da segnalare.

29 febbraio, ore 13:00, 13:30 e 15:30. Colpiti alcuni fabbricati del paese e del lido, danneggiato caseggiato di via Braga, via Manzoni e via Ciafardoni. Si contano 10 morti e 29 feriti.

14 marzo. Salta una parte del molo sud minato dai tedeschi, gravi danni al porto giuliese.

16 marzo, ore 16:00. Colpito il lido, 1 morto.

24 marzo. La 15° Air Force con i B-24, circa 32 velivoli, attaccano ponti stradali e ferroviari sul fiume Vomano e Giulianova.

30 marzo, ore 20:00 e 22:00. Colpita la zona del lido.

31 marzo, ore 19:19. Colpita la zona dell’Annunziata.

2 aprile. Colpita la zona fiume Salinello.

3 aprile, ore12:49. Colpita la zona fiume Salinello.

9 aprile, ore 21:00. Strada di collegamento paese-lido.

12 aprile, ore 22:00. Colpite le zone del lido e Annunziata (zona Fonte Giardino) colpite più di 30 abitazioni, 1 ferito.

14 aprile, ore 14:45 e 16:40. Colpito il ponte del Salinello.

16 aprile, ore 12:49. Colpito il ponte del Salinello.

18 aprile, ore 11:49. Zona nord e ponte del Salinello.

24 aprile, ore 10:19. Colpita la zona del Salinello e la statale nord, 1 morto.

2 maggio, ore 17:30, 21:30 e 23:00. Colpita la zona del Salinello.

3, 4, 5, 9, 11, 14 e 21 maggio. Varie ncursioni aeree di poco conto, soprattutto mitragliamenti con il republic P-47 Thunderbolt.

22 maggio, ore 12:40. Colpita tutta la zona ferroviaria, 1 morto e 5 feriti. A Cologna spiaggia 8 morti e 5 feriti.

9 giugno. Si registra l’ultimo bombardamento a lido.

12 giugno, ore 23:30. Viene avvistato dalle unità aeree angloamericane una nave appoggio antistante il porto di Giulianova.

13 e 14 giugno. Scoppio di varie mine e deposito munizioni al porto.

17 giugno. Arrivo delle truppe della VIII Armata inglese.

12 settembre. Residui dell’8 ª Armata con il 280 Bty, 38 Bde, 84 Bty e 11 Bde, 90 Bty e 36 Bde, transitano a Giulianova diretti a Fano.

MORTE di FRANCESCO MANOCCHIA
MORTE di FRANCESCO MANOCCHIA

 

Data l’importanza della vicenda, avevo interessato, qualche tempo fa, il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e il prefetto di Teramo dott. Francesco Camerino per avere un riconoscimento, “Civile” o/e “militare” per le numerose vittime dei bombardamenti (il contributo più alto di vittime civili in tutta la provincia di Teramo) e per la presenza di due bande partigiane; purtroppo, nonostante l’informativa del locale Comando di Compagnia dei Carabinieri di Giulianova, le mie richieste venivano, più di una volta ignorate, anche dai vari consiglieri militari della Presidenza della Repubblica. Interessai inoltre, da allora, il sindaco Claudio Ruffini, il commissario prefettizio, la dott.ssa Paola Iaci e negli ultimi anni, anche il Sindaco Francesco Mastromauro; recentemente la Commissione per la toponomastica istituita per individuare nuove denominazioni di via e piazze, accolse parzialmente la mia richiesta di intitolare la ristrutturata piazza dietro il Comune alle vittime dei bombardamenti aerei, infatti è stata intitolata “Piazza Caduti 29 Febbraio 1944”. Per dovere di cronaca, mi corre ricordare che per la stessa piazza, a cura del capogruppo in consiglio comunale della lista civica “Il Cittadino Governante”, era stata proposta l’intitolazione alla memoria del Sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso alla camorra. Tale proposta fu poi ritirata dallo stesso, dopo che avevo opportunamente scritto una lettera aperta. Oggi, nei miei progetti, resta l’idea di  realizzare una targa alla memoria recante il seguente testo: “La comunità giuliese, nella memoria ancora viva degli orrori della 2a Guerra Mondiale, ricorda i sui figli vittime dei bombardamenti angloamericani del 1943-44. Ne affida la cara memoria alla storia e le loro anime a DIO. A perenne memoria delle generazioni future”. Spero che la prossima commissione toponomastica tenga in considerazione la mia proposta.

Walter De Berardinis

walter.de.berardinis@alice.it

 

Archivi:

Archivio privato Walter De Berardinis, Archivio Parrocchia di San Flaviano e Archivio di Stato di Teramo.

 

Giornali, varie annate:

Il Centro, Il Messaggero, Il Tempo, La Città e Il Corriere Adriatico.

 

Bibliografia essenziale:

Ufficio del capo di stato maggiore della Regia Marina Militare Italiana, Cronistoria Documentata della Guerra Marittima Italo-Austriaca 1915-1918, Roma, 1920;

Riccardo Cerulli, Giulianova 1860, Teramo, Abruzzo Oggi, 1968;

Alfred Price, I Bombardieri della Seconda Guerra Mondiale, struttura, prestazioni e tattiche di combattimento, La Spezia, Melita, 1992;

Comitato 50° anniversario della liberazione, Anni di Guerra, Teramo 1943-1944. Fascismo Resistenza Liberazione, Teramo, 1994;

Archivio di Stato di Teramo, Anni di Guerra, documenti, fotografie e cimeli dal 1939 al 1945, Teramo, Archivio di Stato, 1994;

Italia Iacoponi, Il Fascismo, la resistenza e i campi di concentramento in provincia di Teramo. Cenni storici, Colonnella, 2000;

Andrea Palandrani, 25 aprile: anche Giulianova ha vinto, Giulianova, 2007;

Andrea Palandrani, Giulianova nel biennio ’43 -’45: resoconto documentario di eventi e situazioni, Giulianova, 2008;

Marco Patricelli, L’Italia sotto le bombe, guerra aerea e vita civile 1940-1945, Laterza, Bari, 2009; Casa della cultura Carlo Levi di Teramo, La resistenza nel teramano, Teramo, 19751, 20122;

Mario Ferzetti, …e la Vita continua, narrazione e fatti storici della “resistenza teramana” (25.9.1943-14.6.1944), Teramo, 2013;

Sandro Melarangelo, La Resistenza a Teramo, documenti e immagini, Teramo, 2013.

 

Filmografia essenziale:

Memphis Belle, Warner Bros, 1990 (UK) e 1991 (Italia)

La guerra di John Huston in Combat Film, Video Rai/Gruppo Bramante, 1994;

Le Grandi Battaglie Aereonavali, Hobby & Work, 1995;

La Guerra del Duce. L’Italia divisa, Hobby & Work, 1997;

Storia D’Italia, dall’unità al 2000. dvd n° 7, dalla caduta del fascismo alla repubblica, Istituto Luce, 2003;

RAF. Eroi e reparti speciali della seconda guerra mondiale, BBC/Il Giornale, 2003

 

Sitografia essenziale:

www.giulianovaweb.it, www.giulianovailbelvedere.it, www.viveregiulianova.it, www.fold3.com, www.biografiadiunabomba.it, www.historiamilitaria.it, www.archivioluce.com, www.storia.rai.it, www.afhra.af.mil, www.warwingsart.com, www.airforcehistoryindex.org, www.12af.acc.af.mil, www.armyairforces.com, www.archives.gov, www.ncap.org.uk, www.ww2roll.gov.au, www.usaaf.net, www.b24.net, www.57thbombwing.com, www.reddog1944.com, ww2talk.com, www.warwingsart.com, www.reddog1944.com, www.nationalarchives.gov.uk, www.betasom.it

 

Ringraziamenti

Giovanni Lafirenze, ex sottufficiale dell’Esercito Italiano e tecnico specializzato recupero bellico in terra e mare; Rachael Lloyd, Archivio Nazionale del Regno Unito; Dan Setzer e Vinny, Archivio 57° Bomb Wing USA; Holly Reed, National Archives & Records Administration USA; Giosuè Allegrini, direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare; Ottavio Di Stanislao, Archivio di Stato di Teramo; Andrea Palandrani, docente di scuole superiori.

 




MARIA ASSUNTA ACCILI RAPPRESENTANTE PERMANENTE DELL’ITALIA PRESSO L’ONU – La diplomatica aquilana Ambasciatore d’Italia presso le Organizzazioni internazionali a Vienna

16 novembre 2016

 

 

 

 

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L’AQUILA – Un’aquilana di valore che rende onore alla sua città natale e all’Abruzzo. Maria Assunta Accili, già Ambasciatore d’Italia a Budapest, da ieri ha preso servizio a Vienna come Rappresentante Permanente dell’Italia presso le Organizzazioni internazionali dell’ONU che hanno sede presso la capitale austriaca (Ufficio delle Nazioni Unite a Vienna, OSCE, OPEC, Agenzia internazionale per l’Energia atomica, Ufficio Onu per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine, Ufficio Onu per gli Affari dello Spazio extra-atmosferico, Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo industriale).

 

Maria Assunta Accili è nata a L’Aquila il 16 novembre 1955. Laureata in Scienze Politiche nel 1979 presso l’Università di Roma “La Sapienza”, si è specializzata a Bruges (Belgio) in Management delle organizzazioni pubbliche. Entrata nella carriera diplomatica nel 1980, a seguito di concorso pubblico, ha seguìto la progressione professionale al Ministero degli Affari Esteri, che l’ha vista impegnata in diversi incarichi a Roma, presso la Farnesina, a Rabat in Marocco, all’Ambasciata d’Italia a Pechino come Primo Segretario, all’Ambasciata d’Italia in Pakistan come Consigliere vicario del Capo Missione, alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’OCSE a Parigi. Nominata nel 1998 Consigliere d’Ambasciata, è stata Ispettore del Ministero e degli uffici all’estero. Dal 2003 al 2007 ha diretto la Delegazione Diplomatica Speciale a Taipei, in Taiwan. Il 2 gennaio 2004 è stata nominata Ministro Plenipotenziario, cui è seguito l’incarico di Segretario Generale del Commissariato di Governo per l’Expo 2010 di Shanghai. Nel 2012 la nomina ad Ambasciatore d’Italia a Budapest, in Ungheria, che ha svolto fino a qualche giorno fa.

 

Maria Assunta Accili (Assuntina, come la chiamano gli amici) è la primogenita di quattro figli di Maria Castellani e Achille Accili (Acciano, 19 ottobre 1921 – Roma, 14 ottobre 2007), già sindaco di Acciano (L’Aquila), Senatore della Repubblica per 5 legislature e Sottosegretario ai Trasporti nel IV Governo Andreotti, indimenticabile uomo politico della Democrazia Cristiana, a L’Aquila e in Abruzzo molto stimato per le sue qualità politiche e umane. Gli altri loro figli: Domenico (Mimmo) Accili, medico, è docente a New York presso la Columbia University e direttore del prestigioso Centro di Ricerca sul diabete “Russ Berrie”, Giulio è ingegnere a Roma, e Bernadette è avvocato in una grande società internazionale a Milano.

 

Alla famiglia Accili le nostre felicitazioni. A Maria Assunta, dall’Aquila e dall’intera comunità aquilana, congratulazioni vivissime e i più calorosi auguri di buon lavoro nel suo nuovo prestigioso incarico al servizio dell’Italia. Le giungano inoltre, oggi, anche gli auguri per il suo compleanno. Con grande affetto e stima.

 

Goffredo Palmerini

 




Intermodalità e cura del ferro: binomio strategico per lo sviluppo economico dell’Abruzzo

 

 

Sarà terminato nel 2017 l’ampliamento della piastra logistica intermodale di Saletti nella zona industriale della Val di Sangro. Il progetto preliminare, inserito nello schema finale del Masterplan per l’Abruzzo con uno stanziamento di 5 milioni e mezzo di euro, diventerà definitivo entro la fine dell’anno e verrà realizzato nel secondo semestre del 2017, implementando l’asset del trasporto merci in regione.

 

All’indomani della firma del Masterplan, soddisfazione è stata espressa anche dal ministro Graziano Delrio che ha sottolineato come l’intermodalità sia la strada giusta per aumentare la cooperazione tra l’Italia ed i Paesi europei.

Siamo molto felici – ha dichiarato il ministro – che la Regione Abruzzo, con la società di trasporto Tua, abbia seguito l’indirizzo del ministero per la cura del ferro e quindi lo spostamento delle merci sempre più su rotaia e via mare. Il lavoro che si sta facendo in Abruzzo è di straordinaria importanza.La collocazione geograficadella regione a livello ferroviario – ha concluso il ministro delle Infrastrutture – favorirà un complessivo sviluppo economico diminuendo le emissioni inquinanti”.

A beneficiarne saranno non solo Sevel ed il suo indotto, ma l’intero comparto automotive abruzzese, grazie ad un incremento esponenziale del volume di traffico, ad una conseguente riduzione dei costi per il trasporto e ad una diminuzione dei tempi di percorrenza.

 

La piastra logistica di Saletti – ha dichiarato Giovanni Di Vito, consigliere TUA con delega alla ferroviarappresenta un’infrastruttura strategica al servizio della Val di Sangro e della Sevel che consentirà di implementare la capacità di smistamento delle merci sulla rete nazionale e dunque verso l’Europa. L’infrastruttura – ha spiegato Di Vito – prevede la realizzazione di un piazzale ferroviario dotato di 4 binari di 750 metri di lunghezza e 3 binari di 350 metri, infrastrutture dedicate alla logistica per la movimentazione di merci, quali ad esempio capannoni di stoccaggio, piani di caricamento, uffici e zone dedicate alla manutenzione. Infrastrutture – ha concluso il consigliere – che favoriranno la piena intermodalità della Val di Sangro, ovvero l’integrazione strada-rotaia, in linea con gli attuali standard europei”.

 

Uno dei  maggiori vantaggi dell’opera sarà quello di poter effettuare il cosiddetto trasporto combinato accompagnato, ovvero trasbordare i mezzi stradali direttamente sul treno.

 

L’opera – ha affermato il responsabile dell’infrastruttura ferroviaria di Tua, Florindo Fedelepermetterà di incrementare la lunghezza dei convogli ferroviari, attualmente movimentati per ciascun viaggio e di caricare direttamente i TIR sul treno con una pedana che si sposterà longitudinalmente rispetto al senso del binario.  Allo stato attuale – ha spiegato Fedele – ogni treno merci movimenta 15 carri, ognuno dei quali trasporta 4 furgoni. A configurazione ultimata – ha concluso – il volume di traffico aumenterà del 33 per cento con un incremento di 200 unità di merce trasportata ogni giorno”.

 

Pescara, 16.11.2016

 

TUA SPA