LA CONQUISTA DELLA LIBERTÀ. Le memorie dei prigionieri di guerra al Campo 78 di Sulmona

 

Badia di Sulmona, l’abbazia celestiniana

Monte Morrone, Eremo celestiniano

Ercole Curino

Campo 78 Sulmona

 

di Mario Setta *

 

SULMONA – Ai piedi del monte Morrone, contrafforte della Maiella che domina la Valle Peligna, nello spazio di pochi chilometri di perimetro si conserva la memoria d’un tempo più che bimillenario: dall’era pre-cristiana del santuario di Ercole Curino, al medioevo dell’eremo di Pietro da Morrone-Celestino V e dell’Abbazia di Santo Spirito, fino alle due guerre mondiali con il Campo di concentramento di Fonte d’Amore. Un territorio che unisce spiritualità religiosa e solidarietà umana. “Epopea”, “Resistenza Umanitaria” è stata definita dagli storici la solidarietà dimostrata dalla gente peligna ai prigionieri di guerra, che ricordano “the Sulmona’s spirit, lo spirito di Sulmona” (cfr. “E si divisero il pane che non c’era” (a cura del Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona).

 

Il Campo di Concentramento di Fonte d’Amore – di recente passato dall’Esercito italiano al Comune di Sulmona ed diventato più facilmente visitabile – fu costruito per i prigionieri della prima guerra mondiale (1915-1918). Vi furono sistemati i prigionieri di nazionalità austro-ungarica, adibiti ad operazioni di rimboschimento, lavori agricoli e artigianali. L’epidemia “spagnola” provocò la morte di oltre 400 persone, sepolte in seguito al sacrario di guerra austro-ungarico nel cimitero comunale di Sulmona. Durante la seconda guerra mondiale (1940-1945) al Campo fu assegnato il numero 78 e divenne luogo di detenzione dei prigionieri alleati anglo-americani, catturati prevalentemente nella campagna d’Africa. Secondo una mappa del settembre 1943, pubblicata da “The Red Cross and St. John War Organization”, i prigionieri di guerra (POW, Prisoner Of War) detenuti nei campi di concentramento italiani erano più di centomila. Lo storico inglese Roger Absalom, il maggiore esperto sui prigionieri di guerra alleati in Italia, parla di circa 80.000 prigionieri alleati in Italia. Al Campo 78 ve n’erano oltre tremila. Qui di seguito le testimonianze lasciate da alcuni progionieri.

 

  1. La descrizione del Campo di JOHN ESMOND FOX, nel 1942.

«Come arrivammo intravidi il campo che stava ai piedi della montagna, in aspro contrasto con la ricca campagna della valle. Non avevo mai visto un campo, in precedenza, e avevo trovato difficile anche immaginarlo… La facciata del campo era quella tipica di ogni caserma, con posti di guardia e uffici. […] Ora eravamo veramente chiusi da alte mura e da alte montagne, controllati da guardie armate sulle torri di controllo. Avvertivamo una sensazione di ineluttabilità e la maggior parte di noi sembrava rassegnata al fatto di dover restare lì per tutta la durata della guerra. Il luogo appariva uggioso, senza colore, senza il canto degli uccelli e il cinguettio monotono dei passeri; mi chiedevo quanto si potesse durare con una esistenza così opprimente. della baracca era un labirinto di letti a due piani, alti circa due metri, disposti così vicini che andare da una parte all’altra richiedeva una grande destrezza… […] E’ strano rilevare come uomini di varia estrazione sociale, diversi per lingua e costumi, credo e razza, imprigionati insieme per qualche crudele capriccio del fato, dominati con la forza, privati e spogliati della propria individualità e ridotti al solo comune denominatore di esseri umani, siano capaci di gettar via l’orgoglio e il pregiudizio per un legame di amicizia, trovando uno scopo di vita e lottando contro un comune nemico. Penso che questo sia uno degli aspetti della vita che può essere soltanto sperimentato, sfortunatamente, in circostanze infelici come queste. Che miracolo sarebbe se un simile cameratismo o spirito di corpo, chiamatelo come volete, prevalesse nella vita di tutti i giorni. Il mondo allora davvero sarebbe ad un passo dall’estrema utopia dei nostri sogni più cari».

 

(J. E. Fox, Spaghetti and Barbed Wire tradotto in italiano con il titolo “Spaghetti e filo spinato”, a cura del Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona, ed Qualevita, Torre dei Nolfi, 2002). John Esmond Fox riuscirà a fuggire dal campo, rifugiandosi presso la famiglia Silvestri, nella frazione di Cantone e da qui, nel gennaio 1944, oltrepassando il Guado di Coccia, innevato, raggiungerà Casoli, dove si trovavano gli Alleati.

 

  1. Per altri prigionieri, la scena appare meno lugubre. Anzi, l’ambiente e il clima culturale della classicità latina servono ad alleviare le sofferenze della prigionia. In quest’ottica, infatti, DONALD I. JONES sembra quasi aggrapparsi ad Ovidio per farne un modello ed un maestro di vita:

«Ovidio scrisse nelle “Metamorfosi”: “Tempus edax rerum”, il tempo tutto divora; egli nacque a Sulmona nel 43 a.C., eppure le sue parole risuonavano vere nel 1943 nel campo dei prigionieri di guerra di Sulmona… Il campo di prigionia, o per dare la sua denominazione precisa, Campo dei prigionieri di guerra n.78, era situato a circa 5 miglia da Sulmona, in un piccolo villaggio chiamato Fonte d’Amore. Che nome per un campo di prigionia! […] Lo stesso campo era di forma rettangolare, circondato da un alto muro di pietra e, come se questo non fosse stato sufficiente, le autorità italiane avevano cementato cocci di vetro rotto in cima al muro e avevano aggiunto due alti recinti di filo spinato lungo il perimetro… Il campo era diviso in cinque reparti: uno per gli ufficiali, uno per i sergenti… gli altri tre per gli altri ranghi… Grazie al regolare invio dei pacchi della Croce Rossa, che si aggiungevano alle insufficienti razioni italiane, sopravvivemmo nel periodo tra l’ottobre del 1942 e il settembre 1943 a Sulmona ed eravamo in buona salute».

 

(D. Jones, Escape from Sulmona, tradotto in italiano con il titolo “Fuga da Sulmona” a cura del Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona, ed. Qualevita, Torre dei Nolfi 2002). Donald I. Jones fugge dal campo e dopo vari mesi di peregrinazioni in Abruzzo, alle falde del Gran Sasso, nei paesi della Valle del Tirino, riuscirà a tornare nell’esercito alleato.

 

  1. JOHN FURMAN, trasferito a Sulmona dal Campo n. 21 di Chieti, scrive:

«Partii con un convoglio il pomeriggio del 23 settembre; e circa due ore dopo arrivai in un campo, cinque miglia a nord di Sulmona. Lì ci ritrovammo con gli amici partiti coi convogli precedenti, e ci affrettammo a farci descrivere tutti i particolari delle fortificazioni del campo, che erano riusciti a osservare. Un certo numero di ufficiali – compreso all’incirca fra dieci e cinquanta – aveva messo in atto un piano di fuga la notte precedente. Alcuni erano stati catturati mentre tentavano di evadere. Di conseguenza, i tedeschi avevano passato la giornata a rafforzare difese e fortificazioni. E avevano aumentato le sentinelle, piazzate le mitragliatrici, messi a fuoco i riflettori. […] Dopo un’ispezione generale, ci rendemmo conto che andarcene stava diventando un affare tutt’altro che semplice. Tutto quanto il territorio entro il quale eravamo tenuti prigionieri era circondato da un doppio recinto di filo spinato. Le sentinelle vi facevano la guardia, armate di torce e di altri mezzi anche più offensivi. Al di là del recinto esterno, erano piazzate le mitragliatrici con un buon campo di tiro» (John Furman, Be not fearful, in italiano “Non aver paura”, Garzanti, Milano 1962).

 

John Furman fugge dal Campo 78, andando a nascondersi per alcuni mesi al Borgo Pacentrano, a Sulmona. In seguito, con altri compagni, guidati da Iride Imperoli Colaprete, raggiungerà Roma, sarà catturato e riuscirà di nuovo a fuggire, assistendo alla liberazione di Roma il 4 giugno 1944.

 

  1. WILLIAM SIMPSON non metterà piede nel campo di Fonte d’Amore, perché poco prima di arrivare, salta dal camion e si dà alla fuga. Racconta: «Quando svoltammo dalla strada principale… afferrai una barra sopra la testa, saltai sul sedile, poggiai il piede sinistro sulla coscia del londinese e mi accucciai. Da quel lato c’era una siepe alta. Il cuore mi batteva. Le marce grattavano. Il camion incominciò ad accelerare. Gelai. Era un suicidio. Il londinese, sforzandosi di tenere ferma la sua coscia, mi vide barcollare. “Vai, salta!” urlò. Mi lanciai fuori, oltre la siepe. Il pensiero del mitra della guardia attutì il mio impatto con il suolo. Rotolando, mi ricordai delle guardie sulle motociclette. C’era un fossato poco profondo oltre la siepe. Vi scivolai dentro, con la faccia a terra. I sidecar stridettero, abbordando la curva e rimbombarono mentre mi passavano accanto a distanza di pochi piedi. Il rumore svanì. Piegai un braccio, una gamba; si muovevano. Alzandomi, tolsi la terra e la paglia dalla mia uniforme inglese e dai pantaloncini color kaki, più adatti per il deserto. In quel piccolo campo il fieno era stato appena tagliato».

(William Simpson, A Vatican Lifeline ’44, tradotto in italiano col titolo “La guerra in casa 1943-1944. La resistenza umanitaria dall’Abruzzo al Vaticano”, a cura del Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona, presentazione di Roger Absalom, ed. Qualevita Torre dei Nolfi, 2004).

 

William Simpson incontrerà Mario Scocco e Roberto Cicerone che lo aiuteranno a nascondersi al Borgo Pacentrano. Si recherà a Roma, dove sarà ricatturato e incarcerato a Regina Coeli. Le sue peripezie sono narrate nel libro appena citato. Nel dopoguerra Simpson diventa responsabile della “Allied Screening Commission”, la commissione creata per ricompensare gli italiani che avevano aiutato i prigionieri. Il giorno 18 maggio 1946, nell’aula comunale di Sulmona, Simpson afferma: «Sulmona è stato uno dei pochi centri italiani che si siano veramente distinti in questa opera di solidarietà e di carità cristiana: questa simpatica cittadina, che mi ha ospitato gentilmente sia da prigioniero che da uomo libero, la considero come la mia seconda patria. Sulmona ha salvato dagli artigli germanici ben settemila prigionieri alleati. Difficilmente potremo dimenticarlo».

 

  1. SAM DERRY, “Linea di fuga 1943-1944, Sulmona-Roma-Città del Vaticano”, Qualevita, Torre dei Nolfi 2011, traduzione italiana a cura degli studenti del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, titolo originale The Rome Escape Line.

L’autore, Sam Derry, dopo il suo audace salto dal treno che lo sta conducendo da Sulmona a Roma e da qui in Germania, si nasconde in un pagliaio nelle vicinanze di Roma, a Salone. In seguito, nascosto su un carretto, sotto un cumulo di cavoli, raggiunge Roma e incontra Mons. O’Flaherty, che lo ospita prima al Collegio Teutonico e poi nella Città del Vaticano. Qui, con la collaborazione di Furman e Simpson, organizza la più grande operazione di salvezza di prigionieri fuggiaschi, ebrei, perseguitati politici. Le vicende narrate nel libro si svolgono proprio fra Roma e Sulmona: la fuga verso Roma parte dal campo di prigionia di Sulmona dopo l’8 settembre 1943 e segna l’inizio della sua azione nella capitale, insieme a Mons. O’Flaherty, la cosiddetta “primula rossa del Vaticano”, realizzando la “British Organization”, il cui scopo era offrire una rete di protezione ai numerosi ex prigionieri del Commonwealth in attesa dell’arrivo degli alleati.

 

  1. JACK GOODY, “Oltre i muri. La mia prigionia in Italia”, Il mondo 3 edizioni, Roma 1997.

«Il convoglio si era fermato nel campo di calcio che era stato scavato sul versante della collina; il gruppo che era arrivato da Chieti nei giorni precedenti era assembrato in un angolo guardato a vista dalle sentinelle. I nuovi arrivati a Sulmona scaricarono i bagagli, si trascinarono lungo il pendio e si raggrupparono in ordine sparso mentre i tedeschi cercavano di contarli. Una guardia urlò a squarciagola puntando il mitra per tenere separati i gruppi. Quando la confusione cominciò a placarsi, alcuni del vecchio contingente si avvicinarono e diedero il benvenuto ai nuovi arrivati di là dallo spazio di transito. “Che posto schifoso”. “E di male in peggio: in Germania” […] L’area degli alloggi sembrava un alveare diviso in tante sezioni da muri che ora erano crollati in più punti. Il settore più in alto era ciò che era rimasto di quello che doveva essere il reparto ufficiali; questi alloggi sembravano comunque molto più comodi di quelli di Chieti, avevano piccole camere, letti singoli e mobili resistenti. […] Cibo o non cibo, l’idea della fuga era presente alla mente di molti e stava prendendo la forma di una vera e propria mania».

 

Jack Goody, antropologo di fama mondiale, docente a Cambridge, fuggiasco sulle montagne della Valle del Sagittario, dopo essere saltato dal treno che lo portava in Germania. In una conferenza all’università di Teramo ha detto: «Non ho passato molto tempo in Abruzzo, ma il tempo che vi ho passato è stato molto intenso e mi ha segnato per sempre». Nel maggio 1998 è tornato in Abruzzo, a visitare il Campo di concentramento n. 78 di Fonte d’Amore, a Sulmona. Da uomo libero, dopo più di mezzo secolo, Goody si è avvicinato alla baracca che l’aveva visto prigioniero ed è rimasto solo, pensoso, profondamente emozionato.

 

  1. UYS KRIGE è uno dei più grandi scrittori sudafricani, autore di poesie, racconti, opere teatrali. Amico di Ignazio Silone, che parla di lui nella prefazione al dramma “L’avventura di un povero cristiano”, scrive un’opera dal titolo “The way out”, tradotta in italiano con il titolo “Libertà sulla Maiella” (ed. Vallecchi, Firenze 1965), nella quale narra dettagliatamente la sua prigionia al Campo ’78 e la sua fuga, accolto dai contadini di Villa Giovina a Bagnaturo, dai pastori alla “casa delle vacche”, e in seguito a Campo di Giove, a Palena, a Gamberale fino al Molise, dove si ricongiungerà con gli alleati. Nel Campo di prigionia di Fonte d’Amore, il 15 gennaio 1942, Krige scrive questa poesia dal titolo “Midwinter”, “Pieno inverno”.

 

Svanite le montagne, svanito il Gran Sasso,

ogni dirupo, desolato, scosceso, roccioso e scuro,

inghiottito dalla nebbia;

e scomparse anche le collinette da poco formate,

appena accumulate e già imperlate

di ghiaccio, qui, nell’angolo del cortile,

non più grande del mio pugno. […]

Siamo giunti alla fine di tutti i nostri giorni,

di tutte le nostre notti; in queste

quattro pareti di un cupo rosso marrone di giorno, di un nero

come la pece di notte,

non c’è possibilità alcuna di andare avanti né indietro.

Questa è la nostra vita, la nostra morte-in-vita;

questa tristezza, questo pallore spettrale

su ogni branda a mezzogiorno, questo freddo

al culmine del giorno gelido come il ghiaccio

ma che brucia, che brucia

proprio come l’abbraccio della guerra, l’amaro bacio della battaglia

che divampa.

[…]

 

  1. JOHN VERNEY, “Un pranzo di erbe”, a cura dell’Associazione culturale “Il Sentiero della Libertà/Freedom Trail”, Qualevita, Torre dei Nolfi 2014. John Verney non ha scritto un libro. Ha scritto una lettera d’amore per i contadini che li avevano sfamati, aiutati, amati. Non ha confessato solo i suoi sentimenti, ma ha dimostrato che amare significa conoscere la storia, rivivere l’ambiente, condividere fatiche e speranze. «Quasi tutto quello che è stato importante per la mia vita lo devo alla guerra. Stavo per aggiungere: all’Abruzzo» (Almost everything in my life that has really mattered goes back somehow to the war. I was about to ad: Goes back to the Abruzzi). Ha espresso profonda gratitudine per aver imparato, in quei mesi di fame e di rischi, tra grotte di montagna e nascondigli nelle case, che vivere e aiutare gli altri a vivere è l’unico scopo che valga la pena di raggiungere. Una testimonianza straordinaria, quella di Verney. Forse la più coinvolgente e la più bella delle opere scritte dagli ex-prigionieri di guerra in Abruzzo. Artistica nella forma e profonda di contenuto. Solo un innamorato poteva esprimere parole indimenticabili. Verney era ed è rimasto un artista, anche dopo la tragedia della guerra. Quando, più volte, è tornato in Abruzzo, vi è tornato con la voglia di conservare e ravvivare quello spirito di innocenza o, come la chiama, “nostalgie de la boue” (nostalgia della genuinità), che l’affascinava. «Sono venuto per riprendermi qualcosa. L’interesse per la vita, si potrebbe dire, o il gusto per le cose essenziali, come il pane. Succede, spesso, che da giovane leggi un libro che ti colpisce e influenza la vita. Poi nella mezza età cerchi di rileggerlo… Sono venuto qui per rivivere un’esperienza, ricordare l’importanza della gentilezza disinteressata, apprendere di nuovo una lezione che ho imparato in Italia durante la guerra…».

 

  1. STANN SKINNER

Stan Skinner nasce a Londra nel 1920, da famiglia medio borghese. Studia, con discreti risultati, alla “Grammar School”di Wallington, una delle migliori della Gran Bretagna. Ma la sua passione dominante è lo sport – soprattutto il cricket e il calcio – nel quale promette una brillante carriera. A soli 17 anni, assunto da una banca, lascia la scuola. La sua sarebbe stata una tranquilla vita dedita più allo sport che al lavoro, infatti le banche inglesi di prestigio, come la sua, avevano una loro squadra che attraverso i successi sportivi pubblicizzava la banca stessa. Ma a vent’anni, la guerra irrompe nella sua vita, come in quella di milioni di suoi coetanei, sconvolge ogni progetto, e gli fa conoscere infinite sofferenze. Dalla guerra guerreggiata al campo di concentramento di Sulmona, al terrificante bombardamento alla stazione di L’Aquila, dove viene gravemente ferito, ad una lunga degenza ospedaliera e ai suoi terribili postumi.

Il libro Sulmona and after (“Sulmona e dopo”) di Stan Skinner è la narrazione di una serie interminabile di terribili avventure dopo l’8 settembre e la fuga dal campo 78 di Sulmona. Una vera odissea. Il libro sembra un racconto di avventure mentre è storia vissuta, di stragi, di sofferenze, di infermità dovute ai bombardamenti e, finalmente, di liberazione e di ritorno alla vita e al lavoro. Skinner non ha dimenticato Sulmona, questa gente allora generosa. È tornato per i 40 anni dalla fine della guerra e tante volte ancora, con Joe Drew, l’organizzatore dei nostalgici raduni. Lui stesso fu l’organizzatore di uno di essi. Scrive: «Abbiamo fatto amicizia e mantenuto questa amicizia con le autorità locali e con coloro che hanno aiutato i prigionieri. Essi sono venuti a Londra e noi siamo ritornati a Sulmona quattro volte». Ricorda, per la splendida accoglienza, il sindaco, l’esercito e il capo della polizia municipale Gianni Febbo. Una lapide, nel cortile del Comune, ricorda questo rapporto di autentica amicizia fra italiani e inglesi. È “lo spirito di Sulmona”, come è stato definito dagli stessi inglesi.

 

  1. JOHN LEEMING, “Always To-morrow”, in italiano “Sempre Domani”, storia di un ufficiale inglese, prigioniero di guerra in Italia, trad. di Franca Del Monaco, ed. Qualevita, 2018.

Un libro che racconta la vita di un uomo è sempre un libro di storia. Una storia umana. Il libro di John Leeming, dal titolo inglese “Always To-morrow”, in italiano “Sempre Domani”, racconta i suoi tre anni di prigionia in Italia, nel periodo della seconda guerra mondiale. Un libro, resoconto particolareggiato di episodi e riflessioni, di progetti e delusioni. L’autore descrive la sua esperienza con vivace umorismo e quasi totale assenza di pessimismo. Sono vicende originali di vita realmente vissuta. L’ottimismo ed il fascino dell’avventura riescono a sdrammatizzare situazioni obiettivamente tragiche, persino divertendo il lettore.

Leeming, ufficiale dell’Air Force britannica, si trova su un aereo, decollato da Londra diretto a Malta per trasferirvi una ingente quantità di sterline, colpito dalla contraerea tedesca e precipitato in Sicilia nei pressi di Catania. L’aereo si schianta, ma l’equipaggio resta incolume. Da quel momento, i militari inglesi sono prigionieri degli italiani: «Tutto questo accadeva il 20 novembre 1940, cinque mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia», annota Leeming. Gli inglesi, ormai prigionieri degli italiani, vengono condotti a Catania, al quartiere generale, accolti dal generale Lodi. «Io chiesi ad un ufficiale italiano che avrei avuto bisogno di un medico perché mi guardasse il braccio. Assicurandomi che il dottore sarebbe venuto presto, l’ufficiale mi insegnò la prima parola in italiano. Una parola che avrei sentito spesso nei futuri due anni e mezzo. “Domani. Domani” è qualcosa di particolarmente italiano. Una parola molto usata, pronunciata in quasi tutte le conversazioni». Da Catania vengono trasferiti a Roma. All’aerodromo di Centocelle.

Da Roma a Sulmona, a Villa Orsini, il campo di prigionia per ufficiali e generali inglesi. A Sulmona ricevono ottima accoglienza e si troveranno in buona compagnia, assistiti con la massima cura, con rispetto e con reale disponibilità a soddisfare le loro istanze.

Da Sulmona vengono trasferiti a Vincigliata, in provincia di Firenze. La vita a Vincigliata diventa dura e controllata, opprimente per un prigioniero. I loro progetti di fuga a volte falliscono, altre riescono, anche se poi verranno ricatturati. Leeming riuscirà a farsi riconoscere “malato mentale” e tornerà in patria nonostante gli inciampi dovuti a macchinosi impedimenti burocratici e alle sofferenze patite per essersi ridotto in condizioni fisiche gravissime.

 

*Storico, Associazione Culturale “Il Sentiero della Libertà/Freedom Trail”

 

 

Bibliografia: Maria Rosaria La Morgia e Mario Setta (a cura di), “Terra di Libertà, storie di uomini e donne nell’Abruzzo della seconda guerra mondiale”, edizioni Tracce-Fondazione Pescarabruzzo 2014.




Giulianova. 103 anni fa la consegna della bandiera di guerra alla Legione Cecoslovacca operante in Italia.

Enzo Ciaraffa e Jozef Špánik, raccontano le vicende dei legionari in Italia

di Walter De Berardinis

Logo del centenario della Legione Cecoslovacca

Giulianova. Non capita tutti i giorni ricevere un libro in lingua ceca che narra l’epopea di un esercito nato in “cattività”. Stiamo parlando della Legione Cecoslovacca costituita in Italia per partecipare all’ultimo anno di guerra dove l’Italia concluse l’unità d’Italia con la vittoria sull’Impero austroungarico. Il libro, dal titolo “Čechoslováci na řece Olona” e di “Historie československé domobrany v itálii”, edito dall’Associazione dei Legionari Cecoslovacchi alla fine del 2020, porta la firma del collega giornalista Enzo Ciaraffa, già Tenente Colonnello dell’Esercito Italiano e del diplomatico e storico ceco, Jozef Špánik. La pubblicazione, è l’ampiamento dell’edizione italiana del 2016 curata proprio da Enzo Ciaraffa: “I Cecoslovacchi sull’Olona – La pulizia etnica della memoria non riuscita”, esaurita in poco tempo.

La copertina del libro di Enzo Ciaraffa e Jozef Spanik

Anche se in lingua ceca, ci sono molte fotografie dei legionari e documenti originali in lingua italiana. L’autore è stato capace, tramite della documentazione inedita al grande pubblico, di ricostruire la presenza della legione attraverso lo studio del cimitero di guerra del 1918 che custodiva le spoglie di questi soldati venuti da molto lontano.

Il convegno del 2018 a Roma

La seconda parte del libro, grazie al cultore della materia, il dott. Jozef Špánik, è stato arricchito dal racconto della nascita della legione cecoslovacca in Italia, culminata con la consegna della bandiera di guerra. Esattamente 103 anni fa, il 24 maggio 1918, alle ore 11,30, l’allora Primo Ministro italiano, Vittorio Emanuele Orlando, consegnò la bandiera delle legioni ceco-slovacche alla presenza di Milan Rastislav Štefánik a Piazza Venezia, davanti l’Altare della Patria. Anche Giulianova anticipò anniversario nel 2017, quando organizzò, con il sostegno del direttore dell’Istituto d’investigazione Gamma di Tortoreto, Gabriele Barcaroli, una cerimonia ufficiale con la scopertura di una targa per ricordare il soldato della Legione Cecoslovacca del fronte russo, Jan Kelbl, morto a Giulianova nel 1919 mentre tornava nella sua nuova Patria. Oggi è l’unico soldato del fronte russo morto in Italia. Anche l’Abruzzo sostenne la causa dei Cechi e Slovacchi per avere una Patria durante il primo conflitto mondiale. Tra attestazioni di stima e nascita dei comitati pro Cecoslovacchia nel 1918 in Abruzzo ci furono: De Vesci, Presidente della Deputazione Provinciale di Teramo; Francesco Speranza e Rodolfo Ludovici, noti Avvocati dell’Aquila; Ercole Giammichele, Avvocato di Chieti; Francesco Rodomonte, Avvocato di Teramo. A sostegno della causa, nacque il Comitato Italiano per l’indipendenza Czeco-slovacca con sede provvisoria Roma in Via Volturno, 7 e le vicende che ne seguirono furono raccolte dal segretario Franco Spada nel libro edito nel 1920, “La idea Italo-czeca”.

Collezione Walter De Berardinis

Successivamente all’evento del 2017 a Giulianova e del 2018 a Roma, il sottoscritto e Barcaroli, spedirono una copia della stessa targa di Giulianova al Sindaco del paese natio di Jan Kelbl, Hrušovany u Brna – Repubblica Ceca. L’evento fu reso possibile grazie al Sindaco, Miroslav Rožnovský, per celebrare il 74 ° anniversario della liberazione della sua città Hrušovany da parte dell’esercito sovietico, e nell’occasione fu scoperta la targa bilingue (italiano e ceco) posizionata tra la stele che ricorda i caduti della 1° e 2° guerra mondiale alla presenza del 96enne, Generale di Brigata Emil Boček, ex pilota ceco in forza alla RAF e alla Fighter Squadron cecoslovacca durante la 2° guerra mondiale. Oltre all’amicizia che nutriamo nei confronti del dott. Jozef Špánik, vogliamo riconfermare l’amicizia tra i nostri due popoli esattamente come 103 anni fa,  quando il nostro Paese, tra mille diffidenze, decise di appoggiare il nascente stato cecoslovacco attraverso la formazione della legione in Italia. Purtroppo questa antica amicizia si ruppe nei famosi accordi di Monaco del 30 settembre 1938.

Soldati della Legione Cecoslovacca, archivio Walter De Berardinis

 

 




Bellante. Associazione Culturale Nuove Sintesi: una rosa per ricordare le violenze delle truppe coloniali.

“L’Associazione Culturale Nuove Sintesi domenica 23 maggio 2021, sulle orme maestre tracciate dall’Associazione  Nazionale  Vittime  delle Marocchinate, presieduta da Emiliano Ciotti, che ha ideato la Giornata Nazionale in Memoria delle Vittime delle marocchinate, svoltasi martedì 18 maggio 2021, porterà una rosa ed un tricolore presso il monumento dei caduti a Bellante Paese alle ore 11.00 per ricordare il dramma avvenuto in Italia nel periodo 1943-1944, quando 60.000 donne, bambini e anziani (con più di un migliaio di assassini) furono violentati delle truppe coloniali francesi. Una pagina della storia nazionale tenuta nascosta e che, per esser ricordata, ha avuto  bisogno del film “La Ciociara” con Sofia Loren. Chi dimentica, è complice.”

 




Tramanda il ricordo dei Cavalieri di Vittorio Veneto! Raccontaci le loro storie.

Prima Guerra Mondiale

Il Memoriale dei Cavalieri di Vittorio Veneto vuole conservare e offrire a tutti le memorie dei combattenti della Grande Guerra attraverso il progetto “Memorie”. Se in famiglia conservi ancora il ricordo del nonno, del bisnonno, dello zio e di ciò che raccontava sulla sua esperienza durante la prima guerra mondiale, puoi realizzare un piccolo video con il tuo smartphone e mandarcelo. Lo caricheremo sul canale Youtube del Comune di Vittorio Veneto condividendolo con quanti vorranno vederlo.

Compila il modulo on line a questo link e poi invia il tuo video. Puoi compilarlo anche solo per iscriverti alla mailing list del Memoriale dei Cavalieri; riceverai tutte le informazioni legate a cerimonie ed eventi.

Come realizzare il video

  • presentati dicendo chi sei e da dove lo invii, il nome e il cognome del tuo parente e, se lo sai, l’anno di nascita, a quale corpo apparteneva (fanteria, artiglieria…) e qual era il suo grado;
  • racconta dove ha combattuto;
  • narra l’episodio legato alla guerra che raccontava in famiglia e che più ti ha colpito;
  • ricordati che il video può durare al massimo da uno a tre minuti per cui limitati a raccontare una sola storia;
  • le storie possono riguardare qualsiasi aspetto di quel periodo di guerra dai combattimenti alla vita quotidiana;
  • invia il tuo video e una foto del tuo parente (se la possiedi) a questo indirizzo: filmato@museobattaglia.it servendoti del servizio Wetransfer (https://wetransfer.com)

I racconti diventeranno patrimonio del Museo e daranno un volto ancora vivo alla storia per tramandarne il ricordo.

Informazioni

Per qualsiasi difficoltà non esitare a scrivere a:
memoriale@museobattaglia.it
www.museobattaglia.it • www.turismovittorioveneto.it

In foto: Adamello 25 luglio 1918 – Pezzo da montagna in azione, Fondo Luigi Marzocchi © 2021




SABRINA EVANGELISTA E L’ANPI DI MONTORIO AL VOMANO

Sabrina Evangelista a Pietralta (Valle Castellana)

Sabrina Evangelista con Graziano Fabrizi

Sabrina Evangelista, classe 1986, i cui natali provengono dal borgo di Poggio Umbricchio (Crognaleto),
nel cuore del distretto Gran Sasso e Monti della Laga, ricopre il ruolo di Presidente della sezione A.N.P.I.
di Montorio al Vomano “Donato Di Giammarco e Giuseppe Valentini” dal 2016. All’interno
dell’associazione, la più numerosa e la prima, in ordine di tempo, ad essere stata costituita in Provincia di
Teramo, è la prima donna a rivestire tale ruolo. Infatti, a soli 29 anni accetta un incarico oneroso. Non
solo quello di portare avanti la memoria storica e civile della lotta di Resistenza. Ma, è riuscita, in pochi
anni, a farsi largo in un ambiente, per decenni, gestito per lo più da uomini e conquistare la stima, l’affetto
e il riconoscimento dei cittadini e delle cittadine montoriesi, restituendo la giusta reputazione ad
un’associazione importante e prestigiosa, ma troppo spesso ostaggio della retorica ideologica e
celebrativa.
Nel tempo, ha creato e consolidato un stretta rete di collaborazioni con enti di ricerca, università, scuole e
istituzioni. Portando a Montorio al Vomano personalità importanti del mondo della cultura. Tante, infatti,
le iniziative culturali portate avanti in questi anni. Spettacoli teatrali, proiezioni di film, convegni,
seminari, concorsi artistici e letterali. Tutte manifestazioni gratuite, aperte al pubblico, condivise con gli
studenti e con una forte attrattiva su tutta la Provincia. Molteplici le tematiche affrontate, sia a livello
storico che di stretta attualità, con un taglio prettamente scientifico e con una vocazione didattico ed
educativa, improntata a diffondere i valori costituzionali. Oggi, la sezione A.N.P.I. di Montorio al
Vomano, con un percentuale di iscritti superiore a duecento unità, può essere annoverata, infatti, fra le
associazioni più attive, conosciute e riconosciute della provincia teramana.
Madre, laureata a pieni voti in Scienze della Comunicazione, Sabrina Evangelista, attenta conoscitrice del
territorio, ha unito la naturale passione per la storia e le materie umanistiche all’associazionismo, creando
un team di volontari e volontarie, con una alta percentuale di donne, con l’obiettivo di parlare del passato,
di tramandare la memoria storica contemporanea europea, nazionale e territoriale, ma con uno sguardo sul
presente e all’antropologia del territorio. Il lavoro portato avanti, con entusiasmo e caparbietà, sta,
d’altronde, contribuendo notevolmente a riportare vivacità, elaborazione critica del pensiero e senso di
comunità in una realtà territoriale sensibilmente provata, prima dal sisma ed attualmente dalla pandemia.
La Presidente risulta essere, dunque, una valida risorsa per la proposta e il supporto di una progettualità
culturale, che non riguarda solo le istituzioni locali, ma potrebbe fare da capofila ad una vera e fattiva
collaborazione fra tutte le realtà associative comunali e non solo.
La volontà di costruire un percorso culturale, che parli di memoria, tradizioni, valori, luoghi e includa
una molteplicità di possibilità espressive, che siano artistiche, storiche, antropologiche, rappresenterebbe
un trampolino per il rilancio del patrimonio storico e memoriale dell’entroterra teramano.
Sabrina Evangelista, nonostante la giovane età, è un esempio di maturità e consapevolezza. La
consapevolezza di saper guardare al presente, ma sapendo a quale passato e a quali valori si appartiene e
su quelle idee di altruismo, di solidarietà, di rispetto e di aspirazione alla libertà, tanto care a quei
ragazzi/e partigiani/e, e costruire dei circuiti di conoscenza che servano per riallacciare un senso di
insieme e siano al servizio di tutta la nostra comunità.
Pubblicato già su La Città, quotidiano di Teramo, del 25 aprile 2021

pietro.serrani@tin.it




25 aprile: il Comune di Giulianova ricorda i giuliesi Poltrone ed Alleva, morti per mano nazista e la Garro, vittima dei bombardamenti degli alleati

 

Commemorazione Flaviano Poltrone

Oggi 25 aprile, in occasione dell’Anniversario della liberazione d’Italia,
il Comune di Giulianova ha voluto ricordare, in una commemorazione
simbolica dovuta alle restrizioni dell’emergenza sanitaria, i giuliesi
Flaviano Poltrone, Vincenzo Alleva (nato a Nocella di Campli e in seguito
trasferitosi a Giulianova) uccisi per mano nei nazisti e Maria Teresa
Garro (nata a Mazzarino), il simbolo delle donne morte sotto i
bombardamenti degli alleati.

commemorazione Vincenzo Alleva

Commemorazione Maria Teresa Garro

Alla loro memoria, questa mattina, nel cimitero monumentale di Giulianova,
la vice sindaco Lidia Albani ha deposto dei fiori, ornati con il
tricolore, ai piedi delle loro tombe mentre il ricercatore giuliese Walter
De Berardinis ha portato il saluto istituzionale dei sindaci di Mazzarino
e Campli e dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra.

“Oggi, giorno in cui festeggiamo la liberazione d’Italia dall’occupazione
nazista e dal regime fascista, abbiamo voluto ricordare a futura memoria
tutti coloro che hanno combattuto per la conquista della libertà e la
storia di tre giuliesi, vittime degli orrori della Seconda Guerra Mondiale
– dichiara la vice sindaco Albani – tra di loro, per la prima volta,
commemoriamo la figura di Maria Teresa Garro, simbolo delle donne morte
dotto i bombardamenti degli alleati. I nostri più sentiti ringraziamenti
al ricercatore storico Walter De Berardinis che, ancora una volta, ha
messo la sua conoscenza a disposizione della comunità e che lavora
incessantemente affinché non si perda la memoria di questi concittadini.
Ci tengo a ringraziare anche i sindaci di Mazzarino e Campli, Vincenzo
Marino e Federico Agostinelli, per averci inviato una missiva con la quale
hanno espresso amicizia e fratellanza alla nostra città, in ricordo dei
concittadini Alleva e Garro e l’Associazione Nazionale Vittime Civili di
Guerra che, anche in questa occasione, non hanno fatto mancare un
messaggio di cordoglio per il ricordo dei civili giuliesi morti durante le
due guerre mondiali”.

Di seguito le biografie di Flaviano Poltrone, Vincenzo Alleva e Maria
Teresa Garro.

Flaviano Poltrone

Flaviano Poltrone nasce a Giulianova il 4 luglio 1887, nella casa posta in
Via per Mosciano al civico 29, da Domenico (proprietario agricolo) e
Teresa Castorani. Il 20 aprile 1907 viene giudicato idoneo al servizio di
leva nel distretto militare di Teramo e il 19 ottobre viene chiamato alle
armi nel 56° Reggimento Fanteria – Brigata “Marche”. Il 9 settembre 1909
viene congedato nel deposito di Teramo del Reggimento Fanteria Genova e il
30 ottobre ottiene il visto per l’espatrio in America. Il 12 novembre
parte da Napoli con la nave Konig Albert ed arriva a New York il 25
novembre. Il 14 agosto 1911 viene dispensato dall’istruzione militare
perché all’estero con regolare nulla osta. Il 31 luglio 1915, all’indomani
dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, non si presenterà al distretto
militare di Teramo e il 6 settembre viene dichiarato disertore. Finita
l’avventura americana, torna in Italia e si sposa il 21 aprile 1924 a
Castellalto (TE) con Angeladea Fidanza (6 giugno 1891/23 dicembre 1975).
La coppia andrà a vivere sulla strada Nazionale per Teramo al civico 73
(oggi Via Mulino da Capo). Il 12 giugno 1944, alle ore 20,00, durante la
ritirata delle forze tedesche sulla dorsale adriatica, un soldato tedesco,
nel tentativo di requisire il suo cavallo, estrasse la sua pistola
uccidendolo (altre fonti parlano di alcuni fendenti per finirlo) per
essersi rifiutato di consegnare o negare di avere un cavallo. Moriva così
Flaviano all’età di 57 anni. Si deve al lavoro degli storici locali, tra
cui il ricercatore storico Walter De Berardinis il ricordo della sua vita
e della tragedia che lo colpì.

Vincenzo Alleva

Sempre grazie alla ricerca storica di De Berardinis possiamo ricostruire la
vita di Vincenzo Bruno Mario Alleva, figlio di Paolo e Vittoria Iaconi,
nato a Nocella di Campli (TE) il 27 novembre 1914. Si trasferisce a
Giulianova il 10 maggio 1923 e si stabilisce con la famiglia prima in Via
Quarnaro e successivamente in Viale Vittorio Emanuele III (oggi Via Turati
– SS16). Dal 1 aprile 1935 al 31 agosto 1936 farà il servizio di leva nel
9° Reggimento Bersaglieri a Zara. Il 13 maggio 1939 emigra a Roma con la
moglie, Igina Buccella, di Cugnoli di Campli, sposata a Giulianova il 4
settembre 1935 nella Chiesa della Natività di Maria Vergine da Don
Raffaele Baldassarri. Vincenzo, a Roma, è impiegato come operaio per il
Genio militare Marittimo e ritarda la chiamata alle armi. Il 28 agosto
1941 viene richiamato in guerra come pilota di carrarmati con il grado di
Sergente. Dopo i noti fatti dell’8 settembre 1943, Vicenzo rientra a
Giulianova con tutta la famiglia il 28 settembre. Sfollato in località
Convento di Mosciano Sant’Angelo, la mattina del 10 gennaio 1944, con un
carretto, si recherà a Giulianova lido nel tentativo di recuperare alcuni
suppellettili. Nel risalire Via XXIV maggio, nei pressi di una curva a
gomito dove persiste la ex fabbrica di liquori e confetti “Orsini”, Alleva
taglierà o raccoglierà un filo del telefono per legare le masserizie. Un
soldato della Wehrmacht, appostato sul belvedere della città, lo segnalerà
agli altri commilitoni per poi farlo arrestare. Portato dentro il comando
tedesco di Villa Migliori, nella parte alta della città, verrà interrogato
e subito condannato alla fucilazione, nonostante le suppliche del
prigioniero. Alle 16,30 verrà fucilato e sotterrato nei pressi della
stessa villa. Aveva 29 anni. Sarà il Commissario straordinario, Col.
Giovanni Piccinini, implorato dai familiari, a trattare con i tedeschi per
il recupero del corpo che avvenne probabilmente il 12 gennaio, quando alle
or 11,00 si presenterà in Comune per dichiarare la morte di Alleva
l’imprenditore giuliese, Luigi Iaconi, alla presenza di due testimoni. I
funerali, sempre da documenti vergati dall’arciprete Tito Nespeca del
Duomo di San Flaviano, furono fatti il 14 gennaio.

Alla fine della guerra, il 18 luglio 1945, alla memoria gli fu concessa la
Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

Maria Teresa Garro in Abbondanza

Maria Teresa Garro nasce a Mazzarino in provincia di Caltanissetta il 29
gennaio 1899, in Via Collegio, da Sebastiano e Luigia Iannelli (trasferiti
ad Ascoli Piceno). Sposata con Leonida Abbondanza, avrà dei figli.
Trasferita a Giulianova, inizierà l’attività d’insegnamento dal 18 maggio
1934 quando prende alloggio in Piazza Roma e successivamente in Via Thaon
De Revel, 5. La sera del 5 novembre 1943, alle ore 20,30, una serie di
bombardieri attaccano, per la prima volta, la parte alta della città. Il
bilancio sarà pesante: 2 morti e 3 feriti. Maria Teresa Garro muore
all’età di 44 anni nei pressi dell’androne di una casa in Via Migliori
(davanti l’attuale palestra dello stadio Rubens Fadini) e Michele
Splendiani, 50enne, abitante in Via Cupa (oggi parcheggio dello stadio).
Il giorno successivo, tra la paura generale di ulteriori bombardamenti,
furono fatti i funerali nel Duomo di Giulianova dall’Arciprete Tito
Nespeca.

Complessivamente i morti civili di Giulianova per bombardamento e
mitragliamento aereo furono 23 (10 donne) e 46 feriti; mentre tra i
militari si contarono 3 italiani (RSI) e 24 soldati della Wermacht. Oggi,
dopo quasi 78 anni, persiste intatta la lapide del loculo con il seguente
epitaffio: “fatale bellico ordigno strappo anzi tempo, Maria Garro in
Abbondanza, all’amore dei figli e del marito”. Per tali motivi il delegato
dell’I.N.G.O.R.T.P., Walter De Berardinis, ha fatto richiesta
all’amministrazione comunale di conservare il loculo e la lapide a futura
memoria come reale testimonianza di quei tragici giorni.




Montorio al Vomano. ANPI: strade della liberazione

In occasione delle celebrazioni per il 76° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la sezione A.N.P.I. di Montorio al Vomano “Donato Di Giammarco e Giuseppe Valentini”, all’interno della manifestazione “Aspettando il 25 aprile…” 76 anni di libertà e democrazia in Italia, dedicato a Memoria resistente. I luoghi, le immagini, i protagonisti dell’antifascismo a Montorio al Vomano, aderisce all’iniziativa, a cura dell’A.N.P.I. Nazionale, Strade di Liberazione.

Domenica 25 aprile dalle ore 16.00 tutti/e i cittadini/e, nel rispetto della normativa contro il contrasto alla diffusione della pandemia da Sars Cov – 2, sono invitati, su tutto il territorio nazionale, a deporre un fiore sotto le targhe di vie e piazze dedicate ad antifascisti/e e partigiani/e.

Un fiore che diverrà una luce accesa sul sacrificio di tante donne e tanti uomini da cui sono nate la Repubblica e la Costituzione.

Le vie e le piazze di Montorio al Vomano interessate sono:

 

Via Giacomo Matteotti

Via Antonio Gramsci

Via Poliseo De Angelis

Piazza Ercole Vincenzo Orsini

Corso Giuseppe Valentini

Via Donato Di Giammarco

Corso Giuseppe Urbani

Via Giuseppe De Dominicis

Monumento ai fucilati del cimitero Antosa Regolo, Astolfi Corradino, Di Donato Isidoro, Marini Michele.

 

Raduno distanziato alle ore 16.00 presso il Monumento ai Caduti partigiani combattenti, per poi procedere a gruppi ristretti (max 3 persone) senza formare assembramenti e cortei.

Sulla pagina Facebook della sezione saranno disponibili, a partire dal 25 aprile, due lavori, finanziati dall’A.N.P.I. Montorio al Vomano, del regista Ivan D’Antonio, il cortometraggio “Io corro veloce”, ispirato ai fatti della Resistenza montoriese e una raccolta di testimonianze video sugli anni della dittatura e della Resistenza, prima fase di un lavoro di ricerca storica sulla memoria e l’antifascismo a Montorio al Vomano.

 

 

                                                                                            Presidente A.N.P.I. Sezione Montorio al Vomano

                                                                                             “Donato Di Giammarco e Giuseppe Valentini”

                                                                                               Dott.ssa Sabrina Evangelista




Giulianova. Comunicato unitario per il 25 aprile.

FOTO ARCHIVIO 2013. Celebrazione 25 aprile 2013

In questa giornata, dall’anno 1946, si ricorda la Liberazione d’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista del paese e si celebra l’anniversario della Resistenza; una festività dedicata anche al valore dei Partigiani di ogni fronte che, a partire dal 1943, contribuirono al liberare l’Italia.

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Fu, nel contempo, una guerra di liberazione contro gli invasori (i nazisti tedeschi) e una guerra civile (contro il collaborazionismo dei fascisti italiani). L’azione della Resistenza fu coordinata dai Comitati di Liberazione Nazionali (CLN), il primo dei quali sorse a Roma il 9 settembre 1943, mentre il Re e Badoglio fuggivano. Le formazioni partigiane si distinguevano per orientamento politico: vi erano le brigate Garibaldi (comuniste), le Matteotti (socialiste), quelle di Giustizia e Libertà (Partito d’Azione) e le numerose organizzazioni cattoliche, un innesto di correnti ideali diverse e complementari tra loro, destinate a permeare la cultura novecentesca e il primo quarto del XXI° secolo, i cui protagonisti furono capaci di guidare la Ricostruzione.

Con questo comunicato, vogliamo rammentare queste pagine storiche e dedicarle innanzitutto alle numerose famiglie, anche giuliesi, che hanno perso i loro cari in quegli anni bui e tremendi, rivolgendoci alle nuove generazioni perché sappiano e non dimentichino mai quali siano state le origini della nostra Democrazia.

Maggiormente in questo tempo che viviamo, alle prese con una spietata emergenza sanitaria che colpisce le nostre comunità e soprattutto tanti anziani, memoria storica della società, c’è la necessità di reagire, di far vivere lo spirito e la forza di unaNuova Resistenza, per sconfiggere e liberare il Paese dalla pandemia, risolvere presto ed in modo positivo le aumentate disuguaglianze sociali, ridare fiducia e slancio al nostro Paese, salvaguardando prima di tutto la salute dei cittadinie, con saggezza e lungimiranza, produrrele migliori risposte alle esigenze del tessuto socio-economico e culturale, senza futili ed egoistiche strumentalizzazioni al solo scopo di conseguire facili consensi elettorali.

La ricostruzione del nostro Paese passa attraverso l’impegno di tutti, nessuno escluso, ed oggi più che mai, vogliamo dire a tutti che i valori della nostra Costituzione e quelli della Guerra di Liberazione, costituiscono il punto di riferimento fondamentale per la nostra società, comprensibilmente scossa da paura e smarrimento, da cui al più presto dobbiamo uscirne. W il 25 aprile!!

Il Cittadino Governante, Movimento 5 Stelle, Rifondazione Comunista, Articolo Uno, Partito Comunista Italiano, Sinistra Italiana, Partito Socialista Italiano, Indipendenti di Sinistra.       

 




Conferenza streaming: “Mine e ordigni bellici inesplosi- L’Educazione al rischio per le popolazioni civili”

L’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, Ente Morale preposto per legge in Italia alla rappresentanza e tutela delle vittime civili di guerra, e l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore “Giulio Cesare” di Bari hanno organizzato per il 26 aprile la conferenza streaming: “Mine e ordigni bellici inesplosi- L’Educazione al rischio per le popolazioni civili”. L’incontro avrà inizio alle ore 10,00 e terminerà alle 12, 30. L’evento sarà aperto dai saluti della Dirigente Scolastica, Prof.ssa Giovanna Piacente. I relatori saranno: il Dott. Michele Corcio Vice Presidente Nazionale ANVCG; il Rag. Luigi Nacci Presidente Provinciale; la prof.ssa Silvia Luminati dell’Osservatorio Centro di Ricerche sulle vittime dei conflitti nel mondo; la prof.ssa Santa Vetturi in rappresentanza del Dipartimento Ordigni Bellici Inesplosi dell’ANVCG; l’Avv. Gianfranco Ferrante, rappresentante del Comitato Regionale Puglia della Croce Rossa; il Dott. Vito Alfieri Fontana, già Direttore delle operazioni di sminamento in Bosnia organizzate e finanziate dal Governo Italiano. L’incontro sarà moderato dalla professoressa Tiziana Piscitelli e aperto al dibattito con tutti gli studenti del triennio per i quali la conferenza si configura come significativa e imprescindibile formazione civica.




ANPI. “Aspettando il 25 aprile…” 76 anni di libertà e democrazia in Italia, giunta alla sua IV° edizione, dedicata alla “Memoria resistente. Luoghi, immagini e personaggi dell’antifascismo a Montorio al Vomano”.

25 APRILE Locandina 2021 social

La sezione A.N.P.I. di Montorio al Vomano “Donato Di Giammarco e Giuseppe Valentini”, in occasione del settantaseiesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, presenta
l’iniziativa, “Aspettando il 25 aprile…” 76 anni di libertà e democrazia in Italia, giunta alla sua IV° edizione, dedicata alla “Memoria resistente. Luoghi, immagini e personaggi dell’antifascismo a Montorio al Vomano”.
L’intento, in questo anno di pandemia così lungo ed estenuante per tutta la comunità, è di riannodare i fili delle storie, dei luoghi e dei personaggi dell’antifascismo montoriese. Eventi legati alla Resistenza in Provincia di Teramo, come l’omicidio di Ercole Vincenzo Orsini e l’eccidio di Pietralta, dove furono giustiziati, dai nazifascisti, appena ventenni e dopo una delazione, il 17 aprile del 1944, Donato Di Giammarco e Giuseppe Valentini. Due partigiani di Montorio al Vomano, ai quali è intitolata la nostra sede e due importanti vie cittadine. Non a caso abbiamo deciso di riportare in locandina i volti di antifascisti/e e partigiani/e di Montorio al Vomano, perché è nostro dovere non dimenticare chi ha lottato per restituire la libertà, la dignità e immaginato e costruito un nuovo inizio di democrazia e benessere per il nostro paese.
Gli eventi in programma ricorderanno il 17 aprile, sulla nostra pagina FB, i nostri caduti partigiani montoriesi. Mentre, il 25 aprile, sempre sul nostro canale social  FB, verrà postato il cortometraggio “Io corro veloce” , regia di Ivan D’Antonio. Musica di Alessia Martegiani. “Una storia liberamente ispirata ai fatti della Resistenza che hanno coinvolto partigiani montoriesi o che sono avvenuti nel nostro paese. La battaglia di Bosco Martese, l’uccisione di Ercole Vincenzo Orsini e l’eccidio di Pietralta, momenti forti e drammatici del nostro passato di cui non dobbiamo perdere memoria. Tocca a noi tramandare queste storie alle nuove generazioni” (testo del regista).
Nel pomeriggio, invece, partirà  l’iniziativa, a cura dell’A.N.P.I. Nazionale, “Strade di Liberazione”, in cui tutti/e i cittadini/e, nel rispetto della normativa contro il contrasto alla diffusione della pandemia da Sars Cov – 2, sono invitati, su tutto il territorio nazionale, a deporre un fiore sotto le targhe di vie e piazze dedicate ad antifascisti/e e partigiani/e. Un fiore che diverrà una luce accesa sul sacrificio di tante donne e tanti uomini da cui sono nate la Repubblica e la Costituzione.

Nei giorni 17/18/24 aprile, dalle ore 10,00 alle ore 13,00, saremo presenti, presso piazza E. V. Orsini, per le giornate del tesseramento 2021, per chiunque voglia rinnovare la sua adesione o diventare nuovo sostenitore dell’antifascismo.

Presidente A.N.P.I. Sezione Montorio al Vomano

                                                                              “Donato Di Giammarco e Giuseppe Valentini”