Domenico Cormio, il soldato pugliese annegato a Giulianova.

Nasce a San Ferdinando di Puglia il 1 dicembre 1889, alle ore 19:28, nella casa posta in Via Centimolo, al civico 36, dal 31enne Domenicantonio e Anastasia Ricco. Sarà il Prosindaco, Andrea Piazzarolla, a registrare il bambino alla presenza di due testimoni: Nicolantonio Lopizzo, 28enne, contadino e Giuseppe Torraeo, 26enne, industrioso.
Il 28 gennaio 1917 si sposa a San Ferdinando di Puglia con Maria Modesta Dascanio (nata a San Ferdinando di Puglia il 20 marzo1896, dopo la morte del marito si risposa nel 1919).
Il 6 novembre 1917 viene lasciato in congedo dal distretto militare di Foggia e il 16 gennaio 1918 viene chiamato alle armi ma non si presenta. Il 21 gennaio viene denunciato per diserzione al Tribunale Militare di Ancona e l’11 aprile si costituisce spontaneamente al Comando del distretto militare di Foggia. Il 15 aprile verrà destinato al 215° batteria di Milizia Territoriale, probabilmente lungo la dorsale Adriatica.
La tragedia
Il 12 luglio 1918, alle ore 13:30 circa, complice il caldo, il soldato Domenico Cormio decideva di tuffarsi in acqua, colto da malore, morirà all’istante per annegamento. Sarà il Pretore di Giulianova, avendo ricevuto rapporto dalla locale caserma dei Carabinieri, a comunicare la morte ufficiale del 28enne al Comune di Giulianova. Il giorno stesso, l’Arciprete del Duomo di San Flaviano, Berardo Pistilli, darà l’estremo saluto al soldato di San Ferdinando di Puglia.
Curiosità
Il “povero” soldato non è mai stato ricordato nel suo paese e neanche a Giulianova. L’albo d’oro nazionale non riporta il suo nome tra i caduti e tra i beneficiari delle tre medaglie. Nel 2018, in occasione del Centenario della fine della Prima Guerra Mondiale a Giulianova, è stato degnamente ricordato con diverse iniziative.
Sandro Galantini, Ottavio Di Stanislao e altri 25
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Giulianova. Attilio Cipolletti, il 18enne morto a Viterbo per malattia

Nasce a Giulianova il 15 giugno 1898, alle ore 11:30, nella casa posta in Via Marina, dal 41enne Giovanni e Concetta Branciaroli. Sarà Apollo Caravelli, Assessore anziano, a registrare il bambino alla presenza di due testimoni: Giuseppe Di Giuliano, 38 anni, illuminatore e Achille Nanni, 50 anni, guardia municipale. Nel primo decennio del 1900, la famiglia, si trasferirà a Cologna di Montepagano.
Il 19 gennaio 1917 viene giudicato idoneo al servizio dal distretto militare di Teramo con le seguenti caratteristiche: alto 1,53 e torace 0,85, capelli neri e lisci, naso e mento regolare, occhi neri e colorito bruno. Il 26 febbraio viene chiamato alle armi e il 22 marzo verrà inviato per addestramento a Viterbo nel deposito di pace del 60° Reggimento Fanteria – Brigata “Calabria”.
Il 1 maggio 1917, nell’ospedale di riserva di Viterbo, cessava di vivere il 18enne Attilio Cipolletti per malattia.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti di Roseto degli Abruzzi nel libro “Roseto degli Abruzzi – caduti e decorati della Prima e Seconda Guerra” di Emidio D’Ilario e

Luciano Di Giulio

. A Giulianova nessuna targa ricorda Cipolletti.

3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova
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Matteo Di Natale, Laura Lavinia e altri 7
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Guardiagrele. Il Viaggio di Tonia Orlando

Pubblichiamo questo racconto della collega e amica Tonia Orlando.
Erano anni che avvertiva il desiderio di guardare con attenzione storica momenti appartenuti alla sua famiglia e alla fase bellica del secondo Secondo conflitto mondiale. In questi giorni di quarantena, per i noti fatti del Covid-19, nel rileggere quel passato tra il 1943 e 1944, l’autrice fa un percorso di rilettura doloroso nel ricordo dei suoi genitori. Una sorta di “Via Crucis”, mentre gli sfugge la via della verità, sfilacciata e mai conosciuta.
IL VIAGGIO
di Tonia Orlando

Il 2° Corpo d’Armata Polacco prima di arrivare in Italia

Su un autocarro rude e scalcinato, ricoperto da un telo di materiale rigido, sostenuto da sbarre metalliche, se ne stavano in silenzio in una sera uggiosa di metà ottobre del ’43 nella desolata Piazza di Orsogna. Qui erano arrivati con altri due mezzi pesanti della stessa specie adibiti, previo pagamento, al trasporto di merci, armi e persone.
Negli ultimi tempi si viveva così… in fuga.
In paese, da alcune settimane, erano molte le notizie che erano rimbalzate e si erano susseguite in una tensione crescente, in una incertezza dilaniante che alimentavano speranza e angoscia al tempo stesso e nei mesi di ottobre-dicembre dello stesso anno, la nostra gente d’Abruzzo vivrà giornate drammatiche. L’esercito occupante aveva subito una importante sconfitta nella “Battaglia del Sangro” e si era attrezzato a bloccare l’avanzata alleata sulla linea Guardiagrele-Orsogna-Ortona. La risposta era stata quella di una strategia difensiva e la fortificazione del territorio abruzzese attraverso la Linea Gustav, una demarcazione con la quale le truppe tedesche avrebbero resistito agli Alleati Statunitensi e Britannici che procedevano verso Nord, liberando i territori occupati. Grazie alla fortificazione del territorio abruzzese e alla sua naturale conformazione montuosa ne avrebbero rallentata l’avanzata. Il nemico aveva lavorato senza sosta per realizzare la Linea di confine che, dal Fiume Sangro al Garigliano, tagliava a metà l’Italia nella sua parte più stretta. Quelle soldataglie tedesche che prima di allora qualcuno aveva visto in maniera sporadica nei piccoli borghi dell’interno o nei centri maggiori del nostro Abruzzo, ora si insediavano in ogni luogo, terrorizzavano i civili, saccheggiavano, depredavano abitazioni aristocratiche o rubavano nelle già povere case di campagna tutto quello di cui avevano bisogno come cibo, armi, mezzi di trasporto, costringendo le popolazioni del posto a lavorare forzatamente nelle trincee o in lavori di fortificazioni. Successivamente, erano passati alle costrizioni agli sfollamenti di interi paesi; era necessario spingere gli abitanti di quella sciagurata Linea ad abbandonare tutto quello che c’era di più caro come la casa, i beni e permettere che la brutalità bellica inghiottisse ogni cosa. Naturalmente, da parte dei residenti mancava la volontà di fuggire dalle proprie abitazioni e andare via, ma quanti decidevano di non rispettare le regole imposte, sarebbero stati giustiziati in frettolose, crudeli, sommarie fucilazioni. E così, anche la mia famiglia, come tante, si ritrovava sospesa in quella Piazza di Orsogna, nella incosciente speranza di trovare un luogo o qualcuno che l’accogliesse. Ma il pensiero era lì che si attorcigliava, sempre uguale, sempre lo stesso. In tutta fretta, prima di scappare, avevano provveduto a murare nella storica cantina dalle pareti spesse di metà ottocento tutto quello che poteva essere importante come oggetti d’oro, fotografie e quei corredi di lino finissimo della mamma e della zia ricamati a mano, chiusi dentro due cassettoni nascosti dietro altrettante pareti ricostruite con mattoni che i tedeschi, invece, provvederanno a srotolare lungo la strada in discesa, per servirsene e mimetizzarsi, in mezzo alla neve, nei giorni rigidi del ’43/44 ed ingannare gli aerei Alleati in perlustrazione. Ora, da quella Piazza desolata, era appena iniziato il viaggio. Non sarebbe stata Orsogna ad ospitarli, non era sicura, dovevano andare avanti, verso Chieti. All’alba del giorno successivo, il camion li lasciò all’ingresso della città che non subirà alcun danno, alcun bombardamento, perché dichiarata “Aperta”. La città che si offriva ai loro occhi era in un’alba silenziosa ed attonita e come i giorni precedenti avrebbe ospitato quanti si allontanavano dai paesi limitrofi e arrivavano qui, nell’attesa che la Prefettura e le Circoscrizioni ecclesiastiche dessero nuove disposizioni agli aiuti. Quello che invece li attendeva nella città era terrificante. Piazza San Giustino trasformata in un campo di accoglienza. Famiglie intere lasciate in quel largo, in attesa. Furono molti i bambini che in quei giorni morirono di morbillo e di tifo nella disperazione di giovani madri che piansero e urlarono il loro dolore. La mia mamma, all’epoca trentenne, era al terzo mese di gravidanza, aspettava mia sorella, aveva nel grembo la vita, non poteva rimanere in quel luogo di morte. Si racconta che gli abitanti della città di Ortona, insignita della medaglia d’oro al valor civile per aver subito spaventosi bombardamenti aerei e terrestri, all’indomani del Conflitto, rigettassero il pesce in mare ma, mai e poi mai lo avrebbero consegnato ai chietini, per punirli della loro indifferenza. Bisognava rimettersi in viaggio.
Erano molte le informazioni che arrivavano da altri sfollati, di speranza, di disperazione, di paura, di confusione; era necessario capire cosa fare e soprattutto cercare un nuovo mezzo per riprendere il percorso. Mio padre, con l’aiuto dei giovani zii, seppe che c’era qualcuno che li avrebbe potuti accompagnare fino alle porte di Roma e così salivano su un nuovo mezzo con quelle valigie dove avevano messo il poco di cui avevano bisogno ma dove la mamma aveva accuratamente sistemato tutto quello che sarebbe servito per il parto. Ora si viaggiava alla volta della Capitale. Si soffrì molto il freddo in quel mese di ottobre del ’43. Le strade sconnesse e le brinate notturne resero lo spostamento difficile e a tratti disperato. In prossimità di Tivoli la mia famiglia cambiava itinerario; si doveva andare oltre, non era quello il luogo che cercavano. Un altro mezzo li prese alle porte della città che apparve grigia e blindata per accompagnarli in Toscana che da informazioni ricevute li avrebbe accolti. Il giorno successivo, di buonora, erano di nuovo sulla strada; un giovane romano si era prestato ad accompagnarli con una grossa, vecchia automobile a nafta, lenta e rumorosa, con un motore che, ad ogni scoppio, sembrava dovesse stramazzare e non muoversi più. Ci fu un bombardamento appena fuori la città che si lasciavano alle spalle; la loro macchina fece in tempo a buttarsi in una fitta boscaglia ai margini della strada. Fu terribile, una volta ripreso il percorso, vedere un contadino in una pozza di sangue e il suo asino rimasto illeso che ragliava impaurito. Era freddo e buio quando arrivarono alle porte di Anghiari, nei pressi di Arezzo; mio padre aveva un indirizzo scritto sulle pagine di una piccolissima agenda ed era quello di un imponente Convento di monache. Il conducente li lasciò in una piazzetta antistante la Abbazia e qui mia madre suonava la campana per cercare un contatto. Una monaca aprì il pesante portone e li fece entrare; rimarranno in quel luogo per dieci mesi. La mamma avrebbe partorito il 20 aprile del ’44, sarebbe nata mia sorella, regolarmente iscritta nei registri anagrafici del luogo, battezzata a San Sepolcro, circondati da amici che con loro condividevano quell’esilio. “Che bella cittina, proprio bella”, queste le espressioni rivolte alla bimba da quanti ormai li amavano e con i quali vivevano silenzi, bisogni, necessità. Il 25 aprile di quel ’44 l’esercito sovietico e quello statunitense si sarebbero incontrati tagliando la Germania in due; sarebbe stata la fine delle ostilità, sarebbe stata la pace. Prima di allora, i mesi trascorsi in Toscana sarebbero trascorsi distanti dal terrore dei bombardamenti, in un luogo che la Provvidenza aveva fatto incontrare e che i miei non avrebbero mai immaginato esistesse e che potesse prendersi cura delle loro fragili vite. Passò presto quel tempo e la nascita della bambina avrebbe ridato una nuova energia ai genitori e a quanti erano con loro a spartire la speranza. Si arrivò alla fine di giugno e la situazione cominciava a cambiare. Ascoltavano la radio e con difficoltà si apprendevano notizie; seppero di Orsogna, liberata l’8 giugno di quel ’44 dai paracadutisti del Nembo, dopo lo sfondamento della Linea Gustav a Cassino. La stessa Orsogna era in macerie e con lei Ortona, Taranta Peligna, Francavilla al Mare, Roccaraso. E la loro Guardiagrele, la altera “città di pietra”, la generosa “Guardia” collocata di lato alla Majella, che cosa sarebbe stato del loro paese, della loro storia, della loro vita. Il viaggio di ritorno riprese in un torrido mese di agosto. Era la festa dell’Assunta. La mamma si svegliò che pioveva; i giorni passati erano stati torridi e la canicola delle ultime settimane l’aveva fiaccata. Ora la pioggia aveva spazzato l’aria liberandola dei residui di quelle temperature insopportabili. Erano pronti per ripartire. Il primo tratto lo fecero su un grosso carro contadino che li accompagnò fino a Terni dove sarebbero stati caricati da un camion militare di soldati yankee, giovani e forti, che masticavano chewing gum e regalavano tavolette di cioccolato alla mamma e alla bimba. Arrivarono a L’Aquila al tramonto, il tempo di cambiare mezzo e ripartire. Man mano ci si avvicinava al territorio chietino, l’immagine si faceva sempre più drammatica; paesi bombardati, ridotti a brandelli. Incontrarono una giovane madre delirante che alla vista della bimba tra le braccia di mamma, pianse per la sua, di pochi mesi, morta una settimana prima di fame, oppure un soldato che andava recuperando tra le pietre oggetti seppelliti come una forchetta che trovava necessaria in quella disperazione. Fu lì che i miei capirono quanto grave sarebbe stata la situazione che li attendeva. Arrivarono a Bivio Grotte, in prossimità di Guardiagrele; erano molti, tra amici e parenti, a sapere del loro ritorno e li aspettavano in una festa incontenibile. Con la pelle arsa dal sole e una neonata di soli quattro mesi con le spalle e la faccina escoriate, si riunivano agli zii materni che con i nonni erano sfollati nelle campagne di Casoli e ora, tutti insieme, si tornava verso casa. Ma quale casa… la loro era stata bombardata… rimanevano le mura di quella solida, massiccia cantina. Nella foga degli entusiasmi e degli abbracci, si condivideva un dolore profondo in un mare di macerie che non reggeva lo sguardo. Si raccontarono tutto nel pianto e nell’amarezza; qualcuno riferì della mattina del tre dicembre del ’43, quando si pensava fosse vicina la fine della guerra, con i carri armati inglesi arrivati in Contrada Melone, e invece i tedeschi si accanirono trasformando il paese in un inferno di fuoco e di morte. E dello stesso giorno, quando si consumò la tragedia del Piano dove fu bombardato il luogo considerato un rifugio antiaereo, sotto l’antica cisterna dell’acqua; persero la vita dodici persone e successivamente altre tre. Seppero anche che nello stesso giorno, sessantaquattro persone e tra queste il giovane parroco Don Filippo, avevano trovato rifugio in quella loro cantina dalle mura spesse, sotto la casa paterna rimasta senza tetto, insieme con la abitazione di fronte, completamente distrutta; sarà ricostruita a fine anni novanta. E così, si era felici di essere vivi, ma l’anima era dilaniata, annientata, bombardata, sospesa… come lo erano i brandelli di muro.
Tonia Orlando, 25 aprile 2020



Giulianova. Luigi Cestarello, il 19enne morto sul Col dell’Orso

Nasce a Giulianova il 1 gennaio 1899, alle ore 3:00, nella casa posta in Via Marina, dal 26enne Giovanni e Adelaide Tentarelli. Sarà Apollo Caravelli, Assessore anziano, a registrare il bambino alla presenza di due testimoni: Emidio Paolone, 45enne, proprietario e Raffaele Del Nunzio, 54enne, possidente. La famiglia era composta anche da Vincenzo Cestarello o Cestarelli/Cistarelli (nato a Giulianova nel 1902, poi si sposerà a Giulianova con Grazia Fiorucci (1906) di Montepagano) e Splendora Cestarelli (nata a Giulianova nel 1903, poi si sposerà a Giulianova con Michele Travaglini (1902), nativo di Notaresco e residente a Montepagano).
Il 9 maggio 1917, appena 18enne (consideriamo che in tempo di pace ci volevano 20 anni), viene chiamato a visita di leva nel distretto militare di Teramo e giudicato idoneo al servizio con le seguenti caratteristiche fisiche: alto 1,51 e torace 0,83, capelli castani e lisci, naso grosso e mento rotondo, occhi castani e colorito roseo, dentatura sana e di professione carrettiere. L’11 giugno viene chiamato alle armi e il 28 luglio entra nel deposito del 51° Reggimento Fanteria – Brigata “Alpi”. Il 25 luglio arriva in prima linea. Posizionati a Forcella Serauta fino al 24 ottobre, dopo lo sfondamento di Caporetto, devono ripiegare fino al Grappa. Nella riorganizzazione delle Brigate e nel serrare i ranghi contro il nemico, il fante giuliese viene trasferito al 40° Reggimento Fanteria – Brigata “Bologna”, passa dalla difesa sul fiume Tagliamento al ripiegamento sul Piave. La battaglia sul Monte Ragogna sarà sanguinosa fino al 1 novembre, quando, con i pochi uomini rimasti vivi, ripiegano sul Piave. Il 1918, a giugno, dopo un periodo di riposo, inizia la battaglia del solstizio o seconda del Piave, sul Montello gli scontri saranno talmente devastanti che gli italiani battono in ritirata. In uno di questi combattimenti per rioccupare il Montello, su Col dell’Orso, trova la morte in combattimento il giovane 19enne giuliese. Poi, in seguito, i suoi commilitoni entreranno vittoriosi a Feltre il 31 ottobre
Il giorno stesso, 21 agosto 1917, l’ufficiale Ernesto Gazzera redigerà il verbale di morte alla presenza dei testimoni: il Sergente Maggiore, Ernesto Moriconi; il caporale, Lecondo Cinti; il Comandante del reparto Tenente, Pasquale Agapito, l’ufficiale sanitario, dott. Daniele Langella e il Comandante del Reggimento, Colonello Alessandro Bloise. La comunicazione ufficiale della morte arriverà a Giulianova il 4 novembre 1918, lo stesso giorno della proclamazione della fine della guerra.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.
3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova



Giulianova. Giuseppe Cerasari, il soldato giuliese ricordato dalla Tribuna Illustrata di Roma.

Nasce a Giulianova il 24 settembre 1889, alle ore 17,30, nella casa posta in Via del Municipio al civico 8 (oggi Via Diaz), dal 28enne Francesco e Anna Del Grosso. Sarà registrato il 26 settembre dall’Assessore anziano, Apollo Caravelli, alla presenza di due testimoni: Pasquale Tentarelli, 35enne, impiegato e Alfonso Nespeca, 21enne, contabile.
Il 27 aprile 1909 viene giudicato idoneo al servizio di leva nel distretto militare di Teramo e 15 giugno 1910 viene destinato d’ufficio al Reggimento Fanteria Genova – deposito di Teramo. Il 16 agosto viene chiamato per istruzione e congedato il 15 novembre.
Il 12 ottobre 1911 si unisce in matrimonio a Giulianova con Elisa Tentarelli, figlia di Francesco (residente a Portland in Oregon) e Filomena Rulli (originaria di Sant’Egidio alla Vibrata)
Il 18 gennaio 1913 chiede ed ottiene il passaporto per l’America e il 1 aprile viene dispensato dall’istruzione perché all’estero. Nei primi giorni di maggio rientra in Italia e il 23 maggio parte per il fronte (probabilmente neanche sapeva che sua moglie aspettava un bambino) con il 123° Reggimento Fanteria – Brigata “Chieti”, dove troveranno la morte anche altri due giuliesi: Alessandro Attili (4 agosto) ed Emidio Capriotti (15 agosto)
La Brigata, arrivata nella zona di Peschiera, tra Pozzolengo e San Martino della Battaglia, per addestramento. Verso la metà di luglio si posizionano tra Ruda e Pascolet (Friuli). Dal 28 luglio al 6 agosto sono in prima linea ad ovest di Fogliano Redipuglia. Nella conquista della “trincea delle frasche”. L’Italia perde 2.600 uomini. Colpito in uno di questi cruenti combattimenti, verrà trasportato nella 2° sezione di sanità della 31° Divisione.
Il 1 agosto 1915, in località San Pier d’Isonzo, muore a causa di una pallottola all’addome, all’età di 25 anni, Giuseppe Cerasari del 123° Reggimento Fanteria – 11° Compagnia. L’estensore del verbale di morte sarà il Capitano Giuseppe Magrini, seguito dai testimoni: Giacinto Buccella e Silvio Francini, entrambi soldati e il Capitano medico, Agosti. Solo il 16 dicembre 1915 arriverà la comunicazione della sua morte al comune di Giulianova.
Nei primi giorni del gennaio 1916, nella casa di Via dei Cappuccini, nasce Giuseppe “junior”, la felicità in casa Cerasari dura solo 4 mesi perché il 4 maggio muore anche il bambino.
Curiosità
Due giornali dell’epoca si occuparono della vicenda: L’idea Nazionale e la Tribuna Illustrata (già citati anche nel pregevole lavoro dello storico

Sandro Galantini

: “Su due fronti, Giulianova e i giuliesi durante la Grande Guerra”, edito dall’Istituto Abruzzese di Ricerche Storiche nel 2015 per la monografia “Aprutium”.

Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.
3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova



Luigi Castorani, il fante giuliese morto a Cividale del Friuli.

Nasce il 13 marzo 1896, alle ore 9:00, nella casa posta in Via dei Cappuccini, da Raffaele e Candelora Tarquini (poi il nome sarà corretto in Cammella Tarquinio il 28 giugno 1907). Il 16 marzo sarà l’Assessore anziano, Apollo Caravelli, a registrare il bambino alla presenza di due testimoni: Emidio Paolone, 44enne, proprietario e Alfonso Nespeca, 26enne, impiegato comunale.
Il 26 ottobre 1915 verrà giudicato idoneo per il servizio di leva e il 4 dicembre parte per il fronte. Il 14 dicembre entra nel deposito del 70° Reggimento Fanteria – Brigata “Ancona” e il 25 gennaio 1916 spostato nel 214° Reggimento Fanteria – Brigata “Arno”. Il 22 marzo, la Brigata, arriva in Albania senza grossi problemi. Nei primi giorni di giugno i due reggimenti devono tronare in patria a Castelfranco Veneto, piazzandosi su Cima Ekar e Monte Sprunch. A luglio vengono spostati ad Asiago per conquistare Monte Mosciagh; alla fine dell’anno si attesteranno su Monte Colombara e Malga Bosco Secco. L’anno 1917 si apre con una calma apparente, ma nei mesi successivi ci sono diverse azioni di attacco su Monte Forno e Campo delle Doghe, purtroppo senza esito per i nostri fanti. L’11 luglio viene trasferito al 275° Reggimento Fanteria – Brigata “Belluno”, composto da 3 Reggimenti (274°, 275° e 276°) e composta dai battaglioni dell’8°, 73° e 94° Fanteria. Dopo breve preparazione, posizionati sul Monte Globocak, iniziano l’offensiva dell’Altipiano della Bainsizza, alla fine di agosto, conquistano i villaggi di Hoje e Mesnjak.
Il ferimento e la morte.
Il 25 agosto, in un momento cruciale della battaglia, viene ferito gravemente. Recuperato sul campo, verrà trasportato all’ospedale militare di tappa di Cividale del Friuli, dove muore il 29 ottobre 1917. La comunicazione ufficiale della sua morte arriverà il 27 marzo 1919.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.
3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova #bainsizza #cividale #udine



Giulio Casaccia, il fante morto nelle Trincee di Zendri (TN).

Nasce a Giulianova il 27 giugno 1880, alle ore 10:15, nella casa posta in Via del Crocifisso (tra Via Amendola e Via Cavoni), da Nicola e Assunta Coticchia. Il 1 luglio sarà il Sindaco, l’Ing. Gaetano De Maulo, a registrare il bambino alla presenza di due testimoni: Antonio De Angelis, 71enne, barbiere e Antonio Cosenza, 29enne, cantoniere.
Nel 1901 viene chiamato a visita di leva dal distretto militare di Teramo, ma per debole costituzione sarà dichiarato rivedibile per l’anno successivo per la classe 1881. Il 3 luglio 1902, dopo accurata visita, verrà giudicato idoneo al servizio: il torace da 0,79 passa a 0,83. Il 23 marzo viene chiamato alle armi e il 2 aprile giunge al deposito dell’81° Reggimento Fanteria – Brigata “Torino”. Il 14 settembre, grazie alla circolare 134 del 1903, viene congedato con 6 mesi di anticipo. Il 27 giugno 1906 chiede e ottiene il passaporto per l’America, ma per una serie di motivi ritarderà di molto la partenza. Il 12 agosto 1910 viene chiamato per istruzione militare e termina il 31 agosto. Prima di partire per l’America si sposa a Mosciano Sant’Angelo con Giulia Nepa.
Il 6 settembre 1912, dal porto di Napoli, parte per l’America con altri giuliesi: Luigi Ruggiero, 20enne; Augusto Iena, 18enne e Nicola Verdecchia, il 20 settembre sbarcano a New York dove vengono accolti da Francesco Di Remigio.
Nel 1913 viene richiamato per istruzione militare, ma essendo all’estero sarà dispensato dal presentarsi al distretto militare. Nel 1914 rientra in patria.
La doppia tragedia in casa Casaccia.
Il 9 maggio 1915, alle ore 20,30, nella sua casa in Via del Crocefisso, muore la moglie all’età di 30 anni, Giulia Nepa, dopo aver partorito Assunta. Giulia era originaria di Mosciano Sant’Angelo, figlia di Arcangelo e Maria Tribuiani. Il mese successivo, il 9 giugno, alle 10, moriva anche la piccola Assunta di un solo mese di vita. Il 23 ottobre, il giorno prima di essere richiamato in guerra, si risposa a Tortoreto con Splendora Fortuna e il giorno dopo parte. Il 27 novembre giunge nel deposito (L’Aquila per l’Abruzzo) dell’86° Reggimento Fanteria – Brigata “Verona” e il 24 gennaio 1916 arriva al fronte in Albania. Dal 18 al 26 febbraio, Impegnati nella difesa di Durazzo, riprendono l’attacco solo il 13 marzo partendo dalla Val Dukati, occupando quota 1669 del Monte Krasa e le trincee dei monti Maya, Laps, e Kundrenica. Agli inizi di maggio, la Brigata, rientra in Italia con destinazione Brescia e la prima linea in Vallarsa, in trentino.
La morte
Il 9 giugno 1916, nelle trincee di Zendri, moriva in combattimento per colpo da arma da fuoco, all’età di 35 anni, il fante Giulio Casaccia della 4° compagnia dell’86° Reggimento Fanteria – Brigata “Verona”. A redigere il verbale di morte sarà: il Sottotenente, Pietro Aielli; il fante, Pietro Bartolotta; il Capitano, Angelo Vellini e il Sottotenente comandante di reparto, Martullo. Il verbale ufficiale arriverà a Giulianova il 25 aprile 1917.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.
3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova #rovereto #trento #vallarsa #trinceedizendri



Giulianova. Luigi Casaccia, il marinaio giuliese morto a Pola.

di Walter De Berardinis
Nasce a Giulianova il 21 maggio 1903, alle ore 12:00, nella casa posta in Via per Montone, al civico 34, dal 32enne Loreto e Berardina Mancini. Sarà l’Assessore anziano, Apollo Caravelli, a registrare il bambino alla presenza dei due testimoni: Giovanni Sistilli, 40enne, guardia e Alfredo De Ascentiis, 40enne, industrioso.
Il 16 ottobre 1922, nel distretto militare di Teramo, verrà cancellato dagli esiti di leva perchè iscritto marittimo. Purtroppo, non avendo trovato il suo foglio matricolare, rimane difficile capire il suo percorso militare di leva, probabilmente già partito nel 1922 per la durata di 4 anni.
La giovane esistenza del marinaio giuliese, Luigi Casaccia, terminava a Pola il 19 marzo 1923. Ricoverato per setticemia, morirà nell’ospedale di “Marina” (o navale) e veniva sepolto nel cimitero di marina di San Policarpo a Pola il 21 marzo. Aveva 19 anni. La comunicazione ufficiale della sua morte arriverà a Giulianova il 21 settembre 1923, grazie all’ufficio parrocchiale capitolare del Comune di Pola, poi trascritta dal Commissario Prefettizio, Ermanno Colucci. Non essendo il nostro Paese in stato di guerra, la sua morte (secondo la documentazione visionata), verrà considerata per causa di servizio senza nessuna medaglia alla memoria.
Il giovane marinaio giuliese è stato recentemente ricordato nel dépliant storico “La città di Giulianova per non dimenticare”, edito dal Comune di Giulianova nel 2018 e in occasione della presenza a Giulianova dell’Ammiraglio, Romano Sauro, autore del libro sul nonno “Nazario Sauro – Storia di un marinaio”, scritto insieme al figlio Francesco Sauro. L’evento fu l’occasione per ricordare anche mio nonno, Giovanni De Berardinis (1897-1973), insignito della Croce al merito di guerra il 20 giugno 1919 a Pola dal Vice-Ammiraglio Umberto Cagni; quel giorno era presente all’esumazione del corpo di Nazario Sauro (10 gennaio 1919) e alla successiva sepoltura con gli onori militari (26 gennaio 1919) nel cimitero di Marina di San Policarpo a Pola.
Curiosità
L’ospedale militare (o navale) di Pola fu costruito nel 1861, durante l’impero austro-ungarico, per la Marina Militare Austro-ungarica, denominato “K.u.K. Marinspital”. Dopo la Prima Guerra Mondiale, passato sotto controllo italiano, verrà chiamato “Ospedale Regio Marina”.
Il cimitero austroungarico “K.u.K. Marinefriedhof” o Cimitero di “Marina” fu realizzato nel 1862, qui si trovano 150.000 sepolture: 12 ammiragli della marina austroungarica, 300 soldati italiani e tedeschi, le vittime del naufragio della nave passeggeri “Baron Gautsch” e i marinai delle navi “Szent Istvan” e “Viribus Unitis”. L’italiano più famoso sepolto in questo cimitero fu l’eroe di guerra Nazario Sauro, impiccato a Pola nel 1916, poi riesumato nel 1947 durante il tragico esodo degli italiani alla fine della 2° Guerra Mondiale.



Giulianova. Emidio Capriotti, il fante morto a San Giorgio di Nogaro

Emidio Capriotti, il fante morto a San Giorgio di Nogaro
di Walter De Berardinis
Nasce a Giulianova il 2 gennaio 1890, alle ore 21:00, nella casa posta in Via Madonna, al civico 176 (oggi Viale della Madonna dello Splendore), da Raffaele e Francesca Sacchini. Il 5 gennaio sarà il Sindaco facente funzione. Battista De Luca, a registrare il nascituro alla presenza di due testimoni: Emidio Paolone, 37enne, benestante e Giuseppe Galantini, 25enne, anche lui benestante. Nei primi anni del 1900, la famiglia, si trasferisce a Mosciano Sant’Angelo, mentre il padre Raffaele parte nel 1909 alla volta dell’America. Il nucleo familiare era composto anche da Anna (sposata con Andrea Ridolfi) e Gloria (sposata con Gaetano Montini, di cui racconterò presto)
Il 28 marzo 1911, presso il distretto militare di Teramo, viene mandato rivedibile per debole costituzione e 20 ottobre giudicato idoneo con le seguenti caratteristiche: alto 1,58 e torace 0,84, capelli neri e lisci, occhi castani e colorito bruno, dentatura sana e cicatrice sulla fronte. Il 23 novembre viene destinato al 41° Reggimento Fanteria – Brigata “Modena” e il 3 febbraio 1913 viene congedato nel distretto militare di Teramo.
Il 30 aprile ottiene il passaporto per l’America e il 13 agosto parte da Napoli con altri giuliesi per raggiugere il padre Raffaele a Philadelfia: Pasquale Rossi (55enne), Giovanni Petrella (53enne), Luigi Capriotti (19enne) e Alessandro Lelli (28enne). S’imbarcano sulla nave San Giorgio (costruita dalla “Oswald Mordaunt & Company” di Southampton, in Inghilterra, nel 1886. Di proprietà britannica, verrà battezzata “Shakespeare”, ma dopo due anni viene ceduta all’Italia per il servizio per New York, cambiando il nome in San Giorgio. Nel 1920 verrà radiata) e sbarcano a New York il 27 agosto 1913.
Il 15 luglio 1914 non si presenta alla chiamata alle armi e il 23 luglio rientra in patria per presentarsi al distretto militare di Teramo. Il 28 luglio viene inquadrato nel 12° Reggimento fanteria – Brigata “Casale” e il 25 novembre viene congedato. Il 23 maggio 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, viene richiamato e arruolato nel 123° Reggimento fanteria – Brigata “Chieti”, qui ritrova il compaesano Alessandro Attili (poi morto il 5 agosto). Posizionata nei pressi di Peschiera, tra Pozzolengo e San Martino della Battaglia, la Brigata verrà trasferita in Friuli, tra Ruda e Pascolet. Il 28 luglio entrano nel vivo della battaglia a Fogliano Redipuglia per la conquista della “trincea delle frasche”, la stessa si protrarrà fino al 6 agosto (2.600 uomini fuori combattimento – tra morti e feriti). Probabilmente, in uno di questi scontri corpo a corpo, il fante giuliese, rimarrà ferito. Trasferito nelle retrovie, verrà ricoverato nell’ospedale da campo numero 238 nel comune di San Giorgio a Nogaro, uno degli ospedali più importanti della 3° Armata del basso Friuli.
Alle 3:10, del 15 agosto 1915, per le gravi ferite riportate in combattimento (pallottola nel midollo lombare), muore il fante giuliese all’età di 25 anni; sarà sepolto nel cimitero comunale. di San Giorgio di Nogaro. Sarà il Tenente dell’amministrazione a trascrivere l’atto di morte alla presenza dei testimoni: il Sottotenente Vico Montini, il Sergente Attorre Festi, il Caporale Gino Gilli e il Tenente medico Leonida Maiara.
Curiosità
A Giulianova arrivarono due atti di morte: il 9 settembre 1915 quello del Comune di San Giogio di Nogaro e il 14 novembre 1916 quello del Ministero della Guerra. Il fante giuliese è morto nella città che porta lo stesso nome della nave che lo trasportò negli USA.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.
3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova #friuli #usa #sangiorgiodinogaro #terzaarmata



Giulianova. Francesco Canzari, il soldato più anziano morto in guerra.

Nasce a Giulianova il 13 maggio 1878, alle ore 15,30, nella casa posta in via Marina, dal 34enne Elpidio e Tecla Torrieri. Sarà il Sindaco di Giulianova, Pasquale De Martiis, a registrare il bambino alla presenza di due testimoni: Camillo Falini,56enne, servente e Vincenzo Iaconetti, 39enne, guardiafili.
Il 24 aprile 1898 si unisce in matrimonio con Maria Domenica Di Fabio (nativa di Castellato), residente a Giulianova, poi morta il 17 maggio 1909 a Ortona.
Il 17 gennaio 1899 viene giudicato idoneo al servizio di leva nella Regia Marina Militare per il compartimento marittimo di Ancona con le seguenti caratteristiche: alto 1,55 e colorito bruno, capelli neri e lisci, occhi castani e discreta, di professione pescatore. Il 19 gennaio, arruolato in prima categoria con qualifica di marinaio di cantiere per la ferma di 4 anni. Il 19 gennaio 1903 viene congedato e il 31 dicembre 1910 trasferito d’ufficio nell’esercito.
Il 6 marzo 1913 a Giulianova si risposa con Maria Giuseppa Marini, nativa e residente a Giulianova.
Il 25 maggio 1915 viene chiamato alle armi per la mobilitazione generale e il 16 maggio entra nel 160° battaglione di Milizia Territoriale. Il 6 giugno arriva in prima linea. Essendo composta da classi anziane, furono adibiti al supporto e controllo delle Brigate attraverso i servizi di controllo e scorta dei prigionieri di guerra ed in alcuni casi, anche di rinforzo alle Brigate decimate durante gli assalti. Il 24 marzo 1917 viene destinato all’11 Reggimento Fanteria – Brigata “Casale” – 45° compagnia presidiaria, operante sull’Altipiano d’Asiago e partecipa alla battaglia del Monte Ortigara e contro le posizioni nemiche sul Monte Zebio e Mosciagh. Il 21 aprile per malattia verrà ricoverato nell’ospedale da campo n° 054 (100 posti letto) dell’11° Compagnia di Sanità di Bari e il 26 aprile, per l’aggravarsi della malattia, viene portato all’ospedale da campo n° 0123 (100 posti letto) della 4° Compagnia di Sanità – sede distaccata di Piacenza, dove muore il giorno dopo, alle 15:15, all’età di 38 anni per meningite celebro-spinale. Verrà sepolto nei pressi della località Fredda di Perteole – Comune di Ruda in Friuli. A redigere il verbale di morte sarà il Tenente Giovanni Laurora, alla presenza dei testimoni: il soldato Camillo Mellerio, il soldato Attilio Colombo e l’ufficiale medico Antonio Rollo. La dichiarazione ufficiale di morte arriverà a Giulianova solo il 13 giugno 1917.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro nazionale dei militari italiani caduti nella Grande Guerra, sulla lapide dei caduti del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.
3 le medaglie alla memoria del soldato giuliese: Guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta per ogni anno di guerra; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria e la Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918 #primaguerramondiale #giulianova #ruda #perteole #brigatacasale