Roma. La Battaglia di Montecassino. 75 anni di pace nella terra di San Benedetto

 

Un convegno di studio promosso dalla Fondazione Levi Pelloni, a Roma lunedì 20 maggio ore 17, presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica.

ROMA – Lunedì 20 maggio, alle ore 17 presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica in Roma (Piazza della Minerva, 38) avrà luogo il convegno “La battaglia di Montecassino. 75 anni di pace nella terra di San Benedetto” promosso dalla Fondazione Giuseppe Levi Pelloni in occasione del 75esimo anniversario del bombardamento che distrusse la città di Cassino e l’antica Abbazia benedettina.

Montecassino

Partecipano all’incontro di studio, ospitato dal Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, gli storici Pino Pelloni, Livio Cavallaro, Antimo Della Valle, l’archivista dell’Abbazia di Montecassino Dom Mariano Dell’Omo, l’onorevole Federico Mollicone, membro della Commissione Cultura della Camera dei Deputati e Roberto Molle, presidente dell’Associazione Battaglia di Cassino.

Tra le 9,28 e le ore 13.00 del 15 febbraio 1944, 239 bombardieri angloamericani, decollati dagli aeroporti di Foggia e Napoli, sganciarono 453 tonnellate e mezza di bombe sull’Abbazia di Montecassino, radendo al suolo l’antico monastero fondato da San Benedetto da Norcia nell’anno 529. In un millennio e mezzo l’abbazia di Montecassino è stata distrutta ben quattro volte, tre per mano degli uomini ed una per cause naturali. La prima distruzione avvenne tra gli anni 577 e 589 ad opera dei Longobardi; la seconda distruzione nell’883 ad opera dei Saraceni; la terza distruzione nel 1349 a causa di un terremoto. La quarta tra il 15 e il 18 febbraio del 1944 che in tre ore la ridusse ad un ammasso di rovine.

Il monastero, poi, fu preso il 18 maggio dai soldati polacchi, dopo molti mesi di violento conflitto e una perdita immensa di vite umane. “Si è trattato di un vero e proprio crimine di guerra – sottolinea Pino Pelloni – e una tragedia per la popolazione civile costretta ad un esodo pieno di sofferenze. Nel bombardamento persero la vita molti civili che proprio nel luogo di culto avevano cercato riparo sperando che fosse un luogo sicuro. L’abate Diamare ed i monaci sopravvissuti fuggirono poi a Roma per salvarsi. Non furono trovati soldati tedeschi tra i caduti per il bombardamento.” Distrutto il monastero, le forze alleate presero la via per Roma dove giunsero, da liberatori, il 4 giugno.

Il bombardamento dell’Abbazia di Montecassino, giustamente classificato dagli storici come crimine di guerra, è stato anche il peggior atto sacrilego verso la Cristianità del XX secolo soprattutto se si vanno a rileggere le parole espresse, dopo molti anni, dal Generale Alexander a giustificazione di tale atto: “Il bombardamento dell’Abbazia di Montecassino era necessario più per l’effetto che avrebbe avuto sul morale degli attaccanti che per ragioni puramente materiali. Quando i soldati combattono per una causa giusta e sono pronti ad esporsi alla morte ed alle mutilazioni in questa lotta, mattoni e calce, per venerabili che siano, non possono prevalere sulle vite umane. Nel contesto generale della battaglia di Cassino come si poteva lasciare intatta una struttura che dominava il campo di battaglia”.

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Il Generale Genovese ringrazia tutte le autorità, le istituzioni e i Corpi che hanno collaborato alla riuscita dell’Adunata del Centenario

Il Generale Genovese ringrazia tutte le autorità, le istituzioni e i Corpi che hanno collaborato alla riuscita
dell’Adunata del Centenario

Il presidente del COA-Comitato Organizzatore Adunata, consapevole dell’impegno e delle sfide sottesi alla buona realizzazione del grande evento Alpino in una città come Milano, ringrazia sentitamente tutte le figure che non solo hanno sostenuto il comitato, ma hanno collaborato fattivamente alla sicurezza, alla logistica e alla mobilità e a tutti gli altri aspetti più critici. 

“Grazie alla città per averci accolto a braccia aperte, ma soprattutto il nostro ringraziamento va a tutte le istituzioni del territorio che ci hanno accompagnato nell’intero cammino organizzativo e che si sono spese per uno svolgimento ottimale della nostra 92a Adunata: Comune, Città Metropolitana Milano e Regione Lombardia.
Un particolare riconoscimento va al Prefetto Renato Saccone, al Questore Sergio Bracco e con loro ovviamente alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri e allaGuardia di Finanza.
Senza dimenticare la Polizia Locale, i Vigili del Fuoco, la Protezione Civile, l’Associazione Volontari Protezione Civile Gruppo A2A, l’Areu (Azienda Regionale Emergenza Urgenza), Atm e Trenord che hanno garantito una movimentazione agile e soprattutto sicura delle centinaia di migliaia di persone che l’evento ha portato a Milano.
Grazie naturalmente anche a Esercito Italiano e Truppe Alpine e tutti coloro che sono stati al nostro fianco.

Generale Renato Genovese
presidente del COA-Comitato Organizzatore Adunata




Milano. Al teatro Dal Verme, gli ambasciatori d’Italia

Al teatro Dal Verme, gli ambasciatori d’Italia

Un incontro in scaletta ogni anno, ad ogni Adunata. Una consuetudine capace tuttavia di rinnovarsi sempre grazie allo spirito che la anima. E’ il saluto ufficiale delle autorità agli alpini all’estero e ai soldati stranieri che appartengono alla Ifms (International Federation of Mountains Soldiers).

Sul palco accanto al Presidente dell’Ana Sebastiano Favero, al Delegato delle Sezioni all’estero Marco Barmasse e al generale Renato Genovese, consigliere nazionale e Presidente della Ifms, il comandante delle Truppe Alpine gen. C.A. Claudio Berto, per la Regione Lombardia, il consigliere regionale Rizzi con delega a Rapporti con le delegazioni internazionali e l’assessore comunale Tasca che ha ricordato nel suo intervento come ci sia piena identità di valori tra Alpini, Comune e Regione. “Una storia, quella degli alpini e dell’Ana in particolare, di apertura, accoglienza e amicizia”. Anche Rizzi ha speso parole lusinghiere, rivolgendosi alla platea “la più bella delegazione che io abbia ricevuto in quasi 12 mesi! Avete colorato la città con i vostri valori, con la vostra allegria”.

“E’ la ‘mamma montagna’, lasciate che la definisca così, che accomuna le persone e le affratella al di là delle divise e delle bandiere” ha ricordato il responsabile della commissione Ifms, Mario Rumo. Mentre Renato Genovese, Presidente della Ifms, ha rivolto il suo ringraziamento a tutte le delegazioni estere in inglese.

“Una grande emozione – ha detto Favero – essere qui con voi, uomini che avete nel vostro zaino fatiche e nostalgie stemprate in tutti questi lunghi anni lontano dall’Italia, dagli incontri con il cappello alpino. Il vostro attaccamento all’Italia, la vostra forza nell’essere qui, merita il nostro grazie”.

Marco Barmasse ha quindi salutato una ad una, accanto al Presidente Favero, i rappresentanti delle Sezioni all’estero, “italiani al quadrato”, come li ha definiti il generale Claudio Berto.

Durante l’incontro sono state premiate le scuole vincitrici nazionali del concorso “Il MIlite… non più ignoto”, patrocinato dal Ministero della Difesa: la Scuola primaria J.B. Cerlogne di Saint Pierre (Aosta) con il progetto “Monumento ai Caduti di Saint Pierre” – Sezione di Aosta; l’Istituto comprensivo via Dante di Voghera (Pavia) con il progetto “Monumento ai Caduti” – Sezione di Pavia; il Liceo classico Andrea D’Oria di Genova con il progetto “Il Milite… non più ignoto!!!” – Sezione di Genova. Una menzione speciale alla Sezione di Padova per l’appassionato e costante lavoro svolto dalla Commissione Centro Studi sezionale nelle scuole della città e della provincia.

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Milano. Sfila la Bandiera di Guerra del 5° Alpini

Sfila la Bandiera di Guerra del 5° Alpini

La Bandiera di Guerra del 5° reggimento alpini, scortata dal comandante Ruggero Cucchini, ha sfilato da piazza del Carmine a piazza della Scala dove il comandante delle Truppe Alpine gen. C.A. Claudio Berto e il Presidente dell’Ana Sebastiano Favero hanno passato in rassegna lo schieramento.
Il 5° Alpini è legato a Milano perché vi nacque il 1° novembre 1882. Era acquartierato alla caserma Mainoni che sorgeva tra le vie Pagano e Monti. Il primo comandante fu il col. Carlo Goggia.
La Bandiera, seguita da un picchetto armato, dalla Fanfara della Julia e dal Labaro dell’ANA, ha percorso un chilometro e mezzo (piazza del Carmine, via Ponte Vetero, via dell’Orso, via Monte di Pietà, via dei Giardini, via Pisoni, via Manzoni, piazza della Scala) e ha raggiunto piazza Della Scala, gremita di vessilli e gagliardetti delle Sezioni e dei Gruppi dell’Associazione Nazionale Alpini. Tra le penne nere era presente il reduce di Russia Eugenio Rossi, classe 1923.
Nel suo intervento il sindaco Giuseppe Sala ha ringraziato gli alpini “portatori di valori di devozione, altruismo e generosità, sentimenti che non sembrano essere attuali ma che sono fondamentali per la nostra comunità”. E ha lodato il lavoro dei volontari della Protezione Civile Ana a Rogoredo e al Parco Lambro. “E’ questo lo spirito che dovrebbe animare tutti i cittadini del presente e del futuro”. E ha chiuso “Se rinasco voglio fare la naja negli alpini!”.
La Bandiera 5° Alpini ha quindi lasciato lo schieramento e ha raggiunto Palazzo Marino, dove sarà custodita  durante tutta l’Adunata.

IL 5° ALPINI

Il 5° reggimento alpini si costituisce il 1° novembre 1882 a Milano, primo comandante il Colonnello Goggia cav. Carlo.
Il battesimo del fuoco per gli alpini del 5° avrà luogo in Africa durante la prima campagna d’Eritrea nel 1887-88 dove ritorna dal 1895-97 (seconda campagna d’Eritrea).
Negli stessi anni, il reparto è protagonista anche dell’evoluzione dell’equipaggiamento del soldato:
è infatti un plotone della 45^ compagnia del di uno dei battaglioni il “Morbegno”, a sperimentare
nel 1906 le prime uniformi grigioverdi, nate con lo scopo di sostituire la vecchia uniforme turchina,
divenuta inadatta alle esigenze del campo di battaglia moderno. Alla fine del 1908 l’uniforme
grigioverde viene ufficialmente adottata per tutto il Regio Esercito.
Dal 1911 al 1914, il Reggimento è impegnato nuovamente al fronte nella Campagna di Libia.
Dal 1915 al 1918, il 5° partecipa alla 1^ Guerra Mondiale, portando in linea 16 battaglioni e un
reparto d’assalto che operano su tutto il fronte italiano.
Nella Grande Guerra gli alpini del 5° meritarono, per le loro imprese, una medaglia d’argento al
Valor Militare ed una medaglia di bronzo al Valor Militare. La medaglia d’argento è stata concessa
al battaglione “Morbegno” per i fatti d’arme di Monte Fior e Monte Castelgomberto (Altopiano di
Asiago, provincia di Vicenza) del 5-8 giugno 1916; è in commemorazione di questi avvenimenti che
viene celebrata ogni anno la Festa di Corpo, l’8 giugno.
Negli anni 1940 – 1943 il 5° alpini prende parte alla 2^ Guerra Mondiale con i suoi tre battaglioni:
“Morbegno”, “Tirano” ed “Edolo”, sui fronti alpino occidentale (1940), greco – albanese (1940 –
1941) e russo (1942 – 1943), scrivendo epiche pagine di gloria per le quali saranno concesse alla
Bandiera 2 medaglie d’oro al Valor Militare.
Al rientro dalla campagna di Russia, mancheranno all’appello tra morti, feriti e dispersi, 4130
uomini.
Il 5° Reggimento Alpini viene poi ricostituito con sede a Merano il 15 marzo 1953, inquadrando i
battaglioni alpini “Tirano“ ed “Edolo“, ed assegnato alla Brigata alpina “Orobica”.
Il reparto, a seguito della ristrutturazione dell’Esercito, è sciolto il 30 settembre 1975 la Bandiera e
tradizioni vengono ereditate dal battaglione alpini “Morbegno”, ricostituito nell’ambito del 5°
poco prima. Il Battaglione viene impegnato, oltre che in numerose attività addestrative ed
operative, anche in attività emergenziali: soccorso alla gente di Stava (paese colpito nel 1985 da
una frana), alluvione in Valtellina nel 1987 e alluvione in Piemonte nel 1994.
Nel 1991 vengono sciolti la Brigata alpina “Orobica” ed il battaglione alpini “Tirano”, mentre il
battaglione “Edolo” continua la sua attività fino al 2004. Il “Morbegno”, custode della Bandiera del
5° Alpini, passa quindi alle dipendenze della Brigata alpina “Tridentina”.
Nel 1992 vengono ricostituiti i Reggimenti in base alla nuova riforma della struttura dell’Esercito
ed il 5° riprende vita nella sede di Vipiteno (BZ), formato dal battaglione Alpini “Morbegno” e dalla
compagnia comando e servizi.
Durante gli anni ’90 il Reggimento sarà spesso impiegato in operazioni di ordine pubblico e di
concorso alle forze di polizia, nell’ambito delle operazioni “Vespri Siciliani” , “Riace” e “Domino”.
Nel 2000 il Reggimento viene alimentato con volontari in ferma annuale e partecipa, nel 2001, alla
sua prima operazione fuori area in Bosnia nella missione “Joint Forge”.
Nel 2002 ha inizio presso il Reggimento l’alimentazione con personale professionista, VFB e VSP ed
il 1° luglio 2002 il reparto passa alle dipendenze della Brigata alpina “Julia”.
Dal maggio al dicembre 2003 il reggimento partecipa all’operazione “Joint Forge” in Bosnia-
Herzegovina, nel German – Italian Battle Group.
Nel luglio 2005 il Reggimento è impegnato nell’ operazione “Joint Enterprise” in Kosovo, dove
opera fino al mese di gennaio del 2006.
Dal luglio 2007 al gennaio 2008, il 5° Alpini è a Kabul, per la sua prima esperienza in Afghanistan
nell’ambito della missione ISAF.
Sin dall’agosto 2008, data di inizio dell’operazione in concorso alle Forze dell’Ordine, denominata
“Strade Sicure”, il personale del 5° reggimento alpini è chiamato ad operare a Verona, per poi
essere impiegato presso Bergamo e Brescia dal dicembre 2009 al maggio 2010.
Dall’ottobre 2010 all’aprile 2011, il reparto è nuovamente impiegato in Afghanistan
nell’Operazione ISAF, nella zona di Shindand. Durante il semestre di attività il 28 febbraio 2011
muore nell’esplosione di un IED il Cap. Massimo Ranzani.
Fra l’agosto 2011 ed il giugno 2012 il Reggimento è stato impegnato per due volte nell’operazione
“Strade Sicure” presso Caserta.
Nel periodo marzo – settembre 2013, la 44^ Compagnia viene schierata in Afghanistan nell’ambito
dell’Operazione ISAF.
Nel periodo giugno – dicembre dello stesso anno, il reggimento è impegnato in Val di Susa
nell’operazione “Strade Sicure”, dove assicura la protezione e la vigilanza del cantiere TAV di
Chiomonte (TO). E’ impiegato nuovamente in quest’area tra il settembre 2015 e il maggio 2016.
Il reggimento partecipa ancora all’operazione Joint Enterprise in Kosovo dal dicembre 2014 al
giugno 2015, come parte consistente del comando del Multinational Battle Group West, l’unità
multinazionale con competenze sul settore occidentale della regione.
Dal novembre 2016 al giugno 2017 il reggimento partecipa ancora una volta all’operazione Strade
Sicure, garantendo attività di antisciacallaggio nelle zone colpite dagli eventi sismici dell’ottobre
2016 in Marche ed Umbria, presidiando i maggiori centri colpiti dal terremoto.
Dal dicembre 2017 al giugno 2018, la 44^ Compagnia ed unità del comando di reggimento
prendono parte all’Operazione “Baltic Guardian” in Lettonia, inquadrati all’interno del “Battle
Group Latvia” a comando canadese.
Dal 14 giugno al dicembre 2018 il reparto è stato impiegato nuovamente in Kosovo.




ABRUZZESI IN PRIMA LINEA A MILANO PER L’ADUNATA NAZIONALE DEGLI ALPINI, NEL CENTENARIO DI FONDAZIONE DELL’ANA

 

Vincenzo Di Michele: “Il Battaglione L’Aquila è motivo di orgoglio per tutti gli abruzzesi”

Vincenzo Di Michele

 

L’AQUILA – Cento anni di storia, di sconfitte e vittorie in guerra, di gioie e sofferenze, ma soprattutto, in tempo di pace, tanto impegno di solidarietà per la comunità, a cominciare da quello reso per la ricostruzione della città dell’Aquila e dei centri colpiti dai terremoti del 2009, 2016 e 2017, tanto per citare la più recente opera degli alpini dell’ANA, oltre a quelle che tutti i giorni li impegnano ovunque in Italia. L’Associazione Nazionale Alpini (ANA), fondata nel 1919, compie cent’anni e festeggia con lAdunata nazionale il suo primo centenario nelle giornate del 10-11-12 maggio 2019, proprio a Milano dove fu costituita.

 

Una festa per tutta la città di Milano, che sarà celebrata con eventi commemorativi, mostre, canti alpini, allegria e con le curiosità che la grande kermesse dell’adunata porta sempre con sé, insieme al buon vino, fino a concludersi con la grande ed entusiasmante sfilata di domenica. Attese nel capoluogo lombardo cinquecentomila penne nere da ogni parte d’Italia e dall’estero, diverse migliaia dall’Abruzzo, storico territorio di reclutamento alpino dove la Sezione Abruzzi dell’ANA conta oltre undicimila soci.

il libro di Vincenzo Di Michele

Ma l’Adunata nazionale è anche occasione per ricordare la storia degli Alpini, attraverso diari, memorie, biografie e soprattutto i libri che hanno scritto le loro imprese. Come non menzionare alcune delle opere letterarie più famose e di grande rilevanza storica, quali “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi, “Quota Albania” di Mario Rigoni Stern, “Cristo con gli alpini” di Don Carlo Gnocchi. Sono solo alcuni dei titoli della serie “Biblioteca degli Alpini” che dallo scorso 9 febbraio ogni settimana esce con un nuovo libro insieme ai quotidiani la Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX e ai giornali locali del Gruppo Gedi.

 

Proprio nella settimana dell’Adunata nazionale, sabato prossimo 11 maggio esce il volume “Io prigioniero in Russia” di Vincenzo Di Michele, la storia di un giovane alpino del Battaglione L’Aquila nato a Intermesoli, frazione di Pietracamela, piccolo paese in provincia di Teramo alle pendici del Gran Sasso, che sradicato dalla sua terra natia venne mandato in prima linea sul fronte russo e fu fatto prigioniero. Su quel fronte a Selenyj Jar sul Don il Battaglione L’Aquila combatté con grande coraggio, nel dicembre 1942 e nel gennaio ’43, tenendo le posizioni e consentendo il ripiegamento dell’armata. Del glorioso Battaglione L’Aquila, partito per la Russia nell’agosto 1942 con 52 ufficiali, 52 sottufficiali e 1752 alpini, tornarono in Italia nel marzo del ’43 solo 3 ufficiali e 159 alpini.

 

Annota lo storico Vincenzo Di Michele, riguardo gli eventi raccontati nel volume: “Dal campo di concentramento di Tambov tra malattie e cannibalismo, all’ospedale di Bravoja, fino ai campi di lavoro del co­tone di Taškent in Kazakistan, è riassunta la sofferenza di questo giovane alpino e di migliaia di altri prigionieri. Il Battaglione L’Aquila non si sceglie. Sin dalla nascita, ogni abruzzese già conosce il suo corpo d’armata. Le storie delle penne nere – continua Di Michele –  non finiranno mai, perché gli alpini ti entrano dentro, ti avvolgono e poi si tramanderanno nel tempo, di padre in figlio, proprio come nel mio caso. Il Battaglione L’Aquila è motivo di orgoglio per tutti gli abruzzesi”.

 

“Da poco compiuto il ventesimo anno di età, come da precetto, mi presentai al Distretto Militare di Sulmona. In quel foglio di carta dove appunto era contenuto il responso, già si presagiva quella che sarebbe stata la mia destinazione in guerra. ‘Recluta: Alfonso Di Michele, nato a Intermesoli, frazione di Pietracamela, il 17 aprile 1922. Costituzione robusta, media statura, ottima condizione fisica. Responso: abile e arruolato nel corpo degli alpini.’ Avrei potuto fare anche a meno di leggere il mio corpo d’armata, dato che non poteva essere diversamente, per un ragazzo che viveva alle pendici del Gran Sasso. Fui dunque assegnato al Battaglione L’Aquila, il cui motto, quanto mai emblematico per un corpo d’armata abruzzese e d’alta montagna, era: ‘D’Aquila Penne Ugne di Leonessa’. La divisione era la celeberrima Julia, proprio lei, quella valorosa che, nonostante la sconfitta bellica dell’esercito italo-tedesco sul fronte russo, non ha mai ceduto neanche un metro al nemico, tanto da meritarsi l’appellativo di ‘divisione miracolo.’  (estratto dal libro Io prigioniero in Russia di Vincenzo Di Michele).

 

Tutte queste opere letterarie, come si diceva, sono state inserite nella “Biblioteca degli Alpini”, collana curata dal Gruppo Gedi che raccoglie le pagine più celebrate e quelle meno note, ma altrettanto rilevanti, per entrare nel cuore dell’esperienza umana delle penne nere. Libri, questi, che hanno rappresentato un pezzo fondamentale della storia del nostro Paese. Oltre a la Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX, sono più di 15 i quotidiani locali che portano in allegato questa raccolta, proprio per mantenere ferma la memoria degli alpini: un Corpo temerario che ha fatto di valori come solidarietàfratellanza e difesa dell’ambiente la sua bandiera.

 

Goffredo Palmerini




Giulianova. Jan Kelbl, il cecoslovacco morto alla stazione ferroviaria

Jan Kelbl, il fuciliere della Legione Cecoslovacca in Russia, morto a Giulianova (l’unico sepolto in Italia).
di Walter DE BERARDINIS
Jan Kelbl nasce a Hrušovany u Brna il 7 maggio 1879, da Josef Kelbl (Hrušovany u Brna 16 marzo 1852) e Alžběta Suchánková (Hrušovany u Brna, 18 novembre 1850) nel Regno di Boemia, città sotto dominio dell’Impero austro-ungarico, di professione postino. Aveva 4 fratelli (Augustin 1877, František 1882-1916, Josef 1881-1881 e Emilia 1884). Nell’età adolescenziale aderisce al gruppo sportivo Sokol (Falco) Successivamente si trasferisce a Židlochovice, sempre nella stessa regione, sposandosi il 16 maggio 1911 con Marie Hytychová (Hrušovany u Brna, 1 novembre 1890), dopo che aveva avuto l’unico figlio, Jan (nato a Hrušovany u Brna nel 1910 e morto a Přibice nel 1976). Il soldato Kelbl, a causa della dichiarazione di guerra dell’Impero Austro-Ungarico al Regno di Serbia il 28 luglio 1914, coercitivamente, viene arruolato nell’esercito dell’Impero il 12 ottobre 1915, nel 99° Reggimento Fanteria con il grado di Caporale nella 4° Divisione Fanteria agli ordini del Generale Stroger Steiner von Steinstatten di stanza a Brno, facente parte della 1° Armata comandata dal Generale Viktor Dankl von Krasnik sul fronte russo. Durante l’offensiva di Brusilov, un vasto fronte che partiva dalle Paludi del Pryp’jat’ nel confine ucraino-bielorusso, passando per la Polonia e fino al territorio austroungarico (Volinia e Galizia), l’Impero russo dello Zar Nicola II diede vita alla più grande offensiva militare dal 4 giugno al 20 settembre 1916, Jan Kelbl, cadde prigioniero insieme agli altri 26.000 austriaci, nei pressi della città di Luc’k (oggi città nordoccidentale dell’Ucraina). Fu l’ultima battaglia vinta dai russi prima della rivoluzione: si registrarono tra morti, feriti e dispersi 1.250.000 uomini al comando del Generale russo Aleksej Alekseevič Brusilov e oltre 779.331 tra tedeschi e austro-ungarici al comando rispettivamente dei generali, Alexander von Linsingen e Franz Conrad von Hötzendorf.
Dopo la cattura, Kelbl ed altri, furono portati con i treni merci fino a Kiev nel campo di prigionia di Darnitsa, per essere suddivisi per nazionalità: slavi e italiani (trentini, friulani, triestini, istriani e giuliani-dalmati) nella parte più europea; tedeschi, austriaci e ungheresi nel Turkestan e Siberia. Internato in un campo di concentramento per solo cecoslovacchi, il 15 luglio 1917 a Lukaševka, provincia di Kiev in Ucraina, entra a far parte della Legione Cecoslovacca in Russia con il grado di fuciliere che conserverà fino alla sua morte. In realtà, la Legione ceca, era già stata formata, visto che durante il conflitto contro i russi, i cechi e gli slovacchi non si sentivano più austroungarici. Fu proprio il 14 agosto del 1914 che lo Zar Nicola II concesse la formazione di una compagnia la Česká družina composta da 720 volontari. Anche in Italia e Francia nacquero altre formazioni identiche operanti sui rispettivi fronti con l’aggiunta di patrioti emigranti giunti da altri paesi, in primis dall’America. Kelbl fu inquadrato alla fine del settembre 1917 nel 5° reggimento fucilieri “Pražský-Tomáš Garrigue Masaryk” della 2° divisione. Dopo i fatti della rivoluzione d’ottobre del 1917, la situazione precipita a sfavore proprio dei cecoslovacchi. Nei messi successivi, la stessa legione si ritrovò in mezzo alla guerra civile tra l’esercito fedele allo Zar (Armata bianca) e i bolscevichi, compreso l’istituzione della Rada Centrale ucraina che voleva staccarsi dalla Russia per allearsi con gli imperi centrali. Con il trattato di Brest-Litovsk del 3 marzo 1918, tra gli imperi centrali e la Russia, viene di fatto riconosciuta la vittoria degli imperi centrali e la fuoriuscita dal primo conflitto mondiale della stessa creando l’indipendenza dell’Ucraina, Bielorussia, Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia e Polonia. I poveri legionari si sentirono come topi intrappola: imperi centrali che lì vedevamo come traditori e i russi come forza militare straniera non gradita. L’unica via di fuga era transitare oltre gli Urali e la Siberia verso l’estremo oriente per arrivare al porto di Vladivostok tramite la linea ferroviaria transiberiana. Nell’estate del 1918, i reggimenti della legione iniziarono lo spostamento delle truppe affrontando molte insidie: i bolscevichi che attaccavano i loro treni armati e l’incontro nelle stazioni ferroviarie con i prigionieri tedeschi e austroungarici che venivano rimpatriati. Intanto, gli alleati, per paura che gli Imperi centrali si rafforzassero sul fronte occidentale con l’arrivo di uomini rimpatriati dal fronte russo, inviarono corpi di spedizione al porto di Vladivostok con l’obiettivo di contrastare i bolscevichi e non far rimpatriare i soldati prigionieri dei russi. La città portuale russa, nell’estate del 1918, diventò un coacervo di civili e militari arrivati da più parti del mondo: Francia, Usa, Canada, Italia e altre forze presenti come prigionieri liberati: polacchi, serbi, romeni e gli irredentisti italiani (friulani, istriani, giuliani-dalmati e trentini). Agli inizi del 1919, durante l’inverno siberiano, la legione nel contrastare i partigiani russi, persero molti uomini per assideramento e in combattimento; si aggiunse anche una certa frustrazione generale perché si stava combattendo una guerra che non gli apparteneva ed erano desiderosi di ritornare nella loro madre patria: la neonata Cecoslovacchia nata il 28 ottobre 1918. E’ probabile che il soldato Jan Kelbl su ferito o si ammalò proprio nell’ultima fase della guerra, infatti, per tutto il 1919 iniziarono i piani di evacuazione di tutte le forze militari: dopo i cecoslovacchi, abbandonarono la Russia anche gli americani, italiani ed infine i giapponesi, quest’ultimi solo nel 1922. Furono 68.000 i legionari evacuati, tra soldati e una minoranza di civili, oltre a 4.000 morti lasciati in Siberia.
Jan Kelbl fu imbarcato sulla nave corazzata Roma (nave da battaglia del 1907) giunto a Napoli, dopo aver navigato tutto l’Oceano Indiano e il Canale di Suez, probabilmente tenuto in quarantena con altri militari. Dal porto campano partì alla volta della sua terra natia con il 13° treno ospedale (non sappiamo se era uno dei 20 della sanità militare o dei 24 della Croce Rossa Italiana in servizio durante la prima guerra mondiale) per risalire la dorsale adriatica e arrivare a casa. Purtroppo tra la notte del 12 e 13 aprile, sempre del 1919, il treno fermò a Giulianova per lasciare il moribondo Jan Kelbl. Oggi, ufficialmente, è l’unico soldato del fronte russo morto in Italia. Alle ore 6:00, presso l’ospedale sito in Viale dello Splendore, ma probabilmente già morto alla stazione di Giulianova, moriva all’età di 39anni. Il giorno seguente veniva sepolto nell’area del cimitero monumentale.
Il 30 settembre 2017, con una cerimonia pubblica, alla presenza delle Ambasciate Ceca e Slovacca, è stata scoperta la targa in suo onore nel cimitero monumentale con il picchetto d’onore della Legione Cecoslovacca.
Il 24 maggio 2018, a Roma, in occasione del 100° anniversario della consegna della bandiera di guerra alla Legione Cecoslovacca, sono stato insignito della Medaglia della Legione per aver scoperto il caduto.
Il 13 aprile 2019, in occasione del 100° della sua morte, a Giulianova abbiamo ricordato Jan Kelbl con i ragazzi del Liceo Scientifico “Marie Curie”.
Sempre il 13 aprile 2019, nella sua città natale, Hrušovany u Brna, è stata scoperta la mia targa bilingue grazie al contributo del direttore della Gamma Investigazione di Tortoreto, Gabriele Barcaroli, ed inviata al pronipote del caduto,

Radek Novak

che vive a Brno. L’evento è stato reso possibile grazie al Sindaco, Miroslav Rožnovský, per celebrare il 74 ° anniversario della liberazione della sua città Hrušovany da parte dell’esercito sovietico e i 100anni dalla scomparsa di Jan Kelbl. La targa, posizionata tra la stele che ricorda i caduti della 1° e il monumento della 2° guerra mondiale, è stata svelata alla presenza del 96enne (oggi 97enne), Generale di Brigata Aerea Emil Boček, ex pilota ceco in forza alla RAF e alla Fighter Squadron cecoslovacca durante la 2° guerra mondiale.

A chiusura di questa mio “lungo” racconto storico, desidero ringraziare Adek Novak di Brno, cittadino della Repubblica Ceca, pronipote di Jan Kelbl, il quale mi ha inviato la foto della lapide-ricordo di Kelbl dove è scritto il nome della nostra città “Giulianovè” e dei caduti della prima guerra mondiale della città Hrušovany u Brna (oggi conta 3.271 abitanti), ecco il testo che ricorda i loro morti: “In terre lontane, nelle tombe senza nome, questi nostri concittadini dormono il loro sogno eterno. Lontano dai loro cari e senza l’ultimo conforto, nei loro occhi c’erano i volti dei loro cari e l’immagine del nostro villaggio. La grande guerra, conosciuta dall’umanità come grondante di sangue, ha spento i loro occhi per sempre. Non aspettiamo il loro ritorno, ma abbiamo visto la loro liberazione. Caro caduto, dormi in quel paese straniero che è diventata la tua casa. Noi compatrioti terremo vivo il tuo ricordo.”



Milano. Presentata l’Adunata degli Alpini a Milano per il centenario 1919/2019

È un connubio storico importante quello tra gli alpini e Milano. Gli alpini danno l’esempio alla società, così come Milano dà l’esempio al Paese”. Con queste parole il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dato il benvenuto della città alle penne nere durante la conferenza stampa di presentazione della 92ª Adunata Nazionale, tenutasi nella sede della Regione Lombardia.

Alpini 2019

Ed è un’Adunata, quella che si svolgerà dal 10 al 12 maggio, dal significato particolare, perché celebra anche il Centenario dell’Associazione Nazionale Alpini, fondata proprio nel capoluogo lombardo nel luglio del 1919.
Col sindaco Sala, nella panoramica sala al 39° piano di Palazzo Lombardia, assieme al presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero, c’erano il presidente della Regione, Attilio Fontana, il comandate delle Truppe Alpine, gen. Claudio Berto ed il presidente della Sezione Ana di Milano, Luigi Boffi. A condurre l’incontro il direttore de L’Alpino, Bruno Fasani.
Prima di illustrare a stampa ed ospiti i contenuti dell’Adunata, il presidente Favero ha consegnato a due giovani alpine una bandiera Tricolore, che sarà portata in pellegrinaggio sul Monte Ortigara, dove si trova la Colonna Mozza col motto “Per non dimenticare”.
L’Adunata, ha ricordato Fasani, non è “un momento narcisistico delle penne nere, ma racchiude un grande messaggio pedagogico, insito nei valori di solidarietà e fratellanza che sono propri degli alpini”. Gli ha fatto eco Luigi Boffi, ricordando il grande lavoro preparatorio dell’evento, durato oltre un anno, un lavoro che però è destinato a trasformare Milano nella capitale degli alpini: un’occasione in più per dimostrare che “ovunque vada, l’alpino porta un sorriso”.
“Ci aspettano giorni di sano orgoglio alpino – ha ricordato il gen. Berto – Milano è la città del 5° Reggimento alpini e dei grandi personaggi che ad esso hanno dato vita. È per questo che ci aspettiamo la calorosa accoglienza della città alla Bandiera di Guerra del 5° Alpini, che sfilerà per le vie di Milano”. Berto ha anche ricordato la sinergia operativa tra gli 11mila alpini in armi ed i 16.500 volontari dell’Ana nell’ambito della Protezione Civile e, più in generale, i 147 anni di storia delle Truppe Alpine, i 100 dell’Ana e la sintonia tra 11mila soldati e 350mila iscritti all’Ana.
Del resto quelli degli alpini sono numeri davvero importanti, come testimonia il libro verde della solidarietà: 6,23 milioni di euro destinati alla beneficenza e 2,62 milioni di ore di lavoro (per un controvalore di 71 milioni di euro) delle penne nere nel solo 2018. E come dimostreranno le circa 400mila persone che in una settimana invaderanno Milano per l’Adunata e le 80mila che daranno vita alla ordinata sfilata di domenica 12 maggio. L’indotto di un simile evento è stato calcolato nel 2013 dall’Università Cattolica di Piacenza in circa 120 milioni di euro, di cui 70 rimangono sul territorio.
Nell’occasione è stato anche presentato il Panettone degli alpini, che, venduto in una esclusiva confezione metallica, servirà anche a sostenere la Fondazione Nikolajewka di Brescia che, nel nome della battaglia del 1943, assiste ogni giorno 120 persone con disabilità fisiche gravi e gravissime.
“Pensiamo a questa grande festa, dunque – ha detto il presidente della Regione, Attilio Fontana, figlio di un ufficiale alpino – perché gli alpini sono unici al mondo. Sono amati da tutti e non è cosa da poco. Siete sempre pronti a dare una mano. E la gente sa che deve dirvi grazie”.
Così, in un programma davvero molto intenso, i momenti più significativi saranno venerdì 10 maggio, la cerimonia dell’alzabandiera, l’inaugurazione della Cittadella degli alpini e la citata sfilata della Bandiera di guerra. Sabato 11 la Messa in Duomo in suffragio di tutti i Caduti e domenica 12, per l’intera giornata, la sfilata degli ottantamila alpini.
In chiusura il presidente dell’Ana, Sebastiano Favero, ha ringraziato quanti si sono adoperati per la riuscita dell’evento e ha sottolineato che la vera essenza dell’Adunata è la felicità dello stare insieme, contro l’individualismo esasperato indotto dall’eccessivo asservimento alla realtà tecnologica: “Gli alpini – ha ricordato – rilanciano con forza al Paese la sfida del fare – insieme e per questo continuano a sostenere con forza l’idea di un servizio obbligatorio per i giovani, un periodo di qualche mese, gratuito, a favore degli altri, per contribuire d un’Italia migliore.”




Mosciano. Domenico Toscani, fratello di mio nonno Andrea.

Domenico Toscani, nato a Mosciano Sant’Angelo, fratello di mio nonno materno Andrea. Classe 1889, esonerato temporaneamente dal servizio di leva perché il primo fratello Giovanni era nella Regia Marina Militare (3 anni); nel 1910 viene chiamato nel 94° Reggimento Fanteria a Fano e nel 1911 prende parte alla guerra Italo-Turca in Libia. Al rientro in Italia, il 13 maggio 1913, espatria per l’America. Allo scoppio della 1° Guerra Mondiale, il 24 maggio 1915, non si presenta al suo Reggimento. Il 6 settembre viene dichiarato disertore per non aver risposto alla chiamata alle armi e il 31 dicembre viene denunciato al Tribunale Militare di Ancona. Nel 1917, Domenico, si arruola nell’esercito USA – L’American Expeditionary Forces (AEF) – (fronte occidentale – Francia) ed entra nel reparto trasmettitori da campo nel giugno 1918 e nell’agosto dello stesso anno, in un ospedale militare fino a luglio 1919. Il 9 ottobre 1926 rientra nella sua Mosciano per costituirsi al Distretto Militare di Teramo, il 30 ottobre ottiene il congedo provvisorio per tornare negli USA e il 9 dicembre il Tribunale Militare di Bari, grazie al Regio Decreto del 21 febbraio 1919, n. 158, art. 4, emette un provvedimento penale di amnistia. Muore a Philadelfia il 26 gennaio 1936, in circostanze poco chiare, all’età di 46 anni, lasciando 4 figli piccoli: Antonio, 14 anni; Stanislao, 11anni; Filomena, 6 anni, Gilda Giuseppina/Hilda Josephine, 4 anni e la giovane moglie, Venere Magnarelli, 38 anni. #unitiperlapatria



Giulianova. Francesco Paolo Rossi, la Guardia di Città morto a Verona.

il giuliese Francesco Paolo Rossi – Guardia di Città (Agente di Polizia) – morto nella 1° Guerra Mondiale
di WALTER DE BERARDINIS
Nasce alle ore 01:15 del 20 febbraio 1879 a Giulianova, in Via Marina, dal 38enne cantoniere Pasquale (originario di Campobasso) e dalla casalinga Antonia Marini (originaria di Larino). Due giorni dopo sarà il Sindaco Pasquale De Martiis a registrare il nascituro alla presenza dei due testimoni: il 56enne Camillo Falini e il 20enne Felice Saliceti. Il 22 giugno 1899 viene giudicato idoneo al servizio di leva dal distretto militare di Teramo. Il 26 marzo 1900 viene chiamato alle armi e il 7 aprile giunge al 45° reggimento fanteria – Brigata “Reggio” come “zappatore”. Il 6 gennaio 1901, entra in “esperimento” con il personale di governo degli stabilimenti militari di pena. Il 6 aprile 1901 è Appuntato effettivo come personale di ferma di anni 5. Il 31 gennaio 1904 è nominato Caporale. Il 29 marzo 1905 si congeda nel deposito del reggimento Genova a Teramo. Il 22 maggio 1905 espatria per lavoro a Montreal in Canada. Il 6 maggio 1906 ritorna in patria per entrare nel Corpo delle Guardie di Città – distretto militare di Teramo, alla fine del corso si trasferisce a Roma. Il 9 gennaio 1907 arriva Verona per stabilirsi in Via Santa Maria Rocca Maggiore, al civico 7. Il 15 giugno 1908 entra nella Milizia Mobile. Il 22 ottobre 1910, con l’autorizzazione della Regia Questura di Verona, numero 9955.14 Div. V sez. del Ministero dell’Interno, ottiene il nullaosta per il matrimonio con una ragazza di Verona. Il 12 novembre 1910, a Verona, convola a nozze con Adalgisa Carteri (figlia di Giacinto e Paganini Elvira, nata a Verona il 4 gennaio 1873 e morta a Verona il 31 agosto 1926) trasferendosi con lei in Via Regaste San Zeno, al civico 21 (non avranno figli). Il 29 dicembre 1912 viene gratificato per il lavoro svolto nel corpo della Guardie di Città (alla voce movimenti di personale della rivista del corpo “Astengo”) insieme ad altri. Il 24 maggio 1915, giorno dell’entrata in guerra contro l’Austria-Ungheria, viene dispensato dal richiamo alle armi perché già in servizio con le Guardie di Città. Muore nell’Ospedale da Campo militare 212 a Verona in Via dei Cappuccini Vecchi (oggi Via Adigetto) alle ore 14,45 del 18 ottobre 1918 per malattia (la Spagnola). Sarà il Tenente medico, Camillo Duranti, responsabile della tenuta dei registri dello stato civile del campo, a redigere l’atto di morte di Rossi con la presenza dei testimoni: Attilio Guarnieri, Salvatore Foti e il Tenente Salvatore Avagnina (Maggiore nella 2° G.M.). La notizia ufficiale della sua morte arriverà il 25 febbraio 1919, tramite il Ministero della Guerra.
Si ringrazia per le utili informazioni sul percorso professionale dell’agente giuliese, lo storico e autore, Giulio Quintavalli.

Oltre all’encomio pubblico, già citato sopra, nessuna medaglia gli fu attribuita, nonostante operasse in un territorio in Stato di Guerra. Neanche l’Albo d’Oro e la sua Giulianova lo ricordò. Il 21 aprile 2018, tramite una manifestazione pubblica, in collaborazione con l’amministrazione comunale, abbiamo organizzato un evento culturale per ricordare questa figura dimenticata da tutti, erano presenti: Il Sindaco, Francesco Mastromauro; il direttore dell’Archivio di Stato di Teramo,

Carmela Di Giovannantonio

; il Presidente del Comitato festa della Madonna dello Splendore,

Luigi Martinelli

il Questore di Teramo, Enrico De Simone; lo Storico e Giornalista,

Sandro Galantini

; lo Storico,

Giulio Quintavalli

, autore dell’interessante libro “Da sbirro a investigatore – Polizia e investigazione dall’Italia liberare alla Grande Guerra” – edizioni Aviani & Aviani di

Giovanni Aviani Fulvio

e il Direttore dell’Istituto Investigativo Gamma Investigazioni, Gabriele Barcaroli. Note di merito, per questo “esercizio” del ricordo, sono arrivate dalle Questure di Teramo e Verona, dal Ministero dell’Interno e dai Sindaci di Campobasso e Verona.

Nella speranza di aver ONORATO l’agente giuliese dimenticato da tutti



L’Aquila. 74° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

 

 

L’AQUILA, 25 aprile 2019.

FOTO 3 cerimonia caserma campomizzi

È stata celebrata in Abruzzo la ricorrenza del 25 aprile. La cerimonia principale, presso il monumento ai caduti della Villa Comunale di L’Aquila, ha visto lo schieramento di una compagnia in armi composta da militari del 9° reggimento alpini,  delle altre Forze Armate e dei Corpi armati dello Stato con la partecipazione del Prefetto di L’Aquila Dott. Giuseppe LINARDI, la Senatrice Stefania PEZZOPANE, arcivescovo metropolita dell’Aquila Giuseppe PETROCCHI, presidente della Regione Abruzzo Marco MARSILIO, presidente della provincia  di L’Aquila Angelo CARUSO, vice sindaco di L’Aquila Avvocato Raffaele DANIELE e del Comandante Militare dell’Esercito per l’Abruzzo Gen. B. Giuseppe DI GIOVANNI. Altre cerimonie si sono tenute nel capoluogo abruzzese in Piazza IX Martiri, nel piazzale Alenia-Thales, all’interno della Caserma “Pasquali-Campomizzi” presso il luogo dell’eccidio dei Nove Martiri Aquilani nonché nelle frazioni di Onna e Filetto.  Inoltre, si sono svolte delle commemorazioni anche nei capoluoghi di provincia di Chieti, Pescara e Teramo nonché nei centri di Avezzano (AQ) e Sulmona (AQ) dove, come di consueto, è stata consistente la presenza militare in rappresentanza dei Comandi ed Enti di stanza in Abruzzo.