Giulianova. Liberato Barlafante, il Fante tornato per la Patria.

Liberato Barlafante, il fante tornato per la Patria. Nasce a Giulianova il 20 ottobre 1886, alle ore 16:30, nella casa posta in Via Madonna, al civico 26, da Antonio (Giulianova, 6 maggio 1847) e Maria Giuseppe Attili (Giulianova, 1858 / Brasile, 29 xxxx 1910). Due giorni dopo viene registrato all’anagrafe dall’Assessore anziano, Ing. Giuseppe De Martiis e dai testimoni: il 41enne Raffaelle Dal Nunzio e il 33enne Emidio Paolone, entrambi proprietari. La Famiglia Barlafante era numerosa, oltre a Liberato, erano nati altri 7 figli: Splendora, 1882; Domenico, 1884; Pasquale, 1885; (il già citato Liberato 1886); Raffaele, 1888; Maria Amalia, 1890; Scolastica, 1893 e Ottavio, 1897. Grazie al contratto firmato il 23 marzo 1901 dal governo dello stato di San Paolo e Josè Antonio Dos Santos, si aprono le porte alla famiglia Barlafante per emigrare in Brasile. Grazie al nuovo decreto “Prinetti” del 1902, per gli italiani in cerca di fortuna e per non essere ricattati dai possidenti delle Fazendas di caffè, vengono applicate delle severe normative circa il pagamento anticipato di tutto il viaggio. Nei primi di gennaio del 1902 l’intera famiglia giuliese (10 persone) parte alla volta di Genova. Prendono posto sulla nuovissima nave mercantile-passeggeri “Orléanais” (varata nel 1901) della Société Générale des Transports Maritimes à Vapeur (SGTM – fondata nel marzo 1865 da Paulin Talabot (1799-1885)). Il 30 gennaio 1902, dopo circa 20 giorni di navigazione, arrivano al porto di Santos in Brasile con destinazione la città di Dobrada, nello stato di San Paolo. All’ufficio immigrazione verranno registrati con il numero di famiglia 1465: Antonio, 54anni; Maria, 44anni; Splendora, 20anni (si sposerà con Michele Cianchini nato il 9 ottobre 1884); Domenico, 18anni; Pasquale, 16anni (poi emigrerà in Argentina); il già citato Liberato, 15anni; Raffaele, 13 anni (emigrerà in Argentina, poi tornerà a Giulianova per sposarsi con Maria Giuseppa Galiffa (1896) il 31 luglio 1919 ed infine si trasferirà a Columbus in Ohio USA); Maria Amalia, 11 anni (nata il 13 agosto 1890/2 luglio 1961, si sposerà con Pietro Zecchinel nato il 12 maggio 1883, andrà a vivere a Monte Alto); Scolastica, 9anni (si sposerà con l’altro fratello Cianchini) e Ottavio, 5anni (si sposerà con Paloni ed andrà a vivere a Fernandopolis). Insieme alla famiglia Barlafante si unisce anche la famiglia di Sante Marinelli e la moglie Rosa Mantoni ed i figli: Marianna, Gioacchino, Stella, Giuseppe, Albinia e Umberto. Per loro si aprirà una dura vita nelle fazendas di caffè del possidente Elisiário Ferreira de Camargo Andrade (Campinas, 1847 – fondatore dell’omonimo comune Elisiário dello stato di San Paolo).

Nel 1906 il distretto militare di Teramo convoca Liberato a visita di leva ma non si presenta perché all’estero e successivamente viene denunciato al Tribunale Militare di Ancona per diserzione.  Il 31 agosto 1914 (la 1° G.M. in Europa era scoppiata il 28 luglio 1914), tornato in patria dal Brasile, si presenta spontaneamente al distretto militare di Teramo per assolvere agli obblighi di leva; viene giudicato abile al servizio con le seguenti caratteristiche: alto 1,68 e torace 0,90, capelli castani e ondulati; occhi castani e colorito bruno. Il 1 settembre viene chiamato alle armi e il 2 giunge al 25° Reggimento Fanteria – Brigata Bergamo – 2 compagnia zappattore. Allo scoppio della 1° G.M. in Italia, la leva ordinaria, si tramuta in chiamata alle armi e il 24 maggio 1915 parte dalla sede di pace di Teramo per il fronte in Val Judrio. I primi mesi di combattimento, con notevoli perdite, i due reggimenti si attestano sul Santa Lucia e Santa Maria. Il 16 agosto, l’intera 7° divisione, attacca la collina del Santa Lucia fino a quota 588. Alle ore 14:00, durante l’ennesimo scontro, muore all’età di 28anni, il fante giuliese, uno dei 1600 morti tra i soldati della brigata da agosto a ottobre. Verrà sepolto sulle alture del Santa Lucia. A sottoscrivere l’atto di morte nel registro dello stato civile del suo reggimento saranno: il Caporale Paolo Brandini, il fante Giorgio Morre e il Sottotenente Leosi D’Angiò. La notizia ufficiale della sua morte arriverà a Giulianova il 20 ottobre 1916, un anno dopo la sua scomparsa, tramite il Ministero della Guerra da Roma. #unitiperlapatria

Sarebbe utile, per capire lo stato d’animo di questi ragazzi tornati dall’Argentina, Brasile e America del nord, per combattere contro gli austro-ungarici, vedere il film “Noi Eravamo” di Leonardo Tiberi, distribuito dall’Istituto Luce Cinecittà S.r.l. nel 2017.

Tre le medaglie alla memoria del giovane giuliese, nonostante il suo foglio matricolare risulti incompleto in alcune parti: guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relativa barretta con un solo anno di guerra 1915; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria; Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918. Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro dei militari italiani caduti della Grande Guerra, sulla lapide del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”.

Liberato Barlafante

 

I Salmi della Patria di Francesco Manocchia stampato nel 1921

 

Walter De Berardinis

Liberato Barlafante




Giulianova. Prima guerra mondiale: Augusto Angelozzi, il marinaio morto alla fine del conflitto.

Augusto Angelozzi nasce a Giulianova il 10 agosto 1895 alle ore 4,30 in Via Porta Marina al civico 30, da Vincenzo Angelozzi e Splendora Maradonna. Solo il 14 agosto sarà registrato dalla 28enne levatrice Rachele Angelozzi alla presenza dei testimoni: il 43enne benestante Emidio Paoloni, il 46enne guardia municipale Girolamo De Benedictis e dell’Assessore più anziano Apollo Caravelli in sostituzione del Sindaco Francesco Acquaviva. Nel 1913, alla visita di leva, viene assegnato come marinaio alla Regia Marina Militare del compartimento di Ancona ed entra il 27 ottobre 1914. Finita la guerra, per le gravi patologie contratte al fronte, verrà messo in pensione. Il 22 agosto 1921, alle 11,30,  si unisce in matrimonio con Addolorata Addazi davanti al Sindaco, Giuseppe De Bartolomei.

Lapide del Duomo dove manca il nome di Augusto Angelozzi

La 19enne Addolorata Addazi era figlia di Pasquale Addazi e Carmina Feliciani. Presenziarono come testimoni: il 28enne agricoltore Giuseppe Di Massimantonio e il 63enne Giuseppe Di Giuliano. Il 21 gennaio 1933, ore 15,00, all’età di 37anni, morirà a Giulianova nella casa posta in Corso Garibaldi. Sarà il 28enne muratore Flaviano Addazi (cognato) e il 45enne giardiniere Francesco Di Donato a comunicare la scomparsa al comune LL presenza di due testimoni: il 58enne bracciante agricolo Giovanni Lamolinara e il 33enne bracciante agricolo Giovanni Di Donato.

I Salmi della Patria di Francesco Manocchia stampato nel 1921

Anche se non è presente nell’Albo d’Oro dei caduti della prima guerra mondiale e sulla lapide posta sulla facciata del Duomo di San Flaviano, fu proprio l’amico e concittadino giuliese, il giornalista Francesco Manocchia, a ricordare il povero Augusto nella 5° ristampa de “I Salmi della Patria” in occasione del 4 novembre 1935 stampato dall’editore catanese Giuseppe Intelisano.

Parte del libro I Salmi della Patria di Francesco Manocchia

Se i famigliari sono in possesso di documenti, foto e lettere, possono contattarmi all’indirizzo mail

walterdeberardinis@gmail.com

Walter De Berardinis

Corona sul Duomo di San Flaviano




Giulianova. Prima guerra mondiale: Umberto Luigi Leopoldo Albani un cannoniere nella grande guerra

Umberto, Luigi, Leopoldo Albani, nasce il 22 novembre 1894 a Giulianova in Via del Corso al civico 11 dal 40enne calzolaio Francesco e dalla calinga Adelaide Di Carmine. Solo il 26 novembre sarà registrato all’anagrafe alla presenza di due testimoni: Emidio Paolone 42enne benestante e Raffaele Del Nunzio 46enne proprietario. Nella visita di leva della sua classe 1894 a Teramo viene spostato nella classe 1895 per poi fare la leva nella Regia Marina Militare il 20 ottobre 1916. Giungerà al corpo il 27 ottobre 1916 con la qualifica di marinaio semplice. Era alto 1,72, occhi e capelli castani, sapeva leggere e scrivere, di professione pescatore. Il 30 dicembre 1916 passa ad allievo cannoniere e il 1 luglio 1917 passa cannoniere scelto ed il 7 agosto 1919 viene congedato.  Nello stesso anno entra nelle Ferrovie italiane a Pescara. Il 27 dicembre 1920 si unisce in matrimonio a Castellamare Adriatico (Pescara) con Sennura Pierina Patricelli. Dopo pochi anni, la moglie, morirà per malattia. Il 1 maggio 1925, forse per le condizioni di salute, viene assegnato al Corpo reali equipaggi del genio ferroviario per poi passare impiegato ferroviario il 20 ottobre 1929 a Pescara. Il 10 marzo 1928, a Giulianova, si unisce in matrimonio in seconde nozze con la 26enne giuliese Elena, Rosina, Giulia De Lucia alla presenza di due testimoni: il 29enne proprietario Concetto Ciafardoni e il 51enne commerciante Giulio De Martiis, oltre al delegato del Podestà, Domenico Maggi. Purtroppo non abbiamo trovato la data precisa di morte, ma dopo pochi anni morì a Pescara, oggi il suo nome è sulla lapide dei caduti posta sul Duomo di San Flaviano.

Purtroppo il suo nome non compare nell’Albo d’Oro della prima guerra mondiale e neanche nei Salmi della Patria di Francesco Manocchia, quasi sicuramente l’iscrizione sulla lapide giuliese deve intendersi come marinaio con gravi patologie contratte durante i quasi 4 anni di guerra. Altro problema riscontrato nel redigere la sua biografia sono la mancanza di dati certi sul curriculum militare della marina militare ad oggi introvabili.

I famigliari posso mettersi in contatto con il sottoscritto per ampliare la sua biografia

Walter De Berardinis

walterdeberardinis@gmail.com

Umberto Luigi Leopoldo Albani sulla lapide di San Flaviano

Libro Quando C’Era la guerra di Francesco Manocchia




Giulianova. Prima guerra mondiale: Biagio Abbondanza, disperso nella conquista del Monte Asolone (1.520 m.)

Biagio Abbondanza - foto Walter De Berardinis
(C) Biagio Abbondanza – foto  (R) Walter De Berardinis

In ricordo dei nostri caduti nella 1° guerra mondiale

Giulianova. Il soldato Biagio Abbondanza nasce a Giulianova il 2 febbraio 1883, alle ore 20:15, da Pasquale Abbondanza e Vincenza D’Ilio, entrambi agricoltori; sarà la stessa levatrice o/e mammina, Costanza Angelozzi, a dare la notizia in Comune per la registrazione del nascituro. Biagio, il 5 aprile 1913, nella vicina Mosciano Sant’Angelo, si unirà in matrimonio con Maria Crocetta Stipa. Nel 1901, nel distretto militare di Teramo verrà giudicato prima rivedibile e poi idoneo per il servizio di leva per la sua classe 1883, così verrà descritto: alto 1,54, capelli e occhi castani, di professione agricoltore, illetterato, idoneo con matricola 12490. Nel 1914 arriva la primogenita Splendora Abbondanza, nata il 26 febbraio 1914 a Mosciano Sant’Angelo poi trasferitasi a Morro D’Oro ed il 30 dicembre 1935 si sposa a Giulianova con Alfredo Gorgoretti.  Il 14 luglio 1915 nasce la secondogenita Carmina a Montepagano (Roseto degli Abruzzi) anche lei si trasferisce con la famiglia a Morro D’Oro, poi il 28 agosto 1923 tornerà a Giulianova. Intanto Biagio il 30 marzo 1916 viene messo rivedibile; il 5 maggio è lasciato in congedo illimitato; il 10 luglio parte per il fronte; il 29 luglio entra nel 59° reggimento di fanteria di stanza a Civitavecchia – parte della Brigata Calabria; il 7 novembre è in zona di guerra con la compagnia 353° mitraglieri Fiat con la dotazione della “Villar Perosa”, una pistola mitragliatrice – denominazione ufficiale. FIAT modello 1915.

(C) Walter De Berardinis - Foto Ufficiale dei caduti giuliesi
(C) Walter De Berardinis – Foto Ufficiale dei caduti giuliesi degli anni ’20

Dall’inverno del 1916 e fino al 13 gennaio 1917 parteciperà alla conquista di Cima Lana. Dal 13 gennaio 1917 viene spostato nella Brigata Caltanisetta e successivamente nel 21° reggimento di Fanteria della Brigata Cremona. Da questo momento in poi parteciperà alle battaglie per conquistare: l’Altipiano di Asiago; in particolar modo il Monte Ortigara e Monte Rasta; poi l’Altipiano della Bainsizza e Podlaka. Il 17 aprile 1917 nascerà il terzogenito Raffaele a Montepagano (Roseto degli Abruzzi) e successivamente si trasferisce con la madre a Morro D’Oro. Nel gennaio 1918, agli ordini del Colonnello Enrico Chiodi, inizia l’offensiva del Monte Asolone, ma dopo pochi giorni, nonostante l’alto valore dimostrato dal 21° e 22° reggimento fanteria, gli uomini devo arretrare. Purtroppo, nel combattimento del 14 gennaio 1918, il nostro Biagio Abbondanza, muore e rimane sul campo colpito da mano nemica. Il corpo non verrà mai più ritrovato. Oggi, il suo nome è iscritto nell’Albo d’Oro “Abruzzo e Molise” – (Vol II) del 1927 – Province: AQ – CB – CH – TE, Pagina: 1, Sub in Pagina:5, custodito presso l’Archivio di Stato di Teramo; sul monumento dei caduti posto sulla facciata del Duomo di San Flaviano; nella ristampa del libro di Francesco Manocchia “Quando C’Era la Guerra” della Artemia editrice e nella foto ufficiale stampata dopo la fine della guerra, edizioni degli anni ’20, ma solo il nome.

Abbondanza Biagio aveva anche una sorella, Mariagrazia Abbondanza, nata a Giulianova il 21 gennaio 1888, sposata con Pietro Di Pancrazio il 2 febbraio 1908 a Giulianova, poi morta il 9 maggio 1936.

Alla memoria, Biagio, è stato insignito della medaglia interalleata della Vittoria con Regio Decreto numero 1918 del 16 dicembre 1920; della medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia con Regio Decreto 19 ottobre 1922 numero 1362; della medaglia a ricordo delle Guerre 1916-1917-1918 istituita con Regio Decreto del 21 agosto 1920 numero 563.

 

Ps. Se qualcuno conosce gli eredi di questo soldato può mettersi in contatto con il sottoscritto

Walter De Berardinis

walterdeberardinis@gmail.com

Monumento della Prima Guerra Mondiale a Giulianova
Monumento della Prima Guerra Mondiale a Giulianova

 

Questo è il primo caduto in ordine alfabetico, seguiranno altri medaglioni dedicati ai caduti giuliesi di tutte le guerre.

Libro Quando C’Era la guerra di Francesco Manocchia




Giulianova. Prima guerra mondiale: Sabatino Acquarola, soldato morto a Lonigo (Vicenza) per malattia

 

Sabatino Acquarola, morto e dimenticato dalla sua città

Di Walter De Berardinis

Soldato Sabatino Acquarola del 130° reggimento Fanteria

Giulianova. Sabatino Acquarola nasce a Giulianova il 29 marzo 1883 alle 9,14 nella casa posta in Via per Mosciano al civico 44, dal papà Luigi (27enne) e la mamma Filomena Scrivani entrambi agricoltori; saranno Francesco Tribuiani, sarto (24enne) e il custode Filippo Di Marco (32enne) a testimoniare in comune l’avvenuta nascita. Nel 1901 viene inserito dal Sindaco, Francesco Ciafardoni, nella lista di leva ed inviato a visita nel Distretto Militare di Teramo (numero 10). Così verrà descritto dalla commissione medica: alto 1,58, capelli e occhi castani, illetterato ed inserito nella lista leva della classe 1883 al numero 300.

libro d’oro dei caduti italiani nella grande guerra “Abruzzo e Molise – (Volume II)”, pagina 2, numero 18

Il 4 luglio, dopo tre anni di leva, viene posto in congedo illimitato. Intanto conosce e sposa Splendora Nepa e decide di emigrare fuori dall’Italia; arriverà negli USA il 19 ottobre 1908, partito da Napoli con la nave passeggeri Indiana con il numero 101845050580 e cuccetta numero 336. . Richiamato alle armi per la mobilitazione del R.D. del 22 maggio 1915 – circolare 370 del G.M. e 394 del 1916 non si presenta il 10 luglio 1916 perché all’estero. Solo il 12 agosto si presenterà nella sede del corpo, ma pochi giorni viene mandato in licenza straordinaria di convalescenza di 60 giorni in seguito a rassegna. Il 19 ottobre si presenta al Distretto Militare per poi essere destinato alla sede di pace del 82° reggimento fanteria – Brigata Torino. Dopo alcuni mesi di addestramento, il 7 marzo 1917 giunge al fronte unendosi al 130° reggimento fanteria (deposito 81° fanteria) – Brigata Perugia, nei settori tra Monti Zebio e Colombara, nella zona del vicentino. Probabilmente, il soldato Sabatino Acquarola, contrare una malattia per cui verrà trasportato nelle retrovie dove morirà nell’Ospedale Civile di Lonigo il 24 maggio 1917, all’età di 34anni, poi sepolto nello stesso comune. Oggi viene ricordato nel libro d’oro dei caduti italiani nella grande guerra “Abruzzo e Molise – (Volume II)”, pagina 2, numero 18; nella foto degli anni ’20 “Eroi caduti per la patria” e nel libro di Francesco Manocchia “Quando c’era la guerra”. Per una serie di errori di trascrizioni e dimenticanze dell’epoca, non fu mai citato nella lapide dei caduti posta sulla facciata ovest del Duomo di San Flaviano. Con questo articolo spero di aver riparato questa grave lacuna. Continua…..

Walter De Berardinis

Gli eredi posso contattarmi walterdeberardinis@gmail.com

Lapide del Duomo di San Flaviano . prima colonna dei morti del 1917 – manca il nome di Sabatino Acquarola

Lapide del Duomo di San Flaviano . Seconda colonna dei morti del 1917 – manca il nome di Sabatino Acquarola

Il soldato Sabatino Acquarola è stato insignito della medaglia interalleata della Vittoria con Regio Decreto numero 1918 del 16 dicembre 1920; della medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia con Regio Decreto 19 ottobre 1922 numero 1362; della medaglia a ricordo delle Guerre 1916-1917 istituita con Regio Decreto del 21 agosto 1920 numero 563.

 

Ecco le altre puntate

Biagio Abbondanza

Pietro Quaranta

 




Il gruppo Alpini di Atri compie 50 anni Inaugurata la mostra sulla Prima Guerra Mondiale

commemorazione della Medaglia d’oro al Valor Militare per il Ten. Aurelio Grue

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L’inaugurazione della mostra “La Grande Guerra – La drammatica storia della Prima Guerra Mondiale” ha aperto ufficialmente, nel pomeriggio di ieri (28 dicembre 2017) nell’Auditorium Sant’Agostino di Atri, il programma degli appuntamenti previsti fino a domenica 31 dicembre per festeggiare i 50 anni dell’A.N.A. Sez. Abruzzi Gruppo Alpini di Atri. I festeggiamenti per il cinquantenario della compagnia Alpini di Atri sono proseguiti questa mattina alle 11 con l’incontro nella sala consiliare di Palazzo Duchi d’Acquaviva da titolo “Alpini in fratellanza“, una sorta di gemellaggio tra 5 diversi gruppi di Alpini; nel pomeriggio di oggi a partire dalle 17,30, nella Chiesa San Liberatore, Cappella Votiva dei Caduti di tutte le Guerre, si terrà la commemorazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare per il Tenente atriano Aurelio Grue, a cui, per l’occasione, sarà ufficialmente intitolato il Gruppo Alpini di Atri. Seguirà la Santa Messa.

In occasione dell’inaugurazione della mostra, al saluto introduttivo del presidente del Gruppo atriano, Alvaro Guardiani, hanno fatto seguito quelli del vice sindaco, Piergiorgio Ferretti, e di due esponenti del Gruppo Alpini di Solbiate (CO), curatori dell’esposizione. Successivamente Massimo Colleluori, protagonista di una ricerca certosina tra gli archivi comunali, ha illustrato alcune curiosità sulla “Grande Guerra”, fornendo significativi dati, tra cui quello dei 1.801 atriani che furono arruolati durante il conflitto mondiale. Domani alle 17 nell’Auditorium Sant’Agostino ci sarà un dibattito sulla Prima Guerra Mondiale alla presenza del Coro “Stella del Gran Sasso” del Gruppo Alpini di Isola del Gran Sasso. La mostra, a ingresso gratuito, sarà visitabile sino al 31 dicembre.

La mostra è davvero lodevole e ricca di spunti di riflessione – ha dichiarato il sindaco Gabriele Astolfi – mi complimento con il Gruppo Alpini di Atri e con coloro che hanno lavorato al suo allestimento. Il raggiungimento di 50 anni di attività rappresenta un traguardo importante, che lascia presagire un grande lavoro sviluppato in mezzo secolo di vita e soprattutto un notevole investimento e spiegamento di risorse umane. Gli Alpini sono sempre pronti a garantire un fondamentale apporto alla collettività nei momenti di maggior bisogno e per questo li ringrazio”. 

“Questi quattro giorni – aggiunge l’assessore alla cultura al comune di Atri, Domenico Felicione – sono utili per tenere viva la memoria su una pagina dolorosissima della nostra storia. Nel pomeriggio di oggi ci sarà la commemorazione ai Caduti di tutte le guerre e, tra questi, verrà ricordato Aurelio Grue, nostro illustre e valoroso concittadino, che morì combattendo per la Patria. Ringrazio tutti gli alpini per questi quattro giorni ricchi di cultura e di storia e per tutto il loro prezioso lavoro al servizio della comunità“.




Tra Memoria e Solidarietà-2 dicembre 1943: inferno su Bari

A ricordo dell’incursione aerea del 2 dicembre del 1943 subita dalla città di Bari, il 7 dicembre si terrà presso la Sala Consigliare della Città Metropolitana di Bari un convegno rivolto al tragico bombardamento. L’evento è stato organizzato dal Dipartimento O.B.I dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Onlus in collaborazione con Comune e Città Metropolitana di Bari.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10211502875187719&set=a.1089515038296.2015198.1239069908&type=3

Per l’occasione è stato invitato il documentarista e scrittore Francesco Morra e nel corso della giornata sarà presentato il suo ultimo lavoro editoriale “TOP SECRET Bari 2 Dicembre 1943”. Ad aprire il dibattito il Sindaco Antonio Decaro, a Seguire il Senatore Giovanni Procacci, quindi i saluti del Presidente ANVCG Luigi Nacci. Relazioneranno oltre al Dott. Francesco Morra, il Presidente dell’Associazione Marinai d’Italia, un delegato IPSAIC e la professoressa Santa Vetturi membro del Dipartimento O.B.I. e Presidente dell’Associazione Culturale Virtute e Canoscenza, la professoressa relazionerà sul progetto “editoriale-solidale” 100 Voci per Amatrice e… In Sala gli studenti dell’Elena di Savoia e del Gorjux-Tridente-Vivante di Bari, del Vespucci e del Liceo Einstein di Molfetta. A moderare gli interventi lo scrittore Waldemaro Morgese

ANVCG-Dipartimento Ordigni Bellici Inesplosi

Giovanni Lafirenze




NOVEMBRE 1943 – L’ECCIDIO DI PIETRANSIERI: LA SOPRAVVISSUTA RACCONTA… di Mario Setta

 

 

A Pietransieri, una frazione di Roccaraso, nel mese di novembre del 1943, alla contrada Lìmmari, si verifica un eccidio terrificante: 128 persone trucidate. Vengono uccisi complessivamente 128 abitanti: 42 uomini e 86 donne. Fra di loro, 42 bambini (di cui 34 al di sotto dei dieci anni e uno, Gianfranco Guido, di appena un mese. La “ragione” di questa assurda strage resta tuttora ignota e fuori da ogni logica. Di questo incredibile e atroce misfatto, Virginia Macerelli, nata nel 1936, unica sopravvissuta, racconta:

Sacrario di Pietransieri

“A novembre, cominciarono a venire i tedeschi. Dicevano che dovevamo scappare perché il paese doveva essere distrutto. Si sono presi tutti gli uomini per la guerra, anche mio padre ed altri due miei fratelli, quelli più grandi. Dopo, Pietransieri è stata sfollata, perché bombardavano il paese e mettevano fuoco alle case. Siamo andati alle masserie, a Limmari. Mia madre con sei figli è andata a Limmari e siamo stati per due notti sotto un albero, con una tenda. Avevamo tutti fatto delle tende. I tedeschi venivano, ci interrogavano, bombardavano il paese e prendevano tutti gli animali, i maiali e quello che trovavano. Il 16 novembre per primo hanno preso mio fratello. L’ hanno portato a Pietransieri con i maiali e l’hanno ucciso. Poi hanno preso l’altro mio fratello e l’hanno ucciso in un boschetto. Noi siamo rimasti sotto la tenda per altri cinque giorni. Poi, il 21 novembre, sono venuti di nuovo i tedeschi dicendo che dovevano ammazzare tutti quanti… Poi venne un tedesco, era bravo, e ci disse che dovevamo scappare, perché sarebbe venuta la SS e tutti kaputt. Con la mano aveva fatto cenno: tutti kaputt. Abbiamo cominciato a scappare verso Castel di Sangro… Dopo mezz’ ora è arrivata la SS e ci hanno raggruppati. C’era un tronco d’albero e hanno fatto sedere la gente intorno.  Poi hanno messo una mina, grande come un vaso di fiori e l’hanno fatta saltare. Dopo che la mina era scoppiata, i tedeschi cominciarono ad uccidere i feriti con la mitragliatrice. Io stavo sotto braccio a mamma. Ero la più piccola dei figli. Si sa che quando c’è un pericolo la madre stringe a sé tutti i figli. Io ero la più piccola e così mi ha abbracciato. Mia madre aveva uno scialle sulle spalle e come i tedeschi hanno mitragliato è caduta ed è morta              all’istante. Io sono caduta sotto a mamma e sono rimasta lì, lo scialle di mamma mi aveva coperto… Tutti strillavano. La prima volta che hanno cominciato ad uccidere che urli si sentivano! Poi è rimasto solo silenzio. Non si sentivano neanche più gli uccelli. Niente! Non si sentiva niente. Tutto il mondo era silenzio. Sono rimasta lì sotto a mamma, zitta, non parlavo. Ero piena di buchi, sono piena di buchi. Buchi che passano da parte a parte. Dopo un po’ ho cominciato a muovermi, ma ho visto che c’erano solo morti. Uno sopra l’altro, tutti morti. Avevo alzato la testa quando ero ancora sotto a mamma ed avevo visto mio fratello che mi stava vicino. Mi ha detto: Virginia, è morta mamma? Io gli risposi di sì. Era morta sull’ istante, l’avevo morta su di me. Mio fratello aveva un buco fatto con la mitragliatrice. Un buco da parte a parte che gli aveva trapassato un occhio. Poi, dopo che gli avevo risposto, abbassò la testa e morì anche lui… I tedeschi si erano allontanati un bel po’, avevano ammazzato e se n’erano andati. Dopo un po’ però sono ritornati  per vedere se i morti erano davvero morti. Andavano con la pistola in mano, e con il piede spostavano la gente. Allora io abbassai la testa sotto lo scialle di mamma e così non mi videro. Chi invece si muoveva ancora, veniva ucciso con un colpo di pistola alla testa. Sono rimasta sotto a quei cadaveri per due giorni e due notti. Poi, dopo tutto questo tempo, ho visto due donne di Pietransieri che venivano lì vicino. Allora le chiamai, perché le avevo riconosciute e chiesi loro se mi potevano portare via. Mi sollevarono dai morti e mi portarono vicino ad un ruscello d’acqua. Poi mi dissero: “Adesso vediamo se c’è qualcuno della tua famiglia, così ti mandiamo a prendere. Tu aspetta qui”.  Loro non mi poterono portare via, perché ognuno cercava di  scappare  per salvarsi. Sono rimasta vicino a quel ruscello un’altra notte, insieme ad un ragazzo che si era salvato. Questo ragazzo stava peggio di me, era ferito gravemente alle mani e poi non poteva camminare. Quella notte, quelle due donne ci misero dentro ad una mangiatoia in una masseria, dove c’erano gli animali. Era notte tardi e vennero ancora i tedeschi. Questa volta misero fuoco alla masseria. Cadevano tutte le travi di legno del soffitto. Ci cadevano addosso grossi carboni. Dissi a quel ragazzo che si chiamava Flavio: ‘Se non ci hanno uccisi i tedeschi, mica dobbiamo morire abbruciati’, e così siamo saltati giù dalla mangiatoia. Poi tutti e due ci siamo rotolati per terra e siamo usciti dalla masseria. Siamo andati vicino ad un ruscello d’acqua. Stavamo tutti e due stesi per terra. La mattina seguente, i tedeschi andavano ancora in giro con il fucile in mano. Così dissi a Flavio: “Questi abbaiano come i cani, quindi non sono italiani. Tornano un’altra volta”. Forse è stato Iddio… Stavamo stesi per terra come morti, e come i tedeschi sono venuti ci puntavano il fucile dietro le spalle, e con il piede ci muovevano per vedere se eravamo morti.  Niente. Noi non ci siamo mossi. Né io né Flavio. Quelli dissero: “ja, ja, kaputt, kaputt” e se ne andarono. Più tardi, sempre di mattina, arrivò mia nonna che era viva e che era stata in un’ altra masseria. Quelle donne che mi avevano visto le avevano detto che stavo lì. La sentivo strillare. Chiamava e chiamava i miei fratelli, mia sorella e mia mamma, ma sapeva che erano morti. Lo faceva con disperazione. Poi chiamava me: “Virginia, Virginia”. Era venuta con un’altra donna. Si avvicinarono ed avevano una pizza fatta con il pane. Quelli sono bambini ed avranno fame, pensavano. Ma io neanche dopo otto giorni ho potuto mangiare. Quel ragazzo invece ha preso la pizza e l’ha mangiata.  Mia nonna quel ragazzo non l’ha potuto portare. Era ferito peggio di me. Quando mia nonna mi prendeva sotto le gambe io strillavo, se mi prendeva sotto le braccia lo stesso. Mia nonna diceva: “Come faccio a portarti, figuriamoci Flavio”. Poi mi prese per una spalla, dove avevo meno dolore e mi caricò su di sé. Quel ragazzo è rimasto lì, non l’ hanno potuto portare. Mi hanno portato in una masseria dove c’era tanta gente di Pietransieri, che si era salvata. Quando mi videro ero un vaso di sangue. I panni mi si erano attaccati  addosso, ero senza scarpe… Non sapevano dove mettere le mani. Dicevano: “E ora come facciamo?” Non mi potevano toccare perché i panni mi si erano attaccati addosso; dopo quei giorni il sangue si era assutto (asciugato) addosso.  Così prepararono un caldaio d’acqua, lo misero in una bagnarola e mi calarono lì dentro per un bel po’. Poi una donna di Pietransieri, che ora è morta, cominciò con una forbice a tagliare piano piano i vestiti. Quando mi tolsero tutto e videro tutti quei buchi, tutte quelle ferite, strillarono loro per me. Io ho cinque buchi, al braccio, al petto e alle gambe. Alla fine mi lavarono tutta e con qualcosa di lino mi disinfettarono i buchi. Dopo mi avvolsero dentro un lenzuolo, senza mettermi niente addosso e mi sistemarono in quella masseria. Acqua e sale mi hanno guarito… Le donne che mi avevano curato andarono il giorno dopo a prendere Flavio, per salvare quell’altra anima di Dio. Così dicevano le donne di allora. Ma non era andato nessuno a prenderlo. Aveva camminato molto perché lo ritrovarono in un’altra masseria. Morto. Dopo, da Pietransieri io, mia nonna e quella vecchietta andammo a S. Demetrio, dove siamo rimasti fino alla fine della guerra…”

(cfr.  “Terra di Libertà” a cura di Maria Rosaria La Morgia e Mario Setta)

 




Roseto degli Abruzzi. Sabato 18 novembre convegno “Per non dimenticare”

Torna per la sesta edizione l’iniziativa “Cefalonia 1943 – 2017 – Per non dimenticare”, allestita dal Circolo filatelico numismatico rosetano, presieduto da Emidio D’Ilario, dalla associazione culturale Terra e mare e dal periodico Roseto news, diretto da Luciano Di Giulio, con il patrocinio del Comune di Roseto degli Abruzzi.

Da mercoledì 15 a sabato 18 novembre, a Villa Paris, saranno allestite diverse mostre (con ingresso gratuito e con orario di apertura 9,30-12,30 e 15,30-18,30). Sabato mattina si terrà il convegno con la partecipazione del sindaco, Sabatino Di Girolamo, e gli interventi e le presentazioni di volumi da parte di Marco Lodi, Mario De Bonis, Vitoronzo Pastore, Francesco Fagnani. Modera il giornalista Walter De Berardinis. Durante il convegno è prevista l’apertura di un ufficio postale distaccato e un annullo speciale, con autorizzazione del ministero della Difesa.

Dopo la commemorazione dei caduti della Acqui, il ricordo dei rosetani prigionieri nei campi tedeschi, in questo appuntamento, saranno ricordati anche i 24 rosetani caduti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

La manifestazione si articola con:
�- una mostra di immagini di avvenimenti successivi all’armistizio, riprodotte su pannelli, rappresentanti contesti operativi e protagonisti italiani dopo la rottura del l’alleanza con i tedeschi;�- una esposizione di libri e riviste sul tema Cefalonia cui si aggiungono anche quelli relativi agli Internati Militari Italiani (I.m.i.);
– un convegno con approfondimento degli argomenti trattati nella mostra fotografica e presentazione dei libri di Francesco Fagnani e Vitoronzo Pastore;
– l’obliterazione di cartoline commemorative con due annulli tematici filatelici.
�Ci sarà anche un ricordo di due amici e collaboratori che non ci sono più: Giovanni Capanna e Giorgio Mattioli. Il primo, instancabile testimone della ferocia nazista nei confronti dei suoi coetanei. Giorgio Mattioli, poliedrico artista, ha rappresentato in varie forme il dramma dei tanti giovani caduti, lasciando alle opere il compito di tramandare il nostro sentimento di riconoscenza.

https://www.facebook.com/rosetodegliabruzzite/photos/a.402545899854776.1073741825.277042945738406/1329985087110848/?type=3


�“Come presidente e a nome di tutti gli associati del Circolo che rappresento”, dice Emidio D’Ilario, “voglio ricordare che l’organizzazione di una manifestazione di tale portata, a livello nazionale, sia per l’importanza del tema ma principalmente per il rispetto dovuto ai caduti dei tragici combattimenti del settembre 1943, fa onore a tutti i cittadini e alla città di Roseto degli Abruzzi”.
�Le mostre sono dedicate a
• “La Posta militare dei gruppi da combattimento”.
• “Uomini in guerra”
• “I libri raccontano Cefalonia”
• Uniformi dell’Aeronautica militare

“La memoria ci permette di continuare a vivere nel presente ciò che è accaduto nel passato”, sottolinea il sindaco di Roseto, Sabatino Di Girolamo, “ed è particolarmente importante anche per i fatti spiacevoli o drammatici.La memoria ci consente di crescere, di diventare migliori, di imparare dagli errori.La memoria è fondamentale per tramandare ai giovani, a chi verrà dopo di noi, i fatti importanti.�E’ una iniziativa benemerita, dunque, “Cefalonia 1943 / 2017 – Per non dimenticare”, portata avanti con cura e passione dal Circolo filatelico numismatico rosetano e dalla associazione culturale Terra e mare”.
(nella foto la moglie e il figlio del reduce Giovanni Capanna con lo staff di Per non dimenticare)

 — conWalter De Berardinis




Bellante. “TERAMO E IL TERAMANO NEGLI ANNI DELLA GUERRA CIVILE”

L’Ass.ne culturale “NUOVE SINTESI”, in collaborazione con “ARTEMIA nova editrice”, vi invita alla presentazione del volume:

Interverranno:
– Elso Simone Serpentini (storico e saggista, autore del libro)
– Paolo Iacone (ricercatore)
– Giuseppe Roscioli (Ass.ne culturale “Nuove Sintesi”)

SABATO 18 NOVEMBRE 2017, ORE 17.30, nei LOCALI DELL’EX ASILO DELLE SUORE (vicino la Chiesa madre), PIAZZA ARENGO – BELLANTE PAESE (TE).

Dopo 20 anni di studio e di ricerca lo storico e saggista Elso Simone Serpentini propone al pubblico dei suoi lettori la sua ultima fatica editoriale “TERAMO E IL TERAMANO NEGLI ANNI DELLA GUERRA CIVILE” edito da ARTEMIA nova editrice.
Un libro sulla guerra civile nel teramano dal 1943 al 1960.

“Teramo e il teramano negli anni della guerra civile, un libro di 536 pagine pubblicato da Artemia Nova Editrice.

A distanza di più di settanta anni dalla guerra civile che insanguinò l’Italia nel contesto del più ampio conflitto mondiale, è giunto il momento di provare a tracciare una cronistoria più completa e dettagliata degli eventi avvenuti nel teramano, che vengono ricostruiti nel libro quasi giorno per giorno, sulla base di elementi certi e documentati.
Si tratta di fatti maturati in un clima di odio reciproco e di rancore profondo, nel quale troppo spesso nelle due parti contrapposte venne meno il senso di ogni umana pietà. In questa ricostruzione ci si astiene volutamente da ogni giudizio storico, storiografico e perfino morale. L’unico obiettivo è quello di portare alla luce nel loro documentato svolgersi avvenimenti rimasti troppo a lungo nascosti o sono stati volutamente occultati perché in contrasto con una storiografia ufficiale troppo spesso auto-celebrativa, ritenuta da tempo largamente incompleta e carente, con non poche crepe in un edificio rimasto a lungo granitico e intoccabile.
Il libro non si prefigge alcun intento dissacratorio o sovversivo, né vuole ristabilire “una verità storica” assoluta o sostituire con una nuova vulgata quella di regime. Vuole solo togliere il velame che ha coperto troppo a lungo e largamente numerosi episodi e fatti storici sui quali esisteva la stessa certezza documentaristica attribuita ad altri che non venivano taciuti, anzi venivano esaltati, perché chiamati ad essere struttura portante di una tesi storiografica ufficiale resa unica tanto da non potersene ammettere di alternative.
Non si può non tener conto che molti documenti riguardanti il periodo in questione sono andati perduti o sono stati volutamente distrutti, per ragioni correlate all’intento di evitare l’individuazione di alcune responsabilità e di alcune compromissioni. Alcuni di essi, riportati nel libro, sono stati ritrovati in copia in siti di conservazione archivistica diversi e in qualche caso imprevedibili.
Sono state utilizzate anche diverse testimonianze orali video registrate, a protagonisti o testimoni diretti di molti dei fatti narrati (alcuni dei quali non più in vita), che, pur risentendo dei limiti di ogni testimonianza orale, sono utili per collocare nel tempo e nello spazio fatti ed episodi, soprattutto in confronto con altri tipi di documentazione e con altre fonti.”