Roma. Editoria: “La partecipazione del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia (1943-1945)”, domani la presentazione

domani si svolgerà l’evento di presentazione del volume “La partecipazione del

 

 

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Domani si svolgerà l’evento di presentazione del volume “La partecipazione del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia (1943-1945)”, curato da Enzo Fimiani, presidente onorario dell’ANPI Pescara – ‘Ettore Troilo’, e promosso dall’ANPI. L’appuntamento è alle 15.30, nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.

 

Martedì, 28 febbraio 2017 ore 15.30

Senato della Repubblica – Sala Zuccari – Palazzo Giustiniani

Via della Dogana Vecchia, 29 – Roma

Presentazione del volume:

La partecipazione del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia (1943-1945)

Edizioni Le Monnier, Firenze, 2016

Promosso dall’ANPI – Associazione nazionale partigiani d’Italia

A cura di Enzo Fimiani

Con saggi di:

Isabella Insolvibile

Chiara Donati

Toni Rovatti

e contributi di: Claudio Dellavalle, Guido D’Agostino, Carlo M. Fiorentino

Alla presenza del Presidente del Senato della Repubblica

partecipano:

Silvana Amati, Segretario di Presidenza del Senato della Repubblica

Carlo Smuraglia, Presidente nazionale ANPI

Paolo Corsini, Vicepresidente Commissione Esteri del Senato della Repubblica

 già docente di Storia moderna Università di Parma

Guido D’Agostino, Presidente Istituto campano per la storia della Resistenza,

dell’antifascismo e dell’età contemporanea

Claudio Dellavalle, Presidente Istituto piemontese per la storia della Resistenza

e della società contemporanea (ISTORETO)

Coordina: Enzo Fimiani

______________________________________________________

(N.d.r., noi vogliamo ricordare il papà del nostro direttore, Carlo De Berardinis, con il link dell’ANPI

CARLO DE BERARDINIS di GIULIANOVA

Carlo De Berardinis
Carlo De Berardinis

 

________________________________________________________DAL SITO MONDADORI

LA PARTECIPAZIONE DEL MEZZOGIORNO ALLA LIBERAZIONE D’ITALIA (1943-1945)

Enzo Fimiani

Il testo
Esito di un progetto di ricerca promosso dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), condotto a termine grazie a studiosi delle reti dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI) e delle ANPI provinciali, basato su fonti in buona parte inedite e impostato su approcci interpretativi per molti versi innovativi, il volume affronta per la prima volta in maniera organica alcuni dei grandi temi alle origini dell’Italia democratica e repubblicana: la partecipazione del Mezzogiorno e dei meridionali alla Liberazione dal nazifascismo; la dimensione davvero nazionale della Resistenza e il carattere multiforme delle sue varie manifestazioni, in armi e non; il riconoscimento o il disconoscimento dell’esperienza resistenziale nell’Italia del dopoguerra, alle prese con la decisiva fase della ricostruzione e dell’impianto dei nuovi assetti sociali e politici.

Autori dei saggi
Enzo Fimiani, direttore Biblioteca Provinciale di Pescara
Carlo Smuraglia, presidente nazionale ANPI
Isabella Insolvibile, Istituto campano per la storia della Resistenza
Chiara Donati, Istituto regionale per la storia del movimento di Liberazione nelle Marche
Toni Rovatti, Istituto Parri Emilia-Romagna per la storia e le memorie del ‘900
Guido D’Agostino, presidente Istituto campano per la storia della Resistenza
Claudio Dellavalle, presidente Istituto piemontese per la storia della Resistenza
Carlo Maria Fiorentino, Archivio centrale dello Stato, Roma

Indice
Parte I. LE PREMESSE: Introduzione, di Carlo Smuraglia; Mezzogiorno e Liberazione: resistenze plurali, Resistenza nazionale, di Enzo Fimiani; Parte II. I SAGGI: Per necessità, virtù e scelta: la Resistenza del Sud al Sud, di Isabella Insolvibile; «Per la liberazione della propria Città per non farci rovinare la propria casa e per la liberazione della amata Italia»: la Resistenza campana nel fondo RICOMPART, di Isabella Insolvibile; Quando la Resistenza parlava meridionale. Storie di partigiani combattenti nelle regioni centrali d’Italia, di Chiara Donati; Combattere lontano da casa. L’esperienza dei partigiani meridionali nelle regioni del nord, di Toni Rovatti; Parte III. I CONTRIBUTI: Nel cuore della storia del Novecento: Sud e Nord, uniti nella lotta di Liberazione nazionale, di Guido D’Agostino; Dalle terre a sud del Volturno: partigiani meridionali nella Resistenza piemontese. Questioni di metodo e problemi storiografici, di Claudio Dellavalle; Il fondo archivistico dell’Ufficio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani (RICOMPART), di Carlo M. Fiorentino; Conclusioni, di Carlo Smuraglia; Gli autori; Indice dei nomi.




Editoria. Il nuovo sito web dello storico Alessandro Gualtieri

Ho pubblicato il mio nuovo sito!

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Il mio nuovo sito Internet è da oggi on-line, con molte interessanti notizie

e aggiornamenti sulle mie produzioni editoriali e gli eventi futuri ai quali parteciperò. Dagli un’occhiata se vuoi!

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Giulianova. Dopo quasi 72 anni una cartolina torna a Giulianova da dove era partita. Era di Francesco Garzarelli.

Giulianova. Il collezionista e appassionato filatelico giuliese, Walter De Berardinis, recupera in una asta online per appassionati di collezionismo cartaceo una cartolina partita il 9 novembre 1945 da Giulianova e indirizzata a Molfetta (Ba). Avevo visto – dichiara De Berardinis – la cartolina su uno dei tanti siti d’asta online di materiale cartaceo o comunque del settore che più mi appassiona, la 1° e la 2° guerra mondiale. Mi aveva colpito – continua De Berardinis –  l’affrancatura da 0,60 cent. su una cartolina postale del Regno d’Italia anch’essa da 0,60 cent. (all’epoca costava 2 lire spedire una lettera semplice); ma soprattutto il timbro che recava la data in cui Giulianova e l’Italia intera era sotto la Luogotenenza (dal 5 giugno del 1944, data delle dimissioni di Vittorio Emanuele III e l’8 maggio 1946). Per uno strano gioco del destino, la cartolina era stata scritta da un sottufficiale dell’allora Regia Marina Militare Italiana, il giuliese Francesco Garzarelli (nato il 15 maggio 1908), da tutti chiamato “Ciccillo” ed inviata al suo collega marinaio di Molfetta (BA), dove si riponeva una certa fiducia verso un futuro più roseo dopo aver passato alcuni anni prigioniero in Germania. La cartolina – afferma De Berardinis – è arrivata da un collezionista di Acireale (CT) pochi giorni fa, considerato che Francesco era il papà del mio padrino di battesimo, il vigile Roberto Garzarelli, mi induce a scrivere per il 2018 sulla rivista storica Madonna dello Splendore la sua storia e quella della moglie, la mai dimenticata Ada Serafini, per tutti Adina del Coro Folkloristico Gaetano Braga. 

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Francesco Garzarelli - (C) giulianovanews.it
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“Gli abruzzesi ricordano gli “alpini soldati blu” della missione Albatros in Mozambico”

BOLZANO – CULTURA

 

 

 

La Libera Associazione Abruzzesi Trentino Alto Adige, presieduta da Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, nel quadro delle attività culturali ha organizzato una conferenza con proiezione di filmati congiuntamente all’Accademia Culturale Internazionale di San Venceslao, presso il Circolo Militare dell’Esercito di Bolzanosul tema“SOLDATI BLU” nella Missione militare italiana ALBATROS in Mozambico. Relatore il Colonnello pilota Gianfranco Magi già comandante del Gruppo di volo ITALALE, che davanti a una sala gremita ha presentato i filmati personali dell’epoca e illustrato le finalità della missione che ebbe inizio a seguito degli Accordi di Pace, siglati a Roma il 4 ottobre 1992 tra il Governo del Mozambico e la RENAMO (Resistenza Nazionale Mozambicana), che sancirono la supervisione ed il controllo dell’attuazione delle clausole del trattato venissero affidate alle Nazioni Unite. Il 16 dicembre, il Consiglio di Sicurezza autorizzò l’Operazione ONUMOZ (United Nations Operations in Mozambique), con il fine di favorire il processo di pacificazione. In questa occasione l’Italia contribuì alla missione dal 1 marzo 1993 al 1 aprile 1994 con un Contingente di 1.030 uomini, fornito dalle Brigate alpine “Taurinense” prima, e “Julia” poi. I soldati blu, assunsero così la responsabilità operativa del Corridoio di Beira in ragione della vitale importanza del corridoio, via di collegamento principale tra lo Zimbawe ed il mare. Al termine della conferenza il presidente Sciullo della Rocca, ha rivolto l’apprezzamento al Colonnello Magi per la sua esaustiva esposizione, ringraziando contestualmente la Direzione del Circolo Militare dell’Esercito ed i soci Paolo Lucci, Gabriele Antinarella e Marco Timperio per la collaborazione organizzativa fornita a sostegno di questo importante appuntamento culturale.

 

 

I soci con il Col Magi relatore.

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Foto conferenza di ” Foto Arte Loris Zanetti”

 

 




Alla scoperta delle meraviglie del Bel Paese. Da Trieste a Gorizia il Carso, tra bellezze e memoria della Grande Guerra di Goffredo Palmerini

7 febbraio 2017

Alla scoperta delle meraviglie del Bel Paese

Da Trieste a Gorizia il Carso, tra bellezze e memoria della Grande Guerra

 

di Goffredo Palmerini

 

 

E’ notte fonda quando partiamo dall’Aquila verso il Friuli Venezia Giulia. Attraversato il tunnel sotto il Gran Sasso, alle spalle la maestosità del Corno Grande, la vetta più alta degli Appennini, scendiamo verso l’Adriatico. Viaggio tranquillo, Morfeo ha subito ghermito i miei compagni di viaggio. In autostrada solo una sosta, si fila verso il mattino. Nei pressi di Venezia, a levante, un’enorme palla di fuoco incendia l’orizzonte. Sono quasi le 8, si scorre fluidamente verso Trieste. Ancora un’ora ed usciamo al casello di Sistiana per la strada costiera, il mare è imperlato di riflessi. Si va al Castello di Miramare, prezioso tesoro d’architettura situato sulla punta del promontorio di Grignano. Una posizione magnifica per apprezzare il panorama del golfo. Voluto nel 1855 dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo per sé e sua moglie Carlotta, fu progettato dall’architetto austriaco Carl Junker. Immerso in un enorme parco ricco di specie arboree, questa splendida dimora principesca in pietra bianca d’Istria, anche dopo la tragica morte di Massimiliano in Messico, dov’era andato imperatore, ospitò più volte il fratello, re Francesco Giuseppe con sua moglie Sissi, nelle numerose visite a Trieste, importante città portuale del Mediterraneo e sbocco al mare per il Regno d’Austria e Ungheria.

Sacrario di Redipuglia
Sacrario di Redipuglia

 

Ammaliante la visita a Miramare. Oltre la bellezza architettonica, vi si ammirano la ricchezza degli arredi, dei dipinti e degli arazzi, la raffinatezza delle suppellettili, in un contesto che fa sognare. Riprendiamo la via per Trieste, l’antica Tergeste di probabile origine illirica, poi colonizzata dai Romani, della quale parla Giulio Cesare nel De bello gallico. Una lunga storia quella della grande città giuliana, che per ora tralasciamo di raccontare. Bella la vista sul lungomare. Poi sfarzosi palazzi fanno da quinta verso Piazza dell’Unità d’Italia. E’ il salotto della splendida città adriatica, una delle più grandi piazze aperte sul mare. Forse la più vasta in assoluto. Contornata su tre lati da stupendi edifici, schiera da sinistra il magnificente Palazzo della Luogotenenza austriaca, il Palazzo Stratti, al centro il Palazzo Modello dov’è il municipio, l’antico Palazzo Pitteri, a destra il Palazzo Venoli e il Palazzo del Lloyd Triestino, ora sede del Governo regionale. Al centro della piazza la settecentesca Fontana dei Quattro Continenti con le sue allegorie. Di fronte alla piazza, allungato sul mare, il Molo Audace, così chiamato quando la prima nave italiana – l’Audace, appunto – dopo la fine della Grande Guerra entrò nel porto di Trieste, tornata finalmente italiana. Gustate le bellezze del centro storico, crogiolo di culture con segni di nobiltà civica, ci infiliamo nel dedalo di vie che arrancano sulle le colline disposte ad anfiteatro attorno alla composizione urbana. Ricordiamo la Risiera di San Sabba, lager di sterminio nazista in terra italiana, e la Foiba di Basovizza, luogo di martirio d’italiani sotto il regime di Tito, mentre si va al Santuario di Monte Grisa. Erto a 330 metri sul mare, sul punto più alto dei colli che coronano la città, mostra una vista sul golfo davvero mozzafiato. Il Santuario è un’imponente costruzione in cemento armato a struttura triangolare. Progettato dall’architetto Antonio Guacci, dopo la fine della Seconda Guerra fu voluto dall’arcivescovo Antonio Santin per onorare un voto, promesso per proteggere la città dai bombardamenti. Dedicato a Maria Madre e Regina, fu completato nel 1965 e nel ‘92 visitato da Giovanni Paolo II.

 

Riprendiamo il nostro viaggio verso Gorizia, tra campi conquistati tra le rocce e il vento, dove ordinati vigneti donano nettare per i sapidi vini del Carso: terrano, refosco, verduzzo, vitovska e malvasia. Una sosta a Redipuglia, dove arriviamo nel primo pomeriggio. Il Sacrario militare è immenso. Un’interminabile scalea disegna la saliente prospettiva fino al culmine, dove svettano tre grandi croci. Il motto “presente”, ripetuto all’infinito, campeggia sui frontoni dei gradoni in pietra lungo la scalinata monumentale, confinata tra due filari di cipressi. Sulla sommità dominano le tre croci, come su un doloroso monte Calvario. “Presente” è scolpito per ricordare ogni caduto di quell’enorme Memoriale, un cimitero per 100mila soldati italiani, parte degli oltre 600mila caduti nella Grande Guerra. Sono riportati in rigoroso ordine alfabetico, a ciascuno la sua lastra di bronzo. 35mila sono conosciuti con i loro nomi, 65mila sono militi ignoti. Qui nei dintorni combatté la sua guerra anche Giuseppe Ungaretti, lasciandoci struggenti liriche di sofferenza e di dolore. Nei pressi scorre infatti l’Isonzo, il fiume che fu rosso del sangue dei soldati morti in battaglia, poco distante da Caporetto, laddove il 24 ottobre 1917 il fronte cedette all’assalto dell’esercito austriaco, nella “rotta” diventata la più grave disfatta per l’esercito italiano, della quale parlò anche Ernest Hemingway nel suo celebre romanzo Addio alle armi. Ne seguì la dolorosa ritirata oltre il Piave, dove si preparò la riscossa per la vittoria finale a Vittorio Veneto, il 4 novembre 1918, immortalata nel famoso proclama del generale Diaz. Proprio in questi luoghi del Carso operò la Terza Armata del gen. Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta, onorato con il grande parallelepipedo di marmo verde ai piedi della scalinata. Visitiamo pure i resti delle trincee, lì accanto, e il vicino museo, dove armi, divise militari, attrezzi vari ed equipaggiamenti raccontano la terribile vita in trincea. Partiamo per Gorizia, non lontana. La città confina ad oriente con il Sabotino e il Montesanto, colli cruenti nella Grande Guerra. Il sole va tramontando quando arriviamo nella città di confine, incrocio di genti e culture. Una bella città, con una lunga storia.

 

 

Dove oggi Gorizia si distende, dal I secolo a.C. sorgevano due villaggi romani, Castrum Silicanum e Pons Aesontii, come indica la Tavola Peutingeriana, copia d’una carta romana con le antiche vie militari dell’Impero. Lì, sulla via Gemina, nel punto in cui veniva attraversato l’Isonzo, c’era una stazione di posta che il governo romano riservava a dignitari e ufficiali, in viaggio per ragioni di stato. Intorno a tali strutture sulle vie consolari e militari romane si sviluppavano solitamente centri abitati. Appunto queste le prime origini dell’attuale Gorizia, allora confine con l’antica provincia romana del Norico. Ma per trovare la prima citazione della città bisogna aspettare l’anno 1001, quando Gorizia compare in una donazione dell’imperatore Ottone III con la quale si cedeva in parti uguali il castello di Salcano e la villa denominata Goriza a Giovanni, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli. Dal 1090 la città venne governata dapprima dai Mosburg, poi dai Lurngau, sviluppandosi ed accrescendo la sua popolazione, costituita da friulani, giuliani, tedeschi e sloveni. La potenza militare dei Conti di Gorizia, unita ad una saggia politica matrimoniale, permise alla Contea, nel periodo di massimo splendore tra il Duecento e la prima metà del Trecento, d’estendersi su gran parte del nordest italiano, comprese le città di Treviso e Padova, parti dell’attuale Slovenia, dell’Istria, del Tirolo e della Carinzia.

 

Gorizia ottenne il rango di città durante il regno di Enrico II (1304-1323). Nei primi decenni Quattrocento, con l’assorbimento alla Repubblica di Venezia del Principato patriarcale di Aquileia, i conti di Gorizia chiesero al Doge l’investitura feudale, riconoscendosi vassalli della Serenissima. Nel 1500 Leonardo, ultimo conte rimasto senza discendenti, alla sua morte lasciò la contea in eredità a Massimiliano I d’Asburgo. L’atto, non valido per il diritto internazionale del tempo – per il fatto che la Contea aveva vincoli di vassallaggio alla Repubblica veneta -, spinse la Serenissima a denunciare la violazione per canali diplomatici. Ma ogni tentativo veneziano di riappropriarsi della città, anche mediante la forza, risultò tuttavia vano. Occupata militarmente nel 1508 per sedici mesi, fu abbandonata dalla guarnigione veneta dopo la disastrosa sconfitta subita dai Veneziani ad Agnadello, ad opera dei Francesi. Da allora Gorizia farà parte dei domini asburgici, come capitale della Contea, entrando a metà dell’Ottocento a far parte del Litorale Austriaco. Suoi Conti saranno gli stessi imperatori asburgici, fino al 1918.

 

Durante la Prima Guerra mondiale, con enormi sacrifici di vite umane, le truppe italiane entrarono una prima volta a Gorizia nell’agosto del 1916. Nella cruenta battaglia del 9 e 10 agosto, sul monte Podgora – nella quale si segnalarono sopra tutto i Gialli del Calvario, così chiamati per il colore delle mostrine e per gli atti di valore – persero la vita quasi 52mila soldati italiani e dalla parte austriaca ne morirono circa 41mila. Fu uno dei più grandi massacri di quella sanguinosissima guerra. Persa nel 1917 a seguito della rotta di Caporetto, la città venne definitivamente ripresa dall’esercito italiano il 7 novembre 1918. Teatro di scontri sanguinosi anche durante la Seconda Guerra mondiale. Al termine del conflitto, con il trattato di pace, Gorizia dovette cedere alla Jugoslavia tre quinti circa del proprio territorio, ma il centro storico e gran parte dell’area urbana restarono in territorio italiano. Dovette subire l’oltraggio del muro che la separava dalla Jugoslavia oltre-cortina, così diventata con la divisione per aree d’influenza scaturite dal trattato di Yalta. Insomma, Gorizia divenne una “piccola Berlino” ante litteram. Il confine attraversava una zona della città, lasciando nella parte non italiana anche molti edifici e strutture di pubblica utilità, tra cui la stazione di Gorizia Montesanto, sulla linea ferroviaria Transalpina che collegava la città all’Europa Centrale. La piazza davanti la stazione, divisa tra le due nazioni, dal 2004 è tornata liberamente visitabile con l’abbattimento della rete confinaria dopo l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea. L’eliminazione del “muro” divisorio ha consentito anche di “liberare” le relazioni in territorio sloveno con la moderna città di Nova Gorica, costruita negli anni Cinquanta del secolo scorso.

 

Dal 21 dicembre 2007, con il trattato di Schengen, le città di Gorizia e Nova Gorica sono finalmente senza interposti confini. Il legame sempre più forte che le unisce ha consentito alle due città d’avviare un significativo processo di sviluppo, nel segno della reciproca collaborazione fra Italia e Slovenia. Sicché negli ultimi anni Gorizia sta conoscendo una progressiva rinascita. Vi si respira l’atmosfera sospesa, tipica d’una città di confine, con un grande fermento economico e sociale, orgogliosa di mostrare le sue tante bellezze. Il Castello medievale, con l’incantevole borgo, è un vero gioiello. Dai suoi spalti la vista può spaziare sulle dolci distese di colli e sull’intera città dove in modo armonioso convivono architetture medievali, barocche e ottocentesche. La borghesia asburgica amava Gorizia per il suo clima mite: era chiamata la “Nizza austriaca”. Il clima e il contesto ambientale ne fanno dunque un luogo ameno. Incantevoli i suoi parchi: il Parco Piuma sul fiume Isonzo, il Parco del Palazzo Coronini Cronberg e il Parco Viatori. Grandi gli spazi dedicati alla cultura, con tanti musei, come il Museo della Moda, il Museo della Grande Guerra, la Collezione Archeologica, il Museo del Medioevo Goriziano e la Pinacoteca di casa Formentini. Fra i molti palazzi storici della città emergono il Palazzo della Torre, Palazzo Attems Petzenstein e Palazzo Werdenberg. La storia della comunità ebraica di Gorizia è raccontata nel Museo Sinagoga Gerusalemme sull’Isonzo. Sulle alture della città si trova infine l’Ossario di Oslavia. Raccoglie le spoglie di soldati italiani ed austro-ungarici caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Il Centenario della Guerra 1915-18 dovrebbe davvero essere occasione per far riflettere sulla tragedia di tutte le guerre e sull’insipienza umana.




Bellante (TE): celebrazione martiri foibe, domenica12feb, 10:30

L’Associazione Culturale “NUOVE SINTESI” e l’Associazione “Amici e Discendenti degli Esuli Giuliano – Dalmati” organizzano:

FOIBE: UN FIORE IN RICORDO DEGLI ITALIANI MASSACRATI DALL’ODIO SLAVO-COMUNISTA e degli ESULI di ISTRIA, FIUME E DALMAZIA.foibe16265853_958458274288435_3110280867223676122_n

DOMENICA 12 FEBBRAIO 2016, ORE 10.30

PIAZZA MAZZINI – BELLANTE paese (TE).

16.000 ITALIANI UCCISI NELLE FOIBE E NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO, DEI PARTIGIANI COMUNISTI SLAVI, AGLI ORDINI DI TITO. FURONO MASSACRATI UOMINI, DONNE, VECCHI E BAMBINI LA CUI SOLA COLPA ERA DI ESSER ITALIANI.

350.000 ITALIANI ESILIATI E SCACCIATI DALLE LORO TERRE, INDEGNAMENTE TRATTATI DAI GOVERNI DEL DOPOGUERRA, COME ITALIANI DI SERIE B.

COSA SONO LE FOIBE?
Il termine FOIBA indica una fossa, un crepaccio. In geologia la foiba viene considerata una dolina. La DOLINA è una cavità a forma ovale, con ampiezza e profondità variabile, solitamente strette.

NELLE FOIBE FURONO GETTATI ALMENO 10.000 ITALIANI VIVI O MORIBONDI, SPESSO INTERE FAMIGLIE LEGATE ASSIEME CON IL FILO DI FERRO SPINATO.
MOLTE VOLTE I PARTIGIANI SLAVI VIOLENTAVANO LE DONNE E LE BAMBINE DAVANTI AI MARITI O AD I GENITORI.

UNA STORIA OCCULTATA PER DECENNI, UNA STORIA DOLOROSA, UNA STORIA TUTTA ITALIANA, UNA STORIA DI VILE SILENZIO.

LA LEGGE 92 DEL 30 MARZO 2004 HA ISTITUITO LA GIORNATA DEL RICORDO IL 10 FEBBRAIO.
UNICHE BANDIERE AUTORIZZATE: IL TRICOLORE ITALIANO E LE BANDIERE SIMBOLO DI ISTRIA, FIUME E DALMAZIA …




Presentazione di GeRussia (Castelvecchi) a Teramo

Venerdì – a partire dalle ore 19 – presso il Circolo Teramano (via Nazario Sauro, 57 – TE) si terrà la presentazione del volume GeRussia (Castelvecchi) del giornalista e saggista Salvatore Santangelo.

Con l‘autore si confronteranno Gianluca D’Ecclesia e Pietro Ferrari.
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GeRussia  ricostruisce la storia e  l ‘attualità di uno degli snodi politici più importanti del nostro tempo.

Salvatore Santangelo, giornalista professionista, dopo la laurea in Scienze politiche ha conseguito un dottorato in Storia dell’Europa. Ha pubblicato anche Frammenti di un mondo globale e Le lance spezzate. Fra le sue collaborazioni quelle con «Il Foglio», «Il Tempo», «Limes» e «The Huffington Post». 

La sua analisi risale alle radici e alle ferite storiche della relazione tra Mosca e Berlino (GeRussia appunto), per arrivare agli sviluppi degli ultimi anni, nel nuovo quadro emerso dalla crisi dell’equilibrio unipolare e dall’affermazione di due forti leadership politiche, quelle di Angela Merkel e di Vladimir Putin

Dalle immagini drammatiche degli stermini e delle macerie fumanti di Stalingrado e di Berlino fino agli odierni intrecci politici, economici e culturali tra russi e tedeschi, GeRussia disegna una scacchiera viva, fatta di calcoli, interessi e strategie, da cui dipenderà in larga misura il futuro dell’Europa. 

«Santangelo si muove con precisione: descrive lo statuto imperiale del mondo a guida statunitense, ne illumina i segni di decadenza e assume in modo non scontato alcune delle categorie della politica schmittiana» ( Alessandro Giuli, «il Foglio»).

Per l’avvocato Ferrari, la serata sarà l’occasione per sviluppare «una riflessione geopolitica su Europa e Russia davanti alla novità dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca». D’Ecclesia, che introdurrà l’incontro, svilupperà gli aspetti che investono lo scacchiere mediorientale, in particolare Turchia e Siria.

 




Controguerra. Presentazione del libro “Controguerra nel primo conflitto mondiale” di Matteo Di Natale.

 

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Sopravvissuto allo sterminio: una storia di vita e di lotta

EVENTO COMMEMORATIVO in occasione del GIORNO DELLA MEMORIA:

Sopravvissuto allo sterminio: una storia di vita e di lotta

Incontriamo “Bacio” Emilio Capuzzo sfuggito in modo rocambolesco al trasferimento nei campi di concentramento nazifascisti

http://www.peacelink.it/pace/a/43938.html

EVENTO COMMEMORATIVO in occasione del GIORNO DELLA MEMORIA:

Sopravvissuto allo sterminio: una storia di vita e di lotta

Incontriamo “Bacio” Emilio Capuzzo sfuggito in modo rocambolesco al trasferimento nei campi di concentramento nazifascisti.

Proiezione del Film “I carnefici” di Daniele Biacchessi.

A seguire, incontro con il Partigiano Ex Deportato Emilio Bacio Capuzzo

SABATO 28 GENNAIO 2017 ore 16.00 a SAN GIULIANO MILANESE

Sala Previato, Biblioteca San Giuliano Milanese, piazza Della Vittoria n. 2

con Daniele Biacchessi, Tiziana Pesce, il Partigiano Emilio Bacio Capuzzo, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, il Partigiano di San Giuliano Milanese Domenico Pelosi e la staffetta Amelia Sibra ai quali verrà consegnato un riconoscimento.

GIORNO DELLA MEMORIA

Organizzazione ANPI Sezione Gisella Floreanini – San Giuliano Milanese

 

Da un Progetto interculturale a un libro che narra la storia di un Partigiano, Emilio Bacio Capuzzo. Per Non Dimenticare.

Mosaico di Pace – “Un Racconto di Vita Partigiana”- Recensione di Alessandro Marescotti

La Rivista Mosaico di Pace, promossa da Pax Christi, fondata da Don Tonino Bello e diretta da Padre Alex Zanotelli, propone una Recensione di Alessandro Marescotti al libro “Un Racconto di Vita Partigiana” di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi

Fabrizio Cracolici, Laura Tussi

“Un racconto di vita partigiana. Il ventennio fascista e la vicenda del Partigiano Emilio Bacio Capuzzo”

Recensione di Alessandro Marescotti

Edizioni Mimesis, Milano-Udine, 2012

www.mimesisedizioni.it

 

Questo libro raccoglie la testimonianza di vita di Emilio Bacio Capuzzo, protagonista della lotta contro il nazifascismo nel milanese. La narrazione individuale è collocata nell’ambito della storia complessiva della Resistenza Italiana, a cui il libro dedica ampio spazio ricostruendo prima il periodo dell’antifascismo dalle origini all’8 settembre 1943 e poi la sequenza delle stragi nazifasciste dal 1943 al 1945. Siamo quindi in presenza di un libro di ampio respiro, molto dettagliato, dal taglio per certi aspetti storico-didattico. E infatti rientra nel progetto “Per non dimenticare” che è promosso dai due autori: Fabrizio Cracolici e Laura Tussi. Il primo è presidente dell’ANPI di Nova Milanese (MB). Laura Tussi è invece docente, giornalista e scrittrice di libri di pedagogia interculturale, tra cui l’ultimo “Educazione e Pace. Dalla Shoah al dialogo interculturale”, edito anch’esso da MIMESIS. Il progetto in questi anni ha coinvolto molte persone e associazioni, dando vita a diversi incontri. Il libro rende conto di tale percorso e nella parte finale raccoglie varie testimonianze, prima fra tutte quella di Moni Ovadia, finalizzate a porre attenzione sulla attualità della Resistenza.

La parte più toccante del libro è proprio quella sulla storia del partigiano Emilio Bacio Capuzzo, nato in provincia di Padova nel 1926 e trasferitosi a Nova Milanese nel 1938. Figlio di un operaio socialista che non aveva voluto fare la tessera al Partito Fascista, Emilio Bacio Capuzzo si aggregò nel 1944 ai GAP, i gruppi partigiani, dopo una esperienza di lavoro in fabbrica. Conosce anche la deportazione nel lager di Bolzano. La sua è stata una vita difficile, avventurosa, e questo libro serve a comprendere e a testimoniare come la storia dell’Italia sia stata cambiata proprio da persone determinate e coerenti come lui. E’ giusto dedicare a queste persone un libro, in modo che anche i giovani oggi sappiano che cambiare la storia è possibile, anche con il sacrificio personale.

Laura Tussi, nella sua prefazione, evidenzia “l’attualità dei valori sociali e dei diritti civili e umani di cui occorre continuamente fare memoria” e offre della Resistenza una chiave di lettura soprattutto morale e pedagogica, in modo da aprirla alle nuove forme di resistenza, che oggi sono quelle – sottolinea – della lotta alle mafie, alle guerre, all’intolleranza.

 

Alessandro Marescotti – Presidente di PeaceLink, telematica per la Pace.

www.peacelink.it

a.marescotti@peacelink.it

Note:

http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/storia/Gmemoria_1371835537.htm

Allegati

Da un Progetto interculturale ad un libro che narra la storia di un Partigiano, Emilio Bacio Capuzzo. Per Non Dimenticare.

Note:

su NUOVA INFORMAZIONE INDIPENDENTE:
http://www.ninin.liguria.it/2017/01/10/leggi-notizia/argomenti/cultura-2/articolo/sopravvissuto-allo-sterminio-una-storia-di-vita-e-di-lotta.html

su NUOVA RESISTENZA:
http://www.nuovaresistenza.org/2017/01/11/sopravvissuto-allo-sterminio-una-storia-di-vita-e-di-lotta/

su ILDialogo.org:
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/storia/Gmemoria_1484085927.htm




Milano. Presentazione volume “Leo e Lucia. Una storia italiana tra fascismo antisemitismo e deportazione” – Palazzo Isimbardi, 20 gennaio 2017 ore 17.30

La Fondazione Memoria della Deportazione avvierà le iniziative per ricordare le deportazioni nel giorno della memoria 2017

a Milano venerdì 20 gennaio alle ore 17.30, a Palazzo Isimbardi (Sala Affreschi, via Vivaio n. 1) con la presentazione del libro di Livio ZerbinatiLeo e Lucia. Una storia italiana tra fascismo antisemitismo e deportazione, con prefazione di Luigi Ganapini e una “nota milanese” di Aberto Mattioli (Cierre, 2006).

L’iniziativa è presa in collaborazione con la Città metropolitana di Milano, l’Istituto di Studi e Ricerche Storiche e Sociali Bonaventura Gidoni e la Federazione Maestri del Lavoro.

Interverranno, con l’autore, Beatrice Uguccioni, Massimo Castoldi, Andrea Jarach, Giuliano Pisapia, Carlo Tognoli. Introdurrà Alberto Mattioli.

“Il primo novembre 1944 la polizia tedesca irrompe nello studio dell’avvocato Leo Giro a Milano. Erano ospiti dell’avvocato i coniugi Lamberto Malatesta (valente chimico nel dopoguerra) e Lucia De Benedetti. L’avvocato Giro e Lucia De Benedetti sono arrestati e tradotti a San Vittore, nel braccio controllato dai tedeschi. Inizia per i due – e le rispettive famiglie – l’odissea tragica, comune a milioni di persone incappate nell’ingranaggio dello sterminio antisemita nazista. Il libro contestualizza le vicende di questi gruppi famigliari, descrivendo il loro inserimento nella capitale lombarda. L’economia, la scuola e la vita sociale sono il contesto milanese in cui matura l’affermazione di queste famiglie, allineate senza riserve alle scelte del regime, almeno fino alla tragedia delle leggi razziali e della guerra che scoppia poco dopo”.

 

 

 

 

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