“L’ultimo morto della Seconda Guerra Mondiale” era abruzzese. Il Sergente Anthony “Tony” Marchione, figlio di emigranti abruzzesi, fu l’ultimo caduto dell’esercito statunitense. Rimase ucciso , il 18 agosto 1945, mentre sorvolava Tokio.
Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”
Pescara, 29 dicembre 2016
“L’ultimo morto della Seconda Guerra Mondiale” era abruzzese. Il Sergente Anthony “Tony” Marchione, figlio di emigranti abruzzesi, fu l’ultimo caduto dell’esercito statunitense. Rimase ucciso , il 18 agosto 1945, mentre sorvolava Tokio.
Anthony “Tony” Marchione nacque, il 12 agosto del 1925, a Pottstown in Pennsylvania da Raffaele (nato a San Buono (Ch) il 20 giugno 1897) e Emilia Cincaglini ( nata a Scerni (Ch). Fu, probabilmente, il primo bambino nato, in quella cittadina, da una famiglia di immigrati italiani. A solo 14 anni, dopo la scuola, andò a lavorare in una panetteria per contribuire a sostenere l’economia familiare. La sua grande passione fu la tromba e con essa amava esibirsi con piccole “band” locali. Nel 1943, dopo il diploma, trovò lavoro in una fabbrica locale. Ma il 20 novembre del 1943 arrivò la chiamata dell’Army Air Corps. Fu, inizialmente, inviato alla base di Manila in Florida. Non ci fu, per lui, possibilità immediata di poter pilotare un aereo e gli venne assegnato il ruolo di mitragliere. Successivamente venne inviato, con una squadra di aerei B-24 Dominator, all’aeroporto di Yontan sull’isola di Okinawa. Marchione, come cannoniere aereo, partecipò coraggiosamente a diverse missioni di combattimento nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Udì anche lui il discorso di resa, pronunciato il 15 agosto del 1945 dell’Imperatore Hirohito, e ne gioì. La Guerra era finita. La Guerra era finita ma, purtroppo, non per lui.
Al fine di confermare che i giapponesi stessero seguendo correttamente le sue direttive, il generale MacArthur, ordinò voli di ricognizione sulle aree chiave del Giappone. Tra queste, in particolare, quella di Tokyo. Furono gli aerei di base ad Okinawa quelli assegnati al compito di ricognizione fotografica. Il primo giorno tutto filò lisco. Il giorno successivo invece ci fu un improvviso attacco giapponese. Per fortuna senza alcuna conseguenze. A questo punto si rese necessario una ulteriore verifica. Volontario, per quest’ultimo pericoloso volo, si offrì Anthony Marchione. Stavano sorvolando Tokio e tutto sembrava tranquillo. Quando all’improvviso, era il 18 agosto, gli aerei americani furono attaccati da quelli giapponesi. Una vera pioggia di “fuoco nemico” (all’azione partecipò l’asso dell’aviazione giapponese Saburo Sakai) . E Anthony rimase gravemente colpito a petto. Cadde a terra lungo la fusoliera e perdeva sangue. Le sue ultime parole, rivolte all’amico che lo teneva tra le braccia, furono: “ Non mi lasciare solo ..” . Poi il giovane, coraggioso abruzzese, chiuse gli occhi per sempre. Era lui l’ultimo morto di quella tragica Seconda Guerra Mondiale. Qualche giorno dopo arrivò, a papà Ralph, il laconico telegramma che gli annunciava la morte del figlio.
A noi il compito di restituirlo all’attenzione della sua terra d’origine.
Foto 1: Anthony “Tony” Marchione;
Foto 2: il telegramma che annunciò la sa morte;
Foto 3: il certificato di morte del padre (si evince il suo essere nato in Abruzzo);
Foto 4: Anthony “Tony” Marchione (seconda da destra tra gli accosciati) con la sua squadriglia;
Foto 5: l’ultima foto di Anthony “Tony” Marchione;
Foto 6: Anthony “Tony” Marchione, prima di partire per la Guerra, con mamma e papà.
Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”
Artisti in Guerra, Alessandro Gualtieri alla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia
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L’Aquila. Un pubblico attento e appassionato ha partecipato alla prima presentazione dell’ultimo volume di Salvatore Santangelo – GeRussia (edito da Castelvecchi)
Martedì 13 dicembre, presso il Cinema Rex (L’Aquila), un pubblico attento e appassionato ha partecipato alla prima presentazione dell’ultimo volume di Salvatore Santangelo – GeRussia (Castelvecchi) – che descrive la speciale relazione tra Mosca e Berlino a partire dalla caduta del Muro, un evento epocale che ha profondamente cambiato gli assetti internazionali aprendo a inedite convergenze.
Una serata di cultura e politica dove – nei diversi interventi – si sono alternate analisi e descrizioni di scenari e prospettive geopolitiche, dagli spunti offerti da questo volume che illumina appunto il rapporto tra la Germania e laRussia, le due vere potenze europee.
Dopo i saluti di Marco Fanfani (Fondazione Carispaq), Pietro D’Amore (editore) e Riccardo Cicerone(Startup L’Aquila), Gianfranco Giuliante (Fondazione delle Libertà) ha voluto sottolineare il nuovo quadro emerso dalla crisi dell’equilibrio unipolare e l’impatto di due forti leadership politiche – Angela Merkel e Vladimir Putin –sul destino dell’Europa.
Lo storico militare Andrea Taurino si è concentrato sulla rinascita della Russia sotto la presidenza Putin e sulle sue traiettorie strategiche.
Mimmo Srour (già vicepresidente della Regione Abruzzo) ha legato l’analisi ai recenti eventi nello scenario mediorientale, al fallimento delle Primavere arabe e al conflitto siriano dove abbiamo visto un rinnovato attivismo russo.
Stefano Cianciotta si è poi concentrato sugli aspetti economici, sui limiti dell’austerity, sull’esigenza di definire i caratteri di una politica di difesa comunitaria.
Rodolfo De Laurentiis ha voluto sottolineare come il libro di Santangelo ricostruisca la storia e l’attualità di uno degli snodi politici più importanti del nostro tempo, con un’analisi che risale alle radici e alle ferite storiche della relazione tra Mosca e Berlino, per arrivare agli sviluppi degli ultimi anni: “Dalle immagini drammatiche degli stermini e delle macerie fumanti di Stalingrado e di Berlino fino agli odierni intrecci politici, economici e culturali tra russi e tedeschi, Gerussia disegna una scacchiera viva, fatta di calcoli, interessi e strategie, da cui dipenderà in larga misura il futuro dell’Europa”.
Giuseppe Sacco (professore ordinario di Relazioni internazionali) ha introdotto nel discorso (anticipando la cronaca di questi giorni) l’impatto economico di queste dinamiche sul nostro Paese, alla luce della Brexit, della vittoria di Trump e dell’esito referendario.
Nei diversi interventi è stato evidenziato come il volume, nonostante il rigore scientifico, abbia la capacità di descrivere anche a un pubblico non specialistico temi determinanti dell’attuale contesto geopolitico.
Salvatore Santangelo, in conclusione, ha affermato che: “GeRussia – la possibilità che ci sia pace e prosperità tra due nazioni che si sono combattute in maniera spietata – è un messaggio di speranza; seppur nella consapevolezza che i riverberi sugli altri Paesi europei, e in particolare sulle economie più deboli saranno pesanti”.
L’evento è stato organizzato da “L’Aquila che rinasce” (nel calendario di “Onda d’innovazione – 2016”) e moderato dal giornalista Luca Bergamotto.
L’Aquila. UNA COPIA DELLA MADONNA DEL POPOLO AQUILANO ORNA ANCORA LA CATTEDRALE ETIOPE DI ADDIS ABEBA di Amedeo Esposito
Fu dono nel 1936 del Vescovo dell’Aquila Manuelli a Benito Mussolini
UNA COPIA DELLA MADONNA DEL POPOLO AQUILANO ORNA ANCORA LA CATTEDRALE ETIOPE DI ADDIS ABEBA
di Amedeo Esposito
(GP + autore)
L’AQUILA – Custodita per secoli nella distrutta chiesa di San Marco, il dipinto originale della Madonna del Popolo aquilano (Salus populi aquilani) ha trovato collocazione, dopo il restauro, nel rinnovato tempio del Valadier, dedicato alla Madonna del Suffragio e denominata delle Anime Sante, in piazza Duomo.
Restauro dovuto a don Daniele Pinton che a Natale prossimo, al suono del Requiem di Mozart diffuso in tutta la grande piazza aquilana, farà risplendere in tutta armonia la facciata della sua Chiesa, costruita dopo il 1703, per dire al mondo, e in particolare al Governo francese che ha finanziato il restauro, che L’Aquila sta rinascendo anche sul piano spirituale.
Don Pinton, nel presentare l’originale della Madonna, ha anche sottolineato che vi sono altre due copie dello stesso dipinto. Una portata nel 1728 – pensate – nel romitorio dei cappuccini a Vienna, per volere dell’imperatore Carlo IV; la seconda è esposta nella Chiesa di Santa Maria di Vezzolano in provincia di Asti. Una terza copia da 80 anni (1936) orna la cattedrale etiope dedicata alla ”Natività della Beata Vergine Maria” di Addis Abeba, allora terra coloniale italiana.
Quest’ultima copia fu dono di ringraziamento personale del vescovo aquilano del tempo, Gaudenzio Manuelli, a Benito Mussolini che aveva contribuito, con personali esborsi, alla costruzione della chiesa del XX secolo di Cristo Re, nel quartiere della Villa comunale dedicato ai gerarchi fascisti aquilani.
In particolare “il Duce feceil più cospicuo e gradito dono dell’imponente statua di bronzo di Cristo Re, col grandioso altare di travertino e di metallo, e colla maestosa croce di alabastro”, come si legge nel numero unico di “Aquila sacra, nella storia e nell’arte” del 1935.
Mussolini versò 30.000 lire, prelevandole dal suo conto personale, direttamente nelle mani dello scultore Ulderico Conti che realizzò le grandiose opere ancora oggi ammirate per la loro bellezza e raffinatezza, da tutti riconosciute.
Due anni più tardi dalla costruzione della chiesa di Cristo Re, monsignor Manuelli volle ricambiare il dono:
<La Madonna del popolo aquilano in Africa Orientale – si legge sul “Corriere d’ Abruzzo – foglio d’ordine della federazione aquilana dei fasci di combattimento, anno primo n°7 del 17 ottobre XIV (1936)” – L’Arcivescovo mons. Gaudenzio Manuelli, in una solenne cerimonia, ha impartito la benedizione al quadro della Madonna del Popolo aquilano – custodito nella Chiesa di S. Marco – che è una copia fedele, in oro e argento, di quella che si venera in detta chiesa, destinato alla prima chiesa cattolica di Addis Abeba. Il quadro, è stato portato in processione lungo le principali vie della città, e montato su un carro di artiglieria alla stazione ferroviaria diretto a Napoli…Il giorno dopo Mons. Manuelli con una commissione si è recato a Napoli per accompagnare fino al porto il quadro benedetto”. Che, su una nave militare, raggiunse il luogo di destinazione.
Perché tanta riconoscenza di Manuelli per il suo personale amico Mussolini? Le cronache riferiscono che la realizzazione della grande statua del Redentore, nella maestosità che sappiamo, fu “riparazione” dell’affronto che i cattolici dell’Abruzzo, e non solo, subirono 34 anni prima, in occasione del giubileo del 1900, da parte dell’amministrazione civica laica (socialisti, massoni e repubblicani). La quale si oppose fermamente (ideologicamente, s’intende, perché allora non si parlava di ambientalismo) alla Conferenza Episcopale Abruzzese che avrebbe voluto, secondo un preciso e quasi finanziato progetto, issare sul Corno Grande del Gran Sasso un’analoga statua bronzea, pari a quella che dal 1931 svetta dal massiccio del Corcovado e “abbraccia” la baia di Rio de Janeiro.
Gorizia. Artisti in Guerra, 19 Dicembre, Biblioteca Statale Isontina di Gorizia
Luigi Rantucci cadde sulla “trincea del lavoro” in Canada nel 1922. Era nato nel 1875 ad Ovindoli (AQ).
Associazione Culturale “Ambasciatori della fame”
Pescara, 10 dicembre 2016
“Riportiamoli in … Abruzzo” … contro la vergognosa e colpevole dimenticanza.
STORIE DELLA NOSTRA EMIGRAZIONE
Luigi Rantucci cadde sulla “trincea del lavoro” in Canada nel 1922. Era nato nel 1875 ad Ovindoli (AQ).
Quando gli Stati Uniti ritennero di “arginare” una sempre crescente immigrazione il Canada decise, invece, di rendersi più disponibile verso nuovi arrivi. Questo atteggiamento non fu il prodotto di una grande amorevole accoglienza bensì frutto di una necessità. Necessità di mano d’opera e soprattutto di una nuova popolazione che andasse ad abitare un territorio sterminato. Gli italiani risposero, comunque, in maniera entusiastica spinti da motivazioni economiche. Si calcola che solo nei primi anni del ‘900 furono 150.00 gli italiani che scelsero il Canada come loro nuovo “sogno”. Tra questi Luigi Rantucci nato sicuramente ad Ovindoli (Aq) e probabilmente il 10 gennaio del 1875 (Nel libro “This Colossal Project: Building the Welland Ship Canal, 1913-1932” si fa risalire la sua nascita al 1865). Luigi era arrivato, una prima volta, ad “Ellis Island” nel 1902 sulla nave “Sicilia”. Successivamente raggiunse il Canada dove trovò lavori più remunerati. Nel 1919 tornò in Italia dove era rimasta Rosa sua moglie. Nel 1920 fece di nuovo ritorno in Canada dove giunse, sempre tramite una sosta ad “Ellis Island”, sulla “Duca degli Abruzzi”. Questa volta con lui arrivò anche il figlio, ventiquattrenne, Emilio. I due si stabilirono inizialmente a Quebec City dove trovarono una comunità proveniente da Ovindoli. Qualche tempo dopo Luigi Rantucci andò a lavorare alla costruzione dell’imponente “Canale di Welland” (“Welland Ship Canal”) che, in maniera navigabile, collegava il lago Ontario al lago Eire. Il 7 gennaio 1922 Rantucci caddè da un traliccio mentre lavorava al blocco 7 nella sezione 3. Nella caduta riportò la frattura del cranio. Fu trasportato all’ospedale. Inizialmente le sue condizioni sembrarono stabilizzarsi ma poi peggiorarono rapidamente e il 14 gennaio, pochi giorni dopo il suo 47 ° compleanno, il cuore di Luigi cessò di battere. Un’inchiesta determinò, non poteva essere altrimenti, che la sua morte era da ritenersi “puramente casuale”. In realtà in quel cantiere le misure di sicurezza erano totalmente inesistenti. Fu un nipote, Tommaso Rantucci, a dover provvedere al riconoscimento della salma e alle successive pratiche burocratiche. Oggi il corpo di Luigi Rantucci riposa, come quella di tanti altri caduti nella costruzione del “Welland Ship Canal”, in una tomba anonima del “Victoria Lawn Cemetery” della cittadina di St. Catharines. Oggi, almeno idealmente, lo restituiamo alla sua terra.
Foto 1: Il cantiere dove trovò la morte Luigi Rantucci;
Foto 2: Operai impegnati nella costruzione del “Welland Ship Canal”;
Foto 3: La pagina del libro “This Colossal Project: Building the Welland Ship Canal, 1913-1932” nella quale è riportato il nominativo di Luigi Rantucci.
EDITORIA. Gli italiani (e i trentini) e la guerra in montagna 1915 – 1918
sabato 10 dicembre 2016
alle 17.00 al Fortino di Nago (TN)
Tratto dal catalogo:
Nel Bel Paese già itinerano alcune mostre dedicate alla Grande Guerra, vista attraverso le copertine della Domenica del Corriere, illustrate dalla penna di quel genio del disegno animato che si chiamava Achille Beltrame.
Si tratta di mostre antologiche, veramente importanti, che ripercorrono in toto gli avvenimenti di quei fatidici anni, visti spesso con gli occhi (bisogna pur dirlo) della propaganda militare e della convenienza politica. Basti pensare che, al tempo della tremenda ritirata avvenuta dopo la disfatta di Caporetto, non una sola copertina fu dedicata ai fatti che rischiarono di farci perdere tutto, faccia compresa. Ciononostante va riconosciuta a Beltrame (ed al “Corriere”) la capacità, incredibile per quei tempi, in cui i mezzi di comunicazione erano nulli, di riuscire ad entrare nelle case di un’Italia contadina e perlopiù analfabeta, attraverso immagini, pur edulcorate, ma sostanzialmente veritiere, e testimoniare quanto avveniva sui nostri monti infiammati.
Essendo venuti in possesso delle raccolte complete della Domenica del Corriere che vanno dal 1915 al 1918, “… abbiamo allora pensato ad un approccio più selettivo per questa nostra mostra che nasce all’interno del progetto “Gli italiani (e i trentini) e la guerra in montagna. Per una divulgazione di pagine di storia locale” sostenuto moralmente e fattivamente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, cui vanno i nostri ringraziamenti. Approccio che ci permettesse di considerare non tanto la guerra “guerreggiata” cara alla retorica del tempo, bensì la guerra “vissuta” nel quotidiano dai nostri soldati al fronte.
Così, tra oltre 500 copertine e retro-copertine, ne abbiamo selezionato meno di 50 per raccontarvi la storia incredibile di questi uomini e degli animali che li hanno fedelmente accompagnati nelle mansioni di tutti i giorni, pagando anch’essi un prezzo altissimo in termini di vite. I testi che accompagnano le immagini sono criticamente edotti dai bollettini ufficiali dello SME; dai racconti di chi la guerra l’ha vissuta e da quanti l’hanno seriamente studiata, nulla concedendo a menzogna ed ipocrisia.
Così facendo pensiamo di aver reso un buon servizio all’onestà intellettuale che deve contraddistinguere ogni seria analisi degli accadimenti che, tuttora, condizionano gli equilibri di questo strano continente di nome Europa.
A quanti avranno la pazienza di seguire il viaggio nel percorso da noi suggerito, l’augurio di trovare lucidi spunti di riflessione. Per noi il risultato migliore per un lavoro curato con passione ed amore, mai di parte.
Pescara. INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA: 1943-1944 Il Sud fra Guerra e Resistenza Sabato 3 dicembre 2016
Le foto scattate dall’alto dagli Alleati, gli aerei da guerra sul Vesuvio, la sofferenza della gente, in fila per il pane, tra bombardamenti e stragi naziste. Oltre 300 immagini inedite, video, documenti che raccontano la seconda guerra mondiale e la Resistenza nel Sud Italia.
Il 3 dicembre si inaugura a Pescara la mostra “MILLENOVECENTO 43-44. IL SUD FRA GUERRA E RESISTENZA”. Promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, l’Associazione Parco della Memoria della Campania, l’Istituto Luce-Cinecittà, la Mostra, a cura di Nicola Oddati, è stata seguita per la sezione relativa all’Abruzzo dalla Fondazione Brigata Maiella e, dopo una lunga esposizione a Roma, arriva nella nostra regione presso la sala espositiva della Fondazione Pescarabruzzo in Corso Umberto I, 83 a Pescara.
Fotografie inedite o rare provenienti dai National Archives di Washington e da altri importanti archivi italiani pubblici e privati, locandine di film sulla guerra, da Paisà a Roma città aperta, documenti come i volantini che i bombardieri Alleati lanciavano dall’alto per avvertire la popolazione civile degli attacchi, e, ad integrare la narrazione, i video proposti dall’Istituto Luce. E ancora la storia delle quattro giornate di Napoli, del bombardamento di Montecassino, della Brigata Maiella, e dei governi di unità nazionale a Salerno nel 1944, dove si preparava la rinascita del Paese della futura Repubblica.
Nel percorso espositivo, che si snoda attraverso le regioni del Sud, si susseguono le immagini delle sofferenze, delle atrocità e desolazioni provocate dalla guerra, ma anche del coraggio e delle prime forme di ricostruzione morale e materiale. Avvenimenti che narrano come il Meridione, lungi dall’essere un corpo separato dal resto dell’Italia, contribuì notevolmente a porre fine alla Seconda Guerra Mondiale e costruire la Repubblica nata dalla Resistenza.
La Mostra è stata arricchita dai contributi dell’Archivio di Stato di Chieti e del Museo della Battaglia di Ortona in un percorso che, oltre al valore storico dei documenti presentati, intende offrire nei video e audio originali, un approccio esperienziale alla vita quotidiana delle popolazioni nel biennio 1943-1944.
Interverranno all’inaugurazione: Nicola Mattoscio, Presidente della Fondazione Brigata Maiella; Vito D’Adamo, Ministero dei Beni culturali e del Turismo; Enrico Bufalini, Istituto Luce – Cinecittà; Nicola Oddati, Museo dello Sbarco e Salerno Capitale; Antonio Rullo, Associazione Nazionale ex Combattenti Gruppo Patrioti della Maiella.
La mostra, ad ingresso libero, rimarrà aperta dal 3 dicembre al 17 dicembre, dal lunedì al sabato dalle 17.00 alle 19.30.
Per le scuole è prevista la possibilità dell’apertura mattutina su prenotazione così da consentire la fruizione ai fini didattici.
Giulianova sotto le bombe 1943-1944 di Walter De Berardinis
Giulianova sotto le bombe 1943-1944
di Walter De Berardinis
(C)
“Le bombe non scelgono. Colpiscono qualunque cosa.”
Nikita Sergeevič Chruščёv
Settanta anni fa, nel mese giugno, terminavano i pesanti bombardamenti sulla nostra città. Anche durante il primo conflitto mondiale Giulianova subì tre bombardamenti dal mare ad opera della Marina imperiale austro-ungarica, il 17 giugno 1915, con gli incrociatori leggeri SMS Novara e SMS Admiral Spaune; il giorno seguente fu affondato nel mare antistante Giulianova il battello “Maria Grazia” (o piroscafo “Grazia” per la Regia Marina Militare Italiana) costruito nel 1883, con un solo ponte, in materiale in ferro, di stazza lorda di 1.373 e netta 782, del compartimento di Catania dell’armatore Sampieri Rosario di Gaetano, con nessuna vittima. Il bollettino di guerra dello stato maggiore della regia marina a firma dell’Ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel riportava testuali parole: “Un piccolo piroscafo mercantile il “Maria Grazia” è stato ieri fermato e affondato nell’Adriatico da un cacciatorpediniere austriaco. L’equipaggio è salvo e ha approdato alla nostra costa presso la marina di Silvi (a nord di Pescara)”. I naufraghi furono salvati e rivestiti alla meglio con indumenti della marina austro-ungarica. La Capitaneria di Porto di Ancona indagò sull’accaduto ma non fu semplice capire se erano stati colpiti dalla stessa nave che aveva bombardato la città, oppure la nave silurante Tb 57T.
Mio padre Carlo (Cologna paese 1924 – Giulianova 2003), mi raccontava spesso della dura esperienza della guerra a Giulianova; quando da piccolino andavamo nella casa di campagna dei nonni, in contrada Campocelletti di Colleranesco, mi indicava il punto esatto dove, insieme agli altri fratelli, Vincenzo e Arduino (il terzo, Aldo, era stato già internato nei campi di concentramento tedeschi IMI in Germania), costruì un rifugio antiaereo scavando una grossa buca per loro e gli altri familiari. Poi con il tempo, il rifugio fu sacrificato alle attività agricole e andò distrutto.
I racconti di quel brutto periodo mi hanno sempre incuriosito e mi hanno portato a raccogliere, nel tempo, documenti, foto, film, libri e testimonianze locali e nazionali.
Ho preso come riferimenti i testi di Andrea Palandrani: 25 aprile: anche Giulianova ha vinto! nel 2007 e Giulianova nel biennio ’43-’45 del 2008, i più utili sull’argomento per comprendere gli avvenimenti di quel periodo. Ho cercato di integrare i testi di Palandrani con la ricerca di documenti, anche degli stessi alleati che 70anni fa combatterono per liberare la nazione dall’invasione nazista. Ho comparato i dati, li ho riuniti in modo da non tralasciare nessuna notizia (per questo motivo ho deciso di citare anche date in corrispondenza delle quali ho trovato la seguente dicitura: “nessun dato da segnalare”); quando ho trovato dissonanze ho contattato gli enti competenti che mi hanno fornito chiarimenti (gli enti, e le persone che li rappresentano, sono quelli citato nei ringraziamenti in coda al contributo). Ho cercato quindi, di stilare , sperando di non incorrere in errori o omissioni, quasi una cronaca che riguarda i seguenti periodi: ottobre – dicembre 1943; gennaio – giugno 1944.
I bombardamenti sulla nostra città furono eseguiti dalla USAAF (United States Army Air Forces), RAF (Royal Air Force), SAAF (South African Air Force), RAAF (Royal Australian Air Force).
I comandi militari erano diversi e dipendenti dale situazioni che si venivano a creare nei vari teatri di guerra: NATBF (Northwest African Tactical Bomber Force); MAAF (Mediterranean Allied Air Force); NASAF (Northwest African Strategic Air Force); DAF (Desert Air Force); NATAF (Northwest African Tactical Air Force); MASAF (Mediterranean Allied Strategic Air Force), NACAF (Northwest African Coastal Air Force); MEAC (Middle East Air Command); TBF (Tactical Bombing Force).
I bombardieri impiegati furono tanti: B-25 (Il North American B-25 Mitchell), B-17 (chiamato Fortezza Volante), B-24 (Consolidated B-24 Liberator), Lancaster (Avro 683 Lancaster) ed Halifax (Handley Page Halifax); questi ultimi lasciavano cadere bombe devastanti di una portata variabile tra 3.600 kg e 10.000 kg.
Nel maggio del 1944 furono usati anche i caccia bombardieri americani Republic P-47 Thunderbolt, per le incursioni di mitragliamento. Il compianto Miche Corbo, per primo, provò a raccogliere tutti i fatti accaduti oltre 70 anni prima; nel 2003 e grazie alla associazione Cocivis da lui fondata, istituì la giornata del ricordo che fu commemorata per alcuni anni.
Michele Corbo, in base ai dati che aveva raccolto, sosteneva che Giulianova subì 111 bombardamenti di cui 6 navali, dal 31 agosto 1943 al 27 aprile del 1944. I morti furono 24, più 28 morti per altre cause. Un documento ufficiale della Prefettura di Teramo, citato da Andrea Palandrani, riferisce il bilancio di 23 morti e 46 feriti.
Ottobre-dicembre 1943
12 ottobre, ore 16:00. Primo attacco a Giulianova, colpito un treno militare tedesco causando 23 morti e 43 feriti e anche la morte di un civile.
13 ottobre, ore 07:00. Colpito il tratto ferroviario, operazione sotto il XII° Comando con i Bombardieri B-25 e B-26, integrati dai caccia della RAF e DAF per colpire truppe, approvvigionamenti, treni, camion, e le comunicazioni con le retrovie.
14 ottobre, ore 14:30. Bombardati i ponti ferroviari e stradali, 2 morti e 4 feriti. In azione i B-17 e B-24.
22 ottobre, ore 03:00. Primo bombardamento notturno durato oltre un’ora, 2 morti e 1 ferito.
26 ottobre. Nessuna segnalazione importante.
29 ottobre, ore 10:30 e 12:30. Bombardati porto e stazione FS. “Attaccata con successo – scriveranno i piloti nei rapporti al Comando della XII Air Support e agli altri comandi, NATBF, RAF e DAF – siamo costretti, dalle cattive condizioni meteo, ad abbandonare diverse missioni. Il tenenete Gaughan viene ricoverato in ospedale e sostituito dal tenente Tintori, il quale assume il ruolo di ufficiale assistente operativo. Durante tale periodo e per una settimana, il capitano Bianco entra in servizio come ufficiale dei servizi segreti per il gruppo.”
30 ottobre, ore 09:10, 12:19 e 14:40. Bombardata la zona del porto, bilancio finale 1 morto e 2 feriti. Il comando NATBF con i suoi B-25 e il comando Air Support XII, comunicano “abbiamo colpito ponti, svincoli, mezzi di trasporto per lo smistamento di materiale da cantiere e veicoli in diverse località, tra cui Giulianova.”
3 novembre, ore 08:00 e 13:20. Bombardati porto e ferrovia.
5 novembre, ore 20:30. Per la prima volta viene colpita la parte alta della città, bilancio 2 morti e 3 feriti
12 novembre, nessuna segnalazione di rilievo.
13 novembre, ore 7:00, 15:00 e 16:00. Il XII Comando supporto aereo caccia-bombardieri, insieme con gli aerei della RAF e DAF, colpiscono il porto, la ferrovia e le strade principali.
18 novembre. Truppe germaniche occupano la zona del porto.
20 novembre. Sempre la XII° Air Force, la RAF e DAF, con i loro velivoli da combattimento svolgono senza incidenti delle ricognizioni armati; il NATBF colpisce il nodo ferroviario e il porto. 21 novembre. Colpito il ponte del Salinello e la S.S. Adriatica.
27 novembre, ore 20:00. Bombardata zona alta della città con 1 ferito e almeno 8 case danneggiate.
29 novembre, ore 11:30, 20:00 e 24:00. La città viene sorvolata e colpita da quasi 40 velivoli, il bilancio 2 morti e 4 feriti. Colpiti il ponte del Tordino, la spiaggia e la direttrice per Teramo, in azione il XII° Air Force, con i B-25, in rinforzo la SAAF e la RAF. Sui diari di guerra scriveranno: “Gli equipaggi in missione oggi, contro la ferrovia, le strade e i ponti di Giulianova, se la sono cavata ottimamente. Non ci sono ulteriori voci di valore da menzionare, anche se non ci dovrebbero essere, ma per le notizie scarse che abbiamo, questa situazione vola come fiocchi di neve. La squadriglia 487: “La missione oggi era di attaccare due ponti a Giulianova in Italia. Gli aerei sono stati andati oltre il target prefissato alle 11:45, le foto mostrano esplosioni che coprono i ponti. Il portellone dell’aereo del tenente Cox è stato colpito dalla contraerea e uno dei suoi motori è stato colpito. Ha progettato di fare un atterraggio di fortuna sulla pancia dell’aereo, ma essendo ancora un luogo insicuro, ha preferito virare per poi atterrare a Termoli, zona nord, in un campo libero. Lui e il suo equipaggio erano di nuovo al sicuro con il resto della squadriglia per l’ora di cena, l’aereo verrà riparato.”
30 novembre, nessuna segnalazione rilevante.
4 dicembre, ore 17:30. Bombardata la pate alta della città, 1 morto e 1 ferito.
9 dicembre, ore 10:30. Bombardata l’incrocio di bivio Bellocchio e la ferrovia Giulianova-Teramo, in azione la XII° Air Force, con i B-25.
11 dicembre, ore 19:00. Colpita la zona portuale.
Gennaio-giugno 1944
2 gennaio, ore 13:00. Colpita la zona portuale con mitragliamento e l’abitato della spiaggia.
12 gennaio, ore 14:19. Colpita la zona dell’Annunziata, il cimitero lato nord e la strada per Teramo e via 28 ottobre, 2 morti. Alla guida della XII° Air Force, arriva il Colonnello Archibald Y Smith. In azione entreranno i B-25 e il B-26. Una curiosità: il colonello Archibald Y. Smith, promosso durante la 2° guerra mondiale, comandò il Bomb Group 452 (B-17) nel Regno Unito, il 24 luglio del 1944. Dopo pochi giorni dalla sua nomina, il 28 luglio, colpito dalla contraerea tedesca, fu preso prigioniero dai tedeschi mentre era in missione per bombardare un impianto di olio sintetico a Merseburg in Germania. Dopo la liberazione, proseguì la sua carriera nella USAF-United States Air Force, morì a 49 anni, per incidente, con il bombardiere B-26 sul Monte Hood nei pressi di Portland in Oregon. Era il 22 aprile 1949, quando, insieme al colonnello dell’esercito Walter William Hodge (45 anni) partirono da Hamilton in California per una missione per conto delle forze armate quartier generale per l’unificazione delle strutture della zona occidentale degli U.S.A.. Caso volle, che il giorno successivo, per tentare di ritrovarli, cadde anche l’aereo del tenente Bruce Wayne Spalding, 26 anni, di Vancouver, alzatosi in volo per cercarli.
16 gennaio. I tedeschi minano una parte del porto nella zona nord.
17 gennaio. Nessun bombardamento perché la zona è coperta da nubi intense. Ma ormai il carico di morte si era alzato in volo, decisero di bombardare Chiaravalle, fu una tragedia, 180 vittime, molti feriti e la completa distruzione del centro città. Anche questa data deve essere ricordata dalla nostra città per lo scampato pericolo.
22 gennaio, ore 19:00. Mitragliamento zona nord di Giulianova.
23 gennaio, ore 19:49. Bombardamento zona Annunziata e bivio Bellocchio.
24 gennaio. Sui ponti Salinello e Tordino cannoneggiamento da navi inglesi.
26 gennaio, ore 12:00. Fatti saltare una parte del molo nord, i tedeschi minano il molo sud.
28 gennaio, ore 19:00. Colpita la zona nord di Giulianova paese, ospedale civile e campagne circostanti.
27 febbraio, nessun dato da segnalare.
29 febbraio, ore 13:00, 13:30 e 15:30. Colpiti alcuni fabbricati del paese e del lido, danneggiato caseggiato di via Braga, via Manzoni e via Ciafardoni. Si contano 10 morti e 29 feriti.
14 marzo. Salta una parte del molo sud minato dai tedeschi, gravi danni al porto giuliese.
16 marzo, ore 16:00. Colpito il lido, 1 morto.
24 marzo. La 15° Air Force con i B-24, circa 32 velivoli, attaccano ponti stradali e ferroviari sul fiume Vomano e Giulianova.
30 marzo, ore 20:00 e 22:00. Colpita la zona del lido.
31 marzo, ore 19:19. Colpita la zona dell’Annunziata.
2 aprile. Colpita la zona fiume Salinello.
3 aprile, ore12:49. Colpita la zona fiume Salinello.
9 aprile, ore 21:00. Strada di collegamento paese-lido.
12 aprile, ore 22:00. Colpite le zone del lido e Annunziata (zona Fonte Giardino) colpite più di 30 abitazioni, 1 ferito.
14 aprile, ore 14:45 e 16:40. Colpito il ponte del Salinello.
16 aprile, ore 12:49. Colpito il ponte del Salinello.
18 aprile, ore 11:49. Zona nord e ponte del Salinello.
24 aprile, ore 10:19. Colpita la zona del Salinello e la statale nord, 1 morto.
2 maggio, ore 17:30, 21:30 e 23:00. Colpita la zona del Salinello.
3, 4, 5, 9, 11, 14 e 21 maggio. Varie ncursioni aeree di poco conto, soprattutto mitragliamenti con il republic P-47 Thunderbolt.
22 maggio, ore 12:40. Colpita tutta la zona ferroviaria, 1 morto e 5 feriti. A Cologna spiaggia 8 morti e 5 feriti.
9 giugno. Si registra l’ultimo bombardamento a lido.
12 giugno, ore 23:30. Viene avvistato dalle unità aeree angloamericane una nave appoggio antistante il porto di Giulianova.
13 e 14 giugno. Scoppio di varie mine e deposito munizioni al porto.
17 giugno. Arrivo delle truppe della VIII Armata inglese.
12 settembre. Residui dell’8 ª Armata con il 280 Bty, 38 Bde, 84 Bty e 11 Bde, 90 Bty e 36 Bde, transitano a Giulianova diretti a Fano.
Data l’importanza della vicenda, avevo interessato, qualche tempo fa, il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e il prefetto di Teramo dott. Francesco Camerino per avere un riconoscimento, “Civile” o/e “militare” per le numerose vittime dei bombardamenti (il contributo più alto di vittime civili in tutta la provincia di Teramo) e per la presenza di due bande partigiane; purtroppo, nonostante l’informativa del locale Comando di Compagnia dei Carabinieri di Giulianova, le mie richieste venivano, più di una volta ignorate, anche dai vari consiglieri militari della Presidenza della Repubblica. Interessai inoltre, da allora, il sindaco Claudio Ruffini, il commissario prefettizio, la dott.ssa Paola Iaci e negli ultimi anni, anche il Sindaco Francesco Mastromauro; recentemente la Commissione per la toponomastica istituita per individuare nuove denominazioni di via e piazze, accolse parzialmente la mia richiesta di intitolare la ristrutturata piazza dietro il Comune alle vittime dei bombardamenti aerei, infatti è stata intitolata “Piazza Caduti 29 Febbraio 1944”. Per dovere di cronaca, mi corre ricordare che per la stessa piazza, a cura del capogruppo in consiglio comunale della lista civica “Il Cittadino Governante”, era stata proposta l’intitolazione alla memoria del Sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso alla camorra. Tale proposta fu poi ritirata dallo stesso, dopo che avevo opportunamente scritto una lettera aperta. Oggi, nei miei progetti, resta l’idea di realizzare una targa alla memoria recante il seguente testo: “La comunità giuliese, nella memoria ancora viva degli orrori della 2a Guerra Mondiale, ricorda i sui figli vittime dei bombardamenti angloamericani del 1943-44. Ne affida la cara memoria alla storia e le loro anime a DIO. A perenne memoria delle generazioni future”. Spero che la prossima commissione toponomastica tenga in considerazione la mia proposta.
Walter De Berardinis
walter.de.berardinis@alice.it
Archivi:
Archivio privato Walter De Berardinis, Archivio Parrocchia di San Flaviano e Archivio di Stato di Teramo.
Giornali, varie annate:
Il Centro, Il Messaggero, Il Tempo, La Città e Il Corriere Adriatico.
Bibliografia essenziale:
Ufficio del capo di stato maggiore della Regia Marina Militare Italiana, Cronistoria Documentata della Guerra Marittima Italo-Austriaca 1915-1918, Roma, 1920;
Alfred Price, I Bombardieri della Seconda Guerra Mondiale, struttura, prestazioni e tattiche di combattimento, La Spezia, Melita, 1992;
Comitato 50° anniversario della liberazione, Anni di Guerra, Teramo 1943-1944. Fascismo Resistenza Liberazione, Teramo, 1994;
Archivio di Stato di Teramo, Anni di Guerra, documenti, fotografie e cimeli dal 1939 al 1945, Teramo, Archivio di Stato, 1994;
Italia Iacoponi, Il Fascismo, la resistenza e i campi di concentramento in provincia di Teramo. Cenni storici, Colonnella, 2000;
Andrea Palandrani, 25 aprile: anche Giulianova ha vinto, Giulianova, 2007;
Andrea Palandrani, Giulianova nel biennio ’43 -’45: resoconto documentario di eventi e situazioni, Giulianova, 2008;
Marco Patricelli, L’Italia sotto le bombe, guerra aerea e vita civile 1940-1945, Laterza, Bari, 2009; Casa della cultura Carlo Levi di Teramo, La resistenza nel teramano, Teramo, 19751, 20122;
Mario Ferzetti, …e la Vita continua, narrazione e fatti storici della “resistenza teramana” (25.9.1943-14.6.1944), Teramo, 2013;
Sandro Melarangelo, La Resistenza a Teramo, documenti e immagini, Teramo, 2013.
Filmografia essenziale:
Memphis Belle, Warner Bros, 1990 (UK) e 1991 (Italia)
La guerra di John Huston in Combat Film, Video Rai/Gruppo Bramante, 1994;
Le Grandi Battaglie Aereonavali, Hobby & Work, 1995;
La Guerra del Duce. L’Italia divisa, Hobby & Work, 1997;
Storia D’Italia, dall’unità al 2000. dvd n° 7, dalla caduta del fascismo alla repubblica, Istituto Luce, 2003;
RAF. Eroi e reparti speciali della seconda guerra mondiale, BBC/Il Giornale, 2003
Giovanni Lafirenze, ex sottufficiale dell’Esercito Italiano e tecnico specializzato recupero bellico in terra e mare; Rachael Lloyd, Archivio Nazionale del Regno Unito; Dan Setzer e Vinny, Archivio 57° Bomb Wing USA; Holly Reed, National Archives & Records Administration USA; Giosuè Allegrini, direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare; Ottavio Di Stanislao, Archivio di Stato di Teramo; Andrea Palandrani, docente di scuole superiori.
Il nuovo libro di Marco Patricelli, «L’Italia delle sconfitte – Da Custoza alla ritirata di Russia»
Il nuovo libro di Marco Patricelli, «L’Italia delle sconfitte – Da Custoza alla ritirata di Russia»
E’ uscito, distribuito da Laterza nelle libreria di tutt’Italia (pp. 320, Euro 20,00), il nuovo libro di Marco Patricelli, «L’Italia delle sconfitte – Da Custoza alla ritirata di Russia»
Un libro che si legge come un romanzo tragico che si dipana nei capitoli dedicati alle battaglie di Custoza e Lissa (1866), Adua (1896), Caporetto (1917), Campagne di Grecia (1940) e di Russia (1941). Sei appuntamenti con la storia che il Paese ha clamorosamente fallito dal punto di vista militare, ma profondamente segnati dalle divisioni politiche e sociali. Quelle disfatte, alcune delle quali epocali (Caporetto è diventata l’archetipo stesso della sconfitta), sono infatti il frutto di scelte discutibili quando non addirittura scellerate, pressapochismo, velleità di gigantismo e meschinerie di piccolo cabotaggio che attraversano trasversalmente l’Italia dell’Ottocento e del Novecento, col suo fardello di ipocrisie e di corruzione, anche morale.
Nella sua avvincente analisi Patricelli scioglie i nodi focali che hanno preparato, generato e fatto seguito alle brucianti avventure militari pagate col sangue dei soldati, che rispondevano a scelte politiche gravate sulle spalle di generali troppo spesso non all’altezza della situazione. A Custoza il Regno d’Italia unitario da poco proclamato perde una battaglia già vinta perché La Marmora e Cialdini conducono una guerra privata; a Lissa l’inesperto ammiraglio Persano e i suoi vice neppure si parlano, e i sogni di gloria vanno a picco assieme alle navi e ai marinai. A Caporetto Badoglio, pur sapendo che gli austro-tedeschi stanno per attaccare, se ne va a dormire. L’attacco alla Grecia soddisfa solo le manie di grandezza di Ciano e Mussolini e si incanala subito verso un clamoroso disastro che fa sogghignare mezza Europa, mentre i soldati muoiono e congelano. Una tragedia che è la prova generale della Campagna di Russia.
La vittoria ha mille padri ma la sconfitta è orfana. Di certo non in Italia, dove è figlia legittima di uomini che hanno fatto la storia col sangue di altri uomini. Loro malgrado.
«La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai militari». Per non farla fare solo ai militari i politici dell’Italia unita ci hanno messo di loro, riuscendo a realizzare un perverso mix che ha portato a una lunga teoria di eclatanti sconfitte. A Custoza si perde una battaglia già vinta perché La Marmora e Cialdini conducono una guerra privata. A Lissa l’inesperto ammiraglio Persano e i suoi vice neppure si parlano, e i sogni di gloria vanno a picco assieme alle navi e ai marinai. A Caporetto Badoglio, pur sapendo che gli austro-tedeschi stanno per attaccare, se ne va a dormire. L’attacco alla Grecia soddisfa solo le manie di grandezza di Ciano e Mussolini e si incanala subito verso un clamoroso disastro che fa sogghignare mezza Europa. Una tragedia che è la prova generale della campagna di Russia…
Ma le sconfitte non hanno pesato solo sul piano militare. Spesso sono state l’occasione per scatenare psicodrammi assurdi o ancora più ridicole cacce a capri espiatori di comodo, rivelando tutta la fragilità della nostra identità nazionale, come accaduto con il disastro di Adua e la caduta di Crispi. In altri casi hanno prodotto una presa di coscienza e uno scatto di orgoglio che ha mutato, in meglio, la storia successiva.
Cinque battaglie, cinque sconfitte che hanno contribuito a ‘formare’ l’Italia.