Giulianova. Dopo 75 anni la nipote di un soldato polacco ritrova le sue origini giuliesi.

De Berardinis ha ricostruito con lei l’intera vicenda

Valentino Jarmel

Giulianova. Recentemente, nel novembre del 2019, l’Istituto Nazionale
per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, tramite il suo
delegato e ricercatore storico, Walter De Berardinis, aveva reso onore
ai combattenti polacchi del 2° Corpo d’Armata presenti a Giulianova
durante la Seconda Guerra Mondiale. Grazie al web, Rebeca Jarmel,
nipote diretta del soldato (autista e meccanico) polacco, Valentino
Jarmel, ha contattato il ricercatore storico giuliese per avere
maggiori informazioni sulla presenza della coppia nella città
adriatica. Incrociando i dati in loro possesso hanno ricostruito le
vicissitudini della giovane coppia. Valentino Jarmel, figlio di
Bronislavo e Elisabetta Bulckow, era nato a Szut nel 1917 (oggi nella
regione di Vilnius – Lituania).

Linda Brecciarolla e Valentino Jarmel

Dopo le note vicende del 1939, dove la
Germania e la Russia si spartirono il territorio polacco, lui aderì al
II Corpo d’Armata Polacco guidato dal Generale Władysław Anders. Nel
giugno del 1944, dopo la liberazione di Giulianova, molte truppe
polacche sostarono in città per motivi logistici (snodo stradale e
ferroviario per Pescara, Teramo e Ancona; per la presenza del porto e
di due ospedali: civile nella parte alta e militare al lido). 16 di
questi militari si sposarono con altrettante ragazze di Giulianova tra
il 1945 e il 1947. Uno di questi, Valentino Jarmel, si sposò con Linda
Brecciarolla (figlia di Alfonso e Emilia Martellini) il 15 giugno 1946
nella Chiesa della Natività di Maria al lido e l’anno dopo emigrarono
dal porto di Genova in Argentina, stabilendo la loro residenza a
Valentine Alsina. Dopo aver perso due gemelli durante il viaggio, in
Argentina nacquero 6 figli: Ana, Violeta, Ángel Sergio, Monica,
Claudia ed Eva. Valentino morirà nel 1976 e Linda nel 1992. La nonna
Linda ricordava sempre l’amore per il mare di Giulianova. “Ho voglia
di vedere il luogo natio di mia nonna, la città in cui è nato il loro
amore e il mare che ha visto nascere la storia della nostra famiglia
Jarmel” – ha dichiarato Rebeca al giornalista De Berardinis – “Voglio
camminare anche per le strade della Polonia, un luogo dove mio nonno
non poté tornare alla fine della guerra, nonostante avesse combattuto
per liberarla”.




Giulianova spopola sul web e vince un torneo nazionale organizzato dalla pagina “Fun with Flags”.

Un torneo al quale si sono iscritti circa 200 comuni da tutta Italia.

Nel torneo iniziato ad Agosto 2020 e conclusosi il 30 Novembre 2020, i partecipanti hanno dovuto presentare lo stemma della propria città, nel caso specifico Giulianova ha presentato il Cavaliere Giulio Antonio Acquaviva, fondatore della cittadina rinascimentale Abruzzese.

Gli utenti del web venivano quindi chiamati a votare la bellezza dello stemma, della propria storia e le bellezze della Città che esso rappresenta.

Il torneo si è rivelato quindi, un’occasione per dare visibilità ai diversi comuni ed alle bellezze degli stessi vista la grande partecipazione popolare riscontrata da tutto lo stivale.

Ad ogni gara, infatti, erano migliaia i like che i cittadini mettevano a sostegno del proprio Comune.

Naturalmente, in questo, giocava un ruolo fondamentale l’organizzazione sul web dei cittadini dei diversi comuni e

in questo l’organizzazione dei Giuliesi è stata spettacolare.

Attraverso il gruppo facebook Sei Giuliese se, amministrato da Fabio Raschiatore, si è infatti attivata una fitta rete cittadina che tramite tag, condivisioni sui social del post lanciato sul gruppo, messaggi sui gruppi WhatsAapp e telefonate, i cittadini sono riusciti gradualmente a coinvolgere i comuni limitrofi e buona parte di quelli regionali grazie anche al supporto eccezionale della pagina L’Abruzzese Fuori sede, che, soprattutto in semifinale nelle gara contro Amalfi, ha giocato un ruolo determinante negli ultimi minuti portando la cittadina Abruzzese in finale contro il comune Ligure di Sant’Olcese (Genova).

Finale che si è poi disputata il 30 Novembre e che ha visto di nuovo trionfare Giulianova sostenuta da migliaia di like.

Partecipare e vincere un torneo Nazionale come questo, dichiarano i promotori della sfida di Giulianova, vuol dire ben’ altro che vincere un semplice “premiuccio” materiale. Vincere un torneo nazionale con 200 comuni in gara che si sono iscritti da tutto lo stivale, ha per inerzia un ritorno mediatico importante per Giulianova e per la nostra regione.

E questo grazie ai cittadini di Giulianova e a tutti gli Abruzzesi.

Sì perché proprio noi, in ogni gara ci abbiamo messo veramente il cuore.

E la passione che ci contraddistingue da sempre, ci ha portati a postare foto, piatti, modi di dire, abbiamo mostrato accoglienza, simpatia e quant’altro.

“Som fatt lì ruffian inzmm”, ma lo abbiamo saputo fare!

E grazie a questo “ruffianaggio”, non c’è stata una sola gara che sia terminata senza che gli avversari (ed erano migliaia), dicessero “passato il lockdown verremo a Giulianova o in Abruzzo a trovarvi” e questo nonostante avessero perso.

Per non parlare poi della coesione sociale e della compattezza che c’è stata tra i cittadini Giuliesi e non.

Gente che si chiamava, inviava messaggi, lo scambio di battute, le strategie.

Finalmente abbiamo rivisto una Giulianova che è scesa in campo compatta difendendo solo i suoi 2 colori, il Giallo ed il Rosso.

E questa è la Giulianova che noi tutti amiamo.

Vi sembra poco…? A noi assolutamente no!

Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che si sono divertiti assieme a noi in questo gioco, che a costo zero ha dato grande visibilità,a livello nazionale, alla nostra città ed alla nostra regione, L’Abruzzo.

Fabio Raschiatore

SEI Giuliese SE…

 




Gli studi storici di Galantini sulle migrazione albanesi in Abruzzo alla conferenza scientifica internazionale di Prishtina.

GIULIANOVA – Si è parlato anche dell’Abruzzo nella Conferenza scientifica internazionale sugli studi albanistici in Italia organizzata a Prishtina dall’Accademia delle Scienze del Kosovo e i cui atti sono stati pubblicati quest’anno.

Il tema è stato trattato da Matteo Mandalà, professore ordinario nella facoltà di Lettere e Filosofia all’università di Palermo e tra i massimi esperti del settore, che si avvalso di alcuni studi di Sandro Galantini riguardanti le migrazioni slavo-albanesi nel territorio abruzzese tra il XV e il XVIII secolo.

Nel corso degli anni le pubblicazioni dello storico giuliese, autore a partire dal 1987 di una dozzina di saggi relativi ai rapporti tra le opposte sponde dell’Adriatico e soprattutto dell’unico repertorio bibliografico disponibile sugli studi albanistici e slavistici riguardanti l’Abruzzo, erano stati richiamati nei contributi scientifici di studiosi dedicatisi al tema tra i quali Davide Aquilano nel 1997, Franco Farinelli nel 2000, nel volume dedicato all’Abruzzo nella einaudiana Storia d’Italia, Marco D’Urbano nel 2008 e Federico Roggero nel 2014.




Giulianova. Sabato 25 luglio al Kursaal la presentazione del libro dello storico Sandro Galantini

Sandro Galantini

Sandro Galantini PH (gianlucapisciaroli.it)

Il 25 luglio al Kursaal di Giulianova presentazione del nuovo libro di
Sandro Galantini

Sabato 25 luglio, alle ore 21.00, si terrà al Kursaal di Giulianova la
presentazione del nuovo libro di Sandro Galantini dal titolo di
“Giulianova. Frammenti di storia” (Ricerche&Redazioni).

Nato con l’intento di non disperdere alcune sparse tessere della storia
cittadina, almeno quelle tra le meno scontate e note, il volume raccoglie
sessanta brevi e gustosi capitoli, per lo più inediti, che grazie anche ad
un corposissimo apparato di immagini d’epoca ricompongono uno spaccato
molto significativo della Giulianova d’altri tempi.

Lo storico giuliese, ricorrendo ad uno stile colloquiale e di grande presa,
narra vicende e fatti, rende noti personaggi sinora poco o per nulla
conosciuti, descrive progetti e realizzazioni illuminando anche aspetti
relativi a scambi commerciali e rapporti culturali dal Cinquecento a metà
Novecento. Attraverso le 190 pagine del libro si compie pertanto un
“viaggio” nell’arco lungo della storia che porta ad emersione una
Giulianova ricca a suo modo di echi, di stimoli, di fermenti, di volontà,
di risorse e di entusiasmi.

L’evento, patrocinato dall’Amministrazione comunale, è stato voluto ed
organizzato dalla nuova associazione culturale “Polaris” in collaborazione
con la sezione di Giulianova dell’Associazione Nazionale Carabinieri.

Dopo i saluti del Sindaco di Giulianova Jwan Costantini e del Presidente
dell’associazione “Polaris” Jurghens Cartone, prenderanno la parola il
noto giornalista Paolo Di Mizio e quindi l’Autore del libro Sandro
Galantini.

La presentazione è stata organizzata nel pieno rispetto della normativa
vigente per il contenimento della diffusione del Coronavirus.




Giulianova. Editoria: “Giulianova, frammenti di storia”, nuova “fatica” editoriale dello storico giuliese Sandro Galantini. Da luglio edito dalla “Ricerche&Redazioni”

GIULIANOVA, FRAMMENTI DI STORIA

Sandro Galantini , foto archivio

In uscita ai primi di luglio 2020 presso Ricerche&Redazioni il nuovo libro di

Sandro Galantini

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1226912894318901&set=a.143774915966043&type=3&notif_id=1592402318181122&notif_t=feedback_reaction_generic_tagged&ref=notif

. Il volume aspira a diventare, al pari di quelli che lo hanno preceduto, un ulteriore prezioso tassello nella ricostruzione della storia giuliese. Con un linguaggio semplice e diretto, Sandro Galantini ripercorre vicende, fatti, personaggi della Giulianova d’altri tempi, dal Cinquecento alla metà del Novecento. 59 frammenti di storia cittadina assolutamente originali e inediti, riccamente illustrati da un corposo apparato di immagini d’epoca, che ricompongono uno spaccato molto significativo della città, con notizie e curiosità intriganti mai conosciute prima: un vero e proprio itinerario che si snoda nella storia, e che consente di avere una fisionomia delle vicende e dei luoghi della città a 360 gradi.

Prezzo del volume:

– ritiro in casa editrice, Teramo: € 20,00

– spedizione con corriere espresso: € 27,00

– spedizione come piego postale: € 23,50

>>>> Info e Prenotazioni copie con dedica dell’Autore:

>>>> Email: info@ricercheeredazioni.com | WhatsApp: 348.2643221




Editoria. “Giulianova, frammenti di storia – Aneddoti, curiosità e personaggi”, l’ultima fatica editoriale dello storico Sandro Galantini.

Giulianova. Segnaliamo questa bella iniziativa dell’editore teramano Giacinto Damiani della “Ricerche&Redazioni”. Di imminente pubblicazione, entro giugno, del nuovo libro dello storico e giornalista giuliese, Sandro Galantini: GIULIANOVA, FRAMMENTI DI STORIA. Aneddoti, curiosità, personaggi, eventi d’altri tempi e tanto altro ancora. Un libro nato durante la quarantena per l’emergenza sanitaria per il covid-19, poi “rimbalzati” sulla nostra testata online giulianovanews.it.

Info e Prenotazioni copie con dedica dell’Autore: Email: info@ricercheeredazioni.com o/e Whatsapp: 348.2643221

Sandro Galantini, fotografato da Maurizio Anselmi (C)




USA. Benny Manocchia: il bar Agrò un pezzo del mio cuore.

di Benny Manocchia*

Un vecchio articolo apparso su L’Unità, quotidiano del Partito Comunista Italiano – edizione Abruzzo – Archivio “Walter De Berardinis”

Apprendo dalla stampa abruzzese ( Articolo de Il Centro )della chiusura dello storico caffè (caffè Roma) della stazione della mia città di nascita, il mito Bar Agrò. La prima volta che entrai nel bar, ero un ragazzotto appena uscito dall’ospedale dove mi avevano tolto un bel po’ di schegge per via del bombardamento su Giulianova del 29 febbraio 1944, dove morì mio padre, il giornalista Francesco Manocchia. Ero entrato per salutare e ringraziare il signor Albani, padre di Gianni,mio compagno di scuola, che mi aveva trasportato a braccia all’ospedale vecchio vicino al Santuario della Madonna dello Splendore. Al bar c’era il piu’ anziano della famiglia, Agro’,il tosto che giocava in difesa. Mi disse: lascia stare il caffe’, sei troppo giovane, prenditi le caramelle. C’era un’atmosfera bella, amichevole e molto scherzosa, solo come i veri giuliesi sanno fare. Ognuno sapeva bene come formare la formazione della squadra giuliese, a Giulianova siamo tutti un po’ allenatori! Piu’ tardi, mio fratello Lino, già corrispondente a Giulianova per alcune testate sportive, mi presento’ Giannino, il piu’ giovane della famiglia,simpatico, già giocatore in serie A, un po’ tutti lo ammiravamo. Lo stesso giorno, a Giulianova spiaggia, un mio amico giuliese mi porto’ a gustare un gelato al limone, veramente Delizioso! C’era il piu’ piccolo della famiglia,padre di una stupenda ragazza (che oggi purtroppo non e’ piu’ con noi) che veniva a scuola a Teramo con tutti noi.  Era molto bella,ammirata dai giovanotti.Una volta un teramano comincio’ a fare lo scemo e cosi’ gli mollai un destro che se lo ricordò per un bel pò.

I giornalisti, Lino e Benny Manocchia 31 maggio del 1964

Potrei parlare di tanti ricordi.Credete che anni in America possono annebbiare i ricordi di infanzia e del mio bel paese natio? Era una popolazione quasi sempre incazzata per la squadra o per la politica.Chi la voleva rosso,chi la voleva bianca.Intanto i politicanti ci fregavano. Sapere della triste storia del Bar Agrò mi piange il cuore, può essere che non si trova un giuliese disposto a rilevare l’attività vicino alla Stazione ferroviaria? Che peccato, se ne va un pezzo della vita giuliese.
*Giornalista giuliese residente negli USA

L’ultima fatica editoriale di Benny Manocchia, Cronache Americane




Giulianova. Il Giardino Ducale giuliese

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 62.
di Sandro Galantini*
Leandro Alberti, nella sua Descrittione di tutta l’Italia del 1550, reputava «molto dilettevole» la campagna tra San Benedetto e Grottammare grazie ai giardini di limoni che la puntuavano. A sud del Tronto ben diverso a quei tempi era la scenario che si offriva allo sguardo. Unica eccezione, quel giardino ducale delle «marange» o «citrangule», cioè ricolmo di piante di aranci amari (citrus aurantium), menzionato nel 1547-48 a Giulianova. Posto fuori le mura urbane, a valle del palazzo ducale e a poca distanza dalla «fontana grande» (quella cioè di Salita Montegrappa) così da utilizzarne le acque, il giardino era stato voluto probabilmente da Giangirolamo I
Acquaviva d’Aragona. Abile nelle armi ma anche letterato, filosofo e poeta, il signore di Giulianova aveva così voluto dotare la sua “reggia” di uno spazio verde che, riproducendo un modello assai diffuso nelle residenze dell’alta aristocrazia, costituisse il luogo privilegiato della conversazione tra pari ma anche il sito ideale per il dialogo e la riflessione. Indicato nel 1619 come «Cetransole» con una rendita di 111 ducati, il giardino ducale viene quindi utilizzato come area in cui coltivare, «per il moltiplico», tutte le piante in esubero nella ricchissima serra allestita nel suo palazzo di Roma da un cadetto ecclesiastico della famiglia Acquaviva, monsignor Giuseppe, divenuto il 5 settembre 1621 arcivescovo titolare di Tebe.
Si deve quindi a lui, appassionato di essenze rare e tra i maggiori collezionisti floreali italiani, se il giardino ducale giuliese, trasformato in succursale di quello romano e ridenominato «Lazzaretto», diviene una vera oasi botanica, rara a trovarsi nel resto dell’Abruzzo. Non è pertanto un caso se nella folta biblioteca acquaviviana di Giulianova compare un trattato sul giardinaggio del gesuita Giovan Battista Ferrari,
cioè Flora, seu de florum cultura lib. IV, volume stampato a Roma nel 1633 ed acquistato da Giuseppe Acquaviva l’anno prima della sua morte.
Lo splendido giardino ducale veniva tuttavia distrutto durante il difficile periodo dei moti masanelliani. Il 12 aprile 1648, infatti, il ribelle duca di Collepietro Alfonso Carafa assediava Giulianova facendo acquartierare le sue truppe in vari punti strategici: Torre del Salinello (l’attuale Migliori), i «magazzeni» regi vicini al mare, gli orti dell’allora convento dei Cappuccini, oggi parco di Casa Maria Immacolata, e
appunto il «giardino del Duca d’Atri» descritto come «luogo murato», protetto cioè da una recinzione in pietra.
Sicché non sorprende che nel 1649 il giardino, tornato a figurare tra i beni giuliesi degli Acquaviva col nome «Cetransole», risulti senza rendita essendo ridotto ad una mesta landa senza vita proprio a causa dell’assedio dell’anno prima.
La passione per la botanica e la vegetazione ornamentale non abbandona però gli Acquaviva. È forse del 13° duca Giosia III, nato a Giulianova nel 1631 e legatissimo alla città nativa dove amava risiedere con la moglie Francesca Nicoletta Caracciolo, il significativo libro Hortorum libri IV pubblicato dal gesuita Rene Rapin nel 1665, un poema riguardante fiori, piante, alberi e la posizione ideale per un giardino.
In ogni caso è durante la signoria dell’ultimo duca Rodolfo, nato a Giulianova nel 1691, che il vecchio giardino ducale giunge al suo momento di massimo splendore. È nella prima metà del XVIII secolo, dopo che la famiglia ritorna in possesso dei beni sottratti dagli austriaci e con Rodolfo divenuto duca nel 1745 a seguito della morte
del fratello Domenico, che il «giardino grande» alla marina, probabilmente l’ampio spazio verde pedecollinare tra l’attuale piazza Dalla Chiesa e le scalette Montegrappa, si espande diventando luogo di «delizie».
E che fosse una sorta di Eden, in grado di suscitare meraviglia nei pochi privilegiati ammessi a varcarne le due porte d’accesso, lo apprendiamo dai documenti settecenteschi. Impostato su spettacolari stilemi barocchi, il giardino era infatti dotato di «casino» con due stanze ombreggiate da una loggia, di un altro edificio munito di un vasto salone, di «luoghi terranei di più commodi», di stalle ed ambienti per il giardiniere.
Il tutto in una cornice ingentilita da agrumeti, lauri, cipressi, pini e siepi di mortella a formare percorsi labirintici oltre a bossi utilizzati per rievocare la pianta urbana della città di Buda. Né mancavano le statue e persino un grande acquario.
Storico e Giornalista*



Giulianova. L’organo della chiesa della Misericordia

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 61.
di Sandro Galantini*
Il 29 luglio 1879 don Antonio Bindi, anziano canonico della chiesa di San Flaviano di cui nel 1860 era stato arciprete sebbene come facente funzioni, prendeva il primo contatto, molto probabilmente attraverso i buoni uffici del musicista tortoretano Luigi De Fabritiis, con uno dei maggiori esperti di arte organara. Si trattava dell’ascolano Vincenzo Paci, nato nel 1811 ed appartenente ad una famiglia che vantava fra i suoi esponenti illustri artisti, pittori, scultori e maiolicari.
Oggetto della richiesta, il restauro del malridotto organo presente nella chiesa della Misericordia su piazza del Mercato (oggi Dante Alighieri) che il canonico Bindi, zio dello storico Vincenzo, voleva restituire a nuova vita. Con la venuta del Paci a Giulianova, il 15 agosto seguente, iniziava la vicenda del restauro dell’organo giuliese che avrebbe causato all’ascolano più di un’amarezza.
Intanto lo strumento, trasportato nell’aprile 1880 con ogni cautela nel suo laboratorio di Ascoli, era ridotto ad un «fradiciume» come Paci confidava il 20 luglio seguente all’amico e corrispondente De Fabritiis mostrando i segni di un palese pentimento per aver accettato una commessa tanto impegnativa e per la quale, con imprudente generosità, aveva preso su di sé ogni spesa relativa ai trasporti ed ai frequenti spostamenti a Giulianova. Comunque con l’aiuto del figlio Giovanni e di un paio di lavoranti, e tramite un bancone appositamente approntato, Paci in due mesi e mezzo di assiduo e duro lavoro era riuscito a rimpiazzare non solo la tastiera ma anche la pedaliera giacché la vecchia era del tutto inservibile. Inoltre aveva dovuto rinnovare tutte le sottilissime canne della mostra con l’aggiunta di parecchio stagno, oltre a quelle del Principale e alle centinaia dell’interno nel pieno.
Un intervento dunque assai impegnativo, che aveva inoltre comportato la rinnovazione delle anime e dei labri dei bassi di legno, ma per il quale Paci, come lamentava in una sua lettera del 6 dicembre 1880, non aveva ricevuto né dal canonico Bindi, né dal sindaco Gaetano De Maulo, alcun compenso nemmeno parziale nonostante a suo dire si trattasse di somma «meschinissima» e avesse persino concesso, ma inutilmente, la dilazione di un mese. Per cui, concludeva con una certa irritazione, tali comportamenti lo dissuadevano ad «accettare commissioni in codesti paesi».
L’organo, il cui restauro definitivo in ogni sua parte si aveva solo nei primi del marzo 1881 a causa della malattia che nel frattempo aveva colpito Vincenzo Paci, veniva trasportato tramite «vetturale» a Giulianova e ricollocato con il relativo cassone da Giovanni nella Misericordia il 22 marzo seguente, a sei giorni dal decesso del padre.
Sicché era appunto Giovanni Paci a firmare di lì a tre mesi, il 19 maggio, la lettera a Giovanni Pagliaccetti, priore della Confraternita della Ss.ma Misericordia, con la quale comunicava di non poter concedere un ribasso eccedente le 300 lire sulla somma pattuita di 1.550 lire per il lavoro eseguito che, sottolineava con una leggera punta polemica, come da accordi presi a suo tempo con il padre già escludeva le spese per «trasporto dei nuovi pezzi, viaggi, cibarie ed alloggio di 2 giorni per 2 individui».
* Storico e Giornalista



Giulianova. Aprile 1817, le misure del Commissario sanitario per scongiurare l’epidemia.

di Ottavio Di Sanislao*
Giulianova era stata già duramente provata nel corso del 1815 quando era stata percorsa dalle truppe di Murat che nel marzo erano avanzate verso nord e, immediatamente dopo, subita la disfatta, quando erano rientrate nel Regno sempre attraverso il suo territorio. A maggio arrivarono poi truppe tedesche dell’esercito imperiale che si trattennero alcuni mesi. La città era già esausta quando al cosiddetto “anno senza estate” del 1816, che provocò la terribile carestia, seguì un’epidemia di tifo petecchiale. Il Commissario Sanitario giunse a Giulianova nel pieno della pandemia; con le autorità locali concordò alcune misure di profilassi per contrastare il diffondersi dell’epidemia che stava decimando la popolazione. Fu infatti deciso: lo spostamento dell’ospedale e dei malati dall’interno del paese all’ex convento dei celestini soppresso da qualche anno; il trasferimento del carcere dai locali sotto il palazzo ducale giudicati non idonei fin dal 1813; la disinfezione degli ambienti, una maggiore pulizia delle strade; la chiusura delle “fosse carnaie” e l’attenzione nelle sepolture. In particolare, si raccomandava di realizzare fosse profonde in maniera da poter interrare sufficientemente i cadaveri, facendo comunque sempre uso della calce, e di assistere i poveri assicurando almeno un pasto giornaliero. Nel corso del 1817 si registreranno ben 777 morti, circa un quarto degli abitanti. La popolazione del comune nel 1810 era infatti di 2779 abitanti (Archivio di Stato, Atti demaniali Giulia). Per avere una idea della drammaticità del fenomeno basta confrontare il numero dei morti del 1817 con quello degli anni immediatamente precedenti e successivi: 117 nel 1813, 93 nel 1814, 87 nel 1815, 222 nel 1816, 61 nel 1818 e 45 nel 1819.
“Oggi giorno 17 del mese di aprile 1817 essendoci riuniti col sig. dott. Don Fulgenzio de Petris qui arrivato ieri in qualità di Commissario Sanitario, unitamente ai dottori fisici di questo comune, egli dopo un ragionamento fatto con essi (…) si è portato a visitare gli ammalati tanto nel paese che nella campagna, nonché l’ospedale civile, le carceri, le chiese, camposanto e tutte le strade dell’abitato e poi riunitosi col sig. Giudice di pace, sig.ri membri di carità e galantuomini principali del comune si è risoluto concordamente di traslocarsi l’ospedale nel soppresso monastero dei Celestini sito in campagna e distante bastantemente dall’abitato, chiudersi l’ospedale dopo disinfestato con sfumicazioni muriatiche, farsi chiudere tutte le sepolture delle chiese con lamia e mattonato, facendoci prima buttare molta calce, e non più aprirsi, farsi spazzare maggiormente le strade del paese due volte la settimana, come anche farsi chiudere vari locali terranei abitati da poveri già morti, con disinfettarli prima con le sopradette fumicazioni muriatiche, vari fondaci che servono d’occasione d’immondezze; trasferirsi il carcere attuale ridotto in pessimo stato nel torrione della casa del sig. don Francesco Ciafardoni siti nella Rocca; chiudersi ermeticamente le due sepolture del cimitero, con farsi uso per l’avvenire giornalmente dei scavi della profondità secondo il numero dei morti, che vi saranno alla giornata, e quindi dopo averci buttata della calce coprirsi almeno con quattro palmi di terra e mattonato. (…) inoltre si è risoluto farsi un notamento esatto dei poveri atti alla fatiga ed obbligarsi giornalmente d’andare al travaglio delle strade, come anche farsi una nota degli altri poveri impotenti e ricoverarli nell’Ospedale dove dovranno essere provveduti coi sussidi del Governo, dell’Ospedale stesso e dei buoni cittadini, dandosi loro una zuppa economica.…
Fulgenzio De Petris Commissario Sanitario, Egidio Bucci sindaco, Andrea Castorani arciprete-parroco.”
Archivio di Stato Teramo, Stato civile Giulianova, ultima pagina del registro dei morti: 28 dicembre 1817, numero d’ordine settecentosettatnasette.
*Funzionario Archivista