SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace: contro ogni razzismo

La Rivista RASSEGNA dell’ISTRUZIONE edita da MONDADORI- LE MONNIER in collaborazione con il M.I.U.R. (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) propone:

SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace: contro ogni razzismo

A Scuola di Pace. Incontrare l’Altro e il Sè

http://www.peacelink.it/pace/a/37860.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

A Scuola di Pace. Incontrare l’Altro e il Sè

SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace: contro ogni razzismo

La scuola, gli insegnanti, i genitori, devono porsi all’ascolto, all’accoglienza, con la responsabilità molto importante di incentivare alla convivenza pacifica e al dialogo interculturale, ponendosi in atteggiamenti di ascolto delle storie di vita intrise di traumi, frustrazioni, insuccessi che il viaggio di migrazione comporta con lo sradicamento da un altrove remoto di tradizioni, lingue e costumi differenti. Occorre estirpare il pregiudizio, sradicare lo stereotipo per prevenire la ghettizzazione, la discriminazione degli immigrati che tendono a isolarsi dal contesto educativo dei paesi d’accoglienza, cercando invece ambiti di interazione tra simili e affini, evitando il confronto e il dialogo con l’altro. Una scuola orientata ad un futuro di pace deve aprirsi al rispetto, all’interazione, all’inserimento, incentivando il racconto e la narrazione reciproca delle storie di vita, raccogliendo e annotando esperienze esistenziali, facendo riemergere difficoltà e frustrazioni, analizzando situazioni e circostanze. L’insegnante è chiamato a trasformare gli atteggiamenti aggressivi e violenti in stimoli relazionali positivi, per far comprendere l’importanza di situazioni di confronto e interazione, in prospettive di dialogo pacifico e rispettoso dell’altro. L’inserimento dell’allievo migrante nella classe deve avvenire gradatamente, tramite un’interrelazione reciproca orientata a situazioni non violente e di accoglienza, in ambiti di discussione e dialogo, dove il conflitto non venga assolutamente concepito come negativo, ma si cominci proprio da esso per approdare a situazioni di interrelazione ed interscambio, perché i comportamenti microsociali riflettono sempre prospettive macrosociali. Dunque, una società votata al razzismo e alla discriminazione produce sempre elementi di discontinuità, di intolleranza nell’ambito sociale più circoscritto, come può essere la scuola, la comunità, la famiglia. Dalla scuola deve propagarsi il monito universale della pace e dell’antirazzismo, contro ogni intolleranza, ogni omofobia e discriminazione, nell’accoglienza reciproca di tutti e di ciascuno, nel rispetto dei problemi psicologici e comportamentali, nella valorizzazione delle diversità, dall’omosessualità alle differenze di genere e a tutte le prerogative interreligiose e le caratteristiche culturali, dove è necessario recuperare riconoscere una personale identità, per poi riparteciparla con la personalità altrui, per incontri vicendevoli che conducano alla comprensione, in un mondo che necessita di pace a livello sociale ed istituzionale, locale e globale.

Un’adeguata politica interculturale deve porsi l’obiettivo di aprire la scuola ai migranti, tramite percorsi di accoglienza, perché l’istituzione formativa è intesa come luogo educativo di accettazione, interazione e dialogo interculturale.

La scuola che apre ai migranti consegna valori di arricchimento tra culture a tutte le generazioni presenti e operative nel contesto formativo. L’umanità nelle diverse latitudini e longitudini spaziali e temporali è sempre stata nomade e itinerante.

In questa prospettiva l’istituzione scolastica è chiamata ad aprirsi allo straniero, al Rom, al nomade, per concepire il concetto dell’erranza come avventura esistenziale di valorizzazione reciproca, di ampliamento delle prospettive culturali ed interculturali, nei vari contesti formativi ed educativi, dove la differenza è sempre apportatrice di novità, di cambiamento, in una prospettiva positivamente rivoluzionaria, nell’ambito del contesto quotidiano dell’educazione. Il migrante apporta sempre un bagaglio di nozioni, lingue e di esperienze molto ricco e variegato, e nell’incontro con la comunità e la scuola di accoglienza, bambini e genitori di tutte le nazionalità si devono sentire reciprocamente coinvolti in processi di cambiamento, in percorsi dialogici caratterizzati da un’osmosi educativa tra diversi, dove l’altro, il più umile, il differente è sempre apportatore di arricchimento valoriale, in esperienze esistenziali remote e recenti, di traumi, sofferenze, cesure e discontinuità della propria storia di vita. Nel viaggio di migrazione, lo straniero ha conosciuto il disagio, la povertà di paesi lontani, di costumi, lingue e tradizioni originarie, che nel luogo di accoglienza, come la scuola possono costituire fattori di interesse reciproco tra allievi.

Purtroppo si assiste spesso ad episodi di intolleranza all’interno delle comunità, a tensioni, liti, conflitti, dove l’altro viene messo da parte, escluso, non accettato, perché anche la società stessa discrimina le differenze sotto varie forme ed aspetti, a livello macrosociale. Risulta difficile riflettere se stessi nell’altro, attivando meccanismi comportamentali pacifici e non violenti di comprensione ed empatia, dove prevale invece l’aggressività e la presunzione di appartenere al gruppo dominante e ritenuto migliore.

A Scuola di Pace. Incontrare l’altro e il sè

Compito dell’istituzione scolastica è educare alla differenza, all’altro, al diverso, per creare presupposti di una cultura dell’accoglienza e per impedire l’omogeneizzazione culturale, dove la scuola si ponga il sostanziale obiettivo di educare a considerare il diverso non come un pericolo per la propria sicurezza, ma come risorsa per la crescita interculturale e valoriale.

L’apertura al diverso è la dimensione fondamentale di una persona libera, capace di sostenere l’insicurezza del relativo e dell’incerto.

La pedagogia della differenza supera l’etnocentrismo educativo che si esprime sperimentando quotidianamente la scuola come comunità di diversi, che non emargina chi non è uguale e chi non è in grado di seguire il ritmo dei migliori.

Gli obiettivi educativi di una scuola che si prefigge di educare alle differenze consistono nel presentare la varietà e la diversità delle culture non come un limite, ma come fonte di arricchimento, perché la differenza non è un elemento da tollerare, ma un bene da tutelare e da valorizzare.

La scuola ha l’obiettivo di agevolare una sempre maggiore coscienza del valore dell’identità culturale, per poter innestare su questa graduale acquisizione l’educazione al dialogo tra le culture e alla cooperazione tra i popoli, formando nei giovani l’atteggiamento di rispetto per l’altro, nella differenza e nell’alterità.

Nella relazione educativa ed interculturale risulta sempre più centrale l’ascolto, per cui la comunicazione educativa avviene a partire dall’altro, in un atteggiamento orientato all’accettazione e all’ascolto attivo, con domande di interazione colloquiale aperta e contestuale.

Il rapporto con l’altro non implica la rinuncia alla propria verità e ai  propri valori, che verranno affermati, testimoniati e rivalutati con efficacia, in una convinzione di grande rispetto per la verità e i valori della convivialità e della condivisione, in prospettive di reciprocità relazionali. L’atteggiamento di ascolto attivo e la pratica del dialogo conducono i soggetti della relazione educativa alla ricerca comune, dove i ruoli e le competenze rimangono distinti, nel senso profondo dell’avventura umana, del viaggio di scoperta e di crescita e nell’ambito di contesti conviviali ed interculturali.

Insieme alle lezioni frontali, ai compiti in classe, alle interrogazioni, nella prassi didattica, vengono sperimentate altre metodologie, altre tecniche di animazione, altri strumenti di coinvolgimento che incidono profondamente sulla relazione educativa e la rinnovano.

Nella scuola si sono moltiplicate esperienze significative di innovazione metodologica e strumentale, dai giochi di cooperazione e di simulazione, dalla scrittura collettiva al brainstorming, che agevolano le competenze di confronto, ascolto, di dialogo e interazione colloquiale con le reciproche peculiarità identitarie, in quanto in ogni attività scolastica si sperimenta una trasmissione culturale. Quando ogni soggetto diviene cosciente del proprio etnocentrismo, nel modo di leggere la realtà e di trasmettere il messaggio culturale, darà un contributo nel modificare e correggere le distorsioni, i pregiudizi, gli stereotipi che affiorano nelle pratiche interculturali, in una concreta rivoluzione copernicana nell’insegnamento delle varie discipline.

L’altro diventa sempre più un nuovo paradigma dell’educazione nella società multietnica.

La differenza è valore, risorsa, diritto verso un’etica della reciprocità.

La differenza è l’inalienabile diritto di ogni persona ad attuarsi e ad espandersi con la sua identità, nelle reciprocità relazionali, affermandosi come umanità ed unità identitaria, differente non solo dagli altri, ma anche da se stessa, al fine di non deteriorarsi nel conformismo e nella ripetizione solipsistica. Dalla percezione negativa dell’altro scaturisce paura e insofferenza, intolleranza e razzismo, mentre da un’accettazione positiva può scaturire un incontro nuovo, un cambiamento, una speranza, perché solo con il coraggio di ripartire dall’altro, dal volto altrui è possibile impegnarsi, al fine di creare le condizioni per il passaggio dall’umanesimo del soggetto all’identità dell’altro, dalla logica dell’individuo alla cultura della differenza, dall’etica del soggetto al principio dell’alterità, dal singolo alle comunità.

L’etica dell’altro è l’espressione con cui si riassumono gli atteggiamenti di responsabilità, accoglienza, prossimità, solidarietà.

L’incontro con l’alterità è il problema del futuro, con cui affrontare in modo positivo e fruttuoso la modernità.

Nell’età postmoderna, il singolo non avrà un centro nè una periferia, in quanto ogni popolo potrà custodire la propria identità e sentire gli altri in una reciprocità che non porta alla contaminazione dell’ideologia del potere, del dominio e della sopraffazione.

La riflessione in merito ai temi dell’alterità, della differenza, della relazione intersoggettiva e interculturale propone il concetto di reciprocità, come paradigma della relazione fondata sul valore della differenza, nell’aspirazione ad un’esistenza completa con e per agli altri.

Educare alla diversità. La pluriappartenenza cosmopolita

Una domanda globale, multidimensionale, un pensiero indagatore e multilaterale possono aprirsi all’avvenire di un’era aperta alla mondialità, orientata all’avventura dell’umano, in una prospettiva di cittadinanza attiva, cosmopolita ed internazionale, nell’itinerario errante e multidimensionale per raggiungere una condizione di pace su tutto il pianeta. La mondializzazione dei diritti umani, della libertà, dell’uguaglianza, della fraternità, dell’equità sociale e del valore universale della democrazia, favoriscono lo sviluppo di una coscienza che consideri la diversità culturale, non come realtà opposta all’unità dell’umanità borghese e benpensante, ma piuttosto quale fonte di ricchezza, di innovazione e cultura, nel superamento dei limiti, dei confini e delle frontiere nazionali, con l’emergenza di una coscienza cittadina transnazionale che manifesti chiaramente quanto i problemi mondiali richiedano risposte aperte al dialogo interculturale, contro gli effetti di una civilizzazione, in cui domina il quantitativo, il profitto, il prosaico, l’aggressivo.

Numerosi movimenti, istituzioni e realtà culturali attive operano per la pace, sul territorio nazionale e a livello mondiale. La coscienza di questi organismi associativi pacifisti elabora una sorta di internazionale cittadina che potrà condurre al dialogo interculturale ed interreligioso, attraverso la tutela dei più deboli, dei diversi, degli emarginati per un mondo di pace.

Diversità è l’errare nel molteplice significato di smarrimento, del perdersi nel cercare rifugio, il punto di approdo, il riferimento. Siamo tutti erranti nei nostri errori, nelle paure, nei timori, nello spaesamento quotidiano. Siamo tutti migranti nelle nostre ansie, angosce e paure, alla ricerca di un senso e di un significato per l’esistenza.

Nel percorso divergente che produce l’errore, come percorso per comprendere la complessità, l’erranza è la traccia incerta e malsicura dell’esperienza umana verso la giustizia, la verità e la libertà.

Il “clandestino”, il migrante, il senza fissa dimora, lasciano il proprio paese per incamminarsi verso una meta che intuiscono, ma  viene loro vietata dalla logica negativa del progresso capitalista, con le implicanze conseguenti di diseguaglianze e ingiustizie economiche, sociali e istituzionali. Come donne e uomini costruiamo un’unica e totale umanità nella pluriappartenenza cosmopolita e internazionale, in un cammino che trasmetta l’esperienza della pluralità, dell’incertezza, dell’emarginazione, della verità, del disagio, nel dubbio, nella precarietà del pensiero, nell’errore, come concezione diversa e alternativa della verità, dove l’erranza della migrazione e dell’esistere diviene esperienza conoscitiva.

Colui che crede di detenere la verità diventa insensibile all’errore, considerando negativo tutto ciò che contraddice i suoi presupposti e le sue certezze.

Il percorso per raggiungere la giustizia, l’uguaglianza, la libertà e la verità consiste in una ricerca senza fine che transita attraverso il tentativo, l’errore e l’ erranza senza meta, in percorsi itineranti, attraverso la prassi dell’esperienza, nello smarrimento interiore, nel disagio psichico, nel travaglio emotivo dell’avventura del conoscere, tra le cesure e le discontinuità della propria storia, contro ogni tendenza dogmatica, a dispetto dei fenomeni dell’arrivismo, dell’ambizione e dell’egocentrismo.

L’errore è aperto, evolutivo, affronta l’imprevisto, la novità, l’estraneità di un soggetto che cerca, conosce e pensa.

La complessità delle differenze consiste in un ordito di eventi, azioni, interazioni, così da presentarsi sotto l’aspetto inquietante della perplessità, di ciò che è inestricabile nel disordine, scomodo al perbenismo sociale, dell’ambizione personale, che si oppone a uno stile di vita caratterizzato dall’incertezza, dall’emarginazione e dalla precarietà dell’esistenza.

La sfida del nostro millennio è l’educazione al pensiero complesso delle differenze, nell’interazione e nella valorizzazione piena delle diversità, per un mondo orientato alla pace, privo di sperequazioni economiche, senza stereotipi, pregiudizi e conseguenti discriminazioni e ghettizzazioni, dove non si escluda il più debole, il bisognoso, con la riduzione in schiavitù dei diseredati del pianeta.

Il pensiero complesso delle differenze prevede due tipi di ignoranza: l’uomo che non sa, ma è proteso alla ricerca, all’apprendimento e l’ignoranza, molto pericolosa, di chi crede che la conoscenza sia un processo lineare, cumulativo, che procede, facendo luce nell’oscurità, ignorando che l’effetto della conoscenza produce anche ombre, errori, dubbi, perplessità e incertezze. Occorre imparare a camminare nell’oscurità, nell’instabilità emotiva ed esistenziale, nell’ignoranza, nella confusione e nel disordine caotico delle differenze, per creare contesti quotidiani di dialogo e processi di pace, a livello globale e planetario.

Allegati

La Rivista RASSEGNA dell’ISTRUZIONE edita da MONDADORI- LE MONNIER in collaborazione con il M.I.U.R. (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) propone: SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace. Contro ogni razzismo

Vedi anche

Pace

Rassegna dell’Istruzione – Mondadori, Le Monnier- MIUR

Il Bimestrale “Rassegna dell’Istruzione”, edito da Mondadori, Le Monnier, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR, propone importanti progetti istituzionali e interessanti argomenti inerenti le buone pratiche scolastiche, dall’intercultura alle nuove esperienze didattiche, dalla progettualità formativa alle innovazioni nell’ambito della scuola dell’autonomia, in collaborazione con le agenzie educative del territorio.

28 marzo 2012 – Laura Tussi

  • Pace

Rassegna dell’Istruzione-Mondadori, Le Monnier- MIUR

La Rivista “Rassegna dell’Istruzione”, edita da Mondadori-Le Monnier, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) è il Bimestrale di Informazione Scolastica delle Regioni- Anno LXV

7 luglio 2011 – Laura Tussi




SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace: contro ogni razzismo

La Rivista RASSEGNA dell’ISTRUZIONE edita da MONDADORI- LE MONNIER in collaborazione con il M.I.U.R. (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) propone:

SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace: contro ogni razzismo

A Scuola di Pace. Incontrare l’Altro e il Sè

http://www.peacelink.it/pace/a/37860.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

A Scuola di Pace. Incontrare l’Altro e il Sè

SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace: contro ogni razzismo

La scuola, gli insegnanti, i genitori, devono porsi all’ascolto, all’accoglienza, con la responsabilità molto importante di incentivare alla convivenza pacifica e al dialogo interculturale, ponendosi in atteggiamenti di ascolto delle storie di vita intrise di traumi, frustrazioni, insuccessi che il viaggio di migrazione comporta con lo sradicamento da un altrove remoto di tradizioni, lingue e costumi differenti. Occorre estirpare il pregiudizio, sradicare lo stereotipo per prevenire la ghettizzazione, la discriminazione degli immigrati che tendono a isolarsi dal contesto educativo dei paesi d’accoglienza, cercando invece ambiti di interazione tra simili e affini, evitando il confronto e il dialogo con l’altro. Una scuola orientata ad un futuro di pace deve aprirsi al rispetto, all’interazione, all’inserimento, incentivando il racconto e la narrazione reciproca delle storie di vita, raccogliendo e annotando esperienze esistenziali, facendo riemergere difficoltà e frustrazioni, analizzando situazioni e circostanze. L’insegnante è chiamato a trasformare gli atteggiamenti aggressivi e violenti in stimoli relazionali positivi, per far comprendere l’importanza di situazioni di confronto e interazione, in prospettive di dialogo pacifico e rispettoso dell’altro. L’inserimento dell’allievo migrante nella classe deve avvenire gradatamente, tramite un’interrelazione reciproca orientata a situazioni non violente e di accoglienza, in ambiti di discussione e dialogo, dove il conflitto non venga assolutamente concepito come negativo, ma si cominci proprio da esso per approdare a situazioni di interrelazione ed interscambio, perché i comportamenti microsociali riflettono sempre prospettive macrosociali. Dunque, una società votata al razzismo e alla discriminazione produce sempre elementi di discontinuità, di intolleranza nell’ambito sociale più circoscritto, come può essere la scuola, la comunità, la famiglia. Dalla scuola deve propagarsi il monito universale della pace e dell’antirazzismo, contro ogni intolleranza, ogni omofobia e discriminazione, nell’accoglienza reciproca di tutti e di ciascuno, nel rispetto dei problemi psicologici e comportamentali, nella valorizzazione delle diversità, dall’omosessualità alle differenze di genere e a tutte le prerogative interreligiose e le caratteristiche culturali, dove è necessario recuperare riconoscere una personale identità, per poi riparteciparla con la personalità altrui, per incontri vicendevoli che conducano alla comprensione, in un mondo che necessita di pace a livello sociale ed istituzionale, locale e globale.

Un’adeguata politica interculturale deve porsi l’obiettivo di aprire la scuola ai migranti, tramite percorsi di accoglienza, perché l’istituzione formativa è intesa come luogo educativo di accettazione, interazione e dialogo interculturale.

La scuola che apre ai migranti consegna valori di arricchimento tra culture a tutte le generazioni presenti e operative nel contesto formativo. L’umanità nelle diverse latitudini e longitudini spaziali e temporali è sempre stata nomade e itinerante.

In questa prospettiva l’istituzione scolastica è chiamata ad aprirsi allo straniero, al Rom, al nomade, per concepire il concetto dell’erranza come avventura esistenziale di valorizzazione reciproca, di ampliamento delle prospettive culturali ed interculturali, nei vari contesti formativi ed educativi, dove la differenza è sempre apportatrice di novità, di cambiamento, in una prospettiva positivamente rivoluzionaria, nell’ambito del contesto quotidiano dell’educazione. Il migrante apporta sempre un bagaglio di nozioni, lingue e di esperienze molto ricco e variegato, e nell’incontro con la comunità e la scuola di accoglienza, bambini e genitori di tutte le nazionalità si devono sentire reciprocamente coinvolti in processi di cambiamento, in percorsi dialogici caratterizzati da un’osmosi educativa tra diversi, dove l’altro, il più umile, il differente è sempre apportatore di arricchimento valoriale, in esperienze esistenziali remote e recenti, di traumi, sofferenze, cesure e discontinuità della propria storia di vita. Nel viaggio di migrazione, lo straniero ha conosciuto il disagio, la povertà di paesi lontani, di costumi, lingue e tradizioni originarie, che nel luogo di accoglienza, come la scuola possono costituire fattori di interesse reciproco tra allievi.

Purtroppo si assiste spesso ad episodi di intolleranza all’interno delle comunità, a tensioni, liti, conflitti, dove l’altro viene messo da parte, escluso, non accettato, perché anche la società stessa discrimina le differenze sotto varie forme ed aspetti, a livello macrosociale. Risulta difficile riflettere se stessi nell’altro, attivando meccanismi comportamentali pacifici e non violenti di comprensione ed empatia, dove prevale invece l’aggressività e la presunzione di appartenere al gruppo dominante e ritenuto migliore.

A Scuola di Pace. Incontrare l’altro e il sè

Compito dell’istituzione scolastica è educare alla differenza, all’altro, al diverso, per creare presupposti di una cultura dell’accoglienza e per impedire l’omogeneizzazione culturale, dove la scuola si ponga il sostanziale obiettivo di educare a considerare il diverso non come un pericolo per la propria sicurezza, ma come risorsa per la crescita interculturale e valoriale.

L’apertura al diverso è la dimensione fondamentale di una persona libera, capace di sostenere l’insicurezza del relativo e dell’incerto.

La pedagogia della differenza supera l’etnocentrismo educativo che si esprime sperimentando quotidianamente la scuola come comunità di diversi, che non emargina chi non è uguale e chi non è in grado di seguire il ritmo dei migliori.

Gli obiettivi educativi di una scuola che si prefigge di educare alle differenze consistono nel presentare la varietà e la diversità delle culture non come un limite, ma come fonte di arricchimento, perché la differenza non è un elemento da tollerare, ma un bene da tutelare e da valorizzare.

La scuola ha l’obiettivo di agevolare una sempre maggiore coscienza del valore dell’identità culturale, per poter innestare su questa graduale acquisizione l’educazione al dialogo tra le culture e alla cooperazione tra i popoli, formando nei giovani l’atteggiamento di rispetto per l’altro, nella differenza e nell’alterità.

Nella relazione educativa ed interculturale risulta sempre più centrale l’ascolto, per cui la comunicazione educativa avviene a partire dall’altro, in un atteggiamento orientato all’accettazione e all’ascolto attivo, con domande di interazione colloquiale aperta e contestuale.

Il rapporto con l’altro non implica la rinuncia alla propria verità e ai  propri valori, che verranno affermati, testimoniati e rivalutati con efficacia, in una convinzione di grande rispetto per la verità e i valori della convivialità e della condivisione, in prospettive di reciprocità relazionali. L’atteggiamento di ascolto attivo e la pratica del dialogo conducono i soggetti della relazione educativa alla ricerca comune, dove i ruoli e le competenze rimangono distinti, nel senso profondo dell’avventura umana, del viaggio di scoperta e di crescita e nell’ambito di contesti conviviali ed interculturali.

Insieme alle lezioni frontali, ai compiti in classe, alle interrogazioni, nella prassi didattica, vengono sperimentate altre metodologie, altre tecniche di animazione, altri strumenti di coinvolgimento che incidono profondamente sulla relazione educativa e la rinnovano.

Nella scuola si sono moltiplicate esperienze significative di innovazione metodologica e strumentale, dai giochi di cooperazione e di simulazione, dalla scrittura collettiva al brainstorming, che agevolano le competenze di confronto, ascolto, di dialogo e interazione colloquiale con le reciproche peculiarità identitarie, in quanto in ogni attività scolastica si sperimenta una trasmissione culturale. Quando ogni soggetto diviene cosciente del proprio etnocentrismo, nel modo di leggere la realtà e di trasmettere il messaggio culturale, darà un contributo nel modificare e correggere le distorsioni, i pregiudizi, gli stereotipi che affiorano nelle pratiche interculturali, in una concreta rivoluzione copernicana nell’insegnamento delle varie discipline.

L’altro diventa sempre più un nuovo paradigma dell’educazione nella società multietnica.

La differenza è valore, risorsa, diritto verso un’etica della reciprocità.

La differenza è l’inalienabile diritto di ogni persona ad attuarsi e ad espandersi con la sua identità, nelle reciprocità relazionali, affermandosi come umanità ed unità identitaria, differente non solo dagli altri, ma anche da se stessa, al fine di non deteriorarsi nel conformismo e nella ripetizione solipsistica. Dalla percezione negativa dell’altro scaturisce paura e insofferenza, intolleranza e razzismo, mentre da un’accettazione positiva può scaturire un incontro nuovo, un cambiamento, una speranza, perché solo con il coraggio di ripartire dall’altro, dal volto altrui è possibile impegnarsi, al fine di creare le condizioni per il passaggio dall’umanesimo del soggetto all’identità dell’altro, dalla logica dell’individuo alla cultura della differenza, dall’etica del soggetto al principio dell’alterità, dal singolo alle comunità.

L’etica dell’altro è l’espressione con cui si riassumono gli atteggiamenti di responsabilità, accoglienza, prossimità, solidarietà.

L’incontro con l’alterità è il problema del futuro, con cui affrontare in modo positivo e fruttuoso la modernità.

Nell’età postmoderna, il singolo non avrà un centro nè una periferia, in quanto ogni popolo potrà custodire la propria identità e sentire gli altri in una reciprocità che non porta alla contaminazione dell’ideologia del potere, del dominio e della sopraffazione.

La riflessione in merito ai temi dell’alterità, della differenza, della relazione intersoggettiva e interculturale propone il concetto di reciprocità, come paradigma della relazione fondata sul valore della differenza, nell’aspirazione ad un’esistenza completa con e per agli altri.

Educare alla diversità. La pluriappartenenza cosmopolita

Una domanda globale, multidimensionale, un pensiero indagatore e multilaterale possono aprirsi all’avvenire di un’era aperta alla mondialità, orientata all’avventura dell’umano, in una prospettiva di cittadinanza attiva, cosmopolita ed internazionale, nell’itinerario errante e multidimensionale per raggiungere una condizione di pace su tutto il pianeta. La mondializzazione dei diritti umani, della libertà, dell’uguaglianza, della fraternità, dell’equità sociale e del valore universale della democrazia, favoriscono lo sviluppo di una coscienza che consideri la diversità culturale, non come realtà opposta all’unità dell’umanità borghese e benpensante, ma piuttosto quale fonte di ricchezza, di innovazione e cultura, nel superamento dei limiti, dei confini e delle frontiere nazionali, con l’emergenza di una coscienza cittadina transnazionale che manifesti chiaramente quanto i problemi mondiali richiedano risposte aperte al dialogo interculturale, contro gli effetti di una civilizzazione, in cui domina il quantitativo, il profitto, il prosaico, l’aggressivo.

Numerosi movimenti, istituzioni e realtà culturali attive operano per la pace, sul territorio nazionale e a livello mondiale. La coscienza di questi organismi associativi pacifisti elabora una sorta di internazionale cittadina che potrà condurre al dialogo interculturale ed interreligioso, attraverso la tutela dei più deboli, dei diversi, degli emarginati per un mondo di pace.

Diversità è l’errare nel molteplice significato di smarrimento, del perdersi nel cercare rifugio, il punto di approdo, il riferimento. Siamo tutti erranti nei nostri errori, nelle paure, nei timori, nello spaesamento quotidiano. Siamo tutti migranti nelle nostre ansie, angosce e paure, alla ricerca di un senso e di un significato per l’esistenza.

Nel percorso divergente che produce l’errore, come percorso per comprendere la complessità, l’erranza è la traccia incerta e malsicura dell’esperienza umana verso la giustizia, la verità e la libertà.

Il “clandestino”, il migrante, il senza fissa dimora, lasciano il proprio paese per incamminarsi verso una meta che intuiscono, ma  viene loro vietata dalla logica negativa del progresso capitalista, con le implicanze conseguenti di diseguaglianze e ingiustizie economiche, sociali e istituzionali. Come donne e uomini costruiamo un’unica e totale umanità nella pluriappartenenza cosmopolita e internazionale, in un cammino che trasmetta l’esperienza della pluralità, dell’incertezza, dell’emarginazione, della verità, del disagio, nel dubbio, nella precarietà del pensiero, nell’errore, come concezione diversa e alternativa della verità, dove l’erranza della migrazione e dell’esistere diviene esperienza conoscitiva.

Colui che crede di detenere la verità diventa insensibile all’errore, considerando negativo tutto ciò che contraddice i suoi presupposti e le sue certezze.

Il percorso per raggiungere la giustizia, l’uguaglianza, la libertà e la verità consiste in una ricerca senza fine che transita attraverso il tentativo, l’errore e l’ erranza senza meta, in percorsi itineranti, attraverso la prassi dell’esperienza, nello smarrimento interiore, nel disagio psichico, nel travaglio emotivo dell’avventura del conoscere, tra le cesure e le discontinuità della propria storia, contro ogni tendenza dogmatica, a dispetto dei fenomeni dell’arrivismo, dell’ambizione e dell’egocentrismo.

L’errore è aperto, evolutivo, affronta l’imprevisto, la novità, l’estraneità di un soggetto che cerca, conosce e pensa.

La complessità delle differenze consiste in un ordito di eventi, azioni, interazioni, così da presentarsi sotto l’aspetto inquietante della perplessità, di ciò che è inestricabile nel disordine, scomodo al perbenismo sociale, dell’ambizione personale, che si oppone a uno stile di vita caratterizzato dall’incertezza, dall’emarginazione e dalla precarietà dell’esistenza.

La sfida del nostro millennio è l’educazione al pensiero complesso delle differenze, nell’interazione e nella valorizzazione piena delle diversità, per un mondo orientato alla pace, privo di sperequazioni economiche, senza stereotipi, pregiudizi e conseguenti discriminazioni e ghettizzazioni, dove non si escluda il più debole, il bisognoso, con la riduzione in schiavitù dei diseredati del pianeta.

Il pensiero complesso delle differenze prevede due tipi di ignoranza: l’uomo che non sa, ma è proteso alla ricerca, all’apprendimento e l’ignoranza, molto pericolosa, di chi crede che la conoscenza sia un processo lineare, cumulativo, che procede, facendo luce nell’oscurità, ignorando che l’effetto della conoscenza produce anche ombre, errori, dubbi, perplessità e incertezze. Occorre imparare a camminare nell’oscurità, nell’instabilità emotiva ed esistenziale, nell’ignoranza, nella confusione e nel disordine caotico delle differenze, per creare contesti quotidiani di dialogo e processi di pace, a livello globale e planetario.

Allegati

La Rivista RASSEGNA dell’ISTRUZIONE edita da MONDADORI- LE MONNIER in collaborazione con il M.I.U.R. (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) propone: SCUOLA E DIVERSITA’. Pedagogia della Pace. Contro ogni razzismo

Vedi anche

Pace

Rassegna dell’Istruzione – Mondadori, Le Monnier- MIUR

Il Bimestrale “Rassegna dell’Istruzione”, edito da Mondadori, Le Monnier, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR, propone importanti progetti istituzionali e interessanti argomenti inerenti le buone pratiche scolastiche, dall’intercultura alle nuove esperienze didattiche, dalla progettualità formativa alle innovazioni nell’ambito della scuola dell’autonomia, in collaborazione con le agenzie educative del territorio.

28 marzo 2012 – Laura Tussi

  • Pace

Rassegna dell’Istruzione-Mondadori, Le Monnier- MIUR

La Rivista “Rassegna dell’Istruzione”, edita da Mondadori-Le Monnier, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) è il Bimestrale di Informazione Scolastica delle Regioni- Anno LXV

7 luglio 2011 – Laura Tussi




L’Eroe dei due mari: Taranto, il calcio, l’Ilva e un sogno di riscatto

A-Rivista Anarchica n.378 marzo 2013:

L’Eroe dei due mari: Taranto, il calcio, l’Ilva e un sogno di riscatto

TARANTO- Inquinamento, malapolitica, passione calcistica: un libro per riflettere

http://www.peacelink.it/pace/a/37846.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

L’Eroe dei due mari: Taranto, il calcio, l’Ilva e un sogno di riscatto. Coedizione dell’Associazione Altrinformazione (www.altrinformazione.net) e di PeaceLink (www.peacelink.it).

L’Eroe dei due mari: Taranto, il calcio, l’Ilva e un sogno di riscatto

Tratto da un romanzo di Giuliano Pavone

Disegni di Emanuele Boccanfuso, Virginia Carluccio, Gabriele Benefico, Walter Trono, Alberto Buscicchio

Prefazione di Alessandro Marescotti

Recensione di Laura Tussi

Supervisione di Carlo Gubitosa

Coedizione dell’Associazione Altrinformazione (www.altrinformazione.net)

e di PeaceLink (www.peacelink.it).

“L’Eroe dei due mari”: un libro a fumetti, tratto da un romanzo di Giuliano Pavone, che narra una storia di sport e passione calcistica, quale sogno di riscatto sociale per una città come Taranto, simbolo e paradigma di tutti i Sud del mondo impegnati a difendere la propria dignità contro lo strapotere capitalista e iperliberista, e che vuole rappresentare un importante parallelismo con l’esistenza sociale di una popolazione privata del proprio diritto alla vita, alla salute e alla dignità del lavoro. La visione moderna dello sport del calcio, non quello professionistico e legato alle bieche logiche di mercato, ma quello di provincia, incarnato da persone che vivono in una città dove le problematiche occupazionali, economiche e sociali, mordono con forza le basi della dignità umana, rappresenta un valore nella lotta quotidiana dei cittadini di Taranto per rivendicare il diritto alla salute e al lavoro in forma degna e conforme alla Costituzione, ossia “lavorare per vivere e non per morire”. Originale è la modalità rappresentativa del libro che tratta, tramite il fumetto, e illustra, in forma visiva, un parallelismo che, scritto in termini testuali, non espliciterebbe quel senso di dinamicità e vicinanza alle tecniche di comunicazione molto affini ai giovani.

Tramite l’animazione visiva del fumetto, sapientemente tracciata dai giovani autori, viene alleggerita la componente comunicativa, per focalizzare lo scottante e drammatico contenuto delle vicende tarantine. “L’eroe dei due mari” porta al riscatto la squadra calcistica del Taranto, così come i movimenti ambientalisti conducono una città alla riappropriazione di diritti imprescindibili: la salvezza di una Taranto che vive il dramma del proprio declino, della trasformazione ambientale, attraverso il degrado e il dissesto ecologico, a causa dell’inquinamento industriale. “L’Eroe dei due mari” fa vivere un sogno di riscatto alla squadra del Taranto. Attualmente tale riscatto invece permane, non viene arrestato, ma riesce a dare la massima espressione di sé tramite un forte movimento associazionistico, di democrazia partecipata e attivismo dal basso, volto alla realizzazione di una città ecosostenibile, a misura di persona.

Fra classe operaia e quanti si occupano di problemi ambientali ed ecologici esistono molti punti di contatto. Sarebbe un grave errore scinderli. È giusto quindi che le esperienze si confrontino, perché la crisi ambientale non potrà essere risolta se non si vince la lotta per attuare condizioni lavorative accettabili, con adeguati interventi sanitari e di bonifica e con la realizzazione di opportune misure di sicurezza nei luoghi di lavoro, per il rilancio culturale, morale, umanistico e ambientale della città di Taranto.

In appendice il libro è corredato da venti pagine di cronologia, scritte da Giuliano Pavone, in cui si ricostruisce la storia del rapporto fra Taranto e l’Ilva, ricche di dati sull’inquinamento ambientale.

Note:

http://www.arivista.org/




Italia, oggi piangiamo il Partigiano della Nonviolenza

da parte di Alfonso Navarra – obiettore alle spese militari e nucleari

Oggi piangiamo la morte del “vecchio” eroe della Resistenza europea, Stéphane Hessel, che ha incitato i giovani “indignati” di tutto il mondo a “percorrere il cammino della nonviolenza”.

E’ un appello – questo del più famoso dei partigiani, deportato a Buchenwald, estensore della dichiarazione universale dei diritti umani – che, nel nostro piccolo, con Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, da tempo siamo impegnati a diffondere nell’ANPI ed in tutte le realtà antifasciste: non siamo oggi ai tempi della lotta contro Mussolini ed Hitler (ed il militarismo giapponese), possiamo e dobbiamo impedire con una intelligente strategia preventiva che ci si trovi in uno stato di necessità dove non si agisce affatto ma solo si reagisce.

Hessel propugnava (vedi il libro scritto con Edgard Morin) il senso di di una “comune umanità” che oggi dovrebbe riconoscersi in una “Terra-Patria” (o “Madre-Terra”, secondo i popoli indigeni): in sintonia con questa sua visione innovativa molti di noi hanno confermato la decisione di abbandonare vecchi schemi culturali e si sono proiettati a sollecitare la società civile internazionale ad unirsi per ottenere, dal basso, la denuclearizzazione civile e militare.

La nonviolenza è la forza dell’unità popolare e – nella mia personale convinzione – persegue proprio gli stessi obiettivi rivoluzionari lucidamente indicati nei manifesti politici e culturali di Hessel: in primo luogo, un nuovo europeismo impegnato ad abbattere la “dittatura finanziaria mondiale” per affermare libertà, eguaglianza e giustizia ambientale.

Grazie, grande “vecchio”, più giovane di tanti giovani tali solo per qualità anagrafiche: la nonviolenza – quella intelligente, organizzata, pragmatica – è “il cammino che dobbiamo imparare a percorrere”.

E’ “il cammino della speranza” per le donne e per gli uomini che, confidando nelle pulsioni vitali cooperative e non in quelle di morte competitive, salvaguarderanno e perpetueranno la Vita …

28 febbraio 2013 – Laura Tussi su “Peacelink” http://www.peacelink.it/pace/a/37827.html

“La Nonviolenza, la strada che dobbiamo imparare a percorrere” Stéphane Hessel

Stéphane Hessel e la rivoluzione mondiale nonviolenta

Scritto da: Pressenza IPA Data: 27 febbraio 2013 In: Nonviolenza

Wikimedia Commons

Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo

In ricordo di Stephane Hessel, morto il 26 febbraio 2013, pubblichamo l’introduzione da lui scritta al libro“Verso una rivoluzione mondiale nonviolenta: dal 15-M al 15-O”.  Editorial Manuscritos. Opera collettiva di attivisti del 15-M in Spagna, che ci sembra ancora di grande attualità.

Hessel combatté nella Resistenza francese, fu deportato nel campo di concentramento di Buchenwald, da cui evase e nel 1948  partecipò alla stesura della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. Nel 2010 il suo libro “Indignatevi!” è diventato un caso editoriale e politico e ha ispirato il movimento degli Indignati in Spagna e in altri paesi e quello di Occupy Wall Street negli Stati Uniti.

Cari amici dei popoli di Spagna e d’Europa,

“Indignatevi!” sta risuonando nei cittadini dei vari popoli non solo d’Europa, ma anche di altri luoghi dove  la dittatura dei mercati continua a limitare i diritti e ad accentuare le disuguaglianze, esaurendo le risorse naturali e in definitiva ponendo il denaro come valore centrale, al di sopra delle necessità della gente.

Nel libro “Impegnatevi!” dicevamo che il passo seguente all’indignazione è l’impegno, giacché è necessario passare all’azione: dobbiamo agire in modo sostenuto per poter modificare lo stato attuale delle cose.

In questo senso voglio sottolineare che non tutte le azioni conducono alla stessa meta. Oggi stiamo osservando che certe mobilitazioni e proteste legittime e necessarie finiscono per prendere una direzione violenta, delegittimando così i loro autori e  generando  una catena di nuove azioni violente e di nuove vittime e sporcando le mani di chi sventolava le bandiere della giustizia e della libertà.

La lotta che portiamo avanti oggi è forse più legittima e necessaria di qualsiasi altra lotta nella storia: proseguendo infatti nel cammino sbagliato proposto dal sistema attuale, andremo rapidamente incontro a una catastrofe di un’ampiezza senza precedenti. Possiamo e dobbiamo portare avanti lotte in cui sia necessario praticare l’insurrezione e la disubbidienza civile, così come tutte le forme di resistenza, ma è fondamentale che queste azioni siano pacifiche e nonviolente.  Ripeto quindi che oggi la nostra lotta deve seguire il cammino della pace, al di fuori di ogni violenza.

Questo è l’unica via perché questo movimento possa proiettarsi nel futuro. Le ragioni per sostenere questa posizione non mancano. Una non trascurabile è che i potenti sono preparati a reprimere e annullare le forme di protesta violenta, ma non per agire contro un popolo che si organizza in una lotta nonviolenta.

Questa forma di trasformazione sociale, questa rivoluzione pacifica – credo che non bisogna avere paura della parola rivoluzione – è la nuova via che ci libererà dell’incatenamento della violenza, che ci trasciniamo dietro fin dal’inizio della storia dell’essere umano.

Bisogna sottolineare che le mobilitazioni e le azioni degli Indignati del 15M in Spagna hanno scelto con chiarezza la nonviolenza, cosa che purtroppo non accade in tutti i luoghi in cui l’indignazione scende in piazza.

Dopo aver occupato le piazze e i quartieri, il  15M ha deciso di “prendersi le strade”, organizzando una quantità di marce per tutta la Spagna. Nella storia esistono molti precedenti di marce pacifiche e nonviolente: la Marcia del Sale di Gandhi in India, le marce di Martin Luther King e quella del milione di uomini negli Stati Uniti e più di recente la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza sono alcuni esempi tra tanti.

Camminante, non c’è un sentiero. Il sentiero si fa camminando” diceva il poeta Antonio Machado. Faccio i miei migliori auguri alla Marcia Popolare Indignata, perché possa raggiungere i popoli non solo in Spagna, ma anche in tutta Europa e possibilmente nel mondo.

Spero anche che questa marcia tocchi i cuori di tutti gli esseri umani, fino a quando si riuscirà a sradicare la violenza e a costruire una società più giusta nel pianeta, una società in cui l’essere umano sostituisca il denaro come valore più importante.

Sto camminando con voi, cammino da quando mi sono alzato in piedi, per un mondo in pace, un mondo più umano…

Stéphane Hessel

Il libro  “Hacia una revolución mundial no violenta: del 15-M al 15-O” si può scaricare al link:

http://haciaunarevolucionmundialnoviolenta15m.wordpress.com/descarga/




Catena umana contro il nucleare civile e militare a Parigi

Circondiamo i Palazzi del Potere in cui vengono prese le decisioni sul nucleare

Catena umana contro il nucleare civile e militare a Parigi

Catena umana in solidarietà con le vittime di Fukushima e per chiedere l’uscita dal nucleare

http://www.peacelink.it/pace/a/37820.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

Catena umana contro il nucleare civile e militare a Parigi

Appello ad unirsi alla catena umana di Parigi

http://www.chainehumaine.org/

Catena umana contro il nucleare civile e militare – Tutti a Parigi sabato 9 marzo alle ore 13.30

Circondiamo i Palazzi del Potere in cui vengono prese le decisioni sul nucleare

Domenica 10 marzo riunione del network antinucleare europeo

Nouvelle librairie La Brèche, 27, rue Taine 75012 PARIS

0033 – 1 – 4928.5244

Situé dans le quartier Jardin de Reuilly / Picpus Centre, le  rue Taine est à 200 mètres de la station Dugommier.

Perché questa azione?

Appello ad unirsi alla catena umana di Parigi!

Riprendiamo in mano il nostro futuro energetico ! Formiamo una grande catena umana per accerchiare i luoghi del potere francese!

La Francia è uno degli unici paesi europei a non avere cambiato quasi niente alla sua politica energetica dall’incidente di Fukushima. Il nucleare è stato imposto senza nessuno dibattito; ma immaginare nuovi modi di produzione e consumo dell’energia è un affare di tutti!

L’uscita dal nucleare da parte della Francia sarebbe un enorme simbolo che accelererebbe la transizione energetica in tutta Europa. Dobbiamo fare cadere questa fortezza dell’atomo!

L’ 11 marzo 2012, un anno dopo la catastrofe di Fukushima, 60 000 persone hanno formato un’immensa catena umana da Lione ad Avignon per chiedere l’uscita dal nucleare.

Continuiamo cosi per ottenere l’uscita del nucleare!
Per ciò, abbiamo bisogno del sostegno di tutta l’Europa!

Il 9 marzo 2013, raggiungeteci a Parigi per questo evento internazionale per fare pressione s decisionisti politici ed economici!

Il nostro obiettivo: accerchiare i luoghi dove si prendono, senza il parere dei cittadini, le decisioni sul nucleare, per mostrare la nostra volontà di riprendere in mano il nostro futuro. Di fronte al potere del denaro ed alle menzogne dello stato e dell’industria nucleare, possiamo vincere grazie alla forza del numero e della determinazione. Per ciò abbiamo assolutamente bisogno di voi!

Catena umana
In solidarietà con le vittime di Fukushima
e per chiedere l’uscita dal nucleare
Tutte e tutti a Parigi il sabato 9 marzo 2013 a partire dalle 13.30

E’ di fondamentale importanza la presenza italiana non solo in sostegno alla lotta quotidiana del popolo giapponese contro i nucleocrati che governano il paese e in sostegno degli antinucleari europei nella loro richiesta di arresto immediato e definitivo delle centrali nucleari ma anche per ricordare all’Europa che il popolo italiano ha già detto NO al nucleare nel 2011.

Note:

http://chainehumaine.org/

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APPELLO alla PACE: “NO” ai venti di guerra sul nucleare iraniano

Il governo dello Stato di Israele, con dichiarazioni, dapprima fatte filtrare all’esterno e poi con dichiarazioni pubbliche di alcuni suoi principali rappresentanti, caldeggia l’uso della propria forza militare per impedire che lo Stato iraniano possa eventualmente dotarsi di armi nucleari trasformando la propria energia nucleare “civile” in “militare”. Ecco come puoi firmare l’appello

Laura Tussi




Editoria. CEM Mondialità- Arte, Passione, Intercultura

CEM Mondialità, il Mensile dell’Educazione Interculturale, diretto da Brunetto Salvarani, è la celebre Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM) diretto dai Padri Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

CEM Mondialità- Arte, Passione, Intercultura

CEM Mondialità propone una riflessione su un grande cantautore, un poeta, un pensatore anarchico che ha sempre scritto e cantato per gli ultimi, i diversi, gli emarginati: Fabrizio De André

http://www.peacelink.it/pace/a/37805.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

CEM Mondialità- Arte, Passione, Intercultura

“Il Maggio di Fabrizio De André.  Un impiegato, una storia, il poeta”

Libro di Claudio Sassi e Odoardo Semellini

Prefazione di Mario Capanna

Recensione di Laura Tussi

Contributi di Brunetto Salvarani, Raffaele Fiore, Alberto Bazzurro, Romano Giuffrida, Giovanna Panigadi, Lucia Coccia

Edizioni Aereostella, 2012

Un libro dettagliato e molto ben documentato, per far rivivere, a molte voci, la stagione della canzone d’autore, in cui i pensieri, le parole, la musica e la poesia si misurano con scelte coinvolgenti che segnano la Storia. “Storia di un impiegato” di Fabrizio de André, nella profondità e intensità del racconto, è un atto di coraggio e di onestà intellettuale, che rispecchia un periodo storico fecondo e rivoluzionario: il disco è concepito durante il pieno fermento sociale del Sessantotto. Quando comincia a scrivere questo album, Fabrizio De André vive un momento magico della personale carriera: Mina registra “La Canzone di Marinella” in 45 giri, sottraendo Faber ad un tranquillo anonimato e ad un destino inquadrato nei dettami stantii di un’esistenza borghese e decadente. La pubblicazione del disco, in un periodo storico come quello dell’Italia di metà anni ‘70, scatena una scia polemica,  sia tra i giornalisti musicali, sia nell’ area militante della sinistra. “Storia di un impiegato” è  considerato l’album più controverso e tormentato di De André. È stato definito il disco più “ideologico” dell’artista genovese, che in seguito non si esprimerà più in modo così politicamente manifesto. Lasciata definitivamente alle spalle la stagione degli esordi artistici, fondata su due capisaldi spaziali e autorali,  la Genova periferica e marginale e il suo maestro, ovviamente, il francese Georges Brassens, Faber mostra un’attenzione nuova al contesto sociopolitico dell’epoca e sembra  alla ricerca dell’acquisizione di una consapevolezza maggiore della parola in sé e per sé, che deve rispecchiare un’enfasi rivoluzionaria, un pathos politico e sociale emergente, dove i più deboli, gli ultimi, si emancipino dalla sottomissione autoritaria, dalla demagogia del potere.

“Storia di un impiegato” è un disco importante, non solo in relazione al periodo storico e sociale in cui uscì, ma soprattutto nell’ambito dell’itinerario artistico di De André, come riflessione sul presente, che dal G8 di Genova, ai recenti movimenti ispirati a Occupy  Wall Street, insegna quanto sia velleitario “buttare bombe” sui parlamenti, quando il vero potere risiede in ben altre e più occulte sedi. L’album esprime un messaggio chiaro ed incisivo: è necessaria una prassi politica militante di tipo collettivo, nella partecipazione attiva, per porre al centro della comunità l’individuo e per cambiare un sistema che, adesso più che mai, sembra inesorabilmente immutabile, arroccato sull’egemonia autoritaria del potere speculativo dei mercati finanziari. Infatti, in un concetto anarchico di società, non esistono “poteri buoni”, ma solo sistemi violenti e autoritari che cercano di perpetuarsi, magari chiamando in servizio permanente effettivo i “ rivoluzionari” di ieri. È il 1973 e un’Italia postsessantottina in piena rivoluzione artistica, politica e culturale, lo sfondo su cui Fabrizio de André compone questo nuovo album: la storia di un uomo che rifiuta le proprie convenzioni borghesi e che agirà secondo personali e viscerali convinzioni anarchiche e rivoluzionarie, ma comprenderà che la ribellione ha senso solo se collettiva e partecipata, in una dimensione comunitaria dell’esistenza sociale, dove la prassi politica e militante sia volta al raggiungimento della pace come bene comune.

Allegati

CEM Mondialità, il Mensile dell’Educazione Interculturale, diretto da Brunetto Salvarani, è la celebre Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM) diretto dai Padri Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

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14 luglio 2011 – Laura Tussi




L’illustre Rivista PATRIA INDIPENDENTE, periodico dell’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) pubblica la recensione al libro di Antonio Pizzinato “Viaggio al centro del lavoro”

L’illustre Rivista PATRIA INDIPENDENTE, periodico dell’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) pubblica la recensione al libro di Antonio Pizzinato “Viaggio al centro del lavoro”

Antonio Pizzinato, “Viaggio al centro del lavoro”, Ediesse, Roma 2012

L’illustre Rivista PATRIA INDIPENDENTE, periodico dell’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) pubblica la recensione al libro di Antonio Pizzinato. VIAGGIO AL CENTRO DEL LAVORO, Libro di ANTONIO PIZZINATO, in collaborazione con SAVERIO PAFFUMI; Presentazione di SUSANNA CAMUSSO; Prefazione di GIOVANNI BIANCHI; Testo conclusivo di BRUNO UGOLINI;Editore EDIESSE, Roma 2012

http://www.peacelink.it/pace/a/37709.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

Antonio Pizzinato, “Viaggio al centro del lavoro”, Ediesse, Roma 2012

VIAGGIO AL CENTRO DEL LAVORO

Libro di ANTONIO PIZZINATO, in collaborazione con SAVERIO PAFFUMI

Presentazione di SUSANNA CAMUSSO

Prefazione di GIOVANNI BIANCHI

Testo conclusivo di BRUNO UGOLINI

Recensione di LAURA TUSSI

Editore EDIESSE, Roma 2012

Quando il caro amico Antonio Pizzinato mi ha fatto dono del suo libro dal titolo “Viaggio al centro del lavoro”, ho subito ricondotto il suo gesto al legame con la mia famiglia di origine. Una famiglia dalle forti e radicate tradizioni operaie: dalle filande alla Breda di Sesto San Giovanni. Ho subito intuito una volontà di dialogo e di passaggio del testimone tra generazioni. Un dialogo intergenerazionale che non si rassegna ai limiti anagrafici, ma li considera una ricchezza da valorizzare per lasciare un segno, con la trasmissione del portato valoriale della Memoria Storica, di padre in figlio. Insieme con Fabrizio Cracolici, Presidente ANPI di Nova Milanese, abbiamo coinvolto Antonio Pizzinato nel progetto dal titolo “Per non dimenticare”, intrapreso fin dagli anni ‘70, dalle Amministrazioni Comunali di Nova Milanese e Bolzano. E Pizzinato ha molto da raccontare e tramandare, in quanto protagonista e testimone diretto degli eventi, in rapporto alle lotte partigiane antifasciste, alle conquiste sindacali, con la rivendicazione dei diritti di operai e lavoratori. Un particolare: ho ricevuto il libro proprio nel frangente in cui, tramite PeaceLink-Telematica per la Pace, sto seguendo, con sentito interesse, le vicende dell’Ilva di Taranto. Mi rendo conto di quanto Pizzinato si sia speso, in prima persona, per il diritto ad un ambiente di lavoro non solo umano, ma anche salubre, per la conquista dei valori costituzionali che conducono a “lavorare per vivere e non per morire”, a partire dalle vertenze sindacali contro l’Eternit, la micidiale azienda produttrice di amianto. Infatti dagli anni ‘70, le lotte sindacali, per i diritti lavorativi e sociali degli operai, si sono indissolubilmente intrecciate con le rivendicazioni e le istanze sindacali per il rispetto ambientale, la tutela ecologica, nella salvaguardia del diritto alla vita e alla salute degli operai e dei cittadini, che, come sostiene la Costituzione, sono principi da non subordinare alla egoistica logica del massimo profitto dei padroni e del primato dell’economico, imposti dal sistema, che sovente travalicano il diritto alla vita delle persone. Pizzinato è stato, per più di mezzo secolo, ed è tuttora, un testimone diretto del mondo operaio e lavorativo. Il nostro Paese è progredito, quando sono migliorate le condizioni di lavoro. Non si sarebbe affermato un progresso sociale, senza una robusta e radicata organizzazione sindacale, perché non sussiste progresso sociale senza rispetto per il lavoro e per le condizioni esistenziali di operai e lavoratori, in quanto persone. Dopo le lotte partigiane, caratterizzate, come in nessun altro Paese, dagli scioperi di milioni di lavoratori, nel Marzo 1943 e 1944, con il 25 Aprile 1945 la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo è compiuta e, finalmente, finita la guerra, si assiste ad un radicale processo sociale e culturale orientato a prospettive di pace. Si giunge al suffragio universale, fino ad arrivare, ai morti e ai feriti nelle prime lotte del dopoguerra, all’equiparazione dei diritti tra donna e uomo, alle vertenze sull’orario di lavoro e sullo statuto dei lavoratori. La concomitanza delle stragi di chiara matrice neofascista, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia, trova una netta opposizione in una radicale contrapposizione delle confederazioni sindacali alla violenza del terrorismo, per far entrare la Costituzione nelle fabbriche, per la parità e l’eguaglianza dei diritti, nelle conquiste civili e sociali, attraverso i percorsi per la costruzione dell’unità sindacale. Il libro prosegue con un’ avvincente dialettica autobiografica, in un “Viaggio al centro del lavoro”, attraverso i più dettagliati percorsi della storia, dagli scioperi di Sesto San Giovanni allo stragismo e al terrorismo, con la ferma risposta del sindacato, contro ogni tipo di violenza, perché il fulcro democratico del sindacato si forma proprio nella Resistenza Antifascista, nella lotta al predominio della dittatura assoluta, che non avrebbe lasciato opportunità alla lotta di classe e all’affermazione dei diritti umani universali.

Note:

http://serenoregis.org/2013/02/07/viaggio-al-centro-del-lavoro-recensione-di-laura-tussi/

Allegati

Antonio Pizzinato, “Viaggio al centro del lavoro”, Ediesse, Roma 2012




“Scuola e Didattica” Editrice “La Scuola”- Incontri di culture

La Rivista “Scuola e Didattica”, Editrice “La Scuola” di Brescia, propone studi che spaziano nelle varie tematiche didattiche della pedagogia e delle scienze della formazione e dell’educazione.

“Scuola e Didattica” Editrice “La Scuola”- Incontri di culture

“Scuola e Didattica”, Editrice “La Scuola” di Brescia, propone studi inerenti l’accoglienza tra le diversità nel contesto culturale, sociale, nell’ambito formativo ed educativo, perché la scuola è il crogiolo, il luogo focale, il “genius loci” dove le culture si incontrano e si scontrano nel dialogo della mondialità, per affrontare insieme i temi della gestione dei conflitti, della Riconciliazione dal basso, della giustizia sociale, dell’educazione alla pace, a livello non solo microsociale ma anche universale, perché il dialogo tra le diversità è la base della democrazia ed è il fondamento di ogni Stato laico, in base alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948.

http://www.peacelink.it/pace/a/37628.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

“Scuola e Didattica” editrice “La Scuola”- Incontri di culture

SCUOLA E DIVERSITA’

La scuola, gli insegnanti, i genitori, devono porsi all’ascolto, all’accoglienza, con la responsabilità molto importante di incentivare alla convivenza pacifica e al dialogo interculturale, ponendosi in atteggiamenti di ascolto delle storie di vita intrise di traumi, frustrazioni, insuccessi che il viaggio di migrazione comporta con lo sradicamento da un altrove remoto di tradizioni, lingue e costumi differenti. Occorre estirpare il pregiudizio, sradicare lo stereotipo per prevenire la ghettizzazione, la discriminazione degli immigrati che tendono a isolarsi dal contesto educativo dei paesi d’accoglienza, cercando invece ambiti di interazione tra simili e affini, evitando il confronto e il dialogo con l’altro. Una scuola orientata ad un futuro di pace deve aprirsi al rispetto, all’interazione, all’inserimento, incentivando il racconto e la narrazione reciproca delle storie di vita, raccogliendo e annotando esperienze esistenziali, facendo riemergere difficoltà e frustrazioni, analizzando situazioni e circostanze. L’insegnante è chiamato a trasformare gli atteggiamenti aggressivi e violenti in stimoli relazionali positivi, per far comprendere l’importanza di situazioni di confronto e interazione, in prospettive di dialogo pacifico e rispettoso dell’altro. L’inserimento dell’allievo migrante nella classe deve avvenire gradatamente, tramite un’interrelazione reciproca orientata a situazioni non violente e di accoglienza, in ambiti di discussione e dialogo, dove il conflitto non venga assolutamente concepito come negativo, ma si cominci proprio da esso per approdare a situazioni di interrelazione ed interscambio, perché i comportamenti microsociali riflettono sempre prospettive macrosociali. Dunque, una società votata al razzismo e alla discriminazione produce sempre elementi di discontinuità, di intolleranza nell’ambito sociale più circoscritto, come può essere la scuola, la comunità, la famiglia. Dalla scuola deve propagarsi il monito universale della pace e dell’antirazzismo, contro ogni intolleranza, ogni omofobia e discriminazione, nell’accoglienza reciproca di tutti e di ciascuno, nel rispetto dei problemi psicologici e comportamentali, nella valorizzazione delle diversità, dall’omosessualità alle differenze di genere e a tutte le prerogative interreligiose e le caratteristiche culturali, dove è necessario recuperare riconoscere una personale identità, per poi riparteciparla con la personalità altrui, per incontri vicendevoli che conducano alla comprensione, in un mondo che necessita di pace a livello sociale ed istituzionale, locale e globale.

Un’adeguata politica interculturale deve porsi l’obiettivo di aprire la scuola ai migranti, tramite percorsi di accoglienza, perché l’istituzione formativa è intesa come luogo educativo di accettazione, interazione e dialogo interculturale.

La scuola che apre ai migranti consegna valori di arricchimento tra culture a tutte le generazioni presenti e operative nel contesto formativo. L’umanità nelle diverse latitudini e longitudini spaziali e temporali è sempre stata nomade e itinerante.

In questa prospettiva l’istituzione scolastica è chiamata ad aprirsi allo straniero, al Rom, al nomade, per concepire il concetto dell’erranza come avventura esistenziale di valorizzazione reciproca, di ampliamento delle prospettive culturali ed interculturali, nei vari contesti formativi ed educativi, dove la differenza è sempre apportatrice di novità, di cambiamento, in una prospettiva positivamente rivoluzionaria, nell’ambito del contesto quotidiano dell’educazione. Il migrante apporta sempre un bagaglio di nozioni, lingue e di esperienze molto ricco e variegato, e nell’incontro con la comunità e la scuola di accoglienza, bambini e genitori di tutte le nazionalità si devono sentire reciprocamente coinvolti in processi di cambiamento, in percorsi dialogici caratterizzati da un’osmosi educativa tra diversi, dove l’altro, il più umile, il differente è sempre apportatore di arricchimento valoriale, in esperienze esistenziali remote e recenti, di traumi, sofferenze, cesure e discontinuità della propria storia di vita. Nel viaggio di migrazione, lo straniero ha conosciuto il disagio, la povertà di paesi lontani, di costumi, lingue e tradizioni originarie, che nel luogo di accoglienza, come la scuola possono costituire fattori di interesse reciproco tra allievi.

Purtroppo si assiste spesso ad episodi di intolleranza all’interno delle comunità, a tensioni, liti, conflitti, dove l’altro viene messo da parte, escluso, non accettato, perché anche la società stessa discrimina le differenze sotto varie forme ed aspetti, a livello macrosociale. Risulta difficile riflettere se stessi nell’altro, attivando meccanismi comportamentali pacifici e non violenti di comprensione ed empatia, dove prevale invece l’aggressività e la presunzione di appartenere al gruppo dominante e ritenuto migliore.

Contributo pubblicato sul n. 6 Febbraio 2013- AnnoLVIII- di SCUOLA e DIDATTICA, Editrice “La Scuola” di Brescia.

Direttore: Pierpaolo Triani

Allegati

“Scuola e Didattica”- Editrice “La Scuola” di Brescia

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Pace

Scuola e Didattica, editrice LA SCUOLA, per il Dialogo tra le Differenze

Dalla Disuguaglianza alla Diversità. La Scuola dell’inte(g)razione: percorsi didattici per agevolare la comprensione, la solidarietà, l’interazione nelle relazioni, tramite la gestione maieutica dei conflitti, per una società orientata a dinamiche di Pace.

18 giugno 2012 – Laura Tussi

  • Pace

“Scuola e Didattica” per la Libera Universita’ dell’Autobiografia di Anghiari

La Rivista “Scuola e Didattica”, Editrice La Scuola di Brescia, promuove la Libera Universita’ dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo), per lanciare ponti di Dialogo e di Pace tra diverse culture, generi, identità e generazioni: le storie di vita e le relazioni di ascolto.

4 ottobre 2011 – Laura Tussi

  • Pace

Il Vangelo secondo Leonard Cohen

L’autorevole Rivista SCUOLA e DIDATTICA- CULTURA e PROFESSIONE propone una recensione al libro di BRUNETTO SALVARANI e ODOARDO SEMELLINI, dal titolo “Il Vangelo secondo Leonard Cohen. Il lungo esilio di un canadese errante”, CLAUDIANA Editrice.

31 marzo 2011 – Laura Tussi

  • Storia della Pace

Oltre la Memoria. Le Leggi Razziali nella Scuola

Riflessioni tra passato, presente e futuro…
12 gennaio 2011 – Laura Tussi

  • Pace

Scuola e Didattica: il Valore dell’incontro

L’autorevole Rivista “Scuola e Didattica”, edita da La Scuola, propone gli studi di Laura Tussi

29 dicembre 2010 – Laura Tussi




Il Giorno della Memoria 2013 a Francavilla Fontana (Brindisi)

CENTRO AUSER di Francavilla Fontana (Brindisi) e SPI- CGIL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI presentano:

Il Giorno della Memoria 2013 a Francavilla Fontana (Brindisi)

IL VIAGGIO DEL NON RITORNO
“Se capire è impossibile, conoscere è necessario” Primo Levi

http://www.peacelink.it/pace/a/37565.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

IL GIORNO DELLA MEMORIA 2013 a Francavilla Fontana (Brindisi)

CENTRO AUSER di Francavilla Fontana (Brindisi)

e

SPI- CGIL  SINDACATO PENSIONATI ITALIANI

IL VIAGGIO DEL NON RITORNO

“Se capire è impossibile, conoscere è necessario” Primo Levi

Presiede:      Angelo Lupo- Presidente Centro Auser di Francavilla Fontana

Coordina:     Prof.ssa Rosa Linda Cassese- Docente e Poetessa

Saluti:           Cataldo Ligorio- Segretario Lega Spi- CGIL di Francavilla Fontana

CON LA PARTECIPAZIONE STRAORDINARIA IN VIDEOCONFERENZA DA MILANO DELLA

Prof.ssa Laura Tussi- Docente, Giornalista e Scrittrice

Intervengono:

Giuseppe D’Aversa- Segretario Provinciale Spi- CGIL Brindisi

Giuseppe Molendini- Studente universitario

CONSULENZA E RICERCA MATERIALI

Dott. Michele Gianfreda

Dott. Massimiliano Ricci

Venerdì 25 Gennaio ore 17.30 presso Centro AUSER in vico Salerno angolo via Regina Elena- Francavilla Fontana

LA CITTADINANZA E’ INVITATA

Allegati

Il Giorno della Memoria 2013 a Francavilla Fontana (Brindisi) IL VIAGGIO DEL NON RITORNO “Se capire è impossibile, conoscere è necessario” Primo Levi




“Per Non Dimenticare”… 27 Gennaio 2013: Il Giorno della Memoria a Nova Milanese

“Per Non Dimenticare”… 27 Gennaio 2013: Il Giorno della Memoria a Nova Milanese

27 Gennaio 2013: Il Giorno della Memoria a Nova Milanese

A Nova Milanese il programma per celebrare la Memoria è finalizzato a raccontare, attraverso diverse modalità comunicative, accadimenti documentati, testimonianze, racconti e atmosfere, gli eventi che hanno segnato la Storia, per ripercorrere il passato e per affermare il Dovere etico della Memoria Storica per un futuro di Pace…

http://www.peacelink.it/pace/a/37533.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

“Per Non Dimenticare”… 27 Gennaio 2013: Il Giorno della Memoria a Nova Milanese

27 Gennaio 2013: Il Giorno della Memoria a Nova Milanese

A Nova Milanese il programma per celebrare la Memoria  è finalizzato a raccontare un’immane tragedia non solo consegnando testimonianze e informazioni storiche per conoscere, ma anche per provocare le coscienze a riflettere sul terribile evento della Shoah e a condividerne il dolore.

Attraverso diverse modalità comunicative racconteremo storie documentate e atmosfere. Nel nostro percorso incontreremo il Teatro civile di Daniele Biacchessi e la passione di presentare una ricerca storica in un racconto – spettacolo.

Sul nostro palco, il 27 Gennaio, l’attenzione novese sarà tutta concentrata nel fare memoria dei bambini, attraverso la toccante rappresentazione evocativa della Compagnia “I Sempreverdi” e la testimonianza della delegazione che a Terezin ha presenziato alla Cerimonia di deposizione della Stele del Maestro Celiberti: ultimo atto dell’originale Progetto ideato dall’arch. Antonio Lombardo e dalla Prof.ssa Cristina Buraschi.

In Villa Brivio, nuova sede della nostra Biblioteca, la Professoressa Elisabetta Paganini racconterà Primo Levi attraverso una lettura autentica e appassionata del suo romanzo testimonianza.

Ringraziamo calorosamente: per la sua preziosa testimonianza, il nostro partigiano Bacio Emilio Capuzzo; il Presidente dell’ANPI Fabrizio Cracolici e la Prof.ssa Laura Tussi, per la costruttiva collaborazione al nostro Progetto di diffusione della Memoria, e i tanti amici che a Nova Milanese ci aiuteranno a raccontare…per non dimenticare!

In allegato il programma dettagliato degli appuntamenti.

Comunicazione, Servizi bibliotecari e culturali

Città di Nova Milanese

Allegati

A Nova Milanese il programma per celebrare la Memoria è finalizzato a raccontare, attraverso diverse modalità comunicative, accadimenti documentati, testimonianze, racconti e atmosfere degli eventi che hanno segnato la Storia, per ripercorrere il passato e per affermare il Dovere etico della Memoria Storica per un futuro di Pace…

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Il Giorno della Memoria a Nova Milanese

Ricordiamo le atrocità subite dalle vittime dell’Olocausto, ma anche al tempo stesso lanciamo ai ragazzi di oggi un messaggio di speranza nella bontà dell’animo umano, come era fermamente convinta la giovane ragazza ebrea morta nel lager di Bergen Belsen nel 1945.

19 gennaio 2012 – Laura Tussi

  • Pace

Il Giorno della Memoria

La CITTA’ DI VAREDO propone importanti incontri con la cittadinanza, le scuole e i testimoni diretti e indiretti della Deportazione, Resistenza, e Liberazione, nell’ambito del Progetto “PER NON DIMENTICARE”.

23 gennaio 2011 – Laura Tussi