Settembre al Polo Museale Civico di Giulianova: aperture, visite e laboratori didattici.

 

Interno Museo Archeologico, Giulianova

Prosegue per il mese di settembre l’impegno dell’amministrazione
comunale, a favore di turisti e residenti, per la conoscenza del
patrimonio culturale di Giulianova. “I nostri Musei civici assieme
alla cooperativa “Virate” – dichiara la vicesindaco con delega
alla Cultura Nausicaa Cameli – continueranno infatti ad offrire nuove
occasioni per comprendere il patrimonio artistico conservato nelle sezioni
museali dislocate nel centro storico, ma anche di quello diffuso nel cuore
della parte alta e storica della Città, primo esperimento di nuova
fondazione del Rinascimento”.
Il Punto informazioni e accoglienza in piazza Buozzi, davanti al Duomo di
San Flaviano, continuerà a fornire indicazioni sui servizi del Polo e sui
percorsi per scoprire il territorio, secondo i seguenti orari. Dal 1 al
16 settembre: il lunedì ore 10-12; dal martedì al venerdì ore
10-12,30/17,30-22; sabato e domenica: ore 10-13/17,30-22;
dal 21 al 30 settembre: dal martedì al giovedì 10-12,30; venerdì e sabato
10-12,30/16-20; domenica 16-20.

Le sezioni di scultura, divise tra la Sala “Raffaello
Pagliaccetti”, insigne scultore dell’Ottocento, e la Cappella
gentilizia De Bartolomei, entrambe in Piazza della Libertà, saranno invece
aperte al pubblico il 1 e 2 settembre, dalle ore 21 alle 23, e dall’8 al
15 settembre, il sabato e la domenica dalle 16,30 alle 19,30.
La sezione archeologica nel Museo “Torrione La Rocca” in via del
Popolo, sarà visitabile dal 1 al 9 settembre, dal martedì alla domenica,
dalle ore 21 alle 23, e dal 15 al 30 settembre, il sabato e la domenica,
dalle 16,30 alle 19,30. Inoltre fino al 9 settembre presso il Torrione
sarà ancora esposta una installazione dell’artista Luca Farina
nell’ambito della mostra personale “Luca Farina frammenti di
grazia”, in collaborazione con il Museo d’arte dello Splendore.

Proseguono inoltre le “Passeggiate nell’antica Giulia”,
visite guidate gratuite del Centro Storico e dei Musei Civici su
prenotazione ( 0858021290 – museicivici@comune.giulianova.te.it): tutti i
sabato di settembre, ritrovo ore 17.30 presso il Punto Informazioni e
accoglienza del Polo Museale Civico in Piazza Buozzi.
Infine, a grande richiesta, continuano i laboratori didattici per bambini
da 6 a 11 anni, su prenotazione: “La città con i piedi
d’argilla” a cura di Noemi Caserta, esperta in didattica della
scultura, tutti i venerdì alle ore 18 nella sala didattica del Punto
Accoglienza in piazza Buozzi, e “Il piccolo archeologo”, a cura
di Irene Lattanzi del G.A.M.A. Gruppo archeologico del Medio Adriatico,
tutti i lunedì alle ore 18 presso il Museo civico archeologico.
Informazioni e prenotazioni: 0858021290 – museicivici@comune.giulianova.te.
it.

Aggiornamenti su ulteriori iniziative del Polo Museale giuliese su
www.giulianovaturismo.it e sulla pagina facebook “Polo Museale Civico
Giulianova”.




Martinsicuro. Conferenza su : “La presenza romana in Valvibrata” a cura del Professore Giuliano Rasicci e concerto di musica lirica col mezzosoprano aquilano Rossella Galasso

  • Rossella Galasso

    L’Associazione Culturale MUSEO DELLE ARMI ANTICHE di Martinsicuro (Te) organizza a per domenica 2 settembre 2018, alle ore 18,00 Una Conferenza su : “La presenza romana in Valvibrata” a cura del Professore Giuliano Rasicci, ci sarà la proiezione di foto dei siti archeologici della nostra zona.  Seguirà un concerto di musica lirica col mezzosoprano aquilano Rossella Galasso che canterà arie da opere e canzoni classiche napoletane. L’appuntamento rientra nella   la I° edizione della Manifestazione “MUSEO DA VIVERE 2018” in collaborazione con la FONDAZIONE Cassa di Risparmio di Teramo, l’Associazione Musicale Haydn, l’Associazione Ensemble Synaesthesya ed il Centro Ricerche Storiche Truentum. Gli appuntamenti si terranno nella cornice storica del Museo delle Armi Antiche in Strada statale 16 N 39 a Martinsicuro ed andranno fino al 17 Novembre  e coniugheranno in un insieme armonico, la Storia, la Musica, l’Arte e la Cultura dell’Ambiente che ci circonda; ai concerti si affiancheranno delle Conferenze su argomenti storici, filosofico-scientifici o ambientalisti tenute da studiosi universalmente conosciuti come personalità all’avanguardia nel pensiero originale delle varie discipline.

Oltre al Concerto che è ad Ingresso libero dalle 21 e 00 in poi, è prevista anche la visita alle sale di esposizione del  Museo.

 




LA PERDONANZA NELLA STORIA AQUILANA di Enrico Cavalli *

 

 

 

Dalle origini di Aquila ai Celestini

Nella sua trattazione su “L’architettura religiosa aquilana” del 1988, Mons. Orlando Antonini, Nunzio apostolico, affermava che “il numero di chiese cospicuo a L’Aquila” non si spiega solo come semplice prevalenza dell’espressione religiosa sulla laicità, bensì da un lato con l’origine della città, nata dalla integrazione degli antichi territori amiternini e forconesi, dall’altro con la “vitalità della locale comunità cattolica”. Il riordino della penisola per effetto delle discese imperiali, vede, nel 962, coerentemente con gli assi geografici, la donazione dell’imperatore Ottone I a papa Giovanni XII delle terre che vanno da Amiternum a Beffi e dal Gran Sasso a Rocca Di Mezzo.

L’osmosi di abbazie e l’incastellamento normanno produceva la feudalità. In una lettera del 1229 di papa Gregorio IX al vescovo di Forcona, Tommaso da Padula, si permetteva alle genti dei ‘99’ Castelli situati lungo la valle dell’Aterno di estendere la “pontificia” Santa Maria di Acquili-Accula verso monte Roio, costituendo una libera città, antitetica alle circostanti baronie, nonché al Giustizierato sulmonese. Nel 1254, senza escludere del tutto una regia del cancelliere imperiale Gualtieri di Ocre (non scevra però da una possibile influenza dei Templari, imbarcantisi dalla longobarda Piscaria per le Crociate), su diploma di Corrado IV, figlio dell’imperatore Federico II, era ufficializzata Aquila, con i benefici di Innocenzo IV, il cui successore Alessandro IV vi trasferì nel 1257 la diocesi di Forcona.

 

Fra ghibellini e guelfi, la più grande conurbazione del Medioevo europeo, difendendo le pretese sicule di Edmondo, figlio di re Enrico III d’Inghilterra e vicino al Papa, subì nel 1259 la distruzione dallo svevo Manfredi, per risorgere nel 1265 grazie agli uffici del Nunzio apostolico Jacopo da Sinizzo presso re Carlo I d’Angiò, che, sbaragliate le truppe imperiali di Corradino di Svevia nel 1266 a Tagliacozzo, volle una sua reggia ad Aquila, poi sede dei domenicani.

Quale che sia stato il rapporto tra la Chiesa e il potere civile, di cui la stessa cerimonia del Perdono che si annunciava sarà intrisa – si pensi alla controversia sul privilegio di lettura della Bolla -, resta il fatto che le iniziative ecclesiali siano state fecondate dagli Ordini religiosi, in una città divisa in quattro Quarti, facenti capo alle chiese di San Giorgio di Bazzano (poi, Santa Giusta), Santa Maria di Paganica, San Pietro di Coppito, San Giovanni di Lucoli (poi, San Marciano), ognuna delle quali rappresentativa dentità partecipanti alla fondazione della nuova città, avente promiscuità demaniali negli antichi Castelli, come correttamente ha osservato Fabrizio Marinelli.

Senza tacere del Francescanesimo, sostitutivo dei Cistercensi, il più indigeno fra gli Ordini religiosi stanziali è quello dei Celestini, con identificazione civica. E questo non solo per il carisma del suo fondatore, Pietro Angelerio dal Morrone. Dopo il viaggio a Lione del 1273, ottenuta da Gregorio X la conferma e la denominazione celestiniana per la sua congregazione benedettina, l’asceta e mistico morronese nel 1287 riceve ad Aquila dal vescovo Niccolò da Sinizzo il placet per nuova chiesa e badia – al posto di Santa Maria dell’Assunzione – a Collemaggio (Colle maggiore) extramoenia.

La cerimonia della Perdonanza

A porre fine allo stallo del Conclave di Perugia, che durava dal 1292, per la successione a Niccolò IV, auspice Carlo II d’Angiò, l’eremita Pietro sarà incoronato papa Celestino V, nella chiesa di Collemaggio ad Aquila, il 29 agosto del 1294, festività della decollazione di San Giovanni Battista. C’è da notare che Pietro, non sganciandosi dallo spirito benedettino, giusta la Bolla ’Inter Sanctorum solemnia’: “Nos qui (…) in ecclesia Sancta Mariae de Collemajo, Aquilensi Ordini S. Benedicti (…)”, concedeva, in tempi di lotte civili, l’indulgenza plenaria ai fedeli che dai vespri del 28 a quelli del 29 agosto di ogni anno, sinceramente pentiti e confessati, recitanti il ”Pater Noster, Ave Maria, Gloria, Credo”, fossero entrati nella basilica di Collemaggio, facendo così esperienza del Perdono evangelico, ricevuto, vissuto e dato, che fa crescere personalmente e collettivamente, come corpo che edifica sé stesso nella carità (Ef, 4,26), per la redenzione universale.

La cerimonia della Perdonanza non è un normale anno giubilare come quello del 1300 indetto dal successore Bonifacio VIII, ma uno stile di vita evangelico in conversione dell’animo, liberatorio di schiavitù sociali. Avveniva alla vigilia della transumanza, per una città meta di pellegrinaggi e snodo strategico sulla via degli Abruzzi da Firenze a Napoli (stando a Maria Rita Berardi). Questo crogiuolo celestiniano faceva sì che “l’Aquila sobrana, la meliore città prima della Toscana” – così eternata dalle rime di Buccio di Ranallo, l’unica autonomia demaniale nel feudalesimo meridionale – conoscesse in poco tempo una sua terza conurbazione e fieristica.

Cessato lo sconcerto a seguito dell’abdicazione, il 13 dicembre 1294 a Napoli, del primo Papa esercitante l’ufficio petrino fuori Roma, cui seguì la sua traduzione a Fumone su volere di Bonifacio VIII, che sospese la Bolla istitutiva della Perdonanza, alla sua scomparsa ecco aprirsi lo spartiacque della canonizzazione di Pietro Celestino per miracoli riconosciuti, disposta dal papa francese Clemente V nel 1313. Come “confessore” però, contrariamente a quanto avrebbe voluto il re francese Filippo IV. Il persecutore dei Templari – e qui si profila, per Maria Grazia Lopardi, una consonanza fra l’ordine religioso-militare ed i Celestini) pretendeva infatti l’elezione del “nostro” a “martire”, allo scopo di screditare la potestà morale della Chiesa, alludendo alla fine terrena del papa eremita nelle segrete di Bonifacio VIII. E’ qui che si menzionano le tante leggende sorte sul foro nel cranio del papa santo, ascrivibili, sulla base di ricognizioni scientifiche, alle scorribande dei “sanculotti” francesi a Santa Maria di Collemaggio, al tempo dell’occupazione del 1799.

Dal Quattrocento al Seicento

Il succedersi nella città dell’Aquila di sismi ed epidemie favorì la grande diffusione del culto per il nostro Santo, innalzato dalla Congregazione delle Arti a protector urbis, ed il cui corpo, trasportato proditoriamente da Ferentino a Collemaggio nel 1327, fu oggetto di feste e venerazioni il 19 di maggio, giorno del suo martirologio, manifestazioni destinate a restare vivide nella memoria collettiva. Ora, la comprensibile obiezione sul rischio di mondanizzazione dell’evento ha un limite nella circostanza evangelica (Lc 6, 24), per cui non è la ricchezza in sé da rifiutare, ma l’uso che se ne fa, secondo un principio esplicitato nella Dottrina Sociale della Chiesa.

Fra cattività avignonese e i due Scismi d’Occidente, a fronte di un autoeclissarsi delle autorità vescovili e ai traviamenti dell’Ordine domenicano aderente all’antipapa francese Clemente VII, i Celestini, che rafforzano la femminile claustralità ed equiziana di San Basilio, fra le due uniche in Italia ancora resistenti (lo sottolinea Alessandro Clementi), si esplicitano in campo politico-amministrativo con i priori Matteo, Marino e Giovanni, che accedono alle magistrature civiche, diventando compilatori dei municipali diplomi, bolle, sigilli.

Le qualità teologiche-umanistiche dei Celestini saranno illustrate dai venerabili Luca Mellini, Pasquale Tristabocca e il francese Giovanni Bassando di Besançon, a riordino conventuale che necessiterà di apertura dell’Osservante Giovanni da Capestrano; quelle artistiche da Muzio Alfieri e Carlo Ruther di Danzica, pittori e restauratori di Collemaggio, senza contare che le laudi celestiniane sono antesignane forme musicali autoctone, come ricorda Francesco Zimei.

Di questa intima quanto consapevole compenetrazione fra la tiara e il gonfalone, i monaci celestiniani, per dirla con Raffaele Colapietra, tanto attraverso le Arti quanto nella resistenza a Braccio da Montone nel 1424, incarnano lo spirito della libertas aquilana: tema fortunato nell’Illuminismo, ma carico di laicità e privo dell’animus di ricomposizione del Comitatus aquilanus, visto l’affermarsi della tesi sulla fondazione federiciana della città e la “causa sulla bonatenenza”.

Gli sviluppi socio-economici dell’Ordine celestiniano erano sottesi alla civiltà agraria, sino all’Osservanza francescana, che coi Monti di pietà innervava in senso mercantile una città che, nel cosiddetto secolo d’oro, era seconda solo a Napoli nel regno meridionale. L’armonia fra gli Ordini religiosi viene dal richiamo ‘ad Aquilam’ di Bernardino da Siena, nel 1444, preceduto a Sella di Corno dalla “visione di Celestino V”. Le migliaia di fedeli che lucravano l’indulgenza dopo il corteo della Bolla, presa alla Cappella della torre civica dalle magistrature che si incontrano a piazza del Duomo con le autorità vescovili per poi dirigersi alla basilica di Santa Maria in Collemaggio, indussero papa Sisto IV a perpetuare la cerimonia del Perdono; e il francescano Giovanni da Capestrano, con precisa indicazione urbanistica, perorò la realizzazione di una strada tra Porta Bazzano e la basilica mariana.

La posizione di rigorosa condanna della pratica dell’usura da parte degli Osservanti riduce gli spazi della predicazione dei Celestini sul perdono teologico, che è la risposta alla critica protestante sulle indulgenze ecclesiastiche. In linea con le istruzioni del Concilio di Trento, la cerimonia del Perdono celestiniano serve il vero messaggio evangelico della remissione dei peccati, inteso come cooperazione fra il libero arbitrio dell’uomo e la fede salvifica del Dio misericordioso. A minare la saldezza celestiniana locale stava, come dice padre Giacinto Marinangeli, quella diarchia, già in nuce posta in essere nel 1378 dall’antipapa francese, che concedeva ai confratelli parigini la supremazia su omologhe abbazie aquilane. Si chiamò in causa una sinergia laica e religiosa nella dominazione ispanica. Si registra anche il lascito pacificatorio di Margherita d’Austria, con la statua in argento di Celestino V, che gli aquilani donavano a Clemente VIII in occasione del Giubileo del 1600; mentre Paolo V e il cardinale Roberto Bellarmino sistemavano l’Ordine celestiniano.

Dal Settecento al Novecento

Erano gli ultimi bagliori, nella modernità supposta, le contese sull’uso del pontificale e la durata delle celebrazioni in oggetto fra l’abate di Collemaggio e i vescovi aquilani. Dopo l’interdetto diocesano del 1720, l’Ordine celestiniano, riformabile da Clemente XIV nel 1773, ma non da Pio VI, tradotto in Francia col Capitolo generale del 1797 si espose alla soppressione napoleonica del 1807, concedendosi Collemaggio ai conventuali nel 1820. Fra ‘800 e ‘900 la cerimonia del Perdono vede sempre i devoti ricevere dalla torre della basilica di Collemaggio la benedizione anche per le greggi pronte per la transumanza, al suono delle campane. Da qui prende avvio l’usanza successiva di suonare i pomelli di carrozze, biciclette, automobili. Si tratta di estrinsecazioni laiche della Perdonanza, secondo l’accezione dannunziana, nel tempo in cui il direttore della Biblioteca provinciale, Enrico Casti, sollecitava migliori rielaborazioni dell’identità celestiniana.

Fra le due guerre mondiali si rievoca l’incoronazione di Celestino V, filmata dall’Istituto Luce del sulmonese Alessandro Sardi nel 1932, nell’ambito del recupero di saghe italiche durante il Ventennio: il tutto a cura del Comitato turistico di Antonio Ciarletta ed Emilio Tomassi, in favore della Grande Aquila, mentre il vescovo Gaudenzio Manuelli ripropone Celestino V al culto locale, inserendolo nel nuovo breviario arcidiocesano. Da qui l’appello, in un volumetto del 1935 di storia religiosa aquilana di Alfonso Catignani, affinché “la gloria nostra dei Celestini, risorga in questa forte e gentile terra d’Abruzzo”.

Dopo il 1945, nel 13° Cinquantenario dell’incoronazione di Celestino V, con esposizione delle sue reliquie sacre ad un popolo festoso e riconoscente per la fine delle ostilità belliche, c’è il ripiegamento mediatico della Perdonanza, pur in una declinazione storico-letteraria ed artistica. Riguardo all’aspetto letterario, si ripropone la sempiterna discussione sull’attribuzione dantesca al papa eremita del “gran rifiuto” (Divina Commedia: Inf. III, 58-60), sottovalutandosi il parere opposto di Francesco Petrarca, poi ripreso da Ignazio Silone nella sua “Avventura di un Povero Cristiano” e la posizione mediatoria di Jacopone da Todi. Sotto un aspetto più squisitamente artistico, si assiste invece alla progettazione dell’ostensorio della Bolla a forma di aquila, che sarà realizzato dall’artista Remo Brindisi, artista che molto darà alla città, in termini di opere insigni, anche per la Processione aquilana del Venerdì Santo.

La Chiesa del Concilio Vaticano II apre alla riflessione su Celestino V, e Paolo VI recandosi con intento spirituale a Fumone nel 1966, su interessamento dell’arcivescovo dell’Aquila Costantino Stella, inserisce per prima la Perdonanza nelle Indulgenze ecclesiastiche, riconoscendo pertanto l’autenticità della Bolla. Da qui, a fine anni Settanta del secolo scorso, la ricerca del vero giubileo aquilano. A questo riguardo, il rettore della Basilica di Collemaggio, Padre Quirino Salomone, su idea di Umberto Cavalli e collaborazioni di Floro Panti, Carlo e Franco Gizzi, Mario e Andrea Corridore, vara “Il Fuoco del Morrone”. A rievocazione del Corteo dell’incoronazione papale, dagli eremi morronesi la fiaccola giunge fino al “Colle de Majo” il 28 agosto, tramite una staffetta podistica: è l’aspetto scenico dell’Indulgenza plenaria, atta a sanare tutte le infermità umane.

 

Da queste energie religiose e civiche incentrate sull’accensione del tripode prende avvio la “rivitalizzazione” della Perdonanza, il 28 agosto 1983, con il Corteo storico della Bolla e battitura con ramo d’ulivo del Getsemani per l’apertura della Porta Santa da parte di un Cardinale, che quel primo anno sarà Carlo Confalonieri. Quindi l’indomani la processione all’incontrario, dalla basilica alla torre civica, per la riposizione della Bolla nella sua antica Cappella.

Infatti in quel 1983, col favore dell’arcivescovo Carlo Martini, per impulso del sindaco Tullio de Rubeis, con la presidenza di Serafino Petricone alla Provincia, la Perdonanza viene “rivitalizzata” e istituzionalizzata con la consulenza creativa di Errico Centofanti, che ne cura la rinascita con un rigoroso progetto, essendone per diversi anni il Sovrintendente. Sotto la progressiva egida anche del Centro celestiniano, ecco dunque la Perdonanza da offrire al mondo come un tempo. Era stata lambita il 30 agosto 1980 dalla visita apostolica a L’Aquila di Giovanni Paolo II, esplicitante già parole e gesti del profetico suo lungo pontificato, che avrà fasi meditative sul Gran Sasso.

Un attento protagonista della stagione di cui si riflette, Goffredo Palmerini, assessore comunale nell’amministrazione di Tullio de Rubeis (1980-’85), in uno scritto della “rivitalizzazione” riferisce nel dettaglio la genesi e rammenta lo spuntare di un’apposita fondazione di personalità del mondo civico e religioso durante quella sindacatura. Come pure nelle successive sindacature di Enzo Lombardi, Marisa Baldoni e Giuseppe Placidi, confermata in quelle pur culturalmente opposte di Antonio Centi e Biagio Tempesta, per gestire i vari aspetti della manifestazione, che nel versante laico hanno il clou nell’ “isola sonante”, per musicalità multitasking nelle piazze dei quattro Quarti cittadini.

Accanto alle devozioni religiose ci sono fascinazioni di massa, per manifestazioni collaterali talora discutibili, ma che prevalentemente, per spessore di esibizioni artistiche, danno visibilità mondiale a L’Aquila, capitale della Pace tra i popoli, in ere di ridondanti guerre nel pianeta. A spezzare il quadro armonico, nel 1988, il trafugamento delle spoglie di Celestino V dal suo mausoleo cinquecentesco di Girolamo da Vicenza, perdurando, oltre il suo ritrovamento, speculazioni di vario tenore che non rendono giustizia al dato storico, per cui il dibattito in argomentum ferve e determina prese di posizione critiche fra gli studiosi locali.

In parallelo, non immune da dispute storico-letterarie, c’è una editoria sull’Ordine celestiniano che va dalla rivista ”La Perdonanza” di Dante Capaldi, Giovanni Frassanito, alla pubblicistica di Emidio Di Carlo, Angelo De Nicola, Paolo Cautilli, Luca Ceccarelli, Maria Grazia Lopardi; una convegnistica pluridisciplinare del Centro celestiniano e della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, dal 1982 al 1995, con presenze del gotha sul medievalismo, quali Raoul Manselli, Jacques Le Goff e Edith Pazstor; per finire, ad exempla, alle trattazioni privilegiate di Daniele Pinton e Carmelo Pagano Le Rose sui codici di Celestino V, da cui la inusitata capacità di un papa legislatore, ma ammantato dell’età dello Spirito, secondo la visione profetica di Gioacchino da Fiore.

Gli anni Duemila

Nella Perdonanza del secolo XXI ci si sofferma sullo svolgimento e sulla composizione del Corteo della Bolla, anche se non sempre sono rispondenti i criteri storici ed organizzativi. Si verifica il coinvolgimento massivo di associazioni, confraternite locali e città mondiali gemellate con il capoluogo abruzzese, con un riguardo tutto particolare alla città tedesca di Rottweil, patria di quell’Adamo venuto ad Aquila nel 1472 in qualità di braccio destro di Johannes Gutenberg. Si assiste alla proposta di far scortare la teca contenente il messaggio celestiniano da una Dama e Giovin Signore, selezionati fra studenti aquilani. La superfetazione popolaresca del compito di far custodire la Bolla alla civicità, la risposta a svarioni gestionali su spettacoli e premialità legate all’evento, passano per la necessaria ripresa d’interesse per i riti religiosi.

Significativo, a parere di un “celestinologo” del calibro di Walter Capezzali, che si sia rinvenuto il più antico ritratto del 192° papa in uno degli affreschi della chiesa aquilana di San Pietro a Coppito, prima dell’indicibile tornante sismico del 2009, che non ferma i riti della Perdonanza, e l’ingresso sia pur parziale dei fedeli alla basilica di Collemaggio. Come non ricordare il 28 aprile 2009, quando l’arcivescovo Giuseppe Molinari e il sindaco Massimo Cialente accolsero in visita alla sì tanto vessata L’Aquila papa Benedetto XVI, che donò raccolto in meditazione il suo sacro Pallio al cenotafio di Celestino V, mentre il successore di papa Ratzinger, Jorge Mario Bergoglio, fu ordinato sacerdote proprio il 13 dicembre, giorno delle dimissioni di Pietro dal Morrone, come osserva Mario Setta.

Siamo alla peculiarità della rappresentazione più virtuosa, della dialettica tra religiosità e civismo, in un contesto aquilano che attende la sua riedificazione, non disgiungibile da fattori di riconciliazione morale, fra le componenti storiche di una conurbazione basata sull’equilibrato rapporto fra uomo e ambiente, come dal dono di Celestino. Nel suo messaggio pastorale per la Perdonanza, precedente l’anno del Giubileo Straordinario indetto da papa Francesco nel novembre 2015 dalla cattedrale centroafricana di Bangui – gestita dalle suore celestine – l’allora arcivescovo dell’Aquila sottolineava che entrambi i momenti si fondano sull’esperienza evangelica e sulla categoria teologica del Perdono, che non vuol dire cedere al torto subìto ingiustamente, ma è l’unica arma per vincere la condizione di peccato che ha indotto all’atto negativo.

La Perdonanza, sempre svoltasi nel rispetto della storia municipale, nell’edizione del 2016, interpretando i sentimenti degli aquilani, vedeva annullate dalla Municipalità le manifestazioni laiche, in omaggio all’immane patimento delle amiche genti di Amatrice e dell’Italia centrale, colpite dal sisma del 24 agosto. Occorre, dapprima per la sindacatura di Massimo Cialente e particolarmente per l’attuale di Pierluigi Biondi, il rafforzamento delle superiori valenze religiose di un evento che si vuole accreditare a Patrimonio immateriale dell’Umanità dall’Unesco, senza accantonare le feste civili, affidate all’assessore alle politiche culturali Sabrina Di Cosimo con la direzione artistica di Leonardo De Amicis, aquilano e direttore d’orchestra.

Con la Perdonanza 2018 la ricostruita basilica di Santa Maria di Collemaggio ridiviene centrale per l’accensione del tripode sulla sua torre chiesastica. Due mesi prima la basilica teatro della sua prima messa da Cardinale, l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi, assieme al suo eminente collega João Braz de Aviz aprono la Porta Santa: la prima volta, in 724 anni, due porporati con mandato papale a dischiudere la prospettiva reale del dono celestiniano di riconciliazione al mondo. Al di là delle occasioni d’analisi e confronto sulla Perdonanza antica e moderna, insieme alla Indulgenza da lucrare, occorre l’impegno concreto per la conversione, se si vuole essere persone in rinnovamento, come un po’ la storia aquilana, nei secoli, all’insegna dei valori di pace, solidarietà e riconciliazione.

 

*storico
 




Mosciano. CONCLUSO CON SODDISFAZIONE E SUCCESSO IL 3° CAMPUS ORA PER 20 STUDENTI ABRUZZESI

 

 

TERAMO – Per il terzo anno consecutivo il “Campus ORA”, organizzato dall’associazione RAW – Residents of Abruzzo in the World, a Mosciano Sant’Angelo (Teramo) dal 23 al 25 agosto scorsi, ha garantito a venti studenti, tra i più meritevoli del penultimo anno delle scuole superiori abruzzesi, tre giorni all’insegna di lezioni e laboratori.

L’accesso al Campus, che gode dell’Alto Patrocinio della Regione Abruzzo e del Comune di Mosciano Sant’Angelo (TE), è vincolato da una rigida selezione: solo gli studenti con un ottimo curriculum scolastico e che primeggiano in attività extra-scolastiche – ad esempio competenze linguistiche, attività sportive, artistiche e musicali – hanno avuto la fortuna di parteciparvi. La commissione di valutazione composta dall’Ing. Fania Valeria Michelucci, presidente del RAW, Debora Sbei, pluricampionessa mondiale di pattinaggio artistico e vicepresidente RAW, Goffredo Palmerini, presidente Associazione Nazionale Famiglie Emigrati Abruzzo e scrittore, e Carlo Fonzi, presidente dell’Istituto Abruzzese di Storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea, hanno svolto l’arduo compito di individuare gli studenti più meritevoli tra le tante candidature pervenute dai presidi abruzzesi.

Sono stati selezionati gli studenti: D’Amico Rebecca e Catullo Valeria del liceo scientifico “Patini-Liberatore” di Castel di Sangro; Pantalone Rocco, Martinicchio Cesare, D’Onofrio Miriam e Faieta Luca del liceo scientifico “F. Masci” di Chieti; Rotondi Simone del liceo “Leonardo Da Vinci” di Pescara; D’Angelo Martina, del liceo “Corradino D’Ascanio” di Montesilvano; Boccadifuoco Beatrice, del liceo di Penne; Agostinone Carlotta e Di Profio Roberta del “Tito Acerbo” di Pescara; La Barba Daniela del liceo “Marconi” di Pescara; Giancroce Natalia e Romanelli Enrico dal “Polo liceale Saffo” di Roseto degli Abruzzi; Ridolfi Matteo dal “Liceo scientifico Marie Curie” di Giulianova; Zamanakos Arianna, Santone Domenico, Di Massimo Lorenzo dal “Luigi di Savoia” di Chieti.

“Di questo Campus mi ha colpito la passione trasmessa dai relatori, perché mi ha motivato ancor di più nel seguire il mio sogno” dice fiero Rocco, mentre per Matteo “una bellissima parte del Campus è proprio lo stare insieme, condividere idee, momenti di vita e di studio, è stata un’esperienza unica”. Per Natalia, “è stata un’esperienza fantastica, in cui tutti hanno avuto modo di far emergere le proprie personalità, ricevendo dagli altri tanto non solo a livello formativo, ma anche e soprattutto umano”.

Uno degli obiettivi del Campus ORA, unico come format nella nostra Regione, è quello di sostenere il merito attraverso la presentazione di contenuti ed esperienze fatte direttamente da professionisti ed esperti. Per questo in cattedra si sono avvicendati professori, manager, imprenditori, scienziati, attori e personalità di successo, accumunati non solo dall’origine abruzzese, ma soprattutto dalla voglia di voler incoraggiare e valorizzare le giovani menti più brillanti del nostro territorio. I relatori hanno raccontato il proprio percorso professionale e di vita, offrendo numerose testimonianze negli ambiti economico-finanziario, imprenditoriale, scientifico, medico, giuridico. Il programma è arricchito da laboratori di comunicazione e di realizzazione del Curriculum Vitae in formato europeo.

“E’ il primo anno che rivesto il ruolo di vicepresidente di questa associazione e ne sono orgogliosa perché con il nostro Campus creiamo un’opportunità di crescita, confronto e conoscenza tra grandi professionisti ed eccellenti giovani menti abruzzesi, che rappresentano il nostro futuro”, dichiara il vicepresidente, Debora Sbei.

“Il Campus non è solo un momento di formazione e orientamento, ma soprattutto un’occasione di crescita e networking. Il Campus è un momento unico, in cui giovani e professionisti si incontrano per dare luogo a dialoghi, dibattiti, confronti sui temi più rilevanti per il nostro futuro. Un ringraziamento particolare allo staff del RAW, alla Nova Cartotecnica Roberto e alla Fondazione De Agostini e a Il Sole 24 Ore per averci fornito materiale didattico utile per i nostri studenti”, dichiara il presidente, l’ing. Fania V. Michelucci.

Per chi volesse sostenere l’associazione RAW, può farlo scrivendo a segreteria@rawabruzzo.it e seguire le nostre iniziative sui social tramite la nostra pagina Facebook, Instagram e attraverso il sito web www.rawabruzzo.it .

 




Convegno “Tra la terra e il cielo: un territorio d’incanti” Borsa MULA – San Benedetto del Tronto

 

 

 

Avviandosi al termine la Borsa del Turismo del Centro Italia, MULA, giunge sempre più al cuore di quel territorio che può e deve attrarre un visitatore curioso e deciso a conoscere sempre di più l’anima di Marche Umbria Marche e Abruzzo.

Di questo si è parlato nel Convegno del 1° settembre con Giorgio D’Ignazio, Assessore al Turismo dell’Abruzzo, con Daniela Tisi, Consulente del Ministro dei Beni Culturali, con Edy Castellani, Sindaco di Treia.

 

Molti e diversi gli ingredienti da utilizzare per la formula magica: un sistema territoriale che faccia rete tra le regioni, la costruzione di un racconto fatto di percorsi, di ricordi e di conoscenza delle leggende e della magia che i Monti Sibillini sanno rappresentare, un turismo che non ha stagione, la ricostruzione come amplificazione di una bellezza che esaltata fornirà un’immagine al mondo di grande qualità.

 

C’è molto da fare, molto da progettare insieme, la prima cosa è continuare sulla strada tracciata dalla prima edizione della Borsa Mula, iniziando dalla richiesta all’UNESCO che i Monti Sibillini siano dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità.

 

 




Teramo. La squartatrice monologo di Pietro Albino Di Pasquale in scena ieri al Teatro Comunale di Teramo

 

 

ACS con Zone Libre ha ospitato in residenza il lavoro messo in scena da

 Serena Mattace Raso in una prova aperta per operatori del settore

 

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Serena Mattace Raso e Pietro Albino Di Pasquale

Un momento dello spettacolo

TERAMO. E’ stato messo in scena con successo ieri sera, 31 agosto 2018, nel Teatro Comunale di Teramo lo spettacolo dal titolo provvisorio ‘La squartatrice’ tratto dal monologo teatrale dello sceneggiatore e drammaturgo teramano Pietro Albino Di Pasquale ispirato all’omonimo libro di Elso Simone Serpentini. Allo spettacolo, una prima prova aperta a conclusione della residenza artistica prevista dal progetto ‘Zone Libre, azioni di sostegno alla creatività contemporanea’ di ACS Abruzzo Circuito Spettacolo, ha assistito un selezionato gruppo di operatori e di artisti. Sul palco l’attrice teramana, che ha curato anche la regia dello spettacolo, Serena Mattace Raso.

 

Un lavoro originale e valido, frutto della sensibilità e dell’estro creativo del drammaturgo e scrittore teramano Pietro Albino Di Pasquale – in uscita a novembre il suo ultimo lavoro letterario ‘FARFARIEL, il libro di Micù’ Edizioni Uovonero – il quale negli ultimi  anni ha incentrato la sua ricerca artistica sul recupero della lingua, delle tradizioni, della musicalità e della magia abruzzesi. Un percorso che lo ha portato anche alla scrittura del monologo in scena ieri a Teramo. Protagonista del lavoro ‘La squartatrice’ è, infatti, Elisa la quale si esprime in una lingua semplice, intrisa di parole dialettali, essendo semianalfabeta e di origini contadine. La sua lingua è, infatti, schietta, tagliente, piena di metafore per farsi capire meglio. Una scelta e una attenzione da parte di Di Pasquale verso un mondo caratterizzato da credenze e suggestioni, ma anche ricco di conoscenze, concretezza e fascino, con l’obiettivo di aiutare a comprendere uno spaccato di una società contadina restituendo ad essa dignità e valore.

Libro di Elso Simone Serpentini

Elisa, la protagonista de ‘La Squartatrice’ – spiega Pietro Albino Di Pasqualeè una figura femminile realmente esistita e per questo ancor più interessante da esplorare per Serena Mattace Raso. L’obiettivo che ha mosso il lavoro è stato da un lato quello di far conoscere la storia di questa donna, comprendere meglio il suo vissuto e dall’altro il dare dignità alla vita contadina puntando su una drammaturgia in grado di raccontare l’Abruzzo partendo della mentalità dei suoi abitanti attraverso storie e parole, anche dialettali. Una narrazione che manca e di cui si sente l’esigenza. Dopo i grandi maestri come Gabriele D’Annunzio, Ettore Maria Margadonna, e Ignazio Silone, l’Abruzzo e gli abruzzesi non vengono raccontati. Nella drammaturgia contemporanea è una grande assenza, una lacuna da colmare. A Silone, scomparso esattamente 40 anni fa, si deve il racconto dei cafoni, l’immagine della sopraffazione che è una condizione purtroppo universale e ancora frequente. Con ‘Le avventure di un povero cristiano’ Silone vinse il prestigioso Premio Campiello, premio tornato nel 2017 in Abruzzo con il romanzo ‘L’Arminuta’ di Donatella Di Pietrantonio. La nostra terra affascina, il mondo rurale chiede di essere raccontato con la sua lingua e le sue tradizioni, ed è una consapevolezza che gli abruzzesi devono acquisire”.

 

“Sono felice e orgoglioso di questa squadra di lavoro, – conclude Di Pasquale tutta teramana, oltre all’attrice e regista Serena Mattace Raso, ci sono Ivandimitri Pilogallo, light designer, e suo padre Renato, noto scenografo, e la preziosa collaborazione con Acs che ringrazio. Il lavoro per arrivare allo spettacolo finito è ancora lungo, ma ci sono tutti i presupposti perché la storia di Elisa, la squartatrice teramana, conquisti il cuore degli spettatori dei teatri abruzzesi e nazionali, è questo il nostro auspicio”.




SIMIT – WEST NILE, CHIKUNGUNYA, ZIKA: OCCORRE NUOVO PIANO NAZIONALE PER COMBATTERE ZANZARE E ZECCHE PORTATRICI DI MALATTIE VETTORIALI

Appello degli infettivologi della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali dinanzi ai cambiamenti climatici per una nuova strategia integrata e per una lotta contro gli insetti vettori di infezioni trasmesse all’uomo. La stagione piovosa favorisce le zanzare

SIMIT – Mutamenti climatici e globalizzazione: occorre un nuovo Piano Nazionale per combattere zanzare e zecche portatrici delle malattie vettoriali

In merito ai recenti casi di West Nile, Chikungunya e Zika, il commento del Prof. Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali

L’estate 2018 è iniziata con un aumento delle segnalazioni di punture di zecche. Nel bellunese i casi di infezioni da virus dell’encefalite da zecche riportati a luglio avevano superato il numero delle diagnosi degli anni precedenti, tanto da indurre la Regione Veneto a rendere gratuita la vaccinazione.  Ai primi di luglio, i casi di infezione da virus West Nile, trasmessa dalla zanzara comune, Culex pipiens,  erano già più numerosi di quelli segnalati in tutto l’anno scorso. Al 23 agosto erano stati diagnosticati 103 casi di malattia neuro invasiva, tre volte il numero medio di casi – 32 – osservato negli ultimi cinque anni. L’anno scorso, di quest’epoca, i casi segnalati erano in tutto 13.

LE MALATTIE VETTORIALI – È probabile che le condizioni climatiche delle ultime stagioni abbiano favorito localmente un aumento delle attività dei vettori, zanzare e zecche, che ha avuto come conseguenza un significativo incremento delle malattie da essi trasmesse. Al di là, però, delle condizioni climatiche di un singolo ciclo stagionale, questi fenomeni sembrano inquadrarsi in un contesto assai più vasto e complesso. Malattie trasmesse da insetti ematofagi si stanno estendendo in gran parte del mondo in aree mai precedentemente toccate. È  quanto è già accaduto per tre virus africani come  West Nile, Zika e Chikungunya. 

Il virus West Nile era sconosciuto in America fino al 1999, quando si è manifestato per la prima volta a New York, per poi diffondersi in pochi anni in tutti gli USA, in Canada, in Messico e iniziare ad estendersi verso l’America Centrale e Meridionale. Il ceppo giunto a Queens nel 1999 è risultato lo stesso che nello stesso anno era stato isolato in Israele.  Zika ha causato epidemie in Polinesia e poi nelle Americhe, assumendo le connotazioni di un’emergenza globale. Nelle Americhe il ceppo implicato è risultato lo stesso che aveva causato un’epidemia nella Polinesia francese. Chikungunya  in pochi anni si è adattato ad un nuovo vettore, Aedes albopictus e ha causato epidemie in aree geografiche mai toccate in precedenza.  Nel 2013 si è spinto per la prima volta in America, ove, dopo essere inizialmente sbarcato su un’isola caraibica, si è reso responsabile di  epidemie in 45 paesi del continente americano causando milioni di casi.  Anche in questo caso il ceppo originario, come per West Nile o Zika, il ceppo che ha dato inizio alla ‘invasione’ era stato trasportato da persone o zanzare infette scese da un aereo in luoghi dove le condizioni climatiche e la presenza di insetti vettori compatibili hanno consentito l’espansione della malattia.

 Secondo il parere motivato di chi analizza scientificamente il fenomeno, ci troviamo di fronte quindi ad una situazione in cui fattori legati alla globalizzazione si sono associati a variazioni climatiche favorenti l’estensione dell’areale di distribuzione dei vettori. In Italia, l‘estate scorsa si era chiusa con l’epidemia di Chikungunya a Roma, ad Anzio e in Calabria, la seconda in dieci anni, resa possibile dalla presenza di Aedes albopictus, la zanzara tigre  che si è ormai radicata in tutto il paese. Una zanzara teoricamente in grado di trasmettere anche il virus Zika e il virus Dengue, per i quali sembra avere una capacità vettoriale limitata, che non le ha a oggi consentito di essere in grado di causare epidemie sostenute da questi virus nell’area mediterranea.

Il fatto che un’epidemia di Chikungunya si sia verificata in Italia ‘solo’ due volte in dieci anni (o per meglio dire solo due volte da quando una mutazione del virus gli ha consentito di utilizzare anche la zanzara tigre come vettore) dipende dall’impossibilità della zanzara di trasmettere il virus alla propria progenie. Perché un’epidemia si verifichi in Italia bisogna pertanto che una persona o una zanzara infette arrivino da un’area in cui è in corso l’epidemia. Le zanzare tigre ‘italiane’ penseranno poi al resto, amplificando la diffusione del virus. I ceppi che hanno causato le due epidemie italiane, diversi tra loro, sono arrivati entrambi dal subcontinente indiano, una distanza che hanno dovuto necessariamente coprire in aereo.

Completamente diversa è la situazione per quanto riguarda West Nile. In questo caso il vettore, la comune zanzara Culex pipiens, può trasmettere il virus alle sue uova e quindi alla futura progenie. Fattori climatici, precipitazioni, temperatura estiva si sono dimostrati in grado di influenzare la capacità delle uova deposte di superare l’inverno, di favorire la proliferazione delle popolazioni di zanzare e di consentire l’incremento dell’ibridazione tra il biotipo di Culex che punge quasi esclusivamente l’uomo e quello che punge quasi solo gli uccelli. Diverse specie dei quali costituiscono il vero serbatoio della malattia, poiché nell’uomo non viene raggiunta la viremia  sufficiente da consentire alla zanzara di assumere pungendolo una quantità di virus utile a ritrasmettere l’infezione. Gli ibridi, che pungono indifferentemente l’uomo e gli animali serbatoio, sarebbero quindi le vere truppe d’assalto di West Nile, e le condizioni che favoriscono il loro sviluppo l’elemento cruciale di rischio per la popolazione umana.

A portare il virus West Nile in Italia non sono gli aerei, ma gli uccelli migratori. La presenza di West Nile di genotipo1 è nota in Italia dal 2008. In uno studio in donatori di sangue del milanese i campioni prelevati nel 2009 erano tutti negativi, mentre in quelli prelevati nel 2011 vi era una prevalenza di anticorpi specifici per virus West Nile dello 0,58%, a suggerire sia una introduzione recente del virus, sia un numero non trascurabile di infezioni asintomatiche. Il ceppo ora prevalente in Italia appartiene al genotipo 2, il che significa che nel nostro paese vi è stata un’ulteriore introduzione di questo virus, successiva alla prima e sempre verosimilmente dovuta ad uccelli migratori.

In condizioni favorevoli, Culex resta attiva fino ad ottobre. Negli ultimi cinque anni il picco dei casi si è registrato in agosto, con un importante numero di segnalazioni anche in settembre e nel 2016 qualche caso è stato osservato anche in ottobre e all’inizio di novembre. È quindi probabile che il fenomeno in atto non sia concluso e che altri casi si stiano verificando o si possano verificare nell’immediato futuro. Come è noto, per West Nile non esiste ancora un vaccino e non disponiamo di farmaci efficaci. Le misure che possono essere impiegate si limitano pertanto ai presidi di protezione degli ambienti domestici (zanzariere, insetticidi) ed individuali (repellenti per insetti).

Quanto sta accadendo dimostra la necessità improcrastinabile di un’intensificazione della lotta ai vettori, visto che quanto è stato posto in atto finora non ha evidentemente sortito il risultato auspicato e che è altamente verosimile che condizioni climatiche come quelle di quest’anno possano ripresentarsi nel prossimo futuro. Notizie di questi giorni testimoniano inoltre l’incremento delle segnalazioni di Aedes koreicus, che sta estendendo la sua distribuzione in Italia settentrionale e che rappresenta un ulteriore esempio di radicazione nel nostro territorio di specie di insetti ematofagi subtropicali o tropicali potenzialmente pericolosi per la salute umana.

In questa situazione SIMIT ritiene indispensabile l’applicazione rigorosa dei piani di intervento e delle linee guida del Ministero della  Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità e la loro ulteriore integrazione in un piano nazionale di lotta ai vettori che tenga conto delle recenti esperienze, che disponga delle risorse necessarie e la cui realizzazione coordinata non lasci spazio a mancanze che localmente possano compromettere il risultato generale. Va infatti ricordato che la lotta ai vettori non consente ‘flessibilità locali’ nella sua applicazione, perché la mancata o insufficiente attuazione in un’area può compromettere il risultato anche in aree contigue.  In considerazione delle difficoltà e dei limiti delle azioni tardive sulle zanzare adulte, è auspicabile che su questo piano si inizi a lavorare in tempi brevissimi, al fine di poter ottenere  risultati significativi già nel prossimo anno.

difterite. E, tornando alle malattie nella cui trasmissione sono implicati insetti vettori, l’epidemia di febbre gialla in Brasile ha raggiunto aree prossime ad alcune delle maggiori città e che in Madagascar l’anno scorso sono stati registrati più di duemila casi di peste. In un mondo globalizzato, in cui le lontananze possono essere abolite dalla rapidità dei viaggi aerei, la rete delle unità operative di malattie infettive garantisce in gran parte del territorio nazionale la presenza di specialisti competenti, in grado di riconoscere le infezioni emergenti ed assistere al meglio le persone colpite. Il suo mantenimento e rafforzamento, contrastando politiche miopi di opposto orientamento applicate localmente, rappresenta un importante strumento per la protezione della popolazione tutta.




L’anteprima agostana del 23° Premio Di Venanzo edizione 2018: venerdì 31 agosto ore 21.00

 

 

Il concerto del gruppo di Alexian Spinelli al teatro romano

per il secondo omaggio a Marco  e Liliana Pannella

 

 

 

Secondo appuntamento dell’anteprima della 23^ edizione del Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica Gianni Di Venanzo: venerdì prossimo, 31 agosto, alle ore 21.00, all’interno del teatro romano, Teramo Nostra e il Premio Di Venanzo ricorderanno ancora una volta le figure di Marco Pannella e di sua sorella Liliana con il Concerto Integrazione e Solidarietà a cura dell’Alexian Group di Santino Spinelli.

 

Grande amico di Marco Pannella, Santino Alexian Spinelli, musicista e insegnante di lingua e cultura romanì all’Università di Chieti, con il suo Alexian Group propose le sue sonorità già tre anni fa, il 13 settembre del 2015, quando al primo concerto per l’integrazione e solidarietà, tenutosi sempre all’interno del teatro romano, prese parte proprio Marco Pannella, scomparso poi il 19 maggio 2016. E fu Santino Spinelli, il 22 maggio 2016, ad accompagnare, con il suono della sua fisarmonica, l’omaggio che migliaia di teramani tributarono all’eroe dei diritti civili e delle libertà nella camera ardente allestita presso la sala consiliare del Comune di Teramo.

 

<Il luogo in cui si tiene il concerto dell’Alexian Group – ha dichiarato Piero Chiarini, presidente di Teramo Nostra – l’antico teatro romano d’Interamnia, ci lega fortemente a Marco Pannella che, sempre al fianco della nostra associazione, si è battuto negli anni per avviare finalmente il suo completo recupero, liberandolo dai caseggiati che, purtroppo, ancora occupano la cavea. Nel ricordare Marco e sua sorella Liliana nel nome dell’integrazione e della solidarietà, con le note di Santino Spinelli rammentiamo a tutti, amministratori compresi, l’importanza del recupero del teatro romano>.

 

(In allegato alcune foto della serata del 2015 con Pannella e la locandina del concerto di venerdì prossimo)




Teramo. Nicoletta Dale per il progetto dell’Ali d’Oro

 

 

Prosegue il nuovo progetto ideato dall’azienda Ali d’Oro di Vanni e Antonella Di Giosia dal titolo: Penso che un cono così non ritorni mai più. Dieci racconti per volare nel blu dipinto di blu.

CONI

Il volume, edito dalla Duende di Paolo Ruggieri Paola Vagnozzi e curato dalla giornalista Antonella Gaita, racchiuderà dieci racconti firmati da giornalisti e scrittori, ma soprattutto artisti: Antonio AllevaAlessandra AngelucciSilvio Araclio, Andrea CastagnaNicoletta DaleValentina Di CesarePaolo Di SabatinoElisa FalascaAzzurra MarcozziAlberto Melarangelo.

 

Il ricavato dell’iniziativa sarà interamente devoluto alla Fondazione Anffas Onlus di Teramo (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale).

 

Il titolo dell’edizione di quest’anno richiama – a sessant’anni dalla sua pubblicazione – la canzone probabilmente più celebre della storia della musica leggera italiana, e vuole essere un invito a cimentarsi con il tema della musica, in tutte le sue possibili declinazioni.

 

A metà dicembre si terrà la prima presentazione ufficiale dell’antologia, moderata dal giornalista Rino Orsatti.

 

Il settimo racconto pubblicato è quello di Nicoletta Dale: “La mia monetina d’oro”. Nicoletta, figlia e nipote d’arte, già a otto anni intraprende un’intensa attività artistica lavorando al fianco del padre Gianni e del nonno Nino, noto musicista e scopritore di talenti. Inizia a studiare pianoforte e si esibisce con uno spettacolo studiato appositamente per lei che la vede impegnata nel canto e nella danza in giro per tutta l’Italia. Nel frattempo registra in studio brani inediti e spot radiofonici e partecipa alle selezioni per il Festival di Sanremo entrando nella rosa dei finalisti. Insieme a quattro tra i musicisti più quotati in Abruzzo fonda i Sosta Vietata, band storica con la quale ha calcato i palcoscenici dei locali più prestigiosi d’Italia, accompagnando artisti del calibro di Goran Kuzminac, Bobbi Solo, Grazia Di Michele, Fabio Concato, Laura Bono e Franz Di Cioccio. Perfeziona lo studio del canto, già avviato in conservatorio, iscrivendosi all’Università della Musica. Trasferitasi a Roma firma un contratto con Mediaset come cantante solista nel cast della trasmissione di Enrico Papi Sarabanda. Esperienza di grande crescita è quella con Elisa Turlà, che la avvicina al metodo Voice Craft destinato a cambiare radicalmente il suo approccio al canto. Tornata a Teramo fonda l’associazione Faremusika. Al momento sta lavorando a un nuovo progetto che porta il suo nome, Dale’s Mood, che attinge alla tradizione swing italiana e americana.

 

On line il racconto di Paolo Di Sabatino “L’estate tra i palazzi”, Andrea Castagna “Il dolce suono”, di Alessandra Angelucci “Salgo”, di Azzurra Marcozzi “La voglia del cuore”, di Valentina di Cesare “Contare i gelati” e di Antonio Alleva “La punta del cono”.




“Adriatico: Poesia tra le onde”. Al recital poetico organizzato dalle associazioni “Il Faro” ed “Euterpe” poeti e pescatori raccontano il mare Adriatico

 

Fioravante “Gabriellino” Palestini: <Il mare è stato il mio riscatto. L’incontro con il giudice Falcone mi ha restituito la dignità>

 

Giulianova. Poesie e racconti di gente di mare hanno arricchito una serata dedicata al mare Adriatico ed ai suoi personaggi. Il recital poetico“Adriatico: Poesia tra le onde” organizzato dalle associazioni culturali “Il Faro” di Cologna Spiaggia ed “Euterpe” di Jesi, in collaborazione con l’Ente Porto di Giulianova, ha incantato cittadini e turisti che, giovedì 23 agosto, nella sede della Lega Navale Italiana sul porto di Giulianova, hanno assistito ad uno spettacolo unico nel suo genere interamente dedicato al mare. Tante le storie narrate attraverso i racconti dei pescatori e le poesie di autori locali e marchigiani: tra questi le poesie in vernacolo del celebre pescatore e poeta giuliese Lucio Marà, gli aneddoti di Walter Squeo armatore e vice presidente del “Cogevo” e la storia di chi, in mare, ha trovato il suo riscatto come Fioravante Palestini detto “Gabriellino”. Il tutto accompagnato dalle immagini marine del fotografo Cristian Palmieri e dalla voce carica di pathos della giovane cantante Ramona Cecchini. Con la presentazione attenta e delicata di Sara Palladini, i poeti si sono cimentati nelle lettura delle loro liriche legate al mare e ai pescatori, presentando l’antologia dell’antologia letteraria “Adriatico – Emozioni tra parole d’onde e sentimenti” a cura di Stefano VignaroliLorenzo Spurio e Bogdana Trivak dell’associazione culturale “Euterpe” di Jesi contenente le poesie di autori italiani e stranieri, a sostegno dello I.O.M. Istituto Oncologico Marchigiano di Ancona. Emozionante l’intervista con Fioravante Palestini, a cura della giornalista Azzurra Marcozzi, nel corso della quale “Gabriellino”, tramite ricordi e sensazioni, ha raccontato i momenti salienti della sua vicenda, dal carosello anni ’60 in cui interpretava il celebre personaggio dell’Uomo Plasmon, al viaggio in Germania fino alla vicenda giudiziaria, non tralasciando nessun particolare della dura prigionia in Egitto e dell’incontro durante l’interrogatorio, ancora oggi impresso, con il giudiceGiovanni Falcone. <Nella mia sfortuna ho avuto il privilegio di incontrare un grande uomo – racconta Palestini – Falcone sapeva restituire dignità anche al peggiore delinquente e dopo aver parlato con me mi disse che io ero fatto di un’altra pasta. Ha lottato per farmi tornare in Italia a scontare la pena e si è ricordato di me anche dopo tanti anni, chiedendo al magistrato Ayala e al giornalista Zingales di venirmi a trovare a Giulianova per sapere come stavo e così fecero qualche anno dopo>. L’iniziativa è stata anche occasione per ricordare i tanti caduti in mare.