PER NON DIMENTICARE… Don Gallo a Nova Milanese: sempre in prima linea per i diritti degli ultimi

PER NON DIMENTICARE… Don Gallo a Nova Milanese: sempre in prima linea per i diritti degli ultimi

DON GALLO a Nova Milanese (Monza e Brianza)

Don Andrea Gallo, che sarà ospite principale dell’evento, è un sacerdote e partigiano, fondatore e animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova e di altri centri di accoglienza. Le comunità di Don Gallo accolgono persone con ogni tipo di problema di emarginazione, tutti gli ultimi, i più deboli, gli emarginati, i più fragili e tutte le persone con difficoltà che la società non vuole e non riesce ad aiutare e ad integrare.
PER NON DIMENTICARE…

Don Gallo a Nova Milanese: sempre in prima linea per i diritti degli ultimi

di Laura Tussi

In Auditorium Comunale, sabato 29 ottobre 2011, ore 17.oo, si aprirà la nuova stagione del progetto “Per Non Dimenticare” con una staffetta benefica di raccolta fondi a favore delle comunità del caro amico e compagno Don Andrea Gallo. Sul palco si esibiranno attori del calibro di Moni Ovadia, Flavio Oreglio, Alberto Patrucco, Bebo Storti, Renato Sarti, Diego Parassole, Paolo Ciarchi, Daniele Biacchessi, i 7grani e molti altri. “Per non dimenticare”, l’importante Progetto riguardante la memoria storica dell’Antifascismo e della Resistenza è organizzato, promosso e coordinato da LauraTussi, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Nova Milanese, con l’Istituto Comprensivo Via Prati di Desio e con molte altre realtà associative e istituzionali e centri di ricerca per la Pace e la Nonviolenza. Il progetto “Per non dimenticare” è sempre aperto ad argomenti di attualità, di importanza e di rilievo civile e di impegno sociale e umanitario. Infatti, Don Andrea Gallo, che sarà ospite principale dell’iniziativa, è un sacerdote e partigiano, fondatore e animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova e di altri centri di accoglienza. Le comunità di Don Gallo accolgono persone con ogni tipo di problema di emarginazione, tutti gli ultimi, i più deboli, gli emarginati, i più fragili e tutte le persone con difficoltà che la società non vuole e non riesce ad aiutare e ad integrare. Don Andrea Gallo è stato uno dei più grandi amici di Fabrizio De André e caro amico di Moni Ovadia e di altri personaggi importanti del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo. Ricordiamo l’ultimo suo libro, dal titolo “Di sana e robusta Costituzione”, edito da Aliberti e Mondadori, che sarà disponibile dopo l’iniziativa e sarà autografato e dedicato, a chiunque lo richieda, dallo stesso Don Gallo. Durante l’evento sarà presente anche e soprattutto Emergency.

Saranno presenti RAI e RAI NEWS 24.

DON GALLO a NOVA MILANESE

“PER NON DIMENTICARE”

Stagione 2011/2012

Staffetta benefica in favore delle comunità di Don Gallo

Presentano LAURA TUSSI e RENATO SARTI

Intervengono con DON GALLO

MONI OVADIA, BEBO STORTI, ALBERTO PATRUCCO, DIEGO PARASSOLE,

DANIELE BIACCHESSI, GIULIO CAVALLI, ANTONIO PIZZINATO, GIULIO CRISTOFANINI,

I 7GRANI

Con la partecipazione di RAI NEWS 24, TGRAI, EMERGENCY

Sabato 29 Ottobre 2011 ore 17.00

AUDITORIUM COMUNALE- Nova Milanese

Con il patrocinio:

Città di Nova Milanese

Comune di CesateMedaglia d’argento al Valore Civile

Comune di Cologno Monzese

Comune di Cormano

Città di Desio

Città di Bresso

Città di Cinisello Balsamo (Milano)

Comune di Sinalunga (Siena)- Assessorato alla Memoria

In collaborazione con:

ANPI, ANED, APEI, ARCINOVA, CAMPAGNA DI OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLE SPESE MILITARI, CASA DELLA CULTURA-Milano, CENTRO STUDI SERENO REGIS-Torino, CENTRO INTERDISCIPLINARE DI SCIENZE PER LA PACE-UNIVERSITÀ DI PISA, FLC-CGIL, DIFESA AMBIENTE, EMERGENCY, FONDAZIONE GIANFRANCESCO SERIO, IL DIALOGO.org, ISTITUTO PEDAGOGICO DELLA RESISTENZA, OSSERVATORIO NAZIONALE ED EUROPEO PER IL RISPETTO DELLE PARI OPPORTUNITA’- ONERPO, PEACELINK, RETE ANTIFASCISTA NORD OVEST MILANO, TEATRO DELLA COOPERATIVA, TEMPI DI FRATERNITA’, LAVORATORI LARES METALLI PREZIOSI….e tanti altri.

DON GALLO a Nova Milanese (Monza e Brianza) (70 Kb – Formato pdf)

  • PER NON DIMENTICARE… Don Gallo a Nova Milanese: sempre in prima linea per i diritti degli ultimi
  • In Auditorium Comunale, sabato 29 ottobre 2011, ore 17.oo, si aprirà la nuova stagione del progetto “Per Non Dimenticare” con una staffetta benefica di raccolta fondi a favore delle comunità del caro amico e compagno Don Andrea Gallo. Sul palco si esibiranno attori del calibro di Moni Ovadia, Flavio Oreglio, Alberto Patrucco, Bebo Storti, Renato Sarti, Diego Parassole, Paolo Ciarchi, Daniele Biacchessi, i 7grani e molti altri. “Per non dimenticare”, l’importante Progetto riguardante la memoria storica dell’Antifascismo e della Resistenza è organizzato, promosso e coordinato da LauraTussi, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Nova Milanese, con l’Istituto Comprensivo Via Prati di Desio e con molte altre realtà associative e istituzionali e centri di ricerca per la Pace e la Nonviolenza. Il progetto “Per non dimenticare” è sempre aperto ad argomenti di attualità, di importanza e di rilievo civile e di impegno sociale e umanitario. Infatti, Don Andrea Gallo, che sarà ospite principale dell’iniziativa, è un sacerdote e partigiano, fondatore e animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova e di altri centri di accoglienza. Le comunità di Don Gallo accolgono persone con ogni tipo di problema di emarginazione, tutti gli ultimi, i più deboli, gli emarginati, i più fragili e tutte le persone con difficoltà che la società non vuole e non riesce ad aiutare e ad integrare. Don Andrea Gallo è stato uno dei più grandi amici di Fabrizio De André e caro amico di Moni Ovadia e di altri personaggi importanti del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo. Ricordiamo l’ultimo suo libro, dal titolo “Di sana e robusta Costituzione”, edito da Aliberti e Mondadori, che sarà disponibile dopo l’iniziativa e sarà autografato e dedicato, a chiunque lo richieda, dallo stesso Don Gallo. Durante l’evento sarà presente anche e soprattutto Emergency. Saranno presenti RAI e RAI NEWS 24.



“Scuola e Didattica” per la Libera Universita’ dell’Autobiografia di Anghiari

Il valore soggettivo ed individuale contro la massificazione ed uniformazione delle coscienze

“Scuola e Didattica” per la Libera Universita’ dell’Autobiografia di Anghiari

La Rivista “Scuola e Didattica”, Editrice La Scuola di Brescia, promuove la Libera Universita’ dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo), per lanciare ponti di Dialogo e di Pace tra diverse culture, generi, identità e generazioni: le storie di vita e le relazioni di ascolto.

L’”UNIVERSITA’” DELL’AUTOBIOGRAFIA PER IL RECUPERO DELLA MEMORIA STORICA POPOLARE E DELL’IDENTITA’ CULTURALE: LE STORIE DI VITA E LE RELAZIONI D’ASCOLTO.

di Laura Tussi

Memoria e  modernità

Gli esseri umani non hanno sempre ricordato con le stesse modalità. Attualmente la cultura dominante concettualizza la memoria in determinati parametri, per cui la modernità contrasta la memoria attraverso il mutamento, il cambiamento, l’epoca del sempre nuovo, instaurando contradditori rapporti tra la cultura moderna europea e il concetto di memoria storica.
Nel 1860 Baudelaire sosteneva che “le città cambiano più velocemente del cuore di un uomo”, perché nella modernità tutto è mutevole, proteiforme, si trasforma più velocemente della capacità di adattamento dell’individuo stesso. Il mutamento è la norma: gli oggetti con cui in passato si condivideva la quotidianità, attualmente risultano desueti. La modernità implica l’oblio lacerante, la rottura costante e diseducativa con le tradizioni, con il passato, la storia; in quanto epoca del mutamento perpetuo, provoca ricorrenti fratture nella memoria sociale, ma implica, al contempo, un forte richiamo alla responsabilità del singolo nei confronti del passato storico a livello individuale, collettivo, nazionale, globale, affinchè in Italia e in Europa non si tratti esclusivamente di monete e di politiche economiche, ma delle persone e delle comunità, delle loro storie, culture e stili di vita, per gli obiettivi comuni di sviluppo delle conoscenze e delle azioni che possano promuovere condizioni esistenziali migliori, dal momento che è in gioco la nostra memoria collettiva, allo scopo di unificare una comunità, un popolo, il cui passato, recuperabile attraverso la memoria storica, risulta operazione necessaria, soprattutto nell’era della globalizzazione in cui occorre anche il rispetto e la valorizzazione delle diversità, delle differenze soggettive, culturali, interetniche, come elementi vitali e imprescindibili dell’insieme.
Da questo punto di vista l’Europa, di cui siamo parte, è una terra di memorie, storie, linguaggi, luoghi che devono essere valorizzati, tutelati e messi in condizione di rapportarsi, integrarsi vicendevolmente, senza perdere i caratteri oggettivi, perché nel grande fiume della storia confluiscano in un insieme, in una complessità più ampia, sollecitando le inflessioni relative ai problemi dell’identità locale e nazionale, perché è proprio l’ingresso nella modernità che obbliga ad una verifica critica delle nostre storie individuali e collettive e delle nostre tradizioni, al fine di creare una mentalità nuova che risulterà tanto più “moderna” e proiettata verso il futuro, quanto più riconoscerà che anche il passato rientra nella contemporaneità e attualità del presente.

La complessità ontologica del sé in una prospettiva autobiografica.

Risulta possibile recuperare il passato se si riconosce e riattualizza una memoria collettiva, comune, del senso della storia a partire dal singolo individuo che ha il compito di comprendere, realizzare, ricomporre a ritroso, storicamente, la propria identità, coincidente con la memoria stessa,  tramite l’approccio pedagogico autobiografico.
L’autobiografia permette al disegno, alla trama della storia personale di riemergere nella sua unicità per una maggiore consapevolezza e comprensione di sé, emancipando il soggetto da ogni rischio di manipolazione, di “revisionismo storico” della propria esistenza nel passato. In epoca moderna l’individuo vive il disagio, la difficoltà di sperimentare la complessità dell’esistere, perché la soggettività non è univoca ma composta da “noi plurimi” che confliggono al nostro interno, in termini psicanalitici.
La modernità disorienta l’individuo che non vive esclusivamente un’unica cerchia di vita relazionale, ma sperimenta la varietà degli approcci sociali, per cui appartiene ad una pluralità di ambiti comunitari e di contesti collettivi. Dunque la modernità comprende molteplici e plurime identità relazionali, per cui risulta più difficoltoso recuperare il senso della personale biografia, in quanto l’”io” sperimenta molteplici vite, nella pratica relazionale in varie dimensioni sociali del contesto quotidiano, prive comunque dell’autentico senso di appartenenza e condivisione che permeava la società preindustriale, precapitalistica, impostata su modelli di vita quotidiana più semplici, meno complessi degli attuali..
Nel concetto moderno e specifico di “adultità” (neologismo attuale), il divenire, la metamorfosi, il cambiamento, la transizione, coesistono nell’ermeneutica autobiografica, metodo interpretativo olistico che richiama il luogo della complessità, legata ai temi della narrazione, del gioco di trame e processi narrativi di linguaggi interiori che tendono all’incompiutezza. Il metodo autobiografico rientra nell’ambito della complessità, per cui il racconto di sé, introspettivo e retrospettivo, si rivela autopoietico, autogenerativo, tendente all’infinito relazionare e rimembrare degli eventi. L’educazione alla multipla complessità del sé genera e comporta un percorso formativo atto ad affrontare la sopravvivenza all’incertezza e all’ansia di dominare il presente, per abitare gli interrogativi dell’identità multipla, poliedrica allo scopo di imparare ad interagire, conversando, attraverso il mutare, il variare dei punti di vista, delle prospettive cognitive, al fine di educarsi, educando. Un concetto nell’accezione formativa, problematicista: La complessità dell’IO, dell’ente, realtà ontologica, olistica, interna ed esterna al sé. Il rapporto d’ascolto autobiografico ammette l’avvicinamento estetico, tramite il contatto, non estetizzante, l’interrelazione reciproca, per non dimenticare di vivere e sperimentare la nozione di complessità, attraverso il pensiero cognitivo autobiografico, che tende anche alla sospensione del giudizio, all’epochè.

Un luogo interiore dell’anima, per rieducarsi alla memoria.

L’autobiografia, ermeneutica dell’esistente, ha trovato un luogo ideale, utopico, al contempo reale, un “non luogo” della mente, dell’anima, anche topos specifico, micropedagogico…dalla mente autopoietica, al microcosmo di una realtà rurale, idillica, sospesa nell’eternità di un passato storico importante. Un piccolo borgo medievale, inerpicato sul dolce pendio collinare toscano: Anghiari, ancora intatta nella sua autentica antichità. Qui il fulcro della “Libera Università dell’Autobiografia”, realtà collegata all’Archivio diaristico nazionale della memoria storica popolare di Pieve Santo Stefano, da cui si diparte l’intento pedagogico, la volontà di studio e impegno di volontariato culturale militante che coinvolge vari comuni italiani, paesi piccoli e grandi, nell’intento formativo, di applicazione rieducativa al senso del tempo storico, personale e collettivo, di indagine e discussione relative al significato ermeneutico, interpretativo, della narrazione di sé, delle storie di vita degli individui, del popolo nella sua complessità. Questo implica un concetto di autoformazione, di autoriflessività e occasione di apprendere e conoscere, durante il corso della vita e dell’esperienza, in relazione ai fatti quotidiani, ai continua apicali, alla nascita, alla morte, come alle vicende esistenziali, grandiose o povere che ciascuno di noi vive.

Le due anime dell’autobiografia

La Libera Università dell’autobiografia di Anghiari, polivalente realtà associativa, è contraddistinta dall’intrinseca dualità e, al contempo, univoca e comune volontà d’intenti. Un’anima autobiografica, intesa come autentica e implicita possibilità di tornare sul proprio passato, in uno spazio/tempo interiore, spesso privo di riferimenti con l’alterità, per il venir meno di significativi e autentici rapporti relazionali affettivi, amicali. Soprattutto nelle grandi realtà urbane, metropolitane è scomparso il senso della comunità, vissuta attraverso le scansioni liturgiche del calendario agricolo/pastorale, regolato dagli eventi naturali, dal susseguirsi delle stagioni e suffragato dalla tradizione del sacro.
L’autobiografia rappresenta la possibilità di comunicare con le varie identità, a livello individuale, e recuperare, riappropriandosene, la storia di sé, per vivere meglio le diversità intersoggettive, con se stessi, per gli altri.
La seconda anima del volontariato di animazione autobiografica, comprende l’atto simbolico ma effettivo del donare e riconsegnare al presente, per affrontare il futuro con rinnovata consapevolezza, le tracce, i segni dei tempi, di una memoria storica collettiva quasi scomparsa: la vita della comunità, formata di tante singole storie di vita, riesumate tramite la “pedagogia della memoria”, per ricostruire e recuperare un’identità a livello individuale, locale, nazionale, globale dalla complessità ontologica dell’esistente, nella consapevolezza di un più esteso concetto di educazione e cultura militante.
Dal contesto sociale attuale risulta l’esigenza di raccontare ad altri e a se stessi il ricordo, rammentando, rimembrando e rievocando, il relazionarsi degli eventi passati, per sanare le ferite di un diffuso e dilagante disagio esistenziale, a tutti i livelli sociali, riguardante diversi ambiti e canali comunicativi: “non una depressione comune, un male oscuro misterioso”, ma il “male di vivere”. Di conseguenza ricordare e raccontare per riattualizzare e recuperare la sofferenza del vissuto, attraverso la naturale catarsi della com-memorazione, acquisendo una maggiore consapevolezza di sè, attingendo dal passato,  per la progettualità e decisionalità del futuro.
Tramite i progetti di ricerca attraverso l’animazione autobiografica, si concretizza e attualizza il nobile intento di dare voce al popolo e alle singole persone, coinvolgendo studiosi e pedagogisti di vari atenei italiani a confronto con “realtà normali e comuni”, in una rinnovata ed autentica prospettiva di educazione militante.
Il comune denominatore dei progetti di indagine e ricerca, tramite la “cultura della memoria”, diffusi sul territorio italiano, è la memoria stessa. Come sosteneva il filosofo “la memoria è l’uomo”, il cardine intorno a cui ruota il metodo di animazione autobiografico.

La scientificità del metodo autobiografico. Le ragioni del metodo autobiografico

Attraverso il racconto di sé la persona ri-corda (dal latino recordo: riportare al cuore, alla mente) gli eventi collegati al passato che si rivelano durante il colloquio autobiografico con il ricercatore/mèntore, tramite il recupero di una memoria non del tutto spontanea, ma indotta e indirizzata su obiettivi particolari: indagare la realtà soggettiva, il “pluriverso” individuale. Tale riferimento costituisce la discriminante tra l’attività spontanea e l’ambito specifico, micropedagogico, che consente di attuare la ricerca scientifica, a livello analitico.
Dunque il metodo autobiografico è essenzialmente scientifico non perché basato su dati statistici o focalizzato su una realtà oggettiva, ma riguardante l’individuo nella sua ontologica complessità poliedrica, soggettiva (si indaga il soggetto), attraverso una tipologia ermeneutica qualitativa (la ricerca dei dati sulle storie di vita) e non quantitativa: differente dalla ricerca sociologica, dall’antropologia o dall’ambito etnoantropologico.

Il recupero del passato storico individuale e collettivo come tutela della libertà soggettiva

La memoria è in sostanza il cardine del metodo. L’obiettivo fondamentale, il focus educativo sotteso alle implicite e consequenziali dinamiche metabletiche dell’autonarrazione, consiste nel recuperare, riattualizzare e far riaffiorare nelle menti memorie di eventi piccoli  o grandi, antichi o recenti, degli anziani testimoni e depositari autentici di un passato preindustriale, che lentamente va estinguendosi. A causa di precisi fattori economico/sociali, le realtà esistenziali e territoriali dei paesi, nel cui ambito si spende il volontariato autobiografico, risultano disgregate, anche per imponenti fenomeni di migrazione ed emerginazione, privi di reciproca integrazione, in seguito alle trasformazioni apportate dall’ingente processo di industrializzazione, per la diffusione di un esasperato, edonistico consumismo di massa, e il verificarsi graduale dell’eclissi del sacro.
L’hinterland metropolitano risulta una realtà amorfa, fortemente individualistica, nell’accezione più narcisistica, edonistica ed egoistica del termine, a livello di rapporti sociali, interrelazionali, nel cui contesto non rimane quasi traccia di un preesistente passato rurale, arcaico, ricollegabile a comuni matrici culturali, all’identificazione in comuni radici originarie, caratterizzate da tempi e ambiti di socialità comunitaria, scanditi dal lavoro quotidiano agricolo e dalle ciclicità stagionali e liturgiche del calendario contadino.
La transizione immediata, il passaggio repentino, brusco da una società di stampo prettamente rurale, ad un contesto altamente industrializzato, accompagnato da ingenti processi e fenomeni di sperequazione e speculazione edilizia, a livello di assetto urbanistico, ha sconvolto paesaggisticamente il territorio. Queste trasformazioni repentine hanno causato gravi ripercussioni sui vissuti individuali delle popolazioni, nei contesti sociali attuali, provocando un dilagante e diffuso disagio esistenziale. L’individuo perde, smarrisce nel caos di messaggi comunicativi vacui, effimeri, in una prospettiva estetizzante ed edonistica dell’essere, la personale identità, non più abituato a recuperare la memoria soggettiva, in ambiti d’ascolto familiari, amicali, tramite un percorso introspettivo e retrospettivo autobiografico relativo al senso della storia individuale e collettiva. Tale dinamica relazionale risulta difficilmente realizzabile in una società complessa come l’attuale, deprivata del senso e significato di dedizione disinteressata all’altro, al diverso, e mossa solo da interessi speculativi nei confronti dell’individuo, priva di ambiti di relazione e di ascolto sociali, sostituiti dai mezzi tecnologici e di comunicazione di massa.
Il valore pedagogico del proposito autobiografico è sotteso alla rieducazione della collettività al ricordo, in una prospettiva riabilitativa, terapeutica di cura di sé attuabile dal soggetto in formazione, attraverso il filo interrelazionale, invisibile, impercettibile della memoria, per attingere al passato di comuni radici originarie, riappropriandosi dell’esperienza e consapevolezza individuale, al fine di comprendere e recuperare una matrice comune, un valore condivisibile, la salvaguardia dell’ambiente, il territorio, il creato, la madre terra fertile, l’antico mondo  rurale, contadino, i cui momenti esistenziali, continua apicali, venivano regolati naturalmente dall’ambiente incontaminato, in sintonia con la creazione, dalla iteratività ciclica delle stagioni. In questo tempo, sospeso nell’eterna ciclicità della natura, si praticava la vita sociale, spartendo la quotidianità del presente nella comunità, in cui il soggetto riscopriva l’esigenza profonda e il terapeutico conforto del racconto di sé all’alterità.
Dunque la Libera Università di Anghiari coinvolge importanti studiosi di vari atenei italiani, accomunati dal nobile intento di approfondire le tematiche relative alla “cultura della memoria”, vale a dire il recupero delle storie di vita del popolo, della gente, delle singole persone, soprattutto anziane, uniche depositarie di un passato precapitalistico che inesorabilmente cade nell’oblio della modernità, in una rinnovata prospettiva di pedagogia sociale, di attività di animazione socioculturale e di educazione militante in diversi ambiti e contesti territoriali, attraverso un metodo di indagine scientifico basato sul racconto autobiografico del soggetto. Nei quartieri di ogni città dovrebbero esistere musei-laboratori della memoria storica per accogliere e archiviare le storie della gente che è passata. Solo riappropriandoci come popolo di una ormai confusa identità culturale ottenebrata e degradata dal consumismo esasperato, da stravolgimenti economico/sociali, apportati dagli ingenti fenomeni di capitalizzazione industriale delle risorse collettive, nel miraggio di una prospettiva di “villaggio globale” dettata e imposta dai massmedia, solo diventando attori del proprio sé, protagonisti consapevoli della personale storia di vita e di formazione, risulterà possibile recuperare i valori dell’altruismo, della solidarietà, dell’accoglienza, del confronto e arricchimento culturale interetnico, di interscambio e accettazione, non falsamente e ipocritamente tollerante, dell’altro da sé, del diverso, dell’immigrato, dello straniero portatore di cambiamento, di novità, nella certa e riconquistata consapevolezza, data dalla riflessione sul personale passato storico e soggettivo, individuale e collettivo, volta a rispondere alle domande esistenziali ultime, cardine dell’uomo: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.
Un impegno culturale di memoria autobiografica che esercita uno straordinario valore educativo, creativo, ricreativo e culturale nella sua concreta pratica di formazione permanente, riuscendo ad ottenere il fondamentale obiettivo di recuperare e di tutelare le specificità delle varie e differenti esperienze soggettive e la loro unicità. Un metodo che sa creare un argine diffuso e condiviso contro la violenta pervasività del pensiero unico veicolato dai massmedia e dall’uniformazione delle coscienze che la cultura consumistica ha l’esigenza e la pretesa di ottenere. Contro una pedagogia ed una didattica di stato che ha in odio ogni specificità individuale e che ritiene il principio costituzionale della libertà d’insegnamento un pregiudizio frutto di esigenze corporative:  Contro l’ipocrisia e la falsa coscienza di una rappresentazione virtuale dell’esistenza, dove saltimbanchi, buffoni ed imbonitori uniformano la cultura popolare nel nulla televisivo. Contro l’eliminazione di ogni differenza, contro una visione monopolistica dove ogni cosa ne vale un’altra, contro un insipiente e fallimentare appiattimento della prospettiva storica su un presente ricorrente in modo ossessivo come unico luogo di concretezza del mercato, contro una prospettiva che valorizza solo ciò che ha un valore immediato ed economico…

LAURA TUSSI

Note:

Allegati

  • Laura Tussi
    La Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo) è stata fondata nel 1998 da Duccio Demetrio e Saverio Tutino. L’Università Dell’Autobiografia per il Recupero della Memoria Storica Popolare e dell’identità culturale:le Storie di Vita e le Relazioni d’ascolto. Il valore soggettivo ed individuale contro la massificazione ed uniformazione delle coscienze



Milano. “Prospettiva Persona” per la Pace

Le Differenze di Genere nella Cultura Occidentale. Un confronto tra razzismo e patriarcalismo. Il conflitto sessuale non è a se stante, ma partecipa di una conflittualità che permea tutto il reale.

“Prospettiva Persona” per la Pace

La Rivista “Prospettiva Persona”, realizzata dal Centro di Ricerche Personaliste di Teramo, Trimestrale di cultura, etica e politica, edita da RUBBETTINO, è diretta da Attilio Danese e Giulia Paola di Nicola, in collaborazione con Giovanni Marcotullio.

LE DIFFERENZE DI GENERE NELLA CULTURA OCCIDENTALE.

Un confronto tra razzismo e patriarcalismo.

di LAURA TUSSI, Istituto Comprensivo Via Prati, Desio (Monza e Brianza)

Il conflitto sessuale non è a se stante, ma partecipa di una conflittualità che permea tutto il reale.

Gli apparati educativi e le istituzioni di formazione si trovano di fronte al problema della disuguaglianza sessista nella didattica e nei libri di testo.

I principi egualitari del presente entrano in contrasto con i fondamenti antiegualitari della tradizione. Nell’insegnamento delle discipline che presuppongono la dimensione dell’evoluzione storica e della tradizione, la disparità sessista risulta un problema fondamentale e particolare.

I saperi didattici e disciplinari fondanti la cultura occidentale, rispecchiano la società patriarcale di cui costituiscono esplicito retaggio culturale e intellettuale, nel cui ambito la subordinazione delle donne e la sottovalutazione e addirittura svalutazione del sesso femminile sono presupposti costanti.

Di conseguenza, l’insegnamento delle discipline, la trasmissione dei saperi e della cultura occidentali risultano in contrasto con i valori e i principi a cui la scuola europea si ispira attualmente.

Occorre informare il mondo studentesco che la cultura trasmessa appartiene alla civiltà patriarcale del passato. Il fenomeno del patriarcalismo appare superato dalla concezione illuministica secondo cui la discriminazione risulta già accertata e riconosciuta e che nessuno ignora il ritardo del passato rispetto al progresso del presente. Di conseguenza, il patriarcalismo appare naturale, così ovvio, scontato e inevitabile da non dover essere nemmeno segnalato. L’atto di questa segnalazione è ritenuto offensivo nei confronti della popolazione femminile, forse per un malinteso criterio di correttezza. Dunque perché insistere sul ruolo di sottomissione e subordinazione della donna nel passato se la discriminazione attualmente risulta essere un fenomeno già noto? Il confronto con un’analoga situazione evidenzia quanto questo criterio di correttezza sia falso, ossia il silenzio sul fenomeno dell’antisemitismo per non offendere gli studenti ebrei. L’antisemitismo è un dato storico di cui l’Europa civile prova grande vergogna. Infatti nella trattazione scolastica e didattica l’antisemitismo è sempre ampiamente criticato e condannato. I campi di concentramento sintetizzano tutto l’orrore possibile e impossibile della violenza antisemita. Invece, al contrario, lo sviluppo della supremazia patriarcale sembra non indurre né a vergogna né a esecrazione, infatti questa storia di superiorità fallocratica risulta priva di eventi ed episodi estremi, in grado di concentrarne e sintetizzarne il significato in un’unica icona storicistica. Infatti il patriarcalismo risulta diffuso nel tempo e nello spazio, per millenni e in ogni dove, presentandosi come trasversale alle molteplici culture e alla complessità dei gruppi sociali, per cui la supremazia patriarcale si manifesta come una dimensione ovvia, scontata, banale e soprattutto naturale, lontana dalla violenza antisemita e in un certo senso appare soprattutto come funzionale all’evoluzione graduale della società e allo sviluppo della civiltà. Il confronto tra antisemitismo e patriarcalismo, e in generale tra razzismo e sessismo, effettivamente non risulta funzionale. Le cause di questo impossibile funzionamento non sono dovute all’incommensurabilità di questi atteggiamenti in termini di efferatezza, ma a un’ incommensurabilità di carattere strutturale. Infatti il razzismo contrappone un’etnia ad un’altra, un gruppo all’altro, mentre il sessismo si manifesta trasversale ad ogni realtà sociale. Il razzismo costituisce la propria ideologia rispetto ad una cultura intrisa di differenze di varia tipologia, mentre il sessismo costruisce la propria identità sulla differenza sessuale tra uomo e donna, ossia una differenza che determina e caratterizza l’intera specie umana, quale differenza concepita in natura. L’atteggiamento tramite cui il soggetto maschile traduce la differenza sessuale in una subordinazione dell’altro sesso, risulta come sistema basilare e imprescindibile per l’interpretazione di ogni differenza e diversità in termini di inferiorità e sottomissione. Infatti l’economia sessista agevola, facilita e rende legittima un’economia di carattere razzista. Dunque, l’informazione sul carattere patriarcale della cultura tradizionale trasmessa, appare un criterio informativo doveroso. Però il fatto che tale informazione sia sempre assente nella didattica scolastica, risulta un sintomo culturale molto preoccupante, in quanto sempre omesso per la sua supposta ovvietà e scontatezza e per non applicare al passato delle categorie ermeneutiche ed interpretative di carattere moderno, per non incorrere in una ridefinizione anacronistica di tradizione culturale. Infatti la tradizione patriarcale viene definita tale in base a criteri culturali moderni. Quindi le tradizioni non sapevano di essere patriarcali perché agivano “in buona fede”. Per ottemperare alle necessità antidiscriminatorie dell’editoria rivolta alla scuola, sarebbe utile apporre ai libri di testo una chiosa informativa, di carattere introduttivo, sugli aspetti di tipologia patriarcale della disciplina in oggetto, così che l’utenza scolastica sarebbe in tal modo avvertita che i contenuti culturali del testo rispecchiano un mondo di dominio maschile. Questo costituisce una problematica molto seria per una società che si proclama egualitaria, infatti oltre all’informazione risulta necessario fornire strumenti metodologici critici di riflessione ed intelligenza. La filosofia e la storia filosofica risultano discipline primarie rispetto a tutti i saperi nel teorizzare i principi del patriarcato, perché permettono la coincidenza dei criteri oggettivi della verità con i canoni e i codici simbolici di carattere patriarcale. La filosofia risulta inoltre portatrice e fautrice dell’elaborazione teorica dei principi egualitari moderni e contemporanei, ossia dei modelli di pensiero antidiscriminatori. Dunque la filosofia non solo permette di comprendere il funzionamento di un ordine androcentrico, ma anche la comprensione del principio di uguaglianza. La filosofia e la sua storia costituiscono l’assetto didattico e disciplinare maggiormente permeato dall’essenza antropocentrica e androcentrica della cultura tradizionale dell’Occidente. L’aggettivo che indica il carattere maschile della tradizione, ossia “androcentrico”, con modificazioni non essenziali, può essere sostituito da una terminologia affine che indica quanto la filosofia, come il sapere e la società, sono stati costruiti dal solo punto di vista maschile. Il termine androcentrico è paragonabile ai termini patriarcale, fallologocentrico, fallogocentrico, fallocentrico, fallocratico. La filosofia rispecchia la posizione dominante dal punto di vista culturale, storico e sociale dei maschi della specie umana, da cui è stata elaborata. Dunque ogni forma di cultura e di sapere androcentrici possono anche essere definiti sessisti. La filosofia nasce in Grecia, seguendo la tipica parabola storica della cultura antica occidentale, in quanto frutto della mentalità occidentale che la produce in modo decisivo. Questo non significa che certe tipologie di sapere e di sapienze elaborati da altre aree geostoricoculturali non possano essere definiti come filosofia e non si incrocino con la parabola occidentale. Pertanto la filosofia segna l’Occidente contribuendo soprattutto a rafforzarne le pretese universalistiche. Lo statuto disciplinare della filosofia determina l’assunto che i principi su cui si fonda il mondo occidentale sono obiettivamente e oggettivamente giusti e buoni, intrinsecamente veri e universalmente validi e accertati, quali i valori della democrazia e i diritti della persona.

La questione androcentrica risulta pertanto individuabile in questo statuto disciplinare quale osservatorio privilegiato della civiltà occidentale. Molte altre discipline, e non solo la filosofia, teorizzano e proclamano la superiorità degli uomini in rapporto alle donne, ma soprattutto la storia della filosofia fonda su un solo genere maschile la categoria stessa di umanità, ossia l’Uomo, inteso come specie umana, coincide all’uomo, inteso come uno dei due generi della specie umana. Di conseguenza, le donne risultano così esseri umani di secondo livello, ossia mancanti, incompleti, inferiori, rispetto all’umanità modellata sugli esseri umani di sesso maschile. Aristotele insegna come rispetto alla definizione dell’uomo come animale razionale, le donne risultano invece irrazionali, dal momento che l’incapacità naturale del mondo femminile di acquisire pienamente la ragione, risulta solo uno dei molti fattori di pretesa inferiorità che legittimano lo stato di subordinazione femminile. L’identificazione dell’umanità con l’uomo di sesso maschile costituisce infatti l’apice di una complessa struttura di pensiero che valuta una serie di dicotomie oppositive, binarie e duali, afferenti a un quadro gerarchico, come gli archetipi di mente e corpo, ragione e passione, cultura e natura, pubblico e privato. L’ambito e l’entità femminili occupano sempre il polo negativo dell’opposizione, in quanto assunti come una sorta di sottospecie dell’umanità, per cui le donne risultano umane rispetto agli animali, ma non pienamente umane rispetto agli uomini.

Comunque non è la filosofia ad inventare l’ordine simbolico patriarcale, perché in quanto disciplina, nasce in un contesto culturale e valoriale basato e strutturato su una salda e inconfutabile economia androcentrica, limitandosi perciò ad elaborare una teoria coerente al contesto. La filosofia consegna a questa teoria del femminile il potere di rendere indiscutibili e naturali e di occultare tutti gli elementi di violenza, di sopraffazione operanti in ambito, appunto, filosofico. La supremazia patriarcale ricava dalla filosofia i principi imprescindibili, oggettivi e naturali per giustificarsi, in quanto ricondotta e fondata su una modalità di sapere imperniata esplicitamente sulla ricerca della verità. Il predominio dell’uomo non risulta solamente una questione di potere, ma un principio di ragione, ossia una verità evidente corroborata e suffragata dalla teoria. Dunque la parità fra i due sessi, in questa ottica, risulta incontrovertibilmente ingiusta perché non si attiene alla verità della natura umana. L’origine greca della filosofia è di importanza fondamentale. Infatti la maggior parte del lessico filosofico è in greco e non si avvale di neologismi coniati in epoca posteriore, come accade in altre discipline, ma sono vocaboli trasmessi inalterati e di matrice greca. Questa gamma lessicale corrisponde al sistema valoriale e concettuale su cui si costruisce la disciplina filosofica, nello specifico orizzonte greco, in cui la filosofia si rivela ed eleva come nuova modalità di sapere. L’esempio del termine filosofico “idea” può servire a comprovare l’antropocentrismo e l’androcentrismo filosofico. Infatti il termine “idea” indica “ciò che è visibile”, e, come dimostrato dal mito della caverna di Platone, l’idea è contemplazione teoretica di oggetti immateriali e immobili, visibili solo all’occhio metaforico della mente. Praticamente, l’idea sancisce la dicotomia oppositiva tra mente e corpo, verità e inganno, pensiero e materia. Dunque il sistema filosofico greco si rivela come costruito su posizioni binarie, in cui il polo negativo è assegnato al mondo femminile, in un quadro teorico di astrazione e dicotomizzazione.

Come donne, dunque, portiamo avanti una riflessione globale che vede l’essere umano di genere femminile e, come in uno specchio, quello di genere maschile, nella loro interezza. Vi è un intreccio inscindibile fra cultura e modo di considerare la sessualità umana e una ricaduta profonda e un’importante interazione tra cultura, vita e società civile.

La conflittualità culturale che permea ogni relazione umana ha la sua base

  • nella diversità, a cominciare da quella di sesso
  • nello scarto fra l’utopia che intravediamo e l’ambiguità di ogni impresa per raggiungerla
  • nell’impossibilità per l’essere umano di abitare l’opposizione, di cogliere i punti estremi contemporaneamente, oscillando tra l’uno e l’altro

[1]Le culture si sono sviluppate sui tentativi successivi degli umani di superare le diversità, di colmare lo scarto di rendere realizzabile l’utopico. La rivelazione della differenza sessuale come positività, attribuisce diritto di cittadinanza culturale a tutte le altre differenze, etniche, culturali, ma anche di età, intergenerazionali, di salute, di stato sociale eccetera. Questo è importante soprattutto in un momento in cui le differenze etnico-culturali sgretolano nazioni, anche da lungo tempo costruite sull’unione di etnie diverse, in tanti piccoli satelliti. La differenza di sesso è forse attualmente quella che subisce i maggiori attacchi. Anche le scienze dimostrano che riconoscersi in un sesso è un processo culturale oltre che fisiologico e psichico.

Anche in questo campo subentra la tendenza alla confusione con una società che propone “ermafroditi” non come esseri mitici, ma reali, possibili. Il transessualismo non è più un tabù, ma è la spia dell’esasperazione, dell’incertezza.

La differenza di genere non è ancora del tutto percepibile come un valore o come un paradigma per l’assunzione dell’importanza di ogni altra possibile differenza.

Le elaborazioni del neofemminismo hanno dimostrato che la partecipazione delle donne ai processi culturali è stata di notevole spessore, anche se sotterranea, tacita, priva di protagonismi, quasi ignorata dalle donne stesse.

Proprio nella quotidianità e non nelle orchestrazioni metafisiche si gioca il senso più rilevante della nostra esistenza, anche come donne. In questo senso Hannah Arendt[2] scriveva con evidente lucidità: “E’ vano cercare un senso della politica o un significato nella storia quando tutto ciò che non sia comportamento quotidiano o tendenza automatica è stato scartato come irrilevante”.

Abbiamo come donne forza, tenacia, creatività, capacità di resistenza anche in situazioni di tensione. Abbiamo anche una certa “innocenza” che deriva dal fatto di essere state lontane dai luoghi di potere.

Abbiamo dimestichezza con le origini della vita e della morte: “sappiamo” per retaggio atavico. Eros e Thanatos trovano ricomposizione nella nostra stessa esistenza.

Dobbiamo innanzitutto riuscire ad utilizzare le forze positive che si liberano nell’inevitabile conflitto tra i “diversi”, per sesso, per età, per cultura, come stimoli a cambiare, a crescere, neutralizzando la parte negativa del conflitto che si esprime in prevaricazione, ricerca di possesso dell’altro, tentativo di omologazione dell’altrui diversità ad un modello costruito a nostra immagine e somiglianza o per nostro tornaconto.

Laura Tussi, docente, scrittrice e giornalista


[1] Garutti Bellenzier M.T. (a cura di), Donna-Uomo: la dimensione creativa del conflitto, Demian, Teramo 1993

[2] Arendt H ,The Human Condition, Chicago, 1958 (it. Vita activa, Milano : Bompiani, 1964)

Note:[1] Garutti Bellenzier M.T. (a cura di), Donna-Uomo: la dimensione creativa del conflitto, Demian, Teramo 1993

[2] Arendt H ,The Human Condition, Chicago, 1958 (it. Vita activa, Milano : Bompiani, 1964)

Allegati

  • Laura Tussi
    La Rivista “Prospettiva Persona”, realizzata dal Centro di Ricerche Personaliste di Teramo, Trimestrale di cultura, etica e politica, edita da RUBBETTINO, è diretta da Attilio Danese e Giulia Paola di Nicola, in collaborazione con Giovanni Marcotullio.



MONI OVADIA a Busto Arsizio (Varese)

Per una rivoluzione dal basso, per un cambiamento propositivo. I diritti civili e l’eguaglianza, la Pace e il disarmo, la giustizia sociale, contro ogni razzismo…

MONI OVADIA a Busto Arsizio (Varese)

Questa Italia così lacerata, così stremata: da dove ricominciare?
UN INTERVENTO DI MONI OVADIA.
Idee, progetti, passioni e valori, per un’Italia diversa, per un’autentica etica politica.
Incontro pubblico proposto dall’Associazione Culturale IL QUADRIFOGLIO.

Questa Italia così lacerata, così stremata: da dove ricominciare?
UN INTERVENTO DI MONI OVADIA.
Idee, progetti, passioni e valori, per un’Italia diversa, per un’autentica etica politica.
Incontro pubblico proposto dall’Associazione Culturale IL QUADRIFOGLIO.

Mercoledi 5 Ottobre 2011 ore 21.00

MUSEO DEL TESSILE

via Volta, 6 – Busto Arsizio (Varese)




Il Centro Studi Sereno Regis per la Pace. Il senso e il significato della Memoria Storica, in una visione della società pluralista e planetaria.

Il Centro Studi Sereno Regis per la Pace.
Il senso e il significato della Memoria Storica, in una visione della società pluralista e planetaria.
I pensieri delle differenze e le memorie –
Recensioni di Dario Cambiano
A seguito di un caloroso incontro avvenuto nella sede del Centro Studi Sereno Regis di Torino, abbiamo ricevuto dall’autrice e volentieri archiviamo nella nostra biblioteca i libri scritti da Laura Tussi.
21 settembre 2011 – Laura Tussi
I pensieri delle differenze e le memorie – Recensioni di Dario Cambiano.

Laura Tussi, Il pensiero delle differenze. Dall’intercultura all’educazione alla pace, Aracne, Roma 2011

Laura Tussi, Il dovere di ricordare. Dalla shoah all’attualità dell’intercultura, Aracne, Roma 2010

Laura Tussi, Memorie e olocausto. Il valore creativo del ricordo per una “pedagogia della Resistenza” nella differenza di genere, Aracne, Roma 2009

Laura Tussi, Sacro, EMI, Torino 2009

http://serenoregis.org/2011/09/i-pensieri-delle-differenze-e-le-memorie-recensioni-di-dario-cambiano/

http://www.peacelink.it/pace/a/34750.html

http://www.peacelink.it/tools/author.php?u=437

A seguito di un caloroso incontro avvenuto nella nostra sede, abbiamo ricevuto dall’autrice e volentieri archiviamo nella nostra biblioteca i libri scritti da Laura Tussi.

Laura, ricercatrice e insegnante, plurilaureata, si occupa di interculturalità e pace. I suoi libri, “Il pensiero delle differenze”, “Il dovere di ricordare”, “Memorie e olocausto”, si svolgono sulle riflessioni che negli anni ha elaborato nella sua esperienza umana e didattica: occupandosi di Shoah e deportazione, avendo intervistato decine di ex deportati, ha concretizzato la sua esperienza in questi documenti che ci spiegano il suo percorso riflessivo che l’ha portata ad analizzare i percorsi che portano l’uomo dall’intolleranza alla Shoah.

Interessante, in particolare, in “Memorie e Olocausto la riflessione sul valore del ricordo nella società occidentale, l’analisi del rapporto tra ricordo e politica, ma anche la visione del ricordo proiettata nel nostro futuro sempre più tecnologizzato, e quindi foriero di solitudini crescenti. Ma la specifica formazione di Laura Tussi si esprime al meglio nel terzo capitolo, il rapporto tra intolleranza e multiculturalità, e lo specifico contributo femminile all’evoluzione culturale della società. Completano il volume tre interessanti interviste ad Amos Luzzatto, Massimo Cacciari e Moni Ovadia.

Ne “Il dovere di ricordare” Laura Tussi prende spunto dalla trasmissione tv “Testimonianze dai Lager” per sviluppare la sua analisi su intolleranza, razzismo e nascita dei totalitarismi. Questo suo lavoro però non si riduce alla storiografia, ma attualizza il pensiero sulle persecuzioni razziali analizzando la scuola contemporanea nel suo rapporto con i nuovi migranti, elaborando una vera e propria “didattica della pace”: il dialogo multiculturale è la base per una società pacificata.

“Il pensiero delle differenze” è un breve saggio sul significato di interculturalità e sul suo rapporto con la scuola, ambiente d’elezione di Laura Tussi. Valorizzare le differenze, risolvere i conflitti in modo nonviolento, costituiscono la base della serena convivenza sia in ambito scolastico che nella società. E’ evidente che l’orizzonte di L.aura Tussi è una società planetaria!

Discorso a parte è il bellissimo libretto intitolato “Sacro”, facente parte di una collana, “Le parole delle fedi” diretta da Brunetto Salvarani per la EMI. Un vero e proprio commentario all’opera di Mircea Eliade “Il sacro e il profano”. Davvero interessante l’analisi del rapporto tra sacralità e psicanalisi contemporanea.

Dario Cambiano




Per continuare a Resistere contro tutte le ingiustizie sociali… Il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo con Don Gallo

Per continuare a Resistere contro tutte le ingiustizie sociali…

Il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo con Don Gallo

Le comunita’ di don Gallo accolgono persone con ogni tipo di problema di emarginazione, tutti gli ultimi, i piu’ deboli, i piu’ fragili, tutte le persone con difficolta’ che la societa’ non riesce ad aiutare e ad integrare.
8 settembre 2011 – Laura Tussi
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 637 del 4 agosto 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Il Parlamento del Reich millenario

2. Sette domande a Marzia Marzoli

3. Sette domande a Barbara Romagnoli

4. Sei domande a Laura Tussi

5. Sette domande a Giulio Vittorangeli

6. Si e’ svolto il 2 agosto a Viterbo un incontro di riflessione sulla nonviolenza oggi in Italia

7. Segnalazioni librarie

8. La “Carta” del Movimento Nonviolento

9. Per saperne di piu’

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SEI DOMANDE A LAURA TUSSI

[Ringraziamo Laura Tussi (per contatti: laura.tussi@istruzione.it) per questa intervista.

Laura Tussi, docente, giornalista e scrittrice. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell’ambito delle scienze della formazione e dell’educazione. Ha conseguito vari Master di carattere pedagogico. Collabora con diverse riviste telematiche come www.peacelink.it, www.politicamentecorretto.com, www.ildialogo.org Autrice dei libri: Sacro (Emi 2009); Memorie e Olocausto (Aracne 2009); Il disagio insegnante (Aracne 2009); Il dovere di ricordare (Aracne 2010); Il pensiero delle differenze (Aracne 2011); Educazione e pace (Mimesis 2011). Collabora con l’Istituto Comprensivo Prati Desio (Mb) e con diverse riviste di settore, tra cui: Rassegna dell’Istruzione (Le Monnier, Mondadori – Miur), Scuola e Didattica (La Scuola), Education 2.0 (La Nuova Italia), Rivista dell’Istruzione (Maggioli). Cfr. anche l’ampia intervista in “Coi piedi per terra”, nn. 291-292]

– “La nonviolenza e’ in cammino”: Quale e’ stato il significato piu’ rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

– Laura Tussi: Per rispondere a questa domanda, riporto un mia lettera pubblicata dal sito www.ildialogo.org: “Marcia Perugia-Assisi. Vogliamo una marcia che si dissoci dalle guerre che violano la nostra Costituzione. [La seguente lettera redatta dalla nostra redattrice Laura Tussi e’ stata sottoscritta dalla nostra redazione e dal Comitato promotore della campagna di Obiezione alle Spese Militari che l’ha inviata alla Tavola della Pace – nota redazione de “Il dialogo” -]. Cari promotori della Perugia-Assisi, concorderete di sicuro che qualsiasi guerra e’ un crimine contro l’umanita’ e che pertanto devono cessare le guerre neocoloniali in Libia e in Afghanistan, anche e soprattutto perche’ ammantate di ‘ragioni umanitarie’ e di ‘difesa della liberta”. L’umanita’ necessita della smilitarizzazione dei conflitti, del disarmo, della pace, ed e’ necessaria l’accoglienza e l’assistenza di tutti i profughi e i migranti, vittime della guerra. Auspichiamo un movimento di protesta dei popoli contro la barbarie per contestare, con l’affissione delle bandiere di pace e con manifestazioni nonviolente, tutte le guerre, sia civili sia, appunto, le cosiddette guerre ipocritamente definite ‘umanitarie’ o ‘di legittima difesa’. Il movimento in favore della pace deve nascere, come e’ accaduto in passato, da un sentimento laico condiviso di valori e di credi in cui si rispecchia il pacifismo, l’azione nonviolenta, in una presa di coscienza e di posizione collettiva, ma soprattutto a partire da ogni singolo individuo. L’idea di Pace deve investire la coscienza di ognuno di noi, di ogni essere umano, donne e uomini, in quanto attori e costruttori nel quotidiano e nel presente di contesti di dialogo. Il valore del sentimento globale e mondiale di pace consiste, in primis, nell’osservare e constatare che ogni soggetto singolo, ogni individuo, e’ ontologicamente promotore di pace, in quanto essere pensante e comunicativo e raziocinante: la pace negli affetti, il confronto costruttivo nelle relazioni, l’interscambio positivo negli ambiti di lavoro, nelle istituzioni, nella scuola… insomma nell’attualita’ del vivere ordinario e di ogni giorno. Passo per passo, momento per momento, ogni persona per la pace diviene creatrice di accordo e conciliazione, fautrice di bene e portatrice intrinseca di valore. Un valore universale e umano che viene calpestato dalle prepotenti decisioni governative, dettate dalle piu’ bieche ragioni di stato di qualche “capo di governo”, sospinto da volonta’ estremamente nazionaliste, da manovre di potenza miranti a conservare, in una logica schiacciante e capitalistica, il potere sul mondo. Il “Dio petrolio” funge da pretesto per queste manovre belliche di menti votate alla follia, ottenebrate dall’arrivismo piu’ esasperato, a scapito delle vite umane e della dignita’ dell’umanita’. Abbiamo assistito a bombardamenti ed evoluzioni belliche, meglio considerabili come messe in scena di conflitto tra i grandi della terra, che alla fine si spartiscono il bottino, dietro occulte connivenze, a scapito del popolo sottomesso, senza considerazione per il valore dell’umanita’ e per l’integrita’ della stessa. L’eta’ contemporanea, l’era planetaria attuale, esige la risoluzione di esigenze e problematiche ben piu’ pressanti delle guerre, che non coincidono con politiche distruttive ed omicide antiumane, o con lo sterminio e sottomissione di un nemico considerato negativo ed inferiore perche’ “altro” e “diverso” dal modello di un Occidente supposto emancipato, e presunto essere aperto al progresso. Le questioni pressanti da risolvere e i gravi problemi planetari sono ben altri rispetto alle spietate logiche belliche vendicative, intrise di orgoglio e superbia nazionalista: dalla grave situazione di degrado ambientale del pianeta, alla ricerca di energie alternative, alla risoluzione della fame nel mondo. La globalizzazione economica viene perseguita a tutti i costi, anche con mezzi illegittimi, ma possiede una crepa incolmabile: la crescita della coscienza dell’umanita’ intera. La pace e’ condivisione di idee, di valori, di opinioni con il fratello, amico e compagno, e’ confronto e costruzione di progetti e speranze, di gioie e dolori, di successi e delusioni, e’ portare gli uni il peso degli “altri” tramite la tenerezza della dedizione, del dono. La pace e’ futuro e sara’ promotore ed attore di pace chi gioiosamente raggiungera’ la meta della condivisione di ogni alterita’ e diversita’ nell’altro da noi. Non costruiremo pace se non siamo in grado di trovarci ricchi e importanti gli uni per gli altri, nelle nostre reciproche ed imprescindibili differenze. Le istanze ed i valori sopra richiamati, benissimo espressi dal manifesto di convocazione della Marcia del Cinquantenario, hanno pero’ bisogno, per concretizzarsi quale materia di responsabilita’ individuale e collettiva, di un esplicito riferimento, da parte vostra, alla necessita’ che la nostra Costituzione non venga contraddetta dalle due guerre, che abbiamo citato, in cui l’Italia e’ attivamente coinvolta. Sottacere questa realta’, come finora voi fate nel modo in cui comunicate, significa, nei fatti, dare una mano a chi si pone fuori dalla legalita’ repubblicana e costituzionale; e, nei fatti, tradire la vera volonta’ dei marciatori, che ripudiano le guerre, non solo in generale ed in astratto, ma partendo da quelle che violano la Costituzione del Paese cui appartengono ed il cui parlamento eleggono. Siete in tempo per rimettere nei corretti binari l’iniziativa che state organizzando e vi invitiamo capitinianamente a farlo”.

– “La nonviolenza e’ in cammino”: E cosa caratterizzera’ maggiormente la marcia che si terra’ il 25 settembre di quest’anno?

– Laura Tussi: La Marcia per la pace Perugia-Assisi e’ un grande evento della storia d’Italia. Sono centinaia di migliaia le persone che in tanti decenni vi hanno partecipato. Possiamo dire che essa e’ una palestra di formazione politica, di cittadinanza attiva, un’assemblea itinerante per la pace. Non possiamo permettere che questa storica marcia rischi di diventare una ritualita’, una tradizione, un fenomeno di massa strumentalizzato da manovre politiche e partitiche. Quest’anno e’ il cinquantesimo anniversario della Marcia, quella voluta da Aldo Capitini. All’indomani della marcia del 1961 nacque il Movimento Nonviolento che percio’ nel 2011 compie 50 anni. Capitini volle dare vita al Movimento Nonviolento per avere a disposizione uno strumento utile per lavorare al fine dell’esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale a livello locale, nazionale e internazionale. Il primo punto del suo programma e’ l’opposizione integrale alla guerra. Dopo cinquant’anni il cammino deve ripassare dall’opposizione integrale alle guerre perpetrate dal nostro Paese in Libia e in Afghanistan. La questione della Marcia Perugia-Assisi e’ dirimente, perche’ e’ li’ che si gioca il significato ultimo del nostro impegno. Quando parlo del valore, del significato e del portato valoriale di questa Marcia e purtroppo delle strumentalizzazioni partitiche soggiacenti ad essa, trovo spesso omerta’ o i miei argomenti vengono elusi. Ma se vogliamo fare veramente i pacifisti e commemorare Gandhi e Capitini non dobbiamo sottrarci alla responsabilita’ che tutti abbiamo nei confronti di tale evento. Altrimenti siamo fantocci nelle mani di una casta politica che ipocritamente spaccia presunti contenuti di pace, antirazzismo, nonviolenza e giustizia sociale.

– “La nonviolenza e’ in cammino”: Quale e’ lo “stato dell’arte” della nonviolenza oggi in Italia?

– Laura Tussi: Personalmente collaboro con molti centri studi e di ricerca per la pace e la nonviolenza, tramite la scrittura, la ricerca e la testimonianza, e penso che si debba puntare a creare maggiormente ponti di dialogo, per intessere reti di relazioni, di collaborazioni e cooperazioni e aprire varchi di speranza in un mondo migliore, oltre gli individualismi e i settarismi.

– “La nonviolenza e’ in cammino”: Quale ruolo puo’ svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

– Laura Tussi: Il nostro ruolo deve essere di costante Resistenza, per non perdere la capacita’ di indignarci. R-esistere oggi significa assumere consapevolezza e avere la capacita’ di non essere indifferenti di fronte a tutte le ingiustizie sociali. La Resistenza non puo’ essere intesa solo come un evento storico limitato agli ultimi anni della seconda guerra mondiale, ma deve essere soprattutto un atteggiamento e un modo etico e morale permanente di porsi di fronte alle situazioni e agli eventi di rilevanza sociale e politica. Guido Petter – storico, pedagogista e presidente onorario dell’Istituto Pedagogico della Resistenza di Milano – ha sostenuto a questo proposito principi sociali ed etici importanti ed imprescindibili. La memoria non deve essere un vacuo esercizio retorico, ma un processo di accrescimento culturale che coinvolga le scuole in percorsi e processi educativi, formativi, didattici che aprano al dialogo tra culture, tra generi e generazioni: memoria quale fattore propulsivo di consapevolezza dei diritti umani. La Resistenza  deve attivare una coscienza morale ed etica perenne. Il padre costituente Piero Calamandrei, in questo senso profondo intendeva l’espressione “ora e sempre Resistenza”. Come anche, in anni piu’ recenti, il procuratore Borrelli incitava a “Resistere, Resistere, Resistere”. I fratelli Rosselli, prima di rifugiarsi in Francia, dove dopo alcuni anni furono uccisi su mandato fascista, avevano fondato con Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi e altri, un giornale clandestino, dal titolo emblematico “Non mollare!”… Resistenza non e’ solo memoria del passato, ma linfa ed esercizio del presente, come sostiene anche Moni Ovadia. Il magistrato antimafia Antonino Caponnetto disse: “Ragazzi godetevi la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa nuova Resistenza, la Resistenza dei valori, la Resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli”. R-esistere oggi significa assumere consapevolezza e avere la capacita’ di non essere indifferenti di fronte a tutte le ingiustizie sociali. R-esistere oggi significa avere la capacita’ di indignarsi e prendere posizione, ieri contro il fascismo, attualmente contro la corruzione, il malcostume, le mafie, il terrorismo, il razzismo, le guerre; contro il degrado morale, sociale, politico e istituzionale. Hessel, uno dei padri costituenti della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, ha scritto recentemente un libro dal titolo “Indignatevi!”, che incita a prendere coscienza e posizione. R-esistere oggi significa avere la capacita’ di essere responsabili delle proprie azioni ed opinioni, per lanciare ponti di dialogo (Langer), messaggi di pace, per intessere reti di relazioni, per aprire varchi di speranza in un avvenire migliore, per un futuro dove il concetto di pace divenga la forma mentis di tutti i soggetti, di noi donne e uomini: proprio la pace per cui si sono battuti i partigiani antifascisti, perche’ la guerra finisse per sempre… questo anno il nostro pensiero non puo’ che essere rivolto a Vittorio Arrigoni che era ed e’ la forza terrena della lotta contro l’ingiustizia, una lotta pacifica di chi presta la propria voce a chi non ha voce e si esprime attraverso la solidarieta’ umana che soccorre chi ha bisogno di aiuto. “Restiamo umani” diceva Vittorio, e noi continuiamo a ripeterlo oggi perche’ quella che Vittorio ci ha lasciato e’ una eredita’ preziosa… Ha scritto Kim Malthe-Bruun, 21 anni, partigiano danese, arrestato, torturato e fucilato il 6 aprile 1945: “Io non sono che una piccola cosa, e il mio nome sara’ presto dimenticato, ma l’idea, la vita e l’ispirazione che mi pervasero continueranno a vivere. Li incontrerai ovunque, sugli alberi in primavera, negli uomini sul tuo cammino, in un breve e dolce sorriso. Incontrerai cio’ che ebbe un valore per me, l’amerai e non mi dimenticherai”.

– “La nonviolenza e’ in cammino”: Su quali iniziative concentrare maggiormente l’impegno?

– Laura Tussi: Sono  moltssime; a mero titolo di esempio vorrei segnalare l’iniziativa “Per non dimenticare” in cui sono personalmente impegnata: un progetto che si propone di sviluppare iniziative, documentazione e dibattito sul recupero della memoria storica e sulla tutela dei diritti sociali e civili sanciti dalla Carta costituzionale democratica e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che ci sono state donate dai nostri padri costituenti, in seguito alla Resistenza partigiana antifascista. Gli incontri culturali del Progetto “Per non dimenticare” sono itineranti e si svolgono nelle scuole e nelle sedi Anpi e Arci, negli ambiti istituzionali, con la partecipazione di testimoni diretti e indiretti della Deportazione, della Resistenza e della Liberazione… Gli incontri a tema sono volti ad approfondire il Progetto memoria storica a Nova Milanese, dal titolo “Per non dimenticare”. Il progetto e’ stato intrapreso, a partire dagli anni ’70, dall’Amministrazione Comunale e dalla Biblioteca Civica Popolare, con la raccolta di videotestimonianze, interviste, biografie e documentazioni inerenti la memoria dei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti. Tutto questo enorme materiale documentale e audiovisivo, inerente le deportazioni di civili per motivazioni politiche, e’ racchiuso nel sito www.lageredeportazione.org. Nel 2000 la Biblioteca Civica Popolare di Nova Milanese, in collaborazione con l’Archivio Storico della città di Bolzano, hanno realizzato con Rai ducational la trasmissione dal titolo Testimonianze dai Lager; questa trasmissione e’ nel sito www.testimonianzedailager.rai.it. Anche l’Archivio Storico dell’Aned della Citta’ di Sesto San Giovanni e Monza raccoglie informazioni storiche sugli oltre 44.000 deportati civili, per motivazioni politiche, provenienti da tutta Italia…. Una finestra sul futuro e’ stata aperta dal dibattito su “Resistenza e nonviolenza”, svoltosi a Nova in occasione del Giorno della Liberazione… Nell’Auditorium Comunale a Nova Milanese (Monza e Brianza) sabato 29 ottobre 2011 si aprira’ la nuova stagione del Progetto “Per non dimenticare” con una staffetta benefica di raccolta di fondi a favore delle comunita’ del caro amico don Andrea Gallo… Don Andrea Gallo, che sara’ ospite principale dell’iniziativa, e’ un sacerdote, fondatore e animatore della comunita’ di San Benedetto al Porto di Genova e di altri centri di accoglienza; le comunita’ di don Gallo accolgono persone con ogni tipo di problema di emarginazione, tutti gli ultimi, i piu’ deboli, i piu’ fragili, tutte le persone con difficolta’ che la societa’ non riesce ad aiutare e ad integrare; ricordiamo l’ultimo suo libro, dal titolo “Di sana e robusta Costituzione”, edito da Aliberti. Durante l’evento sara’ presente anche Emergency.

– “La nonviolenza e’ in cammino”: Se una persona del tutto ignara le chiedesse “Cosa e’ la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?”, cosa risponderebbe?

– Laura Tussi: Molti istituti di ricerca e movimenti attivi per la pace e la nonviolenza si oppongono con il digiuno, con l’azione nonviolenta, ad una societa’ oligarchica e militarizzata, consegnata a rischi inaccettabili nell’interesse di poche caste potenti dei signori dell’atomo, del petrolio e dell’industria bellica. Tutti noi vogliamo che i diritti fondamentali siano garantiti per ogni persona e che i bisogni legati alla vita e alla dignita’ umana siano soddisfatti, per una comunita’ realmente solidale, per una societa’ in cui l’acqua, diritto universale e inalienabile, non sia sottoposta alla logica del mercato e trasformata in fonte di ricchezza privata e pretesto di contese, di violenze e di guerre, come il petrolio. E’ necessario contrastare il nucleare che non e’ un’energia pulita, al contrario di quello che il governo vuole far credere, per investire, invece, sulle energie rinnovabili, alternative, pulite e sulla frontiera delle innovazioni ecologiche, migliorando cosi’ la qualita’ della vita in contesti democratici, aperti al dialogo tra le istituzioni, che accolgano le vittime delle guerre e offrano asilo e ospitalita’ a tutti i migranti, per creare societa’ dove si privilegino principi di saggezza, scelte di pace e percorsi di nonviolenza, nei rapporti tra individui, societa’, istituzioni e stati. La guerra imperversa con conseguenze devastanti e massacri quotidiani di cui i canali di comunicazione di massa non fanno integralmente e in modo imparziale menzione. La guerra del colonialismo, dell’imperialismo, delle dittature, dello sfruttamento produce fame, desertificazione, morte e ingenera sempre violenza. La guerra, le connivenze e le complicita’ con i conflitti imperialisti hanno privato di sensibilita’ la coscienza civile che non reagisce: non si prova piu’ orrore, sdegno e vergogna. La violenza diventa abitudine. Gli attivisti dei movimenti in favore della pace, del disarmo e della nonviolenza continuano a resistere, portando avanti campagne di digiuno, per opporsi alle guerre e alla catastrofe nucleare. Queste iniziative intraprese da singole persone amiche della nonviolenza costituiscono, tutte insieme, un modo per mettersi in gioco personalmente, per assumersi delle responsabilita’ e per indicare la strada concreta della nonviolenza e della pace, per uscire dalla follia, dal baratro senza fine dei conflitti bellici e dell’era del nucleare. Vogliamo la pace come umanita’ che si deve riconoscere una, plurale e solidale, concretamente esistente nei singoli esseri umani tutti uguali per diritti e dignita’ e differenti per caratteri, propensioni e opinioni, nell’umana convivenza, nella comune responsabilita’, nella reciproca solidarieta’ di cui ogni persona e’ promotrice. La pace e’ un processo lungo di preparazione e meditazione dei popoli. La pace e’ una forma mentis che deve investire ogni essere umano nelle proprie scelte e predisposizioni. Ringraziamo tutti gli amici della nonviolenza che giorno dopo giorno si impegnano per un ideale: la pace. Sono moltissimi le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno aderito al digiuno promosso dal Movimento Nonviolento dal marzo al giugno 2011 “per opporsi alla guerra e al nucleare”; c’e’ stato chi ha digiunato anche se malato in ospedale, e chi, non potendo aderire per vari motivi, lo ha fatto spiritualmente: si e’ digiunato in ogni parte d’Italia, da Trieste a Palermo, da Torino a Venezia, da Verona a Bari.




La Rivista Scientifica Internazionale “QUALEDUCAZIONE”, PELLEGRINI editore, propone: Lager: piaga aperta del nuovo millennio

La Rivista Scientifica Internazionale “QUALEDUCAZIONE”, PELLEGRINI editore,  propone:

Lager: piaga aperta del nuovo millennio

La memoria e la verità storica sono le uniche forze che possono opporsi agli orrori e agli errori degli uomini per evitarne la ripetizione.
Occuparsi di memoria storica del nazifascismo significa considerare i soprusi, le ingiustizie, la condizione di chi si trova nel bisogno, nell’indigenza, di chi vive le difficoltà e le ingiustizie sociali. Attualmente occuparsi di memoria storica del nazifascismo significa tutelare i diritti umani degli oppressi, dei diversi, degli emarginati, degli umili, dei più deboli di cui tutti siamo parte nel tessuto sociale, comunitario e nel mondo, nel terribile deserto della sopraffazione e della violenza, dove tante voci chiedono giustizia per tutti quegli innocenti che ancora nascono solo per morire.
2 settembre 2011 – Laura Tussi

“Ad Auschwitz è successo qualcosa che noi tutti non siamo preparati a comprendere”

Hannah Arendt

Lager: piaga aperta del nuovo millennio

MEMORIA STORICA E DIRITTI UMANI

La Barbarie Civilizzata

di LAURA TUSSI

www.youtube.com/lauratussi

Ricordare Mauthausen e Auschwitz significa commemorare la Shoah, i forni crematori, la pianificazione di uno sterminio di massa in nome di una folle ideologia, della persecuzione di chiunque era considerato diverso per razza, religione, idee politiche, tendenze sessuali e il ricordare comporta la presa di coscienza che tutto ciò non sarebbe potuto accadere, se molti non fossero rimasti immobili e indifferenti a guardare.

La memoria e la verità storica sono le uniche forze che possono opporsi agli orrori e agli errori degli uomini per evitarne la ripetizione.

La Shoah diviene così il paradigma storico della violazione dei diritti umani nella contemporaneità. Sono trascorsi decenni dalla liberazione di Auschwitz, ma l’interesse nei confronti del più famigerato Lager nazista non accenna a diminuire.

I motivi sono l’elevatissimo numero di vittime, il numero enorme dei deportati di tutte le popolazioni europee, gli efferati crimini e l’indiscriminato sfruttamento cui furono sottoposti i prigionieri.

Auschwitz consiste in una barbarie civilizzata per la compresenza inestricabile, nel funzionamento del Lager, di perfetta efficienza burocratica e metodi moderni di sterminio accanto a procedure di eliminazione degne del più lontano medioevo barbarico. I motivi dell’attualità del Lager consistono proprio nel groviglio tra antico e moderno, tra razionalità produttivistica e barbarie ancestrale. Per questi motivi il Lager è ancora piaga aperta del nuovo millennio e simbolo degli orrori del Novecento, della guerra e dei genocidi.

[1]Un uso corretto della memoria non deve limitarsi al ricordo del passato, quanto incitare ad agire nel presente per una giusta causa.

Ricordare e commemorare le vittime del nazismo e del fascismo è un’azione socialmente condivisa e spesso gratificante.

Questa memoria deve stimolare ad occuparci delle ingiustizie quotidiane perpetuate intorno a noi. Occuparsi di memoria storica del nazifascismo significa considerare i soprusi, le ingiustizie, la condizione di chi si trova nel bisogno, nell’indigenza, di chi vive le difficoltà e le ingiustizie sociali. Attualmente occuparsi di memoria storica del nazifascismo significa tutelare i diritti umani degli oppressi, dei diversi, degli emarginati, degli umili, dei più deboli di cui tutti siamo parte nel tessuto sociale, comunitario e nel mondo, nel terribile deserto della sopraffazione e della violenza, dove tante voci chiedono giustizia per tutti quegli innocenti che ancora nascono solo per morire.

Le testimonianze non narrano per vendetta, ma per trasformare il dolore in forza, l’odio in compassione e amore, e per ribadire con decisione come, anche in condizioni estreme, l’uomo meriti sempre di rimanere lo scopo dell’uomo.

Il problema delle circostanze storiche, materiali, tecniche, giuridiche e burocratiche in cui è avvenuto lo sterminio può attualmente considerarsi sufficientemente chiarito, mentre diversa è la situazione per quanto riguarda il significato etico e politico della Shoah e la comprensione umana di quanto avvenuto, ovvero, la sua attualità.

A volte viene meno un tentativo di comprensione globale, ma anche il senso e le ragioni del comportamento dei carnefici e delle vittime e spesso le loro parole continuano ad apparire come un enigma. Occorre ascoltare la voce dei testimoni, ma anche la lacuna intestimoniabile, la presenza senza volto che ogni testimonianza necessariamente contiene, come afferma Primo Levi circa le testimonianze di coloro che hanno “toccato il fondo”, dei “musulmani”, ovvero, etimologicamente, i “sottomessi”.

In questa prospettiva, il Lager non si presenta solo come il campo della morte, ma come luogo di un esperimento ancora impensato, in cui i confini tra l’umano e l’inumano si cancellano.

L’intera riflessione morale del nostro tempo, al cospetto del Lager, mostra la sua insufficienza, per lasciare apparire tra le rovine, il profilo incerto di una nuova esperienza etica come la testimonianza.

La memoria storica è importante quanto la sua testimonianza, dove il passaggio dal fatto attuale e fattuale, con testimoni viventi, a fatto storico raccontato dai documenti risulta purtroppo un aspetto inevitabile.

Per questo motivo il giorno della memoria può essere uno degli strumenti adatti per fare memoria, dove spesso l’Olocausto è considerato un fatto privato, accaduto solo ad una categoria di persone ben delimitata, di qualcuno che era diverso da altri.

Questo pensiero risulta preoccupante perché con il trascorrere del tempo potrebbe condurre all’oblio.

L’Olocausto invece è un evento storico che ha coinvolto tutto e tutti ed è ineliminabile dalle coscienze e dalle attenzioni collettive e comunitarie.

L’Olocausto è un’azione terribilmente efficace che alcuni uomini hanno compiuto ai danni di altri uomini, nell’indifferenza e persino nella tacita approvazione.

È necessario tenere ben presente la storia della Shoah per evitare che possa ripetersi, per riconoscere ora tutte quelle vicende che la reiterano, quale pericolo sempre incombente che non riguarda solo una categoria specifica di individui, sia essa religiosa, culturale, geografica e antropologica.

In latino esistono due parole per indicare il testimone.

[2]La prima, testis, che significa etimologicamente colui che si pone come terzo, in un processo o in una lite tra due contendenti.

La seconda, superstes, indica colui che ha vissuto qualcosa e ha attraversato un evento fino alla fine, potendo dunque renderne testimonianza.

Risulta evidente che Primo Levi non è un terzo, ma un superstite, perché non è il giudizio che gli importa e sembra che gli interessi soltanto ciò che rende il giudizio impossibile, la “zona grigia” dove le vittime diventano carnefici e i carnefici vittime, in quanto vittima e carnefice sono ugualmente ignobili, dove la lezione del Lager è la fraternità dell’abiezione.

La scoperta inaudita che Levi ha fatto ad Auschwitz è l’isolamento di un nuovo elemento etico che egli chiama la “zona grigia”: lo spazio e il tempo in cui si snoda la lunga catena di congiunzione tra vittima e carnefice, dove l’oppresso diviene oppressore e il carnefice appare a sua volta come vittima.

Una grigia e incessante alchimia in cui il bene e il male e tutti gli elementi dell’etica tradizionale raggiungono il loro punto di fusione.

È una zona d’irresponsabilità che sta oltre il bene e il male, dove viene sillabata la lezione della “spaventosa indicibile e inimmaginabile banalità del male”. (Arendt H.)

Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è il giorno della memoria, la giornata che ogni anno ricorda le persecuzioni e lo sterminio del popolo ebraico, dei deportati militari e politici e delle minoranze etniche.

La giornata della memoria ricorda non solo lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, degli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, ma anche coloro che, anche in schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio totale e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

In occasione del giorno della memoria si alternano ogni anno cerimonie, iniziative, incontri e momenti di narrazione e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto, per mantenere viva la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro paese e dell’Europa, affinché simili accadimenti non si ripetano nel corso degli eventi. La tragedia dello sterminio di milioni di ebrei fu accompagnata dall’annientamento di zingari, omosessuali, malati di mente, oppositori politici, religiosi, e minoranze che in qualche modo disturbavano la pura razza ariana.

Così la vita di milioni di persone si è conclusa in terribili sofferenze e nell’oblio, per cui occorre porre al centro dell’attenzione commemorativa e storiografica questo lato oscuro della storia, affinché la violenza dell’intolleranza, dell’ignoranza, dell’ignominia, nel buio della civiltà non si ripetano. La memoria storica si ripropone e si ripresentifica nella lotta pacifista e non violenta, per non dimenticare, per estendere i diritti di giustizia, libertà e uguaglianza a chi non ne gode, al fine di proteggere, tutelare ed emancipare le persone più deboli e permettere ad ogni essere umano di raggiungere il diritto alla felicità.

Laura Tussi


[1] Springer E., L’eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani, Marsilio, 2003

[2] Agamben G., Quel che resta di Auschwitz. L’archivio e il testimone, Bollati Boringhieri 1998, pag 15.

Allegati

  • Laura Tussi
    La FONDAZIONE e Associazione GIANFRANCESCO SERIO, promuove, nelle università, nelle scuole, nella società, la cultura della Pace, della Nonviolenza e della lotta contro tutte le mafie, collaborando così alla prevenzione della corruzione, della criminalità, della burocrazia corrotta, proponendosi come soggetto alternativo alla violenza, all’indifferenza, all’omertà, oltre l’etica del negativo, del più forte sul più debole, dell’uomo sulla donna, del superfluo e del consumismo sregolato che soggioga e rende schiavi del sistema e del potere. Il progresso costruttivo è combattere così l’aggressività che logora…è assumersi la responsabilità di chi ha meno forza e non ha voce. LAURA TUSSI collabora con la Rivista Scientifica Internazionale della FONDAZIONE GIANFRANCESCO SERIO, dal titolo “QUALEDUCAZIONE”.



Libia. Si sta consumando in un bagno di sangue l’ultima guerra umanitaria, la tanto declamata missione di pace, l’ostentata operazione militare chirurgica della NATO e i mass media non ce la raccontano tutta…

Si sta consumando in un bagno di sangue l’ultima guerra umanitaria, la tanto declamata missione di pace, l’ostentata operazione militare chirurgica della NATO e i mass media non ce la raccontano tutta…
invitiamo a leggere l’editoriale di
Alessandro Marescotti,
Presidente PeaceLink.
Laura Tussi,
Redazione PeaceLink
Strage a Tripoli, i giornalisti sono asserragliati nei sotterranei

Si conclude in un bagno di sangue l’ultima guerra umanitaria della Nato

La propaganda ha presentato questo epilogo come una marcia trionfale, con le truppe di Gheddafi che si arrendono e la popolazione che fa festa. Invece è di centinaia di morti il bollettino di guerra, destinato a peggiorare perché in gioco non c’è la vita umana ma il petrolio libico
22 agosto 2011 – Alessandro Marescotti

In queste ore si sta consumando una strage a Tripoli.

Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’Università degli Studi di Milano, ha parole amare:

“La missione della Nato e l’intervento della comunità internazionale sono stati giustificati sulla base di ragioni umanitarie e sarebbe un disastro – per la Nato e per la comunità internazionale – se i ribelli, arrivati a Tripoli, facessero quello che la Nato ha impedito di fare a Gheddafi a Bengasi”.

La propaganda ha presentato questo epilogo come una marcia trionfale, con le truppe di Gheddafi che si arrendono e la popolazione che fa festa. Invece è di centinaia di morti il bollettino di guerra, destinato a peggiorare perché in gioco non c’è la vita umana ma il petrolio libico.

Gli insorti possono contare sull’appoggio della Nato.

Questa è una guerra cominciata nell’ipocrisia e che sta terminando nel cinismo.

Doveva essere un’operazione per rompere l’assedio di Bengasi e si conclude con l’assedio di Tripoli. Il prima era cattivo, il secondo è buono.

Doveva essere una “guerra umanitaria” per salvare vite umane e si conclude con un bagno di sangue.

Doveva essere il trionfo dell’Onu e invece adesso l’Onu tace, completamente esautorato.

La risoluzione Onu doveva servire al cessate il fuoco ma le milizie antigheddafi hanno detto che bisognava combattere fino alla vittoria, e hanno messo alla porta l’inviato dell’Onu, con il consenso della Nato.

Non importa chi vincerà e quando.

Questa guerra è una sconfitta per tutti coloro che l’hanno sostenuta.

Si conclude in un bagno di sangue l’ultima guerra umanitaria della Nato, una guerra per procura in cui non volevamo rimetterci i nostri uomini e abbiamo fatto morire gli altri.

I vincitori di domani sono già pesantemente sconfitti oggi da questo spaventoso epilogo di sangue.

Note:

Cover Operations” in Libia. Sono le operazioni clandestine che la CIA è autorizzata a compiere per aiutare i “ribelli”. Da cinque mesi Obama aveva dato l’OK. “Anche la Nato è coinvolta nelle operazioni”, ha spiegato poco fa Ahmed Jibril, portavoce degli insorti. Ormai è un’operazione “congiunta” fra insorti e Nato, ed emergono i retroscena di un’azione in aperta violazione della risoluzione Onu sulla Libia.




Moni Ovadia – RAI 3

Moni Ovadia – RAI 3

La Musica di Raitre è presente in Piazza Maggiore a Bologna per riprendere il Concerto di chiusura del Concorso Internazionale di Composizione “2 Agosto”, nel ricordo della strage alla stazione di Bologna e in memoria di tutte le vittime del terrorismo.

Moni Ovadia, voce narrante.

Chiara Monetti e Stefano Cuppi, organizzazione.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-71ace410-16d6-4d5b-868a-dde4c0c1b0c5.html#p=0

Laura Tussi




Milano. Cem Mondialità per la Pace

I contesti glocali e i pluralismi culturali e religiosi. Le reti di idee, di informazione e cultura per promuovere la Pace…

Cem Mondialità per la Pace

Cem Mondialità, il mensile dell’educazione interculturale, Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM) dei Missionari Saveriani di Parma, diretto da Brunetto Salvarani, propone e promuove le recensioni di Laura Tussi
IL VANGELO SECONDO LEONARD COHEN.

Il lungo esilio di un canadese errante

Claudiana Editrice, Torino 2010 (info: www.claudiana.it)

Libro di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini

Recensione di Laura Tussi

Le canzoni che accompagnano la nostra vita coinvolgono i sentimenti personali, la sfera dell’emotività e, in certi casi, anche l’esigenza di spiritualità, implicita in ogni essere umano.

Così Leonard Cohen, romanziere, compositore, interprete e autentico poeta, traduce in parole e spesso in musica il proprio rapporto con tutto ciò che è spiritualità.

I nostri tempi divorano le persone, sommergendole di immagini e frastuono, mentre nessuno ha più la possibilità di distinguere tra il bene e il male.

Invece Cohen, così come Bob Dylan, ha creato una forma più alta di arte e poesia, in mezzo all’attuale turbinio caotico e quotidiano di messaggi vacui, parole vane e suoni scontati.

Nei testi di Cohen si rintracciano citazioni, evocazioni, storie, risonanze che riguardano i testi biblici, in un misticismo che affronta direttamente gli interrogativi su Dio, nella complessità dei rapporti interpersonali, dalla solitudine alla sessualità, tra il sacro e il profano[1].

Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini, autori del libro dal titolo “Il Vangelo secondo Leonard Cohen. Il lungo esilio in un canadese errante”, presentano, per la prima volta in Italia, i rapporti di questo profondo interprete e poeta con l’Ebraismo, con il Buddhismo Zen, con la Bibbia e con tutti i contesti religiosi che riconducono alla dimensione umana più alta degli affetti e della costante meditativa, nella spiritualità tradotta in dinamica e condotta emozionale, nei confronti di una dimensione lirica dell’essere.

Tramite l’analisi attenta di canzoni che hanno segnato la storia della musica, negli intrecci creativi e nelle commistioni ideative con autori come Bob Dylan e Fabrizio de Andrè, il testo propone un ritratto appassionato e originale di un cantautore che ha osato dichiarare quanto sia “divertente” credere in Dio.

La logica di queste pagine indica il proseguire oltre l’ascolto, consumato dall’emozione, nella scelta degli strumenti e di tutte le prerogative delle funzioni comunicative del linguaggio musicale, offrendo altre ermeneutiche, diverse esegesi e varie evocazioni, che integrano, all’ascolto delle parole, la percezione del suono e degli strumenti che lo interpretano, in globalità comunicative che solo la voce, sposata con la musica, può garantire.

Cohen è un profeta della musica e non canta e non parla in nome di se stesso, ma per un comune e umano sentire, in una tessitura musicale dove tradizione e creatività continuano a sposarsi, per esprimersi e partorire nuove esperienze.

In questo ricordare e osservare le esigenze che interpellano l’umanità contemporanea, si può ritrovare l’anima e lo spirito biblico con cui Cohen interpreta gli eventi, in escatologie e messianicità che hanno la musica come strumento di spiritualità, nell’alchimia tra parole scritte e cantate, dove la liturgia vocale si traduce in poesia, che traspone l’intima profondità dell’umano in maieutiche creazioni.

Infedeltà fedele alla Bibbia e alla sua stessa ebraicità che non è idolatria, individualismo e culto del sé, ma autentica rinuncia ai simulacri e alle seduzioni evanescenti per quella bellezza disperata e così umana dei testi musicati di Leonard Cohen, nella nostalgia biblica che è memoria, canto d’esilio ed erranza di profetiche predizioni, di profeti esiliati, erranti e ospiti di terre lontane e straniere.

Le canzoni di Leonard Cohen, per la pace e per le lotte di rivendicazione sociale, non sono caratterizzate dalla prosaica protesta, quanto da una meditazione riflessiva di formazione e educazione per chi è sul cammino dell’impegno, della pace e della giustizia, tramite midrashim di ricerca esistenziale, tradotti nella partecipazione civile, nella denuncia sociale e nell’impegno culturale.

Laura Tussi, Istituto Comprensivo via Prati, Desio (Monza e Brianza)


[1] Cfr, Laura Tussi, Sacro. Collana Parole delle Fedi, EMI, Bologna 2009