Roseto. Presentazione pubblica del libro “Mare Calmo” di Fabio Di Giulio, un romanzo edito dalle Edizioni Tracce di Pescara.

Si terrà Venerdì 8 giugno 2018, alle ore 18.00, presso il Palazzo del Mare di Roseto degli Abruzzi, la presentazione pubblica del libro “Mare Calmo” di Fabio Di Giulio, un romanzo edito dalle Edizioni Tracce di Pescara. Interverrà il critico e poeta Ubaldo Giacomucci, il critico e giornalista Umberto Braccili. Sarà presente l’Autore.

Dalla nota critica di Ubaldo Giacomucci al libro: “L’Autore, in questo romanzo breve scorrevole e intrigante, si muove su due livelli narrativi: la storia di Aldo e Giuseppe, o meglio di un periodo emblematico della loro esistenza, e la storia di Massi, che in gran parte del testo si limita ad ascoltare e chiedere spiegazioni ai due, ma sarà il protagonista indiscusso del finale… In questo senso viene superata la dimensione puramente narrativa del romanzo e la notevole sorpresa del finale rende tutto il testo allegorico, ma anche quasi sperimentale.

Un finale che testimonia, in certi casi, l’importanza di cambiare stile di vita per essere autenticamente se stessi, quasi che il destino ci sfidi a conquistarlo.

Il linguaggio stesso del romanzo è volutamente mimetico, in bilico tra il dialogo e il flusso di coscienza, mettendo il lettore in condizione di condividere punti di vista e sensazioni dei personaggi.

Il disagio esistenziale diventa dunque la testimonianza concreta dell’inquietudine delle giovani generazioni, che considerano necessario il superamento delle proprie limitazioni e il recupero di una dimensione esistenziale e interiore vissuta pienamente.”




Inps: in forte crescita l’uso della app “Inps Mobile”   

Nei primi mesi del 2018 quasi 19 milioni di contatti per il servizio 
“Stato pagamenti” e circa 6 milioni per il servizio “Stato domanda”.

Sempre più persone accedono ai servizi messi a disposizione dall’Inps con l’applicazione “Inps Mobile”, utilizzabile su dispositivi Apple e Android.
Fra quelli che l’Istituto ha da tempo reso disponibili, grande successo stanno ottenendo in particolare i servizi “Stato domanda”  e “Stato pagamenti”, che consentono agli utenti di acquisire importanti informazioni senza doversi recare agli sportelli.
Con il servizio “Stato domanda”, fornendo il proprio codice fiscale e il proprio PIN o SPID, si può visualizzare lo stato di  lavorazione di una richiesta presentata all’Istituto.
Con il servizio “Stato pagamenti”, invece, sempre fornendo il proprio codice fiscale e il proprio PIN o SPID, ciascuno può visualizzare il dettaglio di un pagamento erogato dall’Istituto in suo favore, a fronte di una o più prestazioni pensionistiche o non pensionistiche. Le informazioni visualizzabili si riferiscono all’ultimo pagamento erogato, in ordine cronologico, per ogni prestazione e con un orizzonte temporale non superiore agli ultimi due mesi precedenti alla data di consultazione. La finalità del servizio è, infatti, quella di fornire all’utente un riscontro immediato del pagamento disposto, in suo favore, dall’Istituto per il mese corrente.
Nei primi 4 mesi del 2018 i contatti del servizio “Stato pagamenti” sono stati 18.748.283, contro i 34.003.761 dell’intero 2017, con un picco nel mese di gennaio di 5.447.415 visite virtuali.
I contatti del servizio “Stato domanda” nel primo quadrimestre 2018 sono stati invece 5.978.612, a fronte dei 9.977.400 dell’anno precedente (in questo caso il numero maggiore di visite, 1.777.825, si è registrato nel mese di marzo).




Boiccottata la nuova webtv teramana tagliati i cavi di Repiùnews

 

 

 

 

 

Brutta sorpresa, questa mattina, per la redazione di Rpiunews. Al momento di preparare la diretta di “Streaming” la trasmissione quotidiana che, alle 9,30, segna l’inizio della produzione web, i tecnici hanno rilevato una improvvisa assenza di segnale, scoprendo qualche minuto dopo che erano stati tagliati i cavi delle linee internet ad alta velocità.

 

Si tratta senza alcun dubbio di un atto volontario, che non aveva altro scopo se non quello di impedire le trasmissioni.

 

Ovviamente, i tecnici della società che gestisce le reti internet sono stati subito allertati e stanno già provvedendo alla sistemazione della linea.

 

«E’ stata un’azione inqualificabile – commenta l’editore Luca Verdecchia – che ovviamente segnaleremo alle forze di polizia, perché non abbiano a ripetersi episodi del genere»

 

La programmazione di Rpiùnews riprenderà già nel pomeriggio, con la dirette dell’intervista ad una delle donne candidate nelle 17 liste al Comune di Teramo.

 

L’intervista con la cantante Angelica Volpi, in programma per oggi, andrà in diretta web mercoledì prossimo alle 9,30




Giulianova. Vince il 19° Festival la Polonia Zwolenia

La giuria popolare incorona I berretti verdi di El Salvador

Gli organizzatori a lavoro per la 20°edizione

Prima Assoluta Polonia Zwolen

GIULIANOVA, 4 giugno 2018  – Nuovo record di presenze per il Festival Internazionale di Bande Musicali che si è chiuso domenica sera tra gli applausi del pubblico rimasto fino alle due di notte per ascoltare le esibizioni dei gruppi in gara e poi la grande festa in musica che si ha coinvolto tutti i gruppi bandistici in piazza Buozzi. Il prestigioso trofeo Città di Giulianova in oro impreziosito da smalti ceramici creato dal maestro orafo Luigi Valentini è stato assegnato all’ orchestra di fiati giovanile della Polonia Zwolenia  che ha vinto anche il trofeo dell’assessore al turismo regionale come migliore Banda da parata.

Concerto Finale della Polonia

La cerimonia di premiazione è stata preceduta dalla grande sfilata sul Lungomare centrale di Giulianova, dove le 16 bande hanno sfilato in mezzo a due ali di folla. Madrina d’eccezione le modella Laura Faiella, seconda assoluta al concorso Miss Blumare 2017.

L’Assessore Regionale Giorgio D’Ignazio a Giulianova

A consegnare i premi nella splendida cornice di piazza Buozzi, a Giulianova alta, colma di gente, c’erano il Vice sindaco Nausicaa Cameli, l’assessore Fabrice Ruffini, l’assessore regionale Giorgio D’Ignazio, il presidente del  Bim Moreno Fieni, l’assessore provinciale Federica Vasanella, il segretario nazionale Anbima Andrea Romiti.

La giuria popolare ha incoronato la Banda di El Salvador che ha vinto anche la categoria migliore coreografia.

Il premio della Federazione Nazionale della Stampa è stato assegnato alla Banda del Messico che si è aggiudicata anche il terzo posto nella categoria migliore banda giovanile under 21.

L’orchestra Rzeszow con Majorettes Incanto della Polonia ha vinto il Trofeo del Bim come migliore Banda musicale con Majorettes. L’orchestra ha vinto anche la categoria Migliori costumi.

 

 

 

Alla Banda municipale di Zarcero del Costa Rica è andato il premio offerto dalla Investment e Consulting di Jwan Costantini come miglior gruppo folkloristico musicale.

Il premio come migliore gruppo di Majorettes è stato assegnato al gruppo The First Majorettes of Rijeka della Croazia.

Il premio Anbima per la Categoria migliore Banda musicale è stato assegnato all’Orchestra giovanile di fiati  di Poniec- Polonia.

Migliore direttore d’orchestra è risultato Viktor Bak dell’Orchestra giovanile di fiati di Poniec della Polonia. Alla banda è stato inoltre assegnato il premio Anbima per la categoria Migliore banda giovanile under 21.

Alcira Abigail Hernandez Alvarado della Banda di El Salvador ha vinto il premio come esecutore di maggior talento giovanile.

La fascia di Miss Festival, realizzata a mano da Lidia Di Matteo, e la coroncina del maestro orafo Luigi Valentini, sono stai assegnati alla Majorette dell’Ungheria Nagy Evelin.

Grande emozione in chiusura del Festival per il Girotondo della Pace a cui hanno partecipato i componenti di tutte le bande e il Coro delle Piccole voci di San Gabriele.

“Siamo molto soddisfatti del grande successo ottenuto in questa 19esima edizione – hanno commentato Mario Orsini e Gianni Tancredi, organizzatori del Festival  – abbiamo avuto ospite d’onore la Banda Reale della Marina Belga, una delle migliori orchestre militari del Mondo. La  qualità dei 16 gruppi in gara arrivati da 8 diverse nazioni è stata molto elevata e tutti i gruppi hanno conquistato il cuore del pubblico. E ora si lavora per la ventesima edizione del 2019”.

 




Un altro gemellaggio in programma per il “Club del sigaro e della pipa di Giulianova”

GIULIANOVA – Un’altra serata all’insegna della convivialità è stata organizzata dal “Club del sigaro e della pipa di Giulianova” giovedì 31 al Caffè del corso.

club sigaro pipa di giulianova (1)

club sigaro pipa di giulianova (2)

Un evento organizzato in collaborazione con la Tabaccheria del corso di Giulianova ed il “Club degli Ambasciatori dell’Italico” che ha visto la partecipazione del responsabile marketing Leonardo Marcucci, il direttore commerciale Giuseppe Giampiero ed il responsabile di zona Samuele Giampietro della casa veneta dell’Ambasciator Italico del MOSI.

“E’ stata una bella serata che ha visto la partecipazione di circa 40 persone – ha dichiarato il Presidente del club giuliese, Aldo Galassi – ed un ringraziamento speciale va, per la sua realizzazione, ad i rappresentanti della Italico.”

Inoltre, ospiti della serata anche alcuni membri del “Cigar Club Umbilicus Italiae” di Rieti con cui a luglio verrà siglato un gemellaggio.

Dopo il club teatino (Club Teate fumo lento, ndr) un altro gemellaggio è in programma, quest’estate, per il club giuliese.




Montesilvano. Convegno “Vibrazione dalla Terra” con Mao Veronesi

Montesilvano

Mao Veronesi, nativo di Milano, è un ricercatore di eventi tramite lo studio dell’allineamento dei pianeti, contattista e master Reiki, anche se il suo lavoro ufficiale è come collaudatore nel settore aeronautico. Dal 2011 si appassiona di astrologia e pianeti; scopre attraverso un programma, che mettendo insieme la risultanza delle forze, vari transiti, influenza mareale e lunare e su come è strutturato il nostro territorio e per indicare degli eventi sismici e vulcanici.  Una priorità per lui, per non procurare allarmismo, ma dare una corretta informazione il più possibile. Il 9 giugno 2018 parlerà a Montesilvano (PESCARA) all’Hotel Prestige, ore 15.00, dove terrà una conferenza anche sugli Extraterrestri. Nel 2014 e 2015, per il post- terremoto in Emilia e con l’uscita del suo libro pubblicato a Maggio 2016 dal titolo “Scintille di Verità”, ha donato la metà dei proventi all’Associazione Peter Pan che si occupa dell’accoglienza di bambini oncoematologici. Per informazioni: eventi01info@gmail.com

 




USA. Russia2018: un campionato del modo opaco senza l’Italia.

Un allibratore  di New York mi ha confessato che a tutt’oggi le scommesse sul campionato del mondo di calcio ,in Russia,  sono al 68% per il Brasile.

Benny Manocchia e il Senatore Kennedy

Seguono Spagna,Francia. Tuttavia,mi ha detto il bookmaker, le cose potrebbero cambiare dopo il dieci giugno. Infatti negli ultimi giorni prima dell’inizio della Coppa, le scommesse diventano stranamente confuse,incerte. Comunque

restano sul livello del 1 dollaro puntato sulla squadra che risulterà prima, farà
vincere 5.25$. Questo negli Stati Uniti. In Europa milioni puntano su Francia e Inghilterra. Certo
aiutera’  le decisioni degli scommettitori non appena sara’ comunicato gli accoppiamenti delle partite. In momenti di euforia inspiegabile, ci sono anche “bets” per la nazionale italiana,che
come sappiamo non sara’ presente  a Mosca. Gli organizzatori russi hanno ammesso che “senza
l’Italia,il campionato del mondo non avra’ valore”. Ma forse e’ soltanto un modo degli amici russi, per fare sentire meglio i milioni di italiani che oggi sono afflitti da una situazione che,per tanti,poteva essere evitata.




La compositrice abruzzese Ada Gentile, Cavaliere al merito della Repubblica

 

 

 

ASCOLI PICENO – Ada Gentile ha ricevuto il 2 giugno, Festa della Repubblica, dalle mani del Prefetto Rita Stentella l’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica”, su proposta del Sindaco di Ascoli Piceno, Avv. Guido Castelli, per la sua attività di compositrice e per la divulgazione della musica italiana nel mondo.

Un giusto riconoscimento alla compositrice abruzzese, nata ad Avezzano (L’Aquila) e stabilitasi ormai da 5 anni ad Ascoli, reduce da un tour di conferenze sulla sua musica che, nel giro degli ultimi due mesi, l’ha portata a Stoccolma, Bucarest, Tirana e Zagabria.

 

A ciò si aggiunga l’esecuzione di un suo pezzo dal titolo “D’improvviso un giorno” a Desenzano sul Garda, all’Auditorio Celesti, il 27 maggio scorso, da parte del NED Ensemble diretto da Andrea Mannucci e la partecipazione, in qualità di giurato, per il sesto anno consecutivo, dal 24 al 27 maggio, alla 19^ edizione del Concorso Internazionale pianistico Maria Giubilei di Sansepolcro.

 

Il 27 giugno, inoltre, Ada Gentile è stata poi invitata a tenere la conferenza sulla sua musica ad Hannover, dal Capo del Dipartimento di Composizione Gordon Williamson della Musikhochschule e l’11 luglio sarà infine a Roma per la Prima esecuzione di un suo brano da camera dal titolo “Polvere di suono” da parte dell’Ensemble Pentarte diretto dal M° Stefano Cucci nell’ambito della stagione della prestigiosa istituzione concertistica “Filarmonica Romana”.




“UN ANNO A ROVERE (1943 – 1944)”

 

di Mario Setta

È il titolo del libro di ricordi della famiglia Camiz: Paolo (5 anni), Elena e Vito, i genitori. Rovere è una frazione del comune di Rocca di Mezzo, provincia dell’Aquila. L’autore principale, Paolo, ha ora 80 anni, ex docente universitario di Fisica teorica,  ha deciso di raccontare, attraverso i suoi temi di allora, i suoi disegni, le sue canzoni, i ricordi dei genitori, quel periodo della guerra trascorso in Abruzzo.

Un bambino di cinque anni che sapeva già leggere e scrivere, alla scuola dei suoi genitori. Padre ingegnere, un po’ anche poliglotta, madre intelligente e culturalmente apertissima. Un trio familiare così affiatato che affronta gravissime difficoltà, senza mai prostrarsi. Ebrei, ma con alto senso della propria dignità umana.

Il libro non vuole essere uno dei tanti che hanno speso fiumi d’inchiostro per raccontare le vicende degli ebrei perseguitati e finiti nei campi di sterminio. Consapevoli della loro situazione familiare critica non si arrendono, ma si adattano a tutte le condizioni di disagio materiale e psicologico. Nella frazione di Rovere, dove arrivano subito dopo l’8 settembre, trovano accoglienza e amicizia sincera. Lui è l’ingegnere. Il personaggio più qualificato del paese, capace di difendere i contadini perfino parlando con i tedeschi nella loro stessa lingua.

La narrazione procede con innumerevoli inserti di temi scritti dal piccolo Paolo. Anche lui un genietto, capace di apprendere il dialetto e di scriverlo, di stabilire amicizie profonde e significative con tutti, coetanei e donne anziane. Ne esce la descrizione della piccola frazione nei suoi aspetti più caratteristici, dal luogo con le case e le stalle alla gente semplice e gentile.

La madre, Elena, afferma: “La mia teoria era che non bisognava far vedere che si aveva paura, che ci si doveva mostrare il più disinvolti possibile e che, se si riusciva a stabilire un rapporto umano c’era qualche speranza di farla franca”.

Infatti, in un freddo e piovoso pomeriggio di novembre, un tedesco spalanca la porta ed entra. Elena lo accoglie chiedendogli se desidera un tazza di caffè. Ringrazia e chiede: “Ma lei conosce il tedesco?”, dal momento che Elena aveva cercato di rispondere un po’ in tedesco. Subito dopo entrano nella  cucina anche il marito e il figlio.  Vito, il marito, che conosce bene il tedesco parla a lungo con l’ospite che dichiara di essere sergente, ma anche professore di filosofia e appassionato di musica.

Nasce quindi un rapporto intenso e amichevole, anche per il fatto che Vito conosce la musica e suona il violino. Uno strumento col quale più volte Vito riesce a rallegrare i tedeschi e a renderseli amici.

Anche a Rovere, pur essendo una frazione sull’altipiano delle Rocche, passano le truppe della Wermacht e i prigionieri di guerra alleati fuggiti dai campi di concentramento e si verificavano  episodi di tedeschi che si spacciavano per prigionieri fuggiaschi, mentre ricercavano famiglie di italiani che li avevano  accolti per distruggerne poi le abitazioni.

Passano così i nove mesi della guerra in Abruzzo, con la fame che si cercava di lenire dividendo il pane che non c’era e con la forza d’animo di non cedere mai allo scoraggiamento e all’umiliazione. Nel mese di luglio del 1944, la famiglia Camiz ha la possibilità di tornare a Roma e di riprendere una nuova vita: non più quella di tentare in tutti i modi di emigrare nelle nazioni europee o sudamericane per evitare di essere arrestati dai nazisti e spediti nei forni crematori, ma la vita di tutti gli uomini degni di questo nome.

(Mario Setta)

 

 




Assergi. LA PIAZZA DEL MIO VILLAGGIO: MOLTO PIU’ DI UNA PIAZZA…

 

di Giuseppe Lalli

 

Assergi

 

L’AQUILA – Sono nato e cresciuto ad Assergi, un villaggio abbarbicato sulle pendici del versante meridionale del massiccio del Gran Sasso, un villaggio costruito sulla roccia, scosceso, e con le case raggruppate e quasi abbracciate tra di loro. Visto da lontano, il mio villaggio poteva apparire come un gregge di pecore su un pendio, che si stringono per meglio difendersi da un pericolo imminente.     D’inverno poi, nelle giornate di bufera, era come se una sciarpa bianca lo avvolgesse. Il villaggio, con le sue mura antiche e le sue pietre luminose, pieno di vicoli e piazzette, aveva nella piazza principale, situata a sud, verso la valle, il suo punto di convergenza e il suo baricentro. Si era allargato attraverso i secoli, a partire dalla piazza e dalla chiesa, e ad esse non aveva mai smesso di guardare.

 

La piazza del mio villaggio è molto bella. In passato era molto più di una piazza. Vi si accede da una via detta “la strada ritta”. C’è una chiesa quasi millenaria dalla facciata luminosa, con un portale in stile finemente romanico e un campanile superbo. All’interno, poi, dalle colonne alla cripta sotterranea, tutto concorre al bello e al buono. Al centro della piazza c’è una fontana, dove un tempo le donne di casa andavano ad attingere l’acqua con le conche, portate agilmente sulla testa. Di fronte alla fontana, un piccolo giardino di pini – “gl’arboretti” -, dove da bambini giocavamo con le biglie colorate, ricordava i caduti di quella Grande Guerra di cui ricorrono cento anni.

 

Nella bella stagione, al pomeriggio, la piazza si riempiva di mille voci, e diventava il teatro di infiniti giochi. Uno di questi giochi, che vedevo praticato dai ragazzi più grandi, era quello di “mazz’e lirga”. Consisteva nel colpire con una mazza di legno lunga circa mezzo metro, la “mazza”, un legnetto di circa 15 centimetri appuntito alle estremità, la “lirga”, e farla andare il più lontano possibile. Un partecipante al gioco lo raccoglieva con la mano e lo rilanciava al punto di battuta. Il battitore cercava di respingerlo colpendolo al volo con la mazza. Se il bastoncino corto cadeva a terra senza essere respinto, ma a una distanza superiore alla lunghezza del bastone grande, il battitore aveva a disposizione tre colpi per farlo vibrare in aria e rispedirlo, con un colpo ben assestato, il più lontano possibile. A questo punto, il giocatore perdente era quello che non era riuscito ad avvicinare il bastoncino corto, la lirga, alla misura necessaria rispetto al punto di battuta. Il pegno che era costretto a pagare consisteva nel portare a cavalcioni il giocatore vincente fino al punto di battuta, per il numero di volte concordato all’inizio della partita.

 

Altro gioco preferito da noi maschi era quello del “salt’alla mula”. Si formavano due squadre. Dopo aver fatto “alla conta”, cioè sorteggiato il turno, i componenti di una delle due squadre si disponevano a fare da sedile – da mula -, con un ragazzo dritto con la testa rigirata verso il muro a fare da cuscino, e gli altri del suo gruppo attaccati a fungere da groppa della mula. I ragazzi dell’altro gruppo, uno per volta, prendendo la rincorsa e ogni volta chiamando per nome il saltatore successivo, saltavano in groppa, e nel tempo che pronunciavano la frase di rito “Tre tre giù giù, tre tre giù giù, tre tre giù giù: giù, giù, giù”, quelli di sotto dovevano resistere a tanto peso e così alternarsi nel salto. Se non resistevano e crollavano, erano obbligati a fungere di nuovo da mula.

 

Le bambine, invece, praticavano giochi più fantasiosi e affascinanti. Ricordo che in uno di essi si tenevano per mano inscenando una piccola fiaba e cantavano a gruppi alterni: “ Oh quante belle figlie madama Dorè, oh quante belle fìglie…; “ Son belle e me le tengo madama Dorè, son belle e me le tèngo…”. Oppure lanciavano la palla verso il muro, e prima di riprenderla senza farla cadere a terra, dovevano muoversi con una parte del corpo, e accompagnare con le parole i movimenti. Ne venivano fuori figure bellissime: “Muovendomi…stando ferma…con un piede…con una mano…a da battere…allo zigolo lo zagolo…al violino…un bacino…tocco terra…tocco cuore…fiorellin d’amore…”. Le donne, fin da piccole, mostrano di essere molto più dell’altra metà del cielo…

 

Ad una certa ora, la campanella della chiesa interrompeva i giochi e annunciava la lezione di catechismo, “la dottrina”, come la chiamavamo noi ragazzi. Ci andavamo molto volentieri, perché dopo il catechismo il prete ci faceva vedere la televisione, a quel tempo assai poco diffusa nelle case. Lassie…Rin Tin Tin…Bonanza: che belle trasmissioni, che bella televisione… Ma la piazza era anche luogo di ritrovo dei vecchi, che spesso apparivano al mio sguardo di bambino in atteggiamento contemplativo: placidi, baffuti, con un bastone rudimentale in mano e, d’inverno, il mantello, anzi…la mantella. Ce n’erano di molto originali, alcuni sembravano usciti da un romanzo dell’Ottocento.

 

Uno di essi era soprannominato “Sciancacrapa”. Baffi bianchi e appuntiti come il suo sguardo, aveva l’aspetto di un vecchio garibaldino. Ci parlava spesso delle sue sofferenze durante il conflitto del 1915-18. Noi lo ascoltavamo increduli, col naso all’insù, e quando ci vedeva giocare alla guerra ci apostrofava: “Heh vagliò…, ha ta revenì quela guerra! ...”. Un altro, chiamato “Bèbbè”, indossava una giacca nera, un cappello a bell’e meglio e un pantalone tenuto su e abborracciato da una cinta di cuoio che correva fuori dai passanti. Quando nella piazza si preparava il palco per la festa patronale, approfittava della presenza di qualche forestiero per vantarsi di una sua caratteristica anatomica di cui andava molto fiero. Asseriva scherzosamente di avere ben tre mammelle (“tre sise”), e volentieri le esibiva agli increduli ascoltatori. Si allargava la camicia nel petto, e scandiva ad alta voce: “E una…e dù…e…tre”, e mostrava un’escrescenza della pelle in corrispondenza delle costole che ricordava vagamente una mammella.

 

C’era poi una donnina che ricordo sempre vecchia. Si chiamava Grazia, viveva in un piccolo tugurio nella parte interna del villaggio, e andava in giro avvolta in una vestaglia stretta da una cinta di stoffa nella quale scorreva una grossa chiave. A vederla così, con quella chiave, vicino alla chiesa, me la figuravo la mamma di san Pietro. Povera Grazia! Un sorriso dolce e sdentato illuminava eternamente il suo viso di rughe che parevano solchi. Sembrava una bambina invecchiata prematuramente. Quando ti parlava ti prendeva le mani, e finiva il discorso sempre con la stessa frase, detta in dialetto, l’unica lingua che conosceva: “Ma prò…ma prò…Graziuccia nen s’ tocca…”, come a dire: ditemi quello che volete, ma sappiate che la mia onestà è a prova di bomba.  E come darle torto? …

 

Alla festa del patrono, poi, la piazza diventava sagrato e mercato, luogo di devozione e di divertimento: film all’aperto, processioni, stendardi, banda musicale e bancarelle. Suggestiva, la sera che precedeva la festa di San Franco, il protettore principale, era la “mostra delle Reliquie”, che si faceva da un loggiato contiguo alla chiesa, che dava sulla piazza. Per noi ragazzi era quasi una festa nella festa. Partivamo dalla cripta sotto la navata centrale, ciascuno con una reliquia in mano dietro ai sacerdoti, e salivamo, tra due ali di folla di devoti, al piano superiore, per poi raggiungere il posto dell’esposizione attraverso una scala di legno a chiocciola all’interno della chiesa. Il tratto della scala era buio e, a ripensarci, sembrava di assistere ad una scena del film “Il nome della rosa”, dal famoso romanzo di Umberto Eco. A questa impressione concorreva la figura di padre Stefano, un frate cappuccino che veniva da Chieti per dar man forte al parroco, e che, con la barba, due nere e folte sopracciglia, la capigliatura rasata a corolla attorno alla testa e l’espressione grave del viso, aveva tutta l’aria di un inquisitore medievale. Per ogni reliquia, il sacerdote illustrava, con espressione di voce appropriata, il contenuto: “In questa reliquia…si conserva…”. Seguiva dalla piazza un breve stacco musicale della banda, e, subito dopo, uno sparo. E così di seguito.

 

Ci fu un anno in cui la cerimonia non poteva iniziare perché il rivenditore di noccioline, un commerciante di Bussi sul Tirino che veniva tutti gli anni e si metteva sempre allo stesso posto, teneva acceso il motore per tostare le arachidi, e gridava a squarciagola: “Noccioline americane!!! Noccioline americane!!!America!!!America!!!”. Allora, mentre il parroco, il compianto Don Demetrio, sbuffava contro l’affarismo che a suo dire era ormai invalso nelle feste religiose, padre Stefano, con il tono di voce stentoreo del predicatore provetto, microfono in mano, annunciò urbi et orbi: “Il rivenditore di nocelle è pregato di spegnere il motore!!!”. Il buon religioso dovette ripetere l’invito più volte perché la piazza si tacesse. Ma subito dopo, la banda, con infelice scelta di tempo e di genere musicale, accennò ad un motivetto allora molto in voga, portato alla ribalta da un cantante francese di nome Antoine, dal titolo “Le pietre” (…sei bello, e ti tirano le pietre, non sei bello, e ti tirano le pietre…). A quel punto, Don Demetrio in persona, fuori dai gangheri, prese in mano la situazione e il microfono, e gridò sdegnato verso la piazza: “eh no! eh no! le pietre proprio no!!!”. La scena, da sacra, era diventata molto esilarante, come in un film di Carlo Verdone.

 

Del resto, a quell’età tutto, per noi ragazzi, era occasione per ridere, come quando una compaesana a dir poco originale che abitava vicino alla piazza, di nome Lidia, preoccupata per la stabilità della sua casa, tutte le volte che durante la processione sentiva risuonare l’eco degli spari nella valle, usciva con le mani nei capelli e gridava: “A Dì mì, a Dì mì: quisti m’ fann’ spallà la casa!!!”. Cara, simpatica Lidia! Era una di quelle persone senza età, quelle che sembrano destinate a non morire mai. Ancora la rivedo, mentre attraversa la piazza col cappotto e l’ombrello, sia d’estate che d’inverno. E poi, un po’ più in là con gli anni, c’erano le interminabili partite di calcio, con la base del campanile trasformata in una delle due porte e la cunetta di raccolta dell’acqua a fungere da metà campo, attenti, sempre, che non si vedesse la camionetta dei carabinieri, che spesso ci sequestravano la palla.  E, tra una partita e l’altra, i primi dibattiti di religione e di politica, in quell’età in cui i propositi si confondono con i sogni, e, insieme al pallone, si cominciano ad inseguire le vocazioni di una vita.

 

Quante volte questo piccolo luogo dell’anima, che è la piazza del villaggio, ha colorato le mie passioni e la mia fantasia, e fatto da sfondo alle mie letture! Quando a scuola sentivo recitare dagli insegnanti le poesie di Giacomo Leopardi – Il sabato del villaggio o A Silvia, in particolare -, essa era sempre lì, a ricordarmi che, dovunque andiamo, ci portiamo sempre dietro i colori del nostro vissuto, e che la poesia è un’infanzia che non vuol passare, un bambino che bussa sempre alla porta del cuore, e reclama…i suoi diritti.

 

Mi è capitato qualche tempo fa di contemplare trasognato la piazza del mio villaggio una sera di fine estate, mentre l’ultimo raggio di sole dipingeva d’argento il campanile e la campana rintoccava in solitudine. Mi sono girato per andarmene, ma…improvvisamente, mi è parso di vedere centinaia di rondini che intrecciavano con i loro voli i tetti, i pini e il campanile e…mi è parso di udire molte voci di fanciulle che cantavano… “Oh quante belle figlie madama Dorè, oh quante belle fìglie…” e, più in là… “muovendomi…stando ferma...”. E’ stato un attimo, poco prima che le ombre della sera ricoprissero i miei sogni. Però, è sempre molto bella la piazza del mio villaggio!