Pescara. MILLELUCI DAL 2 DICEMBRE AL 6 GENNAIO 2018

Il Marina apre le porte al Natale e lo fa presentando un ricchissimo calendario di eventi che
animeranno il Porto Turistico di Pescara dal 2 dicembre al 6 gennaio, alla manifestazione è

PESCARA

stato dato l’evocativo nome “Milleluci”.
Milleluci è la naturale prosecuzione dell’onda emozionale lasciata da Estatica 2017 che ha
fatto registrare la cifra record di 100mila presenze con i suoi 43 appuntamenti in
programma, questa Winter Edition nasce dalla volontà del Marina di regalare ad i suoi ospiti
un natale diverso fatto di eventi di grande richiamo: festival, rassegne, live performance,
feste, colori e solidarietà!
Si parte il 2 dicembre nella suggestiva Piazzetta del Marina con il Grand Opening che
prevede la presentazione del calendario Milleluci con inserti spettacolari degli artisti
coinvolti nel cartellone che ci regaleranno un’anteprima dei loro diversi mondi e soprattutto
di ciò che i nostri ospiti potranno gustare dal 2 dicembre al 6 gennaio 2018.
La forza del progetto MILLELUCI è rappresentata proprio da questa eterogeneità di forme e
suggestioni pensate e costruite per essere fruibili da target diversi, generazioni diverse,
culture diverse ma tutte con il comune denominatore del gusto, dell’atmosfera e della magia
del natale.
Si passa da una rassegna di musica elettronica di livello internazionale ad una cena
spettacolo di beneficenza passando per festival di birre artigianali, epiche battaglie rock, un
capodanno multicolore e così fino all’arrivo della befana, di serata in serata, di emozione in
emozione!
Il Grand Opening di sabato 2 dicembre non prevede solo questo, abbiamo pensato di
allestire la Piazzetta del Marina con scintillanti luci ed addobbi di natale ed in questa
atmosfera offrire un aperitivo fatto di finger food, vino e le magiche vibrazioni del
sassofono di Piero Delle Monache che con il suo Trio si esibirà nel personalissimo
Christmas Jazz Project. Classe 82, Piero Delle Monache è un sassofonista e compositore di
origini abruzzesi. Da 3 anni annoverato tra i 10 migliori sassofonisti di tutta Italia secondo i
Jazzit Awards. Nell’aprile 2015 è stato chiamato ad esibirsi nella Young Italian All Stars, un
ensemble di musicisti Under35 messo su per celebrare il decennale della Casa del Jazz di
Roma. Da anni attivo con progetti e tour internazionali di alto profilo, vanta collaborazioni
prestigiose con Jazzisti e maestri d’orchestra Italiani e esteri. Quindi un grande inizio per un
Grand Opening multisensoriale da non perdere e che ci introduce da subito nelle calde
atmosfere di MILLELUCI.
MILLELUCI è il Natale del Marina di Pescara!
MILLELUCI
DI SEGUITO IL CALENDARIO COMPLETO
SABATO 2 DICEMBRE – Ore 18:00
MILLELUCI GRAND OPENING
Location: PIAZZETTA DEL MARINA
Ingresso libero
Il Marina di Pescara si rifà il look per creare emozioni e suggestioni in perfetto christmas
style! Questo primo appuntamento è stato pensato come primo capitolo di un racconto che
si snoderà in diverse tappe fino alla fine delle festività natalizie.
Milleluci è Musica, Teatro, Rassegne, Festival, Solidarietà, Atmosfera e Brindisi!
All’evento saranno presenti gli artisti protagonisti del cartellone Milleluci.
Appuntamento alle 18:00 per il Grand Opening, con un aperitivo in jazz accompagnati
dall’esibizione del Piero delle Monache Trio nel Christmas Jazz Project. Splendida cornice
dell’evento, la piazzetta del Marina, che per l’occasione verrà addobbata con meravigliose
luci di natale.
A tutti gli ospiti sarà offerto un ottimo aperitivo con cibo km 0 e vino delle Cantine Bosco
Nestore, ovviamente tutto gratis… del resto è Natale!
Per info: 3404190408 – 3924438648
www.estatica-pescara.com/milleluci
Facebook: Estatica Pescara




Pescara. INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA “DANTE E L’ANTICA ROMA NELLA DIVINA COMMEDIA”

 

Alle ore 10,30 di sabato 2 dicembre, presso  la sala “D’Annunzio” dell’ AURUM  di Pescara, la Fondazione Casa di Dante in Abruzzo, con la  collaborazione ed il sostegno della Fondazione Pescarabruzzo ed il patrocinio della Regione e del Comune di Pescara, inaugura la Mostra d’Arte contemporanea, dedicata a “Dante e l’antica Roma nella Divina Commedia”. L‘esposizione, curata dal critico Giorgio Di Genova, raccoglie opere di 6 artisti contemporanei di livello internazionale, quali Danilo Fusi, Andrea Granchi, Impero Nigiani, Teresa Noto, Gabrie Pittarello e Luminita Taranu, ciascuno dei quali a sua volta ha realizzato 6  dipinti con tecniche diverse, ispirandosi al tema dantesco prescelto per il 2017.

Da oltre 35 anni la “Casa di Dante  in Abruzzo” di Torre de’ Passeri, creata dal compianto prof. Corrado Gizzi e sostenuta con caparbia continuità dalla sua gentile consorte Lina De Lutiis,  fino al disastroso terremoto del 2009 che lo ha reso totalmente inagibile, ha ospitato  l’annuale esposizione di opere di artisti famosi, divenendo centro di grandi eventi che nel nome di Dante hanno richiamato in Abruzzo centinaia di artisti, critici, pensatori ed accademici che si sono alternati in Mostre , lecturae Dantis, conferenze, incontri e dibattiti di elevato spessore culturale.

In attesa della completa ristrutturazione del Castello Gizzi di Torre de’ Passeri, la  Mostra viene allestita anche quest’anno presso l’AURUM di Pescara dove sarà visitabile fino al 14 dicembre, dal martedì al sabato: mattino, dalle ore  9,30 alle 13,00, pomeriggio dalle 15,30 alle 19,30; la domenica ed i festivi si osserva solo l’orario pomeridiano.

Alla cerimonia d’inaugurazione, oltre ai Sindaci di Pescara, Marco Alessandrini e di Torre de’ Passeri, Piero Di Giulio, parteciperanno il presidente del Consiglio comunale Francesco Pagnanelli, il delegato alla Cultura della Regione, Luciano Monticelli, ed il presidente onorario della Fondazione “Casa di Dante in Abruzzo” Nicola Mattoscio. Interverranno, inoltre, il prof. Giovanbattista Benedicenti, lo storico dell’arte Nicola Longo ed il prof. Umberto Russo. Il prof. Vito Moretti leggerà il Canto VI del Paradiso. Ingresso gratuito.




Comunicato CEAM per la nomina del Vescovo di Sulmona-Valva

         A nome dei Vescovi dell’Abruzzo e del Molise, in quanto Presidente della Conferenza Episcopale Regionale, esprimo profonda gratitudine al Santo Padre Francesco per aver nominato il nuovo Vescovo di Sulmona-Valva nella persona di Don Michele Fusco, finora Parroco della Parrocchia di Santa Maria Assunta in Positano nell’Arcidiocesi di Amalfi – Cava. Mentre ringrazio ancora Sua Eccellenza Mons. Angelo Spina per il servizio da Lui reso alla Chiesa di Sulmona-Valva ed esprimo parimenti gratitudine all’Amministratore Apostolico “sede vacante” Mons. Aladino De Iuliis, oltre che all’Arcivescovo di Amalfi-Cava Sua Eccellenza Mons. Orazio Soricelli per la generosità dimostrata nel privarsi di un aiuto significativo nella vita diocesana, sono certo che il nuovo Pastore, in forza dell’esperienza pastorale e della profondità spirituale che lo contraddistinguono e che conosco personalmente, potrà fare molto bene per quella Chiesa, ricca di antiche e profonde tradizioni religiose. Nell’assicurare la preghiera mia e dei Confratelli Vescovi, auguro ogni bene al caro Vescovo eletto e gli do con gioia il benvenuto nel collegio episcopale, contando sulla Sua collaborazione anche per il comune servizio alle diocesi di Abruzzo e Molise. La Vergine Santa assista Lui e noi tutti nel nostro impegno a favore di quanti il Signore ha voluto affidarci.

+ Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti Vasto Presidente della CEAM

30 Novembre 2017, Festa di Sant’Andrea Apostolo




Giovani pizzaioli che non temono la crisi, la nuova sfida di Valerio Valle tocca Atri

Giulianova, 30 Novembre 2017

Giovani pizzaioli che non temono la crisi, la nuova sfida di Valerio Valle tocca Atri

Giovani pizzaioli che non temono la crisi, la nuova sfida di Valerio Valle tocca Atri

 

È con questo presupposto che Valerio Valle, pizzaiolo trentaseienne
molto conosciuto alle cronache gastronomiche e pluripremiato a concorsi nazionali e internazionali, apre la sua terza sede italiana.
Dopo la pizzeria al taglio Compagnia della Pizza di Giulianova, e “F.lli Valle la patria della pizza alla pala” a Roseto degli Abruzzi, Valerio Valle si lancia in una nuova sfida, quella del suo primo ristorante-pizzeria, che vedrà protagonista la classica pizza tonda, ma questa volta sottile e senza cornicione.
Il luogo scelto è Atri,” volevo una location importante che esprimesse il valore del territorio” dice Valerio, “che si associasse alla mia voglia di valorizzare i prodotti della tradizione abruzzese ed esprimesse la bellezza della nostra terra , questa Oasi mi è sembrata il posto ideale”. L’ apertura è prevista il 6 dicembre 2017, in Contrada Santa Lucia 3A a circa 4 km dal centro di Atri, di fronte alla Riserva Naturale del WWF I Calanchi.

Giovani pizzaioli che non temono la crisi, la nuova sfida di Valerio Valle tocca AtriIl nuovo Ristorante Pizzeria Valle ha un obiettivo preciso, quello di portare la qualità delle moderne pizze gourmet , in una pizza apparentemente più semplice, che ricorda un po’ le pizze più diffuse negli anni 90-2000 , ma rivisitata attraverso nuove tecniche d’ impasto che migliorano estremamente la digeribilità della pizza, abbinata a farciture con solo ingredienti ricercati, di qualità, freschi e di stagione, ma non eccedendo, perché come di ribadisce Valerio “la pizza deve rimanere un piatto popolare” .

Sarà quindi una pizza volutamente sottile, senza cornicione, con un piccolo bordo croccante, ma con una lievitazione naturale di 72 ore e un mix di farine macinate a pietra, tra le quali quella ottenuta dal Grano solina dell’Appennino Abruzzese, Presidio Slow Food. Poi (poco) sale integrale di Trapani e olio extravergine di oliva abruzzese, ad accompagnare i tanti ingredienti regionali selezionati per le pizze in carta, come la
Liquirizia di Atri e il Pecorino Canestrato di Castel del Monte o il salame al Montepulciano .

Anche i piatti della cucina rispecchieranno la varietà del nostro territorio, grazie alla mano della lady chef Sonia Ferretti, segretaria dell’Associazione Cuochi di Teramo e esperta di cucina tradizionale e amante della ristorazione vegan.
Valerio Valle, da più di vent’anni dedito alla ricerca, alla lievitazioni, alla stagionalità e agli abbinamenti ambiziosi sulle sue pizze, ha in mente un prodotto che sia fruibile a tutti, ecco
perchè anche i gusti classici non mancheranno.

Facebook: https://www.facebook.com/ristorantepizzeriavalle/?fref=ts
Internet: www.valeriovalle.it
Mail: vallevalerio@hotmail.it




IG-IBD. Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa: spesa pubblica di oltre un miliardo. Apre oggi a Torino Congresso IG-IBD

Si apre oggi, sino al 2 dicembre, presso il Centro Congressi Lingotto di Torino, l’ottavo Congresso Nazionale IG-IBD. Circa quattrocento gli specialisti partecipanti, provenienti da tutta Italia.

IG-IBD. Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa: spesa pubblica di oltre un miliardo. Apre oggi a Torino Congresso IG-IBD

Attualmente in Italia si stima che siano affette da colite ulcerosa o malattia di Crohn tra le 200 e le 250mila persone” spiega il dott. Marco Daperno dell’Ospedale Mauriziano di Torino

 

LE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI – Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD, inflammatory bowel disease), ossia la Colite Ulcerosa e la Malattia di Crohncompaiono frequentemente tra i 20 e i 30 anni, impattando in maniera significativa sulla qualità di vita dei soggetti affetti. Il 20% di tali patologie esordisce addirittura in età pediatrica, con notevoli ripercussioni non solo a carico del bambino affetto, ma anche a livello familiare. In questa fase giovanile, il soggetto impara che ha una patologia cronica, destinata a perdurare per tutto il corso della sua vita; sarà obbligato a prendere costantemente medicine, dovrà sottoporsi regolarmente a controlli e talvolta a interventi chirurgici. Si tratta di patologie caratterizzate dall’imprevedibilità della recidiva dei sintomi che mal si adatta a una serena pianificazione dei propri impegni quotidiani familiari, sociali e lavorativi. Un impatto dunque di carattere clinico ma anche psicologico.

Attualmente in Italia si stima che siano affette da colite ulcerosa o malattia di Crohn tra le 200 e le 250mila persone; in Europa i dati ufficiali ci dicono che ne soffrono in oltre due milioni” afferma Marco Daperno, SC Gastroenterologia AO Ordine Mauriziano di Torino e Presidente del Congresso IG-IBD “In passato queste malattie portavano al decesso, con picchi, negli anni ’70, del 30-35%. Oggi il rischio di mortalità è ridotto all’1-2% circa. Tuttavia le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno un notevole impatto sulla quotidianità del soggetto affetto: scuola e università, attività lavorativa, vita sociale e familiare possono essere colpite a causa di assenteismo, depressione, mancato guadagno, assenza dal lavoro per malattia, difficoltà nelle relazioni personali, discriminazione”.

IL CONGRESSO – Si apre oggi, giovedì 30 novembre, sino al 2 dicembre, presso il Centro Congressi Lingotto di Torino, l’ottavo Congresso Nazionale IG-IBD, presieduto da Marco Daperno, Claudio Papi e Fernando Rizzello. Circa quattrocento gli specialisti partecipanti, provenienti da tutta Italia. Le principali tematiche affrontatecomprendono: diagnosi e decorso clinico delle IBD, nuove strategie terapeutiche per la gestione delle IBD, nuovi paradigmi di trattamento per le IBD, la ricerca di base e la medicina transazionale, la gestione integrata e multidisciplinare di tali malattie, i nuovi biologici di prossimo impiego, ottimizzazione della safety della terapia convenzionale e della terapia biologica, gestione delle IBD non aggressive.

 

I NUMERI DELLE MALATTIE – Circa il 50% dei pazienti con malattia di Crohn ed il 20% dei pazienti con colite ulcerosa, inoltre, necessitano di intervento chirurgico entro 10 anni dalla diagnosi, che può ulteriormente impattare sulla qualità di vita dei pazienti stessi. Esiste, inoltre, una qualche predisposizione familiare nello sviluppo della malattia; infatti, un paziente su cinque ha uno o più parenti stretti affetti da malattia di Crohn o colite ulcerosa.

La gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali è notevolmente evoluta negli ultimi anni e, in parallelo alle nuove scoperte scientifiche che hanno permesso l’introduzione di nuovi farmaci e di tecniche diagnostiche più accurate, la centralità del paziente è diventata il punto di partenza per un approccio multidisciplinare di tipo diagnostico, terapeutico e sociale. Pur essendo malattie che partono dall’intestino, infatti, arrivano a colpire le articolazioni, la pelle, gli occhi, il fegato e tanti altri organi che richiedono un approccio specialistico, interdisciplinare, con terapie combinate.

 

I SINTOMI – “La vera sfida di queste malattie è legata alla diagnostica” dichiara ancora Daperno. “I sintomi principali di colite ulcerosa e malattia di Crohn sono mal di pancia, diarrea, febbricole, eventuale sanguinamento delle feci; tutti elementi che possono comparire in occasione di una semplice sindrome dell’intestino irritabile, mentre il sanguinamento rettale viene spesso precocemente ricondotto a una valutazione endoscopica per i rischi di tumore colon-rettale”. Le difficoltà e i ritardi sono testimoniati dai 5 anni o più di latenza diagnostica da quando compaiono i primi sintomi a quando si effettua la diagnosi.

I COSTI – Le malattie croniche intestinali hanno dunque un impatto sociale notevolissimo. Per fortuna non incidono sull’aspettativa di vita, ma possono influire sulle capacità complessive del paziente, che perde giornate di lavoro con il rischio anche di lunghe interruzioni. Per la società dunque esistono dei costi, relativi a interventi e ricoveri frequenti dei pazienti, ma anche dei costi assistenziali spesso sottovalutati. Anche il paziente risente degli effetti economici: è costretto all’acquisto di integratori e farmaci non mutuabili, oltreché a effettuare delle cure anche in altre regioni rispetto a quella di appartenenza. A ciò si aggiunge la perdita di guadagni per il mancato lavoro. Secondo stime dell’Unione Europea, un paziente costa allo Stato tra i 3 e i 5mila euro l’anno; considerando che in Italia ci sono 150mila pazienti ufficiali (ma verosimilmente 250mila) affetti da queste patologie è intuibile quanto siano elevati questi costi, che finiscono per ammontare a circa un miliardo di euro, a cui si aggiungono i costi indiretti, come i servizi assistenziali, che probabilmente raddoppiano questi costi.

LA SOCIETA’ SCIENTIFICA IG-IBD – La IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) è una società scientifica nata con lo scopo di promuovere la ricerca (clinica e di base) della malattia di Crohn, della Colite Ulcerosa e delle altre patologie infiammatorie idiopatiche del tratto gastrointestinale e di migliorare e diffondere le conoscenze per la cura di queste malattie. L’obiettivo della società è quello di favorire collaborazioni a livello nazionale e internazionale, valorizzandone ad esempio gli studi multicentrici, per potere fornire risposte a quesiti clinico-epidemiologici altrimenti difficilmente ottenibili. della società La Società promuove l’interdisciplinarietà tra specialisti diversi: gastroenterologi, chirurghi, anatomo-patologi, biologi, nutrizionisti, statistici sono impegnati sul territorio o in ambito ospedaliero o universitario per il medesimo scopo.




DA VENEZIA A FOGGIA il passo è breve….la straordinaria scultura luminosa di Marco Lodola

Da Venezia a Foggia il passo è breve…

 

 

Sarà esposta nel piazzale della stazione F.S. di Venezia “Dolphin”, la straordinaria scultura luminosa di Marco Lodola, allietando  milioni di turisti che affolleranno la magica città lagunare nel periodo natalizio.

Un impercettibile ma significativo filo unisce Venezia e Foggia in questo straordinario periodo: un Natale diverso nel quale le magiche luci di Marco Lodola un po’ mitigano le oggettive difficoltà del nostro territorio. Grazie al costante impegno della Contemporanea Galleria d’Arte di Giuseppe Benvenuto, una nuova iniziativa di alto spessore culturale che catalizzerà l’interesse di migliaia di appassionati sino all’8 gennaio 2018.

Marco Lodola, artista fra i più innovativi e apprezzati a livello nazionale e internazionale, attraverso i propri lavori, sta  “illuminando” la città di Foggia con una fantastica personale.

Oltre ad essere un artista ormai affermato, che ha collaborato a progetti per importanti aziende – Swatch, Coca Cola, Vini Ferrari, Harley Davidson, Ducati, Illy, Valentino, Coveri, Fabbri, Air One, Fiat, Juventus –, con musicisti e scrittori riconosciuti e come scenografo di diverse produzioni televisive – Festival di Sanremo, X Factor, Roxy Bar – è stato anche ospite della 53Biennale di Venezia.

Di seguito, i testi di Renzo Arbore, Luca Beatrice, Achille Bonito Oliva, Aldo Busi, Giuseppe Marrone, Vittorio Sgarbi e Gianfranco Terzo:

RENZO ARBORE

Diavolo di un Marco Lodola! Mi chiamo Renzo Arbore e sono abbastanza noto nel nostro paese per aver “effettuato” varie malefatte nel mondo della musica, della radio, della televisione e perfino del cinema.

Ora, questo Lodola, vorrebbe che facessi danni anche occupandomi di arti figurative e, in particolare, di “scultura”.

Le mie conoscenze a proposito erano finora circoscritte al Mosè di Michelangelo; al Perseo di Benvenuto Cellini (incontrato a Firenze durante una gita scolastica dalla natia Foggia) e a Marco Aurelio a cavallo conservato in duplice copia, perché non si sa mai.

Come vedete ero afflitto da una desolante ignoranza. Dico “ero” perché, dopo aver visto le opere di questo Lodola me ne sono innamorato (delle opere, non di Lodola…) e ora sono diventato il suo massimo interprete e portavoce. Ho capito la grandezza di Lodola e del suo “lodolismo” (il lodolismo è l’essenza dell’Arte Lodoliana; un po’ come il magnete ed il magnetismo,  il pacifico ed il pacifismo…eccetera) partendo da un concetto basilare e fondamentale nella pittura, nella scultura e nelle arti figurative in genere: “Anche l’occhio vuole la sua parte”.

Lo so, può sembrare banale, ma appunto perciò valorizza la complessità, la raffinatezza, l’etica, l’estetica e perfino l’aritmetica delle sculture del Grande Pavese. Lodola con le sue sculture meravigliose “cala il secchio dei ricordi con la fune della cultura nel pozzo della fantasia”. Qualche volta si sporge di più. Qualche volta di meno ma nel pozzo non ci cade mai. Ma come fa a non prosciugarlo lui che vi attinge così tanto copiosamente?

È il vero mistero di Lodola e del Lodolismo.

Diavolo d’un uomo, dove la trovi tutta quella fantasia?

  

   LUCA BEATRICE

L’onomanzia è quella pratica divinatoria basata sull’interpretazione etimologica, simbolica e numerica del nome di una persona. Se tra nome e cognome una lettera compare più di tre volte, sarà questa la dominante per conoscere personalità, destino e temperamento dell’individuo. Molte volte quindi la scelta del nome, abbinata al cognome, viene intesa sia per individuare presagi sia per augurare buoni auspici. Una visione del mondo di questo tipo non prevede la casualità.

Ogni cosa corrisponde a un disegno, a un’architettura forse predeterminata ma che lascia poco margine all’improvvisazione. Se gli incontri rispondono a un destino in parte scritto, non vanno considerati incidenti di percorso quelle circostanze imprevedibili che riescono a mettere in contatto persone di ambito diverso, destinate a trovarsi a partire dalle proprie affinità elettive: chiamarsi allo stesso modo, essere nati lo stesso giorno, condividere una medesima fede.

Non può dunque essere un caso che Marco Lodola e Marco Lodoli abbiano collaborato per diversi anni. O meglio, l’artista pavese ha illustrato, tra il 1990 e il 1995, diversi libri dello scrittore romano: I fannulloni, Crampi, Grande circo invalido, I fiori, Fuori dal cinema, Cani e lupi e le due raccolte I pretendenti e I principianti uscite più avanti. I critici potrebbero sostenere la vicinanza generazionale (Lodola è del 1955, Lodoli del 1956), la leggerezza dello stile, la sobrietà del tocco, l’ironia, lo stare in bilico tra realismo e immaginazione, la ricerca del colore che passa in entrambi i linguaggi, la scrittura e l’arte visiva. Ma non possiamo ignorare che la vera ragione dell’incontro sta nel perfetto equilibrio tra tutte queste affinità e la sola differenza di una vocale, la a al posto della i e viceversa.

Una (quasi) perfetta identità onomastica determina dunque un destino comune, un passaggio condiviso. Senza saperne molto di questa storia, quando vivevo a Roma, nei primi anni ’90, giocavo a calcetto dalle parti di Tor di Quinto: un gruppo di amici che si sfidava abitualmente il lunedì, tra i quali l’onnipresente Marco Lodoli. Avendogli detto qualcuno che io aspiravo a fare il critico d’arte, mi aveva appunto chiesto se conoscessi il suo pressoché omonimo Marco Lodola. Ma all’epoca non lo avevo mai incontrato. Solo di recente e per caso, durante una cena, Lodola e io abbiamo scoperto di essere “gemelli astrali”. Ovvero persone nate lo stesso giorno e lo stesso mese, le quali sono accomunate da diverse somiglianze negli eventi della vita. Siamo entrambi del 4 aprile (1955 Marco, 1961 io): ecco perché abbiamo scelto di inaugurare il 4 aprile 2008 (4 + 4 = 8) questa mostra all’insegna della non-casualità.

Ermete Trismegisto, padre della filosofia ermetica, disse: “Ciò che è in basso, è uguale a ciò che è in alto; e ciò che è in alto, è uguale a ciò che è in basso, per compiere le opere meravigliose dell’unica cosa.”. Il 4 aprile è il 94mo giorno del Calendario Gregoriano (95mo negli anni bisesistili). Sono capitate cose diverse, nella data dei nostri compleanni. Cinque singoli dei Beatles nei primi cinque posti delle classifiche americane (1964); l’uccisione di Martin Luther King e il lancio dell’Apollo 6 (1968); il primo trapianto di cuore artificiale temporaneo da parte del medico Denton Cooley (1969); l’inaugurazione del World Trade Center (1973); la prima puntata di Atlas Ufo Robot trasmessa in Italia su Rai 2 (1978); l’esecuzione della condanna a morte del presidente pakistano Ali Bhutto. Non so se Lodola o io (o entrambi) passeremo alla storia, ma certo è che in quanto a compleanni siamo davvero in buona compagnia. Il pittore francese Pierre Paul Prud’hon (1758), lo scrittore maledetto Isidore Lucien Ducasse conte di Lautréamont (1846); il pittore fauve Maurice de Vlaminck (1876); la regista e scrittrice Marguerite Duras (1914); l’ala destra del Bologna e della Nazionale Amedeo Biavati (1915); il regista Eric Rohmer (1920); il compositore Elmer Bernstein (1922); il regista Andrej Tarkowskij (1932); il bandito sardo Graziano Mesina; il politico tedesco Daniel Cohn-Bendit (145); il cantautore Francesco De Gregori (1951); la cantante Fiorella Mannoia (1954); il regista Aki Kaurismaki (1957); la conduttrice tv, ex presidente della Camera dei Deputati, Irene Pivetti (1962); l’attore Robert Downey Jr. (1965); il campione di motociclismo Loris Capirossi (1973); il centrocampista brasiliano Emerson (1976). E anche in quanto ai morti non scherziamo: due papi, Formoso (896) e Niccolò IV (1292), il principe sabaudo Vittorio Amedeo I (1741), il noto ingegnere tedesco Carl Benz (1929) e l’inventore dei pneumatici André Michelin (1931), artisti come Libero Andreotti (1933) ed Herbert List (1975), gente di cinema e di teatro come Carmine Gallone (1973), Gloria Swanson (1983), Paola Borboni (1995); l’ultima rockstar dell’era contemporanea, Kurt Cobain, scomparso il 4 aprile 1994.

Il destino dunque può essere scritto nel nome, nella data di nascita o più precisamente nella fede. Non quella mutevole della politica, né quella troppo personale della religione, ma l’unica autentica fede condivisa e irreversibile legata al tifo per la propria squadra di calcio, che non ammette cedimenti né eccezioni.

Sono juventino, lo sanno tutti, oltre ogni limite, al punto di condizionare da tempo l’intero svolgimento della mia vita a seconda di dove e quando gioca la Juve. Diversi anni fa ho scritto Gobbo dalla nascita, confessione in forma di saggio su questa devastante mania. Più o meno nello stesso periodo l’”insospettabile” Marco Lodola affidava il testo per il catalogo di una sua mostra non a un critico o a uno storico ma all’allora centrale difensivo bianconero Mark Iuliano. Se non è amore questo… Non mi perdo una partita della Juve allo stadio ammenoché impedito da cataclismi naturali di vasta portata. Lodola invece è troppo emotivo, patisce oltre misura la tensione del campo, per cui si chiude in casa e guarda la tv a volume spento, come un automa, un alienato (vi risparmio l’ironia della moglie Laura e dei suoi amici).

Ho curato tante mostre nella mia “carriera” di critico, molte con estremo piacere. Soltanto una posso dire di averla inseguita ossessivamente. La celebrazione dei 110 anni di storia juventina attraverso l’arte, lo scorso ottobre al Palazzo Bricherasio di Torino. Logico affidare a Marco Lodola la decorazione esterna della facciata, la realizzazione del logo e dell’opera simbolo che ha accompagnato l’evento in quegli indimenticabili quaranta giorni. Tutto torna, ogni cosa si compie. Come festeggiare il nostro compleanno (quanti sono non conta) nella casa di tre nuovi amici gobbi: Aldo Marchi e i suoi figli Lorenzo e Leonardo.

   ACHILLE BONITO OLIVA

Caro Lodola,

la figura serve a marcare una soglia, il solco naturale che separa l’apparizione dell’arte da altre apparizioni. La qualità specifica, la sua connotazione, risiede nel suo essere esplicitamente apparenza. Un’apparenza che indossa continuamente diverse figure, particolari travestimenti, che inducono lo sguardo a rimanere sbarrato attraverso un lampo silenzioso.

La sua forza risiede nel suo presentarsi senza sforzo, nello sfarzo di un abbigliamento che non denuncia mai difficoltà semmai un naturale abbandono.

“L’arte è un aspetto di ricerca della grazia da parte dell’uomo: la sua estasi a volte, quando in parte riesce; la sua rabbia e agonia, quando a volte fallisce” (G.Bateson, Stile, Grazie informazione).

L’estasi prende innanzitutto l’artista, quello stato particolare e necessario affinché egli possa portare il travestimento dell’immagine nella condizione della epifania.
Allora anche l’occhio esterno, quello contemplatore, è attraverso da uno stato estatico che lo mette nella possibilità di una nuova informazione sul mondo.

La figura è portatrice dunque da una parte di uno scompenso tra la propria immagine e quelle esterne a essa, dall’altra produce successivamente, dopo l’esibizione della propria differenza, uno stato di integrazione attraverso l’estasi che modifica la relazione dell’uomo con la realtà.

L’arte possiede una sua interna natura correttiva cha la porta a correggere il gesto prorompente della sua apparizione iniziale e a stabilire un rapporto socializzante nel momento della contemplazione, in forme non retoriche.

La figura è il tramite di questa correzione di rotta, il sintomo di una particolare inclinazione, quella di operare tra bisogno della catastrofe e la “saggezza sistemica”, tra la produzione di una rottura e la spinta a destinarla al corpo sociale. Esiste una inerzia iniziale contro cui l’arte si arma, una “serenità” della comunicazione che essa tende ad alterare mediante l’introduzione di uno stato di “turbolenza”. La figura è lo strumento di allargamento tra le sue strozzature, tra le due polarità che ostruiscono il rapporto di comunicazione, il mezzo iconografi cono che conferma pace e bellezza.

La turbolenza è data dalla epifania dell’immagine che rompe le aspettative e introduce, mediante l’irruzione di un linguaggio piegato a esigenze pi particolare espressività; un elemento allarmante.

La figura dunque è il perturbante, ciò che determina il segnale di un allarme che attraversa tutto il linguaggio e l’immaginario sociale.

Nello stesso tempo il desiderio di profonda relazione con il mondo prende il sopravvento nell’arte, sostenuta da una saggezza sistemica che tende a spingerla verso una correzione della rottura iniziale, a riparare alla radicale solitaria violenza dell’immaginario individuale.

La figura serve a produrre un cuneo, un varco, tra la serenità della comunicazione sociale e la turbolenza del gesto artistico, in maniera da favorire un’apparizione che trovi ammirazione e non incomprensione o paura. Il travestimento che la figura assume può passare attraverso varie maschere, che alcune volte incutono anche terrore.

Ma il fine è sempre quello di introdurre un’attesa, una sospensione di difese del gusto, che permettano poi la grande entrata nel mondo, sotto occhi attenti e ammirati, pronti a cogliere la differenza.

L’arte non sopporta l’indifferenza, la distrazione di uno sguardo che si pone in una condizione inerte. Perciò la figura introduce sempre la bellezza che, come dice Leon Battista Alberti, è una forma di difesa. Difesa dall’inerzia del quotidiano e dalla possibilità di scacco da parte di sguardi indifferenti che non restano abbagliati alla sua apparizione abbacinante.

La sorpresa, la proverbiale eccentrità dell’arte, sono i movimenti tattici di una strategia rivolta a consolidare la differenza dell’immagine artistica dalle altre immagini.

Marco Lodola

“Io domando all’arte di farmi sfuggire dalla società degli uomini per introdurmi in un’altra” (C.Levi Strauss). Questo non è un desiderio di evasione, non è un tentativo si sfuggire la realtà, bensì il tentativo di introdursi in un altro spazio, di allargare un varco che normalmente  sembra precluso.

L’arte corregge la vista corta e introduce una guardata non più frontale, ma lunga e differenziata, la guardata curva. Così può aggirare l’invalicabile frontalità delle cose e anche prenderle alle spalle.

L’artista dunque opera per aprire tali varchi, per spostare la vista verso un incurvamento del significato anche possibilità di affondo, oltre che di aggiramento

L’arte è la pratica di questo movimento mediante il deterrente di molte figure, che costituiscono l’arsenale tattico cui l’artista esercita il suo rapporto col mondo. Un rapporto certamente mosso da pulsioni ambivalenti, da desideri che lo portano verso uno stato d’animo, all’incrocio di oscillazioni sentimentali ed emotive che ne costituiscono l’identità e la probabilità esistenziale.

“Sei tu fra quelli che guardano o quelli che mettono le mani in pasta?” (Nietzsche).

A questa domanda, tu Lodola, come rispondi?

Affettuosamente

A.B.O.

ALDO BUSI

Possiedo da  anni due profilati di plastica di Lodola e non so mai come metterli – talvolta da dove guardarli.

Mi ricordano il lavori di compensato che un mio maestro elementare faceva col traforo e che, minuziosamente dipinti ad olio, venivano dati agli scolaretti, vuoi più bravi, vuoi più buoni, sicchè, alla fine ce n’era uno per tutti, anche per il più deficiente e per il più cattivo.

Rappresentavano pesciolini tropicali, nani, famose regine di fiabe, casette con cagnolino, addirittura alghe e coralli, un vero spettacolo per gli occhi, un traguardo ambitissimo da tutti.

A differenza dei lavori di Lodola, quelli del mio maestro, avendo tutti una base, stavano in piedi e non bisognava appoggiarli da nessuna parte, la necessità di dare a loro un equilibrio nello spazio non ti inquietava più di tanto e non così a lungo; sulla copertina di un quaderno, poi, ce ne potevano stare una mezza dozzina.

Le ballerina a grandezza quasi naturale di Lodola, tanto per dirne una volta appoggiate a una parete, non si sa mai da quale parte cadranno e ti abitui presto a non affrontarle con una tua prospettiva in testa, poiché esse ne hanno una propria, spesso impensabile, davvero capricciosa, diciamo pure ostinata, sfacciata, femminile: artistica.

Dopo pochi giorni, ecco che con un colpo d’occhio prendono a reclamare di essere spostate da dove le hai messe, dal salone passano alla cucina, dalla cucina al bagno, tenti anche di impiccarle con un chiodo, ma ce ne vorrebbero almeno tre per calibrarle in una posa umanamente verosimile.

Pianti infine i tre chiodi ma, oplà, ecco che l’anca ne divelle uno e la testa le va a finire sotto il tutù, la lasci lì per punizione una settimana, sperando che con tutta quella plastica alla testa assuma il suo eterno nonché specializzatissimo passo di danza. Ma un giorno rientri e vedi che si è tutta protesa verso destra e vacilla sull’unico chiodo rimasto attaccato, pronta a pretendere un altro trasloco, allacciata a te, non disposta a separarsi da te, vogliosa del più segreto teatrino del tuo vuoto in movimento … Follie così.

E di questi tempi, qualcosa che sta in piedi da solo non è roba da poco, anzi, è un fatto di per sé luminoso. Ma certo, conviverci deve essere del tutto diverso che girarci attorno, che fai, la lasci accesa sempre, la accendi solo quando hai ospiti, le fai fare le veci della plafoniera? E se si guasta, chiami il restauratore, il fabbro, l’elettricista? Lodola stesso? Corto circuito.

   GIUSEPPE MARRONE

Entrare in un artista, in quello che esprime, è un impegno del campo visivo, anche, un importante traguardo dei processi simbolici di interpretazione che digeriscono e alimentano insieme il caso della fruizione dell’opera, ma soprattutto un incontro e una relazione.

In Marco Lodola l’incontro, il punto zero della relazione, quella tra fruitore, il soggetto che esperisce, e il soggetto produttore è un’emanazione di luce.

Marco Lodola, artista della luce, anzi delle luci, dei colori che prendono forme e materia dal sapore Pop esprime il concetto cromatico proprio nel suo immediato essere luce. Il colore qui non è un fatto secondario, ma la contrazione spaziale di una parte di mondo che si fa esperienza della luce. Questo è il punto zero o di partenza della capacità di attirare l’occhio da parte dell’opera lodoliana che si genera nella relazione creatasi proprio come perturbazione oculare che esprime un colore.

La luce è il colore, l’illuminazione cerebrale e artistica, che compie la funzione di reggere l’opera d’arte, di nutrirla e solidificarla nella superficie. La luce sta al colore come il colore sta alla materia senza che questo rapporto ceda a stereotipi o al già visto.

L’originalità di Lodola lo porta a raccogliere in un’unica frequenza variazioni che dalla Pop Art  al Nuovo Futurismo creano vibrazioni forti. Difatti, nella raccolta, che non significa copia o citazione integrale, ma produzione del nuovo a partire da cifre e intendimenti artistici presenti nell’arte sta la sua forza.

Il Futurismo così preso e masticato dai colori ai soggetti viene lanciato vertiginosamente in un movimento dei soggetti che sono Pop per scelta, per amore, vintage per stile, per riflessione meta-artisticamente piazzata sul valore dell’arte per sé e per mercato dove Pop è il recupero ricco di oggetti quotidiani ironicamente ascesi a esperienze del bello. Insomma, una luce in movimento che spinge nelle vespe o sulle auto questi soggetti senza tempo, nella loro nostalgica presenza, a frangersi poi in un concerto di suoni perché questa arte è passione musicale, è, per dirla con Renzo Arbore, il lodolismo la nota che sposa la musica. Lodola è musica, quindi, ma, come detto diffusamente, materia del colore sociale dal gusto pop di ciò che disegna la società di oggi come di ieri; è distrazione da questa necessità pop dell’oggetto attraverso il movimento che in ultimo chiama a sé potente le note su cui i disegni luminosi proiettano danze.

 

VITTORIO SGARBI

Se dovessi indicare la prima cosa positiva pensando a Marco Lodola, direi che non si tratta di un artista “nuovo”, o almeno totalmente nuovo. Non ritengo affatto che il nuovo sia un valore positivo in arte. Lo è sicuramente per il mercato, il vero, grande dominatore dell’arte contemporanea, secondo una legge del marketing moderno che è valida per i dipinti come per le automobili: bisogna offrire prodotti sempre rinnovati per stimolare le vendite, promuoverli come tali, creare bisogni indotti negli acquirenti. Quando i mercati e i loro fedeli alleati (i critici, i collezionisti) hanno scoperto, intorno alla metà del secolo scorso, che l’Avanguardia si accorda perfettamente al principio della merce nuova, l’arte è diventata moda.

Una metamorfosi che ha quasi  capovolto il senso stesso dell’arte così come era stato inteso fino all’Ottocento, quando si creava non per fare qualcosa di nuovo, ma di eterno.

Assurdamente, il culto del nuovo artistica ha finito per trasformare il passato quasi in un nemico da combattere; solo di recente, quando ci si è accorti che anche il passato poteva essere a vantaggio di un nuovo sempre più richiesto, è tornato a essere preso in considerazione. Ci troviamo così a guardare tanta arte contemporanea degli anni precedenti.

Con Lodola, certi pericoli dovrebbero essere scongiurati, proprio per il suo essere “non nuovo”. Dietro le sue sagome di plexiglass, dietro le sue luci al neon, dietro le sue campiture cromatiche, c’è una precisa storia dell’arte che è stata conosciuta, meditata criticamente, rielaborata: il Futurismo, il colorismo ritmico di Delaunay, la Pop Art, per dire solo di ciò che sembrerebbe più evidente. Un certo modo di ridurre la figura a sagoma, contorno, minimo denominatore grafico, era stato tipico del modo con cui la pop art ha sviluppato gli spunti provenienti dalla figurazione pubblicitaria ( si pensi, più ancora che a Warhol e a Lichtestein, ad Allen Jones, Tom Wesselman, James Rosenquist).

Il neon aveva avuto Dan Flavin e il concettualismo di Mario Merz, il suo impiego artistico più rilevante.

Ma in fondo, a ben vedere, anche Lodola possiede una sua cifra non certo concettuale, ma almeno minimalista, un minimalismo della figura che è comunque esente dagli intellettualismi o dagli slanci mistici di Flavin e compagni. In quanto al colore, alla sua organizzazione in stesure distinte, planari ed uniformi, vivacissime, il riferimento immediato è al Futurismo non tanto dei maestri fondatori, quanto di chi con il linguaggio dei maestri è diventato il grande compositore nei mobili, nei tessuti, in tutto ciò che poteva essere decorazione: Fortunato Depero; un aggancio, quello con Depero, capace di associare Lodola a un altro artista contemporaneo, che ha avvertito analoghi stimoli, Ugo Nespolo, anche se, in seguito, con un percorso formale piuttosto diverso dal suo.

Lodola “non nuovo”, quindi, perché saggio rispetto al passato, sul solco di esperienze storiche che, seppure ancora attuali, sono già patrimonio artistico, tradizione.

Ma va anche ammesso che il suo modo di essere “non nuovo” possiede un’ originalità indubbia, al punto da non poterlo definire né un neo-futurista, come avrebbe voluto da giovane, né un “post-pop”, né con qualunque altra definizione che lo identifichi come un continuatore di qualcosa che era stata inventata prima di lui. Lodola è soprattutto Lodola, prima di ogni altra considerazione.

Così è stato sentito, così è stato subito apprezzato, così il suo essere “non nuovo” è finito per diventare una novità rispetto al nuovo non veo, il nuovo per il nuovo che piace tanto ai mercati, a certi critici e a loro soltanto. Non a caso gli esordi di Lodola sono avvenuti sulla scia delle esperienze come i “Nuovi Nuovi” di Renato Barilli, che così nuovi in fondo non erano. Come in molta dell’arte dei “Nuovi Nuovi”, Lodola ha recuperato il piacere di un’arte che non stabilisce più differenze con l’applicazione (la maggior parte delle sue opere sono potenziali oggetti d’arredamento), perché l’arte – come pensavano Depero, Delaunay, Léger – serve a decorare e reinventare il mondo dell’uomo, a entrare concretamente nel suo quotidiano.

Lodola ha recuperato, o forse trovato per proprio conto il piacere di un citazionismo quasi involontario, non ostentato, senza nessun interesse ad apparire colto e superbo, in questo cosi diverso dal post-moderno alla Mendini al quale pure potrebbe assomigliare. Lodola pensa solo a far vedere, a illustrare, é quello il suo compito, sia che collabori con gli scrittori o con le grandi industrie, con i musicisti pop o con i pubblicitari. E quello che ci fa vedere più di frequente sono i miti dell’inconscio collettivo nell’era mass­mediatica, la musica, il cinema, senza idealizzarli, ma anzi trattandoli in modo divertito e divertente, basta che il tutto si dia sempre come un gioco. Alla fine quello che conta é il piacere dell’effetto, l’immediatezza della comunicazione, il gusto di un’immagine, di uno stile, di un oggetto subito riconoscibili nelle loro componenti fondamentali, come una sigla, un’icona, un “logo”, senza altre inutili complicazioni. Sigle, icone, loghi che giungono ad abitare nell’inconscio e a convivere con quegli stessi miti dai quali provenivano, confondendosi con essi in un continuo meccanismo di specchi riflettenti. Galleggiare, stare in superficie senza essere superficiali, ecco il grande azzardo dell’arte di Lodola; perchè il piacere è qualcosa di rapido e di evanescente, esiste solo se non si va a scavare nelle nostre complicazioni, nelle nostre intricate psicologie, nelle nostre eterne insoddisfazioni. È questa anche la “popolarità” di Lodola, vocazione anti-intellettualistica a rivolgersi allo stesso pubblico a cui si rivolge il cinema, la televisione, la pubblicità, la musica delle rockstar, ad adeguare i tempi e i modi dell’arte a quelli della vita contemporanea. Le opere di Lodola si potrebbero vedere muovendosi in un’automobile lungo un tratto urbano, fuori dai finestrini, oppure lungo il percorso di una metropolitana: c’è da stare certi che qualcosa di loro rimarrebbe certamente nei nostri occhi e nella nostra mente. Di quanti altri artisti si potrebbe dire altrettanto?

 

   GIANFRANCO TERZO

Il fascino di un sogno, solitamente, è dato non solo dalla leggiadria delle situazioni che il mondo onirico ci offre in un lasso temporale di totale incoscienza ma, altresì, dalla vivacità dei colori e dallo splendore della luce.

Ebbene, l’opera del Maestro Lodola non può che essere paragonata ad uno sfavillante sogno laddove luce e colore ci accompagnano in un mondo fatto di sensazioni ed emozioni che soltanto un tocco magico come il suo può calibrare e trasferire.

L’opera lodoliana apre la strada ad un diverso modo di intendere l’arte e, pertanto, ad un diverso modo di interpretare la capacità creativa di un uomo e trasferirla in contesti quotidiani nei quali tutto sarebbe banale ed, invece, la sapiente cifra stilistica del Maestro rende ineguagliabile ed indescrivibile.

E’ un modo molto personale di intendere la vita quotidiana e, pertanto, conferire a due giovani in vespa, abbracciati e traboccanti d’amore, una patente di emozionalità e di sentimento che, senza la cifra stilistica lodoliana, sarebbero assenti. Un giro in vespa che ci conduce in un altopiano dove il medesimo messaggio di amore si propaga in una vallata squarciata da un treno colmo di vite umane e di vissuti diversi e profondamente alterni come il contrasto tra due giovani un po’ agée e quel treno ultramoderno e veloce, come il contrasto tra una coppia ferma nel tempo e nello spazio e affamata solo di amore ed un treno che fugge veloce portando via con sé l’intero bagaglio di brutture e di ostacoli a quell’amore.

Il filo conduttore di molte delle opere del Maestro sono i mezzi di locomozione come la vespa, il treno, l’automobile d’epoca adornata da due ragazze discinte e scoperte, senza i tratti del volto ben delineati, quasi a voler indicare la possibilità che ognuna di quelle donne potesse rappresentare la ragazza della porta accanto, la collega di ufficio, la commessa del negozio di animali ovvero l’oggetto del nostro desiderio e dei nostri sentimenti; come se quelle ragazze potessero essere tutto quello che ognuno di noi anela e desidera.

Immagini ancorate senza gancio temporale poiché è vero che il tempo passa ma è inevitabile che siffatta bellezza lasci inalterato il senso dell’immemorabile come quella macchina d’epoca che, dopo decenni, resta oggetto di desiderio. 

Sembrerà strano ma, per giungere a quegli amori testè descritti, in situazioni di grande affettività, vi sono anche rappresentazioni nelle quali quelle medesime donne sono sole a cavalcioni di una medesima vespa; corrono verso un futuro di grande vivacità e calore che traspare inconfondibile proprio dalle stesse luci e dagli stessi colori.

Una donna che corre in vespa verso un uomo che suona una tromba ovvero verso l’amato che strimpella un violoncello. Non è facile comprendere quale sensazione provi quell’uomo indefinito nell’esercizio sapiente dell’arte musicale ma questo lo sceglie lo spettatore che lo vedrà triste se protagonista di un amore finito o lo leggerà appassionato se attore di una fantastica storia d’amore.

Innanzi a quell’uomo musicista, due amanti stretti in un passo di tango, fonte di sensualità ed erotismo, passione e contatto, traboccanti dalle immagini nitide e terse.

E’ da tutto questo che traspare come l’opera del Maestro Lodola sia viva. Viva perché rappresenta la vita quotidiana di ogni giorno, di ognuno di noi nessuno escluso e viva perché fonte di vitalità ed energia, quasi un esercizio di dinamismo che solo la magia stilistica e artistica di un grande Maestro può far trasparire da allestimenti che, nella concezione di un uomo mediocre e banale, possono essere interpretati come statici su di una parete che anonima non è più poiché con quelle luci e quei colori si illumina di immenso.

 

Biografia:

Marco Lodola è nato a Dorno (Pavia).

Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze e di Milano, e conclude gli studi discutendo una tesi sui Fauves, che con Matisse saranno un punto di riferimento per il suo lavoro, come anche Fortunato Depero ed il Beato Angelico.

Agli inizi degli anni ’80 intorno alla Galleria di Luciano Inga Pin, a Milano, ha fondato con un gruppo di artisti il movimento del Nuovo Futurismo, di cui il critico Renato Barilli è stato il principale teorico.

Dal 1983 ha esposto in grandi città italiane ed europee quali Roma, Milano, Firenze, Bologna, Lione, Vienna, Madrid, Barcellona, Parigi e Amsterdam.

Ha partecipato ad esposizioni e a progetti per importanti industrie quali Swatch, Coca Cola, Vini Ferrari, Titan, Grafoplast, Harley Davidson, Ducati, Riva, Illy (collana di tazzine d’autore), Francis – Francis, Dash, Carlsberg, Nonino, Valentino, Coveri, Fabbri, I Mirabili, Shenker, Seat, Lauretana, Smemoranda, Gierre Milano e Calze Gallo.

Nel 1994 è stato invitato ad esporre dal governo della Repubblica Popolare Cinese nei locali degli ex archivi della città imperiale di Pechino.

Nel 1996 ha iniziato a lavorare negli Stati Uniti a Boca Raton, Miami e a New York.

Ha partecipato alla XII Quadriennale di Roma e alla VI Biennale della Scultura di Montecarlo.

Diverse le sue collaborazioni con scrittori contemporanei tra cui Aldo Busi, Claudio Apone, Marco Lodoli, Giuseppe Pulina, Tiziano Scarpa e Giuseppe Cederna, e con musicisti: gli 883 di Max Pezzali, Timoria, Jovanotti, Andy (Bluvertigo), Syria, Nick the Nightfly,Steve Vai e RON.

Nell’estate del ’98, su incarico della Saatchi & Saatchi, ha eseguito i disegni per le affiches di Piazza del Popolo a Roma, per l’Opera Lirica Tosca di Puccini.

Nel 2000 Lodola, da sempre legato al tema della danza, è stato incaricato dal Teatro Massimo di Palermo di realizzare Gli avidi lumi, quattro totem luminosi alti sei metri, raffiguranti episodi significativi delle nove opere in cartellone. Per l’occasione è stato realizzato un video-documentario di Sergio Pappalettera.

Le sculture rimarranno collocate nelle maggiori piazze cittadine, come è già avvenuto a Montecarlo, Riccione, Faenza, Bologna, Paestum e al Castello Visconteo di Pavia, San Paolo di Brasile e alla Versiliana.

È stato autore delle opere assegnate ai vincitori dell’edizione 2001 del Premio Letterario Nonino.

Nel 2001 è stato incaricato di curare l’immagine del Carnevale di Venezia. Per l’occasione la Fondazione Bevilacqua La Masa ha organizzato la mostra ”Futurismi a Venezia” con opere sue e di Fortunato Depero.

Nel giugno 2002 ha creato la scultura luminosa A tutta birra dedicata alla figura del grande imprenditore Venceslao Menazzi Moretti, che è stata collocata nel nuovo parco cittadino di Udine, là dove sorgeva il primo stabilimento della famosa birra.

Nel 2003 realizza la luminosa Venerea nell’ambito della mostra Venere svelata di Umberto Eco tenutasi al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles, per cui ha curato anche l’istallazione della facciata esterna e la mostra Controluce a Palazzo del Turismo di Riccione che nel 2004 è stata trasferita a San Paolo del Brasile (Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam), Rio de Janeiro (Museo de Arte Moderna), Città del Messico (Polyforum Siqueiros), e al Museo Regional de Guadalajara.

Nel 2005 ha realizzato un manifesto per le Olimpiadi invernali di Torino, una collezione di mobili per Mirabili, la maglia rosa per l’88° Giro d’Italia, il logo per la trasmissione “Speciale per voi…” di Renzo Arbore, nonché la nuova immagine di Roxy bar per Red Ronnie.

Nel 2006 è stata collocata un’altra scultura luminosa all’aeroporto internazionale di Città del Messico, e per Natale una scultura in Piazza di Spagna (Roma). Ha realizzato anche l’immagine del centenario del movimento pacifista di Gandhi.

Nel 2007 realizza il logo per i 50 anni dell’ARCI, l’immagine del 70° Maggio Fiorentino, il logo per i Miti della Musica per la Volkswagen , l’immagine per i 100 anni di Fiat Avio,  e i 110 anni della fondazione della Juventus, e il marchio Air One. Inoltre realizza la scenografia per la trasmissione televisiva “Modeland”.

Nel 2008 allestisce la facciata dell’ Ariston e del Casinò in occasione del 58° Festival di San Remo e le scenografie del film “Questa notte è ancora nostra” con Nicolas Vaporidis. In occasione dei Campionati Europei di canoa a Milano ha realizzato una canoa luminosa e per la Stav “Festivalbus”, un autobus di linea decorato con alcuni lavori. In ottobre ha realizzato un’installazione luminosa sulla facciata di Palazzo Penna a Perugia, in occasione della mostra “Infinita città”, curata da Luca Beatrice e ha allestito a Milano in Piazza del Duomo il Rock’n’Music Planet, primo museo del rock d’Europa, con 25 sculture che rappresentano miti musicali.
Alcuni lavori sono stati utilizzati nella scenografia del film “Backward” di Max Leonida. Ha partecipato alla 53esima edizione della Biennale di Venezia del 2009 con l’installazione “Balletto Plastico”, dedicata al Teatro Futurista. Ha realizzato la scultura luminosa FIAT LUX per il Mirafiori MotorVillage di Torino. Ha allestito la scenografia per delle puntate di XFACTOR, per il film “Ti presento un amico” di Carlo Vanzina, con Raul Bova e “Maschi contro Femmine” di Fausto Brizzi. Ha rivisitato il logo per il traforo del Montebianco. Ha disegnato l’immagine del manifesto di Umbria Jazz 2010, ha partecipato all’Expo Internazionale di Shangai ed ha realizzato una scultura-icona per il gruppo Hotel Hilton. Nel 2011 collabora con Citroen per in un’installazione nel centro di Milano dal nome “Citroen Full Electric”, realizza una serie di sculture per i 25 anni della casa di moda Giuliano Fujiwara e le scenografie per la sfilata autunno inverno 2012 uomo di Vivienne Westwood. Ha realizzato per la Dash in collaborazione con Unicef l’opera “Madre Natura” per la campagna antitetano. Ha partecipato alla 54esima Biennale di Venezia con il progetto a cura di Vittorio Sgarbi  “Cà Lodola”, installazione presso la Galleria G. Franchetti alla Cà d’Oro.

Nel 2012 ha esposto a Palazzo Medici Riccardi di Firenze una mostra dedicata al Rinascimento italiano a cura di Luca Beatrice. Con il Gruppo Nuovo Futurismo ha esposto a Rovereto a Casa Depero e a Milano allo Spazio Oberdan.

Ha collaborato con Sanrio-Hello Kitty per un progetto di beneficenza a favore di Emergency.

Alcuni lavori sono nella scenografia del programma Metropolis per il canale Comedy Central e The Apprentice con Flavio Briatore.

Ha esposto a Ginevra per la Bel Air Fine Art Gallery.

Ha realizzato le scenografie teatrali dello spettacolo ‘Chiedo Scusa al Signor Gaber’ di Enzo Iacchetti.

Nel settembre 2013 presso Museo del Parco – Centro Internazionale di Scultura all’Aperto di Portofino è stata inaugurata la scultura Red Dragon.

Nell’ottobre 2013 ha collocato per Class Horses la scultura luminosa Pegaso. Ha realizzato la scultura Excalibur per l’edizione 2013-2014 di X-Factor.

All’inizio del 2014 ha collaborato con Gianluca Grignani e RON per le copertine dei loro dischi.

In aprile 2014 ha esposto a Mosca per Harmont&Blaine con madrina d’eccezione Sofia Loren.

Nel maggio del 2014 ha esposto al MAM di Cosenza in collaborazione con la galleria Avangart. A giugno 2014 ha inaugurato una personale nel Museo di Evita Peròn a Buenos Aires e al Museo du Football di San Paulo in occasione dei Mondiali di Calcio in Brasile.

Nell’autunno 2014 ha realizzato l’illuminazione ‘Ponticino’ sul Ponte dell’Impero di Pavia.

Nel 2015 ha collocato in Piazza del Duomo a Milano per Mondadori la scultura “Eden”. E’ inoltre presente all’EXPO ITALIA all’interno della mostra “Tesori d’Italia” curata da Vittorio Sgarbi ed allo Spazio Gentile a Giovinazzo con la Galleria Avangart. Ha illuminato il borgo di Castelnuovo Val di Cecina ed allestito il palco della tournée degli Stadio. Ha realizzato la scenografia per l’undicesima edizione del Teatro del Silenzio di Andrea Bocelli e per il film “Lasciati Andare” di Toni Servillo. Allestisce a Fortezza Santa Barbara di Pistoia il palco per il concerto di Danilo Rea e Gino Paoli.




18 Rassegna Editoria Abruzzese 1-5 Dicembre – Circolo Aternino Pescara

18 Rassegna Editoria Abruzzese

1-5 Dicembre – Circolo Aternino Pescara

Si terrà dall’uno al cinque dicembre la 18 Rassegna Editoria Abruzzese al Circolo Aternino di Pescara, organizzata dall’Associazione Editori Abruzzesi e patrocinata dalla Fondazione Pescarabruzzo e dall’assessorato alla cultura di Pescara.  Saranno numerosi e di pregio gli eventi che si terranno nel corso dei cinque giorni, a partire dal convegno Editoria 2.0 “sviluppo, sostegno, futuro”, organizzato per venerdì  1 dicembre alle ore 17:30. Tra i relatori Filippo Lucci Presidente nazionale Corecom, Stefano Pallotta Presidente dell’ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Luigi Di Fonzo responsabile web del quotidiano Il Centro, Natale Antonio Rossi Presidente della Fuis. Tantissime le presentazioni letterarie con l’intervento di oltre trenta autori, una vasta esposizione di libri degli editori associati,  il “Corner Permanente CAOS Studio” con la presenza fissa con autori, disegnatori e sceneggiatori. Tra le novità di questa edizione,

ELENA COSTA

la rassegna “Michelangelo Antonioni: l’impronta di un genio del cinema” che prevede una mostra fotografica di scatti inediti del grande regista ed una serata dedicata alla critica cinematografica e alla relativa proiezione del film “Blow-up” a 50 anni dalla sua uscita. La Rassegna Editoria Abruzzese  nata nel 1989 per far conoscere gli Editori Abruzzesi, da quest’anno vedrà coinvolte anche le scuole ed ha lo scopo non solo di far conoscere l’editoria regionale ma di avvicinare i giovani alla lettura e all’arte.“Per la diciottesima edizione”, afferma il presidente Elena Costa “ho voluto puntare anche sui giovani. È importante avvicinarli alla poesia, alla lettura e all’arte. Il sabato e il lunedì mattina, incontreranno gli autori per un  momento di lettura e confronto, e parteciperanno ai  vari laboratori”. Sono diversi gli incontri per i laboratori: Scrittura creativa; Alla scoperta delle Nuvole Parlanti (introduttivo sul fumetto); Come leggere un’opera d’arte contemporanea,  a cura del critico d’arte Leo Strozzieri e l’artista Gabriella Capodiferro. Sabato alle ore 19, sarà un altro momento di alto valore culturale con il reading poetico “La Poesia e lo Stupore” e cabaret abruzzese per festeggiare i 30 anni dell’Associazione Editori. Con la partecipazione di Alexian Santino Spinelli, Nicoletta Di Gregorio, Daniela Quieti, Vito Moretti, Flora Amelia Suarez, Vittorina Castellano, Gabriele Di Camillo Ferri, Rolando D’Alonzo, Alberto Marino, Luigi Colagreco, Franco Pasquale, Giancarlo Giuliani, Luigi Di Fonzo, Maria Gabriella Ciaffarini, Associazione Teatranti d’Abruzzo. Domenica 3 dicembre la giornata sarà dedicata alla V Edizione del Premio dell’Editoria Abruzzese e Martedì 5 alle ore 9:00 si terrà il I Premio di Poesia AEA, istituito per poeti, anche emergenti, ed alunni. Ad arricchire i cinque giorni sarà anche la mostra collettiva di cinque artisti abruzzesi, Gabriella Capodiferro, Leo Strozzieri, Massimo Di Febo, Arcangelo Carbone, Ergilia Di Teodoro.  Tutti i giorni postazione fissa della web tv www.myrec.tv con il format “A tu per tu” e domenica la diretta radiofonica con “Stazione Letteraria”. Non mancheranno ospiti illustri del panorama culturale, ecclesiastico,  televisivo e di intrattenimento. La 18 Rassegna inaugurerà venerdì alle 16:00 con la presenza autorevole di Marco Alessandrini Sindaco di Pescara, Giovanni Di Iacovo Assessore alla Cultura di Pescara, Nicoletta Di Gregorio V. Presidente della Fondazione Pescarabruzzo, Don Marco Pagniello direttore Caritas Arcidiocesi Pescara-Penne e Valter Armellani Presidente Lions Club Montesilvano.

 

 




Pescara. Editoria Abruzzese: QUINTETTO D’ARTE AL CIRCOLO ATERNINO.

Nell’ambito della 18^ Rassegna dell’Editoria Abruzzese che si terrà dal 1 al 5 dicembre 2017 al Circolo Aternino di Pescara, splendido palazzo adiacente la Casa d’Annunzio, si terrà una mostra di cinque artisti abruzzesi dal titolo “Quintetto d’arte”. Si tratta di una iniziativa che la presidente degli editori abruzzesi Elena Costa ha voluto fortemente allo scopo di arricchire una manifestazione che già nelle passate edizioni ha riscosso un notevolissimo consenso da parte dei numerosi visitatori. Questi gli autori invitati: Gabriella Capodiferro, Arcangelo Carbone, Massimo Di Febo, Ergilia Di Teodoro (in arte Edit) e Leo Strozzieri. In pratica sono rappresentate tutte le linee di ricerca dell’arte contemporanea. Si va dalla pittura iconica di Massimo Di Febo il cui tema dominante è quello della donna intesa in chiave stilnovistica e quindi in modo diametralmente opposto a come oggi i mass media propongono la figura femminile soprattutto in campo pubblicitario, alla ricerca informale della teatina Gabriella Capodiferro che recentemente ha avuto significativi riconoscimenti critici in una mostra antologica alla Schola dei Tiraoro e Battioro di Venezia. Abbiamo poi la presenza di Ergilia Di Teodoro, architetto e tra le voci più autorevoli dell’arte al femminile in Italia a suo tempo pioniera della computer Art e passata poi attraverso una breve esperienza nell’ambito del Movimento Iperspazialista. Oggi la sua pittura dalla forte connotazione espressionistica reinterpreta in modo del tutto originale monumenti urbani e capolavori del passato.  Altro artista espositore lo scultore Arcangelo Carbone che si serve per realizzare le sue opere del legno e soprattutto della pietra della Maiella. Qualche studioso ritiene essere proprio lui, dopo la scomparsa di Pietro Cascella, l’erede che ne ha saputo portare avanti la tecnica e l’afflato umanistico insito in un materiale così nobile come appunto la pietra. Infine a chiudere rilevante la presenza di Leo Strozzieri, noto critico e storico dell’arte che proprio in questi giorni ha curato per la Mondadori il catalogo “Artisti Italiani Contemporanei a Stoccolma”. A partire dal 2000, quando seri problemi di salute hanno limitato il suo impegno di critico, Strozzieri si è dedicato alla pittura e alla ceramica eseguendo opere dall’evidente anamnesi futurista visto il dinamismo del segno e l’esplosione cromatica sulle superfici. La mostra si aprirà con un’installazione del duo Ergilia Di Teodoro e Arcangelo Carbone denominata “Felicité”, a significare l’universalità del linguaggio dell’arte.

Come si può notare trattasi di una mostra ben articolata proprio per la diversità delle poetiche a cui gli autori fanno riferimento, per la quale gli organizzatori hanno previsto visite guidate per le scolaresche della regione. Inoltre è prevista una tavola rotonda a cui parteciperanno i cinque artisti con una prolusione di Gabriella Capodiferro sul tema “Come leggere un’opera di arte contemporanea”.




Ascoli. Mostra Nature’s planet a cura di Erminia Turilli. Con Lino Alviani, Alfredo Celli, Anna Donati, Anna Seccia, Franco Sinisi

Atomosfera_Arte in movimento

Contemporary Art Group

 

 

ospite d’onore

Achille Pace

 

Sale espositive del Trivio

Palazzo dei Capitani del Popolo

3/20 dicembre 2017

vernice 3 dicembre 2017 h.17.00

Ascoli Piceno

 

La mostra Nature’s planet, il pianeta della natura, ospitata  nelle Sale espositive del Trivio del Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli Piceno, sarà inaugurata il 3 dicembre 2017 nella Sala dei Savi. Presenteranno l’evento: il Sindaco di Ascoli Piceno, l’avvocato Guido Castelli, Erminia Turilli curatrice dell’evento e critico d’Arte, il prof. Armando Ginesi e l’architetto Francesco G. Nuvolari, storico dell’Arte

Saranno esposte quaranta opere (quadri e istallazioni) del maestro dell’Astrattismo storico italiano Achille Pace e degli artisti del gruppo Atomosfera_Arte in movimento: Lino Alviani, Alfredo Celli, Anna Donati, Anna Seccia, Franco Sinisi.

La mostra Nature’s planet  riprende i temi dell’evento Emergency in the World di grande successo, (cfr. La Civitella di Chieti il 24 settembre 2017, Giornata Europee del Patrimonio – GEP2017) e, mentre svolge un’azione di denuncia contro il degrado della natura nel mondo, esprime anche un anelito di speranza che mira a sensibilizzare le coscienze di tutti per la salvaguardia dei beni naturali della regione Marche e della nostra splendida Italia.

Il National Geographic Italia ha riportato periodicamente, dal terremoto aquilano del 2009  in poi, un ciclico bollettino di guerra di catastrofi naturali, che sconvolgono l’uomo dei nostri giorni. Musicisti, cantautori e scrittori oggi dedicano tributi artistici gratuiti, mettendo a disposizione la loro creatività per risvegliare le coscienze di tutti e in particolare quelle dei responsabili degli enti preposti e dei decisori politici.

Gli artisti del gruppo Atomosfera_Arte in movimento: Lino Alviani, Alfredo Celli, Anna Donati, Anna Seccia, Franco Sinisi e Il maestro Achille Pace con la mostra Nature’s planet, intendono trasmettere lo sconcerto, il disagio e il dolore dei marchigiani e degli italiani di fronte ai disastri, non solo naturali, ma anche dolosi e lanciano a tutti un invito a proteggere la Natura, prima madre dell’uomo.

La mostra Nature’s planet  raccoglie opere dedicate ai quattro elementi della natura il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, alla quintessenza, alla natura construens e natura destruens.

Ogni artista rappresenterà un elemento della natura nelle sue opere un elemento della Natura a partire da Achille Pace che darà vita alla quintessenza/sintesi e alla Natura construens, Anna Donati alla Natura destruens, Franco Sinisi al Fuoco, Lino Alviani all’Aria, Anna Seccia all’Acqua, Alfredo Celli alla Terra.

Gli elementi della Natura saranno rielaborati dalla potenza creativa e dalle raffinate tecniche pittoriche dei diversi artisti, forti di curricula e percorsi artistici importanti, che spaziano da presenze in mostre come la Biennale di Venezia, il Premio Michetti, Premio Sulmona a esposizioni personali in Europa e nel mondo, fino a presenze permanenti in musei italiani e stranieri.

Il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli, ha scritto sulla mostra queste parole: “In una realtà che ci propone quotidianamente catastrofi naturali capaci di travolgere e stravolgere la vita dell’umanità, questa mostra rappresenta un’opportunità per capire la bellezza e la forza vitale della natura e quanto sia necessario proteggerla. Spetta in primo luogo a noi amministratori risvegliare questa coscienza in ciascun cittadino e quale modo migliore può esserci, se non attraverso linguaggi alternativi capaci di stimolare un nuovo rapporto etico tra arte e ambiente, creatività e società. Per questi motivi l’Amministrazione comunale, da sempre attenta a una valorizzazione del territorio attraverso l’utilizzo di nuovi linguaggi, è onorata di poter ospitare un’esposizione di prestigio come questa”.

E Stefano Papetti, curatore scientifico delle Collezioni Comunali di Ascoli Piceno, ha affermato che

“La mostra “Nature’s planet”, curata da Erminia Turilli, offrirà al pubblico l’opportunità di confrontarsi con l’ attività di sei artisti da tempo affermati, e stimolerà una riflessione circa il nostro rapporto con la natura  fatto di conflitti, di sopraffazioni e di ribellioni. Le opere di Lino Alviani dedicate all’Aria, quelle di Alfredo Celli alla Terra, di Anna Seccia all’Acqua, di Franco Sinisi al Fuoco, di Anna Donati alla Natura destruens danno vita ad un organico percorso artistico ed etico intorno alle creazioni di Achille Pace che, recuperando una purezza francescana, esaltano la necessità di dare vita ad un rapporto più equilibrato con la natura. Che questa riflessione di grande attualità sia stimolata dagli artisti non deve sorprendere perché l’arte si alimenta attraverso il rapporto con la natura  e i quattro elementi rappresentano la materia stessa con cui si materializza la creazione artistica“.

 

Il vernissage si svolgerà nella prima Sala del Trivio e sarà arricchito da un concerto jazz  del duo Lonely Arts, composto dai musicisti Sandro Casolino (chitarra) e Massimo Pace (chitarra, violoncello e contrabbasso). Il duo svolge una raffinata ricerca che parte dalla tradizione improvvisativa europea, con antiche origine barocche, comprende quella americana jazzistica, ma sintetizza elementi di musica popolare di origine mediterranea. L’interplay, come quello di Bill Evans trio e del Modern Jazz Quartet, qui si affranca dagli aspetti ritmici, tipici dello swing, per raggiungere invece un lirismo meditativo, un originale equilibrio tra musica scritta e non scritta. L’immagine di riferimento è l’oggetto astronomico M51, costituito da due galassie distinte in reciproca interconnessione.

 

Concept e cura dell’evento  Erminia Turilli

studio grafico  Gianluca Martelli

gestione social media  Carlo Minnucci

pagina facebook  Atomosfera_Arte in Movimento

evento facebook  Nature’s planet – vernice

info  erminia.turilli@gmail.com

 

luogo  Palazzo dei Capitani del Popolo

città  Ascoli Picenio

vernice 3 dicembre ore 17.00

periodo  3/20 Dicembre 2017

orari  10-12/ 16-19 ingresso libero

 




Pescara. CLARISSA LEONE A SOSTEGNO DELLE DONNE CONTRO LA VIOLENZA

 

PESCARA, 29 NOVEMBRE 2017 – L’attrice abruzzese Clarissa Leone, dopo la recente partecipazione alla Festa del Cinema di Roma, si fa portavoce di un messaggio importante in tema di violenza sulle donne in occasione del Roma Web Fest che si è svolto lo scorso weekend al Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo della capitale.

Clarissa Leone al Roma Web Fest

La quinta edizione del primo festival ufficiale dedicato alle web series internazionali, è finalizzato a far conoscere i talenti creativi che nascono dal web e alla premiazione di cortometraggi, spot, video e piccoli capolavori di registi indipendenti. Ma non solo, durante la kermesse sono state numerose le interviste radio e video che hanno avuto come oggetto principale un tema molto dibattuto in questi giorni, ovvero quello sugli abusi fisici e psicologici perpetrati a danno delle donne. L’attrice abruzzese ha sottolineato come la violenza contro le donne sia “un fenomeno di difficile quantificazione, perché spesso si sviluppa negli ambienti familiari, dove una donna dovrebbe sentirsi più al sicuro e dove invece spesso si trova ad affrontare in solitudine un problema lacerante”. Lo confermano anche i dati: secondo le elaborazioni Istat sui dati del Ministero dell’interno, nel 2016 sono state 149 le donne vittime di omicidi volontari in Italia, di cui circa 3 su 4 commessi in ambiente familiare: 59 donne uccise dal partner, 17 da un ex partner e altre 33 da un parente. Un documento della Commissione parlamentare di inchiesta istituita a gennaio fa notare inoltre che, dal 2011 al 2016, le regioni che registrano il più alto numero di violenze di genere sono Umbria, Calabria e Campania prendendo in considerazione il rapporto degli omicidi rispetto alle donne residenti. L’Abruzzo, in questa triste classifica, si posiziona al sesto posto con una percentuale di femminicidi pari al 5,9%.

<<Urgono provvedimenti, è necessario che siano riviste le politiche sociali a sostegno delle attività delle istituzioni locali volte soprattutto alla prevenzione e alla salvaguardia dell’incolumità delle tante donne indifese – ha dichiarato Clarissa Leone – Ai femminicidi si aggiungono infatti violenze quotidiane che sfuggono ai dati ma che, se non fermate in tempo, rischiano di fare altre vittime: migliaia le donne molestate, perseguitate e aggredite>>.