XXXVII EDIZIONE DELLA SAGRA DEL BACCALA’ SANT’OMERO 16-22 LUGLIO

 

 

Torna anche quest’anno l’appuntamento gastronomico più atteso della Val Vibrata: la Sagra del baccalà di Sant’Omero che giunge alla 37esima edizione e che si svolgerà dal 16 al 22 luglio. Organizzata dalla Pro-Loco con il patrocinio del Comune di Sant’Omero, gli esperti chef prepareranno piatti a base del merluzzo atlantico. Il menù prevede decine di piatti (dall’antipasto ai primi fino ai secondi) a base di baccalà lavorato del genere “Gadus Morhua” della migliore selezione. Quest’anno arrivano alcune novità. Il baccalà point dove sarà possibile acquistare baccalà surgelato o ammollato della stessa qualità utilizzata per la sagra. Non mancherà l’intrattenimento musicale e, per consentire ai genitori di trascorrere una serata tranquilla a tavola, la Pro loco ha istituito un baby parking dove animatori e truccabimbi intratterranno i piccini. Per i giovani, torna “Baccano”, il drink bar and music allestito di fianco alla scuola elementare. Non mancheranno gli appuntamenti culturali. Presso Palazzo Scaramazza, nel centro storico, sabato alle ore 9,30 ci sarà l’ottava edizione del convegno “La ragion gastronomica”, incontro di livello internazionale con alcuni dei massimi esperti di fenomeni alimentari dall’Italia e dall’estero. Saranno presenti studiosi provenienti da prestigiose Università italiane e dalle Università di di Lille2 e di Worcester (Massachussets – Usa). Il convegno presenta tre focus di interesse: gli aspetti antropologici ed etnografici; alimentazione e salute; i rapporti del cibo con lo sviluppo locale, sia in prospettiva turistica che imprenditoriale. Il baccalà potrà essere gustato anche a pranzo oltre che a cena nella tensostruttura allestita di fronte alle cucine. Prevista la possibilità del cibo d’asporto. Nel panorama provinciale, la sagrà del baccalà di Sant’Omero è tra le più visitate e longeve della provincia di Teramo.




PRIMI MOVIMENTI IN ENTRATA PER IL GIULIANOVA BASKET 85: INGAGGIATO ALESSANDRO BANCHI

Dopo la conferma del capitano Giuseppe Sacripante, il mercato estivo del Giulianova Basket entra nel vivo e si iniziano a registrare i primi movimenti in entrata. E’ di oggi infatti l’ufficialità dell’ingaggio di Alessandro Banchi, primogenito di Luca Banchi, coach scudettato con Siena e Milano.

Alessandro Banchi, play che ha appena compiuto diciannove anni (è nato infatti il 4 giugno del 1998), giunge in riva all’Adriatico dopo aver trascorso buona parte della sua ancor giovane carriera in Toscana. Gli anni delle giovanili sono trascorsi tra la Mens Sana Siena, con la quale nel 2013 si è laureato campione d’Italia under 15, e la Pallacanestro Don Bosco Livorno con la quale ha disputato i campionati Under 19 e Under 18 d’Eccellenza. A livello senior, sempre con la formazione labronica, ha disputato una stagione di serie B chiusa  a 4,7 punti di media (con un high di 17) ed una, quella passata, in serie C gold chiusa ad 11,7 di media con un high di 27 punti, accumulando minutaggio ed esperienza.
Per coach Tisato si tratta di un innesto importante che contribuisce a portare avanti la politica societaria che mira ad un roster composto da un buon mix di giovani e di giocatori di esperienza.



MONTORIO AL VOMANO RIMPATRIATA DEI CUGINI DELLA FAMIGLIA SERRANI

 

 

Dopo tanti anni si sono ritrovati, la sera dell’8 luglio scorso, presso l’Agritur Panorama di Teramo, tutti i cugini Serrani di Montorio al Vomano.

Ad organizzare la rimpatriata è stato lo stilista Mario Serrani (con la moglie polacca, Marianne Gelbert), cinquantasettenne, che nel 1972 insieme ai fratelli Ennio (il maggiore) e Bruno, raggiunsero i genitori Attilio e Dorina e la sorellina minore, Rosamaria, a Toronto, in Canada. Nativi in una contrada di Montorio al Vomano, Case Vernesi, dopo varie peripezie, passate nei vari collegi di Riccione, Pescara e L’Aquila, e presso l’abitazione di uno zio paterno, nei primi anni degli anni Settanta, dello scorso secolo, partirono per la terra delle Giubbe Rosse.

Qui, i tre fratelli, aiutati dai risparmi di una vita di lavoro dei loro genitori, nei primi anni 80, rilevano un negozio di abbigliamento, Bottega Bertolucci, appartenuto ad un’altra famiglia di origini montoriesi; come dire – da paesano a paesano – ed iniziarono la loro attività nel campo della moda. Dopo un po’ di tempo, a loro volta, rivendono la Bottega Bertolucci ed aprono un’agenzia di import export con griffe italiane, come Ball, Pooh e Fiorucci (marche assai in voga negli anni passati) allargando il loro raggio d’azione in tutto il Canada e buona parte degli Usa. Oggi hanno due proprie label: Mario Serrani e Dalla Spiga.

Ecco i nomi dei cugini Serrani, in ordine alfabetico, che sono tornati dal Canada, Lazio, Umbria ed ovviamente, dall’Abruzzo,  ed hanno partecipato alla “riunione” con timballo, spaghetti alla chitarra con pallottine e carne alla brace: Elio, Maria, Ornella, Pietro, Rita, Rodolfo, Rosina (con mogli e mariti).

Da madri Serrani: Concettina, Marisella e Pasquale Di Pietro; Felice, Paolo e Rosalba De Federicis; Laura, Loredana e Nicola Catalogna; Beatrice e Sabrina Furia, con i rispettivi e rispettive consorti.

All’appuntamento mancavano Achille, Bruno, Ennio, Rosamaria e Stefano Serrani.

 

Pubblicato sul quotidiano “La Città” di Teramo, del 12 luglio 2017




Chieti. Presentazione del romanzo “Specchio e anima” di Sara Caramanico

 

Giovedì 13 luglio alle ore 21.00, nella Libreria De Luca di Chieti in Via De Lollis, ci sarà la presentazione del romanzo “Specchio e anima” (Edizioni Il Viandante) della scrittrice francavillese Sara Caramanico. Alla presentazione interverranno, oltre all’autrice, l’editore Arturo Bernava e la dottoressa Sandra Matteucci. L’evento avverrà durante la “Settimana Mozartiana” della città teatina.

Sara Caramanico, l’autrice

Sara Caramanico è giunta con “Specchio e anima” alla sua terza pubblicazione, dopo “Sabbia e sangue” (Gruppo Albatros, 2009) e “Vite parallele” (Gruppo Albatros, 2013). Il romanzo segue le vicende di Stella, un’adolescente di sedici anni che non ama il proprio corpo e che ogni giorno si trova a dover fare i conti con una situazione famigliare complicata e con dei coetanei vuoti e superficiali. Ma la vita non è fatta solo di oscurità e negatività e Stella capirà, lungo le pagine del romanzo, che nel mondo c’è sempre spazio per la luce e la felicità e per le persone buone e sensibili.

Specchio e anima

Il romanzo, disponibile in libreria, sul sito delle Edizioni Il Viandante e sui principali siti di e-commerce, è stato presentato a Francavilla lo scorso giugno e nella Fortezza di Civitella del Tronto sabato 1° luglio.




A POGGIO CONO I PIATTI DELLA TRADIZIONE TERAMANA, DA DOMANI FINO A DOMENICA 16 LUGLIO TORNA LA SAGRA “LU MAGNA’ DE NA VODDE”

 

 

 

Teramo, 12 luglio 2017 – Torna a Poggio Cono (Teramo) la sagra “Lu magnà de na vodde”, una quattro giorni dedicata ai piatti tipici della tradizione teramana che quest’anno raggiunge la sua tredicesima edizione. Da giovedì 13 luglio fino a domenica 16 luglio la frazione alle porte di Teramo ospiterà la manifestazione gastronomica organizzata dall’associazione Pro-Loco “Le Verdi Colline”: negli stand sarà possibile degustare alcuni dei piatti tipici della tradizione gastronomica teramana e abruzzese come mazzarelle, tagliolini e fagioli, trippa, peperoni e sardelle, frittelle farcite e arrosticini.

 

Le serate saranno allietate dall’esibizione di gruppi musicali: giovedì 13 luglio, alle 21, serata musicale con i Rapsodia, venerdì 14 luglio alle 21 sarà la volta dei The Fuzzy Dice con il loro spettacolo di rock ‘n roll, sabato 15 luglio sempre alle 21 si esibiranno i Progetto Nomade, cover band dei Nomadi, si chiude domenica alle 20.30 con l’esibizione della scuola di ballo latino americano Space Jam della Maestra Stefania Salvi e alle 21.30 con l’orchestra spettacolo Magica Atmosfera. Gli stand gastronomici apriranno tutte le sere a partire dalle ore 20. Per i visitatori saranno allestite diverse aree di parcheggio e sarà effettuato anche un servizio di trasporto gratuito con bus navetta.

 




Emigrazione: tre secoli di storia di una famiglia molisana Il racconto dal Molise all’America nasce in un incontro nella caffetteria di Issaquah

 

di Domenico Logozzo *

 

L’orgoglio delle radici. La storia di una famiglia di emigranti molisani in America attraversa tre secoli e diventa un libro di ricordi. E il libro sarà il dono di Natale 2017 della nonna “ai figli dei figli”. Per conoscere e per non dimenticare il passato. L’emigrazione italiana, pagine di storia che, dalla fine dell’Ottocento, attraversano il Novecento e approdano nel Duemila. Un fantastico filo ideale tiene unite generazioni e vicende così diverse e distanti, ma sempre ben salde e rispettose dei grandi valori umani, sociali e culturali che le famiglie di un tempo sapevano esprimere, custodire e diffondere. Con umiltà e intelligenza. Iniziamo a sfogliare le prime pagine dell’album della memoria di una famiglia di emigranti molisani con nonna Dori, che abbiamo conosciuto in uno dei più moderni locali di ritrovo degli Stati Uniti: una caffetteria della famosa catena “Starbucks”. Il casuale e interessantissimo incontro una mattina di maggio ad Issaquah, graziosa cittadina di quasi quarantamila abitanti, nello Stato di Washington, vicino a Seattle, dove ci trovavamo in vacanza io e mia moglie, ospiti di nostro figlio Francesco. “Scusate se mi intrometto. Sento che state parlando in italiano”, ci dice una gentile signora avvicinandosi al tavolo dove stiamo facendo colazione con tre amici originari del Sudafrica, che sono stati in Italia e hanno avuto una bellissima esperienza. Sono Eugene Olivier, Colleen Le Roux e la figlia Myrl Venter. In particolare Myrl, ci tiene molto ad imparare bene la nostra lingua. Per questo il nostro colloquio avveniva in italiano.

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Rispondo alla signora: “Io e mia moglie siamo italiani, originari della Calabria e viviamo da oltre 30 anni in Abruzzo”. Mi sorride ed in un italiano un po’ stentato, con tante pause, per ricordare le parole giuste, dice: “Io sono nata negli Stati Uniti, ma sono di origine italiana. Mi chiamo Dori Robinson, abito qui ad Issaquah dove ho insegnato nel liceo. Mia nonna Lucia Vigliotti, è nata a Campobasso; mio nonno Antonio Zampini è nato a Frosolone, in provincia di Campobasso, un paese noto per la produzione di coltelli, da dove sono emigrati nel secolo scorso quelli che poi sono diventati i principali produttori di coltelli degli Stati Uniti. Mia nonna è morta a 101 anni, mio nonno a 97. E di loro ho un magnifico ricordo”.

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L’Italia che si ama. Che si fa amare. Dori comincia così a sfogliare il bel libro dei ricordi. E fa piacere ascoltarla. E fa piacere questo suo amore per la terra d’origine. “I miei nonni, Antonio e Lucia, erano arrivati a Ellis Island nell’estate del 1906. Con tanti sogni. Molti li hanno realizzati. Mia madre mi parlava e mi parla ancora oggi della storia della famiglia. Ha 93 anni. E’ lucidissima. Viviamo in città lontane, ma ci teniamo costantemente in contatto. Spesso ci scriviamo con la posta elettronica. Mia madre sa usare molto bene le nuove tecnologie”. E poi fa questa riflessione: “Sulla mia famiglia c’è tanto da dire. Ma proprio tanto. Si potrebbe scrivere un libro di storia”. Dico a Dori: “E allora scrivila la storia della tua famiglia, come nel 1992 ha fatto il grande narratore italo-americano Gay Talese con il romanzo Unto the sons (pubblicato poi nell’edizione italiana con il titolo Ai figli dei figli). Intense pagine di storie familiari e del paese paterno, Maida, in provincia di Catanzaro”. Il viso di Dori si illumina: “Sì, sì lo farò”. E ci salutiamo con questa sua promessa.

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Promessa mantenuta. Rientrato in Italia, ricevo qualche giorno fa questa mail: “Molte grazie per avermi incoraggiata a scrivere la storia della mia famiglia. Volevo farlo da molto tempo. Mia madre, mia figlia ed io abbiamo ricordato in queste settimane la vita dei miei nonni in Molise e poi negli Stati Uniti. Mia figlia è scrittrice e insegnante di inglese a Pittsburgh, e le ho chiesto per questo di fare le opportune modifiche per rendere più scorrevole il racconto. Spero che tu possa fare una buona traduzione, e spero che ti piacerà leggere la nostra storia. Penso di stamparlo questo libro di memorie e di regalarlo per Natale ai miei sei magnifici nipoti”. Mi allega il testo in inglese della “Storia familiare Dal Molise all’America”, raccontata da Marie Zampini Hawkes (figlia di Lucia e Antonio Zampini); scritta da Dori Robinson (figlia di Marie). Editore: Jennifer Monahan (figlia di Dori). Inizia con il ricordare gli interessi anche culturali della nonna materna: “Mia nonna, Lucia Vigliotti, aveva avuto il privilegio di assistere alle grandi opere liriche e agli spettacoli che venivano messi in scena a Campobasso sul finire dell’Ottocento. La madre, Gaetana, era una sarta di talento, molto apprezzata, e spesso cuciva i costumi per i protagonisti. Nonna Lucia e le sue sorelle avevano il compito di consegnare i costumi in teatro. Le attrici, sapendo l’amore di mia nonna soprattutto verso le opere liriche, le riservavano sempre posti di riguardo vicino al palco”. Era una famiglia felice. “A Campobasso la vita era buona per mia nonna e le sue sorelle. L’attività andava bene. Sartoria affermata. Abiti ben fatti, buona clientela e le ragazze indossavano vestiti alla moda e in più avevano il privilegio del parrucchiere personale, che ogni mattina andava a casa loro per pettinarle”.

 

Dalla felicità al dramma. “La vita è cambiata in un attimo per la giovane Lucia e per tutta la famiglia. Un tragico incidente sul lavoro. Suo padre, Luigi, famoso artista, perse la vita per il cedimento di un ponteggio sul quale stava lavorando per ultimare l’affresco del soffitto di una chiesa di Campobasso. Era molto apprezzato. Aveva eseguito lavori di altissimo pregio nei maggiori santuari del Sud Italia”. Lucia rimase profondamente segnata da quel terribile evento familiare. “Fu uno dei momenti più tristi nella vita di mia nonna. Perdere suo padre significava la fine della vita serena che aveva conosciuto. Fu costretta a lasciare la scuola, che tanto amava. Rimase a casa per cucire e occuparsi dei fratelli più piccoli, mentre Gaetana lavorava per sostenere la famiglia”. Tempi duri. Molto duri. Così “dopo diversi anni di lotta a Campobasso, Gaetana decise di spostarsi con i suoi figli in un piccolo villaggio di montagna, a Frosolone, vicino ad Isernia. Continuò a cucire costumi per le compagnie teatrali. Lucia e le sorelle, Nanina, Peppina, Amelia e Assunta la aiutavano nella confezione degli abiti e anche nella cura dei fratelli minori, Alfredo, Pasquale e Andrea. Andrea, il più piccolo, era stato colpito dalla polio. Anche se non poteva camminare, era orgoglioso di aiutare l’azienda di famiglia, realizzando con molta precisione e bravura i bottoni per ogni capo di abbigliamento. Purtroppo, a causa della sua malattia, Andrea è morto a 15 anni. Un altro grave lutto. Andrea è stato sempre ricordato con molto amore dalla famiglia”.

 

Il passaggio dalla città al piccolo borgo non fu semplice. Tra i pregiudizi e le incomprensioni che inizialmente non aiutarono purtroppo l’integrazione. “Mentre molti a Frosolone erano stati accoglienti, alcuni non vedevano di buon occhio i nuovi arrivati, quelle ragazze attraenti della “grande città”. Le ragazze locali criticavano le loro acconciature fantasiose, sussurrando che portavano i capelli “kinde le vicce”(come i tacchini). Alcuni erano certi che questi “intrusi” erano cittadini snob e che avrebbero guardato con distacco le persone del paese”. Ironia della sorte, tra le donne “poco contente” di questi nuovi arrivi, c’ era anche Concetta Zampini, la mamma di un giovane che sarebbe poi divenuto il marito di Lucia. “Lei e il mio bisnonno Giovanni, possedevano un bottega sulla strada principale del paese. Erano anche proprietari di una piccola fabbrica di coltelli, una delle tante che esistevano a quel tempo a Frosolone, dove si era formati tanti bravi artigiani poi emigrati negli Usa”. Alcuni di loro avevano fatto fortuna, mettendo a frutto quello che giovanissimi avevano imparato dai maestri artigiani del borgo molisano. Riprende Dori: “Antonio, mio ​​nonno, era un giovane intelligente e molto conosciuto. Aveva avuto la fortuna di frequentare la scuola del villaggio con gli altri ragazzi fino a 14 anni, quando l’aveva dovuta lasciare per fare coltelli con il padre. A scuola era apprezzato dagli insegnanti. Con orgoglio ci raccontava che non l’avevano mai fatto sedere sulla “cattiva sedia”, un piccolo sedile inchiodato alla parete a cinque metri dal pavimento. Questo richiedeva non solo un eccellente equilibrio, ma anche una concentrazione ininterrotta, per evitare di cadere giù e riportare gravi lesioni o anche peggio! Antonio non era perfetto, e occasionalmente gli piaceva saltare la scuola per andare in un vicino stagno e catturare le rane per il pasto serale della famiglia. C’era poco da mangiare e la mia bisnonna non perdeva niente dei “contributi di cibo” che venivano da mio nonno”.

 

Nella realizzazione dei pregiati coltelli “Antonio ben presto era diventato un artigiano esperto”. Lavorava sodo e “la mattina presto la sorella Teresa scendeva in officina per aiutarlo. Non c’era la corrente elettrica a Frosolone. Per azionare le macchine, Teresa spingeva con i piedi un pedale, che faceva girare la cinghia di affilatura. Teresa era una ragazza e le ragazze non era previsto che lavorassero in fabbrica, né che venissero obbligate a farlo. Ma siccome vedeva che Antonio aveva molto da fare, lei si era impegnata ad aiutare il fratello maggiore”. Senso di responsabilità e grande sensibilità. Ragazza forte, generosa e sfortunata. Purtroppo. Teresa, operata di appendicite, pur non essendo ancora del tutto guarita, fece l’imprudenza di andare con le sue amiche in pellegrinaggio nel santuario alla Beata Vergine Maria che si trovava in montagna. “Quando tornò a casa, si ammalò e morì in pochi giorni per una fatale infezione della ferita che non si era ancora rimarginata”. Una perdita dolorosa. “A mio nonno mancava molto Teresa. Diventava triste ogni volta che parlava della sua amata sorella”.

 

Dori racconta come è sbocciato l’amore tra nonna Lucia e nonno Antonio. “Mia nonna e le sue sorelle aiutavano la madre anche nel lavare i panni presso la Fontana in pietra, che si trovava nel centro del paese. Un giorno, mentre mia nonna camminava sulla strada principale di Frosolone con il suo cesto di panni, nonno Antonio la vide dalla finestra della bottega e rimase colpito dalla sua bellezza. La leggenda famigliare dice che in quel momento Antonio promise a se stesso: “Sarà mia moglie, la compagna di tutta la mia vita”. Quella fontana che ha fatto nascere il lunghissimo e solidissimo amore tra i nonni, Dori l’ha vista un secolo dopo, quando per la prima volta nel 2006 è venuta in Italia. “Avvicinandomi a piedi alla grande fontana nel centro di Frosolone, mi sono emozionata. Tanto, ma proprio tanto. Ho ripensato al lontano passato. Ai miei cari nonni. Sono sensazioni che è difficile descrivere, mettere su un foglio di carta. Vengono dal profondo del cuore. Diventano incancellabili. Restano per sempre dentro. Come l’accoglienza che ho ricevuto nel Molise, una terra che non avevo mai visto prima. Confesso di essermi sentita nella mia terra, come se fossi a casa mia”. Ricorda altre emozioni vissute in quel viaggio del 2006 con il marito. “Sul treno per Campobasso, vedendo dal finestrino quelle case e quei campi che avevo immaginato attraverso le storie che mi raccontava mio nonno, sono rimasta affascinata. Sognavo. Mi domandavo: Quella vecchia casa sarà appartenuta ai miei bisnonni? Forse la mia nonna ha giocato in quei campi?”

 

Ritorniamo al racconto del fidanzamento dei nonni. “Come si usava allora, Antonio si fece aiutare da alcune amiche del paese per organizzare l’incontro con Lucia e con la sua famiglia. Si racconta che appena Lucia lo vide, decise che sarebbe stato l’uomo della sua vita. La madre aveva però un piano diverso: un ricco signore, più anziano, che aveva espresso interesse per la mia bella nonna. Gaetana disse alla figlia: “È meglio essere la bambola di un vecchio ricco, invece che serva di un giovane povero”. Lucia rifiutò i tentativi della madre di organizzare il matrimonio. La vita in casa divenne difficile. Ma alla fine l’amore trionfò. Lucia e Antonio si sposarono nel dicembre del 1905 in una piccola chiesa di Frosolone”. Gli inizi furono difficili per via delle interferenze dei genitori di Antonio. “Vivere con la madre e il padre di Antonio non era il modo in cui Lucia sperava di iniziare il suo matrimonio. Concetta, la madre di Antonio, non era felice per la scelta del figlio. Continuava a spettegolare nel paese. Parole non belle nei confronti della famiglia della nuora. Quando mia nonna venne a saperlo ci rimase molto male, tanto che ci fu anche una piccola crisi familiare. Mio nonno era molto arrabbiato con la madre. Le disse che non doveva mai più parlare male della moglie, altrimenti non le avrebbe permesso di uscire di casa”. E dalle parole Antonio passò anche ai fatti. “Inchiodò la porta, ma per poco tempo”. Una “lezione” che diede i risultati sperati: “Concetta da allora fu più attenta e non fece più commenti negativi”.

 

Qualche tempo dopo in casa Vigliotti arrivò la bella notizia. “Mia nonna aspettava un bambino. Con mio nonno cominciarono a pensare al cambiamento, ad una nuova vita, in un altro Continente. E non era una decisione facile da prendere. Antonio e Lucia sapevano che erano stati in tanti che avevano cercato un lavoro in America, ma erano tornati a casa solo con storie tristi. Tra questi il loro cognato Luciano, marito di Peppina”. Luciano in America non fece fortuna. La sua amarezza la affidò ad una canzone autobiografica, in dialetto molisano, dal titolo “Song of Luciano”. Iniziava così: “Pens ‘a la mia moglia abbracciatta (Sto pensando all’abbraccio di mia moglie). E mii figli accompianiatta. (E la compagnia dei miei figli)”. Concludeva: “Pens a l’Italia bella (Penso alla bella Italia). Sanni io calzone, aggio torna’ (Anche se senza i miei pantaloni, tornerò)”. E Dori ora ricorda che Luciano “tornò a casa solo con gli abiti che indossava, grato, a quanto pare, di avere quelli”.

 

Antonio era già stato in America ed il padre, che aveva vissuto a lungo oltre Oceano, oramai anziano, era rientrato in Italia e l’aveva incoraggiato a ripartire. Nel Sud in quegli anni c’era tanta miseria e non esistevano opportunità di lavoro tali da consentire di portare decorosamente avanti la famiglia. Il viaggio della speranza di Antonio e Lucia iniziò nel maggio del 1906. “Altri due figli del Molise, partirono dal porto di Napoli con tanti sogni. Viaggio attraverso l’Oceano Atlantico per costruirsi una nuova vita negli Stati Uniti”. Nei primi tre mesi furono ospitati da una zia di Antonio. Poi si trasferirono in un loro appartamento. Nell’inverno del 1906 è nata la prima figlia, Concetta, alla quale era stato dato il nome della nonna. Poi sono nati Giovanni, Luigi, Gaetana (Ida), Guido e Marie, la mamma di Dori. “Antonio, facendo affidamento sull’esperienza lavorativa di Frosolone, aveva trovato lavoro nelle industrie di coltelli di Providence, capitale dello Stato del Rhode Island. “Alcuni suoi amici compaesani avevano fatto fortuna dando vita anche a industrie di grande successo come Imperial Knife Company e Colonial Knife Company. Produzione qualificata, livelli altissimi, notorietà mondiale. Il figlio di un suo amico, William D’Abate, a Frosolone finanziò la realizzazione della rete elettrica. E per dimostrare la loro gratitudine, i molisani di Providence gli intitolarono una scuola”.

 

Dori è orgogliosa di mamma Marie. “E’ stata la prima della famiglia a frequentare il college e laurearsi nel 1944. Sul finire degli Anni Quaranta incontrò mio padre Al, che si convertì al cattolicesimo per potersi sposare in chiesa nel 1950. L’anno dopo nacqui io, quindi mio fratello e poi mia sorella”. Una famiglia unita, nel rispetto delle tradizioni. “Ricordo gli incontri domenicali con le zie, gli zii e i cugini nella casa dei nonni a Providence. Deliziose cene con spaghetti, tanto sugo, polpette, carne di maiale, pollo, agnello e pane croccante. “Un dito di vino” anche per i più piccoli. Tante storie familiari che venivano raccontate in belle conversazioni e tante risate. E sempre una partita di baseball in TV!”. Ricorda il giorno del matrimonio con John. “I miei nonni, novantenni, sembravano ragazzini. Avevano ballato tanto. In pista solo loro, applauditi festosamente da tutti gli invitati. Tanta gioia. Sì, proprio una bella festa. Lacrime di felicità nel vedere quella dolce coppietta di anziani. A quell’età, tanta vitalità! Abbiamo avuto due figli, Jennifer e John, che ci hanno regalato la gioia di essere nonni felici di sei nipoti”. Durante l’incontro nella caffetteria “Starbucks”, Dori ci aveva spiegato perché aveva problemi nel parlare la nostra lingua. “A nessuno di noi figli mia madre ha insegnato l’italiano. Diceva che quando era bambina le coetanee la prendevano in giro perché parlava “una lingua diversa”. Perciò voleva che noi parlassimo solo in americano. E allora feci una promessa a me stessa: quando sarò grande imparerò l’italiano”.

 

E così è stato. “Ho seguito le lezioni di italiano al Bellevue College, lo stesso che ha frequentato la vostra amica Myrl Venter”. Dori ha anche voluto coronare i lungo sogno di conoscere i luoghi molisani da dove erano partiti gli adorati nonni. E nel 2006 il sogno è divenuto: dall’America al Molise dopo essere stata a Verona, Firenze, Campobasso e infine a Frosolone. “Nel Molise tutti gentili e disponibili. Ci hanno accolto come vecchi amici. Nella coltelleria di Rocco Petrunti, fondata nel 1800, ho acquistato i regali da portare negli Stati Uniti. Mi sono commossa al pensiero che la famiglia di Rocco Petrunti aveva conosciuto la mia oltre cento anni fa”. E con quest’ultima emozione, ben custodita nell’album della memoria, è ritornata negli Stati Uniti” con l’Italia nel cuore. L’Italia ben raccontata dal giornalista e scrittore abruzzese Goffredo Palmerini, nel suo recente libro che porta questo magnifico titolo, omaggio “agli 80 milioni di italiani che amano il nostro Paese più di noi che vi abitiamo”. E la conferma ci viene da questa storia d’amore per le radici che ci ha raccontato Dori. Per questo, come ha scritto Palmerini, dobbiamo “amare, rispettare e trasmettere a chi verrà, possibilmente più bello e migliore, il nostro meraviglioso Paese”.

 

*già Caporedattore TGR Rai

 

 

 

 

FOTO:

1-Lucia Vigliotti Zampini in una foto dell’inizio del 1900

2-Antonio Zampini in una foto dei primi dei 1900

3-Foto dei primi anni del Novecento. Lucia Vigliotti con il marito Antonio, la sorella Assunta e il cognato Domenico

4-Gaetana Vigliotti in una foto di fine Ottocento.

5-Nanina Vigliotti nei primi anni del Novecento

6-Dori Robinson con la madre Marie che oggi ha 93 anni

7-Dori Robinson con la madre Marie

8-Antonio e Lucia Zampini nel 1975 a Providence, negli Stati Uniti

9-Fontana

10-Dori Robinson ha deciso di regalare per Natale ai nipoti un libro con la storia della famiglia emigrata dal Molise.

11-Lucia Vigliotti con la figlia Marie

12-Dori Robinson con il marito John

13-Dori Robinson e il marito John nella caffetteria “Starbucks” di Issaquah (Usa), al centro Domenico Logozzo




“La ragion gastronomica” 8° Convegno Internazionale     Palazzo de Mendoza y Alarçon – Castello – Centro Storico 15 luglio 2017 – Sant’Omero (Teramo)

 

 

 

– Enogastronomia e agroalimentare – Sociologia e Antropologia dell’alimentazione –

– Turismo e sviluppo locale –

Foto Walter De Berardinis

The eighth edition of the international meeting between some of the leading experts of food and wine phenomena returns this year again.

The conference, multidisciplinary as usual, will have different focus of attention and will range between different scientific disciplines and approaches. The starting point for all discussions will be represented by the cultural value of the food, from the social phenomena linked to wine and agricultural production in local and global terms.

Go back to reflect on food and nutrition wants to be an important opportunity for discussion and face historical, sociological, anthropological and communication issues, as well as related issues of health and wellness. Food, culture and society are the three key words which also link the focus of production, those of food sustainability and consumption, social agriculture, health, the economy and not just the local development.

 

Programma

 

 

 

 

Sabato 15 luglio – Centro Storico – Palazzo de Mendoza y Alarçon

 

9:00/9:30 – Apertura dei lavori – Saluti istituzionali

 

9:30/13:00

Introduce: Gabriele Di Francesco – Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

 

Sessione antimeridiana

Presiede: Maurizio Esposito – Università di Cassino e del Lazio Meridionale

 

Carolina Facioni – Ricercatrice ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica – Roma

Un indicatore, molte riflessioni sull’alimentazione in Italia: il Body Mass Index degli adulti

 

Alessandro Porrovecchio – Université de Lille2 and Institut Pasteur de Lille

Mangiare, correre, stare bene. Strategie di resistenza responsabile nel Nord della Francia

 

Valentina Savini – PhD Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Disturbi alimentari e attività fisica dei giovani ascolani. Un’indagine conoscitiva

 

Giovanna Di Felice – PhD Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Disturbi alimentari nei bambini. Percorsi di educazione alla salute nella scuola primaria

 

Leonardo Seghetti – Docente di alta qualificazione di food processing. Oleologo

Olio e vino produzione e valorizzazione

 

Question time

Pranzo

 

15:00 – Ripresa dei lavori

 

Sessioni pomeridiane

Prima sessione

 

Presiede: Gabriele Di Francesco – Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

 

Cinzia Pica Smith – Department of Human Services and Rehabilitation Studies

Assumption College of Worcester (Massachussets – U.S.A.)

“I need more time to finish my lunch”. The slow food movement’s influence on school lunch culture

 

Teresa Mazzarulli – Direttore ADSU Azienda per il Diritto alla Studio Universitario, Chieti

Mense universitarie: luoghi di relazione e aggregazione sociale

 

Dario Recubini – Presidente ASP Pescara

Esperienze alimentari degli ospiti dell’ASP: bimbi, anziani, immigrati

 

Alfonso Nori – IPSSAR Pescara – Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

La tipicità come valore aggiunto dell’enogastronomia d’Abruzzo. Un progetto di orientamento nelle scuole superiori

 

Vincenzo Corsi– – Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Mutamenti sociali e forme di sviluppo enoturistico

 

Simonetta Secondini – PhD Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Processi di strutturazione e valorizzazione del territorio: il caso dell’enoturismo

 

Consuela Torelli – PhD Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Marchio d’area territoriale, M.D.A., enogastronomia e turismo

 

 

 

 

 

 

Seconda sessione

Presiede: Paolo Corvo – Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – Bra (CN)

 

Paolo Corvo – – Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – Bra (CN)

Strategie per ridurre lo spreco alimentare

 

Stefano Pasotti – Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Francesca Pia Scardigno – PhD Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Etica ed estetica del cibo nell’era del food-porn

 

Gianpaolo Fassino – Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – Bra (CN)

Un vino «di antico lignaggio piemontese». Cinquecento anni di Freisa fra storia e letteratura

 

David Ferrante – PhD Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

I sentieri digitali dello sviluppo locale

 

Roberto Ricci – Deputazione di Storia Patria degli Abruzzi

Tradizione e innovazione: Luigi Meloni, maestro della porchetta di Campli

 

Lucio Meglio – PhD Università di Cassino e del Lazio Meridionale

La commensalità nella tradizione monastica

 

Francesco Galiffa – Storico del territorio

Il formaggio fritto nella tradizione contadina

 

Gabriele Di Francesco – Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

Rivisitazione socio-culturale di un piatto tradizionale: “Le virtù

 

Question time

 

Azione di teatro di strada dallo spettacolo “La distanza dalla luna” di e con Cam Lecce e Jörg Grünert – “Deposito dei Segni”

 

 

Conclusione del convegno

 

 

Segreteria Organizzativa: Associazione Pro–Loco Sant’Omero

Lorin Cristofori: 320.9614327 – email: prolocosantomero@hotmail.it

www.prolocosantomero.it/ – Tel. e fax 086188068 –

 

Organizzazione e coordinamento scientifico: Gabriele Di Francesco

gabrieledifrancesco@gmail.com – tel. 347.0705172

Segreteria Scientifica: Valentina Savini and Consuelo Torelli

v.savini@unich.it




Abruzzo. Si conclude il 13° Premio Rocky Marciano: ecco i vincitori 

 

Grande successo a Ripa Teatina (Ch) per il Premio Rocky Marciano 2017 nella serata conclusiva durante la quale hanno avuto luogo le premiazioni.

“Il Premio Rocky Marciano è diventato un appuntamento importante – ha sottolineato il Sindaco Ignazio Rucci – non solo per Ripa, ma per tutta la nostra regione Abruzzo. Questa è la serata conclusiva della sette giorni di eventi: abbiamo organizzato il Festival della Letteratura Sportiva e nelle serate precedenti abbiamo avuto tanti incontri, tante tavole rotonde. Tanti amici giornalisti sono venuti da Milano a Ripa per trattare temi importanti, come quello della disabilità al quale è stata dedicata una serata apposita. Questa sera chiudiamo la kermesse con le premiazioni”.

“È un onore per noi ripesi ospitare le eccellenze dello sport e non solo – ha detto l’Assessore allo Sport del Comune di Ripa Teatina, Gianluca Palladinetti – Sono particolarmente emozionato, come tutti gli altri anni, perché questa sera si conclude un’avventura cominciata qualche mese fa insieme al direttore artistico e a tanti altri amici. Questa sera abbiamo veramente tante eccellenze dello sport nazionale e regionale che ci mostreranno le loro imprese dopo aver portato il nome dell’Abruzzo e dell’Italia nel mondo. Quest’anno siamo particolarmente felici perché d’ora in poi ci saranno premiazioni conferite con un’opera realizzata dall’artista Carlo Cazzaniga a cui va veramente un grande ringraziamento: è un’opera bellissima”.

Questi i vincitori “Sportivi dell’Anno” insigniti ieri sera. Pugile dell’anno è Giacobbe Fragomeni;Sportivo Abruzzese dell’anno l’arbitro Elenito Di Liberatore; Giovane Sportivo Abruzzese dell’anno Federico Di Francesco del Bologna Calcio; Squadra dell’anno è la Pallanuoto Pescara; Dirigente dell’anno è Maurizio Formichetti; Premio alla memoria a Gabriele Pomilio; Premio Speciale Paralimpici a Francesco Leocata, Simone Di Giovanni e Matteo Simoni, campioni del mondo di calcio a 5 con la Nazionale italiana Fisdir. Il Premio dell’Amministrazione comunale a Nicola Di Sipio, imprenditore dell’anno, mentre un riconoscimento speciale è stato consegnato all’architetto Rocco Valentini per la progettazione del nuovo spazio che ospiterà la statua di Rocky Marciano. Presenti, in qualità di ospiti, Rocky Mattioli e l’ex pallavolista azzurro Andrea Zorzi cui è stato consegnato un Premio alla Carriera.

“Io sono rimasto sorpreso quando qualche amico mi ha detto che molto probabilmente sarei stato premiato come miglior dirigente al Premio Marciano – ha affermato Maurizio Formichetti, referente in Abruzzo della Rcs – Questa sera ringrazio il sindaco Rucci, tutta l’amministrazione, l’assessore Palladinetti, Ripa Teatina, ma soprattutto ringrazio l’Abruzzo che, con le sue bellezze, permette lo svolgimento di manifestazioni sportive di alto livello come il Giro d’Italia e la Tirreno Adriatico. Non ho raggiunto traguardi sportivi ad altissimo livello, ma ricordo una frase di Pantani: quando gli chiedevano perché lui andasse forte in salita, lui rispondeva ‘per soffrire meno’. La bicicletta è sofferenza, ma è anche gioia e passione che fa vivere bene, fa restare giovani mentalmente. Oggi è diventato un po’ più pericoloso andare in bicicletta, il traffico è aumentato. Mi dispiace tantissimo per i ragazzi che si allontanano da questo sport sia perché molti genitori non vogliono rischiare l’incolumità dei propri figli sulle strade, sia soprattutto perché il ciclismo è fatica e sofferenza e quando ci sono fatica e sofferenza molti le scansano. Non finisce qui, mi sono già attivato con la Rcs affinchè l’anno prossimo l’Abruzzo possa scrivere ancora un arrivo o una partenza del Giro d’Italia. Al momento siamo in stand by perché quasi sicuramente il Giro partirà da una nazione estera. Tutto quello che faccio lo faccio per passione senza tornaconto e mi auguro che la mia proposta sia accettata”.

“Uno dei regali più belli che lo sport mi ha fatto, e che continua a farmi, è l’opportunità di girare l’Italia – ha dichiarato l’ex campione di pallavolo, Andrea Zorzi – Qualche volta come giornalista, qualche volta come indagatore dello sport per raccogliere proseliti, qualche volta come invitato a qualche premio. L’idea di viaggiare in questa meravigliosa Italia conoscendo persone straordinarie e creando nuove amicizie è un meraviglioso modo nostrano di raccontarci. Per me sono veramente delle grandi occasioni: è un regalo che lo sport mi ha fatto. Per quanto riguarda l’Abruzzo, lo conosco per diverse esperienze come quella alle Naiadi dove sono stato qualche anno fa per osservare l’effetto pallanuoto, guida a livello italiano. E’ un modo per stare in posti che amo, quindi ringrazio per il Premio che ho apprezzato molto”.

“Ho cercato in tutti i modi di venire a ritirare questo Premio per un motivo che mi sta veramente a cuore – ha spiegato l’attaccante del Bologna, Federico Di Francesco –  ln primis perché mi ricordo quando a 13 anni ho giocato nel campo di Ripa e venivano i miei nonni a vedermi. Nei miei occhi ho sempre quella stessa passione, quella voglia di migliorare e di crescere. E’ un Premio che mi fa molto piacere anche perché lo ha ricevuto mio padre pochi anni fa e mi dà la consapevolezza che sto seguendo la strada giusta. Il mio sogno è quello di superare mio padre, quindi ringrazio chi me lo ha consegnato. Se segno contro la squadra di mio padre? Esulto. Mi è già capitato quest’anno di giocare contro di lui. Per me è stata un’emozione indescrivibile perché l’ho sempre visto come un idolo, un esempio e, vederlo su quel campo insieme a me, è stato un qualcosa di unico. Soprattutto adesso che è sulla panchina della Roma ed ha questa grande opportunità, tiferò per lui perché merita tanto. Io sto facendo il mio percorso: da quando gioco ho sempre avuto la voglia di sognare e di realizzare tutti i sogni possibili come quello di vestire la maglia della Nazionale e di giocare per un grande club. Lavoro per questo ogni giorno, però adesso la cosa più bella è quella di vivere il momento. Sono un ragazzo fortunato, gioco in serie A e ho l’opportunità di misurarmi con grandi campioni. Posso ancora crescere e da parte mia c’è tutta la volontà di farlo”.

“Ringrazio la giuria e l’amministrazione che hanno pensato di destinarmi questo Premio per me molto ambito – ha rimarcato il guardalinee Elenito Di Liberatore – Ringrazio Luciano Di Sipio. Barcellona – Bayern Monaco? È una partita molto importante per me per tanti motivi: il primo sicuramente sportivo, il secondo di natura personale. Penso che è nei momenti difficili che noi costruiamo il nostro destino e, rivedendo la mia carriera e quello che ho fatto, mi rendo conto che nei momenti difficili ho costruito la mia strada. La partita che non dimenticherò mai? È quella che dovrò fare. Il Premio Rocky Marciano sintetizza la passione, il sacrificio, la voglia di arrivare e di continuare ad ogni costo. Io sono molto legato a questa terra, sono legato molto a questo paese: tra l’altro uno dei miei più grandi amici che da un pò di tempo mi accompagna è Gabriele Marchesani, una persona che ho imparato ad apprezzare nel tempo. Rivedere il proprio percorso molte volte crea tanta emozione perché è una cosa che si fa con tanto sacrificio e tanta passione. Io spero di dare un esempio positivo ai ragazzi nella misura in cui si deve sempre rimanere attaccati alle cose semplici perché sono quelle che ci danno la possibilità di sognare. L’altro giorno osservavo mio figlio mentre giocava sullo scivolo con i suoi amichetti e pensavo che crescendo perdiamo la semplicità dei bambini: cerchiamo invece di portarla con noi e quando scendiamo in campo quello è il valore aggiunto”.

La settimana di festa a Ripa Teatina è iniziata il 1 luglio con l’inaugurazione della mostra “Tra arte e boxe” a cura dell’associazione culturale Marianne Wilde Arte Contemporanea UnicA e con gli incontri di pugilato raccolti sotto la bandiera dell’evento “Boxe sotto le stelle” su di un ring allestito nell’area antistante la Cantina di Ripa. Quattro giorni, dal 4 al 7 luglio, sono stati invece dedicati alla letteratura sportiva: per l’occasione il Comune ha ospitato tanti giornalisti e sportivi di caratura nazionale a partire da Giuliano Orlando. Inoltre nell’ultima serata del 9 luglio si è tenuta la gara podistica “Corriripa” alla sua prima edizione che ha fatto scendere il sipario sul tredicesimo Premio Rocky Marciano.




MOVIMENTO ANIMALISTA, ANCHE L’ABRUZZO ALLA MANIFESTAZIONE DI ROMA PER CHIEDERE PENE PIU’ SEVERE CONTRO LE VIOLENZE SUGLI ANIMALI

 

Anche il Movimento Animalista dell’Abruzzo ha partecipato, ieri pomeriggio alla manifestazione nazionale indetta a Roma della presidente, on. Michela Vittoria Brambilla, per chiedere pene più severe a carico di chi maltratta e uccide gli animali e per richiamare l’attenzione della pubblica opinione sull’emergenza randagismo, soprattutto al Sud. Il responsabile regionale Francesco Properzi Curti, alla testa

Animalisti

di un gruppo di militanti della Regione, ha sfilato lungo via dei Fori imperiali fino alla piazza della Madonna di Loreto, davanti alla colonna Traiana, dove circa duemila manifestanti hanno ascoltato gli intervento dell’ex ministro e degli altri oratori. “È stato motivo di grande orgoglio e grande emozione – spiega Curti – poter partecipare alla prima manifestazione nazionale del Movimento, che ha per tema la violenza contro gli animali. Dobbiamo essere molto chiari: chi compie questi atti brutali contro i nostri amici animali deve andare in galera!”.


“Non è certo la prima volta – ha affermato l’on. Brambilla – che risuona lo slogan “Giustizia per tutti”. Ma è la prima volta che in quel “tutti” sono compresi gli animali. Sì, perché rendere giustizia è difficile in generale, difficilissimo quando si tratta di renderla agli animali. Sarà la crisi, saranno i tempi particolarmente difficili che viviamo, saranno le tensioni in una società in vorticoso cambiamento – sottolinea – sta di fatto che la violenza sugli animali è ormai diventata un’epidemia, tanto più subdola e virulenta quanto più appare oggetto di una frequente e interessata minimizzazione. “C’è ben altro… con quello che succede nel mondo… “: lo conosciamo tutti a memoria questo ritornello. Invece nessuno sa precisamente quanti animali sono abbandonati alla fame e alla sete, uccisi con polpette ai chiodi, impiccati, ammazzati a bastonate, bruciati, trucidati, massacrati. Storie di ordinaria follia. Così ordinaria che quasi ogni giorno abbiamo notizie del genere, ad ulteriore dimostrazione che i casi più eclatanti sono solo più eclatanti, non eccezionali”.

“Perfino questo Parlamento, dominato da un partito anti-animalista, ha dovuto darsi una mossa”, ha proseguito l’ex ministro. “E’ di pochi giorni fa la notizia che la Commissione Giustizia della Camera ha avviato in sede referente, con abbinamenti, l’esame di 7 proposte di legge sulla tutela penale e civile degli animali a mia prima firma, alcune presentate già all’inizio della legislatura. Compresa la proposta che rivede in alcuni punti il codice penale e innalza le sanzioni per maltrattamento e uccisione di animali, quella che introduce l’aggravante per il furto di animali d’affezione, quella che tutela gli animali sequestrati. A queste sette proposte se n’è aggiunta, proprio l’altro ieri, un’ottava, che ho presentato per punire più duramente chi, dopo averli compiuti, divulga su internet atti di crudeltà contro gli animali e per consentire la rimozione di questi contenuti. Siamo quasi alla fine della legislatura, ma abbiamo ancora tempo, se c’è buona volontà da parte di tutti, per compiere un lavoro molto utile in un settore praticamente dimenticato. Poi ci penseremo noi del Movimento animalista, nella prossima legislatura”.

Poiché abbandono e possesso irresponsabile sono varianti del maltrattamento – ha concluso l’on. Brambilla – oggi parliamo anche di randagismo. Noi del Movimento animalista siamo e saremo sempre in prima linea per richiamare le autorità al puntuale adempimento dei doveri loro imposti dalla legge: sappiamo bene che Comuni e Asl troppo spesso fanno finta di niente e che solo il meritorio lavoro delle associazioni impedisce che l’emergenza degeneri ulteriormente. La Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, di cui sono fondatrice e presidente, ha deciso di puntare sulla sterilizzazione, istituendo la Task force “Stop al randagismo”, un’iniziativa senza precedenti per cui stanziamo una somma molto importante e interveniamo direttamente sterilizzando i randagi delle regioni del sud, dove il problema è più acuto e dove l’inadempienza delle istituzioni si fa maggiormente sentire”.

 




Sant’Egidio alla Vibrata (te)  il comune ospita lo spettacolo per bambini e ragazzi della compagnia Terrateatro  dal titolo “Lenta non è la lumaca”. 

Mercoledì 12 Luglio, alle ore 21 in Piazza Europa a Sant’Egidio alla Vibrata (te)  il comune ospita lo spettacolo per bambini e ragazzi della compagnia Terrateatro  dal titolo “Lenta non è la lumaca”. Una produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo che vede in scena  due attrici che, con le loro abilità differenti, racconteranno la storia della lumaca Ribelle. L’ingresso è gratuito.

Il lavoro dal titolo “Lenta non è la lumaca” è liberamente ispirato alla fiaba di Luis Sepùlveda “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza

Terrateatro

Un prato ricco di “saporite” piante di dente di leone, una vita tranquilla ed abitudinaria. Poi, ecco, all’improvviso, una giovane lumaca che pretende di sconvolgere questo quieto ordine con la sua curiosità e le sue domande insensate: “Perché non abbiamo un nome? Perché siamo lente?”. Così la bestiola “ribelle” decide di allontanarsi, per cercare chi potrà offrire una risposta ai suoi dubbi, suscitando nelle altre rabbia e sarcasmo.Lungo la strada della sua ricerca, incontrerà animali diversi, tra i quali un gufo un po’ rattristato per le sorti del bosco e una saggia tartaruga in esilio, come lei lenta. Saranno loro  a battezzarla e a dare un senso al suo viaggio.

Nella trasposizione teatrale abbiamo scelto di lavorare su due opposti evidenti: due lumache tanto diverse tra loro, l’una con un modo di parlare, di muoversi, di pensare lento, e, per contro, l’altra veloce, istintiva e abitudinaria al tempo stesso. In uno spazio scenico dove prevalgono colore, forme immaginifiche e oggetti quasi parlanti, i personaggi ci trasportano lungo un percorso di crescita interiore. In fondo, giunge per tutti il momento di diventare grandi e di allontanarsi da ciò che si conosce e che rassicura. Perchè l’ignoto è conoscenza e consapevolezza, l’ignoto è la via necessaria per conoscere bene il proprio nome.

Una storia, questa di Ribelle,  per ricordare a tutti che “la diversità è ricchezza e che va difesa come espressione più gioiosa della vita. La diversità non separa, ma unisce quando si ha la volontà di capirla, fino a diventare il motore di una nuova rinascita”. E ancora… che il tempo è prezioso e non sempre è un bene vivere freneticamente: rischiamo di perdere gli appuntamenti importanti e indispensabili che la vita ci riserva. Meglio essere lenti!

Con: Cristina Cartone e Stefania Scartozzi, Scenografia: Massimo Piunti, Grafica  e oggetti di scena: Luca Settepanella, Regia : Ottaviano Taddei

Spettacolo adatto a bambini dai 6 anni in su.