Teramo. RACCONTO BREVE “SEMO VINTUNO” di Mira Carpineta

Eccidio di Capistrello, memoriale ai 33 martiri

 

Capistrello giugno 1944

C’era ancora qualche ora di luce e doveva sbrigarsi. Il pane e le sagnette[1] con i fagioli erano pronte. Sistemò la callara[2] nel canestro, avvolta nel panno della tovaglia, con il coperchio serrato per non far disperdere il calore. In un’altra mmotina[3], un altro grande strofinaccio, avvolse altre cibarie, altro pane, qualche tocco di formaggio, una pizza con le cipolle. Sistemò il tutto insieme, arrotolò un altro fazzolo[4] e lo mise a cerchio sulla testa. Poi prese il canestro e se lo pose sul capo per uscire.

Con quel peso sulla testa attraversò la strada e si diresse verso la stazione e‘glio Rucetto[5].

Da diversi giorni ormai un commando tedesco in ritirata si era stanziato nel palazzo più grande della piazza.  Lei si avvicinò al portone, il soldato di guardia la vide e annusò con desiderio i profumi che emanavano dal canestro e non la fermò. Lei entrò nella corte interna e un altro soldato le venne incontro per scortarla in una stanza che era stata adibita a cucina. Le tolse il canestro dalla testa e lo pose sul grande tavolo dove erano disposte altre cibarie. Il soldato sollevò il coperchio della callara e il vapore della minestra calda gli colpì le narici. Abbozzò un sorriso, richiuse, recuperò la tovaglia che avvolgeva la pentola e gliela gettò nel canestro. Diomira lo riprese, se lo sistemò di nuovo sulla testa e senza dire una parola si diresse verso l’uscita.

Allontanandosi dal comando tedesco si diresse verso la fine del paese. Non poteva tornare subito a casa e doveva sbrigarsi perché tra poco sarebbe scattato il coprifuoco e i tedeschi sparavano a tutto ciò che si muoveva.

Nella parte della montagna che scivolava verso la Valle Roveto, proprio nel punto in cui il declivio accompagnava il paese verso il pianoro, c’erano dei cunicoli. Alcune gallerie scavate nella roccia, memoria di storie lontane[6], che tutti i contadini e i pastori della montagna conoscevano bene. Quanto riparo avevano fornito a uomini e animali, in ogni tempo e per ogni necessità. Diomira si diresse verso queste grotte, mise il canestro sotto il braccio ed entrò in un cunicolo. C’era ancora un po’ di luce e sussurrò dei nomi: “Ndò, Luigì, Armandì…”[7]  Dal fondo più buio uscirono tre persone.  I ragazzini gli corsero incontro. “Mà, si venuta, finarmente!” disse il più piccolo, Armandino, 11 anni.

Si stata attenta?” – le chiese il marito Antonio. “Scine – rispose- statte tranquijo, non m’a venuto appresso nisciuno. I sordati m’oto dato quisto[8] e mostrò al marito un foglio, il lasciapassare che le avevano concesso per potersi recare al comando a portare da mangiare ai soldati. Ma lei non sapeva leggere, né scrivere. Allora Antonio le spiegò che quel foglio era importante perché le dava un po’ di libertà di movimento e che soprattutto doveva mostrarlo alle ronde di sorveglianza ogni volta che la fermavano.

Questa è na fortuna – disse Antonio – cuscì te po’ move pe glio paese no poco de più. Che se dice?”[9]

Mentre i bambini mangiavano lei e Antonio parlavano della situazione in paese. La ritirata dei tedeschi, nel 44, fu drammatica in tutta l’Italia e anche nella Marsica lasciò lutti atroci.

Dopo il bombardamento di Montecassino le truppe tedesche ripiegavano verso nord, attraverso i tratturi abruzzesi, mentre l’aviazione alleata sottoponeva quel tratto della montagna marsicana a continui bombardamenti. I pastori, per proteggere il bestiame, si trasferivano verso le montagne di Luco dei Marsi.

Il 4 giugno del 44, nel giorno della liberazione di Roma, sui pascoli vicini a Capistrello pastori e contadini furono rastrellati da tedeschi e fascisti e condotti verso la stazione. I tedeschi erano convinti che vi fossero tra loro partigiani e alleati che fornivano indicazioni sulla ritirata ai bombardieri e la giornata si concluse nel modo più atroce.

33 persone, tra cui 2 ragazzini di appena 13 e 14 anni vennero fucilati, alla Stazione di Capistrello davanti ad una buca lasciata da una bomba dove i corpi trovarono sommaria sepoltura. Un mese prima c’era stato un episodio altrettanto efferato: un ragazzo di 17 anni, accusato di partigianeria fu catturato, torturato e poi ucciso. Tutti ne rimasero sconvolti.

Da diverse settimane ormai, la paura di Antonio e Diomira per i loro figli e per i pericoli che correvano fintanto che i tedeschi rimanevano in paese, li aveva costretti alla scelta di separarsi: Antonio con i figli maschi si era nascosto in quelle grotte, che la montagna e la vegetazione avevano ingoiato nel corso dei secoli. Diomira e la figlia Annina invece, erano rimaste in paese, nella casa addossata al costone di roccia. La stessa casa che era sopravvissuta, miracolosamente, al terribile terremoto del 1915, quando in pochi minuti scomparvero città, paesi e migliaia di vite.

In quella stazione Diomira, appena 15enne, si era recata ogni giorno, dopo la sciagura, ad aspettare gli aiuti militari e nella casa sulla roccia aveva offerto riparo ai sopravvissuti. E adesso quella stazione era diventata la tomba di 33 capistrellani senza colpe, se non quella di voler sopravvivere alla follia umana della seconda guerra mondiale.

Le notizie sulla guerra non erano confortanti. I tedeschi, non più alleati, sfogavano la ferocia della precipitosa ritirata su gente inerme, contadini, pastori, poveri braccianti già segnati da una vita ostile in una natura anch’essa ostile.

Dovemo resiste. Appena se ne vanno potete revenì – diceva Diomira – Ma vu non ve facete vedè. Io cerco de revenì addomà. Me raccommanno vagliù. Sentete patreto. Me raccommanno figli mè.[10]

Un abbraccio veloce e poi raccolse il canestro e sgattaiolò verso il paese.

Era quasi notte. Tornò al comando per riprendere le pentole vuote che gli sarebbero servite il giorno dopo e con il lasciapassare in mano si avviò verso casa.

Non riusciva a dormire. Erano tanti giorni ormai che sfidavano la sorte e benché l’istinto la guidasse nelle azioni, le giornate sembravano interminabili. Soprattutto dopo l’eccidio la vita in paese era diventata ancora più difficile. I pochi uomini rimasti venivano mandati con la forza a scavare trincee, a bonificare strade dalle bombe sganciate dagli aerei americani. Quei “cafoni” descritti da Ignazio Silone nei suoi libri come quelli che venivano in fondo, dopo i cani e gli animali del principe Torlonia, erano loro. Gente che rischiava la vita per proteggere qualche capo di bestiame o che raschiava i campi della valle e dei Piani Palentini per combattere l’eterna guerra contro la fame e la miseria in una terra aspra e bellissima.

Si fece di nuovo giorno e si ricominciava, come sempre, dall’alba. Diomira uscì di casa per andare a raccogliere qualche verdura e qualche frutto.  Mentre attraversava la strada, una camionetta le passo vicino a velocità sostenuta. Lei fece appena in tempo a scansarsi. Allora decise di andare verso il paese. Si accorse subito che stava succedendo qualcosa.  La paura le bloccò il respiro per qualche secondo.  La mente correva sempre alla stazione. Altre macchine venivano verso di lei. Tutte di corsa. Davanti al comando vide soldati caricare un camion e altri che correvano avanti e indietro con sacchi sulle spalle. Anche alcune donne erano in strada. Lei riconobbe Marietta, la moglie del mugnaio e gli chiese che cosa stesse succedendo. “E’ da mantemà[11] che stanno a fa tutto sto annanzi e rrete[12]. Volesse Dio che se ‘nne vanno!” rispose Marietta.

Diomira decise di andare verso la chiesa. Il prete, forse, poteva sapere qualcosa in più. Lo trovò inginocchiato davanti all’altare che pregava. Si avvicinò timorosa ma decisa: “Donn’Artù, perdoname ma sapissi tu che sta succedenne? Che oto arrestato che cun atro[13]?” Don Arturo si girò sussultando. “Diomì che sta a ddì?” “Donn’Artù so visto i tedeschi con le machine, le camionette che scappèane. Addò vanno?“  incalzò lei. “Diomì non saccio niente…”. Non finì la frase don Arturo che la chiesa si popolò. Altre persone erano entrate con lo stesso stupore in viso misto a paura. E si guardavano l’un l’altro interrogandosi con gli sguardi. Don Arturo li guardò e si avviò verso l’uscita, sul sagrato. Davanti alla stazione i movimenti continuavano concitati. Ordini in tedesco e soldati che correvano dappertutto. Diomira fu presa dall’angoscia. Doveva correre dai suoi figli, avvertirli del pericolo. Insomma doveva fare qualcosa. Tornò a casa. Prese un po’ d’acqua e qualche pezzo di pane.

Li avvolse in un panno e se lo annodò alla vita. La figlia la guardava con aria interrogativa. “Né sta succedenne checcosa. Tengo da ji agli vagliuni. Tu va acchè Richetta e aspettame la. Me raccommanno, non t’allontanà[14]”. Usci di nuovo. La piazza della stazione si era improvvisamente svuotata. Sembrava che fossero scappati tutti. Mentre si incamminava verso il nascondiglio vide qualcuno che correva verso il negozio di Carminuccio. Era il figlio di Richetta. Voleva fermarlo ma aveva paura di perdere tempo. Però aveva bisogno di sapere. Lo chiamò. Il ragazzo la vide e le si avvicinò. “Vagliò addò va?”- gli chiese.  “Senne vanno Diomì, senne vanno!” gli disse il ragazzo ansimando per la corsa. “i tedeschi senne vanno? – chiese – e tu comme lo sa?” “ji steva alla posta e poco fa è arrivato no telegramma pe Don Gaetano e m’oto ditto de portarcelo. E quando soglio portato a Don Gaetano isso ma dato na pacca ‘ncapo[15] e m’ha ditto che la guerra a Capistreglio steva pe finì”.

Diomira si rincuorò un poco, ma accelerò il passo verso il nascondiglio dei suoi figli. Doveva vederli e assicurarsi che stessero bene. Come sempre cercò di non farsi vedere da nessuno, fece un giro più lungo, attraversò il bosco, risalì il fiume. Se qualcuno l’avesse vista poteva dire che andava a lavare i panni. Alla fine raggiunse la sua meta. Si addentrò nel cunicolo e sussurrò i nomi. Non si faceva avanti nessuno e il cuore per un attimo le si fermò. Poi nel buio dal fondo scorse il marito: “Diomì, si tu? Che succede?” Lei lo chiamò sempre sussurrando: “Ndò, so jio. I vagliuni addò stanno[16]?”

Diomì che succede?” insisteva Antonio. “Senne stanno a scappà. – rispose lei –  I tedeschi, senne vanno. Maddomà oto pigliato tutto[17] e senne stanno jenne. Don Gaetano dice che a Capistreglio la guerra è finita”. Antonio l’abbracciò stretta e chiamò i ragazzi: “vagliù potete scì[18]”. Si abbracciarono e rimasero in silenzio per qualche minuto. Lei si sciolse il fagotto dalla vita e diede da mangiare ai figli. Mentre li guardava e li accarezzava con gli occhi e le mani, il marito le disse: “Diomì revà a casa mo. Io e i vagliuni remanemo n’atro giorno ecco[19]. Per sicurezza. Vedemo che succede oggi. Addomà[20] quando revè vedemo se è sicuro a tornà a casa. Che dici?”Ndò io tengo paura. Se qualche soldato va girenne[21] e ve trova, proprio mo…” – “Allora facemo coscì: tu mo revà a casa. Massera, pello scuro[22] ci vedemo alla chiesa. Avvisa Don Arturo. “- “va bene”. Li abbracciò un’altra volta e si avviò.  Intanto al paese erano quasi tutti per la strada che parlavano dell’accaduto. Avevano visto le manovre dei soldati dalle prime ore del mattino e avevano aspettato con il fiato sospeso temendo un’altra atroce rappresaglia. Adesso invece quella strana calma li lasciava storditi. Ognuno si affannava a cercare notizie, conferme o smentite. Il figlio di Richetta ripeteva la storia del telegramma di Don Gaetano ma non riuscivano a rincuorarsi. Le ore passavano e nel pomeriggio Don Arturo suonò le campane con più forza del solito. Non era ancora l’ora dei vespri ma la gente uscì di casa lo stesso e si avviò verso la chiesa. Don Arturo li aspettava davanti all’altare: “Figli mè, ve so chiamato per darve na bbona nova[23]. I tedeschi senne so jiti[24] pe ddavero. Oggi la radio ha ditto che gli americani so entrati a Roma e che i tedeschi scappano verso nord. La guerra non è finita ancora, ma se Dio vuole ste bestie oto fenito[25] de fa danni ecco a Capistreglio. So parlato puro con don Gaetano. Mo dovemo solo pregà che finisce prima possibile.” Tutti si sentirono sollevati e iniziarono a recitare un rosario. Mentre sgranava le avemaria Diomira pensò ai suoi ragazzi e a suo marito e fu contenta che Antonio avesse deciso di raggiungerla proprio alla chiesa.

La preghiera diventò una veglia ai piedi della statua di Sant’Antonio mentre la notte avvolgeva quel giorno sospeso nell’attesa di qualcosa di indefinito. Ad un tratto qualcuno entrò in chiesa.

Poi un altro. E un altro ancora. La notizia della fuga dei tedeschi si era diffusa e tutti quelli che si erano rifugiati sui monti stavano tornando a casa. Anche Antonio, con i suoi ragazzi si fece avanti nel buio. Don Arturo accoglieva e benediva tutti, mentre si riunivano alle famiglie. Il figlio di Richetta gli si avvicinò e lui gli scompigliò i capelli dicendo: –scì beneditto vagliò–  il ragazzo sorridendo gli chiese: – Donn’Artù, ma allora che dici, semo vinti?![26]

 Semo vintuno, ci stengo puro io![27]–  aggiunse gridando l’ultimo arrivato.

***

 

 

Mira Carpineta, nata a Teramo il 6 giugno 1964, vent’anni esatti dopo lo sbarco in Normandia. Ho studiato ragioneria e informatica diplomandomi all’Ist. Tec. Comi di Teramo nel lontano 1983. Dopo qualche anno ho avuto nostalgia degli studi e ho ricominciato dall’Università di Teramo, facoltà di Scienze della Comunicazione, dove mi sono laureata in giornalismo con una tesi sulla stampa cattolica e il berlusconismo studiando il caso FAMIGLIA CRISTIANA. Sono giornalista pubblicista iscritta all’ODG Abruzzo, ho scritto per diverse testate locali e dal 2013 al 2015 sono stata direttore responsabile di un mensile e un giornale on line PrimaPagina. La storia che racconto appartiene al vissuto della mia famiglia integrata dalla mia fantasia. Questo è solo uno dei tanti racconti della mia straordinaria nonna Diomira, di cui porto il nome.

 

 

 

 

 

 

[1] Tagliolini. Pasta fatta a mano per minestre

[2] Pentola grande

[3] Fagotto fatto con strofinaccio annodato.

[4] Copricapo tipico delle donne abruzzesi consistente in un grosso quadrato di stoffa ripiegato o arrotolato in testa

[5] Nome della stazione di Capistrello a piazza Ricetto o Rucetto in dialetto marsicano. Molti dialoghi del racconto sono trascritti come pronunciati.

[6] Probabilmente si tratta dei Cunicoli di Claudio, la prima opera di bonifica e prosciugamento del lago Fucino ad opera dell’imperatore romano Claudio tra il 41 e il 52 D.C.

[7] I nomi di alcuni protagonisti: Antonio, Luigino, Armandino

[8] “si,stai tranquillo, nessuno mi ha seguito. I soldati mi hanno dato questo (documento)”

[9] “è una fortuna, così potrai muoverti un po’ più liberamente “

[10] “Dobbiamo resistere. Appena andranno via potrete tornare. Ma voi non dovete farvi vedere. Io cercherò di tornare domani. Mi raccomando ragazzi. Ascoltate vostro padre.

[11] stamattina

[12] Avanti e indietro

[13] Hanno arrestato qualcun altro?

[14] Bambina mia sta succedendo qualcosa. Devo andare dai ragazzi. Tu vai da Richetta e aspettami là. Non allontanarti

[15] Un buffetto in testa

[16] Antonio sono io, I ragazzi dove sono?

[17] Stamattina hanno caricato tutto

[18] Ragazzi potete uscire

[19] Diomira torna a casa adesso. Io e i ragazzi rimaniamo un altro giorno qui.

[20] domani

[21] È ancora in giro

[22] Stasera quando si fa notte

[23] Una buona notizia

[24] Sono andati via

[25] Hanno finito

[26] Don Arturo che dici, abbiamo vinto? – gioco di parole che in dialetto può significare anche “siamo venti”

[27] Siamo ventuno ci sono anche io




Morte di Ennio Balducci, da lui professionalità, calore e sensibilità.

LUTTO

 

Abbiamo appreso con grande dolore della scomparsa di Ennio Balducci, che per la Tgr Abruzzo in questi anni ha raccontato con le sue immagini la vita della regione, di donne e uomini, dai momenti più tragici a quelli felici.

Tante volte il resto d’Italia ci ha guardato attraverso i suoi occhi.
Da Ombrina ai depuratori, dalle autostrade ai fiumi, in ogni momento del suo lavoro riusciva ad aggiungere alla professionalità il calore e la sensibilità. In tante occasioni, seppur nella sua riservatezza, abbiamo percepito il suo coinvolgimento.

Ai suoi cari e alla redazione della Tgr va il nostro cordoglio.

Segreteria Operativa Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua



Antonio Blasioli: Bando privo di trasparenza. Chiediamo chiarimenti sul POR FESR Abruzzo 2014 AZIONE 3_1_1_CRITICITA’

Antonio Blasioli

Lascia molti dubbi in merito alla trasparenza il bando “Aiuti per investimenti in macchinari, impianti e beni intangibili e accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale” (POR FESR Abruzzo 2014-2020, Asse III – Azione 3.1.1) e desta più di qualche perplessità sulle modalità di gestione di fondi pubblici da parte della Regione Abruzzo.
Ricorderete tutti, infatti, le tante polemiche che si erano già sollevate attorno a questo bando.

L’avviso era stato pubblicato il 26 febbraio 2020, con presentazione delle candidature dalle ore 12.00 del 06 marzo 2020 alle ore 12.00 del 20 aprile 2020, ma poi era stato revocato il 07 maggio 2020 causa COVID. Non si era mai visto che un bando,già in corso d’essere da oltre due mesi, venisse revocato in beffa alle ditte ed i loro consulenti che in quei due mesi avevano lavorato alla luce di quanto richiedeva l’Avviso stesso, pianificando i propri investimenti su criteri che poi sono stati completamente modificati con la nuova pubblicazione dell’avviso pubblico avvenuta il 18 giugno (a titolo esemplificativo l’investimento minimo richiesto a capo della ditta è passato dai € 70.000,00 della prima pubblicazione ai € 25.000,00 della seconda, vanificando, di fatto, il lavoro svolto da quelle aziende che prevedevano un impegno superiore).

Ma ai dubbi di un bando nato male si sono aggiunte le criticità emerse con il nuovo bando e la pubblicazione delle relative graduatorie, che hanno suscitato nelle imprese profonde perplessità in merito alla trasparenza delle procedure adottate.

Nel mese di giugno 2020 infatti, il Servizio Competitività e Attrazione degli Investimenti della Regione Abruzzo ha ri-emanato un avviso rivolto alle micro, piccole e medie imprese (mPMI) che intendano investire in macchinari, impianti e beni intangibili, processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale e implementazione di modelli innovativi aziendali di organizzazione del lavoro a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza da COVID-19.
L’obiettivo dell’avviso è quello di sostenere la competitività delle imprese, attraverso la realizzazione di nuovi prodotti, che costituiscono una novità per l’impresa e/o per il mercato, l’innovazione dei processi produttivi, nonché l’implementazione di modelli innovativi aziendali di organizzazione del lavoro.
I progetti d’investimento devono prevedere una spesa da un minimo 25.000 a un massimo di 200.000 euro e possono essere ammesse spese per attrezzature, opere e impianti, programmi informatici, consulenze e spese finanziarie, come riportato nel dettaglio nell’art. 10 dell’avviso.
Le domande potevano essere presentate, esclusivamente in modalità telematica, dalle ore 0:00 del 2 luglio 2020 e fino alle ore 24:00 dell’11 luglio 2020.

Sin da subito il tempo di preavviso ha destato qualche preoccupazione. Dalla pubblicazione del bando, il 18 giugno, alla prima data utile per l’invio delle istanze, il 2 luglio, il tempo di preavviso è stato di poco superiore alle due settimane, compresi sabato e domeniche. Un preavviso troppo breve per la presentazione della domanda di un bando di questa entità, di molto modificato rispetto al precedente.

Tralasciando anche la presentazione delle istanze “a mezzanotte”,orario che non può avere alcuna giustificazione nell’esigenza di non appesantire il sistema, considerato che parliamo di un migliaio di istanze, ma che crea non pochi problemi ai professionisti che devono lavorare di notte, i numerosi dubbi che permangono riguardano i meccanismi di valutazione e la trasparenza degli esiti.

Manca una graduatoria finale delle istanze pervenute ma ESCLUSE e questa è una novità rispetto al passato. Ritengo necessaria la pubblicazione delle candidature esaminate con indicazione delle eventuali criticità e il riscontro dei punteggi. L’assenza di tale graduatoria, non solo appare incomprensibile da un punto di vista di trasparenza e chiarezza in fase di istruttoria delle singole pratiche, ma è anche incomprensibile per un eventuale rifinanziamento del capitolo di spesa e/o di un eventuale scorrimento che ecceda l’elenco delle ditte inserite nell’allegato due (quelle in overbooking). Ad oggi le imprese, eccezion fatte per quelle in graduatoria (che sono 67 – di cui 48 idonee e finanziabili e 19  idonee e non finanziabili per carenza di fondi) non sanno quale posizione occupano in graduatoria.

Siamo inoltre per la prima volta dinanzi ad un bando a sportello su base giornaliera.
Tale criterio di valutazione mette seriamente a rischio la qualità delle stesse proposte progettuali e lede in maniera significativa la fiducia posta nel meccanismo di valutazione dei progetti.
Un esempio pratico aiuta meglio a comprendere: un progetto che prevede 20 assunzioni e richiede un importo di 1000 euro di finanziamento a fondo perduto, solo perché presentato il secondo giorno viene messo in graduatoria dopo l’ultima domanda presentata il primo giorno, anche se quest’ultima istanza non prevede assunzioni e chiede il 70% di finanziamento a fondo perduto!
A livello di premialità e serietà delle proposte progettuali, tale meccanismo è fortemente deficitario.

Queste riflessioni ed altrettanti interrogativi mi sono stati rappresentati nei giorni scorsi da imprese e professionisti e saranno oggetto di una richiesta di chiarimenti che invierò al Presidente Marsilio.

Il consigliere regionale 
Antonio Blasioli



Stefano Bollani a Campotosto: già sold out il concerto sul Lago

Bollani ph Valentina Cenni (C) ufficio stampa

Un successo di vendite annunciato quello del Concerto Piano Solo di Stefano Bollani sul Lago di Campotosto in programma sabato 22 agosto alle ore 18, e, come da previsioni, ieri sera c’è stato il sold out dopo meno di una settimana dall’inizio della vendita dei biglietti.

L’organizzazione, nel ringraziare tutti coloro che apprezzando la qualità della proposta artistica hanno acquistato i biglietti a disposizione, informa che la biglietteria on line è chiusa e non è più possibile acquistare biglietti, ne’ on line né sul luogo del concerto.

Il concerto di Stefano Bollani, evento clou di questa edizione del festival Abruzzo dal Vivo, segna il punto di ripartenza di un anno durissimo per dei territori ancora segnati dal sisma, che grazie alla loro tenacia non hanno mai rinunciato a valorizzare e promuovere il loro territorio, un vero e proprio tesoro fatto di luoghi e tradizioni.

Il Festival Abruzzo dal Vivo è una iniziativa finanziata dalla Direzione Generale dello Spettacolo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, voluta dalla Regione Abruzzo, realizzata grazie alla rete dei 23 comuni del cratere con il Comune di Crognaleto capofila.

Si ringraziano i partner del festival Abruzzo dal Vivo che hanno contribuito a rendere possibile questo evento: Bim e Camera di Commercio di Teramo.

Hanno collaborato: Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, DMC Terre dei Popoli, Associazione Distretto Turistico Montano Gran Sasso d’Italia.

La Direzione artistica e l’organizzazione è affidata ad ACS Abruzzo Circuito Spettacolo.

Management Mauro Diazzi.




Campolieto (CB). “ Vagando per le vie del borgo “, mostra della pittrice Mirta Maranca. Apertura 14 agosto.

La pittrice  e grafica  Mirta Maranca , nata a Pescara dove risiede e lavora ,inaugurerà una sua mostra personale di pittura dal titolo “ Vagando per le vie del borgo “, in Campolieto (CB)paese nativo di sua madre ,di cui ha dipinto alcuni scorci paesaggistici visti durante le vacanze estive dall’infanzia in poi .

Mirta Maranca 2020

Mirta Maranca ha frequentato il Liceo Artistico a Pescara e ha continuato gli studi artistici all’Accademia di  Belle Arti di  Roma e all’Accademia di Urbino , due città imbevute di arte classica che le hanno inculcato l’amore per la figura umana e l’ammirazione per il mito greco .

Il suo figurativo , dotato di caratteristiche coloristiche che ricordano l’Espressionismo, si mescola alla personale visione dei soggetti e al particolare segno incisivo , conferendo ai dipinti una grande carica emotiva, pur nella compostezza delle figure.

La sua pittura è ricca di riferimenti culturali, che spaziano dal mito alle problematiche degli artisti, personalmente sperimentate e confermate da Thomas Mann nel romanzo “ La Morte a Venezia “, che ha illustrato con una cartella di  sette incisioni calcografiche tra il 1996 ed il 1998   (Francesco Gallo).

“La pittura di Mirta Maranca non è mai casuale, ma è frutto di ricerche analitiche in molti campi della cultura . Le sue immagini , delicate e fragili emergono con forza da colorazioni accese e da profonde oscurità che s’nabissano nell’ignoto e, dalla realtà della tela , conducono al sogno ”.(Roberto Franco).

La mostra sarà aperta al pubblico dal 14 Agosto al 24 2020, dalle ore 17.30 alle 22.30. Tutti i giorni .




Editoria. Il Canto della Nostalgia di Tonino Filomena è la genialità di un artista

Sabato 1° agosto il Dipartimento Ordigni Bellici Inesplosi dell’ANVCG è stato invitato alla presentazione del romanzo “Il Canto della Nostalgia”, nuovo lavoro editoriale dello scrittore Tonino Filomena. L’evento, organizzato da Fernando Filomena, direttore del giornale La Voce di Maruggio, Pro Loco Maruggio, dal musicista Michele Chiego e dallo stesso autore, si è tenuto presso la Masseria “Li Grazioli” situata non distante dal centro di Maruggio (Taranto). La presentazione iniziata alle 20,00 si è conclusa qualche minuto dopo le 22, 00. Una stupenda location che è stata in grado d’accogliere relatori e pubblico rispettando ogni regola di sicurezza imposta dalle normative anti-covid. La serata, moderata dalla giornalista Alessandra Basile, è iniziata con l’esibizione del musicista Michele Chiego il quale ha inizialmente mostrato il suo nuovo videoclip e ha proseguito cantando il suo nuovo disco “Elements”.

Giovanni Lafirenze

Tra il pubblico riconosco la scrittrice Daniela Molendini (La Stanza delle Croci-Il segreto di Tomar). Ad inaugurare la serata è l’amico Fernando Filomena. Fernando riporta dettagliatamente ai presenti il vissuto dramma Covid dal punto di vista del paziente: relazioni famigliari e sociali interrotte bruscamente, il grande lavoro del personale medico, paramedico e di tutti gli ausiliari di corsia. La moderatrice chiama sul palco il dott. Pierfranco Bruni, quest’ultimo analizza i vari capitoli del romanzo di Tonino Filomena, puntualizza i concetti: buio, solitudine e nostalgia. A seguire giunge il mio turno, pochi passi e sono al fianco del mio amico Tonino, autore di tanti romanzi, saggi, eventi culturali. Ringrazio organizzatori e pubblico, quindi inizia il mio intervento a riguardo del Canto della Nostalgia: 116 pagine da leggere intensamente. Ogni riga del romanzo è un dono per i lettori di Tonino. Il Canto della Nostalgia è la genialità di un artista in grado d’intersecare nel romanzo suggestioni del passato e del presente. Emozioni come rimpianti e nostalgie trasformate in parole che esaltano la bellezza della vita. Saluto Tonino, Fernando, pubblico, Alessandra Basile e vado via…

Giovanni Lafirenze 




Teramo. La Pasticceria Piero offre a tutti anche quest’anno l’aperitivo di Ferragosto

 

 

Foto Archivio. Piero Chiarini e Marco Pannella.

 

 

 

La Pasticceria Piero di Teramo, in Viale Crucioli 92, offre gratuitamente anche quest’anno, dopo l’esperienza dell’anno scorso,  l’aperitivo di Ferragosto.

 

Teresa e Piero Chiarini, nell’augurare un buon Ferragosto a tutti, ricordano che la Pasticceria Piero sarà aperta per tutta la giornata di sabato 15 agosto e anche domenica 16, e per l’occasione invitano tutti in pasticceria, dalle ore 11:00 alle ore 13:00 di sabato prossimo, a brindare insieme a loro al fine di augurarsi un buon Ferragosto 2020!




Il Festival “FolleMente” rinviato al 2021

“Noi della squadra di FolleMente non abbiamo perso la voglia matta di organizzare una nuova edizione del Festival. Quest’anno tuttavia, a causa delle difficoltà logistico-organizzative e dei rischi per la sicurezza legati all’emergenza Covid-19, abbiamo ritenuto opportuno rinviare l’edizione al 2021.

Follemente 2019

Sarà l’occasione per noi per riflettere su quanto accaduto e prevedere, all’interno di FolleMente, un momento di approfondimento sui mesi difficili che abbiamo vissuto. Ma questa circostanza sarà anche l’opportunità per lavorare con animo ancora più propositivo alla realizzazione della prossima e sesta edizione, rinnovando l’offerta ampia di ospiti e dando seguito al coinvolgimento pieno del territorio, con la fondata speranza di poter operare senza più alcuna limitazione. Come prevede lo spirito folle del Festival, che non può essere imbrigliato da alcunché.

Sperando di poter contare sempre sul vostro apprezzamento e sul vostro affetto nei confronti del Festival, non perdiamoci di vista.

Vi terremo aggiornati sulla pagina Facebook FolleMente Festival.”

Gli organizzatori di FolleMente




Comitato di Quartiere Annunziata: sabato 5 settembre spettacolo della Compagnia “la bottega del sorriso” al Parco dell’Annunziata

chiesa san gabriele Annunziata FOTO ARCHIVIO

 

GIULIANOVA – Si svolgerà sabato 5 settembre all’interno del Parco dell’Annunziata lo spettacolo teatrale de “La bottega del sorriso”.

L’evento, organizzato dal Comune di Giulianova in collaborazione con il Comitato di Quartiere Annunziata, vedrà in scena una delle compagnie di teatro dialettale più importanti del panorama teramano con “Na storie ‘ngiampate” commedia in due atti di Tonino Ranalli.

All’inizio della manifestazione ci sarà l’esibizione della cantante Lorenza Mastrilli che si aggiudicata il terzo posto nel concorso in ricordo di Pino Daniele “Je So Sazzo” che, nell’occasione, riceverà un premio dal Comitato.

“Sarà una serata all’insegna dell’allegria per grandi e piccoli – dichiara il Presidente del Quartiere Annunziata Sandro Brandimarte – il tutto nel nostro splendido parco che si conferma, ancora una volta, un ottimo palcoscenico per eventi di ogni tipo”.




Abruzzo, che sorpresa!: al via il Concorso fotografico “Tonino Di Venanzio” 2020

Arte, natura, tradizioni, ma anche un premio speciale dedicato al tema Covid

Tonino Di Venanzio 2020

Abruzzo, che sorpresa!”, un viaggio tra natura, borghi, arte e tradizioni della terra d’Abruzzo, ma anche un premio speciale dedicato alle testimonianze post Covid, ovvero come la pandemia ha cambiato il nostro modo di vivere.

Questi i temi del Concorso fotografico nazionale “Tonino Di Venanzio” premio 2020, sesta edizione, che fino al 15 ottobre 2020 raccoglierà i migliori scatti fotografici provenienti da tutta Italia.

Obiettivo dell’iniziativa, tenere viva la memoria di uno degli artigiani-artisti più rappresentativi della fotografia d’Abruzzo, Tonino Di Venanzio, una carriera lunga oltre 40 anni, che dagli anni ‘30 agli anni ‘60 ha testimoniato la vita nell’Abruzzo del Dopoguerra, il regime, le tradizioni contadine e l’emigrazione dei piccoli paesi dell’entroterra nostrano, lasciandoci un prezioso racconto sociologico dell’Abruzzo del Novecento.

Un appuntamento imperdibile per fotografi professionisti e amatori, che da oggi fino al 15 ottobre 2020, potranno inviare i propri scatti.

«Il 2020 sarà senz’altro ricordato per il Covid-19, uno tsunami che ha sconvolto il mondo, ha cambiato le nostre abitudini – commenta Gianni Iovacchini, direttore artistico del premio -. Un’onda che ha cancellato tanti concorsi fotografici consolidati negli anni. L’associazione Di Venanzio, invece, ha deciso di bandire ugualmente la competizione e anzi ha aggiunto una sezione dedicata proprio al virus, per lasciare agli archivi una testimonianza importante di questa tragedia».

L’edizione 2020 infatti, propone anche un premio speciale “La vita è più forte del Covid”, intitolato a Elda Menna Di Venanzio e dedicato alla migliore fotografia che testimonia i cambiamenti apportati dalla pandemia alla nostra quotidianità.

Altra importante novità del premio 2020, la mostra “La Dolce vita” che sarà inaugurata nel mese di dicembre, a Pescara, nei locali dell’ex Aurum.

L’esposizione, realizzata dalla FIAF e curata da Fulvio Merlak, Claudio Pastrone e Giorgio Tani, raccoglie 66 fotografie in bianco e nero, scattate da alcuni tra i maggiori fotografi italiani, tra la fine degli anni ‘50 e il 1968.

La mostra sarà divisa in due sezioni: la prima dedicata allo starsystem dell’epoca, con foto scattate a Fellini, De Sica, Pasolini, Mastroianni e Sophia Loren, la seconda, intitolata “La nuova vita”, incentrata sui cambiamenti nello stile di vita di quegli anni, tra emigrazione, lavoro in fabbrica e boom dell’automobile.

Il concorso fotografico è organizzato dalla famiglia Di Venanzio, in collaborazione con le associazioni “Tonino Di Venanzio”, “Amici del Museo dei Fossili e delle Ambre”, “Sanvalentinesi fuori le Mura”, con il patrocinio del Comune di San Valentino.

La giuria è composta dal presidente Fabio Antonio Di Venanzio (amministratore Di Venanzio Optical), direttore artistico (Gianni Iovacchini (docente FIAF), Angela Maria Antuono (fotografa; docente di arte), Giovanni Bucci (critico d’arte), Enzo Federico (fotografo), Enrico Maddalena (docente FIAF), Andrea Morelli (curatore delle mostre di Tony Vaccaro), Beniamino Gigante (presidente Ass. Amici del Museo dei Fossili e delle Ambre). Antonio Antinucci è il coordinatore esecutivo del concorso.

La cerimonia di premiazione si svolgerà il 28 novembre 2020, a San Valentino.

Info su: divenanziostory.it – info@divenanziostory.it